Il ferro sembra essere fondamentale per lo sviluppo delle primordiali forme di vita sia sulla Terra che su altri esopianeti. Gli scienziati dell’Università di Oxford hanno scoperto quali meccanismi rendono, infatti, il ferro un elemento chiave per l’evoluzione dei microrganismi. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista PNAS il 7 dicembre scorso.
Questo elemento chimico è un nutriente essenziale per la vita cellulare. Le cellule lo utilizzano in numerosi processi, tra cui la replicazione del DNA, l’espressione genetica e il loro stesso metabolismo. Il fatto che quindi il ferro abbia un ruolo rilevante in tutto il ciclo biologico di un organismo eucariota, suggerisce che il suo uso è molto antico, e può riflettere le condizioni ambientali che hanno portato alla formazione delle prime forme di vita.
«Alle origini della Terra, una grande quantità di ferro è stata “fissata” nelle rocce della crosta dall’accrescimento planetario, durante il quale il nucleo metallico si è separato dal mantello roccioso. In queste fasi la vita era sostenuta da una combinazione di una serie di caratteristiche fisiche e chimiche dell’acqua allo stato liquido, in cui era disciolto anche il ferro», spiega il primo autore dello studio Jon Wade, professore associato di materiali planetari presso il Dipartimento di Scienze della Terra di Oxford, «Troppo poco ferro nella parte rocciosa del pianeta, come su Mercurio, e la vita è improbabile. Troppo, come su Marte, e l’acqua liquida è difficile da mantenere in superficie per favorire lo sviluppo della vita complessa».
Era fondamentale avere il giusto bilanciamento. Anticamente, le quantità di ferro sul nostro pianeta sarebbero state ottimali per garantire la ritenzione dell’acqua sulla crosta terrestre. Quest’ultimo, disciolto poi in mare, sarebbe stato disponibile per il nutrimento delle prime forme di vita.
Intorno però a circa 2,4 miliardi di anni fa, i livelli di ossigeno negli oceani primordiali della Terra sono incominciati a salire, e di conseguenza anche la concetrazione del ferro è cambiata. A causa di reazioni chimiche con l’ossigeno, il ferro ha iniziato ad essere insolubile, diventando meno disponibile per i microrganismi.
«La vita ha dovuto allora adattarsi alle nuove condizioni ambientali e trovare nuove strategie per ottenere il ferro», afferma il coautore Hal Drakesmith, professore di biologia presso l’MRC Weatherall Institute of Molecular Medine di Oxford, «Ad esempio, la simbiosi e la multicellularità sono comportamenti che consentono agli organismi eucarioti di catturare in modo più efficiente il ferro. L’adozione di tali caratteristiche avrebbe spinto le prime forme di vita a diventare sempre più complesse».
Il ferro sembra quindi essere stato un fattore scatenante dell’evoluzione. Simili condizioni ambientali, se riscontrate su altri pianeti, possono garantire la probabilità di vita complessa extraterrestre.
«Tali considerazioni vanno però approfondite», aggiunge Drakesmith, «La necessità di ferro e il conseguente sviluppo di organismi pluricellulari in grado di acquisire questo elemento in quantità scarse, possono essere eventi rari o casuali. Questo significa che trovare forme di vita intelligente resta ancora molto bassa».
Tuttavia, sapere quanto sia importante il ferro nello sviluppo della vita è una scoperta cruciale. Valutando la quantità di ferro nel mantello esterno, potrebbe essere possibile restringere la ricerca degli esopianeti idonei al sostentamento di microrganismi.
Per approfondimenti:
PNAS (Dicember 2021): “Temporal variation of planetary iron as a driver of evolution”, Jon Wade, David J. Byrne, Chris J. Ballentine, and Hal Drakesmith.