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PLANETARIO DI VENEZIA/LIDO

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16.02: ”In viaggio tra i satelliti del Sistema Solare” di Enrico Salvadori.

Per info: planetario@astrovenezia.net
www.astrovenezia.net

Il Planetario a Piacenza DAL 14 FEBBRAIO AL 22 MARZO

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16.02: Collegamento Osservatorio dalle Dolomiti

Per informazioni: info@planetariopiacenza.com
www.planetariopiacenza.com

La danza delle aurore di Saturno

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Immagini all’infrarosso e all’ultravioletto scattate dalla sonda Cassini della NASA e dall’Hubble Space Telescope. Si vedono aurore attive ai poli di Saturno. Credit: NASA/JPL-Caltech/University of Colorado/Central Arizona College and NASA/ESA/University of Leicester and NASA/JPL-Caltech/University of Arizona/Lancaster University
Immagini all’infrarosso e all’ultravioletto scattate dalla sonda Cassini della NASA e dall’Hubble Space Telescope. Si vedono aurore attive ai poli di Saturno. Credit: NASA/JPL-Caltech/University of Colorado/Central Arizona College and NASA/ESA/University of Leicester and NASA/JPL-Caltech/University of Arizona/Lancaster University

Gli astronomi sono da sempre affascinati dalle aurore che si verificano sul pianeta Saturno e spesso vengono pubblicate foto di questo fenomeno osservato per la prima volta nel 1979, quando Pioneer 11 fotografò i poli del pianeta illuminati in ultravioletto. Lo spettacolare fenomeno è frutto dell‘interazione tra la magnetosfera e la ionosfera. Mentre l‘Hubble Space Telescope della NASA, in orbita intorno alla Terra, è stato in grado di osservare le aurore settentrionali nelle lunghezze d’onda ultraviolette, la sonda Cassini della NASA, in orbita attorno a Saturno, ha ottenuto close-up complementari della parte settentrionale, meridionale e della faccia non visibile dalla Terra agli infrarossi, in luce visibile e nelle lunghezze d’onda ultraviolette. Quello che è stato ottenuto è il dettaglio di una coreografia unica ai due poli del sesto pianeta del Sistema solare che mostra la complessità e la bellezza delle aurore.

A differenza della Terra, dove il magnifico spettacolo dura solo poche ore, su Saturno l’aurora può brillare anche per diversi giorni. La NASA, infatti, è stata in grado di osservare questo fenomeno dal 5 aprile 20 maggio 2013. Le immagini provenienti dall’UVIS (spettrometro ultravioletto), montato su Cassini e ottenute da un’insolita distanza ravvicinata, hanno fornito uno sguardo alle diverse caratteristiche delle deboli emissioni su una scala di poche centinaia di chilometri. Per gli esperti è ormai certo che il fenomeno sia legato alle variazioni causate dal vento solare che entra nell’atmosfera di Saturno: i gas fluorescenti presenti nell’alta atmosfera emettendo lampi di luce a diverse lunghezze d’onda formando le aurore che circondano i poli. Sempre più accreditata è, però, anche l’ipotesi che le aurore siano provocate dal campo magnetico dei due poli del pianeta.

Nel video si vede anche una zona particolarmente luminosa dell’aurora che ruota in sincronia con la luna di Saturno Mimas. In precedenza altre immagini ottenute con l’UVIS avevano mostrato un punto luminoso aurorale intermittente legato elettricamente alla luna Encelado, un flusso di particelle cariche che viaggia dalla luna ghiacciata a Saturno, interagendo con il suo intenso campo magnetico e generando deboli aurore, un po’ come accade su Giove. I nuovi dati suggeriscono, quindi, che anche un’altra luna è in grado di influenzare lo spettacolo di luci su Saturno. ”Le immagini che abbiamo ottenuto sono le migliori finora per quanto riguarda i rapidi cambiamenti nelle emissioni aurorali”, ha detto Wayne Pryor, del Central Arizona College. “Alcuni punti sono più luminosi e si accendono ad intermittenza nelle immagini. Altre zone, invece, sono perennemente illuminate e ruotano attorno al polo, ma più lentamente rispetto alla velocità di rotazione di Saturno”, ha aggiunto.

I nuovi dati ottenuti da Cassini e da Hubble stanno aiutando gli astronomi a risolvere anche alcuni misteri sulle atmosfere dei pianeti giganti gassosi. “Gli scienziati si sono chiesti perché le zone alte delle atmosfere di Saturno e  degli altri giganti gassosi sono riscaldate ben oltre quello che potrebbe essere normalmente previsto per la loro distanza dal Sole”, ha detto Sarah Badman, ricercatrice per la missione Cassini presso l’Università di Lancaster (Gb). “Guardando questa sequenza di immagini, realizzata da diversi strumenti, capiamo dove l’aurora colpisce e riscalda l’atmosfera”.

Attraverso i dati in luce visibile, invece, i ricercatori hanno potuto studiare i colori delle aurore. A differenza di quelle sulla Terra, che sono verdi nella parte bassa e rosse in alto, su Saturno sono rosse nella parte bassa e viola nella parte alta. Come sul nostro Pianeta, le aurore possono essere a forma di tenda che fluttua nel vento oppure a fiamma con le sembianze di fuoco che brilla in lontananza. Può assumere anche l’aspetto di un bagliore diffuso o di raggi isolati che si formano e scompaiono. Ma perché la differenza di colore? Sulla Terra la colorazione dipende dalla presenza di molecole di azoto e ossigeno eccitato, mentre su Saturno dalla presenza di molecole di idrogeno eccitate (ciò vuol dire che assorbono radiazioni ed emettono luce visibile). ”Ci aspettavamo di vedere un po’ di rosso nelle aurore di Saturno, dato che l’idrogeno emette una luce rossa quando si agita, ma sapevamo anche che potevano esserci variazioni di colore a seconda delle energie delle particelle cariche che bombardano l’atmosfera e della sua densità”, ha spiegato Ulyana Dyudina, del team di imaging presso il California Institute of Technology, Pasadena, California.

Un altro gruppo di ricercatori sta analizzando i dati raccolti nello stesso periodo dai i due telescopi terrestri del W.M. Keck Observatory alle Hawaii e dall’Infrared Telescope Facility della NASA. I risultati aiuteranno a capire come le particelle vengono ionizzate (caricate) nell’atmosfera alta di Saturno e li aiuterà a mettere in ordine un decennio di osservazioni terrestri di Saturno in prospettiva, perché possono vedere che cosa cosa disturba e interferisce nei dati che provengono dall’atmosfera terrestre.

Per saperne di più:

Congiunzione Luna, Spica e Marte

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Marte Luna e Spica

Marte Luna e Spica

Poco dopo le undici della sera del 19 febbraio si avrà l’opportunità di osservare in direzione est-sudest il sorgere di un terzetto di oggetti formato dalla Luna all’ultimo quarto, da Spica – stella alfa della Vergine (mag. +1,0) – e da un Marte che avrà appena superato la soglia della magnitudine negativa (–0,2). Alle 23:15 il trio avrà un’altezza media sull’orizzonte di circa +9°, con la Luna distante da Marte circa 3,5°.

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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14.02: ”Errori astronomici” di Pietro Planezio.

Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Al Planetario di Ravenna

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14.02: Fanta-Scienza, avventure nel tempo e nello spazio: “Armate dallo spazio; la guerra dei mondi” di A. Galegati in collaborazione col Circolo Sogni.

Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Unione Astrofili Bresciani Lumezzane (Brescia)

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14.02: ”Sciami meteorici” di A. Soffiantini.

Per info: osservatorio@serafinozani.it
www.astrofilibresciani.it

Trento – MUSE, Artesella e Osservatorio Astronomico di Celado

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“MUSE” di TRENTO Museo delle Scienze
ARTE CONTEMPORANEA di ARTESELLA
OSSERVATORIO ASTRONOMICO di CELADO
Osservazioni Notturne con Telescopio

4/6 Aprile 2014

1° giorno, venerdì 04/04 – FERRARA / BOLOGNA / MODENA / VERONA / TRENTO / LEVICO

Ritrovo dei partecipanti (luoghi di carico ed orari da riconfermare) e partenza in pullman GT per Trento.
Arrivo e ingresso al MUSE, il nuovo museo della scienza, sul modello delle grandi città europee e americane. L’edificio, è stato progettato da Renzo Piano: richiama nel profilo, con le grandi vetrate inclinate, nel disegno interno e nell’ alternanza di vuoti e di pieni, i pendii delle montagne da cui è circondato. E proprio la montagna e l’ambiente sono uno dei fili conduttori della visita: a partire dalla vetta, il piano più alto dell’edificio, che ospita le mostre sui ghiacciai, sull’esplorazione e la vita negli ambienti estremi, si scende gradualmente a valle per conoscere l’ambiente alpino con la sua geologia, la sua flora e la fauna, e osservare come si è evoluto e trasformato a opera del tempo e dell’uomo.
Visita guidata inclusa del percorso: STORIA ED EVOLUZIONE DELLA VITA Dalla formazione del sistema solare, alla galleria dei dinosauri, in cui sono presenti scheletri a grandezza naturale, fino alle nuove scoperte della tecnologia dei nostri giorni. Un viaggio nel tempo e nello spazio lungo 4,5 miliardi di anni, nel quale si ripercorrono le principali tappe evolutive della vita sulla Terra, fino alla comparsa dell’uomo e il suo complesso rapporto con l’ambiente naturale, le problematiche ambientali, economiche e sociali racchiuse nei temi contemporanei della sostenibilità. La visita al museo potrà continuare liberamente in tutte le sezioni.
Pranzo libero a carico dei partecipanti e, nel pomerigio, visita guidata di TRENTO: il Duomo, la Torre Civica eretta nel XIII sec., il vicino Palazzo Pretorio, il Castello del Buon Consiglio il monumento più significativo della città, sede del Museo provinciale d’arte antica, medioevale, moderna e contemporanea. Al termine, trasferimento nella vicina Levico, sistemazione in hotel, cena e pernottamento. In serata osservazioni astronomiche facoltative.

2° giorno, sabato 05/04 – BORGO VALSUGANA / CASTELLO TESINO / CELADO / LEVICO TERME

Dopo la prima colazione in hotel, trasferimento nella vicina Borgo Valsugana per la visita guidata di ARTE SELLA: una manifestazione internazionale di arte contemporanea nata nel 1986, che si svolge all’aperto nei boschi della Val di Sella. Il progetto vuole essere non solo un’esposizione qualificata di opere d’arte, ma anche un processo creativo: l’opera è seguita giorno per giorno nel suo crescere e l’intervento dell’artista deve esprimere il rapporto con la natura basato sul rispetto, traendo da essa ispirazione e stimolo.
La visita ad Arte Sella prevede: il percorso ArteNatura e l’area espositiva di Malga Costa e Cattedrale Vegetale.
Il percorso ArteNatura consiste in una strada forestale, lunga 3 Km circa, percorribile a piedi in circa 2 ore, lungo la quale si incontrano circa 25 installazioni artistiche.
Al termine, arrivati nei pressi della località Carlon, si prosegue per circa 10 minuti a piedi fino ad arrivare all’area espositiva di Malga Costa. Dopo aver visitato l’esposizione annuale, si continua tra il sentiero nel bosco per accedere alla magnifica Cattedrale Vegetale, opera monumentale realizzata nel 2002 dall’artista italiano Giuliano Mauri. Pranzo libero a carico dei partecipanti e, nel pomeriggio, ingresso e visita guidata alla Grotta di Castello Tesino, una cavità di natura carsica caratterizzata da gallerie, arabeschi, stalattiti e stalagmiti formatisi nel corso dei millenni.
Cena in ristorante e a seguire visita guidata all’Osservatorio Astronomico di Celado: la cupola che sovrasta la struttura ha un diametro di 7 metri e può essere aperta e ruotare su se stessa per permettere di puntare il telescopio sulla stella che si vuole inquadrare. Osservazioni astronomiche all’Osservatorio e descrizione delle costellazioni.
Al termine, rientro in hotel per il pernottamento.

3° giorno, domenica 06/04 – LEVICO TERME / VERONA / MODENA / BOLOGNA / FERRARA

Prima colazione in hotel e mattinata a disposizione per attività libere sul lungolago, in paese o all’interno degli stabilimenti termali della città. Pranzo in hotel e, nel pomeriggio, partenza per il rientro con arrivo previsto in serata.

QUOTA di PARTECIPAZIONE, minimo 35 partecipanti € 295,00
Supplemento singola € 40,00

La quota comprende: * viaggio in pullman GT (quotazione pullman effettuata nel rispetto del regolamento CEE nr. 561/2006 entrato in vigore in
data 11/04/2007) * sistemazione in hotel 3*** a Levico Terme, in camere doppie con servizi privati * pasti come da programma (1 cena in hotel +
1 cena in ristorante, 2 prime colazioni in hotel + 1 pranzo in hotel il 3° giorno) * forfait bevande (1/4 vino e 1/2 acqua) ai pasti * ingresso al MUSE
e percorso guidato di 1h30 “Storia ed evoluzione della vita” * ingresso e visita guidata di ARTESELLA (percorso ArteNatura, Area di Malga
Costa, Cattedrale Vegetale) * ingresso e visita guidata serale (fascia oraria 21.00/23.00) all’Osservatorio Astronomico di Celado * ingresso e
visita guidata alla Grotta di Castello Tesino * assicurazione medico-bagaglio * capogruppo/guida astronomica.

La quota non comprende: * pranzi del 1° e del 2° giorno * altre visite guidate ed altri ingressi a musei e/o monumenti non indicati inl programma
* mance, extra personali in genere tutto quanto non indicato alla voce “La quota comprende”.

Informazioni e prenotazioni:

CTM di Robintur spa Via Bacchini 15, Modena Tel 059/2133701 ctm.gruppi@robintur.it

www.robintur.it

Informazioni astronomiche:

Sig. Massimiliano Di Giuseppe 338/5264372
Sig. Ferruccio Zanotti 338/4772550

www.esploriamoluniverso.com

Come nasce una stella

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Nuove immagini da Hubble

Sembrano le esili ali di una farfalla, ma sono in realtà enormi getti di gas e plasma espulsi da una stella in formazione.  Questa nuova suggestiva immagine, catturata dal telescopio spaziale Hubble, testimonia il processo di formazione stellare  all’interno della nube molecolare del Camaleonte.

I sottili flussi di gas espulsi dalle stelle in formazione creano una debole nebulosa che prende il nome di oggetto di Herbig-Haro (in questo caso l’etereo oggetto catturato in foto è stato battezzato HH 909A). Questi giochi di luce si formano durante lo scontro tra il gas dei getti, estremamente veloci, e le dense nubi di  gas e polveri che circondano la futura stella.

E se all’album fotografico della neonata stella non potremo probabilmente aggiungere molte altre diapositive,  visti i tempi astronomici, potrà essere possibile però osservare nei prossimi anni diversi cambiamenti nella nube. Gli oggetti di Herbig-Haro sono infatti strutture dalla breve durata, che si evolvono piuttosto velocemente. Queste strutture sono molto comuni nelle regioni di formazione stellare, come la Nebulosa di Orione, o la nube molecolare del Camaleonte rappresentata in foto. In quest’ultima gli astronomi nel corso degli anni hanno osservato diversi oggetti di Herbig-Haro, la maggior parte dei quali creata dai getti espulsi da stelle con massa simile a quella del Sole.Il telescopio spaziale Hubble è nello spazio dal 1990, e nonostante l’avvicinarsi del lancio del ben più potente James Webb Space Telescope (previsto per il 2018), continua a fornire informazioni preziose ai ricercatori (e immagini spettacolari agli appassionati).

Roma, chiusi Planetario e Museo dell’Astronomia

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Dal 28 gennaio il Planetario e il Museo dell’Astronomia di Roma sono chiusi. I due siti museali, che con oltre 100.000 visitatori ogni anno sono tra le più frequentate attrazioni culturali capitoline, sono stati dichiarati inagibili insieme all’intero complesso del Museo della Civiltà Romana in cui sono ospitati, inadeguato secondo gli ispettori del Ministero del Lavoro alle normative vigenti in materia di igiene e prevenzione degli incendi. La buona notizia è che che i fondi per il restauro della struttura sono già disponibili. Anche se i lavori inizieranno in tempi brevi, come assicurano dal Comune, i due musei sembrano però destinati a rimanere chiusi per almeno un anno.

A stupire è però il fatto che il Planetario e l’annesso museo dell’Astronomia sono spazi relativamente nuovi, inaugurate non più di 10 anni fa. Come spiega Vincenzo Vomero, professore di Museologia Scientifica della Sapienza che fino allo scorso ottobre ha diretto i due musei, non sono infatti le nuove strutture a rappresentare un problema, quanto piuttosto l’intero complesso del museo della Civiltà Romana: “La sala della grande cupola del Planetario è di recente costruzione, e quindi moderna e agibile. I problemi riscontrati durante i controlli riguardano piuttosto la prevenzione incendi, la messa in sicurezza degli spazi e l’eliminazione delle barriere architettoniche di tutto il mastodontico edificio della Civiltà Romana. Si sa da tempo che questi lavori andavano fatti, ma la struttura è enorme, circa 17.000 metri quadri, e i soldi fino a oggi non si erano trovati”.

Una questione prettamente legale dunque: l’edificio va chiuso, nonostante le nuove sale siano perfettamente a norma. Dal comune fanno sapere comunque che i fondi per il restauro sono stati già stati sbloccati, e che presto dovrebbe essere indetta la gara d’appalto. I lavori saranno inoltre un’occasione per rinnovare gli spazi espositivi e gli allestimenti dell’intera struttura, come si legge in una nota congiunta del Sindaco Ignazio Marino e dell’Assessore alla Cultura Flavia Barca: “Finalmente il museo didattico per eccellenza di questa città sarà riqualificato con lavori che ormai erano diventati improcrastinabili”.

I lavori però non dureranno meno di un anno, e nel frattempo il Planetario e il Museo dell’Astronomia resteranno chiusi. Non c’è nulla da fare? “La sala del Planetario è perfettamente a norma, e direttamente raggiungibile dall’ingresso principale. Con un po’ di buona volontà si potrebbe forse identificare il sistema più adeguato per tenerla aperta, e non interrompere il lavoro di comunicazione dell’astronomia condotto fino ad oggi con grande successo di pubblico e di critica”, ragiona infatti Vomero. “È un peccato privare i cittadini romani, gli studenti delle scuole e i turisti di questa perla della comunicazione scientifica della capitale”.

In attesa di sapere come si concluderà la vicenda, quel che è certo è che la riqualificazione del Museo della Civiltà Romana sembrerebbe inserirsi nel più ampio progetto di rilancio dei musei scientifici capitolini previsto con la nascita della nuova Città della Scienza di Roma. “La Città della Scienza deve essere un “hub” di rilevanza internazionale e insieme un punto di riferimento per la valorizzazione di tutto il patrimonio scientifico, tecnologico e culturale della città”, ha dichiarato recentemente la consigliera Valentina Grippo, aprendo il Tavolo su la Città della Scienza alla presenza dell’Assessore all’Urbanistica Giovanni Caudo. “Il nuovo edificio”, ha aggiunto Grippo, “che secondo le stime dell’assessore Caudo costerà tra i 54 e i 60 milioni di euro e si estenderà su una superficie di 27mila mq, di cui oltre 10mila saranno dedicati a spazi espositivi all’interno dell’ex caserma di via Guido Reni, non deve sovrapporsi alle realtà esistenti né fagocitarle ma dev’essere un’occasione di valorizzazione di quell’imponente “museo diffuso” dei saperi già esistente a Roma”.
Credits immagine:frattaglia/Flickr

Palomar Cube – approfondimenti sul quesito e soluzione

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Cubi celebri

Il protagonista indiscusso della rubrica Moebius pubblicata su Coelum 176 di dicembre era il cubo 3x3x3. Un oggetto fondamentale, direi, nella storia della matematica ricreativa.

Alzi la mano chi non ha mai provato, almeno una volta, a mettere in ordine il celeberrimo cubo di Rubik, geniale marchingegno ideato nel 1974 dall’architetto ungherese Ernő Rubik (qui a destra).

Da una quarantina d’anni i matematici studiano questo rompicapo in profondità, ricavandone continue sorprese. Ad esempio, una questione matematicamente interessante (e per nulla facile) consiste nel trovare la via più breve per portare il cubo della disposizione ordinata a partire da una situazione iniziale qualsiasi. Questo problema è strettamente correlato ad un altro: qual è il numero minimo di mosse con cui possiamo certamente risolvere il rompicapo partendo da una configurazione qualsiasi? I matematici hanno assegnato a questo numero un nome molto altisonante: il numero di Dio. Nel 1981 fu dimostrato che tale numero non poteva essere maggiore di 52. Successivamente molti matematici cercarono di abbassare il numero, e riuscirono nell’intento. Nel luglio del 2010, Morley Davidson, Tomas Rokicki, Herbert Kociemba e John Dethridge, sfruttando software sofisticati e computer molto potenti, dimostrarono che il numero di Dio è uguale a 20.

Un altro rompicapo, certamente meno famoso, basato sul cubo 3x3x3, è il cubo Soma, creato nel 1936 dal poliedrico matematico danese Piet Hein. Cercatelo nei negozi: ne esistono versioni in legno molto belle, con le quali vi divertirete un sacco.

La vita di Hein sembra uscita da un romanzo: discendente di un altro Piet Hein, comandante navale nella guerra degli Ottant’anni nel Seicento e ricordato in Olanda come eroe nazionale, si arruolò durante la seconda guerra mondiale come partigiano, si sposò quattro volte, ebbe cinque figli, fu matematico, fisico, ingegnere, inventore, divulgatore scientifico, poeta e scrittore.

Ma fu soprattutto un geniale creatore di affascinanti giochi matematici: per esempio l’Hex, studiato da John Nash (quello del film “A beautiful mind”) e descritto da Martin Gardner, e appunto il cubo Soma.

Hein s’inventò questo gioco mentre seguiva una lezione di fisica quantistica di Werner Heisenberg: ebbe l’ispirazione quando il premio Nobel cominciò a parlare di uno spazio diviso in celle cubiche, e cominciò a chiedersi quali fgure possono essere create unendo tra di loro più cubetti.

Il giovane danese concentrò la sua attenzione sulle combinazioni concave di cubetti, e si accorse che con tre cubetti si può creare una sola struttura di questo tipo, fatta a “L”, mentre con quattro cubetti esistono sei diverse figure concave.

Ora, si chiese Hein, quanti cubetti elementari servono per allestire questo kit di sette configurazioni? Contateli: sono in tutto 27.

Piet pensò allora che anche in un cubo 3x3x3 ci sono 27 cubetti elementari, e la domanda nacque spontanea: è possibile assemblare le sette strutture in modo da creare un tale cubo 3x3x3.
La risposta è sì: ed esistono addirittura 240 diversi modi per farlo! E non è finita qui, perché le sette parti possono essere utilizzate anche per creare innumerevoli figure diverse dal cubo 3x3x3, come potete vedere nella figura qui a destra (peraltro largamente incompleta).

Il problema

Ma veniamo al problema con il quale ho voluto allietare il periodo natalizio dei lettori di Coelum. Prendiamo il cubo di Rubik. Essendo un cubo 3x3x3, i cubetti costitutivi sono in tutto 27.

Essendovi 6 facce, ciascuna con 9 quadratini, ci sono 54 quadratini.

Come osservavo nell’articolo, nel rompicapo ungherese ci sono tre diversi tipi di cubetti:

  • quelli posti al centro delle sei facce (6);
  • quelli posti sugli angoli (8);
  • quelli posti a metà degli spigoli (12).

In tutto sono 26. Aggiungendo il cubetto nascosto nel centro del cubo grande, arriviamo a 27.

L’enigma proposto era il seguente: scrivere un numero su ciascuno dei 54 quadratini del cubo, in modo che:

  • su ogni faccia del cubo grande ci siano tutti i numeri da 1 a 9;
  • la somma dei numeri presenti sui quadratini esposti da ogni cubetto d’angolo e da ogni cubetto di spigolo sia la stessa.

Vediamo alla pagina seguente le soluzioni proposte dai lettori.

Al Planetario di Ravenna

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11.02: “(Ri)cadute dallo spazio” di Paolo Morini.

Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

ASSOCIAZIONE CASCINESE

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10.02: Corso base di astrofotografia con digitale reflex e camera web, lezione pratica con gli strumenti sul campo (meteo permettendo).
Presso ”Parco Collodi” a San Benedetto (Cascina).

Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
www.astrofilicascinesi.it

Prova di vista per GAIA

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L’immagine di calibrazione Gaia sull’ammasso stellare NGC1818 nella Grande Nube di Magellano a circa 50 Kpc da noi. Il campo coperto è di circa 3.5 minuti d’arco per lato e la durata dell’esposizione è di circa 2.5 sec. Per chi volesse confrontarla con altra immagini prese da telescopi da Terra e/o dallo spazio l’orientamento è con il Nord in alto e Est a sinistra, per le altre due Nord a destra e Est in basso. Credits : ESA / DPAC / Airbus DS

L’immagine di calibrazione Gaia sull’ammasso stellare NGC1818 nella Grande Nube di Magellano a circa 50 Kpc da noi. Il campo coperto è di circa 3.5 minuti d’arco per lato e la durata dell’esposizione è di circa 2.5 sec. Per chi volesse confrontarla con altra immagini prese da telescopi da Terra e/o dallo spazio l’orientamento è con il Nord in alto e Est a sinistra, per le altre due Nord a destra e Est in basso. Credits: ESA / DPAC / Airbus DS

Come per ogni neonato, anche gli occhi di Gaia (vedi Media INAF), il satellite dell’ESA che mapperà circa 1,5 miliardi di oggetti nella Galassia, si stanno lentamente mettendo a fuoco. Gaia ci ha rilasciato la prima immagine test, NGC1818, un fitto ammasso di stelle nella Grande Nube di Magellano, la galassia satellite della nostra Via Lattea .

Gaia è stata lanciata il 19 dicembre 2013 e sta orbitando attorno al punto langrangiano del sistema Terra-Sole L2, a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra.

Arrivata in L2 lo scorso 19 Gennaio, ora Gaia si trova in fase di commissioning ovvero di verifica e calibrazione strumentale. Una volta terminato il collaudo, verso fine maggio, Gaia inizierà le misurazioni di routine e genererà quantità enormi di dati. Per massimizzare i risultati attesi sugli aspetti scientifici fondamentali della missione, saranno inviati sulla Terra per l’analisi solo piccoli ‘cut -outs’ centrati su ciascuna delle stelle rilevate.

Questo ammasso di stelle è stato catturato con lo scopo di “sintonizzare” il funzionamento degli strumenti ed è una delle prime “immagini”, nel senso proprio del termine, ad essere elaborata da Gaia; ma, ironia della sorte , sarà anche una delle ultime .

Infatti, quando comincerà ad operare in modo nominale, Gaia misurerà le stelle, o gli oggetti rilevati, uno per uno, ovvero, “ritagliando” delle piccole finestre di pixels attorno a essi. Godiamoci quindi questa vista di NGC1818 di Gaia!

L’immagine di Hubble

L’obiettivo di Gaia è quello di creare una mappa estremamente accurata della Via Lattea. Rispetto al predecessore Hipparcos, questo nuovo satellite astrometrico sarà 200 volte più preciso, la sua survey 50,000 volte più profonda in luminosità ed il volume coperto almeno 1.000.000 di volte più grande: un’immensa mappa celeste multidimensionale, la prima costruita dall’uomo in grado di guidarci con precisione per gran parte della Via Lattea. Gaia potrà, difatti, estendere il suo orizzonte galattico fino al centro della Via Lattea, a comprendere i due bracci a spirale principali di Carina-Sagittario (verso l’interno) e di Perseo (verso l’esterno), in sostanza con un’accuratezza tale da spingerci fino a circa 33000 anni luce dal Sole. In astrofisica, la distanza di un oggetto stellare è ritenuta utilizzabile come dato individuale se l’errore non va oltre il 10% della distanza stessa. Quindi i 10 µas d’errore sulla parallasse trigonometrica corrispondono a misure di qualità per parallassi fino a 100 µas, ovvero distanze entro 10.000 parsec o ~ 33.000 anni luce.

Di conseguenza possiamo affermare che grazie al volume della regione censita da Gaia, per la prima volta, misureremo le caratteristiche chimico-dinamiche “individuali” delle stelle appartenenti alle varie popolazioni/strutture galattiche (di disco, alone e bulge), verificando così in dettaglio i modelli teorici di evoluzione dinamica e chimica delle galassie e, quindi, della cosmologia generatrice, a rispondere a domande sulla sua origine ed evoluzione, nonché testare la fisica della gravitazione.

Scansionando ripetutamente il cielo, Gaia osserverà un oggetto celeste in media 70 volte nell’arco di cinque anni. La combinazione delle misure astrometriche con quelle fotometriche e spettroscopiche a bordo, consentirà a Gaia non solo di misurare posizioni e moti – sia la componente trasversale e sia quella lungo la linea di vista, radiale – ma anche le principali proprietà fisiche di ogni stella, compresa la sua luminosità, temperatura e composizione chimica .

Per raggiungere il suo obiettivo, Gaia girerà lentamente su stessa, spazzando con i suoi due telescopi tutto il cielo e mettendo a fuoco la luce proveniente da due direzioni di vista simultaneamente sul suo piano focale, una singola macchina fotografica digitale – la più grande che abbia mai volato nello spazio, con quasi un miliardo di pixel.

Ma prima, i telescopi devono essere allineati e messi a fuoco, unitamente alla calibrazione precisa degli strumenti, una procedura minuziosa che durerà diversi mesi prima che Gaia sarà pronta ad entrare nella fase operativa di cinque anni.

Come parte di questo processo, il team di Gaia sta adottando come modalità di test quella di scaricare sezioni di dati dalla fotocamera, tra cui l’immagine di NGC1818 , un giovane ammasso stellare nella Grande Nube di Magellano. L’immagine copre un’area meno dell’1 % del campo di vista completo di Gaia (1.45 m x 0.5 m).

Una volta che tutto il miliardo di stelle a cui punta Gaia sarà stato osservato durante i primi sei mesi di attività, saranno necessarie osservazioni ripetute nell’arco di cinque anni per misurare i loro piccoli movimenti e permettere agli astronomi di determinare le loro distanze e moti attraverso lo spazio.

L’immagine da Terra

Il catalogo finale di Gaia sarà rilasciato solo tre anni dopo la fine nominale della missione. Saranno pubblicati tuttavia dei dati intermedi; inoltre se venissero rilevati oggetti estremamente variabili come supernovae, saranno prontamente comunicati entro poche dal processamento dei dati .

Alla fine, l’archivio dati Gaia supererà un milione di gigabyte, pari a circa 200 000 DVD di dati. Per produrre questo colossale tesoro di dati, la comunità scientifica si è organizzata all’interno di un Consorzio dedicato specificatamente all’elaborazione e all’analisi dei dati di Gaia: il DPAC. Nato nel 2006 attualmente annovera più di 400 scienziati da ben 22 paesi europei: grazie al convinto sostegno di ASI ed INAF che finanziano l’impegno, l’Italia è, con la Francia, il maggiore contributore al DPAC.

Mario Gilberto Lattanzi, Responsabile della partecipazione Italiana in Gaia, con alle spalle già l’esperienza di Hipparcos e Hubble, così commenta: “Davvero emozionante poter vedere la prima immagine presa con i CCD astrometrici di Gaia! La prima valutazione è decisamente positiva. Nonostante la messa a fuoco ancora da raffinare (infatti è proprio una delle immagini prese dagli ingegneri di Astrium ed ESA per le sequenze di messa a fuoco fine che sono ancora in corso),

Si vede già subito sia il vantaggio di essere nello spazio (in 2.5 sec vediamo migliaia di oggetti!) sia la risoluzione paragonabile a quella dell’Hubble (il cui primario circolare ha un diametro di 2.4 m)! Si vedono anche le caratteristiche della tipica immagine di diffrazione ‘a croce’ dei telescopi di Gaia che hanno i primari rettangolari (1.45 m x 0.5 m). Questo spiega anche perché i ‘baffi’ di diffrazione nella direzione Est-Ovest sono più larghi di quelli nella direzione Nord-Sud. Avanti cosi!’”

Guarda e ascolta su INAF-TV Mario Lattanzi commentare l’immagine:

Leggi anche:

Colazione con GAIA: il satellite dell’ESA pronto per il lancio del 19 dicembre

Comincia la missione di Gaia

Al Planetario di Ravenna

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09.02, ore 10:30: Osservazione del Sole.

Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

PLANETARIO DI VENEZIA/LIDO

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09.02: ”Dalla Terra alla Luna, andata e ritorno” di Salvatore Spampinato.

Per info: planetario@astrovenezia.net
www.astrovenezia.net

ASTROINIZIATIVE UAI Unione Astrofili Italiani

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UAI con SKYLIVE Una Costellazione sopra di Noi – Il primo venerdì di ogni mese, a cura di Giorgio Bianciardi
(vicepresidente UAI).

SKYLIVE con UAI Rassegnastampa e cielo del mese – Quarto giovedì del mese a cura di Stefano Capretti.

w w w. u a i . i t
www.skylive.it

Il Cielo Sepolto – La Colomba posata sull’antenna

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cielo sepolto colomba2
L’illustrazione rappresenta il transito al meridiano della costellazione della Colomba vista dai tetti di Roma, da dove le due stelle principali si vedono alte circa +13°. Molto più difficile riuscire a identificare l’ammasso globulare NGC 1851 – alto appena +8° (vedi la fotografia alla pagina successiva) – malgrado la buona luminosità apparente e il discreto diametro angolare (12 primi d’arco).
cielo sepolto colomba2
L’illustrazione rappresenta il transito al meridiano della costellazione della Colomba vista dai tetti di Roma, da dove le due stelle principali si vedono alte circa +13°. Molto più difficile riuscire a identificare l’ammasso globulare NGC 1851 – alto appena +8° (vedi la fotografia alla pagina successiva) – malgrado la buona luminosità apparente e il discreto diametro angolare (12 primi d’arco).

NGC 1851Ebbene, ancora più a sud della Lepre si trova una piccola costellazione di 270 gradi quadrati, la Colomba, situata tra –27 e –43 gradi e quindi potenzialmente osservabile anche dal Nord Italia. Anche perché, se eccettuiamo la stella eta Columbae che si trova all’estremo confine meridionale, la maggior parte delle stelle più luminose sono disposte attorno ai –35° di declinazione. La creazione della Colomba viene
di solito attribuita a Jakob Bartsch (1600-1633), astronomo tedesco, nonché genero di Keplero. Tuttavia la costellazione è già presente nell’Uranometria del Bayer del 1603, raffigurata a SW del Cane Maggiore, con un ramoscello d’ulivo nel becco; è evidente l’allusione alla colomba che Noè avrebbe inviato fuori dall’arca dopo il Diluvio. La stelle più brillanti sono alfa Columbae, gigante azzurra di mag.
+2,7 chiamata anche Phact, e la gigante gialla beta Columbae, di mag. +3,1 e di nome Wezn. Entrambe facilmente osservabili da tutto il territorio italiano, visto che la loro massima altezza sull’orizzonte va dai +10° di Milano ai +17° di Palermo. Molto più complicata potrebbe essere l’osservazione di eta Columbae, la stella più meridionale di tutte, situata a quasi –43° di declinazione proprio sul confine con la costellazione del Pittore (+1,5° di altezza da Milano, +5° da Roma e +9° da Palermo). Tuttavia, la sfida di questo mese sarà quella di riuscire a puntare l’oggetto deepsky più brillante della Colomba, ovvero l’ammasso globulare NGC 1851 (vedi scheda a destra), situato verso la parte sud-occidentale della costellazione a una declinazione di –40°; un ammasso intrinsecamente molto brillante e concentrato,
distante quasi 40 000 anni luce e di magnitudine apparente +7,2. Per trovarlo visualmente col consolidato metodo dello star hopping conviene partire dalle tre stelle più brillanti della Colomba che abbiamo
presentato. È già visibile, seppure al limite, in un binocolo o un cercatore di almeno 50 mm, mentre un piccolo telescopio di 15 cm, a un centinaio di ingrandimenti, è già in grado di mostrare le componenti più brillanti. Buona fortuna!

PLANETARIO DI VENEZIA/LIDO

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08.02, ore 19:00: Serata Osservativa a Venezia – Piazza San Marco. Fino alle 22 sarà possibile osservare la Luna, Giove e le costellazioni invernali con la guida e i telescopi delle associazioni astrofile.

Per info: planetario@astrovenezia.net
www.astrovenezia.net

Il Cielo del Mese – Il Cielo di Febbraio

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Cartina Febbraio 2014

EFFEMERIDI di Febbraio

relative agli oggetti descritti in Coelum n.178

Per quanto riguarda l’aspetto del cielo, nella prima parte della notte predomineranno ancora le costellazioni invernali; verso le 20:30 saranno infatti in meridiano il Cane maggiore e Orione, con l’Auriga allo zenit. A ovest staranno invece già tramontando Pegaso e Balena, mentre a est il cielo sarà già occupato dagli asterismi primaverili tra cui – facilmente riconoscibili – il Leone e le prime propaggini della Vergine. Più tardi sorgerà anche la brillante Arturo nel Boote, mentre a ovest comincerà a essere evidente il declino di Orione verso l’orizzonte. Molto più in alto, quasi immobile a nord, il Grande Carro sembrerà in procinto di rovesciarsi. Giove nei Gemelli, e poi, più tardi, Marte nella Vergine, saranno i due pianeti osservabili con maggior facilità.

IL SOLE Il 16 febbraio il Sole si sposterà dal Capricorno all’Acquario (ovviamente stiamo parlando di costellazioni, non di “segni astrologici”), proseguendo nel contempo la “risalita” dell’eclittica a una velocità media in declinazione di circa 20′ al giorno. Partendo dai –17°,4 di inizio mese, supererà i –10° alla fine; da questo deriverà un corrispondente aumento dell’altezza sull’orizzonte al momento del suo passaggio in meridiano.

L’articolo completo è pubblicato su Coelum n.178 – 2014 alla pagina 58

Asteroidi: La Grande Opposizione di Pallas

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Pallas
Il percorso apparente di (2) Pallas durante il mese di febbraio. L'asteroide attraverserà per le prime tre settimane la costellazione dell'Idra, per poi sconfinare nel sestante proprio nei giorni in cui si verificherà la tanto attesa opposizione (indicata dal cerchietto verde). Da notare l'orientamento nord-sud della traccia, tipico dell'opposizione degli asteroidi ad alta inclinazione orbitale.
Pallas
Il percorso apparente di (2) Pallas durante il mese di febbraio. L'asteroide attraverserà per le prime tre settimane la costellazione dell'Idra, per poi sconfinare nel sestante proprio nei giorni in cui si verificherà la tanto attesa opposizione (indicata dal cerchietto verde). Da notare l'orientamento nord-sud della traccia, tipico dell'opposizione degli asteroidi ad alta inclinazione orbitale.

EFFEMERIDI di Febbraio
oggetti descritti su Coelum 178

L’avete già visto dal titolo, ma ve lo dico lo stesso: il pianetino (2) Pallas, uno dei “magnifici quattro”, il 24 febbraio sarà alla distanza minima da 60 anni a questa parte!

Superfluo che vi parli ancora della storia di Pallas, trattata numerose volte su questa rivista. Di questo storico pianetino ricorderò soltanto che possiede l’orbita più eccentrica e inclinata tra tutti gli oggetti di fascia più massicci, e che quindi i valori di luminosità e distanza sono soggetti ad oscillazioni molto ampie.

PallasAll’opposizione media Pallas raggiunge all’incirca l’ottava magnitudine, perdendosi fin quasi l’undicesima all’afelio, ma durante le rare opposizioni perieliche scende sotto la settima e può arrivare fino alla mag. +6,5! Rare, sì, ma quanto? Beh, sempre dalla tabella si può vedere come le super opposizioni di Pallas si alternino con due periodi sovrapposti, di 9 e 14 anni.

La luminosità maggiore si ha quando le opposizioni avvengono con l’asteroide in prossimità del nodo ascendente, ovvero quando Pallas, Terra e Sole sono quasi allineati sul piano dell’eclittica e la luce solare illumina totalmente l’emisfero di Pallas rivolto verso la Terra.

Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, nell’articolo tratto dalla Rubrica Asteroidi di Talib Kadori presente a pagina 70 di Coelum n.178.

I Venerdì dell’Universo 2014

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Tornano anche quest’anno i Venerdì dell’Universo, una serie di seminari scientifici per avvicinare, giovani e non, alla Fisica,
all’Astronomia e alle Scienze in generale, con la speranza che per molti giovani non sia solo una curiosità momentanea,
ma anche un’occasione di spunto per i loro studi professionali o amatoriali, dal momento che l’Università di
Ferrara offre importanti opportunità in questi campi.

07.02: “L’Universo in tasca” a cura di PATRIZIA CARAVEO.

Diretta streaming video: http://web.unife.it/unifetv/universo.html
Per informazioni: Tel. 0532/97.42.11 – E-mail: venerdiuniverso@fe.infn.it
www.unife.it/dipartimento/fisica – www.fe.infn.it
Organizzati da: Dip. di Fisica Università di Ferrara, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Gruppo Astrofili Ferraresi “Columbia“ e Coop. Sociale Camelot.

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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07.02: ”I grandi osservatori radioastronomici” di Cristiano Tognetti.

Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Associazione Astrofili Centesi

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07.02:Z “Favole dal Cielo: Orione il Guerriero del cielo. Un fantastico viaggio tra scienza e mitologia del cielo invernale”. Al telescopio: Luna, Giove, Marte, Nebulosa di Orione e le Pleiadi.

Per info: 346.8699254, astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Unione Astrofili Bresciani Lumezzane (Brescia)

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07.02: ”Effetti della dark matter sulla nostra galassia” di U. Donzelli.

Per info: osservatorio@serafinozani.it
www.astrofilibresciani.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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07.02: “Fusione nucleare, il motore che accende le
stelle” di Stefano Covino.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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07.02: ”Errori astronomici” di Pietro Planezio.
Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Comete: Sta arrivando un’altra Pan-STARRS

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Comete Febbraio 2014
Comete Febbraio 2014
Il percorso della 154P Brewington durante il mese di febbraio. La cometa sarà osservabile verso occidente dall’inizio della notte astronomica e giorno dopo giorno si sposterà dai Pesci al Triangolo, dove verso il 9 del mese avvicinerà M33. Molto interessante anche l’incontro ravvicinato con la cometina C/2013 V1 Boattini (traccia in verde), che porterà i due oggetti verso il 5 marzo (il circoletto giallo indica la posizione della Brewington, mentre il verde quella della Boattini) ad una separazione di appena 30 primi d’arco.

EFFEMERIDI di Febbraio
oggetti descritti su Coelum 178

Unica tra quelle serali, la 154P Brewington, cometa periodica che è arrivata al perielio e alla sua massima luminosità (mag. +10) in dicembre. In febbraio si muoverà tra Andromeda e il Triangolo, osservabile nella prima parte della notte mentre si mostrerà con una magnitudine intorno alla +11. Interessante il 9 e 10 del mese il suo incontro con la galassia M33, che avvicinerà da sud fino a una distanza di 1,7° e soprattutto quello che avverrà ai primi di marzo, quando si troverà a circa 30′ dalla C/2013 V1 Boattini, cometa di mag. +14.

Di mattina vi consiglio invece di seguire l’unica cometa che tra tutte quelle attualmente osservabili promette di diventare un oggetto importante nei prossimi mesi: la C/2012 K1 Pan-STARRS, scoperta il 19 maggio 2012 presso il noto osservatorio dell’isola Maui, alle Hawaii. Il fatto che sia stata avvistata da così lungo tempo, a una distanza di 8,2 UA, la dice lunga sulle sue caratteristiche… e infatti sembra che la C/2012 K1 sia destinata nel prossimo autunno ad arrivare alla visibilità ad occhio nudo.

Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, con tutte le immagini, nella Rubrica Comete di Rolando Ligustri presente a pagina 68 di Coelum n.178.

Nel Cielo – Tre strani casi di “DOPPIO” ASTRONOMICO ovviamente da cercare nei Gemelli!

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Nel cielo
La cartina del mese abbraccia l'intera figura dei Gemelli, dalla “testa”, rappresentata da Castore e Polluce, al “piede”, rappresentato dalle stelle Tejat (μ Gem) Propus e 1 Geminorum. Proprio in prossimità di quest'ultima stella si trovano gli ammassi aperti NGC 2129 e IC 2157/56, mentre il terzo oggetto di cui si parla nel testo, la nebulosa planetaria NGC 2371/72, è situata nel cuore della costellazione, a nord della stella iota Geminorum.

Nel cielo
La cartina del mese abbraccia l'intera figura dei Gemelli, dalla “testa”, rappresentata da Castore e Polluce, al “piede”, rappresentato dalle stelle Tejat (μ Gem) Propus e 1 Geminorum. Proprio in prossimità di quest'ultima stella si trovano gli ammassi aperti NGC 2129 e IC 2157/56, mentre il terzo oggetto di cui si parla nel testo, la nebulosa planetaria NGC 2371/72, è situata nel cuore della costellazione, a nord della stella iota Geminorum.

NGC 2371/72, la Gemini Nebula – Il primo “doppio” di cui vogliamo parlare si trova nella parte a nord della costellazione, nei pressi di Castore e Polluce; in una zona però abbastanza povera di stelle di riferimento. Per arrivarci il modo migliore è quello di partire da iota Geminorum (mag. +3,8) e poi di spostarsi di 1,7° verso nord, fino al punto in cui incontreremo una piccola nebulose planetaria… anzi,
due piccole nebulose planetarie! La doppia sigla di NGC 2371/2372 con cui viene indicato l’oggetto ci avverte infatti che ci troviamo di fronte a qualcosa di abbastanza inusuale. Ma andiamo con ordine…
La coppia fu scoperta la sera del 12 marzo 1785 da W. Herschel, che la descrisse come «due deboli nebulose di uguali dimensioni, entrambe piccole». L’astronomo anglo-tedesco vide infatti due diffusi punti di luce separati tra loro di circa 25″ e pensò si trattasse di due oggetti distinti. La reale natura dell’oggetto fu scoperta soltanto nel 1917 dall’astronomo americano Francis Pease (1881-1938), che dall’analisi
spettrale capì che si trattava di una planetaria. Inoltre, dalle fotografie a lunga posa, risolse anche il piccolo mistero della duplicità: i due piccoli globi non sono in realtà che le due regioni più luminose
di un insieme nebulare molto più esteso, che le più profonde riprese fotografiche rivelano di aspetto molto simile a quello di M27, la famosa planetaria della Volpetta. Le foto rivelano anche l’esistenza di
due condensazioni esterne separate e simmetricamente opposte al corpo principale. Questa piccola planetaria è stata oggetto d’attenzione di parecchi osservatori del passato; fu addirittura inserita nel “Catalogo di nebulose doppie” da D’Arrest nel 1856 e disegnata, tra gli altri, da Lord Rosse, Secchi e Lassell. Con l’andare del tempo, una volta risolto il mistero, la sua peculiarità è passata nel dimenticatoio, anche perché si tratta ovviamente di un’anomalia solo apparente, legata alle limitazioni dell’osservazione visuale. A questo proposito, ci sono pareri alquanto discordi sul diametro minimo necessario per riuscire staccarla dal fondo cielo. Personalmente ci sono riuscito anche con il classico 114/900 sotto un cielo non inquinato dalle luci; ovviamente l’apparenza era quella di un singolo puntolino di luce, mentre per riuscire a individuare il suo “doppio aspetto” è senz’altro necessaria un’apertura di almeno 250 mm. Con diametri da 300 mm in su, come dimostra quanto ho potuto annotare all’oculare del mio dobson da mezzo metro, la visione si fa un po’ più interessante, senza tuttavia mai arrivare a mostrare l’oggetto completo come fanno invece le migliori riprese fotografiche: «A 133x, la struttura a doppio guscio
è evidente, la nebulosità di sudovest (NGC 2371) appare leggermente più brillante di quella di nordest (NGC 2372). A 200x con filtro OIII è molto brillante, i due gusci somigliano ora a due parentesi tonde. Senza il filtro la luminosità si stempera un po’, i due gusci divengono più “soffici” e sfumati, con segni di struttura. Utilizzando la visione distolta fa capolino anche la stella centrale di mag. +15». Un invito ai lettori a ridare giusta dignità a questa autentica meraviglia celeste.

Per approfondire leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, i cenni storici, le immagini e le mappe dettagliate, nell’articolo tratto dalla Rubrica Nel Cielo di Salvatore Albano presente a pagina 52 di Coelum n. 178.

Global Test 178 – la montatura Gemini G53F

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GLOBALTEST, un NUOVO FORMAT per i TEST STRUMENTALI

Comincia con il n. 178 di Coelum Astronomia una nuova rubrica tecnica in cui saranno presentati più prodotti, ognuno dei quali corredato dal giudizio “collettivo” (medio e ponderato) di utenti ed esperti di tutto il mondo che hanno già avuto modo di usarli e di esprimere il loro parere.
Questo tipo di recensione “allargata” al web – che include i siti web personali, i forum e i social network – nelle nostre intenzioni dovrebbe permettere ai lettori – o almeno lo speriamo – di farsi un’idea più oggettiva delle qualità e degli eventuali limiti e difetti della strumentazione presente sul mercato, orientando pertanto in modo più preciso i futuri acquisti. La rubrica “cartacea” verrà inoltre affiancata da contenuti multimediali che verranno segnalati nel testo (tramite link e QR-code) e raccolti in queste pagine, per approfondire e completare quanto scritto sulla rivista.
Ovviamente ci attendiamo dai lettori molti suggerimenti su come migliorare questo nuovo servizio.

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Riportiamo quindi di seguito i video e i link ai contributi, nell’ordine in cui vengono proposti, della rubrica Global Test pubblicata sul n. 178 di Coelum Astronomia a cura di Plinio Camaiti (Telescope Doctor), e nella pagina successiva il testo integrale dell’intervista ad Andràs Dan, progettista della Gemini Telescope Design.

Dal WEB il parere degli utenti su…

LA MONTATURA EQUATORIALE GEMINI G53F

Le pagine in italiano del sito del costruttore

La presentazione del prodotto dal sito del costruttore

UNBOXING G63F
video di Roberto Bacci

Parte 1

Parte 2

Parte 3

Parte 4

Montaggio, stazionamento e uso fotografico sotto il cielo
video di Elio Magnabosco

Un test dalla Repubblica Ceka dal sito dell’astroimager Pavel Pech

Il rumore dei motori durante il GoTo
video di  Marco74DA

Sessione di Autoguida galleria di immagini con commento di Giovanni Leoni

Celestron CGEM vs Gemini G53F foto di confronto tra le due montature.

Controllo remoto della montatura
video di teleskopaustria

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L’articolo completo è pubblicato su Coelum n.178 – 2014 a pagina 42

La migrazione dei pianeti raccontata dagli asteroidi

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Riproduzione artistica di Giove circondato da asteroidi. Crediti: David A. Aguilar (CfA)
Riproduzione artistica di Giove circondato da asteroidi. Crediti: David A. Aguilar (CfA)

La storia turbolenta della caotica evoluzione del Sistema solare ha lasciato delle tracce rivelatrici  nella cintura di asteroidi tra Marte e Giove secondo un nuovo studio, pubblicato ieri su Nature, nel quale Francesca DeMeo (dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics) e Benoit Carry (dell’Osservatorio di Parigi) hanno mappato la composizione e la distribuzione degli asteroidi della fascia principale.

L’incredibile variabilità di dimensione e composizione degli asteroidi della fascia non è una sorpresa. Da ormai una decina di anni diversi studi hanno infatti smentito le precedenti ipotesi che volevano che gli oggetti celesti della fascia principale si fossero formati in loco e che fossero i resti di un pianeta mai nato, fallito a causa della forte gravità del vicino Giove.

L’ampio spettro che emerge dalla mappatura degli asteroidi implica invece che la loro attuale distribuzione spaziale sia il risultato della migrazione dei pianeti durante i primi miliardi di anni di vita del Sistema Solare. Un periodo di grande agitazione, durante il quale, secondo i moderni modelli fisici, i pianeti giganti sono andati migrando per il Sistema Solare interno ed esterno prima di trovare pace e stabilirsi nelle attuali orbite. Durante questi sommovimenti i pianeti hanno scosso e movimentato gli asteroidi “come fiocchi in una palla di vetro con la neve”, spiega DeMeo.

Esemplare il caso di Giove. La distribuzione e la composizione degli asteroidi nella fascia suggeriscono infatti che durante la sua migrazione il gigante gassoso si sia avvicinato al Sole fino a raggiungere l’odierna orbita di Marte. Così facendo avrebbe spazzato via la cintura di asteroidi quasi del tutto, lasciando solo un decimo dell’uno per cento della sua popolazione originaria.  Invertendo poi la rotta verso il Sistema solare esterno Giove avrebbe ripopolato la cintura con nuovo materiale. La fascia principale degli asteroidi  conterrebbe quindi oggi in buona sostanza campioni provenienti dall’intero Sistema solare.

DeMeo e Carry passano in rassegna nel loro articolo i recenti progressi nella scoperta e la catalogazione delle rocce della cintura. Ma la mappatura degli asteroidi suggerisce anche qualche nuovo e interessante filone di indagine. Come per esempio l’evoluzione dei sistemi di pianeti extrasolari, in relazione con la storia stessa della Terra.  L’acqua dei nostri oceani potrebbe infatti provenire proprio dagli impatti di asteroidi avvenuti nel periodo di forte agitazione della migrazione dei pianeti. Se così fosse, ci sarebbe una condizione in più da porre sull’abitabilità degli esopianeti, ovvero proprio il fortuito impatto di un numero sufficientemente grande di asteroidi, e mondi simili alla Terra potrebbero allora essere più rari di quanto pensiamo.

Nonostante tutti gli studi, le analisi e le mappature, rimane ancora molto da scoprire su questi corpi celesti e la loro struttura interna. Aspettando di inviare il primo uomo su un asteroide, alla NASA guardano con forti aspettative l’avvicinamento della sonda Dawn a Cerere, l’asteroide più massiccio della fascia, dove, secondo un recente studio, ci dovrebbe essere quantomeno un po’ d’acqua.

Al Planetario di Ravenna

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04.02: “Le geometrie nel Cielo” di Oriano Spazzoli.
Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

PLANETARIO DI VENEZIA/LIDO

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02.02, ore 16:00: ”Aurore Boreali e Australi al Planetario
di Venezia” presentazione del libro di Ada
Grilli: Aurore Polari – OTTAVA MERAVIGLIA DEL
PIANETA. Viaggio al centro delle Aurore tra scienza
letteratura arte e mito”
Per info: tel. 338.8749717
planetario@astrovenezia.net
www.astrovenezia.net

Mercurio incontra una sottilissima falce di Luna

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Il primo appuntamento astronomico di febbraio ci sarà già la sera del primo giorno del mese. Guardando in direzione ovest-sudovest, infatti, verso le 18:00 ci sarà la possibilità di vedere il sempre elusivo Mercurio (mag. –0,4), in quel momento alto circa +10° sull’orizzonte, e 7 gradi più in alto, esattamente sulla verticale, una falce di Luna crescente al limite dell’osservabilità (fase 5%).

(N.B. Nella figura, la dimensione del disco lunare è sovradimensionata rispetto alla scala del contesto).

“Buonanotte Terra, Buonanotte umanità.” Ultimo messaggio del rover Yutu prima della probabile morte sulla Luna

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Mosaico del rover Yutu mentre si allontana dal lander Chang'e-3, all'inizio del primo giorno lunare di operazioni. Credit: CAS

Il rover Yutu mentre si allontana dal lander Chang'e-3, all'inizio del primo giorno lunare di operazioni. Credit: CAS

Il nome del rover sta per la divinità cinese “Coniglio di Giada”, ed era appena arrivato a metà della sua missione di 3 mesi per lo studio della crosta lunare quando ha subito alcuni problemi meccanici e sembra che non sopravviverà alla nuova notte lunare. Le notizie giungono in parte dalle agenzie di stampa cinesi e in parte dal profilo twitter della missione, in cui il rover parla a nome proprio.

Anche se sarei dovuto andare a letto questa mattina, i miei padroni hanno scoperto qualcosa di anormale riguardo al mio sistema di controllo meccanico” si legge in un tweet. “I miei padroni hanno passato tutta la notte svegli a lavorare ad una possibile soluzione. Ho sentito che i loro occhi somigliano di più ai miei occhi rossi da coniglio. Tuttavia, sono consapevole che potrei non sopravvivere a questa notte lunare.

Animazione del movimento del rover Yutu sulla superficie lunare. Credit: CNTV/Emily Lakdwalla

La notte lunare dura circa 14 giorni terrestri e le temperature scendono fino a ben -180°C. Per riuscire a sopravvivere, il piccolo rover era programmato per entrare in letargo e tenere al sicuro i propri componenti grazie al riscaldamento ottenuto dal decadimento radioattivo di un motore interno. Uno dei panelli solari doveva rimanere aperto verso l’orizzonte da dove sorge il Sole e l’altro doveva coprire l’antenna e l’asta su cui sorge la camera per le riprese. Ancora non sono trapelate notizie ufficiali su cosa in particolare non ha funzionato, ma pare che le varie procedure per la messa in sicurezza del rover non abbiano funzionato. Il rischio è che durante la notte, il rover muoia di freddo. E’ un po’ lo stesso destino che è toccato al rover Spirit, della NASA, durante la sua esplorazione di Marte.

La missione ha comunque raggiunto molti obbiettivi sia tecnologici che scientifici. La Cina è stata la terza nazione a far atterrare con successo una sonda sulla Luna ed è stata la prima a tornarci dopo quasi 40 anni. La missione è anche stata la prima a mettere alla prova nuove tecnologie per l’atterraggio autonomo e l’intelligenza artificiale usata per la guida del rover. Yutu e il lander Chang’e-3 sono sopravvissuti con successo alla prima dura notte lunare, ma questa nuova notte sembra possa segnare la fine del rover. Il lander invece non sembra avere problemi e si spera possa continuare a funzionare per almeno un anno.

I tweet continuano: “Chang’e non sa ancora nulla riguardo ai miei problemi“, ha detto il rover. “Se non potranno ripararmi, vi prego di consolarla per me.” Sui social media, migliaia di utenti della Cina hanno mandato i loro saluti al piccolo rover.

Prima della mia partenza, ho studiato la storia delle sonde lunari dell’umanità. Circa metà delle passate 130 spedizioni sono finite con un successo; il resto sono stati fallimenti. Questa è l’esplorazione spaziale; il pericolo viene insieme alla bellezza. Sono solo un piccolo puntino in un più vasto quadro dell’avventura dell’umanità.

Immagine calibrata per aggiustare i colori all'esposizione della luce solare. Ecco il rover Yutu e la superficie lunare nei suoi colori più veritieri. Credit: Ricardo Nunes

L’ultimo messaggio del rover ha concluso la sua missione:

Il Sole è calato, e le temperature stanno scendendo così rapidamente… ma voglio dirvi un piccolo segreto, non mi sento così triste. ero solo nella mia storia d’avventura, e come tutti gli eroi, ho incontrato un piccolo problema.
Buonanotte, Terra. Buonanotte, umanità.

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Fonte: CNN On China

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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31.01: “Luna e Sole giocano a nascondino: le eclissi
dei prossimi anni” di Davide Dal Prato.

Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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31.01: ”I grandi osservatori radioastronomici” di Cristiano Tognetti.

Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Associazione Astrofili Centesi

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31.01: “Mondi roventi: Venere e Mercurio”. Al telescopio: Giove, Marte, Nebulosa di Orione, le
Pleiadi, le Iadi e le stelle giganti.
Per info: 346.8699254, astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Hawking: il buco nero non esiste

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Il Giardino Filosofico di Spina
Il Giardino Filosofico di Spina

L’analisi di Giovanni Bignami

La fine di un mito? Sembra proprio che stia succedendo ai buchi neri, gli oggetti più strani del cielo, e che per di più il mito su di loro venga adesso infranto da uno dei creatori della moderna teoria fisica dei buchi neri stessi. Stephen Hawking, il settantenne fisico inglese gravemente malato di SLA da decenni, ma ancora lucidissimo, ha appena reso pubblico un suo lavoro nel quale sostiene che sia informazione sia energia possano non solo entrare, ma anche uscire da un buco nero. Esattamente il contrario di quanto sostenuto finora da Hawking stesso, e da tutti gli astrofici del mondo.

Cominciamo col dire che il “buco nero”, contrariamente alla immagine popolare, non è affatto un buco. Anzi, è un blocco di materia in uno stato incredibilmente denso, nato, per esempio, dal collasso gravitazionale di una stella pesante decine di volte il Sole. Talmente denso, appunto, che neanche la luce può sfuggire alla sua attrazione gravitazionale, concentrata in un ristretto “orizzonte” vicino alla massa. Perciò è “nero”: non si può vedere (pensavamo finora).

Adesso Hawking sostiene che non è neanche nero, perché qualcosa ne può uscire. Lo ha annunciato dapprima ad una conferenza, da lui tenuta via Skype ed un sintetizzatore vocale, nell’agosto scorso, ed ora lo pubblica in un suo lavoro, intitolato spiritosamente “Conservazione dell’informazione e previsioni del tempo per i buchi neri”.

In una rara intervista, attraverso la voce del computer, ha detto a Nature che la storia dell’orizzonte impenetrabile dall’interno verso l’esterno è vera solo nella teoria classica, ma che la teoria quantistica permette la fuga di informazione. E aggiunge: “La vera spiegazione del processo richiederebbe una teoria che metta insieme la gravità alle altre forze fondamentali della Natura”. Cioè il Santo Graal della fisica che Einstein stesso non raggiunse e alla quale Hawking, e molti altri, lavorano invano da decenni.

Proviamo a capire con un esperimento mentale. Un professore di fisica teorica manda un laureando-astronauta in buco nero. Cosa succede all’infelice (che pur di fare una bella tesi si presta a tutto…)? Si pensava finora che avrebbe felicemente passato l’orizzonte-del-non-ritorno senza accorgersene, per poi venire stirato verso l’interno riducendosi in un lunghissimo spaghetto prima di essere schiacciato sul nucleo infinitamente denso. Alternativamente, avrebbe incontrato una densità di energia così alta da venire bruciato sul posto. In entrambe i casi, rapida fine di una carriera accademica non ancora cominciata.

Hawking adesso propone una terza soluzione. Il famoso orizzonte, almeno in qualche caso, non è una barriera insormontabile. La ragione sono le “fluttuazioni quantistiche dello spazio-tempo” (concettino non semplice, ammettiamolo) che ogni tanto passano. Ma allora, se in qualche caso l’orizzonte del buco nero è valicabile dall’interno, il concetto di “buco nero” scompare: non solo non è un buco, ma non è neanche nero… Però quello che potrebbe uscire è tutto diverso da quello che è entrato, irriconoscibile come il testo della Divina Commedia nel mucchietto di ceneri nel quale l’abbiamo bruciata. Per non parlare del laureando.

E le previsioni del tempo? C’entrano, perché prevedere cosa uscirà da un buco nero grazie alle fluttuazioni, dice Hawking, è un po’ come fare previsioni del tempo accurate e a lungo termine: possibile, in teoria, ma in pratica troppo difficile. Quaranta anni dopo i suoi primi lavori sulla teoria dei buchi neri, siamo ancora qui ad imparare da Hawking la fisica degli oggetti più affascinanti (e mai visti) del cielo.

L’articolo è pubblicata sull’edizione del 27 gennaio del quotidiano La Stampa.

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“Virginio Cesarini”. La lezioni si terranno il
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siti in Via Carlo Emanuele I, 12a (una traversa
di Viale Manzoni) a Roma.
Il giorno 30 Gennaio 2014 ore 18:30 ci sarà la
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(Fabio Anzellini).
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