Riproduzione artistica della sonda Kepler. Crediti: NASA

Per il telescopio Kepler la luce in fondo al tunnel potrebbe essere quella di WASP-28, una stella simile al Sole attorno alla quale orbita un pianeta già noto agli astronomi, che il telescopio è riuscito a rilevare durante una nuova osservazione di prova. Dopo aver scoperto migliaia di pianeti extrasolari (tra possibili e confermati) e aver raccolto una mole incredibile di dati che faranno lavorare ancora a lungo molti scienziati, nel maggio scorso Kepler era stato dato per finito e non più utilizzabile a seguito della rottura di una delle ruote di reazione, un giroscopio,  componente vitale per il funzionamento della sonda. Con uno scatto d’orgoglio, però, Kepler e il suo team hanno ora dimostrato di essere ancora in grado di rilevare la presenza di esopianeti distanti. In una osservazione dimostrativa durata tre giorni e mezzo sono infatti riusciti a tracciare il transito del già noto esopianeta WASP-28b nel suo passaggio davanti alla stella madre WASP-28. E non è un de profundis o un canto del cigno, anzi.  Ora tutto sembrerebbe pronto per dare a Kepler una nuova vita e iniziare una seconda fase della missione, già ribatezzata K2.Lanciata nel 2009, la sonda è stata una protagonista indiscussa nella scoperta di nuovi pianeti extrasolari. Per funzionare correttamente, Kepler aveva però bisogno di almeno tre ruote di reazione, ruote massicce con elevato momento d’inerzia che permettono il corretto funzionamento del satellite, assicurandone la precisione di puntamento e la stabilità. A partire dal 2012 e nel giro di un solo anno, due delle quattro ruote di reazione a bordo del satellite (una era di scorta) sono andate fuori uso.

Ma piuttosto che abbandonare la sonda a un destino prematuro di spazzatura cosmica, gli ingegneri NASA hanno deciso di elaborare una qualche soluzione per mantenere in vita Kepler. L’idea era quella di recuperare la persa stabilità del telescopio sfruttando la forza del vento solare: fare leva sulla pressione solare, uniformemente distribuita tra le superfici della navicella, come surrogato della ruota mancante.

Sembrava un’operazione innovativa quanto disperata, ma a seguito delle nuove osservazioni il team di Kepler ha dimostrato di essere effettivamente in grado di continuare lavorare con la navicella menomata, anche se non nel pieno delle sue funzionalità. Per il suo ritorno dagli inferi Kepler ha utilizzato i sensori di orientamento montati sul piano focale per controllare il puntamento, evitando così significativi problemi di allineamento. Per raggiungere il nuovo livello di stabilità l’orientamento della sonda deve essere ora quasi parallelo al suo percorso orbitale intorno al Sole. E il lavoro di raccolta dati si fa più laborioso, perché il nuovo assetto dà nuovi problemi di calibrazione. Tutti però ampiamente superabili, secondo la NASA.

In che modo e per quali obiettivi verrà utilizzato il redivivo Kepler è ancora da stabilire. Il piano della  nuova missione è stato presentato al Kepler Science Conference II dello scorso novembre. Il team sta attualmente esaminando 126 diverse proposte e inizierà le prime nuove osservazioni di verifica a marzo.