Chi non ha mai sognato da bambino di poter viaggiare alla velocità della luce a bordo del Millennium Falcon con Han, Luke e Leila?

In realtà, come sappiamo, non è possibile raggiungere la velocità della luce (300.000 km/sec). Ma ammettiamo per un attimo che questa ipotesi si realizzasse: che cosa vedremmo dal “parabrezza” della nostra navicella? Sicuramente non quello che ci ha mostrato (come si vede nell’immagine qui accanto) George Lucas nei film della serie di Star Wars.

Alcuni studenti di fisica all’Università di Leicester hanno usato le leggi della relatività per descrivere un ipotetico viaggio nell’iperspazio, reso celebre da molti romanzi e film di fantascienza, e ciò che hanno concluso è lontano anni luce (è il caso di dirlo) dall’immaginazione dei più attenti sceneggiatori.

I quattro studenti, Riley Connors, Katie Dexter, Joshua Argyle e Cameron Scoular, hanno dimostrato che a quella velocità l’equipaggio della navicella spaziale non vedrebbe una scia infinita di stelle, ma semplicemente un disco di luce molto luminoso, come se le stelle si fondessero.

I risultati ottenuti dai quattro studenti di fisica si basano sulla teoria di Einstein della relatività speciale (relatività ristretta), una riformulazione successiva della meccanica classica a opera di Albert Einstein: è quella teoria, in contrapposizione a relatività generale, che si limita a considerare i sistemi di riferimento inerziali.

Lo studio è pubblicato sul Journal of Physics Special Topics, una rivista che l’Università di Leicester usa per pubblicare brevi articoli dei suoi studenti agli ultimi anni, anche su temi “non tradizionali”, per far prendere loro confidenza con i meccanismi della peer review e con la scrittura di articoli scientifici. I quattro hanno usato argomenti di fisica teorica per dimostrare che, dal punto di vista di una navicella che viaggiasse alal velocità della luce, non ci sarebbero tracce visibili di stelle a causa dell’effetto Doppler, quel particolare fenomeno fisico che spiega la variazione di frequenza delle onde emesse da una sorgente in moto rispetto a un osservatore. Per chiarire il concetto in modo banale basti pensare alla sirena di un’ambulanza, la cui frequenza aumenta con l’avvicinarsi all’ascoltatore, e diminuisce in caso di allontanamento.

Crediti: University of Leicester

L’effetto Doppler, in questo caso applicato alle onde elettromagnetiche, causerebbe il cosiddetto blue shift, lo spostamento verso il blu della luce: agli occhi di chi si trovasse nel Millenium Falcon, la lunghezza d’onda della luce emessa dalle stelle diminuirebbe, prima spostandosi verso il blu e poi uscendo dalla luce visibile per passare nello spettro dei raggi X, non visibili dall’occhio umano.

L’equipaggio percepirebbe un grande disco di luce bianca, creato nientemeno che dalla radiazione cosmica di fondo(Cosmic Microwave Background) che per lo stesso effetto Doppler finirebbe per essere percepita nello spettro del visibile. La radiazione cosmica di fondo è una radiazione elettromagnetica, a 2,7 gradi Kelvin, che permea l’universo in modo uniforme ed è ciò che resta del Big Bang.

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