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Mai come in questi giorni lo Square Kilometre Array è stato al centro di animati dibattiti tra Italia e Regno Unito: i due paesi membri del progetto per la costruzione del più grande network di radiotelescopi del mondo, infatti, si contendono l’assegnazione del quartier generale, ottenendo così anche un importante ruolo di leadership e di coordinamento politico e tecnico dell’operazione per i prossimi 50 anni.

La sfida è tra Padova e Manchester e la decisione finale era attesa per venerdì scorso, ma il Consiglio di Amministrazione ha rimandato il tutto di qualche settimana. Dopo aver valutato il report della Commissione internazionale che ha vagliato le due candidature, il CdA ha chiesto a entrambi i paesi candidati, infatti, di produrre della documentazione aggiuntiva, nonostante dallo stesso report si evinca chiaramente che Padova è risultata vincitrice, superando di gran lunga i parametri minimi richiesti.

«La scelta di Padova sembra aver spinto a considerare nuovi aspetti che inizialmente non erano stati ritenuti vincolanti e che ora appaiono fondamentali», ha detto Giovanni Bignamipresidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), presente – tra l’altro – durante la riunione di Manchester. «Siamo ancora in corsa, ovviamente, ma l’INAF valuterà, d’intesa con i ministeri, se rispondere alla richiesta di approfondimento».

La commissione internazionale interpellata da SKA è composta da Brian Boyle, Direttore dell’Australian Telescope Ska Facility Commonwealth scientific and industrial research organization – CSIRO; Patrizia Vogel, Netherlands organisation for scientific research NWO Coordinator Research Institute at NWO; Laura Comendador ESO –  European Southern Observatory, Head of Cabinet, Legal and international affairs; Bernie Fanaroff, Director of Ska South Africa, con alle spalle numerosi incarichi governativi durante il periodo Mandela. E sono questi gli esperti che entro la metà di aprile riceveranno la relazione aggiuntiva richiesta dal CdA e che dovranno prendere una decisione entro il 20 dello stesso mese.

Il layout delle antenne nel deserto australiano. Crediti: SKA Organisation

Come ha anche scritto dal ministro per la Ricerca e l’Università Stefania Giannini, votare per Padova vorrebbe dire risparmiare su molti costi fissi che oggi gravano sulla SKA Organisation, e questo è stato ribadito anche nel report della commissione internazionale valutando i molteplici aspetti economici, oltre che scientifici (attualmente lo SKA Office si trova nell’Osservatorio Jordell Bank nel Regno Unito). La decisione di candidare Padova come sede del quartier generale della SKA Organisation è stata presa formalmente nei primi giorni dello scorso febbraio, ma da tempo ormai l’Italia, forte di una notevole tradizione nella radioastronomia, puntava ad affermare ancora di più il proprio ruolo di leader nell’ambito del progetto, che vede a fianco al nostro Paese altre 10 nazioni in tutto il mondo.

L’Italia con l’Istituto Nazionale di Astrofisica ha avanzato la sua candidatura anche perché il Parlamento italiano ha deciso prima di Natale di investire decine di milioni di euro in tre anni. A sostegno della candidatura il ministro Stefania Giannini aveva ricordato l’importante rete di centri, enti di ricerca e prestigiose università che operano sul nostro territorio, nonché le numerose presenze dell’Italia in iniziative di ricerca internazionali.

La sede proposta dall’Italia è stata l’intera area sud del Castello Carraresi, antico stabile vicino all’INAF – Osservatorio Astronomico di Padova e che il comune veneto ha concesso gratuitamente in cambio della sua ristrutturazione.

La comunità scientifica internazionale e soprattutto quella italiana non ha dubbi sul fatto che SKA sia il futuro della radioastronomia e la partecipazione dell’Italia è importante per tutti gli sviluppi scientifici e tecnologici degli anni avvenire. Il coinvolgimento dell’INAF in SKA è stato pensato, sin dai primi anni, come un volano non solo scientifico, ma anche economico e industriale, visto l’ampio coinvolgimento delle industrie italiane nel settore della radioastronomia (con la produzione di ricevitori, pannelli e amplificatori) e questo può avere importanti ricadute per il nostro paese.

Il progetto porterà risultati a medio-lungo termine e per l’Italia è fondamentale rimanervi agganciati con un ruolo di leadership. Per adesso, però, rimane tutto in sospeso per quanto riguarda la scelta del quartier generale permanente, che dovrebbe in ogni caso essere operativo dalla fine del 2017.

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VERSO LA COSTRUZIONENonostante il blocco sul quartier generale, il Consiglio d’Amministrazione di SKA ha approvato all’unanimità il design finale della prima fase (SKA1), il progetto dello Square Kilometre Array sembra ormai sempre più vicino all’inizio della costruzione (2018) di quello che sarà il più grande network di radiotelescopi del mondo. La scorsa settimana il CdA, di cui fa parte anche l’Italia, si è riunito a Manchester per decidere come utilizzare i 650 milioni di eurodisponibili nella prima fase del progetto (la seconda fase dovrebbe iniziare nel 2023).

SKA-Mid in Africa. Crediti: SKA Organisation

Per riuscire a non sforare questo tetto di costi è stato necessario apportare dei tagli considerevoli ai diversi radiotelescopi che verranno costruiti in Sudafrica e in Australia. Considerevoli soprattutto per la parte australiana del progetto che vede bloccata, almeno per adesso, la costruzione dei nuovi dish (antenne a parabola) previsti per la SKA1-Survey (si tratta di 60 antenne). In Australia rimarranno, anche se tagliate della metà, le antenne a dipolo SKA1-Low e tutte le 36 antenne ASKAP. Il Sudafrica, invece, non ha subito ingenti tagli al progetto, visto che le antenne SKA1-Mid verranno comunque costruite (con un taglio del 30% rispetto al progetto iniziale) e a queste si uniranno le 64 antenne MeerKAT.

Tirando le somme, il Sudafrica ospiterà circa 200 dish e in Australia verranno posizionate più di 100 mila antenne a diopolo (simili a quelle della tv che abbiamo a casa).

Quello che sta succedendo in Australia e che ha portato al taglio dei fondi è soprattutto un’impasse politica al centro di ampio piano di deregolamentazione delle università australiane, che prevede l’aumento delle tasse per compensare il ridotto finanziamento pubblico. Si parla di una profonda crisi economica che – come era facile immaginare – sta colpendo (come molti altri paesi in tutto il mondo) grandi progetti di ricerca, non solo SKA.

E’ vero che i tagli ci sono stati , ma è altrettanto vero che adesso la costruzione del più ambizioso e importante progetto scientifico – non solo di radioastronomia – del 21° secolo diventa sempre più reale e vicina. «Sono rimasto impressionato dal forte sostegno da parte del Consiglio di Amministrazione e dallo slancio dimostrato per portare avanti il progetto», ha dichiarato il professor Philip Diamond, direttore generale della SKA Organisation. «SKA cambierà radicalmente la nostra conoscenza dell’Universo. Stiamo parlando di una struttura che sarà molte volte meglio di ogni altra cosa già costruita dall’uomo».

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