La prima foto del lato opposto della Luna, ripresa dalla sonda russa Luna 3 il 7 ottobre 1959. A = Mare Moscoviense, B = cratere Tsiolkovsky, C = Mare Smythii Credit: Roscosmos

L’emisfero lunare opposto alla Terra è stato fotografato per la prima volta nel 1959 ma non è mai stato visitato direttamente. Per questo, forse, ha sempre suscitato curiosità, racconti e fantasie.

La sonda cinese Chang’e-4 verrà lanciata nel 2018 e sarà il primo pioniere inviato in un angolo ancora inesplorato del nostro satellite.

Qui si trova il Bacino Polo Sud-Aitken, il più grande cratere meteoritico conosciuto nel Sistema solare che, con i suoi 2.500 chilometri di larghezza e 13 chilometri di profondità, potrebbe mostrare materiale esposto del mantello e della crosta lunare svelando la storia della sua formazione.

“Il lander ed il rover Chang’e-4 effettueranno un atterraggio morbido sul lato opposto della Luna e lavoreranno ad indagini sul posto e nei dintorni”, ha dichiarato Liu Jizhong, capo del programma cinese di esplorazione lunare.

A settembre 2015, lo State Administration for Science, Technology and Industry for National Defense (SASTIND) aveva annunciato che il modulo di servizio della missione Chang’e 5-T1 aveva ripreso ad alta risoluzione il sito del futuro l’allunaggio ma senza svelare troppi dettagli: la zona era rimasta enigmatica e priva di riferimenti topografici. E sempre con il dovuto riserbo, un articolo uscito sul Daily Today riporta che un satellite per le comunicazioni verrà lanciato a giugno 2018 e si posizionerà nel punto di Lagrange L2, da dove sarà in grado di vedere sia il lato lontano della Luna che la Terra. D’altra parte, la Cina ha già sperimentato orbite in L2 con il modulo di servizio della missione dimostrativa Chang’e-5-T1.

Non si hanno informazioni sul payload se non che “Chang’e-4 sarà molto simile a Chang’e-3 nella struttura ma potrà gestire più strumenti”, come citato da Xinhua news. L’articolo del Daily Today, inoltre, sembra accennare ad un coinvolgimento pubblico di Enti, Università, aspiranti scienziati… sicuramente un approccio nuovo per gli standard cinesi.

Nel 2013 Yutu, il piccolo rover della missione Chang’e 3, era sbarcato nella Baia degli Arcobaleni (Mare Imbrium), toccando di nuovo il suolo lunare dopo quasi quarant’anni.

I basalti del sito di atterraggio si sono rivelati diversi da qualsiasi altri analizzati fino ad oggi grazie alle missioni Apollo.

I dati sono stati studiati da due gruppi di scienziati, della Shandong University di Weihai (China) e della Washington University di St. Louis, ed i loro risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications il 22 dicembre 2015.

Questo successo per la Cina, che punta anche a realizzare una stazione spaziale orbitante permanente entro il 2020 e a far tornare l’uomo sulla Luna, è una grande dimostrazione della sua forza militare, del suo progresso tecnologico e del suo crescente affermarsi a livello mondiale.

“La Cina vanta già una scienza e una tecnologia avanzata per l’invio di una sonda sulla faccia nascosta della Luna ed è aperta alla cooperazione con la società internazionale”, scrive Xinhua citando Liu.

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