Adesso sapeva di averla fatta grossa. Abbandonare gli umani è una colpa gravissima… Che stupido… sarebbe potuto risalire velocemente se solo avesse voluto. Ma se n’era rimasto lì, sorpreso da quel gioco improvviso a guardare l’auto che si allontanava veloce. E tutto grazie al suo solito orgoglio da lupo, che gli aveva fatto pensare: adesso non mi muovo finché qualcuno di loro non mi prega di tornare in macchina.
Nessuno l’aveva chiamato, e lui cominciava a sentirsi inquieto. L’asfalto dell’autostrada era ancora caldo quando, quella sera di fine luglio, s’incamminò seguendo la direzione presa dalla macchina.
Trotterellando ripensava a quando accettò di vivere con quel gruppo di umani, in una grande casa tutta lucida. Era arrivato una sera in cui tutti si facevano le feste, dentro una grande scatola con tanti buchi. Sembrava un branco molto bisognoso della sua compagnia, specialmente il piccolo, che l’aveva preso in braccio per primo. Era compito suo fare in modo che tutti dimenticassero per un momento i loro problemi, e lui si dava da fare con grande entusiasmo, riuscendo sempre nel suo intento.
Solo in questi ultimi giorni nessuno rideva più, forse a causa del gran caldo. Un colpetto di clacson lo richiamò al presente.
Forse sono tornati, si disse cercando di attraversare l’autostrada. Uno stridio di freni lo fece tornare sui suoi passi, e due auto si fermarono quasi di sbieco un poco più avanti… Degli umani scesero come se volessero fargli del male, e lasciando le portiere aperte correvano verso di lui.
Per fortuna – pensò – so bene come gestire certe situazioni, questi giovani umani me li gioco come voglio…
Un balzo ed il primo era ormai alle sue spalle, e così il secondo; scansò poi il piede del terzo, e a gran velocità infilò le gambe del quarto. Le due giovani femmine emettevano suoni, ma non tentarono nemmeno di fermarlo.
Favorito dal buio della sera raggiunse di nascosto le macchine, decidendo di salire sulla seconda.
Fece un balzo per raggiungere il bagagliaio, come faceva sempre, e cadde pesantemente sopra un tubo di lamiera. Si accovacciò in un piccolo spazio libero, posò il muso al fresco, sul tubo, e si addormentò. Venne svegliato improvvisamente da tramestii e grida di richiamo, mentre una luce fastidiosa illuminava completamente il suo rifugio. “Ecco dov’era finito” gridava qualcuno, e una delle femmine con voce stridula diceva “T’avevo detto di guardare in macchina!”.
Si accucciò sul sedile posteriore vicino l’altra femmina, che lo accolse allontanando gli “altri” con decisione. Si erano già scelti.
Fine del viaggio. Lui pensava di essere portato subito in uno dei loro soliti rifugi illuminati, ma tutto attorno adesso vedeva solo buio. Che strano – gli venne da pensare – siamo in piena notte e qua nessuno dorme. E poi, osservando il cielo: ci fosse almeno la Luna piena…
Si guardò in giro, e riuscì a scorgere gli umani che si agitavano attorno a strani bastoni fissati al terreno. Si trovavano in aperta campagna.
Qualcuno grida: “non accendete luci che faccio alcune fotografie prima che sorga la Luna”, un altro, con lo stesso tono di voce, risponde “hai tutto il tempo che vuoi la Luna sorge alle due”, mentre un terzo urla “Venite a vedere M57, si scorge la stellina centrale!”
Finalmente spuntò la Luna. Continuando ad urlare, i ragazzi misero via i bastoni, si salutarono ed ognuno salì sulla propria auto. Lui andò dietro, nel bagagliaio, dove gli avevano preparato un comodo giaciglio.
L’amico di Laura – così si chiamava la giovane femmina che aveva adottato – era alla guida dell’auto, mentre lei chiedeva sottovoce: “Come lo chiamiamo”?
Avrebbe voluto dormire ma l’argomento lo interessava direttamente. Dovea evitare che gli affibbiassero un nome poco serio, e anche se parlavano a voce bassa non si perse una parola.
Scartarono i nomi delle stelle ritenendoli – sbagliando – tutti femminili, così come quelli di galassie e nebulose.
Analizzarono i nomi delle costellazioni: Orione, Cefeo, Perseo…
Lui avrebbe voluto obiettare che fino a quella mattina accorreva al semplice comando di Bob!, ma proprio in quel momento Laura decise: “Visto che lo abbiamo trovato, è chiaro che si era perso; lo chiamiamo… Perseo!”
Lui non capì mai un simile ragionamento, comunque il suono di quel richiamo era di suo gradimento.
Tanto che si appisolò istantaneamente, cullato dai rumori della strada. Sognò di una grande luna piena, e di un cielo creato anche per lui.
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