Il satellite Erg rileva gli elettroni dispersi nella magnetosfera dalle “chorus wave”. Crediti: 2018 Erg science team

Da sempre le aurore boreali hanno affascinato chiunque avesse la fortuna di poterle osservare dal vivo: drappi e onde dai colori cangianti e stupefacenti che volteggiano e piroettano nei cieli delle zone più a nord (e sud) del nostro pianeta.

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Il meccanismo che si cela dietro la loro danza è un segreto ben custodito ma, grazie agli sforzi di un team internazionale di scienziati e usando i dati del satellite giapponese Erg (noto anche come Arase), lanciato alla fine del 2016, è stato possibile svelarne una piccola parte: quella riguardante le aurore pulsanti.

Come suggerisce il nome, le aurore pulsanti sono enormi macchie luminose, estese decine o finanche centinaia di chilometri, che si illuminano ritmicamente. Secondo un articolo pubblicato oggi su Nature, queste particolari aurore, che solitamente è possibile osservare palpitare nei cieli alle prime luci dell’alba, sono il risultato dell’interazione, nella magnetosfera, fra gli elettroni e un tipo di onde di plasma chiamate chorus waves. Queste suonano come dei veri e propri cori di cinguettii e pistole laser, ascoltabili però solo se le loro frequenze vengono trasposte a lunghezze d’onda udibili all’orecchio umano.

Le onde di plasma si formano all’equatore, e come talentuosissimi cantanti mandano ritmicamente in frenesia gli elettroni che incontrano. Questi, in preda al ritmo, seguono le curve del campo magnetico fino ai poli dove precipitano in una cascata di particelle cariche, quindi, raggiungendo i gas dell’atmosfera, li eccitano, generando le famose luci nei cieli polari.

«Le aurore sono causate da riconfigurazioni globali nella magnetosfera, che rilascia l’energia del vento solare immagazzinata», spiega Satoshi Kasahara dell’università di Tokyo, primo firmatario del paper. «Sono caratterizzate da un aumento di luminosità dal tramonto a mezzanotte, seguito da violenti movimenti di distinti archi aurorali che in seguito si rompono e appaiono come diffuse e pulsanti chiazze d’aurora all’alba».

L’osservazione è stata possibile grazie a uno speciale sensore presente a bordo del satellite della Jaxa (l’agenzia spaziale giapponese), capace di distinguere gli elettroni sparpagliati in giro dai cori da quelli normalmente presenti nella magnetosfera. Attraverso speciali telecamere a tutto cieloposizionate a terra, è stato possibile osservare, in concomitanza con il flusso di elettroni, il formarsi di aurore pulsanti confermando quindi il loro legame con i cori.

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