FOTOGRAFIA DA AMBIENTE URBANO IN BANDA LARGA CON OTTICHE ULTRA VELOCI

Domiamo l’inquinamento luminoso col RASA 8.

Il RASA 8 di casa Celestron è un “piccolo” mostro aspira fotoni, non c’è dubbio.  Una particolarità che può mettere in difficoltà quando si fotografa da ambiente urbano in presenza di inquinamento luminoso anche moderato, e ne parleremo proprio nelle prossime righe.

Dire “piccolo” mostro è un eufemismo ovviamente, perché il suo specchio primario da 200 mm ne fa uno strumento assolutamente nella media tra i diametri più usati dagli astrofotografi amatoriali. Per piccolo intendo più che altro “il più piccolo della linea RASA”: gli altri due modelli sono il RASA11” ( con specchio da 279 mm) ed il RASA14” (un VERO mostro con specchio da 355 mm). Tuttavia i soli 400 mm di focale del RASA 8” ne accorciano parecchio l’intubazione, rendendolo di fatto un astrografo* veramente compatto e leggero, utilissimo soprattutto per chi pratica fotografia astronomica itinerante: il peso contenuto (7,7 kg) permette di guidarlo con precisione anche con montature piccole e facilmente trasportabili e la sua velocità consente inoltre di usare la tecnica delle pose brevi, evitando di montare strumenti per l’autoguida, col vantaggio di ridurre ulteriormente i pesi.

Un astrografo è un telescopio progettato e costruito esclusivamente per l’astrofotografia

Quel che rende davvero performante questo strumento però è il suo rapporto di apertura, detto anche rapporto focale: per chi non lo sapesse esso si calcola dividendo la lunghezza focale dell’ottica per il suo diametro e rappresenta il cono di luce in ingresso. Per fare un’analogia si può pensare ad un imbuto: più il cono di luce è aperto e più i fotoni verranno catturati velocemente, riducendo drasticamente i tempi di scatto necessari. Nel caso del RASA8” si dirà quindi che il suo rapporto focale è di f2 (400mm/200mm=2): un obiettivo da 200mm che lavora ad f2 è estremamente performante. Per fare un esempio pratico dei suoi vantaggi si può dire che uno strumento del genere impiega 1/16 del tempo che impiegherebbe un rifrattore f8, il che significa che in un’ora di scatti si  ottiene il medesimo  di 16 ore per uno strumento con 800mm di focale ed un’apertura di 100mm. Niente male davvero. Prestazioni che si raggiungono con l’innovativo schema sviluppato dagli ottici Dave Rowe e Mark Ackermann (vedi il riquadro tecnico nella rivista per approfondire).

Per chi volesse fare delle prove e calcolare da se i tempi di esposizione equivalenti tra diversi strumenti è importante tener da conto della scala dei rapporti focali – la si trova facilmente online. Questa  cresce di uno “stop” alla volta,così si chiamano gli intervalli tra un rapporto focale e l’altro. Tra uno stop e l’altro si deve raddoppiare il tempo di esposizione necessario per avere la stessa quantità di luce in ingresso: ad esempio 2 ore, 4 ore, 8 ore, 16 ore etc.

 

Fig. 1 – Una vista verso sud, in direzione dello Scorpione. Ci troviamo nelle campagne del Sinis in Sardegna, un’importante zona umida di interesse comunitario. Le luci provenienti dalla città rischiarano le particelle sospese nell’aria, creando un diffuso bagliore notturno.

L’unico problema di un rapporto focale come quello in esame, sempre se di problema si possa parlare, è che facendo fotografia astronomica da ambiente urbano lo strumento va saputo “domare”: oltre ai fotoni in arrivo dai soggetti astronomici del cielo profondo si catturerà anche molto velocemente l’inquinamento luminoso della nostra città, degradando pesantemente gli scatti. Quando Alessandro Bianconi (amico astrofilo e membro del G.Fas – Gruppo di Fotografia Astronomica della Sardegna) mi ha consegnato il suo RASA 8” per delle prove lo aveva già ottimizzato per usarlo in itinere da luoghi isolati e molto bui, zone della Sardegna selvaggia lontane dai centri abitati, per cui non aveva montato un filtro anti inquinamento luminoso.

Fig. 2 Il RASA 8” (solo tubo ottico)

Avrei potuto farlo io smontando la ghiera frontale del gruppo correttore in modo da avere accesso all’alloggiamento portafiltri, ma questo avrebbe potuto incidere sulla collimazione, che su uno strumento f2 è delicatissima: le tolleranze di precisione sono sull’ordine della frazione di millimetro con la conseguenza che le viti di regolazione sono delicatissime (metterci mano potrebbe portare via tempo e calma, quel che io non avevo, per cui ho deciso di lasciare tutto invariato).

Continua..

 

L’articolo completo è pubblicato in Coelum Astronomia n°260 di febbraio/marzo 2023

 

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