Prima di tutto, meglio non chiamarla particella di Dio.
Questo è un nome sensazionalistico e molto, molto ambiguo, che non c’entra nulla con la scienza. Nessun fisico delle particelle ha mai pensato di darle questo nome. Per loro è semplicemente una particella cercata da tanto tempo, chiamata semplicemente bosone di Higgs.
È freschissimo l’annuncio ufficiale che al CERN di Ginevra i dati raccolti in oltre un anno di studi sembrerebbero confermare, con un’ottima probabilità, l’esistenza di questa nuova particella, fondamentale per confermare la validità di un modello fisico che fino a questo momento era pericolosamente in bilico tra la salvezza ed un profondo precipizio. Al di là di roboanti annunci ed implicazioni più o meno mistiche, mestiere questo nel quale i giornalisti sono maestri, cos’è questo bosone di Higgs e perché è così importante? Probabilmente, anzi, sicuramente, non cambierà le nostre vite quotidiane, ne di certo dimostra l’esistenza di Dio (si, mi è capitato di sentire anche quest’affermazione tra le varie fazioni che si scontrano senza sapere di preciso di cosa si sta parlando). Il bosone di Higgs è una particella estremamente importante per tutti i fisici ed è stata una scommessa, a quanto pare vinta, dei modelli che descrivono i mattoni fondamentali della materia e come essi interagiscono per formare le strutture che vediamo, dagli atomi alle stelle.
A partire dagli anni 60 del secolo scorso, i fisici delle particelle avevano compreso che tutta la materia era formata dalla combinazione di alcune, poche, particelle fondamentali. A tal proposito fu compilata una tabella, una specie di tavola periodica delle particelle, detta modello standard. In questa speciale tabella trovano posto due gruppi di particelle fondamentali (particelle che non si possono più dividere): quark e leptoni sono chiamati fermioni e rappresentano le lettere dell’alfabeto attraverso le quali si costruiscono nuclei atomici e atomi. L’altro gruppo è composto dai bosoni, particelle estremamente particolari, che hanno il compito unico di trasmettere nello spazio le informazioni sulle proprietà dei fermioni.
Possiamo immaginare i bosoni come particelle utilizzate dai fermioni per comunicare e interagire tra di loro. Quando un fermione si avvicina ad un altro e vuole interagire con esso, prende il telefono e comunica attraverso l’emissione di bosoni. Ma rispetto ad una classica telefonata, c’è qualcosa di diverso. A seconda del modo in cui due fermioni vogliono comunicare, utilizzano un determinato bosone. In tutto i bosoni a disposizione sono quattro: quattro modi di comunicare tra le particelle elementari. Questo numero non è di certo casuale. Le particelle elementari, in effetti, hanno solamente quattro modi possibili per interagire tra di loro. I fisici le chiamano le quattro forze fondamentali della Natura. In realtà non tutti i fermioni hanno a disposizione tutte e quattro le interazioni. Solamente i quark hanno piena libertà di scelta. I leptoni, a cui appartengono l’elettrone e gli sfuggenti neutrini, ne hanno a disposizione solamente 3. A prescindere da questa piccola differenza, le interazioni fondamentali sono: forza elettromagnetica, forza gravitazionale, forza forte e forza debole.
Tutto l’Universo obbedisce a queste quattro forze fondamentali, dalle galassie a noi che spingiamo il carrello della spesa ostacolati dalla forza di gravità e dall’interazione elettromagnetica con il pavimento che causa l’attrito. Le prime due sono ben conosciute, le ultime un po’ meno, perché agiscono solamente su scala subatomica. Ma non è importante capire quale sia il significato delle interazioni, piuttosto è fondamentale aver chiaro che quando due particelle fondamentali “scelgono” il modo di interagire, emettono i bosoni relativi a quella determinata interazione, i quali trasmettono nello spazio tutte le informazioni necessarie per capire come dovrà essere portata avanti l’interazione.
Fin qui tutto bene. Attraverso l’interazione forte, i quark generano le particelle costituenti dei nuclei atomici: protoni e neutroni. La combinazione tra protoni e neutroni da luogo ai nuclei atomici tenuti insieme dalla forza forte, aiutati dalla forza debole responsabile di alcuni processi, come il decadimento beta. La combinazione dei nuclei atomici con gli elettroni da vita agli atomi, grazie alla forza elettromagnetica. Gli atomi si combinano e danno origine a molecole, le quali danno vita a strutture più grandi, fino ai pianeti e le stelle, regolati dalla forza di gravitazione.
Il modello così presentato sembra funzionare molto bene. Ogni particella è caratterizzata da un pacchetto di proprietà che ne costituisce la perfetta carta d’identità, tra cui possiamo citare la carica elettrica, lo spin, e molte altre che non ci interessano. La carta d’identità di ogni particella determina il comportamento ed il risultato una volta che sceglie di comunicare con un’altra particella attraverso l’emissione di bosoni.
Tuttavia nella carta d’identità manca un dato fondamentale: la massa. Il modello descrive perfettamente le proprietà e le modalità di interazione di tutte le particelle, arrivando a giustificare la formazione di tutta la materia e l’esistenza stessa dell’Universo, ma senza considerare la massa. Questo è un gran problema: è come dire di essere in grado di prevedere alla perfezione il comportamento e le proprietà dell’Universo, a patto di affermare che gli oggetti non abbiano massa, che pianeti, stelle, esseri umani siano fatti di particelle senza peso, non materiali. Per capire che questa è una grande contraddizione, non c’è bisogno di essere dei fisici: provate ad attraversare un muro e ditemi se non sentite la consistenza del cemento!
La situazione era ancora più seria, in realtà, perché se si introduceva nel modello una nuova proprietà che in qualche modo teneva conto della diversa massa delle particelle, tutto il castello crollava su se stesso: le interazioni, addirittura l’esistenza stessa della materia, non erano più giustificabili. Com’è possibile tutto questo? Il modello è sbagliato? Ma allora perché prevede così bene la realtà, a patto di non considerare la massa delle particelle? Il grande imbarazzo fu superato, almeno dal punto di vista teorico, da un fisico inglese, un certo Peter Higgs, negli anni 70. Il fisico britannico affermò che la massa è una proprietà esterna alle particelle, associata ad un campo, analogo a quelli responsabili delle quattro interazioni fondamentali, detto campo di Higgs
Il campo di Higgs può essere immaginato come una fitta trama gelatinosa che permea tutto lo spazio, nella quale le particelle si muovono e per qualche motivo incontrano una resistenza al moto. L’effetto osservato è del tutto equivalente a quello di una particella dotata di una massa intrinseca che si muove nello spazio, ma l’origine è ben diversa. Di fatto, questo modello ci dice una cosa sconvolgente: le particelle, quindi tutte le strutture dell’Universo, compresi noi, abbiamo massa, una consistenza, solamente perché ci muoviamo attraverso questa fitta rete gelatinosa che trattiene e regola i nostri movimenti. L’idea non è poi così assurda, se non altro perché il campo gravitazionale è responsabile di un effetto simile: trattiene a se i corpi, regolando le proprietà dei loro movimenti. Introducendo in termini matematici l’idea di questo campo di Higgs ed integrandola al modello standard, tutto sembra funzionare alla perfezione.
Come comunicano, però, il campo di Higgs e le particelle che lo devono sentire? È qui che entra in gioco il famoso bosone di Higgs. Sappiamo infatti che i bosoni sono i modi per comunicare una precisa interazione, quindi se esiste il campo di Higgs che da massa alle particelle, deve esistere il suo messaggero, il bosone di Higgs. Per provare l’esistenza del campo, quindi, è necessario osservare il bosone di Higgs.
Attualmente la gran parte degli sforzi dei fisici delle particelle si rivolge verso la rilevazione sperimentale di questa particella, che si pensa avere una massa circa 200 volte maggiore del protone. Per rilevare la sua presenza, occorre che gli acceleratori di particelle siano in grado di raggiungere un’energia di 200 GeV (Giga elettronVolt), teoricamente alla portata del nuovo acceleratore LHC (Large Hadron Collider) di Ginevra e del Fermilab di Chicago.
Il resto è una storia recente. Il comunicato stampa degli scienziati delCERN ha confermato l’esistenza di questo bosone, salvando tutta la fisica delle particelle e i modelli costruiti fino a questo momento. Questa vicenda rappresenta un grande successo dell’umanità nella lunga tappa di conoscenza e comprensione dell’Universo.
Se proprio si vuole vedere un legame con Dio, con l’Universo, direi che è un bel modo per dimostrare che l’essere umano ha le potenzialità per comprenderlo; a piccoli passi, ma ci stiamo riuscendo.
Ma con il Dio prettamente religioso, non ha proprio nulla in comune.
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Fonte: Astronomia per tutti di Daniele Gasparri
Vedi anche: Il gran giorno di Higgs
L’articolo mi è piaciuto, è divulgativo al punto giusto.
(Però vorrei evidenziare soltanto che “dà”, presente indicativo, terza persona singolare, del verbo dare, si scrive con l’accento.)
Speriamo che questa soperta non faccia la fine dei neutrini più veloci della luce, che sospetto invece fosse vero.
Guai però a contraddire Einstein, vero anello di congiunzione fra la Dea Matematica e l’uomo.
Corrado Cantoni
L’articolo è ottimamente divulgativo, ma la storia della scoperta mi sembra ben…. confezionata. La stessa cosa è successa con (pseudo-scoperta) dei Quark, molto ben evidenziata in un libro del fisico delle particelle OERTER.
Bravo Daniele,
finalmente una spiegazione alla portata dei comuni mortali
Grazie per la spiegazione. Articolo veramente ben fatto.
Ottimo articolo! chiarissimo ed esaustivo!