ABSTRACT

Dopo Messier 11, torniamo agli ammassi stellari definiti “aperti”. A differenza degli ammassi globulari, questa tipologia di oggetti celesti è formata da un gruppo (che può essere anche di migliaia) di stelle nate nello stesso periodo da una gigante nube molecolare. Un esempio facile da ricordare per questa categoria è l’ammasso delle Pleiadi (M45) nella costellazione del Toro.

Ne sono stati scoperti più di mille solo nella nostra galassia e rimangono oggetti molto interessanti da un punto di vista scientifico, dato che offrono una visione chiave nello studio dell’evoluzione stellare. In media, un ammasso aperto risulta essere un oggetto celeste giovane (in termini astronomici), che riesce a mantenere la sua coesione per almeno mezzo miliardo di anni. Passata questa soglia, interferenze gravitazionali esterne causate dall’orbitare intorno al centro della galassia, causano disturbi che, con il passare del tempo, sono in grado di sfaldare l’ammasso aperto stesso.

Storia delle osservazioni

La prima osservazione registrata di Messier 18 è attribuita proprio a Charles Messier, che il 3 Giugno del 1764 scriveva a tal proposito: “Un ammasso di piccole stelle, poco sotto la nebulosa numero 17, circondato da una lieve nebbia, meno apparente del precedente numero 16; appare confuso in un telescopio da 3 piedi e mezzo; con un telescopio migliore si possono osservare singole stelle.”

Anche John Herschel, figlio dell’astronomo inglese William Herschel, osservò lo stesso ammasso stellare intorno al 1840, descrivendolo come: “Un ammasso povero e grezzo. Contiene circa una dozzina di stelle di decima magnitudine, e da 15 a 20 stelle dalla dodicesima alla quindicesima magnitudine.”

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L’articolo è pubblicato in COELUM 270 VERSIONE CARTACEA

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