Io è senz’altro la luna più vulcanicamente attiva dell’intero Sistema solare, ed è uno dei motivi per cui è anche uno dei mondi su cui è maggiormente puntata l’attenzione dei ricercatori. L’attività geologica è stata per la prima volta rivelata dalle due sonde Voyager, nel 1979, che individuarono al
Nel 1979, le due sonde Voyager rivelarono l’attività geologica di Io, poi ci pensò la sonda Galileo ad effettuare diversi passaggi ravvicinati, raccogliendo dati sulla struttura interna e sulla sua composizione, rivelando il rapporto tra Io e la magnetosfera di Giove. Infine la sonda Cassini-Huygens nel 2000 e la New Horizons nel 2007, di passaggio verso le loro destinazioni finali, e ulteriori osservazioni da telescopi a Terra e dal telescopio spaziale Hubble, hanno portato a individuare fino a 150 vulcani sulla superficie della piccola luna, ma si pensa ce ne siano almeno il doppio se non di più ancora da individuare e mappare.
E Juno, con il suo strumento Jovian InfraRed Auroral Mapper (JIRAM) – finanziato dall’Agenzia spaziale italiana, realizzato da Leonardo-Finmeccanica, e con la responsabilità scientifica dell’Istituto nazionale di astrofisica – si appresta ad aumentare il conteggio dei vulcani individuati.
Il punto di partenza sono i dati raccolti il 16 dicembre 2017 dalla sonda Juno della NASA, grazie proprio allo strumento JIRAM, che indicano la presenza di una nuova fonte di calore (un hot spot) vicino al polo sud di Io e che potrebbe essere la traccia di un vulcano ancora sconosciuto.
«Il nuovo hotspot individuato da JIRAM si trova a circa 300 chilometri da quello più vicino precedentemente mappato», spiega Alessandro Mura, vice responsabile dello strumento Jiram dell’Istituto Nazionale di Astrofisica a Roma. «Non escludiamo movimenti o modifiche di un hot spot scoperto in precedenza, ma è difficile immaginare che possa aver percorso una tale distanza e di poter continuare a considerarlo la stessa formazione».
In una intervista a media INAF Mura spiega anche che «altri hot spot presenti nell’immagine di Jiram, seppure forse già identificati in precedenza, mostrano dei significativi mutamenti. I dati mostrano la complessità e dinamicità della superficie di Io. Il team di Jiram è attualmente impegnato nello studio di questi nuovi dati, che verranno sottomessi a breve per una pubblicazione su rivista scientifica».
«Il motivo di questa attività è legato alla sua vicinanza con il gigante gassoso e con le sue compagne Europa e Ganimede. Essi inducono una fortissima attività mareale che, da un lato blocca l’orbita di Io (che è infatti in risonanza con quella degli altri satelliti Europa e Ganimede), dall’altro dissipa energia sotto forma di attività geologica. Questa sfocia nella formazione di vulcani e patere, che rilasciano zolfo e biossido di zolfo nell’atmosfera e le cui emissioni si elevano fino a 500 chilometri di altezza».
Il team di Juno continuerà ad analizzare i dati raccolti nel flyby del 16 dicembre, così come i dati JIRAM che verranno raccolti durante i futuri (e anche più vicini) passaggi nei pressi di Io, per confermare e individuare nuovi hot spot e quindi i tanti vulcani attivi che i ricercatori si aspettano di trovare.
La sonda sta effettuando proprio oggi, 16 luglio, il suo 13° passaggio scientifico ravvicinato all’atmosfera del gigante gassoso, ma è il 14° passaggio (PJ14) per quel che riguarda invece la raccolta delle immagini dalla JunoCam, la camera di imaging dedicata al pubblico a bordo della sonda, e noi siamo in attesa delle prossime meravigliose immagini che la comunità di appassionati e ricercatori riuscirà a produrre.
Ulteriori informazioni sulla missione Juno sono disponibili su:
https://www.missionjuno.swri.edu
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