La missione della sonda spaziale Dawn della Nasa, a cui l’Italia ha dato un importante contributo con l’Agenzia spaziale italiana (Asi) e l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), si è conclusa dopo 11 anni e due estensioni della sua vita operativa a causa dell’esaurimento di idrazina, il propellente che di solito viene utilizzato per il controllo orbitale e di assetto dei satelliti.

Dawn, che in italiano vuol dire “alba”, ha studiato l’infanzia del nostro Sistema solare per scoprirne le origini e l’evoluzione. Lanciata il 27 settembre 2007 da Cape Canaveral a bordo del razzo Delta II 7925H nell’ambito del Programma Discovery, Dawn è stato l’unico veicolo spaziale ad aver orbitato attorno a due corpi celesti distinti nello spazio profondo: l’asteroide Vesta e il pianeta nano Cerere, il cui studio ha fornito molte indicazioni sulla formazione del Sistema solare. Nel suo lungo viaggio di avvicinamento ai due obiettivi, Dawn ha anche effettuato un flyby con il pianeta Marte.

Uno degli strumenti a bordo della sonda è lo spettrometro italiano Vir (Visible and infrared mapping spectrometer), che ha inviato a Terra oltre 11 milioni di immagini e 90 GB di dati, contribuendo in maniera decisiva allo studio accurato delle caratteristiche e della storia di Vesta e Cerere. Vir è stato finanziato e coordinato dall’Agenzia spaziale italiana sotto la guida scientifica dell’Istituto nazionale di astrofisica e costruito dalla società Leonardo.

Immagine del grande asteroide Vesta ottenuta tramite un mosaico di immagini ad alta risoluzione riprese dalla sonda interplanetaria Dawn della Nasa, fra luglio 2011 e settembre 2012, durante la fase di allontanamento della sonda, che dopo aver visitato Vesta si è portata sull’altro grande asteroide Cerere, dove si trova attualmente. Vesta, che ha un diametro di circa 500 km, è l’unico caso riconosciuto di asteroide differenziato, e cioè avente una struttura che si pensa comprendere un nucleo metallico, un mantello roccioso ed una crosta di composizione basaltica. La composizione superficiale di Vesta è pressoché unica tra gli asteroidi, e si pensa che questo asteroide sia anche il progenitore di una classe di meteoriti di composizione basaltica (le cosiddette Eucriti, Howarditi e Diogeniti). La presenza di molti e grandi crateri da impatto è evidente nell’immagine. Crediti: Nasa /Jpl-Caltech / Ucla / Mps / Dlr / Ida

«La partecipazione al programma Dawn è stato un grande successo per l’Asi e per la comunità scientifica italiana attiva nello studio dei corpi minori del Sistema solare» ha affermato Eleonora Ammannitoresponsabile scientifico della missione Dawn dell’Agenzia spaziale italiana.«La conferma del collegamento tra alcuni tipi di meteoriti e Vesta e l’identificazione di ghiaccio di acqua sulla superficie di Cerere sono solo alcune delle scoperte di Dawn per le quali lo spettrometro italiano Vir ha avuto un ruolo fondamentale. Ha identificato delle specie mineralogiche presenti sulla superficie di Vesta e di Cerere oltre a fare una mappatura quasi globale dei due corpi celesti. Ed è proprio grazie alla distribuzione di queste specie che il team scientifico ha potuto discriminare quali siano native, dandoci indicazioni sulle origini dei due pianetini, e quali invece siano state depositate da impatti fornendo informazioni sulla evoluzione della fascia degli asteroidi. Sonda e spettrometro hanno svolto un lavoro egregio fornendoci un’immagine più nitida della fascia degli asteroidi e del suo ruolo nell’evoluzione del Sistema solare, ma hanno anche stimolato l’appetito per future esplorazioni in particolare di Cerere».

La sonda ha fornito vedute ravvicinate di Vesta e Cerere, i corpi più grandi tra gli asteroidi che si trovano nella fascia principale tra Marte e Giove. Durante 14 mesi in orbita, dal 2011 al 2012, la sonda americana ha osservato e studiato Vesta dalla sua superficie al suo nucleo. In seguito, ha effettuato una manovra senza precedenti abbandonando l’orbita e viaggiando attraverso la fascia principale degli asteroidi per più di due anni raggiungendo Cerere, che ha osservato dal 2015 a oggi quando, esaurito il suo carburante, la sonda non è stata più in grado di mantenere il posizionamento dell’antenna in direzione della Terra. La Nasa ha quindi lasciato Dawn al suo destino facendola rimanere in orbita intorno al pianeta nano Cerere.

Una porzione dell’emisfero settentrionale del pianeta nano Cerere dominata dal cratere Occator e le sue zone brillanti. L’immagine che ha una risoluzione di 140 metri per pixel, è stata scattata dalla sonda Dawn. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

Su Cerere, la navicella spaziale, viaggiando a una altezza di soli 35 chilometri dalla sua superficie, ha scoperto depositi brillanti di sali che decorano il pianeta nano come un’infarinatura di diamanti. Ma i risultati scientifici che ne sono scaturiti sono ancora più avvincenti: i punti luminosi sono la prova di un oceano luminoso i cui resti congelati, principalmente carbonato di sodio e di ammonio, sono disposti sulla superficie. La scoperta delle macchie, ora chiamate faculae, ha fornito un solido sostegno all’idea che Cerere possedesse un tempo un oceano globale, garantendogli un posto nella schiera dei mondi oceanici del Sistema Solare che comprende anche diverse lune di Giove e Saturno.

Tali scoperte sono state alimentate dalla grande efficienza della propulsione ionica, un sistema di propulsione che ha spinto la missione oltre ogni previsione. Dawn non è stata la prima sonda a utilizzare questo tipo di propulsione, familiare ai fan della fantascienza e agli appassionati di spazio, ma ha spinto questa tecnologia fino ai suoi limiti di prestazioni e resistenza. Nelle ultime fasi della missione le osservazioni si sono concentrate sull’area attorno ai crateri Occator e Urvara, con l’obiettivo principale di comprendere l’evoluzione di Cerere e verificare, come ipotizzato, se vi sia attività geologica in corso sul pianeta nano, la cui superficie sembra essere modellata dagli impatti con altri asteroidi.

«La missione Dawn ha rivoluzionato la nostra comprensione della fascia degli asteroidi e anche dell’origine del Sistema solare» commenta Maria Cristina De Sanctis, ricercatrice Inaf e responsabile scientifica di Vir.«La missione ha visto l’Italia coinvolta fin dall’inizio, con la partecipazione di diversi scienziati italiani, prima tra tutti Angioletta Coradini, e la responsabilità dello spettrometro ad immagini Vir. Con la fine della missione Dawn si ‘chiude’ una fase di esplorazione ma se ne apre un’altra, che vede Cerere come uno dei target più interessanti per la ricerca di vita al di fuori dell’ambiente terrestre.  Infatti, tra le scoperte di Vir che riguardano Cerere, vi è la presenza sia di materiale organico che di carbonati e composti di ammonio. Su Cerere sono stati scoperti carbonati di sodio in notevoli quantità, materiale ammoniato su tutta la superficie e organici alifatici.  Tutti questi materiali, insieme ad argille e ghiaccio dacqua, sono di notevole importanza in quanto mattoni fondamentali per molecole biotiche. Mi piace, inoltre, sottolineare che lo strumento italiano è arrivato perfettamente funzionante a fine missione».

Oltre alle immagini ad alta risoluzione, la sonda ha raccolto informazioni da diversi spettri, misure del flusso di raggi gamma e neutroni, riprese nell’infrarosso e visibile, nonché dati sulla gravità di Vesta e Cerere.

Per saperne di più:

Guarda su MediaInaf Tv l’intervista a Maria Cristina De Sanctis:


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