La ricerca astronomica si prepara a una svolta epocale grazie all’introduzione di tecnologie sempre più avanzate che aprono nuov frontiere nella comprensione dell’Universo. Tra queste, il progetto Square Kilometer Array (SKA) si distingue come una delle iniziative più ambiziose del prossimo decennio, promettendo di rivoluzionare la radioastronomia con una sensibilità e una precisione senza precedenti. Distribuito tra Sudafrica e Australia, SKA permetterà di esplorare con dettaglio fenomeni cosmici complessi, dall’origine delle prime galassie fino alla possibile rilevazione di segnali di vita extraterrestre. Il testo che segue approfondisce la struttura, gli obiettivi scientifici e il significativo contributo italiano a questo straordinario progetto.
Indice dei contenuti
Introduzione
Il prossimo decennio sarà sicuramente un periodo di rivoluzioni nella comprensione dell’Universo, grazie ad una nuova generazione di strumenti osservativi che operano in diverse frequenze. Ha inaugurato il nuovo corso il James Webb Space Telescope, che in un anno di osservazioni ci ha mostrato per esempio come l’Universo primordiale non sia popolato da galassie irregolari come si ipotizzava, ma da più placide galassie a disco. O ancora ci sta permettendo di studiare con dettagli impressionanti le atmosfere dei pianeti extrasolari. Ci proponiamo di capire il mistero della materia e dell’energia oscura con il telescopio Euclid, una missione che vanta una numerosa partecipazione italiana. L’Extremely Large Telescope, che con i suoi 39m di specchio principale sarà il più grande telescopio ottico terrestre, entrerà presumibilmente in funzione entro il 2028, permettendoci per esempio di studiare in dettaglio la complessità chimica dei sistemi protoplanetari. E allargando l’orizzonte all’astrofisica multimessaggera, nei prossimi due anni si arriverà alla decisione definitiva sul design tecnico e sulla posizione geografica del nuovissimo interferometro di terza generazione per le onde gravitazionali, l’Einstein Telescope, che vede la forte candidatura dell’Italia con il sito sardo di SosEnattos.
E sul fronte della radio astronomia? Il futuro si chiama SKA, acronimo di Square Kilometer Array, un progetto ambizioso di una vasta schiera di antenne radio e antenne suddivisi tra due continenti, l’Africa e l’Australia. Un progetto che, una volta completato, presumibilmente entro il 2028-29, rivoluzionerà il nostro modo di osservare l’Universo, con la sua gamma senza precedenti di applicazioni scientifiche, dalla cosmologia all’astrobiologia alla scienza dei dati.
Cos’è SKA?
Dopo oltre 30 anni di ideazione, progettazione e test, il progetto Square Kilometer Array (SKA) sta per diventare una realtà. SI tratta di una struttura radio interferometrica di ultima generazione che promette di rivoluzionare la nostra conoscenza dell’Universo e delle leggi fondamentali della fisica. In breve, il progetto SKA prevede la costruzione di un sistema interferometrico costituito da 197 grandi antenne paraboliche orientabili che opereranno a media frequenza (SKA-Mid, operante tra 350 MHz e 15.4 GHz) e da 131.072 antenne log periodiche a bassa frequenza (SKA-Low, operante nell’intervallo di frequenze 50-350 MHz).
Il nome SKA deriva dal progetto originale, che prevedeva che tutte le sue antenne e parabole avessero un’area effettiva combinata di circa un chilometro quadrato. Il piano è stato in seguito ridimensionato a causa dei costi, anche se rimane la speranza di completarlo nella sua configurazione originale in una seconda fase.
L’area di raccolta rappresenta una componente fondamentale per capire le capacità osservative di SKA: se infatti la linea di base dell’array ne determina il potere risolutivo, cioè la capacità di apprezzare il più piccolo dettaglio della sorgente cosmica osservata, l’area di raccolta ne determina invece la sensibilità, con la conseguente possibilità di rilevare oggetti più deboli. Ci aspettiamo infatti di produrre immagini con una sensibilità 10-100 volte superiore a quella delle attuali infrastrutture radio, e di rilevare oggetti molto più deboli e lontani di quanto possano essere visti dai telescopi esistenti.
La sede principale del progetto si trova presso l’Osservatorio Jodrell Bank nel Cheshire, nel Regno Unito, anche se fisicamente è posizionato nell’emisfero australe, così da osservare la Via Lattea nella sua interezza, e ugualmente accedere allo spazio intergalattico. Nell’emisfero boreale come è noto, il nucleo della nostra galassia sfiora a malapena l’orizzonte durante i mesi estivi.
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L’articolo è pubblicato in COELUM 265 VERSIONE CARTACEA