Indice dei contenuti Gamma Cassiopeiae
Altre designazioni: Tsih, 27 Cassopeiae
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Il mondo delle stelle variabili presenta, come ben noto, numerose tipologie di fenomeni il più delle volte attribuiti a deboli astri o comunque visibili se non tramite un’adeguata strumentazione; raramente infatti capita di reperire tra le stelle luminose o quelle più comunemente note, esponenti di un certo rilievo che tanto hanno da raccontare sul loro mutevole aspetto: una di queste eccezioni è senz’altro γ Cassiopeiae, facilmente individuabile al centro della ben nota W celeste.
Culminante di prima sera in autunno, fa bella mostra di se splendendo di seconda grandezza alla pari delle vicine Schedir (α Cas) e Caph (β Cas), con le quali disegna un perfetto triangolo isoscele. Al contrario di queste due e pur appartenendo ad una figura nota da tempi remoti, stranamente essa non possiede alcun nome proprio pervenuto dalle tradizioni sviluppate attorno al Mediterraneo, fatto comune per la maggior parte delle stelle più luminose; sembra che solo gli antichi cinesi chiamassero la stella Tsih, forse in riferimento ad una frusta. A tal proposito, un aneddoto assai curioso risale ad anni molto più recenti; al fine di rendere omaggio ai suoi compagni della missione Apollo 1, l’astronauta Grisson attribuì in via del tutto informale tre nomi da lui inventati a tre stelle utilizzate per l’orientamento nello spazio, scrivendo al contrario il proprio nome e quello dei suoi due compagni: γ Vel divenne quindi Regor, da “Roger” Chaffee, ι UMa Dnoces, da Ed White “II” (second) ed infine proprio γ Cas, Navi, da V. “Ivan” Grissom. Episodio goliardico a parte, essa resta universalmente nota come γ Cas.
La sola osservazione ad occhio nudo e in particolare il confronto con α e β Cas è già sufficiente a rilevarne la colorazione azzurrina; ciò, in relazione alla distanza – stimata in 610 anni-luce – e al notevole assorbimento della sua luce da parte delle polveri galattiche (γ Cas è infatti immersa in una delle regioni più dense della Via Lattea), porta facilmente a comprendere che essa è una stella azzurra dall’elevato potere energetico, tra le più rimarchevoli nel vicino ambiente galattico escludendo le associazioni OB.
Pur classificata dal Bayer come terza stella più luminosa di Cassiopea, essa è in realtà una variabile peculiare che sfoggia imprevedibili variazioni luminose (solitamente di piccola ampiezza ma tali, a volte, da influenzare addirittura l’aspetto della famosa W) alternate a periodi più o meno lunghi di stasi. Nel tardo 1936, ad esempio, γ Cas salì nel giro di pochi mesi fino a raggiungere la magnitudine 1,6 nell’aprile del 1937, stabilendo quello che è il massimo storico registrato di luminosità; alla fine dello stesso anno scese alla 2,2 per diminuire ulteriormente alla 3,4 nel 1940, risalendo in seguito fino alla 2,5 nel 1954 per indebolirsi nuovamente di due decimi di grandezza nel 1965. Nonostante alti e bassi di piccola entità ma del tutto imprevedibili, é tuttavia dai primi anni ’70 del secolo scorso che l’andamento della luminosità di γ Cas continua lievemente ad incrementare, tanto che al momento essa è stabile attorno alla magnitudine 2,1, esibendo di tanto in tanto piccole variazioni luminose dell’entità di 0,6 magnitudini. E’ ragionevole ritenere che l’effettiva mancanza di un nome proprio di antiche origini possa essere imputata a tale curioso comportamento che ricorda, seppur in minore entità, quello della ben più nota η Carinae. γ Cas è quindi una variabile irregolare o, meglio, imprevedibile; certamente una vera sfida per i variabilisti poiché l’elevata luminosità rende difficile trovare stelle di confronto adatte vicino nel cielo per precise misure fotometriche.
Fisicamente, essa è una sub-gigante azzurra di tipo spettrale B0,5 Ive, dall’elevatissima temperatura superficiale stimata in quasi 31.000°K, con massa e raggio rispettivamente 20 e 14 volte quelli del Sole e 55 mila volte più luminosa dello stesso; non sorprende quindi che, pur giovane di solo 8 milioni di anni, essa starebbe già esaurendo le scorte di idrogeno per trasformarsi in una gigante azzurra, dal potere intrinseco ancora maggiore. γ Cas è peraltro talmente calda da ionizzare il materiale interstellare circostante, comprese le tenui nebulose IC 63 e IC 59, rispettivamente ad emissione e riflessione, separate dalla stella solo da non più di 3-4 anni-luce.
Analizzando lo spettro di γ Cas nel 1867, Padre Angelo Secchi (colui che oltre a scoprire il primo asteroide sviluppò uno schema per le classificazioni spettrali delle stelle dedicando anche importanti studi al Sole) notò che in esso erano presenti delle luminose righe ad emissione – dell’idrogeno per l’esattezza – che si sovrapponevano a quelle in assorbimento di natura fotosferica ma la cui natura era allora sconosciuta; a tal proposito, vale la pena ricordare che mentre una riga di assorbimento indica la presenza di un assorbitore più freddo come una nube di polveri, una riga in emissione indica la presenza di gas caldo e sempre interposto tra noi e la sorgente. Successivamente vennero trovate altri oggetti dalle simili caratteristiche, ragione che portò gli astronomi a creare una nuova classe di stelle identificate da una sigla costruita accorpando il tipo spettrale (B) ed un suffisso (e) che denota le righe ad emissione: γ Cas divenne quindi prototipo delle cosiddette stelle Be, strane ma anche abbastanza comuni, tali da costituire ben il 20% di quelle di tipo B; tra le più famose, δ Sco e ο And.
Il mistero sulle righe ad emissione si infittì ulteriormente quando non solo ne venne osservata la natura transiente ma fu anche chiaro come tali stelle esibivano entrambe le variazioni luminose e spettrali su scale temporali differenti; l’intensità delle stesse righe di emissione è infatti talmente mutevole che queste passano dal presentarsi a volte estremamente luminose e larghe fino allo scomparire del tutto per poi apparire nuovamente senza seguire cicli definiti. Dal 1866 al 1942 infatti, le righe di emissione nello spettro di γ Cas furono quiescenti in intensità, mostrandosi a volte più forti, come tra il 1866 tra e il 1932. L’episodio più spettacolare avvenne tra il 1932 e il 1942, quando le righe ad emissione scomparvero del tutto: in quell’occasione, il suo spettro ricalcava a tutti gli effetti quello di una comune stella B. Dopo anni di tranquillità, a partire dal 1981 le righe di emissione si ripresentarono ad intervalli e intensità sempre irregolari. In ogni caso, nei primi anni dello scorso secolo venne finalmente compreso che a produrre le righe di emissione non è la stella in se quanto del materiale gassoso attorno ad essa.
L’espulsione di gas è causata da quella che è un’altra fondamentale caratteristica di di γ Cas e delle Be in genere, la loro enorme velocità di rotazione, provata dalle righe di assorbimento che risultano diffuse e slavate; tali velocità in alcuni casi possono arrivare fino a 450 km/s, valori talmente elevati da schiacciarle ai poli e farle assumere forme non più sferiche ma ovoidali. La velocità di rotazione all’equatore di γ Cas ad esempio è di almeno 300 km/s, 150 volte quella solare, e di conseguenza la gravità all’equatore è notevolmente ridotta; l’enorme forza centrifuga conseguente, unita all’elevatissimo potere radiante della stella, ha la capacità di produrre violente espulsioni di grandi quantità di materiale gassoso proprio a livello equatoriale, anelli che vanno a disporsi su un disco che circonda la stella. Da questo disco di gas, eccitato e reso fluorescente dalle radiazioni ultraviolette della stella, deriverebbero proprio le caratteristiche righe di emissione osservate. Tale struttura, comune a tutte le stelle Be, si dissiperebbe rapidamente se non fosse frequentemente alimentata dal gas effluente dall’equatore in tempi relativamente brevi; indizio di questa attività ripetuta sarebbero le brevi variazioni di luce osservate nell’ordine di pochi giorni. Il materiale del disco di γ Cas, disperdendosi, alimenterebbe a sua volta una sorta di immensa spirale ancor più esterna; a questa seconda struttura sarebbero invece imputabili le variazioni luminose più lunghe osservate, in un range che va da alcuni mesi ad alcuni anni. γ Cas possiede una compagna spettroscopica, dal periodo di 204 giorni e massa solare. Nel 1976 il satellite SAS-3 rilevò che γ Cas è anche sorgente X, la qual scoperta la rese davvero unica nel suo genere in quanto tra gli oggetti noti come sorgenti di raggi X in quanto non è possibile rilevare su altre stelle la corona così come sul Sole; solo a partire dal 1978 e grazie al satellite Einstein vennero trovate numerose altre stelle con emissione X come γ Cas, che non fossero in sostanza hot-spots orbitanti nane bianche, buchi neri o pulsars. A lungo si ritenne che la compagna di γ Cas, forse un oggetto compatto come nana bianca, avrebbe potuto catturarne il gas, la cui l’energia gravitazionale sarebbe convertita dapprima in energia termica quindi in radiazioni X.
Alcuni studi recenti, compiuti peraltro con i telescopi spaziali Hubble e Rossi X-Ray Timing Explorer, mostrano invece che come i raggi X sembrano essere prodotti da flares eccezionalmente caldi che si sprigionano sulla superficie della stella, fenomeno inaspettato per stelle di questo tipo e per il quale sono probabilmente coinvolte intense strutture magnetiche: le energie e le luminosità in gioco di questi flares sono tali che anche i più deboli eventi di questo tipo sono comparabili per potenza con i flares più intensi caratteristici delle fredde nane rosse; è tuttavia misterioso come tali strutture magnetiche possano svilupparsi su stelle di grande massa come γ Cas che non possiedono inviluppi convettivi negli strati esterni tali da fungere come dinamo stellare. L’emissione X potrebbe essere allora spiegata con fenomeni di instabilità prodotti proprio dagli intensi venti stellari di γ Cas che indurrebbero nel materiale gassoso collisioni ad altissime velocità tali da riscaldarlo a temperature tanto alte da emettere raggi X nel raffreddarsi.
Sia come sia, l’interessante sistema di γ Cas sarà con ogni probabilità destinato a dissolversi quando, proprio al centro della W di Cassiopea, apparirà una luminosissima supernova laddove una volta splendeva una luminosa stella azzurra senza nome.
bell’articolo su questa stella ovale! congratulazioni signor Schirinzi!
Sarebbe bello un approfondimento sulle nebulose IC 63 e IC 59: un po’ di storia e qualche consiglio per l’osservazione e la fotografia! ancora una volta grazie a Coelum (e all’autore) per gli ottimi articoli, ora anche online!
interessante, ma davvero le variabili Be sono destinate a divenire supernove? si conoscono casi simili (avvenuti in altre galassie)? grazie ancora agli spunti suggeriti dall’articolo di Stefano.
Davvero un bellissimo articolo, complimenti!
Mi associo ai complimenti e ringrazio Stefano per l’ottima recensione.
Staordinario il finale, dal tecnico al poeta…
Come si sà le variabili sono un argomento si interessante ma anche molto difficile da trattare e da seguire..ma qui si vede la passione nel raccontare più che nel descrivere..complimenti…articolo stupendo..
Veramente un bellissimo articolo. Interessante e spiegato bene. grazie
Grazie Stefano! interessantissimo articolo. Peccato che non credo vedremo mai la supernova in mezzo a Cassiopea, sarebbe bellissimo 😉