Il relatore era stato veramente bravo. La conferenza, interessante: “I misteri del Sistema Solare”.
In un mondo dove le certezze arrivano sino ai confini dell’universo, ammettere che s’incontrino “misteri” già nel giardino di casa sembra un controsenso, ma gli argomenti erano davvero appassionanti. La conferenza concludeva la mia breve vacanza, e adesso il duro ritorno alla realtà: il viaggio aereo per tornare a casa. La paura di volare, quella incontrollabile sensazione di panico che mi attanaglia ogni volta che mi avvicino all’aeroporto.
Le solite pillole a portata di mano mi danno la certezza di superare anche questa prova. È meglio prevenire, mi dico, ingoiando le prime due.
Credo sia la consapevolezza di essere da soli in mezzo a centinaia di persone.
Solo, come sempre. Mi sento solo mentre la hostess mi indica il posto. Sono solo mentre mi avvio verso il posto vicino al finestrino. Solo e in trappola quando due signori si siedono al mio fianco.
Comincio a sudare e prendo altre due pillole, mentre all’imbrunire l’aereo si stacca dal suolo. Devo pensare ad altro mi dico; mi torna in mente la conferenza. Ma come può un computer dirci che gli anelli di Saturno sono molto più giovani del sistema solare? Perché non possono durare per miliardi di anni? Si, va bene, si fanno dei modelli e se ne segue l’evoluzione. Eppure gli anelli ci sono…
È notte fonda e controllando l’orologio mi accorgo che siamo in volo da solo mezz’ora. È buio perché ci stiamo spostando verso est, andiamo incontro alla notte. Chissà, se potessi fare un sonnellino, sono certo che mi farebbe bene, ma niente da fare, non riesco a dormire. Riapro gli occhi, guardandomi attorno mi accorgo che i miei vicini di posto si sono allontanati. Cerco con lo sguardo altre persone ma non vedo nessuno, l’aereo è completamente vuoto. Come può essere?
Cammino avanti ed indietro nel corridoio centrale e poi decido di andare verso la cabina. L’aereo vuoto non mi preoccupa più di tanto. In fondo è la condizione della mia vita. Apro la porta, entro e la richiudo, mentre il pilota mi invita con un gesto a sedere nel posto del secondo. Che strano, penso. Poco dopo mi dice: “Sa dove stiamo andando?”
Certo, rispondo con tranquillità. Sugli anelli di Saturno. Ed ho subito la sensazione che il resto dell’aereo non esista più. Perdo anche la percezione del mio corpo.
Gli asteroidi scorrono velocemente indietro, sino a scomparire nel profondo, mentre un puntino si fa sempre più luminoso davanti a noi. Si vedono gli anelli! Mi volto a cercare la Terra ed il Sole. Niente, dietro di noi il buio assoluto. Eppure Saturno ed i suoi anelli sono illuminati dalla nostra stella.
Perché gli anelli hanno un’albedo così elevata? Gli astronomi trovano facilmente le motivazioni. Gli anelli sono di ghiaccio, però soltanto quelli di Saturno. Riflettono molta più luce di qualsiasi altro corpo. Saturno sarà forse un po’ speciale.
Ci stiamo avvicinando velocemente, si riescono a distinguere i corpi che li formano. Tutti delle stesse dimensioni, di forme tondeggianti. Che strano, non vedo più i riflessi degli strumenti sulla cupola trasparente. E capisco il motivo. La cupola sembra sparita! Abbasso lo sguardo e mi accorgo che è sparita anche la cabina. Eppure sto benissimo. Non cerco nemmeno di vedere le mie mani, sono certo che non esistono più.
Ad un tratto una voce. Tranquilla, come quella del professore alla conferenza.
“…e solo dopo lo sbarco di una sonda su di una piccola luna pastore, due secoli fa, ci siamo trovati di fronte al mistero che per molto tempo i governi del mondo hanno voluto tenere segreto. Gli anelli, che noi credevamo composti di polveri e grossolani frammenti di materia, sono in realtà un insieme formato da miliardi di volti scolpiti nel ghiaccio. Osservateli con attenzione, che cosa vedete? Migliaia, milioni di teste. Per quanto ne sappiamo, le teste di tutti gli esseri umani che hanno vissuto sulla Terra.
Tutte raggruppate per nazioni, famiglie, legami sociali.
Ognuna di loro segue una propria orbita, ma a quanto pare vicina a quelle occupate dalle persone con cui sono venute a contatto durante la loro esistenza.
Inutile dire che noi non sappiamo come e perché qualcuno sia riuscito a fare tutto questo, e come continui a farlo. Forse c’è chi ritiene che l’Uomo meriti di essere ricordato.
Tutti gli uomini, ma non solo… ci sono i cani, i gatti… A parere nostro qui viene formata… anzi no, credo che la parola giusta sia: creata, l’effigie di qualunque creatura che abbia abitato il nostro pianeta. Ognuno di voi adesso potrà visitare…”
La voce si attenua, ho tempo di respirare. Sto sognando sicuramente.
Vedo distintamente le teste scolpite che passano a distesa.
I tratti finemente incisi.
Mi lascio andare all’assurdo, mi guardo in giro. Ci sarà anche lui mi dico ad alta voce. Mi accorgo di potermi muovere in ogni direzione, di arrivare a sfiorare le teste. Posso girarci intorno.
Vorrei rivederlo, solo per un attimo, consolarmi nel sapere che il ricordo di lui resterà qui ancora per milioni di anni. Una bella rivincita, eh papà?
Ho però come la sensazione di non avere tempo e mi aggiro sempre più affannato; sono a centinaia le facce austere che mi guardano. Nessuna è la sua.
Preso dallo sconforto mi fermo a guardare in alto una grande luna che spunta dal globo giallo di Saturno. È come un segnale.
In quel momento tutto scompare verso un punto lontano alla velocità della luce.
Mi sveglio. L’hostess, china su di me con aria preoccupata, attende che io apra gli occhi. Era un sogno allora. Un sogno.
Sono un socio della “Polaris” di Genova.
Ho avuto il piacere di conoscere Ugo. Ho appreso da lui le prime nozioni di astronomia, come piazzare una montatura equatoriale e molto altro.
Un grande che ci ha lasciato troppo presto.
Franco