Alchimie nell’arte
La storia dei pigmenti che i pittori hanno avuto a disposizione nelle diverse epoche, dal Paleolitico all’arte contemporanea, mostra come il progresso della tecnologia abbia influenzato la creatività degli artisti. Per secoli le sostanze coloranti hanno viaggiato come preziosa mercanzia fino alle botteghe degli artisti, perché soltanto di recente abbiamo imparato a fabbricare in laboratorio tutti i colori che siamo in grado di percepire. Questo libro cambierà il vostro modo di guardare ai colori utilizzati nelle opere d’arte.
Recensione
Adriano Zecchina è uno scienziato noto a livello internazionale nell’area della chimica e della scienza dei materiali. A chi, come me, ha avuto modo di conoscerlo personalmente non sarà certamente sfuggito il suo carattere riservato e la sua modestia, che non è una cifra comune per chi ha raggiunto il suo livello di notorietà. Riservatezza e modestia, da vero piemontese, non sono tuttavia d’ostacolo al suo grande attivismo e all’autorevolezza con cui promuove nuove iniziative e partecipa alla realizzazione dei programmi europei per favorire la crescita dei giovani talenti nella ricerca.
La riservatezza di Zecchina ha però fatto da velo, a lungo, all’altra sua passione: quella per la pittura coltivata ed esercitata attivamente pur nel tempo limitato che gli consentiva il suo grande impegno nella ricerca. Alchimie nell’arte è scritto con lo stesso spirito con cui Zecchina ha coltivato questa sua passione.
Si tratta di un piccolo manuale piuttosto che di un saggio o di un trattato sulle relazioni tra la pittura e lo sviluppo dei mezzi materiali a disposizione degli artisti in varie epoche dal paleolitico ai giorni nostri. Scritto per una lettura agile come raccolta di annotazioni storico-tecniche – Zecchina in più punti lo chiama “libretto” – traspare tuttavia il gusto personale e il divertimento con cui è stato composto.
In tutto il volume l’attenzione è focalizzata sul colore come strumento essenziale dell’espressione artistica con l’intento di documentare quanto le conoscenze, inizialmente del tutto empiriche, poi cresciute con le esperienze alchemiche e infine intimamente radicate nella crescita delle scienze chimiche, hanno contribuito all’evoluzione della pittura dai suoi albori alle forme artistiche contemporanee.
In alcune brevi note conclusive Zecchina afferma che “La natura e le opere d’arte appaiono ancora più belle quando le si osserva conoscendo anche un po’ di meccanica quantistica e di struttura dei materiali”. E qui il suo quarantennale impegno nello studio e nella didattica di quelle materie non gli lascia scampo dal tentativo di inserire alcune nozioni a livello elementare allo scopo di far cogliere i parallelismi tra lo sviluppo artistico e quello scientifico. Non si tratta tuttavia di una tesi cui è ancorata tutta la ricostruzione storica del libro (non potrebbe comunque essere così per tutte le epoche anteriori alla nascita della chimica come scienza nel settecento). Zecchina non esita, infatti, a riconoscere che la creatività degli artisti domina anche nell’antichità a dispetto alla povertà dei mezzi (pigmenti, lacche, ecc.) a disposizione.
Un indubbio merito che va riconosciuto al “libretto” è che la rapida carrellata attraverso l’innumerevole molteplicità degli stili e i riferimenti ai grandi artisti che ne sono stati i protagonisti comunica in modo molto efficace l’importanza del ruolo che lo sviluppo dei materiali ha avuto, come in un affascinante viaggio dai ritmi incalzanti tra arte e scienza.
Ordinario di Chimica Fisica
Università di Padova