La missione Kepler, primo telescopio spaziale della NASA preposto alla ricerca di pianeti orbitanti intorno ad altre stelle con caratteristiche simili a quelle della Terra, ha individuato il primo esopianeta roccioso denominato Kepler-10b. Si tratta del più piccolo pianeta scoperto al di fuori del sistema solare ma non si trova nella cosiddetta “zona abitabile”. La minima distanza che intercorre tra Kepler-10b e la sua stella fa sì che il pianeta non sia in grado di ospitare la vita: le temperature del lato esposto alla stella potrebbero raggiungere un migliaio di gradi, e in queste condizioni sarebbe impossibile mantenere un’atmosfera gassosa stabile e duratura nel tempo.
Gli scienziati della NASA hanno calcolato che il pianeta orbita attorno alla sua stella a una distanza che è una frazione di quella che separa Mercurio e il Sole, conseguentemente l’intera orbita viene coperta in un periodo temporale ridotto, meno di un giorno terrestre.
“Questa è un’ulteriore conferma che pianeti non troppo diversi dalla Terra possono esistere intorno ad altri Soli – commenta Enrico Flamini, chief scientist dell’ASI -. Bisogna tuttavia aver chiaro – prosegue Flamini – che non li stiamo vedendo direttamente, ma solo attraverso l’effetto che hanno sulla radiazione emessa dal loro Sole quando vi passano davanti”
Le dimensioni di Kepler-10b sono state calcolate sulla base delle variazioni della luminosità nella stella registrate dagli strumenti di Kepler, in particolare dal fotometro, ogni volta che il pianeta transitava di fronte ad esso.
Kepler-10b ha un diametro pari a 1,4 volte quello terrestre e una massa 4,6 volte superiore a quella della Terra.
“Tutte le capacità di Kepler hanno portato alla luce l’esistenza di un pianeta roccioso che orbita intorno a una stella che non è il nostro Sole” ha dichiarato Natalie Batalha, responsabile del team NASA di Kepler presso il Centro di ricerche Ames in California e autrice dell’articolo sulla scoperta pubblicato dall’Astrophisical Journal. “Riteniamo – ha concluso la Batalha – che le recenti rivelazioni fatte da Kepler rappresentino solo il punto di partenza di ricerche molto più approfondite sulla formazione degli esopianeti”