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Pio & Bubble Boy – Coelum n.125 – Febbraio 2009

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Questa Vignetta è pubblicata su Coelum n.125 – Febbraio 2009. Leggi il Sommario.

Pio & Bubble Boy – Coelum n.124 – Gennaio 2009

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Questa Vignetta è pubblicata su Coelum n.124 – Gennaio 2009. Leggi il Sommario.

Viaggio a TABA – MAR ROSSO

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Informazioni e Quota di Partecipazione


EGITTO – DESTINAZIONE TABA


HOTEL: RADISSON SAS RESORT HOTEL 5 stelle
TOUR OPERATOR: TURCHESE
VOLI ITC da Bergamo il lunedì
Trattamento di All Inclusive

PERIODO: 27/10 – 03/11/08 (8 giorni/7 notti)
QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE (minimo 25 paganti): € 705,00
QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE, minimo 20 paganti): € 750,00
Supplemento camera singola € 154,00
Visto consolare € 25,00 a persona

La Quota Comprende

– volo charter da Bergamo
– trasferimento apt/htl/apt con assistente I Viaggi del Turchese
– tasse aeroportuali
– sistemazione in hotel in camere doppie
– trattamento di All Inclusive
– copertura assicurativa sanitaria bagaglio e annullamento viaggio
– assicurazione trasporto aereo, trasporto bagaglio, adeguamento carburante (aggiornato al mese di giugno).


La Quota non Comprende

– Mance
– extra in genere e tutto quanto non espressamente indicato alla voce “La quota comprende”
– eventuale adeguamento carburante
– escursioni astronomiche notturne nel deserto
– escursione sul Monte Sinai e al Monastero di Santa Caterina


Speciale Bambini (valido per tutte le strutture)

Bambini 2/12 anni non compiuti in 3°letto con due adulti paganti la quota intera pagano:
Contributo fisso di € 99,00 a cui aggiungere + € 33,00 di polizza annullamento.
Eventuale adeguamento carburante (aggiornato a Giugno) + security tax euro 57,62
Visto ingresso Egitto € 25,00
La percentuale massima di bambini che possono usufruire di questa riduzione è pari al 15% del totale adulti paganti la quota intera. Quota bambini eccedenti il 15% da definire.

Riduzioni 3° letto adulto € 42,00

Informazioni CENTRO TURISTICO MODENESE di Robintur S.p.A.
Via Bacchini, 15 – 41100 Modena – Tel. 059/2133701 – Fax 059/214809 – E-mail: ctm.bacchini@robintur.it

ROBINTUR S.p.A. Società appartenente al gruppo Coop Adriatica
Sede legale: Via M.L.King, 38/2 – 40132 Bologna – Tel. (+39) 051.41.33.711 – Fax (+39) 051.41.33.700 – www.robintur.it
C. Fiscale e P.IVA 03605730377 – R.E.A. n.304765 – Iscrizione Registro imprese: BO 45347 – Capitale Sociale € 9.900.000 i.v.

Viaggio in MONGOLIA

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Programma 1° giorno, domenica 27 luglio
ROMA / (SEUL) / ULAANBAATAR
Ritrovo dei partecipanti all’aeroporto di Roma Fiumicino, disbrigo delle formalità doganali e partenza in serata con volo internazionale Korean Airlines per Ulaanbaatar, via Seul. Pernottamento a bordo.

2° giorno, lunedì 28 luglio
(SEUL) / ULAANBAATAR
Arrivo in serata a Seul e coincidenza per Ulaanbaatar. All’arrivo, sbarco e disbrigo delle formalità doganali. Incontro con la guida locale e trasferimento in hotel per la sistemazione nelle camere riservate. Cena in ristorante e pernottamento.

3° giorno, martedì 29 luglio
ULAANBAATAR
Prima colazione in hotel e mattinata dedicata alla visita panoramica della città, con la grande Piazza Sukhbaatar del 1946, intitolata all’“eroe della rivoluzione” del 1921 che dichiarò l’indipendenza dalla dominazione dell’Impero Cinese Qing (Manciù). Visita al Monastero Buddista di Gandantegchenling (in sanscrito significa “il Paradiso di Mahayana”). Edificato nel 1838 e parzialmente distrutto durante le purghe sovietiche, è il monastero più grande della Mongolia ed uno dei luoghi più suggestivi; nel momento del suo massimo splendore ospitava 5000 monaci. All’interno sorgono splendidi templi, fra cui il tempio Migjed Janraisig edificato nel 1911, che ospita la statua della Bodhisatva della compassione, rivestita d’oro e alta ben 26mt.
Pranzo in ristorante e, nel pomeriggio, visita al Monumento Zaisan ai Caduti di varie guerre, costruito su una collina da cui si gode una splendida vista della città e delle colline circostanti. Visita al Museo d’Inverno dell’ VIII Bogd Khaan di Mongolia. Il Palazzo, realizzato tra il 1893 e il 1903, ha costituito la sede invernale dell’ultimo re mongolo VIII Bodg Khaan Javzandamba Agvaanluvsan (1869-1924). Il palazzo venne distrutto dai russi e successivamente trasformato in museo. L’attuale museo è costituito dal Palazzo d’Inverno e dai 10 templi e monasteri che lo circondano. All’interno dell’edificio principale si trovano diversi oggetti personali e alcuni sontuosi costumi cerimoniali del re e della regina Dondogdulam, una bellissima collezione di doni preziosi ricevuti da dignitari esteri come, ad esempio, un paio di stivali d’oro donati dallo zar russo, una ger profilata da 150 pelli di leopardi delle nevi e 21 statuette realizzate dal I Bodg Khaan Zanabazar. Si possono ammirare anche collezioni di costumi ed oggetti artistici; inoltre, qui viene conservata la Dichiarazione d’Indipendenza della Mongolia dalla Cina risalente al 1911. Nei templi e nei monasteri si trovano invece interessanti testimonianze di arte sacra buddista. Visita al Museo di Storia Naturale con gli scheletri di dinosauro di eccezionale valore scientifico rinvenuti nel Deserto del Gobi. Qui si può ammirare lo scheletro di un tarbosauro di 5 mt di altezza, oltre ad una serie di uova di dinosauro. Sempre nella sezione paleontologica si trovano 800 oggetti di varie ere preistoriche. Molto ricche ed interessanti sono anche le sezioni dedicate alla flora e alla fauna della Mongolia, e quelle dedicate alla geologia. All’interno si trova anche un piccolo museo dedicato al Cammello (il “Golden Camel Museum”) con una nutrita esposizione di oggetti ed ornamenti. Concerto di musica tradizionale mongola.
Cena: in ristorante di cucina tradizionale mongola e pernottamento in hotel.

Osservazioni Astronomiche facoltative

4°/5°/6°/7° giorno, mercoledì 30 e giovedì 31 luglio/venerdì 01 e sabato 02 agosto
ULAANBAATAR / KHOVD – L’ECLISSI SOLARE dai MONTI ALTAI
Colazione e volo interno per Khovd, capoluogo della regione Khovd nell’Altai. Khovd, principale centro della Mongolia Occidentale e capoluogo della regione omonima, sorge a 1.400 metri di altitudine nella vallata del fiume Buyant. La popolazione della regione è molto eterogenea dal punto di vista etnico: ci sono etnie Khalkha, Kazaki, Torguut, Uriankhai, Zakhchin… All’arrivo partenza per il Monte Burenkhairkhan (luogo da cui si osserverà il 6° giorno – 01 Agosto – alle ore 19.02 l’eclisse di sole). Nella scelta della collocazione del campo di osservazione si terrà conto della carta di centralità e di probabilità di cielo coperto.
Durante questi giorni verranno effettuate delle escursioni nella regione degli Altai. Altai è una parola importante: per gli antropologi rappresenta l’origine di un rilevante ceppo etnico e linguistico, destinato a diffondersi in gran parte dell’Asia e dell’Europa. Il fulcro di questa cultura è nella regione omonima della Mongolia occidentale, caratterizzata da un’ampia catena montuosa (Altai Nuruu), suggestiva e difficilmente accessibile, con vette che sfiorano i 4.500 metri (Tavanbogd Uul) costantemente ricoperte da ghiacci. Sono presenti alcuni straordinari parchi naturali protetti con monti, vallate, laghi alpini e fiumi che sfociano nel Mar glaciale artico e nell’Oceano Pacifico.
In questi giorni si pernotterà in campo tendato mobile (ove possibile in campo turistico) con trattamento di pensione completa.

Osservazioni Astronomiche facoltative

8° giorno, domenica 03 agosto
KHOVD / ULAANBAATAR
Prima colazione, partenza per Khovd da dove si prenderà il volo interno per Ulaanbaatar. Arrivo e trasferimento in hotel a 4 stelle. Tempo libero a disposizione (in base all’ora di rientro a Ulaanbaatar). Cena in ristorante e pernottamento in hotel.

9° giorno, lunedì 4 agosto
ULAANBAATAR / GOBI: LE DUNE KHONGORIIN ELS
Prima colazione e trasferimento all’aeroporto. Volo di circa 1 ora e mezza con Fokker-50, per il Deserto dei Gobi, arrivo nella regione di Omnogobi, nell’essenziale aeroporto di Bulagtai (si atterra su una pista di terra battuta). Partenza per la zona delle dune di sabbia Khongoriin Els. Sistemazione in campo turistico nelle tradizionali ger. Pranzo al campo. Visita alle dune e possibilità di fare delle escursioni a cammello. Cena e pernottamento al campo.
Il Deserto dei Gobi è famoso come il “Deserto dei Dinosauri”, ed è una depressione di circa 2.000 km da est ad ovest e di un migliaio di km da nord a sud. L’area protetta del Deserto dei Gobi è considerata dall’UNESCO “Riserva della Biosfera” poiché ospita le ultime rarissime specie endemiche esistenti in Mongolia ed è un paradiso per molte specie di animali (orso del Gobi, cammello battriano, cavalli selvatici Prjzewalsky-Takhi), nonostante possa apparire un ambiente estremamente arido e inospitale. L’integrità di questa regione è garantita perchè non ci sono persone che vivono in modo permanente all’interno della riserva e non c’è alcuno sviluppo industriale. Il deserto è anche un immenso giacimento di fossili di Dinosauri, Mammiferi, Coccodrilli, Tartarughe, Lucertole e uova di Dinosauro: per questo motivo è considerato la meta principale per i paleontologi di tutto il mondo. I siti dei ritrovamenti fossili del Deserto dei Gobi sono forse i più importanti al mondo per diversità di specie ritrovate, quantità e dimensioni dei fossili. Gli scenari del Deserto dei Gobi sono straordinari, ricchi di canyon, catene montuose e distese sabbiose, rocce rosse accese dalla luce del tramonto. Milioni di anni fa, nel periodo cretacico (da 130 a 65 milioni di anni fa), questi ampi bacini erano dei laghi, le valli erano ricche di cibo e vi scorrevano fiumi ricchi d’acqua: un ambiente ideale per le popolazioni di dinosauri. La ricchezza biologica del Deserto dei Gobi è dimostrata anche dall’altissimo numero di piante ancora presenti (620 di piante a fioritura, di cui 38 sono endemiche) e dalla grande varietà di mammiferi e uccelli. Il massimo sviluppo dei dinosauri in Mongolia si ebbe durante la seconda metà del Cretaceo, quando l’Asia centrale offriva condizioni ambientali ideali per ospitare numerose specie di grandi Rettili, come Sauropodi, Carnosauri, Celurosauri (i Dinosauri mongolici si contraddistinguono infatti per la particolare ricchezza di forme). Le peculiarità geologiche del Gobi, ricco di rocce sedimentarie e finissime arenarie, hanno permesso un processo di fossilizzazione rapido ed ottimale; la rapida erosione inoltre porta alla luce continuamente nuovi resti. Le scoperte effettuate nel Deserto dei Gobi permisero di definire l’affinità con la fauna di altri continenti, fino a dimostrare specifici collegamenti con il Nord America attraverso l’istmo di Bering che univa i due continenti. Osservazioni Astronomiche facoltative

10° giorno, martedì 5 agosto
GOBI / BAYANZAG
Alla scoperta dei dinosauri e del loro mondo
Prima colazione e partenza per la visita di Bayanzag e dei siti dei ritrovamenti paleontologici. Pranzo al sacco nei pressi di Bayanzag e proseguimento per il campo. Sistemazione nelle tradizionali ger e cena in campo turistico.
Bayanzag, chiamata Flaming Cliffs o Rupi Fiammeggianti dall’esploratore americano Roy Chapman Andrews nel 1922, è una zona del Deserto dei Gobi in cui la particolare conformazione geologica delle rocce, ricca di canyon, e la colorazione rossastra delle pietre la rendono molto suggestiva, soprattutto al tramonto. Qui sono avvenuti moltissimi ritrovamenti di fossili di dinosauri (Tarbosauri, Gallimimi, Protoceratopi, Adrosauri e molti altri). Inoltre in quest’area si possono ammirare le particolari piante presenti nel Gobi (saxual). Osservazioni Astronomiche facoltative

11° giorno, mercoledì 6 agosto
GOBI / VALLE DI YOL
L’alba e la fauna nella valle di yol
Colazione light. (caffè o thè). Vista dell’alba nel deserto. Partenza per il Parco Naturale Gobi Gurvansaikhan, Three Beauties of the Gobi, per osservare la fauna del Gobi. Visita alla Valle di Yol, o delle Aquile. La Valle di Yol è una gola stretta e rocciosa a circa 2.500 mt di altitudine, in cui si trovano ghiacciai perenni ed affascinanti canyon. In questa zona si raggiungono delle temperature estreme che durante l’inverno possono arrivare fino a -40°. Nel Parco si può osservare una grande varietà di piante (8 specie sono endemiche) e di animali (aquile, falchi, grifoni ecc.).
Rientro al campo e pranzo. Nel pomeriggio visita alle tombe antiche nelle vicinanze del campo. Cena e pernottamento presso il campo turistico nelle tradizionali ger. Osservazioni Astronomiche facoltative

12° giorno, giovedì 7 agosto
GOBI / ULAANBAATAR / (SEUL)
Prima colazione al campo di Gobi e volo per Ulaanbaatar. All’arrivo, visita al Museo delle Belle Arti Zanabazar.
Il Museo delle Belle Arti Zanabazar è dedicato al grande capo religioso e politico, pittore e scultore. Nel museo, oltre alle opere di Zanabazar, si trovano oggetti religiosi rari ed antichi, statue buddiste, maschere Tsam, Thangkas (piccoli ritratti di Buddha) e appliques di seta rappresentanti divinità buddiste, tappeti preziosi e gioielli di varie epoche. Sono presenti inoltre opere di artisti contemporanei. Pranzo in ristorante e nel pomeriggio visita al Museo di Storia Nazionale. Al Museo di Storia Nazionale si trovano reperti di epoca preistorica, dei vari imperi nomadi che vissero sul territorio Mongolo, per avere una visione sulla storia e sulle tradizioni del popolo nomade: vi sono ad esempio collezioni di costumi e decorazioni provenienti da tutti i gruppi etnici della Mongolia, collezioni provenienti dall’esercito mongolo del leggendario Genghis Khaan, oggetti Buddisti, strumenti musicali. Molto interessante è la lettera scritta da Guyug Khaan a Papa Innocenzo IV nel 1246.
Cena in ristorante e, al termine, trasferimento per l’aeroporto ed imbarco sul volo per l’Italia via Seul. Pernottamento a bordo.

13° giorno, venerdì 8 agosto
(SEUL) / ROMA
Arrivo a Seul e coincindenza per Roma. Arrivo all’aeroporto di Fiumicino nel tardo pomeriggio, sbarco e fine dei servizi.

La sequenza dei luoghi visitati potrà subire delle modifiche.

OPERATIVO AEREO KOREAN AIRLINES (ORARI INDICATIVI SOGGETTI A RICONFERMA)

27/07 ROMA (h. 20.10) – SEUL (h. 14.05 *) KE 928
28/07 SEUL (h. 20.05) – ULAANBAATAR (h. 22.35) KE 867
08/08 ULAANBAATAR (h. 00.20) – SEUL (h. 04.20) KE 868
08/08 SEUL (h. 13.35) – ROMA (h. 18.20) KE 927

* Arrivo il giorno successivo (28/07)

Quota di Partecipazione

QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE (minimo 30 persone): € 3.250,00
SUPPLEMENTO SINGOLA € 340,00
TASSE AEROPORTUALI: € 80,00 (soggette a riconferma fino all’atto dell’emissione del biglietto aereo)


La Quota Comprende

– volo di linea Korean Airlines a/r da Roma in classe economica, via Seul
– franchigia bagaglio 20 kg
– facchinaggio in aeroporto e negli hotels (1 bagaglio per persona)
– assistenza aeroportuale e negli hotel/campi per check-in/out e arrivo/partenza
– viaggi e trasferimenti interni in Mongolia compreso volo domestico per Khovd e per il deserto dei Gobi (la data dei voli può essere modificata in base alle condizioni climatiche)
– trasferimenti interni con auto/minibus e jeep giapponesi o coreane e con autista
– trasferimenti nel deserto dei Gobi con furgoncini/jeep russi e con autista
– sistemazione in hotel 4 stelle per 3 notti a Ulaanbaatar e per le altri notti nei campi/resorts in ger in doppie standard
– tasse e percentuali di servizio in hotel
– pasti come da programma (i menu comprendono solo acqua)
– guide in lingua italiana o inglese
– supporto di staff esperto presso i campi
– ingresso ai musei e entrate a siti, monasteri e parchi nazionali (con accompagnatori locali)
– welcome drink all’arrivo
– visite ed escursioni come da programma
– copertura assicurativa medico/bagaglio e annullamento viaggio Navale Optimas


La Quota non Comprende

– partenze da altre città italiane
– spese di ottenimento visto (€ 80,00 soggetto a riconferma)
– tasse aeroportuali (€ 80,00 circa ad oggi e soggette a riconferma all’atto dell’emissione dei biglietti)
– bevande in ristorante e nei campi turistici (in Mongolia nei campi e nei ristoranti si paga il consumo di birre, bevande e caffè)
– gite a cavallo, yak o cammello
– bagaglio extra, acquisti ed extra personali in genere, e mance
– organizzazione di visite su richiesta
– eventuali spostamenti in fuoristrada per osservazioni astronomiche
– i pasti ove non indicati
– tutto quanto non specificato alla voce “La quota comprende”.


Informazioni Generali

Un viaggio in Mongolia è un’avventura. E come in ogni avventura che si rispetti occorre essere ben equipaggiati, ma nello stesso tempo evitare il superfluo. Troppi pesi e volumi potrebbero rappresentare un impedimento negli spostamenti all’interno del Paese. La prima regola per un viaggio in Mongolia è: dimentichiamo il nostro stile di vita e immergiamoci con gioia e rispetto in una realtà diversa ed emozionante.

Documenti:Per entrare in Mongolia è necessario il passaporto valido e il visto. Entro 60 gg dalla data di partenza occorrerà inviare all’ambasciata, passaporti orginali, n° 2 foto-tessere e modulo ottenimento visto (che verrà inviato successivamente ai partecipanti riconfermati).

Vaccinazioni: Nessuna vaccinazione è richiesta per andare in Mongolia.
Clima: Il freddo e il vento sono i veri padroni della Mongolia per sette mesi all’anno. Le temperature scendono fino a 40 gradi sottozero nella capitale e a –60 nella taiga. Da giugno ad agosto esplode un’estate gradevolissima, con clima asciutto e salubre e fino a 25-30 gradi sopra lo zero. Anche in questa stagione breve il vento è protagonista: quello fresco del nord e quello tiepido dal Gobi. Vi abituerete a essere sospinti da minuscoli e improvvisi tornado di polvere. I mesi di luglio e agosto sono anche quelli più piovosi: frequenti acquazzoni si abbattono sulla steppa, trasformando spesso le piste in vere e proprie paludi.
Fuso Orario: 6 ore di differenza con l’Italia.
Valuta: La valuta ufficiale mongola è il tugrig.
VOLI: bisognerà passare alla compagnia un elenco dettagliato di tutto il materiale trasportato con relativo peso e dimensioni imballaggio.
SERVIZI A TERRA: Per l’ngresso nel paese del materiale sarà necesario presentare un elenco dettagliato con 1) codici degli articoli, 2) immatricolazione degli articoli, 3) valore delle apparecchiature, 4) e tutto quanto più possibile per identificare il materiale. Inoltre in dogana verrà apposto un timbro sulla lista e molto probabilmente verrà richiesta una tassa di circa il 15/20 % del valore del materiale che verrà restituita al momento della partenza.



Prenotazioni Termine prenotazioni: 30 Aprile 2008


Informazioni


Informazioni astronomiche:
Sig.ri Di Giuseppe 338/5264372
Sig. Zanotti 338/4772550
Email: fzanotti1@alice.it
The Lunar Society: referente Paolo Minafra cell. 339/2929524

Informazioni e prenotazioni:
CTM di Robintur Modena
Tel: 059/2133701
WEB: www.robintur.it
Email: ctm.gruppi@robintur.it

Sogno – L’Ultimo Racconto di Ugo Ercolani

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Sogno - L'Ultimo Racconto di Ugo Ercolani

Sogno - L'Ultimo Racconto di Ugo ErcolaniIl relatore era stato veramente bravo. La conferenza, interessante: “I misteri del Sistema Solare”.
In un mondo dove le certezze arrivano sino ai confini dell’universo, ammettere che s’incontrino “misteri” già nel giardino di casa sembra un controsenso, ma gli argomenti erano davvero appassionanti. La conferenza concludeva la mia breve vacanza, e adesso il duro ritorno alla realtà: il viaggio aereo per tornare a casa. La paura di volare, quella incontrollabile sensazione di panico che mi attanaglia ogni volta che mi avvicino all’aeroporto.
Le solite pillole a portata di mano mi danno la certezza di superare anche questa prova. È meglio prevenire, mi dico, ingoiando le prime due.
Credo sia la consapevolezza di essere da soli in mezzo a centinaia di persone.
Solo, come sempre. Mi sento solo mentre la hostess mi indica il posto. Sono solo mentre mi avvio verso il posto vicino al finestrino. Solo e in trappola quando due signori si siedono al mio fianco.
Comincio a sudare e prendo altre due pillole, mentre all’imbrunire l’aereo si stacca dal suolo. Devo pensare ad altro mi dico; mi torna in mente la conferenza. Ma come può un computer dirci che gli anelli di Saturno sono molto più giovani del sistema solare? Perché non possono durare per miliardi di anni? Si, va bene, si fanno dei modelli e se ne segue l’evoluzione. Eppure gli anelli ci sono…
È notte fonda e controllando l’orologio mi accorgo che siamo in volo da solo mezz’ora. È buio perché ci stiamo spostando verso est, andiamo incontro alla notte. Chissà, se potessi fare un sonnellino, sono certo che mi farebbe bene, ma niente da fare, non riesco a dormire. Riapro gli occhi, guardandomi attorno mi accorgo che i miei vicini di posto si sono allontanati. Cerco con lo sguardo altre persone ma non vedo nessuno, l’aereo è completamente vuoto. Come può essere?
Cammino avanti ed indietro nel corridoio centrale e poi decido di andare verso la cabina. L’aereo vuoto non mi preoccupa più di tanto. In fondo è la condizione della mia vita. Apro la porta, entro e la richiudo, mentre il pilota mi invita con un gesto a sedere nel posto del secondo. Che strano, penso. Poco dopo mi dice: “Sa dove stiamo andando?”
Certo, rispondo con tranquillità. Sugli anelli di Saturno. Ed ho subito la sensazione che il resto dell’aereo non esista più. Perdo anche la percezione del mio corpo.
Gli asteroidi scorrono velocemente indietro, sino a scomparire nel profondo, mentre un puntino si fa sempre più luminoso davanti a noi. Si vedono gli anelli! Mi volto a cercare la Terra ed il Sole. Niente, dietro di noi il buio assoluto. Eppure Saturno ed i suoi anelli sono illuminati dalla nostra stella.
Perché gli anelli hanno un’albedo così elevata? Gli astronomi trovano facilmente le motivazioni. Gli anelli sono di ghiaccio, però soltanto quelli di Saturno. Riflettono molta più luce di qualsiasi altro corpo. Saturno sarà forse un po’ speciale.
Ci stiamo avvicinando velocemente, si riescono a distinguere i corpi che li formano. Tutti delle stesse dimensioni, di forme tondeggianti. Che strano, non vedo più i riflessi degli strumenti sulla cupola trasparente. E capisco il motivo. La cupola sembra sparita! Abbasso lo sguardo e mi accorgo che è sparita anche la cabina. Eppure sto benissimo. Non cerco nemmeno di vedere le mie mani, sono certo che non esistono più.
Ad un tratto una voce. Tranquilla, come quella del professore alla conferenza.
“…e solo dopo lo sbarco di una sonda su di una piccola luna pastore, due secoli fa, ci siamo trovati di fronte al mistero che per molto tempo i governi del mondo hanno voluto tenere segreto. Gli anelli, che noi credevamo composti di polveri e grossolani frammenti di materia, sono in realtà un insieme formato da miliardi di volti scolpiti nel ghiaccio. Osservateli con attenzione, che cosa vedete? Migliaia, milioni di teste. Per quanto ne sappiamo, le teste di tutti gli esseri umani che hanno vissuto sulla Terra.
Tutte raggruppate per nazioni, famiglie, legami sociali.
Ognuna di loro segue una propria orbita, ma a quanto pare vicina a quelle occupate dalle persone con cui sono venute a contatto durante la loro esistenza.
Inutile dire che noi non sappiamo come e perché qualcuno sia riuscito a fare tutto questo, e come continui a farlo. Forse c’è chi ritiene che l’Uomo meriti di essere ricordato.
Tutti gli uomini, ma non solo… ci sono i cani, i gatti… A parere nostro qui viene formata… anzi no, credo che la parola giusta sia: creata, l’effigie di qualunque creatura che abbia abitato il nostro pianeta. Ognuno di voi adesso potrà visitare…”
La voce si attenua, ho tempo di respirare. Sto sognando sicuramente.
Vedo distintamente le teste scolpite che passano a distesa.
I tratti finemente incisi.
Mi lascio andare all’assurdo, mi guardo in giro. Ci sarà anche lui mi dico ad alta voce. Mi accorgo di potermi muovere in ogni direzione, di arrivare a sfiorare le teste. Posso girarci intorno.
Vorrei rivederlo, solo per un attimo, consolarmi nel sapere che il ricordo di lui resterà qui ancora per milioni di anni. Una bella rivincita, eh papà?
Ho però come la sensazione di non avere tempo e mi aggiro sempre più affannato; sono a centinaia le facce austere che mi guardano. Nessuna è la sua.
Preso dallo sconforto mi fermo a guardare in alto una grande luna che spunta dal globo giallo di Saturno. È come un segnale.
In quel momento tutto scompare verso un punto lontano alla velocità della luce.
Mi sveglio. L’hostess, china su di me con aria preoccupata, attende che io apra gli occhi. Era un sogno allora. Un sogno.

L’asteroide 2004 TU24

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2007TU24_K01
Asteroide 2007 TU24

Telescopio Meade LX200 0.25 mt munito di riduttore di focale 6.3 (focale 1600)
Sequenza di 23 immagini di 10″ ciascuna con CCD ST7 raffredato a -10 senza utilizzo di autoguida ne filtri, ne flat.

2007 TU24 è stato ripreso il

2008-01-28T22:09:03 UT
2008-01-28T22:12:52 UT

quando si trovava a 0.0043 UA (640.700 Km)

2007TU24_K01

Viaggio in ALGERIA

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Programma 1° giorno, sabato 08 dicembre
ROMA/ALGERI/TAMANRASSET
Ritrovo dei partecipanti all’aeroporto di Roma Fiumicino, disbrigo delle formalità doganali e partenza alle ore 15.50 con volo linea Air Algerie. Arrivo ad Algeri nel pomeriggio e coincidenza per Tamanrasset, città del sud algerino situata a 1400 metri di altitudine ai piedi del massiccio dell’Hoggar, un tempo crocevia obbligato per le carovane del sale che attraversavano il Sahara. All’arrivo in aeroporto trasferimento in hotel e pernottamento.

2° giorno, domenica 09 dicembre
TAMANRASSET/ASSEKREM
Mattinata dedicata alla visita di Tamanrasset, cittadina nel cuore della regione dell’Hoggar, 2000 km a sud di Algeri. Sono un bel colpo d’occhio il vivace mercato, le botteghe di artigianato, il fortino e la prima casa di Padre de Foucauld, figura leggendaria di missionario, il primo degli europei che all’inizio del XX secolo si avvicinò ai Tuareg e ne studiò la lingua e la cultura. Pranzo e partenza con le vetture fuoristrada in direzione nord-est seguendo la pista per Akar-Akar. Il paesaggio di sabbia scompare corrugandosi in grandiosi canyon, rocce gigantesche e pinnacoli. Sosta durante il percorso al picco lavico di Hiharen (picco Laperrine) e proseguimento verso i Tezuyeg, spettacolari pareti rocciose sovrastanti la pista. Alcuni ripidi e stretti tornanti portanto all’Assekrem, il colle che sorge a 2726 metri di altezza nella catena dell’Atakor. Qui, su un grande spiazzo sorge una semplice costruzione in pietra eretta dal Club Alpino francese: è il rifugio dell’Assekrem composto da alcune camerate, un salone ed una cucina. Dal rifugio, con un’ora circa di cammino, si giunge alla sommità del colle dove sorge il celebre eremo di padre Charles de Foucauld, il religioso francese di famiglia aristocratica, grande umanista ed antropologo, a cui si deve lo studio dei costumi e della lingua tuareg. Padre de Foucauld scelse di vivere qui, in un luogo così lontano dal mondo, e qui morì nel 1916. Selvaggio e remoto, pieno di magia e suggestione, con le sue solenni montagne, i suoi paesaggi e i suoi silenzi lunari, l’Assekrem è proprio il luogo adatto per una vita di misticismo. Cena e pernottamento nel piccolo rifugio sulla cime del colle o in tenda. Osservazioni astronomiche .

3° giorno, lunedì 10 dicembre
ASSEKREM/Villaggio Tuareg di IRAFOK e OASI di IDELES/OUED TELOUAT
Seguendo la pista di montagna che discende tra i rilievi basaltici dell’Hoggar settentrionale verso una piana sabbiosa, si raggiunge il villaggio tuareg di Irafok composto da tipiche abitazioni circondate dal verde di orti e frutteti. Proseguimento per la ridente oasi di Ideles. Sistemazione al campo ai piedi di una falesia di bruno basalto. Pensione completa con pranzo tipo pic-nic in corso di trasferimento. Osservazioni astronomiche

4° giorno, martedì 11 dicembre
OUED TELOUAT/PIANA dell’AMADOR/SEROUENOUT
Si abbandonano le ultime propaggini montuose dell’Hoggar per sfociare nell’immensa piana dell’Amador e costeggiare il vulcano anulare di Teleghteba. Percorso lungo la carovaniera che collegava Tamanrasset a Djanet e arrivo a Serouenout, vecchio fortino militare situato ai piedi della montagna tabulare di Seksen Ahni. Sistemazione al campo. Pensione completa con pranzo tipo pic-nic in corso di trasferimento. Osservazioni astronomiche .

5° giorno, mercoledì 12 dicembre
SEROUENOUT/ERG D’ADMER/DJANET
Dopo le piatte distese di sabbia e ciottoli del reg, si penetra nell’Erg d’Admer percorrendo magnifici corridoi che serpeggiano tra imponenti dune. La traversata rappresenta uno dei momenti più emozionanti del viaggio. Proseguimento per Djanet: situata nel cuore del Tassili N’Ajjer, l’immenso altopiano di arenaria che qui si interrompe precipitando con una scarpata di oltre 500 metri nella pianura dell’Erg d’Admer, è la più grande oasi del sud-est algerino, area stanziale delle tribù Tuareg N’Ajjer e un tempo punto di passaggio obbligato delle carovane che collegavano il Mediterraneo con l’Africa nera. Sistemazione in hotel, pensione completa con pranzo tipo pic-nic in corso di trasferimento.

6° giorno, giovedì 13 dicembre
DJANET/TAMRIT
La giornata riserva un percorso a piedi di tre ore circa su un dislivello di 700 metri per raggiungere, in un incredibile caos di rocce, l’altopiano del N’Ajjer che conserva le testimonianze di millenni di storia: innumerevoli animali e personaggi che evocano misteriosi riti ancestrali animano tutt’attorno le pareti di roccia, cipressi millenari (Cupressus dumenziana) innalzano verso il cielo tronchi enormi torturati dal tempo. Sistemazione al campo nella località di Tamrit. Pensione completa con pranzo al sacco in corso di escursione. Osservazioni astronomiche .

7°/8° giorno, venerdì 14/sabato 15 dicembre
TAMRIT/SEFAR/TAMRIT
Due intere giornate dedicate ad escursioni a piedi lungo impressionanti canyon e labirinti di rocce nere o multicolori, alla base di picchi scolpiti dal vento e piccole duine, nella zona di Sefar, luogo di grande bellezza che svela al visitatore eccelsi capolavori dell’arte rupestre sahariana, in particolare il grande dio marziano. Sistemazione al campo a Tamrit. Pensione completa con pranzo al sacco in corso d’escursione. Osservazioni astronomiche .

9° giorno, domenica 16 dicembre
TAMRIT/DJANET
Partenza per l’Agba Tin Zezega; arrivando ai piedi della falesia nell’oued Tafelelet, dove attendono le vetture, rienro a Djanet. Pranzo in hotel. Nel pomeriggio visita dell’oasi: per la sua incantevole posizione, la dolcezza dei giardini, il rigoglioso palmeto, è anche denominata “la perla del Tassili”. La tipologia dell’abitato che si inerpica su una rupe di rocce rosse e nere lambita dal letto del fiume fossile Edjeriou, è quella tipica del villaggio fortificato. Cena e pernottamento.

10° giorno, lunedì 17 dicembre
DJANET/ALGERI/ROMA
Nella notte, trasferimento in aeroporto e successivo imbarco sul volo di linea Air Algerie per Algeri. Coincidenza per Roma e, all’arrivo, sbarco e fine dei servizi.

Le visite in programma potrebbero subire variazioni di ordine cronologico senza nulla togliere all’esecuzione del viaggio.

Operativo Aereo AIR ALGERIE

08/12 – ROMA (h. 15.50) – ALGERI (h. 16.30) – AH 2025
08/12 – ALGERI (h. 20.30) – TAMANRASSET (h. 22.20) – AH 6230
17/12 – DJANET (h. 01.40) – ALGERI (h. 05.00) – AH 6923
17/12 – ALGERI (h. 12.10) – ROMA (h. 14.50) – AH 2024

Quota di Partecipazione

QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE, minimo 30 persone: € 1.580,00
QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE, minimo 25 persone: € 1.610,00
QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE, minimo 20 persone: € 1.640,00
QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE, minimo 15 persone: € 1.780,00

SUPPLEMENTO SINGOLA (valido solo per la sistemazione negli hotel) € 150,00
TASSE AEROPORTUALI: € 70,00 (soggette a riconferma fino all’atto dell’emissione del biglietto aereo)
SUPPL. VOLO AIRONE IN AVVICINAMENTO DA/PER MILANO LINATE: € 170,00 + € 40,00 CIRCA TASSE APT
(quotazione indicativa soggetta a riconferma al momento della prenotazione)

La Quota Comprende

– volo di linea Air Algerie a/r da Roma in classe economica
– franchigia bagaglio 20 kg * sistemazione in hotel 3***, classificazione locale, per 2 notti a Djanet (5° e 9° giorno) e per 1 notte a Tamanrasset (1° giorno) e sistemazione in tenda a 2 posti per le notti restanti
– trattamento di pensione completa durante il tour, dal pernottamento del 1° giorno al pernottamento del 9° giorno
– pranzi tipo pic-nic durante i trasferimenti o escursioni come da programma
– il materiale da campo eccetto sacco a pelo e cuscino
– visite ed escursioni come da programma
– autista/guida locale parlante francese
– copertura assicurativa medico/bagaglio e annullamento viaggio Navale Optimas
– assistenza accompagnatore dall’ Italia


La Quota non Comprende

– spese di ottenimento visto (€ 50,00)
– tasse aeroportuali (€ 70,00 circa ad oggi e soggette a riconferma all’atto dell’emissione dei biglietti)
– eventuali tasse aeroportuali da pagare in loco * bevande ai pasti * tasse locali, ingressi a musei, monumenti, chiese etc…
– eventuali permessi per fotografare e filmare
– mance, extra personali in genere
– tutto quanto non specificato alla voce “La quota comprende”.


Informazioni Generali DOCUMENTI DI VIAGGIO: Passaporto individuale in corso di validità. Per l’ingresso in Algeria è richiesto il visto consolare, all’ottenimento del quale può provvedere la nostra organizzazione previa pagamento dei diritti dovuti. Per l’ottenimento del visto sono richiesti: passaporto valido per i prossimi 6 mesi e con almeno 2 pagine contigue libere, 3 foto tessera a colori e fotocopia della carta d’identità.

DISPOSIZIONI SANITARIE: Nessuna vaccinazione obbligatoria è richiesta per l’ingresso nel paese.

MANCE: Quella di lasciare mance è una consuetudine ben radicata in Africa, comunque NON obbligatoria e da considerare solo se soddisfatti del servizio ricevuto. Prevedere 20-25 Euro a persona per le mance.

MATERIALI FORNITI: Ad ogni partecipante sarà assegnato in loco tenda ad igloo mt. 2 mt x 2 mt (ogni due persone) e materassino in gommapiuma.

LINGUA: La lingua ufficiale è l’arabo. La lingua straniera più conosciute è il francese, generalmente parlato dagli uomini d’affari e dal personale di reception degli alberghi principali, e dalla popolazione, soprattutto ad Algeri. Il dialetto locale parlato nelle regioni del sud è il tamasheq.

ORGANIZZAZIONE: I trasferimenti sono effettuati con vetture fuoristrada. Per i pernottamenti saranno allestiti campi con tende e materassini forniti dall’organizzazione. Le tende, del tipo ad igloo, sono di facile installazione (3/4 minuti) e quest’operazione sarà la sola incombenza a carico dei partecipanti, i quali potranno comunque contare sull’aiuto del personale. Ricordiamo che si tratta di una spedizione in regioni remote e a tratti poco abitate, per cui eventuali disguidi, ritardi e mancanza di comfort sono da considerarsi in quest’ottica. Trasferimenti effettuati in vetture fuoristrada durante il circuito sahariano; i percorsi a piedi consistono in facili passeggiate di alcune ore accessibili a tutti. I pranzi sono solitamente dei pic-nic consumati lungo il tragitto, mentre colazione e cena (generalmente composte da un primo, un secondo, frutta, caffè o tè) sono preparati al campo dallo staff locale. Guida locale parlante francese.

CLIMA: Sulla costa il clima è tipicamente mediterraneo, con temperature miti durante tutto l’anno. Possibilità di piogge soprattutto in primavera e autunno. Nella regione sahariana il clima è caldo secco, soleggiato con notevole escursione termica tra giorno e notte (anche 20° di differenza). In inverno le medie sono 21°-22° di massima e 5°-6° di minima con punte che possono arrivare a 0° in gennaio.

AMBIENTE: Il deserto è un ambiente fantastico ma assai fragile dal punto di vista ecologico. Causa l’assenza di pioggia e umidità, qualsiasi rifiuto si conserva per tempi incredibilmente lunghi. Noi che amiamo il deserto lo rispettiamo e ci impegniamo a lasciarlo sempre così come ci piace trovarlo, cioè il più intatto possibile. Il Sahara ha bisogno dell’attenzione di tutti perché non venga degradato. Durante il giorno siete quindi vivamente pregati di conservare i vostri rifiuti e di metterli negli appositi sacchetti che verranno messi a vostra disposizione all’ora del pic-nic e di cena. Facciamo attenzione a non lasciare fazzoletti carta, involucri di rotoli di fotografie, pile, tubi o scatole di pomata ecc…

ABBIGLIAMENTO: La scelta del vestiario deve in generale rispondere a criteri di praticità, comodità, rispondenza al clima e all’ambiente. Si consiglia di optare per indumenti sportivi e molto comodi che consentano la più ampia libertà di movimento e non ostacolino la circolazione sanguigna con elastici o lacci troppo stretti, escludendo i capi in fibre sintetiche che impediscono la traspirazione corporea, specie negli ambienti a clima caldo. Un principio fondamentale da tenere presente quando si scelgono i capi di vestiario per questo tipo di viaggio è quello dell’abbigliamento “a strati”: è meglio infatti prevedere diversi capi leggeri da indossare, se necessario, sovrapposti. Tale tecnica consente di adeguare il grado di copertura corporea alle variazioni climatiche, e ottenere una protezione contro gli sbalzi di temperatura e vento.

VALUTA: dinaro algerino (DZD). Negli hotels/lodges/campi il tasso di cambio applicato per convertire l’euro in valuta locale, è spesso molto sfavorevole rispetto a quello applicato dalle banche: consigliamo di informarsi in tempo utile prima di accingersi a pagare i conti per gli extra. Non sono utilizzabili carte di credito o assegni. Non è consentita l’importazione di valuta locale. E’ invece permessa l’importazione di valuta straniera purchè dichiarata. All’arrivo all’aeroporto di Algeri si dovrà compilare un modulo nel quale si dichiarano la valuta e gli oggetti di valore (macchine fotografiche, ecc.), tale modulo deve essere timbrato dall’ufficio preposto dell’aeroporto e conservato fino alla fine del viaggio (spesso viene richiesto in aeroporto al momento dell’uscita dal paese). Sempre su questo modulo vanno dichiarati gli eventuali cambi di valuta fatti in banca o in hotel. Le ricevute di cambio devono essere conservate.

MEDICINALI: In caso di tour con accompagnatore dall’Italia segnaliamo che il nostro accompagnatore ha con sé una borsa medicinali/pronto soccorso a disposizione dei signori partecipanti. Consigliamo di portare i medicinali di assunzione abituale e alcuni farmaci di prima necessità (antibiotico a largo spettro, antibiotico specifico per le vie polmonari, collirio antibiotico, pomata antistaminica, pomata per il trattamento di distorsioni, analgesico, antipiretico, un farmaco per la cura di infezioni e problemi intestinali, antidiarroico, disinfettante, cerotti, garze e bende. Da non dimenticare inoltre una crema protettiva antisolare per pelle e labbra ad elevato valore protettivo ed un repellente per gli insetti.

MATERIALE FOTOGRAFICO: Si consiglia di munirsi di una adeguata scorta di materiale fotografico dall’Italia. Portare con sè le batterie di ricambio, le pellicole necessarie per l’intero viaggio e l’occorrente per pulire macchina ed obiettivi. È importante proteggere le apparecchiature dal sole, dalla polvere e dall’umidità. Certe situazioni della vita quotidiana e determinati luoghi di culto (dove si svolgono le preghiere, i funerali, etc.) sono sacri e vanno rispettati. È proibito, per ragioni di sicurezza militare, fotografare ponti, aeroporti e stazioni ferroviarie. E’ proibito fotografare le pitture rupestri con il flash. Una particolare attenzione va data nel fotografare la gente; chiedere prima il permesso, rispettando l’eventuale decisione negativa dell’interpellato. Evitare di consegnare denaro in cambio di fotografie e, più in generale, non distribuite caramelle, medicine, penne ed altri inutili oggetti occidentali che, trasformano l’ambiente sociale del Paese visitato incoraggiando l’accattonaggio e minando la salute della gente.

MATERIALE ASTRONOMICO: Il materiale fotografico più ingombrante (cavaletti fotografici, valigette metalliche..) verrà caricato in stiva. Si consiglia pertanto una buona e adeguata protezione. Il restante materiale potrà essere trasportato in cabina nei limiti di Kg 5 e la somma dei lati: altezza/lunghezza/profondità non può superare i cm 115.

BAGAGLIO: Franchigia 20 kg. Eccedenza bagaglio € 5,00 al kg. Si consiglia di portare un bagaglio non troppo ingombrante e pesante considerato i lunghi tragitti che vengono effettuati durante il tour a bordo delle jeep.

TELEFONO: Per telefonare dall’Italia in Algeria il prefisso è 00213. Per telefonare in Italia dal’Algeria il prefisso internazionale è 0039. Segnaliamo che i collegamenti telefonici dall’Algeria sono abbastanza difficili. Si può telefonare con cellulari GSM solo da Algeri.

FUSO ORARIO: Quando in Italia c’è l’ora solare, l’ora algerina è la medesima. Con l’ora legale Algeria -1

Prenotazioni Termine prenotazioni: 30 Ottobre 2007


Informazioni Informazioni astronomiche:
Sig.ri Di Giuseppe 338/5264372
Sig. Zanotti 338/4772550
Email: fzanotti1@alice.it

Informazioni e prenotazioni:
CTM di Robintur Modena
Tel: 059/2133701
WEB: www.robintur.it
Email: ctm.gruppi@robintur.it

Astronavi di Carta

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Sulle pagine di questa rivista è echeggiata di recente una domanda davvero bella e impegnativa su quale sia lo scopo ultimo dell’astronomia. E’ la ricerca della vita, di altre forme di vita?
I miliardi di organismi che popolano la terra sono solo un’eccezione su scala universale, o dobbiamo invece avere ancora fiducia nella celebre equazione di Frank Drake sulla probabilità di vita extraterrestre?
Ci saremmo aspettati di leggere molte risposte, di vedere sorgere fiori di dibattiti, perché la domanda è realmente essenziale, ed in certa misura è in qualche modo ripetuta, anche se forse inconsapevolmente, ogni volta che uno di

noi posizione suo telescopio per passare una notte in compagnia delle stelle.
Perché appoggiare l’occhio all’oculare è sempre soprattutto un gesto poetico, più che tecnico; e la cattura di fotoni che hanno viaggiato per tempi lunghissimi, talvolta quasi pari all’età stessa dell’universo; particelle che hanno attraversato indenni distanze inimmaginabili, solo per terminare la corsa sulla nostra retina.
Le domande che questa semplice constatazione comporta sono tante e tali che ogni tanto occorrerebbe davvero fermarsi, tirare un sospiro di meditazione, sospendere la meraviglia che ci regala la vista di un ammasso aperto o di una remota galassia e provare a scrivere su un pezzo di carta quali davvero siano le sensazioni, le cognizioni, l’emozione che questa quotidiana meraviglia ci genera.

Un foglio di carta può bastare, perché – anche se siamo fin troppo abituati alla sua presenza – è anch’esso uno strumento potentissimo, pur se non all’avanguardia della tecnologia. Può ospitare sciocchi scarabocchi una lista della spesa, ma anche creatività, fantasia, formule complesse; teorie, emozioni, versi, canzoni. Quasi tutte le cose importanti prodotte dall’uomo prendono forma inizialmente su un banale, trascurabile, ovvio foglio di carta. E anche le “inimmaginabili distanze” di cui parlavamo prima, gli spazi quasi infiniti percorsi dalla luce stellare sono tutti lì, dentro quel foglio, basta riempirlo di scienza o di poesia, o anche solo di fantasia.
Ma, se proprio non ci riuscite, non demordete. Non occorre avere il genio di Einstein o di Leopardi per correre veloci su un’astronave di carta, tutt’altro; basta seguire le poche istruzioni che noi siamo pronti a darvi.

Allora, procuratevi un foglio di carta grande e sottile, iniziate a concentrarvi: state per partire per un viaggio tra le stelle. Immaginate una bella visione astrale, e quando l’avete bene in testa, “blindatela” piegando il foglio a metà.
Adesso tornate a guardare il foglio piegato: è più piccolo, e concentrarvi su di esso sarà ancora più facile: scegliete un’altra immagine dalla memoria, o un verso di poesia che volete portare con voi nel viaggio e fissate in testa anche questo, piegando di nuovo foglio a metà. E poi ancora, e ancora… Il foglio diventa sempre più piccolo in superficie e sempre più spesso…
Procedete, così, passo per passo, sovrapponendo immagini o versi e piegatura del foglio. E fatevi una domanda: per quante volte dovrete continuare a piegarlo affinché il suo spessore (e i vostri pensieri) possano raggiungere, che so, la Luna, come se davvero fosse un’astronave di carta? Ovviamente risponderete che il dato fondamentale da considerare lo spessore iniziale del foglio… Ebbene, ipotizziamo pure uno spessore di 0,1 mm… Qual è allora il numero di piegatura necessario per raggiungere la Luna? State pensando numeri come i miliardi? Milioni? Centinaia di migliaia di piegatura? Siete fuori strada!
Se davvero foste riusciti a piegarlo e ripiegarlo senza le difficoltà che un reale foglio di carta comporterebbe, vi sareste infatti già accorti che una quarantina di piegatura sono più che suffiL’astronautica è sempre alla ricerca del propellente perfetto: deve essere leggero, potente, occupare poco spazio, e liberare rapidamente energia; avete mai pensato che non esistono aerei diesel, proprio per queste ragioni? E se certe esigenze sono presenti già per la costruzione di aerei, pensate quali saranno le richieste per il perfetto combustibile per astronavi: a differenza di quelli destinati ad uso terrestre, il combustibile per lo spazio non deve aver bisogno d’ossigeno o d’aria – o, se proprio è necessaria, dovrà portarsela dietro. Dovrà essere drammaticamente poco pesante (anzi, pardon, massivo) ed eccezionalmente poco voluminoso, se non si vuole che i viaggi interplanetari si facciano su astronavi ridotte in pratica a serbatoi volanti. E’ certo per questo che i sistemi di trasporto immaginati dalla fantascienza non prendono mai in considerazione i combustibili fossili: antigravità, salti spaziali, vento solare… va bene tutto, basta che non si tiri in ballo nulla che assomigli neanche lontanamente alla benzina.
cienti a coprire tutta la distanza Terra-Luna!
Incredibile, dite? No, ve lo assicuriamo: un foglio di carta dello spessore di 1/10 di millimetro è piegabile per 40 volte solo con gli occhi della mente, e non con le dita delle mani, ma se davvero poteste farlo, la progressione geometrica vi mostrerebbe un foglio di carta più alto di voi già con una quindicina di piegature; supererebbe un grattacielo solo con 22, scalerebbe l’Everest con 27, e da lì in avanti proseguirebbe sicuro verso gli spazi siderali. Una vera e propria “astronave” fatta solo da un foglio di carta, da un po’ d’immaginazione e giusto un po’ di matematica.
È a questo punto la domanda facile facile, quella che potrebbe portarvi a vincere il consueto abbonamento semestrale alla rivista, può essere posta in questo modo: quante piegature serviranno per arrivare al centro della Galassia di Andromeda, supposta ad una distanza di 2,5 milioni di anni luce da noi?

Le Parole che Contano

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ideogrammaIn parte può dipendere dal fatto che Coelum esce con un numero estivo, quello di Luglio-Agosto, cosa che rende in qualche modo tangibile la cesura tra un periodo e l’altro. O forse, più semplicemente, perché settembre è davvero il mese in cui il ciclo normale ricomincia per tutti: studenti, lavoratori e forse anche per chi non studia né lavora. Fatto sta che sta spirando forte una brezza di ripartenza, di novità, e per questo riteniamo che il momento sia giusto per provare a saldare una specie di debito; come potremmo goderci il nuovo inizio, altrimenti, avendo ancora dei vecchi conti da regolare?

Se siete soliti leggerci solo su questa pagina, l’affermazione precedente potrebbe suonarvi misteriosa: ma se siete invece (come ci auguriamo che siate) anche dei frequentatori del nostro Forum di astronomia Coelestis, potreste ricordarvi che qualche tempo fa lì nacque, in una lunga discussione relativa ai misteri e alla natura del Pi Greco, dove tra l’altro si tentò una competizione orientata alla costruzione di una frase mnemonica per ricordare le cifre del numero più famoso del mondo.

Capire cosa si intenda per “frase mnemonica” è davvero semplice: pare che la maggior parte delle menti umane siano predisposte a ricordare più facilmente le parole dei numeri, e più ancora le frasi di senso compiuto delle singole parole. In altri termini, sembra che se faticate a ricordare il numero di telefono del dentista (il mio, prefisso a parte, risponde al 67934517), non è solo per paura del trapano. Però potrebbero bastare pochi minuti spesi a costruire una frase di otto parole – quante sono le cifre del numero in esempio – facendo in modo che ogni parola abbia un numero di lettere pari alle cifre che bisogna memorizzare, per risolvere il problema. Così, il numero di cui sopra è facilmente ricostruibile tramite la frase “Orione splende magnifica nel nero cielo d’inverno”; e, anche se è un po’ triste associare la regina delle costellazioni ai trapani e alle otturazioni, è evidente che con un tale artificio (Orione=6 lettere, splende=7, magnifica=9, ecc.) il numero del dentista rimarrà indelebilmente incastrato nella memoria.


Alcuni numeri sono talmente famosi e talmente difficili da ricordare che il metodo delle frasi mnemoniche è stato da tempo usato come ausilio per studenti e professionisti: ad esempio, è rimasto celebre il ritornello “Ai modesti o vanitosi, ai violenti o timorosi, vo cantando, gaio ritmo, logaritmo!”, che, opportunamente tradotto, rende benissimo le prime 13 cifre del numero 2,718281828459, ovvero “e”, la base dei logaritmi naturali.


Il celeberrimo libro “Matematica Dilettevole e Curiosa” del Ghersi riporta, oltre a questo esempio, anche una frase costruita proprio per Pi Greco: “Ave o Roma, o madre gagliarda di latine virtù che tanto luminoso splendore prodiga spargesti con la tua saggezza”. Si nota però che – nonostante il gran numero di cifre esattamente riportate, questa frase è un po’ più debole di quella composta per il numero “e” per almeno due ragioni: la prima è la totale assenza di riferimenti alla geometria o alla matematica, cosa che rende l’artificio un po’ troppo artificioso.


La seconda è invece che, per converso, l’esaltazione della gloria dell’antica Roma colloca fin troppo facilmente il periodo storico in cui la frase è stata composta.


Se non si hanno problemi con l’inglese, c’è una bella frase che coniuga insieme alcool e meccanica quantistica; non il massimo, dal punto di vista dell’attinenza a Pi Greco, ma senza dubbio allegra e dagli augusti natali, visto che è stata coniata niente meno che da sir James Jeans: “How I want a drink, alcoholic of course, after the heavy chapters involving quantum mechanics!”


Ma ormai il senso delle “parole che contano” dovrebbe essere chiaro. Nel forum, da tempo figurano alcuni bei tentativi (italiani, originali e contemporanei) che potrebbero meritare il premio di un abbonamento semestrale a Coelum: sempre che non ci arrivi, in questo mese di settembre, qualche frase ancora migliore che meglio dipinga le prime otto cifre di Pi Greco (3,1415926). Volete mettervi alla prova?

Good luck, Bad days, Bad numbers

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Se c’è una cosa che accomuna tutti gli appassionati di astronomia del pianeta è la profonda repulsione verso l’astrologia.
La ragione è duplice: c’è un aspetto che potremmo chiamare “di differenza”, perché chi si sofferma a considerare le cose del cielo ama la scienza e la razionalità, laddove l’astrologia è niente affatto scientifica e men che meno razionale; ma c’è anche – anzi forse soprattutto – un elemento “di identità”, perché astrologia e astronomia hanno in comune l’oggetto centrale d’interesse, ovvero il cielo le stelle, ed è perciò inevitabile guardare in cagnesco chi tenta di appropriarsi della cosa amata, specialmente se lo fa per trattarla in maniera così poco dignitosa.
In realtà, qualche forma di peccato originale ce l’ha anche l’astronomia, e non solo perché alcuni grandi astronomi del passato non disdegnavano di fare oroscopi a pagamento, ma soprattutto perché il primo compito dell’astronomia è stato quello di regolamentare i calendari, e spesso la conoscenza dei fenomeni celesti era ammantata di mistero dalla casta sacerdotale per meglio controllare il “popolo”.
Forse proprio da qui nascono molte superstizioni legate ai giorni e ai numeri: e così, specie se un secolo è ancora giovane, ci si ritrova nel bel mezzo della stagione venatoria dei cacciatori di date notevoli. Questa categoria ragionevolmente innocua di lunatici è quella che entra in fibrillazione quando una data “particolare” si approssima; ad esempio – ma questo è fin troppo scontato – il primo giorno del millennio, scrivibile nella forma 1/1/1. Non meno notevole, per queste persone, è stato il 2/2/2, ma l’esistenza di soli dodici mesi metterà per fortuna fine a questo gioco il 12 dicembre 2012. Se ritenete la cosa troppo sciocca per meritare che se ne parli, potremmo quasi concordare con voi: ma a patto che non vi sorprendiate se, proprio di questi tempi, sentirete che diverse coppie hanno programmato il matrimonio (e diverse signore in attesa addirittura il taglio cesareo), per il fatidico e imminente 7/7/7.
La caccia alla data speciale non è prerogativa di questa parte dell’Atlantico, anzi: negli Stati Uniti però si usa il formato mese/giorno/anno, cosa che apre nuove possibilità, alcune ampiamente trattate dai catastrofisti. Negli USA il numero telefonico d’emergenza (il nostro 118, per intenderci) è il 911, e questo numero, letto come una data, sforna il terribile “undici settembre”. In compenso, a noi europei riesce meno bene celebrare il “Pi Day” (giorno del Pi Greco), perché solo nella notazione USA il “quattordici marzo” (3/14) rivela il suo legame con le prime tre cifre del famoso numero trascendente. E ci si chiede se sia davvero un caso o un segno del destino che il Pi Day sia anche il compleanno di Albert Einstein, nato appunto il 14 marzo.
Quando i giornalisti chiesero a James Lovell, comandante dell’Apollo 13, se nutrisse preoccupazioni circa il numero 13, l’astronauta rispose: “Gli italiani dicono che questo è un numero fortunato. Proviamo a prenderli in parola”. Qui da noi, infatti, ma anche in altri paesi, non c’è accordo sul fatto che quella data (che sembra originarsi dal venerdì 13 ottobre 1307, giorno della eliminazione fisica di quasi tutti i cavalieri Templari) sia portatrice di disgrazie o di fortuna. È comunque evidente che la caccia alle date notevoli non sia altro che una moderna evoluzione di antiche superstizioni, ma proprio per questo ci si può scherzare al fine di mettere in imbarazzo i creduloni. Ad esempio, questo numero di Coelum è datato Luglio-Agosto 2007, e questo lasso di tempo mette ecumenicamente d’accordo tutte le tipologie di superstiziosi, avendo luglio un venerdì 13 e agosto un venerdì 17 (e tra l’altro, gli uomini dell’Apollo 13 tornarono sani e salvi sulla Terra proprio durante un venerdì 17). Se avete qualche amico che orripila all’idea di certe combinazioni datarie, potreste provare ad immunizzarlo con opportuni quesiti mirati a vaccinare il morbo. Provate ad esempio a chiedergli: “Qual è l’intervallo massimo tra due venerdì 17? E quello minimo?”
Ci sono cose divertenti da scoprire anche nelle futilità: ad esempio, è stato il grande matematico inglese J. H. Conway a notare che, qualunque anno prendiate, i giorni 4/4, 6/6, 8/8, 10/10, 12/12 cadono sempre lo stesso giorno della settimana; e se vi sembra che si parli solo di giorni e mesi “pari”, sappiate che i dispari si incrociano (5/9, 9/5, 7/11, 11/7) ma anch’essi cadono nello stesso giorno dei precedenti: quest’anno, ad esempio, sono tutti dei mercoledì.
Il calendario è di difficile esplorazione matematica, proprio perché è sostanzialmente poco razionale (colpa della Terra, della Luna, e soprattutto dell’Uomo), ma con un po’ di applicazione si riesce a rispondere anche a domande apparentemente complesse, come “È più probabile che l’anno inizi di sabato o di domenica?”
Non lamentatevi delle domande multiple: avete ben due mesi di tempo per rispondere, e Coelum si può portare comodissimamente anche in spiaggia. Magari evitando il 13 luglio e il 17 agosto.

Peranso: uno studio fotometrico professionale alla portata degli astrofili

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Software Peranso
Peranso - software per l’analisi di dati fotometrici

Software Peranso

Peranso è un software per l’analisi di dati fotometrici, generalmente ottenuti con la semplice tecnica della fotometria differenziale (o d’apertura), provenienti dallo studio di ogni fenomeno variabile nel tempo. Si tratta di uno dei pochissimi programmi in grado di fornire un’analisi di livello professionale, unita ad un’interfaccia grafica particolarmente semplice ed intuitiva.
In questo articolo andremo a scoprire alcune caratteristiche che lo rendono uno strumento quasi indispensabile per l’astrofilo evoluto che vuole affrontare seri studi fotometrici.
Peranso, giunto alla versione 2.31, è stato creato da Tonny Vanmunster, astrofilo estremamente evoluto,  specializzato nello studio di stelle variabili, proprietario dell’osservatorio astronomico privato denominato CBA Belgium Observatory. Dal sito web del programma (www.peranso.com) è possibile accedere ad un’introduzione, al manuale molto chiaro ed intuitivo, e scaricare una versione di prova gratuita che funziona per 14 giorni. La versione che scaricherete, funzionante in ogni ambiente windows, ha l’unica limitazione nella durata della sessione, che non può superare i 10 minuti. Dopo questo periodo il programma si chiude senza preavviso e sarà necessario avviarlo di nuovo per continuare ad utilizzarlo (ma i dati non salvati verranno persi!). La versione completa si può acquistare dallo stesso sito ad un costo di circa 35 euro, davvero modesto per le potenzialità del programma.

Serata osservativa: 6R10DB9, la nostra seconda luna

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La sera del 20 giugno 2007, presso il Centro Astronomico di Libbiano Peccioli (PI), codice MPC B33, i soci Bacci Paolo, Biasci Francesco, Piludu Paolo, Rossi Enzo e Rossi Emilio dell’AAAV – Associazione Astrofili Alta Valdera – hanno programmato una seduta osservativa con l’intento di riprendere lo strano oggetto astronomico denominato 6R10DB9, scoperto dalla Catalina Sky Survey (università Arizzona) il 14 settembre 2006.
Inizialmente classificato come asteroide di tipo NEO, in base alle successive osservazioni è stato catalogato come Distant Artificial Satellite.
Questo curioso oggetto, la cui origine è tutt’ora sconosciuta, è stato definito da alcuni astronomi come la nostra “seconda luna”.
Le sue ridotte dimensioni, circa 4 metri, hanno indotto alcuni a pensare che possa trattarsi di pezzo di roccia lunare che a seguito di un impatto meteorico è stato espulso dal nostro satellite.

Cartina

Sta di fatto che l’oggetto ha un orbita molto particolare, tanto da trovarsi al momento della scoperta a soli 2,2 LD (Distanze Lunari).
Intorno alla metà di giugno l’astro si trovava in condizioni ottimali per essere nuovamente osservato.

Utilizzando il telescopio RC 500mm, F/8, abbinato ad una CCD di 1024×1024 pixel utilizzata a binning 2×2 sono state ottenute immagini con una risoluzione di circa 2,4”/pixel, con un campo inquadrato di circa 20’x20′.

Utilizzando il telescopio RC 500mm, F/8, abbinato ad una CCD di 1024×1024 pixel utilizzata a binning 2×2 sono state ottenute immagini con una risoluzione di circa 2,4”/pixel, con un campo inquadrato di circa 20’x20′.
In considerazione dell’elevato moto proprio dell’oggetto sono state riprese varie serie di immagini da 10 secondi ciascuna, sommate con la tecnica dello stack al fine di individuare l’oggetto.
Le condizioni atmosferiche non erano certo delle migliori, il seeing era pessimo.

Per i soci dell’ AAAV è sta una vera soddisfazione riuscire ad identificare tale oggetto.

oggetto 6R10DB9
oggetto 6R10DB9

Nell’immagine qui sopra si evidenzia nel quadrato l’oggetto 6R10DB9, con il cerchio viene indicato il punto teorico dove secondo le effemeridi si doveva trovare.

Successivamente è stata realizzata una successiva serie di immagini al fine di evidenziare lo spostamento dell’oggetto.

Spostamento
Spostamento

Si apprezza lo spostamento dell’oggetto.
Per questa immagine valgono le stesse considerazioni della precedente, si evidenzia lo spostamento dell’oggetto.

Spostamento dell'oggetto
Spostamento dell'oggetto

Si evidenzia nel cerchio l’oggetto
Dati:
data 20/06/2007 23:02:39 UT
Luogo Centro Astronomico Libbiano Peccioli (PI)
Telescopio RC 500 mm a F8 –
CCD 1024×1024 pixel risoluzione 2,24”/pixel
somma di 19 immagini da 10 secondi ciascuna
Stack 20” PA 200; distanza dalla terra KM 578706.
Software utilizzato: astrometrica e DS9.

Elaborazione in falsi colori
Nell’immagine qui sopra si evidenzia in falsi colori l’oggetto: a sinistra zoom 3x a destra zoom 2x.



Rallentare, prego

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Esiste un principio che stabilisce che in qualsiasi narrazione di fantascienza viene necessariamente violata almeno una legge della fisica.
Nelle ingenue trame dei vecchi tempi non era neanche troppo difficile trovare ali violazioni, tanto erano rimarchevoli: ad esempio, rumorosissime esplosioni venivano udite senza problemi da un’astronave all’altra, anche se queste viaggiavano affiancate in pieno spazio profondo.
Ma ancora oggi, tanto per dire, il lettore medio non trova affatto strano che un capitano coraggioso sia riuscito a scoprire che, una volta arrivati alla Cintura di Orione, basta girare a destra e precipitarsi dentro il terzo buco nero per arrivare esattamente nel mai esplorato sistema solare dove vivono dei Grandi Mostri Verdi, dimenticando che anche la pura e semplice informazione in possesso del capitano deve essere giunta fino a noi in qualche maniera, e che questo stesso “viaggiare dell’informazione” deve rispettare le leggi della fisica.
La FS recente non si cura più di questi dettagli: le navi viaggiano serenamente a velocità ultraluce e le informazioni da astronave ad astronave o da astronave a pianeta praticamente in “tempo reale”, e naturalmente tutto ciò è assai meno che realistico. Ma se questi concetti sono dati per scontati significa che le iniziali difficoltà si sono sublimate in un paradigma; anche se H. G. Wells doveva arrampicarsi su pagine e pagine di specchi solo per riuscire a mandare in orbita un’astronave, altri dopo di lui si sono limitati a chiamare in causa la telecinesi (chissà perché, quasi sempre i “poteri mentali” sembrano esentati dall’obbedire ai vincoli di quel guastafeste di Einstein).
E gli infiniti trasmettitori di materia? Alcuni autori descrivono orgogliosamente il loro “teletrasporto” come un efficientissimo trasferimento di energia, e poi, visto che anche la celeberrima casalinga di Voghera sa ormai che E=mc2, dall’energia si torna felicemente alla massa, dalla massa alla materia, e quindi dalla materia alle lunghissime gambe (oltre a tutto il resto) dell’eroina del romanzo, in un tempo infinitesimo. Perché questi stessi autori tendono a dimenticarsi che anche l’energia ha la malaugurata abitudine di muoversi alla velocità della luce, e questo rende il racconto un po’ meno plausibile.
Detto delle leggi violate, ci tocca ora registrare una legge che invece è in genere sacrosantamente rispettata, anche se non è affatto invocata dai testi di fisica; e per questo ci sembra assolutamente memorabile: “Nei sistemi solari vige un rigoroso limite di velocità.”
Fateci caso: anche l’Enterprise, in grado di raggiungere “velocità di curvatura” elevatissime, quando entra nei sistemi solari deve ridurre la velocità fino a valori che la farebbero sorpassare da una lumaca artritica. A parte l’ingenuo parallelo tra “sistema solare” e “centro abitato” qualcuno riesce a ricordare un caso in cui questa forma di autovelox interplanetario abbia mai ricevuto una giustificazione?
A noi non sembra, ma siamo pronti – come ogni matematico che si rispetti – a trasformare ogni cosa incomprensibile in un postulato; soprattutto se partendo da questo postulato possiamo farvi qualche domanda.
Confermiamo allora al nostro Capitano Kirk che è tenuto a mantenere una certa velocità Vsin quando si trova all’interno di un sistema planetario (o meglio della sfera tridimensionale che lo contiene); l’astronave dei cattivissimi Klingon si trova all’esterno della suddetta sfera e non può entrarci, ma non è sottoposta alle stesse limitazioni della nave terrestre e può procedere a una velocità superiore (anche se non di molto) a V. Infine sappiamo che nel momento stesso nel quale l’Enterprise uscirà dalla sfera, se non verrà immediatamente colpita dalla nave dei Klingon che si trovasse nelle vicinanze, potrà filarsela via ad una velocità decisamente inarrivabile.
Al momento, Kirk si trova piuttosto vicino al centro del sistema, ma ogni volta che effettua una manovra per dirigersi verso il limite della sfera, la nave dei Klingon si precipita dalla stessa parte per trovarsi già pronta a friggerlo coi raggi gamma. Ora la domanda è: dando per scontato che ne esista una, qual è la strategia da attuare per sfuggire ai Klingon?
Siamo buoni e chiudiamo con una concessione: per semplificare il tutto potrete considerare un cerchio anziché una sfera tridimensionale. E con un’avvertenza: naturalmente la strategia vale solo fino a che i Klingon hanno una velocità non troppo superiore a quella dell’Enterprise.

Viaggio a BALI

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Bali è un’isola così compatta che in poche ore si può passare dalle spiagge di sabbia del sud allo spettacolare bordo di un vulcano attivo a 1.500 metri sul livello del mare. Formata da una catena vulcanica che la percorre da Est a Ovest, l’isola è dominata da due alti picchi, e alcuni laghi di cui il piu grande è il lago Batur. Il suo suolo vulcanico è fertilissimo.
I monsoni assicurano a Bali abbondanti piogge da dicembre ad aprile, con interi mesi di splendido sole che completano la visione paradisiaca, coprendola di un verde manto rigoglioso. Gli abitanti dell’isola di Bali hanno fatto di tutto per trarre vantaggio da questa benedizione naturale, per cui anche le rive piu scoscese sono state trasformate in risaie e terrazzate trasformando i pendii vulcanici in immensi giardini. I credo religiosi, i riti e le feste, guidano la gente di Bali dalla nascita alla morte e nel mondo ultraterreno. E’ la religione a stabilire la pianta di una citta, il disegno di un tempio, la struttura di una casa, la distribuzione delle varie responsabilità all’interno della comunita. Così come le vacanze, i divertimenti. Tutto ciò che riguarda la vita sociale, viene fissato dal calendario religioso, fornendo agli abitanti di Bali una vita di infiniti festeggiamenti e uno sfogo al loro grande talento artistico. Minuscola tra le isole indonesiane, rappresenta un microcosmo a sè il cui innegabile fascino è assai difficilmente definibile. In questo “cuore” di pochi chilometri quadrati si concentra l’essenza del vivere indonesiano: gente ancora naif nonostante le invasioni turistiche, terra verdissima percorsa da risaie splendenti, vulcani dalla cima sempre imbronciata di nuvole, spiagge lunghe e dorate; mille templi vestiti a festa e mille cerimonie ricche di pathos, danze, maschere e musiche.

In Giugno nell’Isola si registrano condizioni di seeing eccezionali, uno dei pochi luoghi al mondo dove è possibile sfruttare tutto il potere risolutivo degli strumenti al fine di effettuare osservazioni e riprese planetarie mozzafiato, in particolare sarà perfettamente osservabile il pianeta Giove ad un’altezza di 70° circa, quando dalle nostre latitudini sarà rasente l’orizzonte, oltre a Venere, Saturno e la Luna, e naturalmente le meraviglie del Cielo Australe.

Grazie alla ditta Lazzarotti Optics sarà a disposizione dei partecipanti un formidabile telescopio della linea Gladio specifico per osservazioni in alta risoluzione.

Inoltre come strumenti in dotazione della spedizione:
– Camera Lumenera 075M, con set di filtri per tricromia, per riprese nell’ infrarosso e ultravioletto, pc portatile.
– Dobson 25 cm per osservazioni profondo cielo.



Programma 1° giorno, sabato 16 giugno 2007
MILANO MALPENSA/BANGKOK
Ritrovo partecipanti, disbrigo delle formalità doganali, partenza con volo di linea Thai delle ore 13.50 per Bangkok. Pasti e pernottamento a bordo.

2° giorno, domenica 17 giugno 2007
BANGKOK/NUSA DUA (BALI)
Arrivo previsto alle ore 06.15. Cambio aeromobile e partenza con volo delle ore 08.40 per aeroporto di Denpasar (Bali). Arrivo previsto alle ore 14.00. Trasferimento in pullman in hotel. Sistemazione nelle camere. Cena e pernottamento.

3° giorno, lunedì 18 giugno 2007
Nusa Dua BALI
Trattamento in hotel di prima colazione e pernottamento in hotel. Giornata a disposizione per attivita individuali. In serata osservazioni astronomiche.

4° giorno, martedì 19 giugno 2007
Nusa Dua BALI
Trattamento in hotel di prima colazione e pernottamento in hotel. Giornata a disposizione per attivita individuali. In serata osservazioni astronomiche.

5° giorno, mercoledì 20 giugno 2007
Nusa Dua BALI
Trattamento in hotel di prima colazione e pernottamento in hotel. Giornata a disposizione per attivita individuali. In serata osservazioni astronomiche.

6° giorno, giovedì 21 giugno 2007
Nusa Dua BALI
Trattamento in hotel di prima colazione e pernottamento in hotel. Giornata a disposizione per attivita individuali. In serata osservazioni astronomiche.

7° giorno, venerdì 22 giugno 2007
Nusa Dua BALI/BANGKOK
Trattamento in hotel di prima colazione e pernottamento in hotel. Mattinata a disposizione per attivita individuali. Nel primo pomeriggio trasferimento in pullman in aeroporto e partenza con volo di linea Thai per Bangkok delle ore 17.20. Arrivo a Bangkok previsto per le ore 20.30.

8° giorno, sabato 23 giugno 2007
BANGKOK/MILANO MXP
Ore 00.20 partenza con volo di linea per Milano Malpensa. Arrivo previsto alle ore 06.20. Fine dei servizi.
Escursioni effettuabili
• Villaggio di Medangan per assistere allo spettacolo di danze Kecak.
• Villaggio di Batubulan per assistere alle danze Barong e Kriss.
• Visita al tempio di Kehen, al tempio di Gunung Kawi ai Templi Besakih, Tempio Reale di Taman Ayn a Mengwi, il tempio di Tanah Lot, Tempio di Uluwatu, situato a picco sull’Oceano sulla punta di una scogliera.
• Lago Batur con visita al vulcano.
• Visita di Ubud, capitale della pittura naif, visita i laboratori artigianali di batik e del legno, visita al tempio di Gunung Lebah, al museo del pittore Antonio Blanco e al villaggio Petulu.


Quota di Partecipazione

Quota individuale di partecipazione: € 1.425,00 (minimo 20 persone)
Quota individuale di partecipazione: € 1.375,00 (minimo 25 persone)

Supplemento camera singola: € 250,00
Tasse aeroportuali e security: € 166,00
(soggette a riconferma fino all’emissione del biglietto aereo)

Possibilità di avvicinamento da altri aeroporti italiani supplemento indicativo (soggetta a conferma all’atto della prenotazione € 150,00)

La Quota Comprende
• Voli di linea Thai Airways da Milano Malpensa via Bangkok a/r
• Franchigia bagaglio kg 20
• Pasti e rinfreschi a bordo
• Trasferimento in pullman aeroporto/hotel/aeroporto
• Sistemazione in hotel in camere con servizi privati
• Trattamento di pernottamento e prima colazione
• Accompagnatori Astrofili
• Copertura assicurativa sanitaria, bagaglio e annullamento viaggio Navale Optimas


La Quota non Comprende
• Pasti
• Bevande
• Tasse d’imbarco in uscita Bali da pagare in loco e in valuta locale (c.a. 100.000 rupie, le tasse sono soggette a variazioni senza preavviso)
• Escursioni facoltative
• Mance ed extra personali in genere
• Tutto quanto non espressamente indicato alla voce la quota comprende.
Documenti

Passaporto individuale valido almeno 6 mesi oltre la data del viaggio.
Per i cittadini italiani è obbligatorio il visto che verrà rilasciato direttamente in aeroporto al momento dell’ingresso nel paese, dietro il pagamento di $ 25,00 per persona. Si consiglia di arrivare con l’esatto importo per evitare lunghe attese.

Prenotazioni Termine iscrizioni: 30 Marzo 2007

Informazioni

Informazioni astronomiche:
Sig.ri Di Giuseppe 338/5264372
Sig. Zanotti 338/4772550
WEB: www.astrofilicolumbia.it
Email: fzanotti1@alice.it

Informazioni e prenotazioni:
CTM di Robintur Modena
Tel: 059/2133701
WEB: www.robintur.it
Email: ctm.gruppi@robintur.it

USA Space Tour – Florida e Texas

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Programma

1° giorno, giovedì 05 aprile 2007
ITALIA/MIAMI
Ritrovo dei partecipanti all’aeroporto di Milano Linate, disbrigo delle formalità doganali e partenza con volo linea per Miami (compagnia aerea e scali intermedi da definire). All’arrivo in aeroporto ritiro delle vetture noleggiate e trasferimento in hotel. Sistemazione nelle camere riservate e pernottamento.

2° giorno, venerdì 06 aprile
MIAMI escursione Everglades National Park
Prima colazione in hotel. Partenza per l’escursione in auto dell’intera giornata all’ Everglades National Park, una delle piu belle regioni naturali del pianeta: 6000 kmq di territorio subtropicale, uno dei maggiori parchi nazionali americani. Al termine, rientro a Miami e pernottamento in hotel. Osservazioni astronomiche planetarie facoltative.

3° giorno, sabato 07 aprile
MIAMI/ORLANDO (km 400 c.a.)
Prima colazione in hotel e trasferimento in auto a Orlando. Sistemazione in hotel e pernottamento. Osservazioni astronomiche planetarie facoltative.

4° giorno, domenica 08 aprile
ORLANDO escursione a Cape Canaveral
Prima colazione ed escursione dell’intera giornata a Cape Canaveral, una striscia di terra nella Contea di Brevard in Florida (USA). Vi sorge il Kennedy Space Center della NASA e la Cape Canaveral Air Force Station dell’esercito americano. Il nome Canaveral (dallo spagnolo Canaveral) significa Capo delle Canne e fu scelto come sede del KSC per la sua posizione ideale. Si trova infatti affacciata sull’Oceano Atlantico in una delle zone degli Stati Uniti piu vicine all’equatore e consente di sfruttare al meglio la spinta dovuta alla rotazione terrestre. Rientro in hotel e pernottamento. Osservazioni astronomiche planetarie facoltative.

5° giorno, lunedì 09 aprile
ORLANDO/HOUSTON
Prima colazione trasferimento in auto in aeroporto. Partenza con volo di linea per Houston. All’arrivo ritiro delle auto e trasferimento in hotel. Sistemazione e pernottamento.

6° giorno, martedì 10 aprile
HOUSTON escursione al Johnson Space Center
Prima colazione trasferimento in auto al Johnson Space Center e visita . Il Lyndon B. Johnson Space Center (“JSC”) e il Centro di Controllo delle Missioni (Mission Control Center – MCC) della NASA per tutti i voli spaziali con equipaggio umano. Il JSC fu originariamente chiamato “Manned Spacecraft Center” nel 1961 e successivamente rinominato “Lyndon B. Johnson Space Center” nel 1973, in onore del presidente degli Stati Uniti Lyndon B. Johnson. Il JSC si trova a Clear Lake City che dal 1977 è divenuta parte di Houston, nel Texas. Questo è il motivo per cui tutte le frasi pronunciate dagli astronauti iniziavano con la parola “Houston”. La piu famosa è senz’altro “Houston, abbiamo un problema” pronunciata durante la missione Apollo 13. Rientro in hotel e pernottamento.

7° giorno, mercoledì 11 aprile
HOUSTON/MIAMI
Prima colazione trasferimento in auto in aeroporto. Partenza con volo di linea per il rientro. Pernottamento e pasti a bordo.

8° giorno, giovedì 12 aprile
MIAMI/MILANO LINATE
Arrivo in Italia.
Quota di Partecipazione QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE (servizi a terra), minimo 15 persone: € 1.100,00
QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE (servizi a terra), minimo 20 persone: € 950,00
SUPPLEMENTO CAMERA SINGOLA: € 300,00
SUPPLEMENTO PACCHETTO VOLI INTERCONTINENTALI E INTERNI USA: € 959,00
TASSE AEROPORTUALI: € 102,60 (soggette a riconferma all’atto fino all’emissione del biglietto aereo)

La Quota Comprende

• sistemazione in hotel di categoria turistica in camere doppie con servizi privati
• Continental breakfast
• le visite previste nel programma
• noleggio di minivan 7 posti con assicurazione COD UA (la piu completa) un pieno di benzina e navigatore satellitare
• copertura assicurativa sanitaria, bagaglio e annullamento viaggio Navale Optimas


La Quota non Comprende

• voli di linea in classe economica
• pasti
• bevande
• guide locali, ingressi a musei e monumenti, parchi nazionali, osservatori
• mance ed extra personali in genere
• tutto quanto non specificato alla voce “La quota comprende”.


Documenti

Vi ricordiamo che dal 26 ottobre 2006 possono entrare o transitare negli Stati Uniti in esenzione di visto:
– Titolari di passaporto a lettura ottica rilasciato o rinnovato prima del 26 ottobre 2005
– Titolari di passaporto con foto digitale rilasciato o rinnovato prima del 26 ottobre 2006
– Titolari di passaporto elettronico emesso a partire dal 26 ottobre 2006

Prenotazioni e Informazioni

Termine pre-iscrizioni: 12 Febbraio 2007 (Con versamento dell’acconto del 25%)

Alla chiusura delle pre-iscrizioni verra confermata la fattibilità del viaggio, verificandone quotazione, effettiva disponibilità dei servizi e itinerario; i partecipanti potranno recedere qualora si verificasse una sostanziale differenza rispetto la proposta originale.

Informazioni astronomiche:
Sig.ri Di Giuseppe 338/5264372
Sig. Zanotti 338/4772550
WEB: www.astrofilicolumbia.it
Email: fzanotti1@alice.it

Informazioni e prenotazioni:
CTM di Robintur Modena
Tel: 059/2133701
WEB: www.robintur.it
Email: ctm.gruppi@robintur.it

Fermata d’autobus

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Ogni notte, quando il cielo è finalmente sereno e voi uscite all’aperto per godervelo al meglio, non fate che ripetere un rito antico quanto il mondo.
Certo, qualche migliaio di anni fa gli uomini alzavano al cielo soltanto i loro occhi curiosi, e non gli specchi dei riflettori né le lenti dei rifrattori; ma il principio è sempre quello: si alza lo sguardo con lo stupore e la malinconia di chi va per mare e contempla da lontano un’isola che gli rimarrà per sempre sconosciuta.
E se le conoscenze acquisite ci consentono oggi di interpretare assai meglio la natura e i moti delle luci della volta celeste, questo non ha certo diminuito lo stupore che esse sono in grado di generare, anzi! Quel che potrà cambiare non sarà mai l’incanto, quanto piuttosto la
familiarità
. Per tutti noi, ad esempio, la prima falce di Luna rappresenta una complice notturna e amichevole del paesaggio celeste, ma in fondo irraggiungibile quanto la più lontana delle nebulose. Eppure, sul nostro pianeta ci sono una dozzina d’uomini che la guardano con emozioni e occhi diversi dai nostri, perché loro non si limitano a contemplarla, ma possono ricordarla. Possono riconoscerne i luoghi e dire: “Sono stato lassù”.
Nella metafora di prima, per loro è forse come guardare il mare con gli occhi di un vecchio marinaio: laddove noi ci perderemmo nella visione indistinta del mistero, gli occhi del marinaio riuscirebbero a leggere segni e segnali che a noi (che siamo “della razza di chi rimane a terra”, come scrisse Montale) resteranno per sempre negati. A noi come individui, intendiamo, perché non c’è dubbio alcuno che la nostra specie arriverà prima o poi a questa familiare consapevolezza delle strade del cielo, e molto presto (?) ci muoveremo nello spazio come un tempo si spostavano i nostri avi sulle non meno pericolose strade che univano i villaggi alle città, che apparivano ai più come lontanissime luci di un mondo inesplorato.
Forse è eccessivo ricondurre le stazioni spaziali alla stregua delle locande di campagna del tempo andato, nelle quali ci si sgranchiva le gambe per una pausa durante il viaggio a cavallo, ma a noi piace l’idea di travestire da indovinello spaziale un semplice quiz di mezzi di locomozione terrestri, quindi prestate attenzione.
Immaginate che si possano usare i mezzi pubblici per andare nello spazio, che ci sia un bellissimo Museo dell’Astronautica in orbita, ricavato da vecchi laboratori spaziali, che ci sia una “Stazione Spaziale di Posta” lungo il percorso, e che esistano due modelli di razzi di linea per arrivarci: uno veloce, che si ferma mezz’ora alla Stazione Spaziale di Posta per i rifornimenti e per consentire uno spettacolare belvedere ai viaggiatori, mentre l’altro, più lento e funzionale, si limita a sbarcare e imbarcare i passeggeri dalla Stazione in un tempo virtualmente nullo, proseguendo direttamente il suo viaggio verso il Museo.
Scegliere quale razzo sia il più adatto alla bisogna dipende certo anche dal tempo totale che uno vuol impiegare per il viaggio, e quindi è utile sapere che, se i due razzi partono assieme, il più veloce arriva alla Stazione di Posta quando il più lento ha percorso solo 24 000 chilometri, e arriverà poi a destinazione quando all’altro mancheranno ancora 5000 chilometri. In realtà, coloro che fanno il viaggio per diletto vogliono provare entrambi i razzi, e di solito giocano con le coincidenze, viaggiando sul razzo più lento nel tratto che va dalla Terra alla Stazione ma poi salendo al volo sulla navicella veloce, che in quel momento sta giusto scaldando i motori pronta a partire, per il tratto da Stazione a Museo.
A noi, quando riuscimmo a fare questo fantastico viaggio, capitò l’imprevisto; gli orari soliti erano saltati per misteriose ragioni tecniche. Quel giorno il razzo più lento partiva prima dell’altro, e dalle tabelle di marcia si capiva che entrambi i velivoli sarebbero arrivati contemporaneamente alla Stazione di Posta; poi il più veloce avrebbe comunque sostato come sempre, cosicché la navicella più lenta finì con l’arrivare al Museo un quarto d’ora prima di quella veloce.
Noi ci siamo divertiti lo stesso, anche perché al momento dell’acquisto del biglietto eravamo i soli a sapere quanto dovevamo pagare. Sulla cassa c’era scritto a caratteri di scatola solo “5 centesimi a chilometro” e sembravamo i soli a sapere con esattezza quanti Euro dovessimo estrarre dal portafoglio. Ma ormai lo sapete anche voi, vero?

Da due a tre

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“Vive la différence!”, dicono i francesi. E per quanto noi non si possa, pur restando matematicamente volenterosi, tentare di assimilare quella “differenza” al risultato dell’onesta operazione di sottrazione, non possiamo certo esimerci dall’associarci al gallico entusiasmo.
Viva la differenza, certo, che non è solo la differenza fisica e immediata tra uomini e donne, maschi e femmine, ma anche quella più complessa e articolata che separa generi e sessi, tipo di riproduzione, articolazione biologica dei gameti e florilegio d’ormoni. È differenza che poi si ritrova anche nelle parole, che sembrano avere una loro propria etica: per esempio, in inglese è frequente normale l’utilizzo della parola “gender” per distinguere le caratteristiche sessuali, mentre il corrispondente diretto “genere”, in italiano è ben poco usato. In compenso, l’uso di “sesso”, nell’italica lingua è un po’ più vario ed estensivo di quanto lo sia il corrispondente inglese “sex”.
Ora, è evidente che se in una rubrica di matematica ricreativa si comincia a disquisire di generi e sessi si finisce inevitabilmente a coniugarli con i numeri, fino a formulare la fatale domanda “Ma perché mai i sessi sono – quando va bene – soltanto due?” Non che ci si aspetti una risposta via mail, una volta tanto: anche perché ci sono esempi di follia anche solo con un numero così esiguo di generi. Ad esempio, in alcuni paesi la nascita di una figlia è ancora considerata una mezza disgrazia, perché si teme che resti nubile; si narra che un governo, nel tentativo di sanare la criminale pratica dell’infanticidio femminile che proprio per questa ragione era molto diffuso, sia arrivato a promulgare la seguente legge: “Solo le coppie che generano un figlio maschio possono avere ulteriori figli”. Insomma, l’idea è che sin quando in una famiglia nascevano figli maschi, nessuna limitazione era imposta; ma non appena veniva alla luce la prima femminuccia si impediva ai genitori di avere altri figli, allo scopo palese di aumentare il rapporto maschi/femmine e conseguentemente ridurre il numero delle zitelle.
Per quanto questo tipo di pianificazione familiare ci sembri ridicolo e comunque sessista, vorremmo che provaste a calcolare, in seguito all’applicazione di questa legge e presupponendo che la probabilità di nascita di un maschio o di una femmina sia sempre del 50%, in che misura varierà la proporzione dei sessi in quel paese.
Se la questione risulta intrigante perfino in questo piccolo pianeta che pure è così banale da non avere inventato altro che due generi, chissà come potrebbe essere generalizzata su sistemi stellari nei quali la vita dimostri una maggiore fantasia sessuale… Non serve scavare troppo, per trovare un buon esempio: in assenza di esobiologi informati sui fatti, possiamo sempre ricorrere al “Buon Dottore”, Isaac Asimov.
Recentemente abbiamo sbagliato ad attribuirgli una citazione (ma era errore per eccesso e per affetto, nel senso che avevamo attribuito a lui una citazione di altri), e per rimediare ci siamo sentiti in dovere di effettuare un ripasso generale dell’opera omnia. Abbiamo cominciato dal miglior romanzo (e qui, inevitabile, si scatenerà la bagarre, perché ogni fan di Asimov ha idee diverse, in merito) che, a nostro insindacabile giudizio è “Neanche gli Dei” (“The Gods Themselves”).
Il titolo non è soltanto bello; è anche di nobili origini. Deriva infatti da un verso di Schiller: “Mit der Dummheit kaempfen die Goetter selbst vergebens”; siccome questo non è un corso di letteratura tedesca, acconsentiamo a fornire la traduzione: “Contro la stupidità umana, neanche gli Dei possono nulla”. Va reso merito al traduttore italiano di essersi preso la briga di tradurre correttamente il “senso” – e non letteralmente – il titolo inglese originale, perché “Gli stessi Dei” sarebbe stato titolo abominevole. Del resto, nel parlare di generi, l’inglese è davvero lingua pericolosa, perché usa effettivamente tre generi, e la cosa può effettivamente complicare la vita coniugale. Grammatica anglosassone a parte, il punto interessante è che nella seconda parte del romanzo viene introdotta una popolazione di alieni che sono finalmente declinati in tre generi, e tutti e tre questi generi devono “collaborare” contemporaneamente per la riproduzione Non intendiamo fornire ulteriori dettagli (per non rovinare il piacere della lettura e per non incorrere nelle censure riservate ai testi vietati ai minori), ma non potevamo certo perdere l’occasione di generalizzare finalmente i concetti sopraccennati anche a questo caso “non banale”.
Supponiamo che presso gli Alieni le probabilità di riproduzione dei tre diversi generi siano equamente suddivise, ma che uno dei generi sia considerato, dal punto di vista culturale,“preferibile agli altri due”; supponendo di applicare la stessa regola sopra descritta per due soli generi (ovvero si ferma la prolificazione appena nasce un figlio appartenente ai due sessi meno graditi), a che distribuzione di sessi porterebbe la legge?
E se, invece, fossero due su tre i generi “preferibili”, e quindi lo stop alla filiazione arrivasse solo dopo aver generato un figlio dell’unico sesso poco gradito, come evolverebbe la popolazione?

USA Space Tour – Florida – Texas – Arizona – California – (Hawaii)

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Programma 1° giorno, giovedì 05 aprile 2007
ITALIA/MIAMI
Ritrovo dei partecipanti all’aeroporto di Milano Linate, disbrigo delle formalità doganali e partenza con volo linea per Miami (compagnia aerea e scali intermedi da definire). All’arrivo in aeroporto ritiro delle vetture noleggiate e trasferimento in hotel. Sistemazione nelle camere riservate e pernottamento.

2° giorno, venerdì 06 aprile
MIAMI escursione Everglades National Park
Prima colazione in hotel. Partenza per l’escursione in auto dell’intera giornata all’ Everglades National Park, una delle più belle regioni naturali del pianeta: 6000 kmq di territorio subtropicale, uno dei maggiori parchi nazionali americani. Al termine, rientro a Miami e pernottamento in hotel. Osservazioni astronomiche planetarie facoltative.

3° giorno, sabato 07 aprile
MIAMI/ORLANDO (km 400 c.a.)
Prima colazione in hotel e trasferimento in auto a Orlando. Sistemazione in hotel e pernottamento. Osservazioni astronomiche planetarie facoltative.

4° giorno, domenica 08 aprile
ORLANDO escursione a Cape Canaveral
Prima colazione ed escursione dell’intera giornata a Cape Canaveral, una striscia di terra nella Contea di Brevard in Florida (USA). Vi sorge il Kennedy Space Center della NASA e la Cape Canaveral Air Force Station dell’esercito americano. Il nome Canaveral (dallo spagnolo Canaveral) significa Capo delle Canne e fu scelto come sede del KSC per la sua posizione ideale. Si trova infatti affacciata sull’Oceano Atlantico in una delle zone degli Stati Uniti più vicine all’equatore e consente di sfruttare al meglio la spinta dovuta alla rotazione terrestre. Rientro in hotel e pernottamento. Osservazioni astronomiche planetarie facoltative.

5° giorno, lunedì 09 aprile
ORLANDO/HOUSTON
Prima colazione trasferimento in auto in aeroporto. Partenza con volo di linea per Houston. All’arrivo ritiro delle auto e trasferimento in hotel. Sistemazione e pernottamento.

6° giorno, martedì 10 aprile
HOUSTON escursione al Johnson Space Center
Prima colazione trasferimento in auto al Johnson Space Center e visita . Il Lyndon B. Johnson Space Center (“JSC”) e il Centro di Controllo delle Missioni (Mission Control Center – MCC) della NASA per tutti i voli spaziali con equipaggio umano. Il JSC fu originariamente chiamato “Manned Spacecraft Center” nel 1961 e successivamente rinominato “Lyndon B. Johnson Space Center” nel 1973, in onore del presidente degli Stati Uniti Lyndon B. Johnson. Il JSC si trova a Clear Lake City che dal 1977 è divenuta parte di Houston, nel Texas. Questo è il motivo per cui tutte le frasi pronunciate dagli astronauti iniziavano con la parola “Houston”. La più famosa è senz’altro “Houston, abbiamo un problema” pronunciata durante la missione Apollo 13. Rientro in hotel e pernottamento.

7° giorno, mercoledì 11 aprile
HOUSTON/ALBUQUERQUE – ALBUQUERQUE/SOCORRO (km 70 c.a.)
Prima colazione in hotel e trasferimento in auto in aeroporto. Partenza con volo di linea per Albuquerque. Arrivo, ritiro delle auto e trasferimento a Socorro. Sistemazione in hotel e pernottamento.

8° giorno, giovedì 12 aprile
SOCORRO escursione VLA (Very large Array Telescope) e Piana di St. Augustin
Prima colazione ed escursione intera giornata: si visitano il Very Large Array di Socorro, New Mexico, USA, un raggruppamento di radiotelescopi entrati in funzione nel 1980. E’ costituito da 27 antenne paraboliche del diametro di 26 metri ciascuna, disposte lungo 3 bracci, ciascuno lungo 21 Km, a forma di una gigantesca Y. L’intero gruppo di radiotelescopi è in grado di sfruttare i principi dell’interferometria per operare come un unica antenna ricevente di 21 Km di diametro. A seguire si prosegue per la Piana di San Augustin, 50 miglia a ovest di Socorro. Rientro in hotel e pernottamento. Osservazioni astronomiche facoltative.

9° giorno, venerdì 13 aprile
SOCORRO/TUCSON (km 650 c.a.)
Prima colazione e intera giornata dedicata al trasferimento in auto a Tucson. Arrivo sistemazione in hotel e pernottamento.

10° giorno, sabato 14 aprile
Kitt Peak Observatory – deserto di Sonora 80 km da Tucson
Prima colazione ed escursione intera giornata agli osservatori nel Deserto di Sonora, situato nel confine tra Stati Uniti e Messico, che interessano una vasta zona comprendente tra l’ Arizona, la California e la regione messicana di Sonora. E’ uno dei deserti più estesi e più caldi del Nord America, con un’ area di circa 311,000 km2, popolato da una notevole varietà di animali, principalmente rettili. Le piante sono, in genere, capaci di notevolissima resistenza al calore, alla siccita e alle escursioni termiche. Rientro in hotel e pernottamento. Osservazioni astronomiche facoltative.

11° giorno, domenica 15 aprile
TUCSON/SAN DIEGO (km 658 c.a.)
Prima colazione e trasferimento in auto a San Diego. Arrivo sistemazione in hotel e pernottamento.

12° giorno, lunedì 16 aprile
SAN DIEGO escursione Osservatorio di Monte Palomar
Prima colazione ed escursione dell’intera giornata all’osservatorio di Monte Palomar, uno dei più celebri osservatori astronomici e dei più importanti al mondo nel settore della ricerca astronomica. Monte Palomar è sede del famoso telescopio Hale di 5 m di apertura (200 pollici, ossia 508 centimetri), completato nel 1946 e gestito dal California Institute of Technology, comprende anche due camere Schmidt e un telescopio riflettore di 1,5 m a un’altitudine di 1710 m su una montagna vicino Los Angeles. Con l’osservatorio di Mount Wilson forma, insieme al Big Bear Solar Observatory a Las Campanas, gli Hale Osbervatories. Rientro in hotel e pernottamento. Osservazioni astronomiche facoltative.

13° giorno, martedì 17 aprile
SAN DIEGO/LOS ANGELES (km 200 c.a)
Prima colazione e trasferimento in auto a Los Angeles. Sistemazione in hotel e pernottamento.

14° giorno, mercoledì 18 aprile
LOS ANGELES – escursione JPL (Jet propulsion Laboratory) a Pasadena – Monte Wilson Observatory a Los Angeles
Prima colazione ed escursione al Jet Propulsion Laboratory (JPL) situato vicino a Pasadena, in California. Il JPL sviluppa, progetta e costruisce le sonde spaziali senza equipaggio della NASA. I progetti più recenti a cui ha preso parte sono la Sonda Galileo (che ha raggiunto Giove), e i rover marziani (tra cui Mars Pathfinder del 1997 e i Mars Exploration Rovers del 2003). Finora, il JPL ha mandato sonde spaziali a esplorare tutti i pianeti del sistema solare, con la sola eccezione di Plutone. Inoltre ha promosso molte missioni per la mappatura del pianeta Terra. Il JPL controlla anche il Deep Space Network (rete dello spazio profondo), che ha infrastrutture nel deserto californiano, a Madrid (Spagna) e a Canberra (Australia). Rientro a Los Angeles e visita al Monte Wilson Observatory. Rientro in hotel e pernottamento. Osservazioni astronomiche facoltative.

15° giorno, giovedì 19 aprile
LOS ANGELES/ITALIA
Prima colazione trasferimento in aeroporto, consegna delle vetture. Partenza per Italia, pasti e pernottamento a bordo.

16° giorno, venerdì 20 aprile
ITALIA
Arrivo in Italia in giornata.

Quota di Partecipazione

QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE (servizi a terra), minimo 15 persone: € 1.890,00
QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE (servizi a terra), minimo 20 persone: € 1.740,00
SUPPLEMENTO CAMERA SINGOLA: € 1.300,00
SUPPLEMENTO PACCHETTO VOLI INTERCONTINENTALI E INTERNI USA: € 1.111,00
TASSE AEROPORTUALI: € 114,05 (soggette a riconferma all’atto fino all’emissione del biglietto aereo)

Tasse da pagare in loco per ritiro macchine ad Albuquerque e rilascio a Los Angeles (costo per vettura): € 233,00 c.a.

La Quota Comprende

• sistemazione in hotel di categoria turistica in camere doppie con servizi privati
• Continental breakfast
• le visite previste nel programma
• noleggio di minivan 7 posti con assicurazione COD UA (la più completa) un pieno di benzina e navigatore satellitare
• copertura assicurativa sanitaria, bagaglio e annullamento viaggio Navale Optimas


La Quota non Comprende

• voli di linea in classe economica
• pasti
• bevande
• guide locali, ingressi a musei e monumenti, parchi nazionali, osservatori
• mance ed extra personali in genere
• tutto quanto non specificato alla voce “La quota comprende”.
Documenti

Vi ricordiamo che dal 26 ottobre 2006 possono entrare o transitare negli Stati Uniti in esenzione di visto:
– Titolari di passaporto a lettura ottica rilasciato o rinnovato prima del 26 ottobre 2005
– Titolari di passaporto con foto digitale rilasciato o rinnovato prima del 26 ottobre 2006
– Titolari di passaporto elettronico emesso a partire dal 26 ottobre 2006

Prenotazioni

Termine pre-iscrizioni: 12 Febbraio 2007 (Con versamento dell’acconto del 25%)

Alla chiusura delle pre-iscrizioni verra confermata la fattibilità del viaggio, verificandone quotazione, effettiva disponibilità dei servizi e itinerario; i partecipanti potranno recedere qualora si verificasse una sostanziale differenza rispetto la proposta originale.

ESTENSIONE FACOLTATIVA HAWAII (minimo 9 persone) Qui di seguito il programma relativo all’estensione facoltativa del viaggio alle isole Hawaii

Programma 15° giorno, giovedì 19 aprile
LOS ANGELES/HAWAIi
Prima colazione in hotel e trasferimento in auto in aeroporto; partenza con volo di linea per Kona, arrivo e ritiro auto per trasferimento in hotel. Pernottamento.

16° giorno, venerdì 20 aprile
HAWAII
Prima colazione in hotel e trasferimento in auto a 1000-2000 m per visita osservatori. Sistemazione e pernottamento. Osservazioni Astronomiche facoltative.

17° giorno, sabato 21 aprile
HAWAII
Prima colazione e trasferimento a 4000 mt per visita osservatori sul vulcano Mauna Kea. Pernottamento a 2000 m. Osservazioni Astronomiche facoltative.

18° giorno, domenica 22 aprile
HAWAII
Prima colazione e rientro a Kona. Pernottamento.

19° giorno, lunedì 23 aprile
HAWAII relax
Giornata di relax

20° giorno, martedì 24 aprile
HAWAI/LOS ANGELES
Prima colazione in hotel e trasferimento in auto in aeroporto; partenza con volo di linea, pernottamento a bordo.

21° giorno, mercoledì 25 aprile
LOS ANGELES/ITALIA
Arrivo a Los Angeles in mattinata. Proseguimento nel tardo pomeriggio con volo di linea per il riento. Pasti e pernottamento a bordo.

22° giorno, giovedì 26 aprile
ITALIA
Arrivo in Italia. Fine dei servizi.

Quota di Partecipazione

QUOTA INDIVIDUALE DI PARTECIPAZIONE (servizi a terra), minimo 9 persone: € 1.040,00
SUPPLEMENTO CAMERA SINGOLA: € 490,00
SUPPLEMENTO PACCHETTO VOLI: € 308
TASSE AEROPORTUALI: € 115,96 (soggette a riconferma all’atto fino all’emissione del biglietto aereo)

Tasse da pagare in loco per ritiro macchine ad Albouquerque e rilascio a Los Angeles € 233,00 c.a.

La Quota Comprende

• sistemazione in hotel di categoria turistica in camere doppie con servizi privati
• Continental breakfast
• le visite previste nel programma
• noleggio di minivan 7 posti con assicurazione COD UA (la più completa) un pineo di benzina e navigatore satellitare
• copertura assicurativa sanitaria e bagaglio e annullamento viaggio


La Quota non Comprende

• voli di linea in classe economica
• pasti
• bevande
• ingressi a musei e monumenti, parchi nazionali, osservatori
• mance ed extra personali in genere
• tutto quanto non specificato alla voce “La quota comprende”.
Informazioni

Informazioni astronomiche:
Sig.ri Di Giuseppe 338/5264372
Sig. Zanotti 338/4772550
WEB: www.astrofilicolumbia.it
Email: fzanotti1@alice.it

Informazioni e prenotazioni:
CTM di Robintur Modena
Tel: 059/2133701
WEB: www.robintur.it
Email: ctm.gruppi@robintur.it

Il Cavaliere che non torna

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È inevitabile: i ragazzi che si interessano di scienza leggono fantascienza. Si potrebbe quasi stabilire una legge di natura, in merito, anche se l’innata prudenza dei matematici ci fa rifuggire dalle facili generalizzazioni.
Riconoscendoci come membri (ormai anziani, ahimè) di cotanta schiera, non abbiamo certo intenzione di recriminare sulla cosa, anzi; tanto è vero che non perdiamo occasione per ambientare in contesti fantascientifici i nostri indovinelli.
Vorremmo però approfittare di queste colonne per esortare anche alla lettura di altri generi: esistono infatti maestri della narrazione che sanno regalare emozioni anche se i protagonisti delle loro storie non si chiamano John o Jack. Dino Buzzati è senza dubbio uno di questi, e i suoi racconti e romanzi non hanno nulla da invidiare né alla narrativa di intrattenimento – perché la tensione che le sue pagine generano non è seconda a nessun conflitto galattico – né letteratura più alta e nobile, perché la maestria letteraria dell’autore bellunese non temono confronti sul piano letterario. La forza narrativa del “Deserto dei Tartari”, ad esempio, richiama sia la splendida sintesi del brevissimo “Sentinel” di Fredric Brown, sia il lento procedere di “Aspettando Godot” di Beckett; e non è certo l’unica sua opera notevole. Tra i racconti, quello che ci è più caro è “I Sette Messaggeri”, recentemente riproposto nella bella antologia “Racconti Matematici” curata da Claudio Bartocci. Vi si narra di un Principe che parte dalla Capitale dell’Impero intenzionato a raggiungere i mai visti confini del suo regno. Per non rimanere senza notizie della corte, sceglie tra i cavalieri della sua scorta i sette più fedeli (Alessandro, Bartolomeo, Caio, Domenico, Ettore, Federico e Gregorio) e li incarica di fare da messaggeri; dovranno continuamente tornare indietro alla Capitale recando le sue lettere, qui raccogliere le lettere di risposta, quindi ripartire immediatamente verso il Principe.
La carovana del Principe percorre ogni giorno quaranta leghe; i Messaggeri, più veloci, riescono invece a percorrerne sessanta. Già la mattina del terzo giorno (quando erano state percorse dal gruppo ottanta leghe) il Principe comincia a mandare indietro Alessandro; e nei giorni seguenti, ogni mattina parte verso la capitale un cavaliere. Il tempo e lo spazio cominciano a tessere la loro lunga tela: quando parte anche Gregorio, l’ultimo dei sette, devono ancora passare dei giorni prima che Alessandro ritorni; quanti? L’autore stesso lo dice, e per una volta accetteremo anche che si sfogli il testo alla ricerca della risposta.
Ma il ciclo deve continuare senza interruzioni: Alessandro riparte subito alla volta della Capitale mentre il Principe continua la sua marcia in direzione opposta verso i confini; e come Alessandro tutti i Messaggeri, man mano che ritornano dal Principe, vengono immediatamente inviati nuovamente indietro. Ma il tempo si dilata, e il racconto si conclude con un Principe invecchiato, che ha appena ricevuto Domenico ormai sapendo che non riuscirà a vederlo tornare di nuovo. Visto che il Principe dichiara “erano quasi sette anni che non lo vedevo”, sapreste dire quante volte Domenico è riuscito a ritornare dal Principe?
Proviamo ora, per amore di gioco, a modificare la storia: immaginiamo che l’Impero del Principe si estenda proprio sulla nostra amata Terra (che immagineremo però tutta percorribile a cavallo, con buona pace degli oceani), e immaginiamo anche che, la sera in cui Alessandro torna alla carovana per la seconda volta, il Principe raduni il suo quartier generale pronunciando questo discorso: “È evidente che continuare a scambiare notizie con la Capitale in questo modo è inutile; ho deciso allora che aspetteremo qui, nel preciso punto in cui ci ha raggiunti Alessandro, il secondo ritorno di tutti i Messaggeri. Il giorno successivo al rientro di Gregorio, ripartiremo e manderemo Alessandro in avanscoperta, lasciandogli percorrer una distanza pari a quella percorsa durante il suo primo viaggio (intendendo, con “primo viaggio”, proprio quello di “andata”, partendo dal Principe e giungendo alla Capitale); lì giunto, pianterà una bandiera e tornerà verso di noi. La sera del secondo giorno partirà Bartolomeo, con la stessa missione di procedere per le leghe del suo primo viaggio, per poi tornare indietro. Tutti e sette procederete così, ripartendo poi di nuovo in avanti non appena vi sarete riuniti a me, ma questa volta procedendo per il numero di leghe percorse nel secondo dei vostri iniziali viaggi di andata. Questo nostro pianeta è sferico, e allora prima o poi qualcuno di voi arriverà alla nostra amata Capitale: e lì potrà fermarsi, senza tornare indietro”.
Una variazione del genere toglie molto del pathos alla storia originale, e per emendare aggiungiamo un po’ di magia. Dovete sapere infatti che quando il Principe pronunciò il fatale discorso, il Fato volle che la carovana si trovasse esattamente agli antipodi della Capitale. Ne consegue allora che voi dovreste essere in grado di calcolare la lunghezza della lega buzzatiana; e, naturalmente, dovreste anche essere in grado di scoprire il nome del cavaliere che non torna, cioè di colui che tocca per primo le amate mura della Capitale

La Porta sull’Estate

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Arrivati in questa fredda epoca di solstizi d’inverno, saranno ben pochi i lettori a non aver ancora capito che nella nostra trascorsa gioventù siamo stati insaziabili divoratori di fantascienza. Tanti anni fa… perché ormai, forse per l’ingresso nell’età ipoteticamente adulta, o forse solo per pigrizia, la lettura e la passione si sono un po’ rarefatte.
Siamo però sicuri – quale sia il vostro autore preferito – che anche a voi sarà capitato di rimanere vittime di quella strana passione dell’anima che vi fa ricordare benissimo alcuni dettagli magari del tutto inessenziali alla trama, ma che per qualche ragione marchiano a fuoco il racconto o il romanzo, fissandoli per sempre in memoria.
È probabile che questa inconscia selezione delle “cose memorabili” abbia una sua precisa (freudiana?) ragione d’essere, ma noi non siamo ancora riusciti a comprenderne i meccanismi.
Ad esempio, proprio il giorno in cui la nostra stella preferita disegnava nel cielo il suo arco più basso, noi abbiamo aperto come al solito la porta sul balcone della cucina, lasciando che il gatto uscisse da lì per fare la sua solita passeggiatina all’aperto.
Ora, quel gatto, che si chiama Laser Virgilio Marone (e a chi indovina la ragione di questi nomi l’abbonamento semestrale a Coelum lo paghiamo di tasca nostra) ed è un animale diabolicamente nero (dentro e fuori), ha le sue idee ben precise in merito alla temperatura minima accettabile, e quella del solstizio d’inverno non rientrava proprio nella categoria. Insomma, il suo rientro in casa è stato virtualmente istantaneo, ma – qui sta la cosa strana – subito seguito dal posizionamento del felino davanti alla porta della sala.
È bene sapere che entrambe le porte si aprono sul medesimo balcone, ma in ottica gattesca questo è probabilmente poco significativo. Sotto le vibrisse, L.V.M. cullava certamente la speranza che “uscendo da quella parte là” fuori facesse più caldo.
Ora, se questo non vi ricorda immediatamente qualcosa, delle due l’una: o voi avete delle gravi lacune formative nella SF classica, oppure è proprio vero che a noi rimangono impressi più facilmente i personaggi minori. Nel romanzo “La porta sull’estate”, di Heinlein c’è infatti il gatto Pete ad accompagnare l’eroico protagonista; ed è certo colpa del misterioso meccanismo selettivo di cui sopra se ci ricordiamo benissimo il nome del gatto, ma non quello del protagonista.
Ebbene, nel romanzo Pete costringeva il suo proprietario ad aprire una per una tutte le porte della casa, ma rientrava immediatamente non appena si accorgeva che fuori era inverno, passando alla porta successiva nella speranza che quella desse sull’estate. Alla fine della infruttuosa ricerca, Pete si ritirava sdegnato sul suo cuscino, ritenendo l’assenza dell’estate sostanzialmente causata dall’inettitudine del personaggio principale (e probabilmente anche Heinlein la pensava come il gatto, se ha intitolato il romanzo come l’ha intitolato).

Classico per classico, porta per porta, è quasi inevitabile sottoporvi un piccolo e innocente quiz basato su gatti, porte e solstizi.
Immaginate che questa magica porta sull’estate esista davvero: meglio, immaginate che le porte in gioco siano tre, che una di queste dia davvero sull’estate (non ci vuole poi molto… un qualsiasi gate d’aeroporto con un aereo di linea sudamericano in attesa di decollo basta alla bisogna, a ben vedere), mentre le altre due aprono sull’algido inverno. Naturalmente, è concesso aprire una sola porta; ma noi, forti delle certezze assolute che solo l’incoscienza può garantire, decidiamo lì per lì (dopo un veloce consulto col gatto) di aprire quella di mezzo. Il padrone del gioco, accortosi della nostra ipotesi, decide di darci un aiuto (o, quantomeno, lui lo spaccia per tale): prima di verificare la nostra scelta apre con decisione la porta sulla sinistra, mostrandoci che dietro di essa si stende un gelido paesaggio invernale. Adesso tocca a noi davvero: dovremo dichiarare una volta per tutte la nostra scelta, consci del fatto che una prima porta è già stata eliminata. Evidentemente si tratta di mantenere la scelta precedente o di cambiare idea e passare alla porta a destra. Voi cosa fate? Valutate le probabilità o vi affidate all’istinto del gatto?

Le soluzioni, possibilmente ben argomentate, dovranno arrivarci entro il 25 febbraio. Solo così avrete la sia pur remota possibilità di vincere un abbonamento semestrale alla rivista. Che magari potrete pigramente sfogliare sotto il sole caldissimo della vostra immaginazione. Sempre che, naturalmente, riusciate davvero ad attraversare la Porta sull’Estate.

La Cometa McNaught

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cometa

Il filmato qui sotto ritrae la Cometa McNaught – the Grande Cometa del 2007 – mentre attraversa il Sistema Solare interno. I fotogrammi del filmato sono stati ripresi tra il 12 e il 16 Gennaio 2007 da un coronografo a bordo del satellite per l’osservazione solare SOHO. Si nota anche Mercurio splendere nel campo ripreso mentre il Sole rimane fisso al centro nascosto dal disco occultatore del coronografo. La cometa, che presenta una coda molto ampia, è talmente splendente da superare i limiti dei sensibili sistemi di SOHO, progettati per carpire anche le più tenui manifestazioni e strutture dell’atmosfera solare esterna. La Cometa McNaught’s si avvicina al Sole (al perielio il 12 Gennaio) a sole 0.17 unità astronomiche, o circa la metà della distanza tra il Sole e Mercurio.
Nota: per visualizzare il filmato è necessario aver installato QuickTime.

Video Cometa McNaught

Nascita e Morte di Cristo – Un mistero che neanche l’Astronomia può risolvere

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Eclisse di luna a Gerusalemme
Eclisse di luna a Gerusalemme

Le 64 possibili date per la morte di Cristo

Crocefissione
Crocefissione

La determinazione delle date esatte di nascita e di morte di Gesù Cristo continua a rivestire da tempo un notevole fascino e induce ancora oggi molti appassionati a tentare di determinarle eseguendo complessi calcoli computistici i quali per forza di cose forniscono svariate date, generalmente riferite al calendario giuliano, le quali oscillano entro alcuni anni prima dell’anno zero secondo il computo di Dionigi il Piccolo, nel caso della nascita di Cristo e tra il 27 ed il 33 d.C., nel caso della crocifissione.
Quello che si continua ad ignorare è che queste date che sono fondamentali nell’ambito religioso e teologico, lo sono molto meno in ambito computistico ed astronomico a causa del fatto che, oltre ad alcune arbitrarietà compiute dal monaco Dionigi, non esistono, astronomicamente parlando, informazioni sufficienti a determinare esattamente tali date. Esistono però alcuni fatti abbastanza sicuri nel caso della data della crocifissione, mentre non ne esiste praticamente nessuno in relazione alla data della nascita di Cristo. Le sacre scritture affermano che la crocifissione avvenne quando Ponzio Pilato era procuratore in Giudea, quindi tra il 26 ed il 36 d.C. In realtà altre notizie storiche e bibliche tendono a ridurre il governatorato di Pilato all’intervallo più stretto, ma più sicuro, compreso tra il 28 ed 33 d.C.

Tutti e quattro i vangeli ufficialmente approvati dalla Chiesa pongono la morte di Gesù Cristo nel pomeriggio di un venerdì. Tre di essi ci indicano che tale giorno corrispondeva al primo giorno della festa della Pasqua ebraica, quindi nel 15-simo giorno del mese di Nisan del calendario ebraico. Il quarto vangelo, quello di Giovanni, pone la crocifissione un giorno prima della festa della Pasqua ebraica e quindi al 14 Nisan. Se la correlazione tra il giorno della settimana e la data del mese ebraico fossero note, le informazioni potrebbero essere sufficienti a risolvere il problema e ad indicare una data precisa, cosa che invece sembra vera solo a prima vista e ad un approccio superficiale alla soluzione del problema.
In realtà esiste tutta una serie di incertezze che rendono pressoché irrisolvibile il problema della cronologia di Cristo. In primo luogo esistono notevoli incertezze in relazione al modo in cui gli antichi ebrei gestivano il loro calendario. Tutti coloro che eseguono i calcoli in relazione alla cronologia di Cristo assumono tacitamente che lo Sabbath giudaico, al tempo di Cristo, cadesse in corrispondenza del nostro giorno di sabato; poi che da allora sia esistita una sequenza ininterrotta di cicli nei nomi dei giorni della settimana fino ad oggi. Invece è possibile siano avvenute alcune intercalazioni di giorni extra calendario aggiunti dagli Ebrei per migliorare l’accordo tra il loro calendario lunare ed il corretto computo solare, in modo da riportarlo in fase con l’andamento delle stagioni.

Un’altra fonte di incertezza è connessa con la metodologia utilizzata dai Giudei per determinare la data corretta dell’equinozio di primavera necessaria per la celebrazione della Pasqua ebraica e quindi con la sua accuratezza.

Luna_Gerusalemme

Un’ulteriore fonte di incertezza riguarda la determinazione del primo giorno del mese di Nisan (e di tutti i mesi del calendario ebraico) la quale avveniva mediante l’osservazione della visibilità ad occhio nudo della prima falce lunare dopo il novilunio: noi non sappiamo se i rabbini di quel tempo richiedevano l’esplicita osservazione sperimentale della prima falce lunare per stabilire l’inizio del mese, oppure la calcolavano in anticipo, oppure ancora si basavano su una combinazione di calcolo ed osservazione. A seconda di ciascuno di questi modi di determinare l’inizio del mese, si ottengono date diverse per la crocifissione.

Ma non finisce qui poiché i computisti hanno il problema della corretta ed accurata determinazione del primo giorno del mesi lunari a quel tempo: è vero che disponiamo di buoni algoritmi di calcolo, ma è altrettanto vero che le date di inizio dei mesi lunari di allora che possiamo calcolare con i metodi attuali potrebbero fornire risultati diversi dalle date effettivamente assunte dai sacerdoti ebraici per l’inizio dei mesi del loro calendario. Gli algoritmi pratici per determinare la visibilità della Luna in area medio-orientale sono stati messi a punto dagli antichi astronomi mesopotamici, poi studiati da molti famosi astronomi islamici tra il 700 ed il 1300 d.C., ma anche in tempi moderni, con il risultato che le date fornite da tali algoritmi sono in disaccordo con le date fornite dall’applicazione delle tecniche che la Meccanica Celeste ci mette attualmente a disposizione.

Il disaccordo tra le date corrisponde ad un disaccordo nella esatta longitudine in cui il novilunio si verifica, per una data latitudine geografica, che supera i 100°. In realtà la visibilità della prima falce lunare dopo il novilunio non è solamente un problema astronomico, ma ha a che fare anche, e soprattutto, con la meteorologia locale e con gli effetti fisiologici connessi con l’osservazione visuale ad occhio nudo da parte degli esseri umani.

Il risultato pratico è che le date suggerite per la Pasqua ebraica nell’anno della crocifissione variano dal 23 Aprile 34 d.C. al 18 Marzo del 29 d.C., al 7 Aprile del 30 d.C. fino alla famosa 3 Aprile 33 d.C. data in cui si verificò la levata della Luna durante un’eclisse. Tali date sono riferite al computo di Dionigi il Piccolo che come sappiamo non è esatto.

Nell’intervallo compreso tra il 26 ed il 36 d.C. è possibile calcolare ben 64 possibili date utili a stabilire la cronologia della morte di Cristo. Infatti a causa dell’incertezza relativa alla determinazione sperimentale dell’equinozio di primavera e parimenti nell’incertezza in relazione al rispetto delle regole di intercalazione nell’antico calendario ebraico, vanno prese in esame tutte le lune nuove che capitano nei primi 4 mesi solari di ciascun anno, poiché non è chiaro quale lunazione sia stata utilizzata dai rabbini per stabilire il primo giorno del mese di Nisan: di fatto vanno considerate tutte le date in cui la prima falce lunare visibile dopo il tramonto del Sole aveva un’età compresa tra 0,5 e 2,0 giorni, comprese tra il 26 ed il 36 d.C. Le condizioni richieste dal calcolo sono: le coordinate geografiche di Gerusalemme (31°,8 N e 35°,2 E), il coefficiente di estinzione atmosferica stimato per quell’epoca, in quel clima ed in quel periodo dell’anno (K=0,28) e le posizioni reciproche del Sole e della Luna ottenute mediante il calcolo astronomico. La seguente tabella riporta in dettaglio le 64 possibilità. Le condizioni di miglior visibilità della Luna avvengono intorno a 40 minuti dopo il tramonto del Sole. Le date sono espresse utilizzando il calendario giuliano.

Visibilità della prima falce lunare al tramonto tra il 26 ed il 36 d.C. a Gerusalemme = inizio del mese
del calendario Ebraico.
Y M D Q B1 B2 B3 B4 B5
1 26 1 8 1,0 12,0 11,6 4.1 48 0,5±0,3
2 26 2 7 1,5 17,8 I7,2 5,5 70 2,1±0,2
3 26 3 8 1,0 12,3 11,5 5,1 48 0,3±0,4
4 26 4 6 1,6 8,3 6,3 6,1 33 -2,0±0,4
5 26 4 7 1,7 21,3 19,7 8,7 84 2,6±0,1
6 27 1 27 1,1 12,9 12,0 5,4 53 0,6±0,3
7 27 2 26 1,5 18,3 17,0 7,3 72 2,1±0,2
8 27 3 27 1,0 12,9 11,1 7,2 5,1 0,2±0,4
9 27 4 25 0,7 9,1 6,8 6,6 36 -1,8±0,4
10 27 4 26 1,7 21,5 18,9 10,5 88 2,6±0,2
11 28 1 16 1,0 12,0 10,4 6,7 51 0,1±0,4
12 28 2 15 1,2 15,2 13,5 7,5 61 1,3±0,3
13 28 3 15 0,6 9,1 7,1 6,2 36 -1,7±0,4
14 28 3 16 1,6 19,7 18,1 8,2 78 2,3±0,2
15 28 4 14 1,1 14,4 12,6 7,3 58 0,9±0,3
16 29 1 4 0,9 11,7 9,2 7,7 50 -0,3±0,4
17 29 1 5 1,9 23,4 19,7 13,0 101 2,8±0,1
18 29 2 3 1,2 15,2 13,1 8,0 63 1,3±0,3
19 29 3 4 0,6 8,1 6,0 6,0 32 -2,2±0,4
20 29 3 5 1,5 18,4 16,9 7,7 72 2,1±0,2
21 29 4 3 0,9 11,3 9,9 6,1 45 -0,2±0,4
22 29 4 4 1,8 21,9 20,7 7,7 86 2,8±0,1
23 30 1 23 1,1 14,0 11,5 8,4 59 0,6±0,4
24 30 2 21 0,5 7,3 5,0 5,9 29 -2,6±0,4
25 30 2 22 1,4 17,9 16,4 7,5 71 2,0±0,2
26 30 3 23 0,8 10,7 9,5 5,6 42 -0,6±0,4
27 30 3 24 1,7 21,3 20,4 6,6 82 2,6±0,2
28 30 4 22 1,1 14.1 13,2 5.4 56 1,0±0,3
29 31 1 12 0,7 9,3 6,1 7,6 39 -1,9±0,4
30 31 1 13 1,8 22,1 18,7 12,0 94 2,7±0,2
31 31 2 11 1,2 15,3 13,6 7,5 62 1,3±0,3
32 31 3 12 0,7 9,2 8,0 5,2 36 -1,3±0,4
33 31 3 13 1,7 20,3 19,6 6,0 78 2,5±0,2
34 31 4 11 1,1 13,5 13.1 4.4 52 0,9±0,3
35 32 1 1 0,5 6,8 2,4 6,9 25 -4,1±0,7
36 32 1 2 1,6 19,9 15,2 13,1 86 2,1±0,2
37 32 1 31 0,7 9,5 6,9 7,0 39 -1,6±0,4
38 32 2 1 1,8 22,2 20,4 9,3 91 2,8±0,1
39 32 3 1 1,3 16,4 15,6 5,5 63 1,7±0,2
40 32 3 30 0,9 10,8 10,6 3.3 40 -0,2±0,4
41 32 3 31 1,9 22,6 22,4 4,2 83 2,8±0,1
42 32 4 29 1,4 17.1 16,9 3,5 64 1,9±0,2
43 33 1 20 1,1 13,9 11,4 8,3 59 0,6±0,3
44 33 2 18 0,7 8,9 7,8 4,9 36 -1,3±0,4
45 33 2 19 1,8 21,9 21,3 5,8 83 2,8±0,1
46 33 3 20 1,4 17,3 17,2 3.1 62 2,0±0,2
47 33 4 18 1,0 12,2 12,2 2,6 42 0,5±0,3
48 34 1 10 1,5 18,8 16,0 10,3 81 2,1±0,2
49 34 2 8 1,0 12,9 12,2 5,0 51 0,7±0,3
50 34 3 9 0,7 8,1 8,0 2,6 28 -1,4±0,4
51 34 3 10 1,8 21,8 21,8 2,8 76 2,8±0,1
52 34 4 8 1,4 17,4 17,4 -2,6 59 2,1±0,2
53 34 12 30 1,1 13,4 9,9 9,4 58 0,2±0,4
54 35 1 29 1,5 18,0 17,3 5,7 71 2,1±0,2
55 35 2 27 1,0 12,9 12,9 2,6 44 0,8±0,3
56 35 3 28 0,6 8,4 8,3 -3.1 24 -1,4±0,4
57 35 3 29 1,8 21,8 21,7 -2,7 73 2,7±0,1
58 35 4 27 1,4 17,5 17,5 2,7 63 2,1±0,2
59 36 1 18 1,2 14,7 13,9 5,4 60 1,3±0,3
60 36 2 16 0,6 7,7 7,7 -2,6 25 -1,5±0,4
61 36 2 17 1,6 19,3 19,3 2,7 67 2,4±0,1
62 36 3 17 1,1 14,0 13,9 -3,1 43 1,1±0,3
63 36 4 15 0,7 9,3 8,9 -3,5 25 -0,9±0,4
64 36 4 16 1,8 21,8 21,8 2,7 77 2,8±0,1

Legenda

Y = anno.
M = mese.
D = giorno.
Q = età della Luna.
B1 = arco di luce: distanza angolare tra i centri del Sole e della Luna.
B2 = “arcus visionis”: distanza angolare verticale tra i centri del Sole e della Luna.
B3 = differenza di azimut tra il Sole e la Luna (il segno negativo indica che la Luna è più a nord del Sole) lungo l’orizzonte astronomico locale.
B4 = ritardo tra il tramonto del Sole e quello della Luna, in minuti di tempo.
B5 = parametro di visibilità con il suo errore, definito come il logaritmo del rapporto tra la luminosità apparente della falce della Luna e la minima luminosità utile a distinguere l’astro ad occhio
nudo sullo sfondo del cielo illuminato dal tramonto.

L’analisi delle 64 date possibili riportate nella tabella mostra alcuni fatti interessanti: il primo riguarda il rapporto tra B5 ed il suo errore, infatti più tale rapporto si approssima a 0 e maggiormente incerta sarà la predizione della data di inizio del mese ebraico basata sull’osservazione della Luna. Se il rapporto è dell’ordine di 2,5 allora la predizione è pressoché sicura. Ad esempio nella prima riga (8 Gennaio 26 d.C.) tale rapporto vale circa 1,7 questo significa che nella predizione la Luna sarà visibile senza particolare difficoltà, quindi a meno di condizioni atmosferiche particolarmente cattive, le quali vanno ritenute decisamente improbabili, la prima falce lunare sarà facilmente individuabile da un osservatore esperto.

Eseguendo alcuni calcoli statistici si perviene a stabilire che una buona predizione con un livello di probabilità pari almeno al 95% è possibile se il rapporto tra B5 ed il suo errore è maggiore di 1,7. Sulla base di queste considerazioni possiamo affermare che la prima falce lunare del 8 Marzo dell’anno 26 d.C., quella del 27 Marzo 27 d.C., 3 Aprile 29 d.C., 23 Marzo 30 d.C. e 30 Marzo 32 d.C., fu visibile con molto difficoltà da Gerusalemme, quindi l’inizio del corrispondente mese del calendario ebraico avrebbe potuto facilmente essere in errore di alcuni giorni.

Prendiamo ora in esame l’eclisse di luna del 3 Aprile del 33 d.C. la quale è stata da tutti associata alla crocifissione basandosi anche sulle profezie di Gioele (Gioele 2:31 a Atti degli Apostoli 2:20) in relazione alla Luna che avrebbe mostrato il colore del sangue e quindi messa in relazione alla morte di Cristo.

Eclisse di luna a Gerusalemme
Eclisse di luna a Gerusalemme

La colorazione rossastra è un fatto normale durante un’eclisse di Luna, ma le stesse fonti riportano anche che “il Sole si oscurò” quindi potrebbe essere avvenuta un’eclisse di Sole, ma tale fenomeno deve avvenire al novilunio, quindi non a metà del mese di Nisan e tanto meno nei pressi della Pasqua ebraica. L’eclisse di Luna del 3 Aprile 33 d.C. fu solamente parziale a Gerusalemme e l’ombra della Terra coprì il disco lunare per non più del 59% del suo diametro. Eseguendo il calcolo della visibilità dell’eclisse da Gerusalemme, il parametro vitale è l’altezza della Luna quando essa uscì dall’ombra della Terra. Il calcolo delle circostanze delle antiche eclissi non è così semplice come sembrerebbe a prima vista.

Ecco qui sotto i risultati del calcolo:

Sito: Gerusalemme
Latitudine: 31° 46′ 48″ N;
Longitudine: 35° 13′ 11″ E;
Altezza sul livello del mare: 10 mt.;
Time zone: 2h prima del UT.

Eclisse parziale.

Circostanze dell’Eclisse:

Entrata nella penombra: 3 aprile 33 14:00:12
Entrata nell’ombra : 3 aprile 33 15:23:03
Massimo dell’eclisse: 3 aprile 33 16:48:32
Uscita dall’ombra: 3 aprile 33 18:14:07
Uscita dalla penombra: 3 aprile 33 19:36:51

Magnitudine dell’eclisse (ombra): 0.583
Magnitudine dell’eclisse (penombra): 1.669

Durata della fase di ombra: 2h 51m 4s
Durata della fase di penombra: 5h 36m 40s

Altezza della Luna a Gerusalemme:

Entrata nella penombra: -47.3°
Entrata nell’ombra : -31.9°
Massimo dell’eclisse: -14.8°
Uscita dall’ombra: 2.9°
Uscita dalla penombra: 19.1°

Dionigi il Piccolo
Dionigi il Piccolo

Questi dati mostrano chiaramente che l’eclisse di Luna del 3 Aprile 33 d.C. fu visibile con estrema difficoltà da Gerusalemme. Durante la fase in cui parte dell’astro fu nell’ombra della Terra, esso fu visto così basso sull’orizzonte immerso nella luce del crepuscolo da non essere praticamente visibile ad occhio nudo. La Luna potrebbe essere stata notata solo dopo la sua uscita dall’ombra della Terra, ma gli effetti dell’estinzione atmosferica resero invisibile il suo oscuramente penombrale e quando il nostro satellite naturale fu sufficientemente elevato per permettere un’agevole osservazione visuale l’eclisse era già terminata. In parole povere a Gerusalemme l’eclisse del 3 Aprile 33 d.C. fu pressoché invisibile e parimenti invisibile fu la colorazione rossastra e quindi tale fenomeno non può essere invocato per stabilire con certezza la data della crocifissione di Cristo. Una simile incertezza sulla cronologia della vita di Cristo non può essere eliminata eseguendo semplici sottrazioni di anni con la calcolatrice e quindi dobbiamo prendere atto che allo stato attuale delle conoscenze e delle fonti disponibile è tecnicamente impossibile determinare le date esatte della nascita e della morte di Cristo, ma dobbiamo accontentarci della valutazione approssimata, entro alcuni anni di incertezza, che è comunque sufficiente dal punto di vista teologico e religioso. Teniamo presente anche che la funzione ed il significato delle Sacre Scritture è molto diverso da quello di semplici libri di storia. Un’ultima considerazione: non dobbiamo maltrattare troppo l’operato di Dionigi il Piccolo poiché anche lui disponeva delle stesse frammentarie informazioni che abbiamo noi per determinare la data della nascita di Gesù, ma con la differenza che le tecniche ed i mezzi di calcolo astronomico di cui egli disponeva erano ben diverse da quelle di cui disponiamo attualmente.

Epifania

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epifania

epifaniaAl centro della sala una scatola ingombrante, guardata con diffidenza dai familiari, che non nascondono un sentimento di compassione e benevola curiosità.
“È un lavoro da fare con calma” dichiaro.
Questo sembra il via: i familiari girano per casa affannati alla ricerca di attrezzi idonei per “squartare” il cartone che ha celato per troppo tempo il suo prezioso contenuto.
“La scatola deve restare intera!”.
Con calma taglio i nastri adesivi e finalmente apro la scatola.
Tolgo un pezzo di cartone, tre pezzi di polistirolo, una gamba, le altre due, altro polistirolo, un libretto, alcuni sacchetti in plastica trasparente, polistirolo, un contrappeso, un grosso tubo, altro polistirolo, la montatura, ancora polistirolo, un altro libretto, gli oculari, polistirolo.
A questo punto la sala sembra un campo di battaglia.
“Dobbiamo mettere via l’imballaggio”.
I familiari sono troppo occupati a guardare e incastrare tutto ciò che è uscito dalla scatola per ascoltare l’invito e, con una punta di invidia nei loro confronti, infilo velocemente tutto il polistirolo nel cartone, improvvisamente diventato molto piccolo, mettendo il tutto nell’entrata, davanti alla porta di casa.
“Il cielo è stupendo, stasera tutti ad osservare”.
Con grande entusiasmo afferro la montatura, per inserirvi il cavalletto. “Mi serve un aiuto per tenere le gambe”.
Come per incanto mi ritrovo con sei mani amiche che tengono le tre piccole gambe del treppiede, mentre altre mani tese distribuiscono una miriade di viti, bulloni, staffe, oculari, cercatore ed altri ammennicoli.
Tra noi, improvvisamente, scorgo un bambino, forse il figlio di qualche vicino venuto a dare manforte, che mi innervosisce dandomi con insistenza strane viti e bulloni certamente non idonei al lavoro intrapreso.
Nel trambusto dell’impresa noto il piccolo seduto in terra che legge un libretto con strani disegni, si alza, prende qualche pezzo e me lo porge senza dire una parola.
“Senti, piccolo, questo è un lavoro da grandi”.
Il piccolo si allontana con grande dignità, lasciando a terra il libretto.
Monta un pezzo, smontane due, inverti due particolari: la serata trascorre stancamente, gli aiuti pressanti dei primi momenti si diradano ed i familiari, con rassegnazione, un po’ alla volta abbandonano il campo.
Ormai solo, mi avvicino alla finestra, il cielo si è coperto di nubi.
“Domani è un altro giorno”.
Vado a letto con una sensazione di disagio, lasciando pezzi di strumento un po’ ovunque.
Non riesco a prendere sonno, gli occhi guardano, senza vederlo, il soffitto della stanza ed il mio pensiero va al piccolo ospite con cui sono stato sgarbato…
“Vado a mangiare qualcosa”.
Tutta la casa è al buio, l’albero di Natale, continua assonnato ad emettere luci lampeggianti, la porta di entrata è ancora bloccata dallo scatolone e… il telescopio…
Perfettamente montato, puntato verso un cielo che scintilla di stelle!
Avvicino l’occhio all’oculare e vedo una splendida cometa molto somigliante a quelle che si vedono nei cartoni animati.
Sul tavolo il libretto che il mio piccolo ospite leggeva avidamente: “Manuale di istruzioni”.
Domani, 6 gennaio, nessuno dei miei familiari, nonostante le mie pressanti domande, ricorderà la presenza di quel bambino, di cui rammento solo lo sguardo “da grande”.
E la cometa? Forse avrò sognato tutto. Ma chi ha montato il telescopio?

Da un pianeta all’altro

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Non c’è niente da fare. Nonostante le meravigliose immagini inviateci da Hubble, seppur in trepida attesa delle rivelazioni di New Horizons su Plutone, e per quanto entusiasti dell’ormai acquisita “interstellarità” dei Pioneer, non ce la facciamo proprio. Sarà certo eccesso di romanticismo, ma per noi l’emozione vera, profonda e viscerale delle imprese spaziali rimane ancorata alla visione di esseri viventi che arrivano più vicini al cielo, di strane creature dalla chimica a base di carbonio che si staccano dalla superficie del pianeta, diretti “dove nessuno è mai stato prima”; con il calore del Sole e l’attrazione della Terra lasciati dietro le spalle.
Pur con la somma benevolenza che riserviamo a Spirit e a Opportunity e alla loro stoica resistenza all’ambiente marziano, queste meraviglie della tecnica ci ispirano infatti una simpatia non troppo dissimile da quella che nutriamo anche per l’automobile che con somma abnegazione ci riporta fedelmente a casa tutti i giorni da più di dieci anni.

Insomma, ci piacerebbe vedere il respiro vagare per le stelle. Ma oltre agli inevitabili rischi, il muovere uomini qua e là per la Galassia è diventato davvero un problema da quando Einstein ha imposto i suoi severi limiti di velocità. Basta guardare la fatica che fanno le migliori penne della fantascienza per aggirare le barriere relativistiche: non basta più prendere una bella battaglia della Guerra del Peloponneso e piazzarla in imprecisate zone “al largo di Orione”; e il guaio non è neanche quello di far scegliere ai personaggi se schierarsi tra la Federazione dell’Orsa Minore e la Gilda del Centauro. No, il problema su cui si scervellano gli autori è quello di farli arrivare in tempo sul campo di battaglia.
E spesso la soluzione diventa l’idea madre di un romanzo o addirittura di una serie, come in Dune, dove sin dal primo volume la celeberrima “spezia” è ingrediente indispensabile affinché i piloti non perdano rotta e accelerazione. In altri casi abbiamo soluzioni di tutti i tipi: da un non meglio precisato movimento “senza inerzia” all’applicazione del teletrasporto, con relativa distruzione del passeggero alla partenza e contestuale trasmissione dei dati necessari e ricostruzione nel punto di arrivo (metodo questo non troppo efficace dal punto di vista teorico, visto che anche la trasmissione dell’informazione deve soggiacere alle leggi della fisica). Per tacere dell’uso indiscriminato dell’iperspazio, che resta la scappatoia preferita degli scrittori da quando Albert di Ulm ci ha relegato in un Universo lento come un bradipo zoppo.

Insomma, dovrebbe essere ben evidente a tutti che siamo ancora legati al pianeta Terra come un cane alla catena della cuccia. E se neppure gli scrittori di fantascienza riescono ad inventare un sistema di trasporto ultraluce credibile, non possiamo far altro che ottimizzare gli ordinari sistemi di trasporto al momento disponibili.
Razzi e combustibile chimico, gente! Questo è il massimo di velocità che si può permettere la nostra povera biologia a base di carbonio. E allora, che almeno sia ben ottimizzata la logistica delle spedizioni!

Ipotizziamo allora di essere riusciti a mandare una missione su ognuno degli undici pianeti del Sistema Solare, pianeti nani inclusi, ma Terra esclusa (sembra che una missione umana vi si trovi già da tempo); e se il numero 11 vi sembra fastidioso, sappiate che l’abbiamo scelto apposta.
Occorre ora che le diverse spedizioni si scambino i risultati e i campioni geologici onde effettuare le analisi comparative. Insomma, da ogni pianeta partirà una sonda che andrà su un altro pianeta, lascerà un carico di campioni e ne imbarcherà un altro (ma, eventualmente, nel carico potrà anche stivare campioni già arrivati su quel pianeta inviati da altre spedizioni), per poi subito ripartire.
Il guaio è che, tra viaggio e manutenzione, ogni viaggio da un pianeta all’altro dura un mese, e ogni missione ha una e una sola astronave da dedicare a questo compito.
Quello che ci serve è allora l’organizzazione dei viaggi delle varie astronavi, fatta in modo tale da ridurre al minimo il tempo necessario per effettuare tutti gli scambi possibili, così che ogni pianeta abbia un campione proveniente da ognuno dei restanti.
Il bello è che, se il metodo funziona per il nostro Sistema Solare, sarà poi facile applicarlo anche su sistemi con un numero diverso di pianeti, quale che esso sia. Si tratta solo di generalizzare un po’…

Minatori d’Asteroidi

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Una delle espressioni che più ci piacciono per alludere ai “bei tempi andati” si attira di solito gli strali degli estimatori del politically correct: “Quando gli Uomini erano veri Uomini, le Donne erano vere Donne, e i Matematici erano veri Matematici”. E proprio ai “bei tempi andati” ci capita di pensare spesso, ultimamente: perché ci pare che molte buone abitudini si stiano perdendo. Ad esempio, degradare Plutone e Caronte a “sistema binario” e promuovere Cerere a “pianeta nano” ci sembra soluzione di compromesso, ma questo termine, frequente nei dizionari politici, non dovrebbe esistere in quelli scientifici. Certe piccinerie da parte di chi dovrebbe ricordarsi di avere di fronte apertissimi orizzonti – “interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi” – non ci paiono un buon segnale.

Noi riteniamo che le definizioni siano certo importanti, ma che dovrebbero sempre contenere una dose generosa di buon senso. E se definire il termine “pianeta” è impresa complessa, forse dovremmo concentrarci su cose più piccole. Perfino i satelliti sono sistemi complessi; per dare all’Astronomia un nuovo glossario, occorre partire dal principio, dalle cose più semplici, come gli asteroidi.
Proponiamo subito una definizione operativa: “Si definisce asteroide qualsiasi cosa che possa essere scavata da un minatore di asteroidi”. Si noti come anche noi, come la IAU, abbiamo dato una definizione oggettiva, non antropomorfa; infatti non abbiamo specificato che il suddetto minatore debba essere umano. Per quel che ci riguarda, potrebbe benissimo rivestire il ruolo del matematico citato all’inizio di questo articolo.
Poco conta che in quasi tutti i romanzi di fantascienza che ne parlano, questi personaggi sembrino umani: qui l’ambientazione nella fascia degli asteroidi serve a solo a narrare le durezze della vita da pionieri, che è cosa che da sempre stimola l’immaginario collettivo americano: per dirlo a chiare lettere, quasi tutti questi racconti non sono altro che dei western con gli alieni al posto degli indiani e cave di ultratecnezio al posto delle miniere d’oro. Conta allora pochissimo che il minatore sia un vecchio astronauta, un clone o un robot positronico: l’importante è che sia onesto, giusto, amante dell’avventura e sprezzante del pericolo. Proprio come un cow-boy che, anche quando di pericoli non ce ne sono, se li procura partecipando ai rodei o fracassando saloon.
Se così non fosse, come classificare altrimenti l’episodio di corse e scavi spaziali di cui stiamo per rendervi partecipi?
Due minatori ottengono la concessione per lo sfruttamento di cento asteroidi. Per una curiosa combinazione questi asteroidi orbitano mantenendo le loro distanze relative costanti pari a 0.1, 0.2, …. 10.0 UA dalla base dei nostri eroi. Il carico di un asteroide occupa un’intera stiva di nave, il che significa che dopo ogni viaggio occorre tornare alla base per svuotarla e quindi ripartire. I nostri due soci, per ottimizzare il lavoro, decidono che il primo di loro (che chiameremo Zac) si dirigerà senza tema verso l’asteroide più vicino, mentre l’altro (che chiameremo Zeb) si lancerà direttamente verso il secondo, quello posto a 0.2 UA. Zac potrà poi dirigere il suo secondo viaggio verso il terzo asteroide in ordine di distanza, e così via.
Però stiamo semplificando troppo: le navi di Zac e Zeb sono splendide navi a vela solare, che sfruttano la pressione di radiazione; guidarle in uno slalom tra asteroidi è impresa davvero epica, e ci vorrebbero pagine solo per descrivere l’arduo procedere di bolina per risalire il vento solare. Se non lo facciamo è solo perché l’andatura di bolina nello spazio non è possibile, e ci piacerebbe molto che voi ce ne spiegaste la ragione. Un’altra domanda è già possibile, ma è così facile che Gauss seppe rispondere ad una molto simile quando andava alle elementari: quanto spazio percorrono in totale, i nostri Zac e Zeb?
Ma la realtà è sempre complicata. Le due navi, a ben vedere, non sono identiche: quella di Zac è infatti più veloce del 2.04% rispetto a quella di Zeb, e Zac non ha nessuna voglia di spaccare più asteroidi del compagno. Decidono allora che, prima di iniziare la corsa vera e propria, Zeb sceglierà uno dei cento asteroidi, lo lavorerà e tornerà alla base. A quel punto, consumato questo handicap, i due partiranno assieme, con il più veloce Zac che si dirigerà al primo asteroide e Zeb già verso il secondo.
È chiaro che l’handicap serve a garantire che entrambi lavorino un ugual numero di asteroidi, ma quel che ci piacerebbe sapere è: quale asteroide dovrebbe scegliere Zeb come handicap, per ottimizzare le sue possibilità di vincere finendo per primo i suoi asteroidi? È palese che se riuscirete a capire questo, sarà per voi una passeggiata capire anche quanta strada fa ciascuno di loro, nonché chi arriva primo, e con quale vantaggio. Naturalmente, il miglior solutore riceverà in premio il consueto abbonamento semestrale alla rivista.

Viaggio in MAROCCO

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Leonidi 2006
Oasi, dune, deserto e osservazioni astronomiche dai Monti dell’Atlante

David Asher e Robert H. McNaught prevedono per il 2006 un ritorno delle Leonidi legato all’attraversamento da parte del nostro pianeta di una nube di meteoroidi rilasciata dalla Cometa Tempel–Tuttle nel 1932.
L’incontro è previsto per la mattina del 19 Novembre alle ore 04:45 UT e le zone favorite saranno l’Europa Occidentale e l’Africa con un tasso orario di circa 100 meteore all’ora.

Dal punto di vista climatico unito alla limpidezza del cielo, all’ assenza di inquinamento luminoso e alla bellezza dei luoghi, il Marocco è il luogo ideale per osservare questo ultimo exploit delle Leonidi prima del 2033.

Programma 1° giorno, mercoledì 15/11
MILANO MXP/CASABLANCA/MARRAKECH
Ritrovo dei partecipanti (secondo gli orari che verranno comunicati). Operazioni d’imbarco su volo di linea Royal Air Maroc per Casablanca. Cambio aeromobile e proseguimento per Marrakech. All’arrivo, incontro con la guida e trasferimento in pullman in hotel. Sistemazione nelle camere, cena e pernottamento.

2° giorno, giovedì 16/11
MARRAKECH
Trattamento di pensione completa. Intera giornata in visita a Marrakech, la citta rossa denominata “la perla del sud”, capitale imperiale nell’ XI secolo i cui monumenti, riccamente ornati di fini stucchi, mosaici e marmi, testimoniano la ricchezza del passato di questa citta. La medina è racchiusa da possenti mura color ocra, che risaltano sullo sfondo mozzafiato della catena montuosa dell’Atlante e spiccano tra il verde lussureggiante dei palmeti. Si visiteranno le tombe Saadiane, il Palazzo della Bahia, i giardini della Menara, il Minareto della Koutoubia, la Medersa Ben Youssef (antica scuola coranica dalla splendida architettura) e la famosa piazza Djeema el Fna, la piazza più conosciuta del Maghreb. In serata cena al ristorante Chez Ali sotto le tende con spettacolo folcloristico “Fantasia” (spettacolo equestre e danza del ventre). Pernottamento in hotel.

3° giorno, venerdì 17/11
MARRAKECH/BOUMALNE (km 350 di cui 40 su pista)
Prima colazione in hotel. In mattinata partenza per Boumalne di Dades via Taddert e il passo di Tizi-n-Tichka a 2.260 mt di altitudine, attraversando foreste di pini lecci. Lungo il viaggio si lascia la strada principale e si percorre un sentiero che conduce alla kasbah di Telouet, feudo della potente famiglia Glaoui, Signori del Grande Atlante. Si prosegue attraverso una pista con numerosi tornanti che scende verso la vallata del Ouadi Maleh sino alla kasbah di Aid Benhaddou, imponente kasbah risalente al XII secolo. Pranzo e proseguimento per Skoura e El Kelaa M’gouna (villaggio delle rose). In serata è previsto l’arrivo nella vallata di Dades. Sistemazione in una kasbah situata sull’altopiano desertico che domina la citta di Boumalne o l’Ouadi di Dades. Pernottamento in albergo (sistemazione in camera standard, in camera troglodita o in tenda secondo disponibilita). In serata Osservazioni Astronomiche facoltative

4° giorno, sabato 18/11
BOUMALNE/TINEGHIR (km 188 di cui 105 su pista)
Prima colazione in hotel. In mattinata passeggiata a piedi alla scoperta della più ricca valle del paese. Partenza per Ait Oudinar, si prosegue poi lungo una pista che sale sino a 2.800 mt, quindi, passando dalle gole di Dades, si attraversano i villaggi di Msemrir e Tamtattouche (la pista in caso di forti piogge diventa impraticabile e nel caso potrebbe essere annullata). Si scende poi alle gole di Todra, dove impressionanti muraglie alte più di 300 mt si innalzano come pilastri di una porta monumentale. Pranzo in ristorante. Arrivo a Tineghir in serata. Sistemazione in hotel, cena e pernottamento. In serata Osservazioni Astronomiche facoltative

5° giorno, domenica 19/11
TINEGHIR/MERZOUGA (km 217 di cui 56 su pista)
Prima colazione in hotel. In mattinata partenza per Erfoud via Tinejad, attraversando lussureggianti oasi e palmeti. Lungo il percorso è prevista una sosta a Rissani, villaggio famoso per il suo mercato di datteri e per la prossimita delle rovine di Sijilmassa, mitica capitale del Tafilalet e culla della dinastia reale degli Alaouites. Dopo il pranzo si prosegue attraverso una pista sabbiosa sino a Merzouga. Arrivati al campo tendato si attende il tramonto dietro le magnifiche dune che si estendono a vista d’occhio. Cena e sistemazione nelle tende ammirando il cielo stellato. In serata Osservazioni Astronomiche facoltative

6° giorno, lunedì 20/11
MERZOUGA/ZAGORA (km 234 di cui 94 su pista)
Prima colazione in hotel. Partenza per Tazarine via Alnif. Dopo la seconda colazione si prosegue su pista e si attraversa un altopiano desertico costellato da verdeggianti villaggi: Ait Ouaazik e Beni Zoli in cui, a seconda delle stagioni, si possono scorgere alcune tende nomadi. Arrivo a Zagora, sistemazione in albergo cena e pernottamento. In serata Osservazioni Astronomiche facoltative

7° giorno, martedì 21/11
ZAGORA/MARRAKECH (km 380)
Prima colazione, in mattinata partenza per risalire il corso del fiume pietroso Draa sino a Agdz. Proseguimento per il passo di Tizi-n-Tiniffift e sosta a Ouarzazate per il pranzo. Proseguimento per l’Alto Atlante attraversando nuovamente il passo di Tizi-n-Tichka. Si scende poi verso la pianura del Haouz e si raggiunge Marrakesh. Sistemazione in hotel cena e pernottamento.

8° giorno, mercoledì 22/11
MARRAKECH/CASABLANCA/MILANO MALPENSA
Prima colazione. In tempo utile trasferimento in aeroporto e partenza per Milano Malpensa con volo di linea Royal Air Maroc.

Quota di Partecipazione

Minimo 20 persone: € 1.210,00 (8 giorni/7 notti)
Supplemento camera singola: € 130,00
Tasse aeroportuali: 134,00€ (soggette a riconferma fino all’emissione del biglietti)

Le tariffe aeree per il mese di Novembre non sono attualmente pubblicate da Royal Air Maroc.
La quotazione è pertanto costruita sulla tariffa in vigore a maggio 2006 e potrebbe subire variazioni.

La quota è altresì formulata in base ai costi e ai cambi in vigore alla data odierna. Eventuale adeguamento carburante a 30 giorni dalla data di partenza.

La Quota Comprende

• volo di Linea Royal Air Maroc in classe economica da Milano MXP/Roma Fiumicino per Marrakesh via Casablanca a/r
• sistemazione in hotel 4 stelle e 1 notte in campo tendato con sistemazione in camera doppia con servizi privati (Il campo tendato è situato di fronte alle dune di Merzouga e si compone di tende in stile berbero, ciascuna tenda è suddivisa in due zone da due posti letto ciascuna. Completano la struttura il ristorante ed i servizi igenici comuni in muratura)
• trattamento di pensione completa dalla cena del 1° giorno alla prima colazione dell’ultimo giorno
• cena tipica con spettacolo di luci suoni e danze folcloristiche a Marrakech
• trasporto in pullman gt e jeep Land Rover 4×4 con occupazione da 4/5 persone per jeep + autista
• guida locale parlante italiano per tutta la durata del tour
• visite ed escursioni come da programma
• assicurazione medico bagaglio e annullamento viaggio.


La Quota non Comprende

• bevande ai pasti
• i pasti non indicati
• mance
• eventuali spostamenti notturni in jeep per raggiungere luoghi piu idonei per le osservazioni astronomiche nel caso sia necessario
• extra personali e tutto quanto non specificato alla voce “La quota comprende”


Documenti

Carta Nazionale d’identità valida per l’espatrio o passaporto individuale.


Prenotazioni e Informazioni Termine prenotazioni: 31 Agosto 2006

Per informazioni e prenotazioni:
Centro Turistico Modenese di Robintur spa
Via Bacchini, 15- 41100 Modena
Tel. 059/2133701
E-mail: ctm.gruppi@robintur.it
Web: www.robintur.it

Per informazioni astronomiche:
Massimiliano Di Giuseppe Tel. 338/5264372
Ferruccio Zanotti Tel. 338/4772550
E-mail: fzanotti1@alice.it
Web: http://www.ferrara.com/columbia

Dalla Terra alla Luna

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Se il mese scorso abbiamo voluto mettere alla prova la vostra dimestichezza con il pianeta più caro al genere umano (no, non stiamo parlando di Plutone), è stato solo per mostrare quanto poco si conoscano realmente anche le cose più comuni. La Terra è infatti certamente un pianeta, oltre ad esserci madre e genitrice; nonché l’unico luogo dell’Universo che davvero conosciamo e frequentiamo.
Il solo altro luogo che ha avuto la ventura di ospitare l’orma di un piede umano è la nostra vicina e compagna Luna, che però è stata così poco considerata dopo i primi emozionanti appuntamenti che avrebbe tutti i diritti di tenerci il muso come una fidanzata trascurata.
Il primo pensiero che abbiamo avuto, dopo i tafferugli di Praga, è stato allora quello di inventare un quiz basato sulla Luna e sulle risoluzioni dell’IAU, immaginando di dotarvi di poteri divini e di chiedervi quali potrebbero essere le “minime azioni possibili” in grado di promuovere la Luna a “Pianeta” secondo le nuove definizioni. Avreste potuto fare qualsiasi cosa: dilatarla, restringerla, appesantirla, spostarla ovunque nel sistema solare: l’importante era che, a valle delle modifiche potesse meritarsi l’ambita qualifica di “Pianeta”. Per il quale, ormai, non basta più essere un “astro errante”, con buona pace degli antichi Greci.
Però, abbiamo anche pensato che una domanda del genere sarebbe stata davvero poco romantica, mentre invece a noi la Luna suscita ancora ricordi e visioni da autentico “Sturm und Drang”: tanto per dire, l’unica volta che abbiamo fatto i capricci per vedere la televisione sino a tardi è stato durante la notte tra il 20 e il 21 luglio 1969. È possibile che il suo fascino nasca anche dal fatto che, pur presentando caratteristiche di corpo celeste, sembra appena fuori casa, quasi appesa in giardino. E basta questo per capire perché, sin dall’antichità, la letteratura si sia cimentata nella ricerca di un metodo per raggiungerla; a partire da Luciano di Samosata, passando per l’Orlando Furioso dell’Ariosto e il Cyrano di Rostand, fino al proiettile di Jules Verne.
I metodi proposti dagli autori classici, però, non è che fossero poi così entusiasmanti, almeno dal punto di vista delle scienze fisiche: dovendo eleggere un vincitore, le nostre preferenze andrebbero al signor De Bergerac che, se non ricordiamo male, proponeva ben sette metodi per raggiungere l’amato satellite: uno più inutilizzabile dell’altro, naturalmente, ma non è certo questo il punto. Anche i primi libri di astronautica capitatici tra le mani (“Razzi Interplanetari”, di Lester del Rey) e i primi libri di fantascienza non lasciavano molte speranze: senza eccezioni, presupponevano la necessità di una o più stazioni spaziali, in numero direttamente proporzionale all’ottimismo dell’autore in merito alla scoperta di nuovi propellenti.
È sempre un buon esercizio, però, tornare sulle vecchie idee per cercare di capire – senza troppa aria di sufficienza – “perché” fossero sbagliate. Anche le più semplici: ad esempio, l’ipotesi di “andare sulla Luna in mongolfiera” era effettivamente stata avanzata da qualcuno, ma sareste davvero in grado di demolire l’idea con un solo argomento logico, anche senza considerare l’assenza dell’aria nello spazio tra Terra e Luna (in fondo, l’assenza d’aria nello spazio non era una conoscenza così ovvia, ai tempi delle mongolfiere)?
E allora, anche noi vogliamo estrarre dal cappello una vecchia idea: decidiamo di usare un filo. Non prendeteci troppo in giro: non solo perché già Arthur Clarke ne ha parlato nel suo “Le Fontane del Paradiso”, ma anche e soprattutto perché non avete riso per niente quando sullo Shuttle si tentò l’esperimento Tethered.

Per farla breve, tutto quel che ci serve è un po’ di filo che riesca ad unire la Terra alla Luna, magari passando da una bella stazione spaziale piazzata in orbita geostazionaria. Non abbiamo alcun problema per portare il capo giusto del filo a destinazione, perché siamo riusciti a convincere un miliardario americano a finanziare l’impresa. Il nostro sponsor ci ha già fatto pervenire un gomitolo sferico di robustissimo filo, la cui sezione circolare è di un centesimo di pollice (visto che pagano gli americani, misuriamo come preferiscono loro: per pochi dollari siamo pronti a svendere tutto il sistema metrico decimale).
Il gomitolo assegnatoci ha un diametro di 24 pollici, che però a occhio ci sembra un po’ scarsino… quello che ci chiediamo è se con quel filo riusciremo ad arrivare, non dico alla Luna, ma almeno all’orbita geostazionaria…
Insomma, quanto è lungo il filo nel gomitolo? E nel caso che non bastasse, quale dovrebbe essere il diametro del gomitolo per arrivare alla Luna?

Casual Grand Tour

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Deboli voci di corridoio riportano che questo sia un numero speciale, ed è allora indispensabile raddoppiare racconti ed entusiasmo, tanto che chi vorrà vincere l’abbonamento semestrale alla rivista dovrà risolvere ben cinque problemi.
Occasioni per festeggiare ce ne sono a bizzeffe, a volerle cercare: ad esempio, il numero dei pianeti è diventato talmente elastico e arrendevole da poter contentare sia i partigiani della teoria “Otto pianeti bastano”, sia quelli del “Finalmente siamo in Dodici (o forse più)”.
Dobbiamo però riconoscere che questa suddivisione dei pianeti non è piaciuta a tutti; e non solo per la proliferazione dei ermini (“Nano sarà lei” sembra essere stato l’insulto più diffuso nei corridoi praghesi, questa estate); i ragazzi delle medie, ad esempio, non hanno fatto in tempo a rallegrarsi di poter dimenticare Plutone che si sono subito accorti che anziché un pianeta in meno, gli sarebbe toccato studiarne almeno tré in più (nani o meno).

In realtà, la sola cosa che realmente diverte in questo bailamme nomenclaturale è l’affannoso lavorio degli astrologi (che già tanta fatica avevano fatto dopo il 1930 per inserire Plutone nei temi astrali) per cercare di mantenere coerenti i loro “studi” avendo a che fare con astronomi che gli cambiano continuamente le carte in tavola!
Comunque, conoscete il Grand Tour, classica ambientazione fantascientifica che consiste nel giro turistico di tutti i pianeti del Sistema Solare? Anche in una crociera così mirabolante ci sarebbe a bordo il rischio della noia, che regna sovrana tra uno sbarco e l’altro. Per il nostro Grand Tour interplanetario il problema però non sussiste: come e meglio del Capitano Kirk abbiamo a disposizione il teletrasporto! Sfortunatamente, il signor Scott che abbiamo a bordo noi è molto più pasticcione di quello dell’Enterprise.
Infatti, il nostro teletrasporto ci può condurre in un amen in uno qualsiasi dei dodici pianeti (in barba alle decisioni di Praga, fìngeremo che il numero sia questo); incluso quello da cui siamo partiti, perché il salto “nullo” (da e per il medesimo pianeta) è assolutamente lecito e possibile. Però, non ci è consentito di scegliere la destinazione. Partiamo dalla Terra? Bene, il sistema può portarci subitaneamente su Marte. O su Eris. O su Cerere. O su Caronte. Poi, magari, su Urano, e di seguito ancora su Urano (salto nullo). Insomma, il pianeta destinazione viene scelto assolutamente a caso, ma proprio per questo prima o poi dovremmo riuscire a vederli tutti. Secondo voi, quanti viaggi (salti nulli compresi) dovremmo aspettarci di fare per visitare tutti e dodici i pianeti?
Certo, parlare di fantascienza quando in Redazione si è appena conclusa una strepitosa festa in occasione dell’uscita del Numero Cento, è quasi uno spreco di fantasia.
Erano presenti un bei numero di persone, tra redattori interni, collaboratori fissi e scrocconi occasionali, e il Gran Direttore, colto da euforia, ha deciso di organizzare un gioco a premi. O meglio a premio, viste le regole.
Non dubito che ognuno di voi ricordi perfettamente tutti i numeri della rivista usciti finora” ha proferito con un tono carico di sottintesi “e io ben so che sono tutti bellissimi”. Neanche un moscerino ha osato vibrare le ali, per tema che la vibrazione fosse intesa come obiezione; e il G.D., magnanimo, ha allora concesso: “Ciò non di meno, ciascuno di voi avrà un numero particolarmente caro. Il mio l’ho scritto su questo foglio: adesso venite qui uno per volta e mi dite, senza farlo sentire agli altri, qual è il vostro numero preferito, e io ne terrò nota. Quando un numero di Coelum sarà in fine ripetuto due volte avremo il vincitore: la persona che ha nominato per la seconda volta il numero eletto vincerà l’ambitissimo premio, e cioè quella stessa copia di Coelum da me autografata”.
Tutti quanti hanno iniziato ad andare verso il tavolo del Direttore (non sappiamo se per il desiderio di vincere il premio o per tema di contrariarlo), cercando di decidere quale fosse il loro numero preferito. Noi ci siamo uniti al gruppo, ma il nostro pensiero era rivolto ad un altro problema. In che posizione dovevamo metterci nella coda, per massimizzare le probabilità di vittoria? E per finire (attenti che qui le soluzioni possono essere svariate, e premieremo solo le più eleganti) sapreste unire in sequenza le cifre da 1 a 9, con i soli segni delle quattro operazioni per ottenere cento come risultato?
Ormai dovreste esservene accorti, visto che questo è l’ultimo paragrafo dell’ultima rubrica dell’ultima pagina di questa rivista: questo è proprio il numero cento!
La nostra abitudine ad utilizzare il sistema decimale rende questo un evento speciale, perché gli uomini adorano le cifre tonde.
Essendo egocentrici (oltre che solo “recenti” collaboratori della rivista) anche noi Rudi vorremmo festeggiare la pubblicazione della dodicesima puntata di questa rubrica; scegliendo la base numerica opportuna, anche dodici può essere rappresentato come un numero tondo. Quale? E siccome c’è aria di festa, concludiamo con l’ultima domanda, davvero facile: quante volte abbiamo scritto “cento”, in questo testo? E quante volte “dodici”? Sbagliare è quasi impossibile; non deludeteci… ma attenti alla gherminella.

La Terra nel Sacco

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dV/dA

Quasi certamente ve ne stavate in spiaggia, a crogiolarvi come salamandre sotto il sole d’agosto. Quasi certamente la vostra attenzione era ben diretta verso pelli abbronzate o, al massimo, verso l’orizzonte lontano, a scrutare il lento variare delle nuvole. Eppure, nonostante la vostra colpevole indifferenza, nella splendida capitale della Repubblica Ceca, tra il 14 e il 25 agosto, i partecipanti al XXVI Congresso della IAU si sono ferocemente accapigliati nel tentativo di sciogliere il secolare dubbio sulla definizione di pianeta. Voi eravate forse al chiosco della spiaggia a sorbire un sorbetto, e loro concionavano sul raggio minimo ammissibile; voi vi riempivate i polmoni di iodio respirando l’aria salmastra e mostrando i pettorali, e loro si dannavano sul requisito della sfericità, o forse sulla necessità della complanarietà delle orbite.
Facile, adesso, dopo il sorbetto estivo, fingere di avere opinioni chiare e sicure su Plutone e gli altri transnettuniani; la verità è che non avete dedicato al fondamentale problema più attenzione di quanta ne riserviate di solito ad un sorbetto al limone.
Ed è facile dimostrarlo. Prendete il primo pianeta che vi capita sottomano, e vediamo quanto davvero lo conoscete. Per dirne una, vi ricordate di Vladimirov Javacheff Christo? È il tizio che da 30 anni continua imperterrito ad incartare qualsiasi cosa con fogli di vinile (monumenti, palazzi, gasometri, il Central Park addirittura) sostenendo che tali incartamenti siano Arte (siete pregati di notare la maiuscola). Bene, per mantenere sempre desta l’attenzione dei media, la tendenza del nostro artista sembra essere quella di cercare di incartare qualcosa di sempre più grande. Come credete che finirà? È evidente che, prima o poi, raggiungerà il limite, proponendo di incartare l’intero globo terrestre.
Supponiamo allora che questa grande opera d’arte incartatoria sia già terminata, e che la Terra sia stata perfettamente avvolta da una aderente pellicola di plastica. E supponiamo anche di aggiungere un metro quadro esatto a questa copertura, stando attenti a mantenerla perfettamente sferica; due domande, a questo punto, sorgono spontanee.
Considerando la Terra perfettamente sferica e con un raggio di 6400 km, che volume resta compreso tra la plastica e la Terra? Inoltre, appurato che (forse) per un po’ riusciremmo a respirare, vorremmo anche sapere se riusciremo ad alzarci in piedi, e quindi: quanto disterà la copertura di plastica dalla superficie della Terra?
Se incartare la Terra vi pare eccessivo, allora limitiamoci a cingerla con una elegante cintura lungo l’equatore (però questa non è Arte). Anche in questo caso, mossi a pietà da una troppo spietata aderenza, aggiungiamo 6 metri di cintura e, come ogni persona che finalmente non si sente stringere sulla pancia, infiliamo un dito sotto e tiriamo la cintura verso l’esterno.
Oddio, a dire il vero non sappiamo neppure se aggiungendo 6 miseri metri ad una cintura che di metri ne misura quaranta milioni, riusciremo mai a farci passare un dito… Ma insomma: supposto che il dito ci passi e che noi si riesca a sollevare la cintura, di quanto si alzerà la cintura dalla superficie della Terra?
È possibile che si rendano necessarie delle approssimazioni, per chiudere il calcolo, sapete? Già… un pianeta come la Terra sembra assolutamente ovvio e banale, eppure basta poco e torna ad essere misterioso. Eppure, se si affrontano i problemi con il giusto approccio, a volte si risolvono anche quelli che sembrano impossibili. Non ci credete? Considerate allora un altro pianeta (visto che quello che abbiamo è l’unico abitabile nei paraggi, e non vorremmo rovinarlo più dello stretto necessario) e scaviamoci un buco da parte a parte. Con un po’ di sorpresa, ci accorgiamo che questo buco, escludendo le calotte sferiche che abbiamo tolto da entrambe le parti per iniziare a scavare, ha una lunghezza di 6000 km esatti. Ecco, che ci crediate o meno, avete già tutti gli elementi necessari a stabilire quale sia il volume restante del pianeta.
Con il che fanno 4 domande che valgono un abbonamento semestrale a Coelum. Che state aspettando?

Einstein on the beach

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Dovrebbero essere i numeri a farla da padroni, in questa pagina. Ma è estate per tutti e allora possiamo conceder loro ancora qualche giorno di vacanza; se non altro per cedere il passo alle parole e provare a mostrare come anch’esse, in fondo, facciano parte della medesima famiglia.
È incredibile vedere quanto sia facile perdere di vista alcune connessioni piuttosto semplici nel momento stesso in cui la matematica viene applicata alle parole; al punto che alcuni dei giochi di parole più antichi si ritrovano ancora nelle odierne riviste di enigmistica. Come i “metagrammi”, ad esempio; pochi sanno che l’inventore fu il matematico e scrittore Lewis Carroll (quello di Alice nel paese delle meraviglie), che li battezzò “Doublets”: sono quei giochi in cui sono note due parole dello stesso numero di lettere una delle quali costituisce la “partenza” e l’altra l’“arrivo” di una sequenza che si deve svolgere cambiando una sola lettera alla volta e passando sempre attraverso parole di senso compiuto. Ad esempio, un metagramma originale di Carroll chiedeva di “far entrare il maiale (Pig) nel porcile (Sty)”: PIG-WIG-WAG-WAY-SAY-STY. Cinque passi, piuttosto semplice, quantomeno per un madrelingua inglese come Carroll.
Se li preferite in italiano, potreste provare a passare dalla Luna al Sole, ancora in 5 passi (valgono solo aggettivi e sostantivi, niente nomi propri e verbi):
Luna – Lana – Sana – Sane – Sale – Sole
E la matematica cosa c’entra? Beh, c’entra; e c’entra più di quanto sia lecito aspettarsi ad un primo sguardo. I metagrammi di Carroll ricordano molto i Codici binari di Gray, con i quali condividono la caratteristica di variare un solo carattere (un bit in questo caso) ad ogni passaggio. Nel codice Gray non vige però l’obbligo supplementare di sostituire il carattere con un altro qualsiasi, ma solo con quello che lo precede o con quello che lo segue: in compenso, non si richiede che la “parola modificata” resti di senso compiuto. È interessante notare che, mentre i metagrammi rappresentavano solo un simpatico passatempo per la gente dell’Età Vittoriana, se non funzionassero i Codici di Gray oggi non avremmo nessuna forma di telefonia mobile.

Uno dei giochi con le parole più stupefacenti che conosciamo è di un tale effetto mistico da far impallidire la fama del Codice da Vinci e da provocare subitanee conversioni di anime pie. Consideriamo i primissimi versetti della Genesi dalla Bibbia di Re Giacomo:

1: In the beginning God created the heaven and the earth.
2: And the earth was without form, and void; and darkness was upon the face of the deep. And the Spirit of God moved upon the face of the waters.
3: And God said, Let there be light: and there was light.

…e preparatevi ad un’esperienza sconvolgente.
Cominciate con lo scegliere una parola qualsiasi dal primo versetto, e contatene le lettere.
Partendo dalla parola successiva a quella selezionata, contate tante parole quante sono le lettere nella parola originale.
Continuate in questo modo, contando le lettere della parola su cui siete terminati e ripetete il tutto sin quando arrivate al terzo versetto: fermatevi alla prima parola che raggiungete al terzo versetto.
E riprovate pure con un’altra parola. Non c’è niente da fare, finite sempre “lì”, alla parola GOD!
A voi disquisire sul fatto che si sia in presenza della prova sull’origine divina delle sacre scritture, di una suggestiva coincidenza o del risultato di una qualche legge matematica. Tanto per dire, potreste chiedervi se la cosa funziona per qualsiasi tipo di testo, e se è legata ad una lingua particolare (funziona, ad esempio, sugli stessi versetti tradotti in italiano?). Poi fateci sapere, anche se sarete già diventati monaci frappisti.
Già, ma lo spazio si assottiglia e abbiamo quasi dimenticato lo scopo principale di questa rubrica, che è quello di proporre “il quesito del mese”.
Lo scorso numero ci siamo addentrati nel mondo delle sfide intellettuali che a colpi di anagramma si lanciavano da un capo all’altro dell’Europa gli eruditi e scanzonati scienziati del Seicento, e vi abbiamo proposto la frase: Più peso unendo tre stelle.
La prima corretta soluzione tra le moltissime arrivate in redazione è stata quella di Carlo Colonnello, che ha anagrammato il tutto arrivando ad annunciare al mondo che: Plutone possiede tre lune. E che si è quindi aggiudicato l’abbonamento semestrale alla rivista.
Altra soluzione notevole è stata quella di Fabiano Limonio, che ha trovato: E Sednes più oltre Plutone. Davvero sorprendente, non è vero? In pratica, Fabiano ha estratto dalla frase di partenza una diversa verità astronomica (quella dell’esistenza del planetoide Sedna al di là di Plutone)… Peccato solo per la piccola imperfezione nel nome: Sednes-Sedna!

Insomma, visto l’enorme successo della cosa, e considerata la temperatura ambientale che inibisce i centri nervosi che stimolano la continua ricerca dell’originalità, abbiamo pensato di ripetere la sfida anagrammi anche in questo numero. Con questa frase vagamente jattatoria:
Come poi spiri, cade la notte.
Quale scoperta o verità astronomica si cela tra queste parole?
Troppo facile, vero? È solo che in vacanza ci sentiamo più buoni… Troppo forse… e allora diciamo che se vorrete aggiudicarvi il consueto abbonamento semestrale a Coelum dovrete inviarci questa prima soluzione, ed in più la sequenza del metagramma che permette di passare da MARTE a URANO (noi l’abbiamo risolto in 12 passaggi, ricordando che non valgono verbi e nomi propri). Buon lavoro e buone vacanze!

Keplero o Nostradamus?

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Siamo pronti a scommettere che all’edicola siate soliti guardare con sussiego gli acquirenti di riviste astrologiche e divinatorie. Non ce la sentiamo di biasimarvi (anzi!), ma sappiate che potreste pentirvene. State un po’ a sentire…
Come ben sapete, qualche secolo fa era invalsa l’usanza di comunicare le scoperte scientifiche ad amici (e ad avversari) in maniera criptica, tramite anagrammi. In tal modo ci si cautelava dalla concorrenza, si poteva sempre dimostrare la “priorità” e si aveva il tempo di cercare con comodo ulteriori prove a sostegno.
Nell’agosto del 1610, Galileo inviò un messaggio segreto all’ambasciatore toscano a Praga, Giuliano de Medici, perché lo consegnasse a Keplero. Il testo, un’incomprensibile sequenza di 37 lettere, anagramma della frase che annunciava la sua ultima scoperta astronomica, era il seguente:

SMAISMRMILMEPOETALEUMIBUNENUGTTAURIAS

Una stringa neppure scritta in latino, che secondo le intenzioni di Galileo doveva essere ricostruita nella frase: ALTISSIMUM PLANETAM TERGEMINUM OBSERVAVI, ovvero: “Ho osservato il pianeta più alto triplicato”: messaggio annunciante al mondo che il pianeta “più alto” (più lontano) allora conosciuto (Saturno) si mostrava al telescopio con qualcosa di strano ai bordi (le due anse degli anelli). Galileo lo aveva visto “triplicato” perché il suo cannocchiale non era abbastanza potente da risolvere l’immagine degli anelli da quella del pianeta, con il risultato che talvolta Saturno gli appariva come fosse fatto di tre sfere parzialmente sovrapposte
L’astronomo tedesco non si perse d’animo, e da esperto enigmista – prova e riprova – aveva presto ricondotto la stringa a questo verso latino:

SALVE, UMBISTINEUM GEMINATUM MARTIA PROLES!

che si può grosso modo tradurre con “Salve, furiosi gemelli, prole di Marte”.
Sorpresa! Galileo comunicava una notizia, e Keplero ne ricavava un’altra; anche più reale di quella del pisano, se vogliamo (infatti, Marte possiede davvero due satelliti, mentre il Saturno “tergenimum” di Galileo era solo un’approssimazione sulla strada della verità).
Insomma, Keplero era giunto alla conclusione che Galileo avesse scoperto un paio di satelliti di Marte. Cosa che noi sappiamo essere del tutto impossibile per i telescopi dell’epoca (non per nulla furono trovati solo nel 1877).
Si trattò di un caso o di una premonizione? Sicuramente un caso, penseranno i giustamente razionali lettori di questa rivista. Ma…
C’è un “ma”, perché qualche mese dopo, nel dicembre del 1610, Keplero si vide arrivare un nuovo messaggio di Galileo, così concepito: HAEC IMMATURA A ME IAM FRUSTRA LEGUNTUR OY
Il quale, nelle intenzioni del fisico italiano doveva partecipare al mondo scientifico che CYNTHIAE FIGURAS AEMULATUR MATER AMORUM (La madre dell’amore emula le forme di Cynthia). Ovvero, in termini astronomici, che Venere (la madre dell’amore) mostra delle fasi simili a quelle della Luna (Cynthia per i latini).
L’astronomo tedesco si rimette subito al lavoro (non vi sembra di vederlo, accanto al fuoco di un camino, nel gelido inverno di Praga mentre si agita e smania sul foglio ricoperto di frasi?), e dopo non si sa quanto tempo, se ne esce con questo risultato:

MACULA RUFA IN IOVE EST GYRATUR MATHEM ECC.

ovvero: “C’è su Giove una Macchia Rossa che gira in modo matematico, ecc.”

Cerchiamo di capirci bene: una Macchia rossa su Giove, nel 1610! Inutile ricordare che questa caratteristica gioviana fu osservata (da Giovanni Domenico Cassini, o forse anche dall’inglese Robert Hooke) soltanto a partire dal 1665…
A questo punto i “casi” di premonizione diventano due. Un po’ troppi… e l’ipotesi di un Keplero provvisto di capacità visionarie (aveva o no una madre “strega”?) non fatica a ritagliarsi uno spazio sempre più grande, perfino nelle nostre menti matematiche e assolutamente refrattarie a qualsiasi spiegazione di natura irrazionale. Quante probabilità ci sono, infatti, che da due sequenze di lettere si possa estrarne, tra tutte le combinazioni possibili, due frasi che descrivono in modo pressoché perfetto delle realtà astronomiche del tutto sconosciute al tempo?

Comunque rassicuratevi, questa dotta trattazione non ha certo lo scopo di minare la vostra fiducia nella visione razionale delle cose (niente è come sembra, come vedremo nel prossimo numero), ma soltanto quello di introdurre con un minimo di “atmosfera” la presentazione del “problema del mese”.
Immaginate quindi che un amico (o concorrente) astronomo, vi recapiti (non tramite l’ambasciatore, ma più probabilmente via email) un messaggio di questo tenore:

PIU’ PESO UNENDO TRE STELLE

Ebbene, anagrammando opportunamente, riuscireste a scoprire la scoperta scientifica celata in questa apparente ovvietà?

La cometa Schwassmann-Wachmann-3 alla minima distanza dalla Terra!

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La posizione dei frammenti C, B, G della cometa il 14 Maggio 2006.
Frammenti C, B, G della cometa

Aggiornamento 11/5/2006

La posizione dei frammenti C, B, G della cometa il 14 Maggio 2006.
La posizione dei frammenti C, B, G della cometa il 14 Maggio 2006.

La posizione dei frammenti C, B, G della cometa il 14 Maggio 2006.
Clicca sulla mappa qui a sinistra per ingrandire.

Ci siamo, lo spettacolo annunciato già da parecchi mesi in questa rubrica sta per arrivare alla stretta finale: la cometa 73P/Schwassmann-Wachmann è ormai prossima al passaggio al perielio del prossimo 6 giugno, ma prima ancora, a metà maggio, raggiungerà la minima distanza dalla Terra, arrivando a soli 12 milioni di chilometri (0,0735 UA).

Questo significa che potremo assistere molto da vicino a quanto sta già accadendo da qualche settimana. Come è noto, infatti, la cometa si presenta frammentata in più parti, e dopo le componenti C, B e G, rinvenute rispettivamente il 22 ottobre 2005, il 6 gennaio 2006 e il 20 febbraio 2006, le scoperte sono aumentate a tal punto che mentre scriviamo si contano ormai una ventina di frammenti. Insomma, sta avvenendo qualcosa di molto simile a quanto accadde 12 anni fa alla Shoemaker-Levy 9, che finì la sua corsa impattando su Giove con un “treno” di 21 piccole comete.
Il bello è che ognuno di questi frammenti segue una propria evoluzione fisica e fotometrica, disgregandosi in parti ancora più piccole o accendendosi in improvvisi outburst, come la componente B, ad esempio, che dopo essere aumentata in poche ore di 3 magnitudini agli inizi di aprile ha dato l’impressione di essersi vaporizzato, ma che poi in immagini del 14 è tornato a mostrare il falso nucleo. Al momento, il frammento C sembra sia l’unico in grado di arrivare integro al perielio, mostrandosi (anche ad occhio nudo) con una luminosità che potrebbe raggiungere la mag. 3-4. La situazione è però in continua evoluzione e le sorprese non mancheranno sicuramente.

ATTENZIONE!
Tra il 7 e 8 maggio la componente principale passerà ad un paio di primi d’arco dalla nebulosa planetaria M57 (e forse proprio “sopra” la vicina galassia NGC 1296), raggiungendola la mattina dell’8!
Una grande occasione per realizzare riprese spettacolari!

Tra l’11 ed il 12 la componente principale passerà circa 4 gradi a sud dal Velo del Cigno, e nei giorni a seguire, come una squadra di aerei, le 3 componenti principali attraverseranno la parte occidentale della costellazione del Pegaso.
Si tenga presente che da metà mese in poi diminuirà sempre più l’elongazione dal Sole, per cui le osservazioni si dovranno condurre la seconda parte della notte (la cometa sorgerà dopo la mezzanotte, ma bisognerà attendere un po’ prima di averla abbastanza alta sull’orizzonte). Gli astrofotografi dovranno poi tener conto del veloce moto proprio apparente dei tre frammenti principali nel periodo a cavallo del massimo avvicinamento alla Terra.

Nebulosa planetaria M57
Nebulosa planetaria M57
Nebulosa planetaria M57
Nebulosa planetaria M57

Dalle Stelle alle Stalle

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Mucca


MuccaNon fidatevi dei luoghi comuni.
Perché i luoghi comuni non arricchiscono mai la mente, e sono invece perfetti per impoverire la fantasia. Ad esempio, tornate con la mente al principale evento astronomico di questa primavera, e riguardate la copertina del numero di Aprile della vostra rivista preferita: avete già la chiave di lettura che chiarisce perché proprio quella sia la copertina più corretta? Credete davvero che siano solo le tende, il deserto egiziano, i filtri sui telescopi a giustificare la foto? Fosse così, allora forse credete ancora che i matematici siano davvero persone refrattarie alle emozioni, persi eternamente in diagrammi e formule. Ancora luoghi comuni insomma, perennemente in agguato… Non fatevi ingannare: o lasciate almeno che siano dei matematici dilettanti a spiegarvi l’arcano della copertina di Aprile. Passando, naturalmente, per una leggenda malese.

Sole e Luna sono entrambe donne; anzi, sono madri. Le Stelle sono i figli di Luna, ma un tempo anche Sole ne aveva altrettanti. Ma troppa luce, troppo splendore rendevano la vista del Cielo impossibile agli uomini, che certo sarebbero morti per il troppo fulgore e la sovrumana bellezza. Cosi, tristemente, Sole e Luna convennero che ognuna avrebbe mangiato i propri figli. Ma mentre Sole divorò davvero la propria progenie, Luna nascose invece i suoi piccoli. Quando poi Luna li lasciò finalmente uscire dal nascondiglio, Sole si infuriò a morte; prese a inseguire Luna per distruggerla, e questa ricorsa dura ancora oggi. Talvolta Sole sembra arrivare abbastanza vicino a Luna da riuscire a morderla, e talvolta è invece Luna che morde Sole, per difesa. Ma è da quel tempo che Luna ancora nasconde i propri figli al Sole per tutta la durata del giorno, e li lascia uscire solo di notte, quando il nemico è lontano.

E diventa allora tutto chiaro: sono una madre e una figlia curiose e preoccupate quelle che guardano il sole dalla copertina di Aprile, perché le antiche leggende asiatiche possono anche essere ben interpretate da europee in terra africana; e soprattutto perché una rivista scientifica come si deve rifuggire le falsità e la superstizione, ma rispetta profondamente le leggende, fantasia creativa dei popoli.

Guardatevi dai luoghi comuni. I matematici e gli astronomi amano le leggende, almeno tanto quanto odiano le serie divergenti e le nuvole maleducate che rendono all’ultimo minuto del tutto inutili i filtri solari ritagliati a misura di binocolo, o anche solo a misura d’occhiale (è quanto è successo a noi tre). Non inveite contro la sfortuna, quando la tanto attesa notte d’osservazione viene devastata da un seeing schifoso. E non prendetevela neppure con Murphy e la sua legge: a ben vedere, Murphy era un ingegnere aerospaziale collaudatore di aeroplani, con un sacrosanto diritto di cittadinanza nel mondo scientifico: e se anche se la sua legge sta ormai dilatandosi in un significato drammaticamente prossimo a quello della scaramanzia, resta il fatto che il suo nobile intento era quello di garantire qualità e limitare al massimo il numero di incidenti ai piloti. E se davvero non siete in grado di distinguere una leggenda da una volgare bufala, allora cominciate a preoccuparvi. In fondo non è difficile: provate a chiedere a qualche astrologo quale sia la fase della Luna in un giorno d’eclissi, e probabilmente vi risponderà che deve consultare le sue carte. Chiedetelo ad un astronomo o a un astrofilo, e riderà della divertente battuta. Leggenda per leggenda, ci siamo ricordati anche quell’antica storia atzeca che raccontava come il disco solare, durante l’eclisse, venisse divorato da un mostro celeste. L’evento richiedeva un buon numero di sacrifici umani per far sì che l’astro tornasse pienamente a risplendere, e l’idea ha indotto in uno di noi – impedito all’osservazione dell’eclissi da improvvido meeting – la voglia di tornare a quelle antiche abitudini pur di sospendere la riunione e godersi l’eclissi parziale. In ogni caso, il fatto che nelle antiche leggende il Sole fosse spesso ritenuto un disco e non una sfera ci ha fatto venire in mente una domanda che ci piace sottoporvi. Supponiamo di essere Allevatori di Mostri Divoratori di Stelle, e di avere a disposizione il disco del Sole per nutrire per due giorni il nostro Mostro Spaziale preferito. Sappiamo bene che i lettori di Coelum non hanno alcun problema ad immaginarsi un famelico Divoratore di Stelle; forse però un Sole piatto potrebbe rappresentare un problema più serio per delle menti astrofile; se così fosse, siete autorizzati ad immaginarvelo come un grosso tappeto giallo di spessore inesistente (anche se a questo punto diventa davvero curioso il fatto che il nostro Mostro se lo voglia mangiare). Il nostro problema sta tutto nel fatto che quel disco deve durare due giorni, e non possiamo lasciare che il Mostro ne mangi liberamente: ne approfitterebbe per spolverarselo tutto in pochi minuti. Possiamo allora legare il nostro Mostro al bordo del disco solare con una corda di lunghezza opportuna, tale che possa mangiare solo metà della superficie del disco; l’indomani lo lasceremo libero di mangiarsi il resto.
Ora, sorvoliamo sui problemi più strettamente pratici tipo “Ma dove legate la corda?” o anche “Che diavolo significano le parole “domani” e “due giorni”, se vi pappate il Sole come fosse un’omelette?”; lo sapete, no, , che noi siamo solo dei teorici… Quello che ci interessa davvero sapere è: quanto deve essere lunga, la corda per fare in modo che il nostro Mostro mangi giusto metà del Sole, il primo giorno?

[E’ ora di finirla con queste metafore fiorite! E’ sufficiente immaginarsi una mucca legata con una corda in un punto di una circonferenza che delimita un bel prato di trifoglio. Quanto dovrà essere lunga la corda per fare in modo che la mucca mangi il primo giorno esattamente metà della superficie del prato? Ma quali Eclissi, ma quali “mostri divoratori”…Tzé! N.d.R.]

La Malesia e il Pianeta Tschai

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Finalmente, qualche anima buona ha deciso di renderlo disponibile.
Ci riferiamo alla versione elettronica dei romanzi di Salgàri (con l’accento sulla seconda “a”), gioia della nostra infanzia e non solo; anche se non ancora tutti, buona parte sono ora scaricabili in formato elettronico su http://www.emiliosalgari.it/testi/testionline.htm
Le ambientazioni esotiche di questi romanzi sono stati in gioventù il primo approccio ad un qualcosa di vagamente simile alla fantascienza, con ampie escursioni nell’esobiologia (ci vuole un po’ di tempo, per rendersi conto che la “bougainvillea” è quel rampicante che dà spettacolo nel giardino del nostro vicino).

Non solo, ma con il suo vago sentore di letteratura (quasi) colta, ci permetteva di leggerli senza troppi mugugni da parte dei nostri genitori. Quello che ci ha sempre colpito, in Salgari, è la sua capacità di descrivere luoghi in cui non era mai stato, il che, ne converrete, lo mette sullo stesso piano di chi scrive le “press release” della NASA parlando di Marte e Titano. Con il solo ausilio di una buona documentazione, senza mai allontanarsi dall’Italia, è infatti riuscito a descrivere luoghi che sembravano non solo all’altro capo della Terra, ma talmente alieni – appunto – da poter essere situati su un altro pianeta.
Prendi la Malesia, e trasformala nel pianeta Tschai, il risultato cambia di pochissimo. Oppure prendi alcuni titoli dei suoi romanzi, come ad esempio, “Alla conquista di un impero” e soprattutto “La caduta di un impero”, e poi dimmi se non ti ricordano la Trilogia di Asimov e il suo “Crollo della galassia centrale”. Ma senza lanciarsi in paragoni azzardati, c’è comunque da dire una cosa misconosciuta da tanti, e cioè che lo scrittore veronese sfidò le visioni futuristiche di Verne con racconti che in parecchi punti affrontano temi più propriamente legati all’astronomia, come “Le meraviglie del duemila”, “Alla conquista della Luna” e “La Stella filante”. Dove si descrivono motori navali a propulsione elettrica, macchine volanti mosse da motori ad aria liquida… Il tutto condito però con una crepuscolare venatura pessimistica nei confronti della scienza e della tecnica: nella “Conquista della Luna” il nostro satellite non viene raggiunto, e la maestosa aeronave precipita dopo un’avaria.
Se di Salgari parliamo in questa sede, deputata alla proposta di percorsi logico-matematici, è perché rileggendo qui e là abbiamo avuto un improvviso corto circuito mentale, associando l’avventura salgariana, intesa come una sorta di mappa virtuale di luoghi e fatti totalmente alieni (anche all’autore), all’uso narrativo di vere e proprie mappe tipiche di certa letteratura da “caccia al tesoro”. E da qui la constatazione di come nella fantascienza vera e propria questo elemento manchi quasi del tutto.
Perché è così difficile trovare racconti di esplorazione planetaria e/o galattica in cui compaiano delle mappe?
In realtà abbiamo sviluppato alcune ipotesi, non sappiamo quanto serie: il fatto che l’universo sia basato su un numero di dimensioni ancora tutto da stabilire è al momento la più quotata, oppure
si potrebbe argomentare che la mappa è uno strumento ausiliario dell’avventura in sé, e non rappresenta (se non per eventuali problemi di decifrazione) il centro dell’azione.
Comunque sia, alla fine siamo riusciti a trovare un esempio in cui la mappa è proprio il problema principale; o meglio, lo è il riuscire a capire dove porta, questa mappa. Ve lo proponiamo, in forma salgariana, e immaginate quindi che sulla pergamena (o nell’ologramma) compaiano le seguenti indicazioni:

“Parti da [illeggibile] e cammina
verso il Promontorio del Naufrago
contando i tuoi passi. Giunto al Promontorio
del Naufrago, gira a sinistra
e cammina lo stesso numero di passi.
Ora pianta un segnale. Ora cammina
dalla Quercia dell’Impiccato verso la
Tomba dell’Olonese, contando i tuoi
passi. Giunto alla Tomba dell’Olonese,
gira a destra e cammina lo stesso numero di passi.
Ora pianta un segnale.
Troverai il tesoro a metà strada tra i
due segnali”.

Ora, ci sono un paio di piccoli guai: la parte illeggibile non riusciamo a capire se è la Quercia dell’Impiccato o la Tomba dell’Olonese, anche se siamo sicuri che sia una delle due; non solo ma, con il passare degli anni, la Quercia dell’Impiccato è ormai assolutamente indistinguibile dalle altre, e in questi anni la sunnominata deve aver messo in atto un periodo di entusiastica riproduzione: siamo in un bosco di querce!
Quello che vi chiediamo è: Dov’è il tesoro?
Anche se sembra strano, la domanda qui sopra rappresenta un “aiutino” per rispondere ad un’altra domanda: Cos’è l’“Illeggibile”?
Issate la bandiera corsara (o quella dell’impero galattico), per mille spingarde!

L’osservatorio “Notte Stellata”

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Nebulosa Trifida
Nebulosa Trifida

Dopo circa un anno dal suo arrivo ho potuto provare abbastanza a fondo, quello che credo sia il sogno di ogni appassionato della volta celeste, un 60 cm in configurazione equatoriale. Uno strumento di queste dimensioni fino a circa 60 anni fa era considerato uno strumento di punta negli osservatori professionali. Per fortuna oggigiorno può essere alla portata di molte persone. Quello che manca però può essere il sito adatto.
Le dimensioni quasi ciclopiche di tali strumenti li rendono da postazione fissa.  Si ci sono dei dobson trasportabili di questi diametri, però un tale strumento va supportato con una robusta montatura, altrimenti non lo si può spingere al limite. I siti in Italia dotati di una buona volta stellata sono ormai pochi, e gli astrofili così come ormai da anni fanno gli astronomi tendono a spostarsi verso cieli bui in altri continenti. Emblematici gli osservatori tedeschi nati in Namibia, o anche quelli nel continente americano comandati anche in remoto. Per fortuna da anni dispongo di una piattaforma in Aspromonte a pochi chilometri da Reggio Calabria a 1200 m di quota, dove il cielo è abbastanza buio, e il numero di notti serene all’anno è molto elevato, in estate supera il 90%. Inoltre il clima è molto mite in inverno di notte non si scende mai sotto -5°. La presenza del mare su 3 lati dell’Aspromonte garantisce inoltre una stabilità termica molto elevata che favorisce un seeing molto buono. La dimora adeguata per un grosso strumento era stata trovata, non restava che scegliere la configurazione ottica e la montatura. Anni di esperienza astrofotografica mi hanno fatto optare per la configurazione Newton, molti astrofotografi usano la configurazione Ritchey-Chretien ma a mio avviso ha un’ostruzione secondaria molto forte e ciò ne pregiudica sia il contrasto fotografico che l’uso visuale. La montatura equatoriale a forcella inoltre, anche se più costosa, è molto più funzionale e fornisce un’ottima piattaforma per l’uso di strumenti in parallelo. Ho scelto di avere un rapporto focale molto spinto, f 3,6 questo per diverse ragioni, una prima fotografica, per aver un campo molto esteso e tempi di posa veloce, ottimi per riprese cometarie o di nebulose, poi per un uso pratico, la lunghezza del tubo ottico sarebbe stato simile a un classico 40 cm, e nel visuale sarebbe stato abbastanza agevole raggiungere l’oculare. Il telescopio puntato allo zenith raggiunge solo i 2,5 m di altezza.
Fissati i parametri dello strumento non restava che pensare alla sua casa. La soluzione più bella e romantica, che però in costi eguagliava quello del telescopio, era la cupola; ma per un uso pubblico è da sconsigliare. Uno strumento del genere a alta risoluzione risente fortemente della turbolenza prodotta dal calore delle persone, con conseguente effetto camino nella piccola apertura della cupola. La soluzione migliore, ma anche più economica risultò essere il tetto scorrevole, con soli 4.000 euro e olio di gomito ho attrezzato una struttura di 4,5 X 6 metri, un decimo circa del costo di una cupola di 5 metri, ma con un ulteriore vantaggio, la possibilità per i visitatori di ammirare interamente la volta stellata. E posso garantire che molti neofiti sono rimasti affascinati da questa soluzione, un tetto di stelle è veramente accattivante, una visitatrice si è persino sdraiata per terra per ammirarlo al meglio. Poi durante il periodo delle stelle cadenti, è un piacere sentirle contare mentre si osserva al telescopio. Il pavimento naturalmente è in materiale gommoso per attutire la caduta dei preziosi accessori ottici, e effettivamente fino al momento ha funzionato!

Le mie aspettative su tale strumento erano grandi. Sul piano osservativo mi aspettavo di riuscire a cogliere i colori sulle nebulose più brillanti e risolvere le strutture a spirale delle galassie.

Nebulosa Trifida
Nebulosa Trifida

A dire il vero la prima luce è stata un po’ deludente, Giove basso sull’orizzonte lasciava intravedere poco o niente, la Nebulosa Trifida era si evidente in estensione come in foto, ma i colori erano elusivi. Devo però ammettere che ho osservato frettolosamente e senza un adeguato adattamento al buio, qualche mese dopo difatti, il mio amico Michele mi ha fatto notare che sulla parte bassa a sud di M 20 erano visibili, per contrasto, dei delicati colori: sì, con facilità si poteva notare il viola e il rosato di questa parte della nebulosa. Lo stesso Giove osservato altre volte, in 3 occasioni nonostante fosse a soli 25° dall’orizzonte ha fornito una ricchezza di dettagli impressionante. Le bande più chiare erano percorsi da festoni sottilissimi che non avevo mai notato prima se non in foto, gli stessi satelliti medicei venivano risolti in piccoli dischetti. La correzione del primario è attorno a Lambda/10, e quando il seeing lo permette si notano tutti i decimi di correzione.
L’immagine di Saturno a una prima occhiata sembra simile a quella dei migliori telescopi apocromatici da 15 cm, ma poi si capisce che i colori sono molto più vividi e gli stessi anelli sono distinguibili per la loro differenza cromatica, che appare molto evidente.
Osservando gli oggetti nebulari con tale strumento anche se la loro colorazione è quasi assente, appaiono estesi e ricchi in dettaglio come nelle foto riprese da strumenti dell’ordine dei 20cm di diametro. In occasione dell’osservazione di M 42 il visuale supera la fotografia, infatti il maggiore range dinamico dell’occhio umano fornisce una visione della zona centrale del Trapezio mozzafiato. Le 4 stelle del trapezio, sembrano situarsi all’interno di una caverna rischiarata dalla loro straordinaria luce. Qui i chiaroscuri sono forti e i colori vanno dal grigio al verde al rosa. Usando un oculare a bassissimo ingrandimento, tutta l’intera spada di Orione si mostra in tutto il suo splendore, usando un Plossl da 56 mm ho una pupilla d’uscita di circa 15 mm! Ma vedere tutte le nebulose così come in foto è davvero incredibile. Ma questo strumento è soprattutto galattico ed è qui che si nota maggiormente il salto con un 40 cm. La prima della serie NGC 891 non lascia dubbi, è netta come in foto. Poi in inverno la rivelazione: M51 la galassia vortice, completamente risolta in tutta la sua bellezza. La spirale è ovvia e sembra quasi pulsare di vita, è davvero una visione impagabile.

Una cosa che non mi aspettavo in tale strumento è la sua potenza ottica, abituato con un Meade da 35 cm credevo che l’ingrandimento utile fosse, si legato allo strumento, ma soprattutto al seeing, e ritenevo che l’ingrandimento massimo idoneo fosse il 200X. Il 60 invece si muove agevolmente tra le anse delle planetarie o dei globulari a 400X! Sembrano i 70-80 X di uno strumento di 20cm. E’ davvero la lavorazione dell’ottica a fare la differenza.

Velo del Cigno
Velo del Cigno

Un altro oggetto ricco di colori può essere il Velo del Cigno, (visibile agevolmente anche senza filtro interferenziale), qui molti appassionati dicono già di percepire il giallo, il verde o il rosa con un 40 cm. Effettivamente si nota una differenza cromatica ma è difficile stabilire l’esatto colore, una signora mi ha fatto notare che ha un bel rosato; ma mi riservo di abbuffarmi di mirtilli (si sa ottimi per aumentare l’acuità visiva notturna) per poter osservare al meglio tale sfumatura. Comunque a prescindere dalla sua elusiva colorazione la nebulosa Velo rivaleggia visualmente con le migliori foto per ricchezza e finezza dei dettagli.

Helix
Helix

Sulle planetarie in genere tale strumento è eccezionale, facili le nane al centro di M 57, di M27, della Helix, qui addirittura è visibile l’arco esterno all’ ”elica”. Inizialmente credevo fosse un riflesso dell’oculare, ma poi spostando il tele, si notava che era una struttura del fondo cielo. Su M27 la visione è da 3D le orecchiette sono evidentissime così come la stellina centrale. Un’altra piacevole sorpresa è la Eskimo, risolta nei suoi 3 differenti gradi di luminosità o gusci di espansione (naso, faccia, cappello) la cosa inusuale è osservare i 3 distinti salti di brillantezza poiché in generale le nebulose possiedono un’omogenea distribuzione di luminosità.
Però a dire il vero non mi sono mai messo a spingere l’osservazione visuale al massimo, ho sfruttato pochissimo la visione distolta e ho lasciato adattare al buio il mio occhio solo per pochi minuti. Il 60 cm è comandato in remoto tramite Pc e lo schermo LCD del computer anche se messo alla minima luminosità incide negativamente sull’adattamento al buio. Come si sa dopo circa 15 minuti si ha la dilatazione massima della pupilla, dopo di che ci vogliono altri 15 minuti per far produrre all’occhio una speciale proteina che spinge i bastoncelli a guadagnare ulteriori 2 magnitudini in sensibilità.
Però il campo dove il telescopio mi ha lasciato senza parole è l’astrofotografia. Già dal singolo scatto digitale si nota l’incredibile risoluzione e contrasto dello strumento. Dove con strumenti della classe dei 20-30 cm prima erano visibili delle macchie o delle striature nere, ora sono risolte in nubi galattiche in 3 dimensioni. Lo stesso gas nebulare ha una plasticità incredibile. E poi i tempi di posa; allo zenith già con 4 minuti di posa si raggiunge il limite di saturazione del fondo cielo. Inoltre ho paragonato la puntiformità stellare delle mie astrofoto con le riprese effettuate dai migliori astrofotografi americani, anche se loro utilizzano una configurazione Ritchey-Chretien con una focale attorno ai 4000 mm, il mio Newton con soli 2200 mm di focale garantisce una puntiformità superiore a parità di campo inquadrato. Tale performance però richiede una guida automatica con CCD, infatti nonostante abbia provato a guidare in manuale a più di 300X risulta difficile ottenere stelle perfettamente puntiformi, l’eccellente qualità ottica non ammette errori. Per gli scatti utilizzo una Canon modificata accoppiata con uno spianatore di campo Televue. Però non oso immaginare cosa possa venir fuori con un CCD a largo campo dotato di filtri e ottica attiva e uno spianatore di campo più sofisticato. Le foto che fino adesso ho realizzato sono perciò solo un primo risultato, che lasciano intravedere le grandi potenzialità di questo 60 cm.
Una mia amica però mi ha detto che non è giusto che tenga tale strumento sia solo per me, è infatti conto di renderlo accessibile al pubblico in breve tempo. L’osservatorio è situato all’interno di un agriturismo dove si può alloggiare in confortevoli camere o gustare i prodotti aziendali. Credo che poche strutture in Italia possano permettere agli ospiti di dormire a soli 20 metri da un piccolo mostro di 60 cm sotto un cielo trapuntato di stelle. E se si è troppo stanchi dalla montagna si può fare sempre un tuffo nel mare cristallino di Reggio Calabria distante appena 20 km dall’osservatorio “Notte Stellata”.
Ho deciso di dare questo nome alla struttura, in ricordo del quadro di Van Gogh che tra le stelle del suo celeberrimo dipinto, ha riprodotto quello che Lord Ross per primo aveva osservato e disegnato grazie al suo nuovo telescopio di 180 cm: la struttura a spirale di M51, che come detto questo telescopio è in grado di rendere appieno.

russoMassimo Russo, nato nel 1971, sono un astrofotografo mi occupo di astronomia sin da bambino, ho pubblicato articoli astronomici nelle maggiori riviste italiane del settore, le mie foto sono state pubblicate anche su riviste internazionali e dalla BBC. Attualmente gestisco l’agriturismo “Notte Stellata” in Aspromonte e faccio parte della commissione tecnico scientifica del Planetario Pitagora di Reggio Calabria. Amo viaggiare per il mondo in cerca di eventi rari come eclissi, stelle cadenti, comete.

Questo è per te (forse)

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Ci chiedevamo se gli interrogativi che tormentano la mente dell’astrofilo medio siano poi davvero gli stessi che abitano i dubbi delle persone normali. Non che si voglia insinuare con questo che gli osservatori di stelle tanto “normali” non siano; anzi… però, dopo aver frequentato per un po’ il Forum di questa sublime rivista, qualche inevitabile dubbio si affaccia alle nostre timide menti. Avete già provato una simile ebbrezza? No? Ah, dovreste, dovreste davvero… è tutto un susseguirsi di domande tecniche e ancor più tecniche risposte, con solo qualche rara ed isolata discussione (ma il termine esatto è “topic”) che non tratta delle gioie dell’osservazione.
E’ stato però proprio in una di queste discussioni che non trattavano né di montature equatoriali né di Barrow apocromatiche che ci siamo ritrovati a ripercorrer alcuni titoli e frasi celebri della fantascienza: anche perché sentenze quali “La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci”, anche se si ritrova nel ciclo della Fondazione di asimoviana memoria, non sfigurerebbe neanche in un più austero testo di filosofia morale. E allora il gioco delle citazioni può facilmente prendere il via, in una sfida tutta giocata sul ricordare chi, dove, in quale libro e in quale situazione si narra la tal cosa o si dice la tal altra. E da gioco nasce gioco: se gli epigrammi filosofici vi sembrano troppo impegnativi, esiste sempre la possibilità di ripiegare su oggetti meno impegnativi ma certo non meno intriganti.
Allora, non ci vuole molto lasciar correre l’immaginazione: immaginate pure di avere quattro autorevoli rappresentanti di vetuste civiltà galattiche, che abbiano deciso di ritrovarsi per scambiarsi i rituali doni di fine anno (anno galattico standard, naturalmente).Immaginate che questi allegri rappresentanti delle diverse confederazioni abbiano portato ciascuno un regalo per gli altri tre, e che se li siano scambiati, aperti, e che poi si siano recati al pranzo ufficiale (innaffiato con abbondanti libagioni). Al ritorno, inutile dirlo, si sono accorti che non riuscivano minimamente a ricordare chi avesse regalato che cosa a chi.
Il bello è che hanno fisiologie decisamente diverse l’uno dall’altro per quanto riguarda la tolleranza all’alcool; infatti, reduci dai festeggiamenti, uno di loro ricorda tutto perfettamente (quindi tutte le sue affermazioni sono vere), un altro sbaglia un quarto delle affermazioni che fa (e quindi solo i tre quarti delle sue affermazioni sono corrette) e, mentre il terzo che si mantiene a malapena in piedi riesce ad affermare metà delle cose correttamente, il quarto è ormai completamente perso, non ne azzecca una neanche a pagarla.
Di seguito, il dialogo che si svolge tra questi preclari rappresentanti di quattro storiche civiltà.

    Aldebaran: “Sono sicuro che l’ Acqua di Jabra sia per Canopo.”
    Deneb: “La Lente Galattica è mia.”
    Betelgeuse: “Credo che la Lente Galattica sia per Aldebaran.”
    Deneb: “I Cristalli Sognanti e l’Enciclopedia Galattica sono per Aldebaran.”
    Betelgeuse: “No, i Cristalli Sognanti sono per Canopo.”
    Canopo: “E la Maschera del Cacciatore di Draghi è tua, vero?”
    Betelgeuse: “La Coperta Enciclopedica e l’Ansible sono miei.”
    Canopo: “E anche l’Enciclopedia Galattica.”
    Betelgeuse: “Io ho ricevuto l’Olio di Trifide.”
    Canopo: “La Lente Galattica arriva da me.”
    Aldebaran: “Credo l’Enciclopedia Galattica sia per me.”
    Deneb: “Betelgeuse, lo Scudo di Dilithium è tuo.”
    Betelgeuse: “Io ho ricevuto l’Amuleto di Yendor da Aldebaran.”
    Canopo: “Io sono quello che ha regalato l’ Enciclopedia Galattica.”
    Aldebaran: “l’Olio di Trifide arriva da Deneb”
    Deneb: “L’Ipercubo di Rubik è per Aldebaran.”
    Aldebaran: “Io ho ricevuto la Coperta Enciclopedica.”
    Deneb: “E la Maschera del Cacciatore di Draghi è per Canopo.”
    Aldebaran: “La Coperta Enciclopedica e la Maschera del Cacciatore di Draghi sono per Deneb.”
    Canopo: “La Coperta Enciclopedica è da parte mia.”
    Betelgeuse: “Io ho regalato la Lente Galattica, vero?.”
    Canopo: “Io ho regalato i Cristalli Sognanti.”
    Aldebaran: “Credo che lo Scudo di Dilithium fosse un regalo a Betelgeuse da Canopo.”
    Deneb: “L’Olio di Trifide è per Betelgeuse.”
    Canopo: “La Maschera del Cacciatore di Draghi è da parte di Aldebaran.”
    Deneb: “L’Ansible è per Canopo.”
    Betelgeuse: “Credo l’Ansible sia da parte di Aldebaran.”
    Betelgeuse: “Io ho regalato l’Ipercubo di Rubik.”
    Aldebaran: “I Cristalli Sognanti arrivano da Betelgeuse.”
    Deneb: “Io ho regalato l’Acqua di Jabra a Canopo.”
    Canopo: “…e in cambio io ti ho regalato la Spada Jedi.”
    Aldebaran: “Non credo la Spada Jedi sia un regalo da parte tua”

I dialoghi non sono il massimo della lucidità post-prandiale, ma vi assicuriamo che la situazione è pienamente ricostruibile. Come dimostrazione, ci accontenteremmo di sentirvi spiegare chi regala la Spada Jedi a chi. Ma non dimenticate la versione antologica (o meglio “antilogica”) è altrettanto carina: riuscite a ricordare in quali romanzi si trovano i vari regali citati nella storia?


Ci piacerebbe molto raccontarvi di come il quesito del numero scorso abbia generato un feroce imbarazzo per l’attribuzione del premio mensile, ma è quasi certo che rimarreste stupiti dalla cronaca: in realtà imbarazzo c’è stato, e molto anche, ma è stato causato non dal dilemma nello scegliere il vincitore, quanto nell’attribuzione del premio. Il fatto è che indubbiamente Paolo Schiavone ha ampiamente distanziato la concorrenza per capacità analitiche e per piacevolezza scrittoria, quindi non c’è dubbio sul fatto che sia lui a meritarsi la palma della vittoria; ma è anche vero che è già al suo secondo trionfo, e quindi il premio deve differenziarsi un po’…

Viaggio in EGITTO

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Egitto

EgittoMappa Egitto

Programma

1° giorno, venerdì 24 marzo

ROMA / IL CAIRO
Ritrovo dei partecipanti all’aeroporto di Roma Fiumicino e partenza con volo di linea Egyptair per il IL CAIRO. All’arrivo, disbrigo delle formalità doganali e trasferimento con pullman privato in hotel. Pernottamento.

2° giorno, sabato 25 marzo
IL CAIRO
Trattamento di pensione completa in hotel. Giornata dedicata alla visita della citta: il MUSEO EGIZIO, la più grande e straordinaria raccolta di reperti ed opere d’arte dell’antico Egitto, il Cairo islamica, con sosta alla Cittadella E alla moschea di Mohammad Ali.

3° giorno, domenica 26 marzo
IL CAIRO / ALESSANDRIA (km 230 c.a.)
Prima colazione in hotel e pertenza per la visita delle Piramidi di Giza. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio trasferimento ad Alessandria. Sistemazione in hotel, cena e pernottamento.

4° giorno, lunedì 27 marzo
ALESSANDRIA
Trattamento di pensione completa in hotel. In giornata, visita della città, grande centro culturale dell’antichità, fondata da Alessandro il Grande nel 322 a.C. Si inizia dalla nuovissima biblioteca, erede di quella del periodo tolemaico, per proseguire con il Museo greco romano, le catacombe di Kom El Shuqafa, la moschea di Abu El Abbas, la cosiddetta “colonna di Pompeo”, in realtà edificata in onore dell’imperatore Diocleziano.

5° giorno, martedì 28 marzo
ALESSANDRIA / MERSA MATROUH (km 300 c.a.)
Prima colazionee partenza in direzione ovest, costeggiando le rive del Mediterraneo. Pranzo in ristorante e arrivo, nel pomeriggio, a Mersa Matruh, sistemazione in hotel, cena e pernottamento.

6° giorno, mercoledì 29 marzo
MERSA MATRUH / SOLLUM (ECLISSI DI SOLE) / ALESSANDRIA / IL CAIRO
All’alba trasferimento da Mersa Matruh a Sollum (Km 220 c.a.). Arrivo previsto a Sollum per le ore 08.00. Tempo a disposizione per la sistemazione della strumentazione per assistere alll’eclisse totale di sole (prevista per la tarda mattinata). Pranzo al sacco. Verso le ore 15.00, partenza per il lungo viaggio di rientro al Cairo (750 km c.a.). Cena in ristorante lungo il percorso e arrivo in tarda serata, sistemazione in hotel e pernottamento.

7° giorno, giovedì 30 marzo
CAIRO/ROMA FIUMICINO
In tempo utile, trasferimento all’aeroporto del Cairo. Disbrigo delle formalità doganali e partenza con volo di linea Egyptair per Roma Fiumicino. Fine dei servizi.

Quota di Partecipazione

Quota individuale di partecipazione (minimo 25 persone) € 1.180,00
Supplemento singola (su richiesta se disponibile) € 75,00
Visto di ingresso € 25,00
CONSIDERATA L’ECCEZIONALITÀ DELL’EVENTO, IL TERMINE MASSIMO PER LE PRENOTAZIONI È IL 27 OTTOBRE 2005

La Quota Comprende

• voli di linea Egyptair Roma Fiumicino/Il Cairo/Roma Fiumicino in classe economica
• franchigia bagaglio kg 20
• tasse aeroportuali
• tutti i trasferimenti indicati in programma a bordo di pullman, inclusi i costi del conducente, carburante, pedaggi e posteggi
• visite da programma con guida per tutta la durata del tour
• sistemazione in hotel 4 stelle al Cairo e Alessandria e 3 stelle a Mersa Matruh
• trattamento di pensione completa dal pernottamento del 1° giorno alla prima colazione dell’ultimo giorno
• assicurazione sanitaria, bagaglio e annullamento viaggio.

La Quota non Comprende

• bevande ai pasti
• escursioni facoltative
• mance, extra personali e tutto quanto non indicato alla voce “La quota comprende”

Documenti

Note

Passaporto individuale, con validità minima di 3 mesi, e visto consolare.
Pur trattandosi di servizi di linea, gli orari dei voli, possono subire modifiche e sono quindi soggetti a riconferma. Le visite potrebbero di conseguenza subire variazioni di ordine organizzativo, fermo restando il giorno 29/03/05 per la visione dell’evento astronomico. Attualmente il pernottamento del 6° giorno è a Mersa Matruh, stiamo verificando la possibilità di pernottare direttamente sul luogo dell’eclisse, il più vicino possibile, eventualmente in campo tendato. Considerata l’importanza dell’evento astronomico potranno verificarsi disagi e variazioni sui servizi.
Validità delle quotazioni: sono al momento in corso notevoli rincari del costo del carburante e delle tasse aeroportuali. La quota di partecipazione è stata calcolata in base al costo dei voli e dei servizi in vigore al 22/08/05 e al tasso di cambio valutario 1 € = 1,35 US$

Prenotazioni e Informazioni

Termine prenotazioni: 27 Ottobre 2005

Per informazioni e prenotazioni:
Centro Turistico Modenese di Robintur spa
Via Bacchini, 15- 41100 Modena
Tel. 059/2133701
E-mail: ctm.gruppi@robintur.it
Web: www.robintur.it

Per informazioni astronomiche:
Massimiliano Di Giuseppe Tel. 338/5264372
Ferruccio Zanotti Tel. 338/4772550
E-mail: columbia@global.it
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ATMOS e l’Optical Design

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aberrazione sferica longitudinale e trasversale
Un grafico mostra il comportamento dell’aberrazione sferica longitudinale ed uno di quella trasversale.

Agli inizi del XVII secolo vi fu una vivace disputa sulla paternità dell’invenzione di un singolare strumento capace di ‘avvicinare’ oggetti lontani grazie ad un’appropriata combinazione di semplici lenti. Ne furono protagonisti l’occhialaio Jan Lippershey di Middelbourg e James Metius di Alkmaar, entrambi autori di una specifica petizione diretta agli Stati Generali olandesi per assicurarsene il brevetto, e forse anche un terzo contendente, Zacharias Jansen. Al di là dei dubbi e delle contese, l’aspetto più rilevante è che nel 1609 Galileo Galilei, durante il suo soggiorno patavino, riuscì a ricostruirne uno, lo chiamò cannocchiale e lo rivolse verso il cielo, segnando in quel momento l’inizio della moderna Astronomia telescopica e di fatto una grande rivoluzione per la Scienza. In principio si trattava di strumenti dalle prestazioni modeste e per decenni le migliorie apportate o suggerite da Kepler, Descartes, Hevelius e Huygens potevano essere considerate piuttosto come il frutto di applicazioni empiriche. I lunghi rifrattori e i nuovi riflettori con specchi in leghe metalliche nati verso la fine di quel periodo e a cavallo del XVIII secolo presentavano limitazioni nell’ampiezza di campo utile e nella qualità delle immagini non legate solo alle procedure di fabbricazione degli obiettivi, ma soprattutto alla presenza di aberrazioni inerenti agli schemi ottici adottati, causate dal comportamento della luce al loro interno e non ancora perfettamente comprese dal punto di vista fisico. La correzione di questi difetti richiedeva un approccio analitico più rigoroso, che cominciò ad apparire nei lavori di ottica teorica di Isaac Newton (1666) e tese a perfezionarsi in quelli successivi di Dollond, il primo a costruire un obiettivo acromatico sulla base di calcoli geometrico-matematici. Altri importanti contributi vennero poi da Fraunhofer, Wollaston, Coddington, Hamilton e Gauss. Deposti i monumentali telescopi di William Herschel, bisognerà giungere al 1840 per avere con Petzval un primo esempio di applicazione generale dei metodi matematici al tema della progettazione di lenti, questa volta destinate ad una nuova straordinaria tecnica di fare immagini, la fotografia, seguito poco più tardi dalla pubblicazione della  teoria delle aberrazioni di Seidel, distinte in due cromatiche, l’aberrazione cromatica longitudinale e quella laterale, e in cinque monocromatiche di terzo ordine, l’aberrazione di sfericità, di coma, l’astigmatismo, la curvatura di campo e la distorsione. Il progressivo affinamento di queste metodiche portò ben presto all’affermazione della nuova disciplina scientifica dell’Optical Design, la quale mira a sviluppare, controllare e ottimizzare sistemi diottrici, catottrici o catadiottrici in grado di creare immagini del mondo reale grazie alle proprietà fisiche della luce, nonché di misurare quantitativamente o di analizzare qualitativamente la radiazione luminosa su un ampio range spettrale. Se per la parte di lavoro del progettista che consiste nel valutare le prestazioni dell’obiettivo a mano a mano che il progetto evolve la teoria delle aberrazioni di Seidel rappresentava di sicuro un valido ausilio, per altri versi si rendeva necessaria un’analisi molto più approfondita della struttura dell’immagine in formazione, utilizzando metodi basati sulla trigonometria e su specifiche leggi, come quella di Snell sulla rifrazione e la riflessione della luce. Ricordiamo che per la prima esiste un rapporto fra l’angolo formato da un raggio di luce con la normale della superficie ottica (ε) e quello del raggio rifratto (ε1) secondo la relazione:

sin e /sin ε1 = n1 / n

dove ( n ed n1) sono gli indici di rifrazione dei mezzi attraversati dalla luce, ad esempio un vetro ottico di una lente e l’aria. La seconda, invece, afferma che l’angolo di incidenza (i) di un raggio di luce su una superficie speculare è uguale a quello di riflessione (i1) in base alla relazione:

i = -i1

Anche il telescopio, come tutti i sistemi ottici, obbedisce a queste due leggi.

Sappiamo che esso è composto da lenti o specchi o entrambi le cui funzioni principali sono il potere risolutivo, cioè la capacità di separare particolari od oggetti tra loro angolarmente molto vicini, considerando i fenomeni connessi alla natura ondulatoria della luce, e quella di aumentare la quantità di luce raccolta che raggiunge il recettore (occhio, pellicola fotografica o sensore digitale). Nonostante la complessa natura della luce, a proposito della quale si parla di onde, particelle e pacchetti di fotoni, nel calcolo e nella progettazione dei sistemi basati su ottiche geometriche si fa riferimento a raggi o a fasci di raggi luminosi, ognuno dei quali è seguito lungo una direzione lineare quando penetra nel sistema ottico, finché non incontra un ostacolo o attraversa un mezzo con caratteristiche dispersive particolari (aria, vetro) e subisce gli effetti di fenomeni come la diffrazione, la rifrazione o l’interferenza. Insieme con i raggi nell’Optical Design si parla anche di fronti d’onda per indicare superfici curve, fisiche o geometriche, normali ai primi. Nel caso di una sorgente luminosa puntiforme e di un mezzo omogeneo che abbia un indice di rifrazione costante i raggi luminosi si possono rappresentare come linee diritte divergenti da quel punto, mentre i fronti d’onda hanno forma sferica con il centro di curvatura sull’oggetto. Un buon sistema ottico deve essere in grado di raccogliere raggi e fronti d’onda della sorgente-oggetto e reindirizzarli, nella maniera più fedele e inalterata possibile, verso i corrispondenti punti e centri di curvatura dell’immagine, ossia sul piano focale dell’obiettivo. La valutazione matematica e qualitativa di questo durante la fase di progettazione richiede il tracciamento di molti raggi geometrici reali o trigonometrici (ray-tracing), che attraversano il sistema ottico, partendo dalla sorgente luminosa e giungendo sul piano ove si forma l’immagine. Per ciascun raggio si applica la legge di Snell, via via che esso incontra le varie superfici con calcoli ripetuti per ogni raggio e per ogni superficie, con i risultatiottica raggiunta negli stadi iniziali del progetto. I termini “ primo e terzo ordine” fanno riferimento a certe proprietà delle funzioni trigonometriche, dal momento che le aberrazioni ottiche dipendono in misura rilevante dagli angoli dell’immagine, soprattutto dalle funzioni del seno e della tangente. Un pregio del metodo di Seidel è che il progettista può  trattare ogni singola aberrazione in luce monocromatica con un calcolo a sé stante, così che diventa facile individuare quale superficie aberrata all’interno dello schema ottico abbia dato il maggior contributo alla formazione dell’immagine non perfetta; 3) il calcolo o disegno del raggio meridionale, un esatto ray-tracing nel quale il percorso di ciascun raggio è calcolato attraverso gli elementi ottici, utilizzando le leggi della rifrazione e della riflessione. Il ray-tracing meridionale è ristretto al piano che passa dal centro degli elementi ottici dell’obiettivo, talvolta detto piano meridionale o tangenziale; 4) infine il tracciamento dei raggi d5113055  raccolti in apposite tabelle. Agli albori dell’Optical Design l’esecuzione di questi calcoli avveniva manualmente con grande dispendio di tempo e di risorse; in seguito si utilizzarono il sistema dei logaritmi e le calcolatrici meccaniche (1930), finché l’avvento del computer (1960) pose fine alle applicazioni manuali e non solo favorì la velocizzazione dei calcoli e delle operazioni geometriche, ma permise anche la creazione di nuovi algoritmi che consentivano di modificare liberamente i parametri dell’obiettivo allo scopo di migliorarne le prestazioni. In sostanza, partendo da una configurazione iniziale, con il computer divenne possibile ottimizzare l’obiettivo attraverso un processo iterativo facilmente controllabile, al termine del quale il progettista aveva la ragionevole sicurezza che la qualità dell’immagine raggiunta fosse la migliore che quell’obiettivo poteva fornire, tenuto conto della configurazione ottica di base, della focale, dell’apertura relativa, del campo di visione, delle lunghezze d’onda selezionate o dei valori di ostruzione scelti. Altra importante conseguenza fu la riqualificazione degli schemi ottici più tradizionali elaborati nei secoli precedenti, i quali potevano essere ricalcolati per ottenere prestazioni più esaltanti o per semplificare i processi di produzione o ancora per sperimentare le caratteristiche di nuovi tipi di vetro ottico naturale o sintetico o, infine, per sviluppare schemi ottici più complessi e innovativi con una maggiore riduzione delle aberrazioni, un miglioramento del potere di contrasto e della definizione grazie all’impiego di vetri con materiali dalle migliori proprietà dispersive e rifrattive o che apparissero più in sintonia con le qualità di imaging dei nuovi rivelatori a stato solido anche nelle regioni estreme dello spettro elettromagnetico.

In linea generale le fasi nelle quali più comunemente si articola l’Optical Design sono:

1) il calcolo parassiale o calcolo di primo ordine.
E’ un metodo applicato per le regioni vicine all’asse ottico entro piccolissime distanze e angoli fuori asse. Esso fornisce la posizione dei piani principali, la lunghezza focale del sistema, informazioni sui raggi di curvatura, gli spessori e le distanze degli elementi ottici, mentre non offre nessun dato relativo alle aberrazioni ottiche.
2) il calcolo di Seidel o di terzo ordine.
Permette al progettista di analizzare i tipi e considerare il peso delle aberrazioni eventualmente presenti, per compiere una rapida valutazione della qualit_liqui (skew ray-tracing), un metodo nel quale si determinano i percorsi di un grande numero di raggi che coprono l’intera pupilla di entrata dell’obiettivo al fine di produrre dei diagrammi a macchie e mostrare con estremo rigore il tipo di immagine finale che il sistema ottico potrà produrre.

Nel configurare un sistema ottico il progettista deve determinare alcuni requisiti fondamentali: ad esempio la natura e combinazione delle ottiche, il livello delle prestazioni da raggiungere, la destinazione d’uso finale, le caratteristiche meccaniche, le variabili che egli è in grado di controllare, la tipologia degli strumenti di registrazione e analisi dell’immagine ai quali l’obiettivo andrà applicato.
Ad una visione generale dovrebbe far seguire un esame più dettagliato:

  1. delle proprietà del sistema di primo ordine
    Esse includono il diametro della pupilla d’entrata (E.P.D.), la lunghezza focale (F), il rapporto focale (f), l’ingrandimento (i), il campo di visione (F.O.V.), lo spazio della cosidetta back focal lenght (B.F.L.), il range di lunghezze d’onda scelte per l’analisi del sistema ottico o per l’osservazione migliore.
  2. dei requisiti dell’imaging
    Questo aspetto riguarda il livello di dettaglio nell’oggetto che deve essere registrato. Le misure dirette sulla qualità dell’immagine comprendono le dimensioni geometriche delle macchie nei relativi diagrammi, l’errore geometrico di fronte d’onda, la risoluzione angolare limite, il trasferimento di contrasto ad una specifica frequenza spaziale calcolato attraverso la funzione di trasferimento della modulazione (M.T.F.), il rapporto Strehl, l ‘Encircled Energy Plot’ (E.E.P.). I requisiti di imaging determinano anche se il campo sarà piano o curvo e la quantità accettabile di distorsione per aberrazioni o diffrazione.
  3. di ulteriori considerazioni particolari.
    Tra le considerazioni speciali troviamo dettagli tecnici tipici di strumenti di analisi della radiazione elettromagnetica come gli spettrografi, i fotometri, i coronografi, gli interferometri, i telescopi a raggi X o per l’infrarosso.

Il progettista ottico può controllare solo alcune variabili del sistema dette gradi di libertà. Un grado di libertà indica l’abilità di fare una libera scelta rispetto ad un parametro ottico: ad esempio può essere utile variare il raggio di curvatura di una lente o la distanza fra due superfici, ricalcolare l’asfericità di una superficie o scegliere un tipo di vetro piuttosto di un altro per via delle differenti proprietà dispersive. Un’efficace correzione delle aberrazioni di immagine di un sistema ottico impone al progettista di disporre di tanti gradi di libertà quanto è il numero di aberrazioni da eliminare. Spesso è necessario contare il numero di variabili che uno strumento ottico consente di cambiare durante le fasi di ottimizzazione del progetto, delle quali occorre stimare quante siano indipendenti ed effettive nel controllare le proprietà e le aberrazioni ottiche. Per i sistemi formati da superfici sferiche centrate le sole variabili sono: le curvature/raggi delle superfici, lo spazio/spessore tra le superfici, i tipi di vetro distinti per indici di rifrazione e dispersione cromatica, la posizione del diaframma all’interno dello schema ottico. Sistemi meno convenzionali hanno altre variabili, che derivano dall’uso di superfici asferiche, inclinate e decentrate, o da prismi o reticoli di diffrazione. Come già accennato, sebbene le formule e i calcoli conducano a soluzioni molto vicine al progetto finale, di norma è necessario un processo conclusivo di ottimizzazione dei sistemi elaborati, ricorrendo a tecniche di ray tracing via via più precise, così da ridurre al massimo le aberrazioni residue assiali ed extrassiali.
Il procedimento si svolge con prove ed errori, tenendo conto di questi e cercando di eliminarli un po’ alla volta, attraverso l’introduzione di piccole variazioni nei parametri ottici: ad esempio modificando la combinazione correttore-secondario nei catadiottrici o cambiando il raggio di curvatura del secondario, nel caso dei riflettori.

In conclusione il progettista al termine del suo lavoro dovrebbe avvicinarsi il più possibile ai criteri indicati da Maxwell per l’immagine perfetta:

  1. nel caso di una sorgente luminosa puntiforme, tutti i raggi che attraversano il sistema ottico devono convergere in un’unica immagine puntiforme, cioè i punti devono essere riprodotti come punti;
  2. se la superficie dell’oggetto-sorgente è un piano perpendicolare all’asse ottico, anche le corrispondenti immagini devono giacere su un piano normale a quell’asse, cioè il sistema ottico deve avere un campo piano;
  3. linee diritte presenti sul piano dell’oggetto-sorgente devono essere riprodotte come linee diritte anche sul piano dell’immagine, cioè il sistema ottico deve essere privo di distorsioni o altre aberrazioni geometriche.

Se da un lato la gran parte delle case produttrici di strumenti ottici hanno sviluppato propri software di Optical Design con criteri direttamente legati alle fasi di creazione industriale dei loro obiettivi, a livello commerciale e ‘amatoriale’ evoluto, invece, i programmi più noti in cui è possibile usare ed approfondire molte delle funzioni prima sommariamente indicate sono OSLO, ZEMAX, MODAS, BEAM 4, TDESIGN, LENSDES e RAYTRACE, questi ultimi tre integranti l’ottimo testo “Telescope Optics” di H.Rutten e M.van Venrooij.

Da qualche anno troviamo accanto ad essi un altro straordinario software di Optical Design prodotto da Massimo Riccardi, ATMOS (Amateur Telescope Maker Optical designer and analysis Software), un programma nato con l’intento di ampliare le capacità offerte dalle funzioni presenti nel lavoro dei due ultimi autori citati, soprattutto con la possibilità di creare diagrammi a macchie per molte lunghezze d’onda contemporaneamente ed offrire all’utente una serie di strumenti di analisi e progettazione dei sistemi ottici completa, veloce, approfondita, flessibile, in grado di giungere a soluzioni tecniche innovative o di perfezionare quelle più tradizionali al fine di elaborare un obiettivo di alte prestazioni e garantire la migliore qualità delle immagini ottiche.

Compilato all’inizio in Qbasic, ATMOS fu in seguito sviluppato in ambiente Windows per poter disporre di una migliore veste grafica e di un’interfaccia utente più ‘amichevole’ grazie alla presenza di finestre, pulsanti e caselle utili all’immissione e alla visualizzazione dei vari dati. ATMOS, che consente di lavorare con sistemi ottici simmetrici per rotazione, assialmente centrati e fuori asse, contiene vari menu a tendine, dai quali si accede alle numerose operazioni di design e analisi delle principali configurazioni ottiche. Vediamole più in dettaglio.

Attraverso il menu (File) l’utente può scegliere tra la creazione di un nuovo progetto ottico, l’apertura di uno dei 36 già esistenti e il salvataggio di quello in corso. Nel primo caso viene visualizzata una tabella in cui andranno inseriti con esattezza alcuni dati preliminari di fondamentale importanza per la definizione teorica del sistema ottico, fra i quali il numero delle superfici (fino a 100, oltre al piano focale e ai cosidetti obscuration screens, ossia alle aree non illuminate presenti nel percorso dei raggi di luce prodotte da elementi ostruttivi), lo stop d’apertura, il semidiametro dell’obiettivo, il raggio di curvatura delle superfici (seguendo le indicazioni fornite nell’help circa la convenzione dei segni), lo spessore delle lenti misurato sull’asse centrale, il mezzo attraversato dalla luce (aria, vetro), il tipo di vetro ottico, scelto dai cataloghi Schott, (persino con riferimento ai nuovi “vetri ecologici” a basso contenuto di arsenico e piombo), Ohara, Hoya e Corning, l’indice di rifrazione, la figura della superficie (sferica, conica o di ordine superiore, come ad esempio può essere una lastra correttrice di Schmidt). E’ possibile selezionare fino a sei lunghezze d’onda operative (per le righe C, e, F del visibile, per la visione scotopica o per quella fotopica), il semidiametro del fascio luminoso in entrata, la distanza, finita o infinita, delle sorgenti, l’angolo di semicampo Alcuni di questi parametri possono essere inseriti anche utilizzando le funzioni di (Edit), come il numero delle superfici, le lunghezze d’onda o i valori lineari delle superfici non centrate e quelli angolari delle superfici inclinate. Una volta immesse queste informazioni numeriche, il programma esegue una serie di calcoli e fornisce i dati relativi alla B.F.L. (back focal lenght), alla lunghezza focale, all’altezza che il raggio principale raggiunge rispetto all’asse ottico sul piano focale e  al rapporto focale dell’obiettivo.

Nell’altro caso, invece, gli esempi presentati appaiono già completi e pronti per l’analisi ottica, che si effettua per mezzo delle funzioni contenute nel menu (Analysis).
Queste sono:

1) Detailed Spot Diagram (diagrammi a macchie dettagliati e policromatici con analisi della vignettatura)

Si tratta di particolari diagrammi nei quali, sulla base di complesse equazioni di ottica geometrica, si analizza un fascio di raggi luminosi monocromatici dentro un sistema ottico di lenti o specchi e si simulano le dimensioni, la forma e la distribuzione della luce proveniente da un oggetto puntiforme, come una stella, quando attraversa un obiettivo per giungere sul piano dell’immagine. Se si trascura la diffrazione, il diagramma costituisce una specie di mappa di tutti i punti di impatto dei fotoni sulla superficie dell’immagine, dando così una esatta visualizzazione della qualità di questa e delle eventuali irregolarità create dalle aberrazioni esistenti. Per i sistemi che formano immagini con luce policromatica o in cui sono impiegati vetri con differenti indici di rifrazione i raggi possono essere migliaia, in relazione alle lunghezze d’onda prescelte. ATMOS può tracciarne fino a 30000, 5000 per ognuno dei 6 colori considerati. L’analisi è condotta anche per i raggi provenienti con angoli fuori asse o a più lunghezze d’onda contemporaneamente, nel caso di lenti. Variando la posizione del piano focale  in avanti e indietro, è possibile esaminare l’effetto del fuocheggiamento sulla struttura del diagramma a macchie, al fine di fissare il cosidetto best focus, ossia la posizione in cui la messa a fuoco fornisce le immagini più puntiformi; la funzione consente anche di tener conto della percentuale di campo vignettato, cioè non del tutto illuminato, soprattutto ai bordi.

2) Multispot Diagram (through focus/field) (diagrammi multispot, in relazione al rapporto fuoco/campo)

Questi diagrammi a macchie sono ottenuti nello stesso tempo sull’asse ottico, sul 70% del campo di visione e sul 100% dello stesso, per diverse posizioni del piano focale, in modo da permettere al progettista di verificare le tolleranze di fuoco del sistema.

3) Matrix Spot Diagram (diagrammi a macchie di tipo matrix)

Sono diagrammi a macchie individuali per ciascuna lunghezza d’onda, visualizzate separatamente e poi comparate con le dimensioni dei corrispondenti dischi di Airy.

4) Total Field Spot Diagram (diagrammi a macchie a campo pieno)

In questo caso un grafico diviso in nove settori fornisce un quadro complessivo delle figure di diagrammi a macchie per angoli e distanze diverse dal centro asse, lungo le coordinate x-y.

5) R.M.S. spot size versus focus, field, wavelenght (dimensioni R.M.S. della macchia in relazione al fuoco, al campo di visione e alla lunghezza d’onda)

Si visualizza un grafico in cui è rappresentata sull’asse delle ordinate il raggio RMS (root mean square) della macchia confrontata con le dimensioni del disco di Airy e su quello delle ascisse la variazione positiva e negativa della B.F.L., o quella dell’angolo di campo o di diverse lunghezze d’onda.. La B.F.L. è la distanza lungo l’asse ottico dal vertice della superficie della lente posteriore o dello specchio primario al fuoco parassiale per un oggetto posto virtualmente all’infinito.

Si passa, quindi, all’esame  delle aberrazioni ottiche assiali ed extrassiali, la cui rilevanza è di assoluta preminenza sulla qualità dell’immagine finale fornita dall’obiettivo. Infatti, se si trascurano gli errori di fabbricazione o di assemblaggio, nonché gli effetti della diffrazione e della turbolenza atmosferica, sono proprio quei difetti che impediscono ad un sistema ottico di creare un’immagine perfetta, ossia un’immagine puntiforme di una sorgente luminosa puntiforme tanto sull’asse ottico, quanto a varie distanze dal medesimo.

6) Spherical Aberration + Coma  (O.S.C.) (Aberrazione sferica e coma)

aberrazione sferica longitudinale e trasversale
aberrazione sferica longitudinale e trasversale

Un grafico mostra il comportamento dell’aberrazione sferica longitudinale ed uno di quella trasversale. L’aberrazione di sfericità si ha quando raggi luminosi paralleli all’asse ottico che entrano a diverse altezze  nell’obiettivo vanno a fuoco su punti differenti lungo l’asse ottico. Quelli più vicini a quest’ultimo si focalizzano ad una distanza maggiore dall’obiettivo, nel cosidetto fuoco parassiale, quelli più lontani in un punto più vicino all’obiettivo, nel fuoco marginale. L’aberrazione sferica longitudinale corrisponde alla differenza tra il fuoco marginale e quello parassiale, quella trasversale alla distanza tra l’asse ottico e i raggi marginali, misurata secondo la normale all’asse ottico sul fuoco parassiale.
L’aberrazione di coma sorge quando i raggi fuori asse paralleli che attraversano la lente o si riflettono su uno specchio vicino ai bordi intersecano la superficie del piano immagine in punti diversi rispetto a quelli prossimi al centro dell’obiettivo, con il risultato di avere per un oggetto luminoso puntiforme un’immagine a forma di ventaglio o di coda di cometa. Per essere libero dal coma un sistema ottico deve soddisfare la condizione dei seni di Abbe, la quale richiede che in un siffatto sistema ogni raggio in uscita di un fascio incidente di raggi paralleli all’asse rispetti la regola:

h/sin U1 = C

dove (h) è l’altezza del raggio prima che entri nel sistema, (U1) l’angolo tra il raggio e l’asse ottico diretto verso il piano focale e (C) una costante, che può essere considerata come la lunghezza focale effettiva di ciascuna zona della pupilla d’entrata. Noto il valore di (C), un altro importante parametro può essere calcolato ai fini dell’identificazione e determinazione del coma, cioè l’O.S.C. (Offense against the Sine Condition), che sarà pari alla differenza frazionale tra il valore assiale di (C)  e quello di (C) all’altezza (h):

O.S.C. = C (h) / C(o) – 1.

Questa formula è valida in assenza di aberrazione sferica e per oggetti posti all’infinito.

ATMOS riproduce questi valori in un grafico, ponendoli in relazione all’altezza del raggio. Ogni scostamento dall’ordinata indicherà la presenza e l’entità dell’aberrazione comatica. I dati relativi sono anche raccolti in una tabella.

7) Field Curvature (Sagittal, Tangential, Average) (Curvatura di campo)

Tale aberrazione, in genere, potrebbe essere trattata insieme con l’astigmatismo, dal momento che un obiettivo affetto da questo presenta sempre  due superfici focali, una o entrambe curve. Per oggetti fuori asse i raggi tangenziali vanno a fuoco sulla superficie focale tangenziale, quelli sagittali sulla superficie sagittale. Pertanto la curvatura di campo e l’astigmatismo potrebbero essere descritti come curvatura di campo tangenziale e sagittale. Oppure essi potrebbero venire interpretati come variazioni della B.F.L. ad angoli di campo e distanze fuori asse. Tra le due superfici focali ne esiste una terza mediale, ove l’immagine di una sorgente puntiforme assume l’aspetto di un discoide noto come circolo di minima confusione. In presenza di curvatura di campo l’immagine si forma su una superficie quasi sferica con la concavità verso l’obiettivo. A seconda del campo che l’utente desidera utilizzare, ATMOS fornisce risultati grafici e tabulari con parametri come la distanza dall’asse, le dimensioni delle superfici tangenziali e sagittali, il raggio di curvatura medio di campo della superficie di miglior fuoco.

8 ) Distortion (Distorsione)

La distorsione è l’aberrazione che mostra quanto e come un oggetto posto su una superficie piana normale all’asse ottico è riprodotto su una superficie d’immagine piana anch’essa perpendicolare all’asse ottico. Se la superficie dell’oggetto appare, ad esempio,  come una griglia rettilinea piana e la relativa immagine è riprodotta nello stesso modo, allora l’obiettivo è ortoscopico cioè privo di distorsione. Ma se le linee fuori asse della griglia appaiono curvate, allora siamo in presenza di distorsione, che può essere a cuscinetto positiva o a barilotto negativa. Essa è causata da una variazione nella scala trasversale dell’immagine o dell’ingrandimento in funzione dell’angolo di campo fuori asse o della distanza. ATMOS visualizza un diagramma con l’andamento dei due tipi di distorsione, insieme con una griglia in cui è rappresentata graficamente l’entità di questa aberrazione.

9) Lateral Color (Aberrazione cromatica laterale) e Chromatic Focal Shift

Se la lunghezza focale effettiva di una lente varia con la lunghezza d’onda, allora anche le dimensioni dell’immagine varieranno con la lunghezza d’onda. A seconda del segno di questa aberrazione, l’immagine nel rosso può risultare più grande o più piccola di quella nel blu. Questo difetto, noto come aberrazione cromatica laterale o differenza cromatica d’ingrandimento, può essere corretto con un metodo molto simile a quello usato per l’aberrazione cromatica longitudinale, ossia accoppiando vetri con differenti indici di dispersione. Rappresentata in un diagramma a macchie policromatico, questa aberrazione si rivelerebbe con degli sfasamenti trasversali nelle macchie d’immagine a varie lunghezze d’onda. ATMOS mostra in un apposito quadro lo spostamento del piano focale e della B.F.L. in relazione alla variazione cromatica.

Sempre nel menu Analysis troviamo un’altra serie di strumenti per valutare in maniera ancora più approfondita la struttura dell’immagine via via che il progetto ottico tende a definirsi, con concetti come l’interferenza, la diffrazione, i colori, il dominio delle frequenze che la semplice ottica geometrica non è in grado di spiegare. In questi casi la luce all’interno del sistema ottico viene considerata anche nella sua natura di onde elettromagnetiche o di pacchetti di fotoni.

10) Ray fan plot

Non sempre le informazioni ricavabili dall’analisi degli spot diagram sono sufficienti per diagnosticare certi tipi di aberrazioni ottiche e le loro entità, soprattutto per quelle che interessano talune zone della pupilla d’entrata che i raggi luminosi attraversano prima di giungere a formare i vari punti della spot d’immagine. A tale scopo risultano molto utili i grafici delle curve di intercettazione dei fasci di raggi luminosi (ray fan plot). Un fascio di raggi è un insieme di raggi provenienti da una sorgente luminosa puntiforme tutti disposti su un piano, che, di norma, è fatto passare per il centro della pupilla d’entrata con il fascio che si estende da un lato della pupilla all’altro. Quando un dato raggio nel fascio passa nella lente diretto verso la superficie dell’immagine, esso attraversa la pupilla d’entrata in una zona con una specifica altezza rispetto all’asse ottico. Nel momento in cui intercetta la superficie d’immagine, esso, di solito, cade a piccola distanza (mai pari a zero) dal raggio principale ( che è quello che parte da un bordo estremo della sorgente, passa per il centro dell’obiettivo, interseca l’asse ottico e prosegue fino al bordo del campo d’immagine). Questa distanza trasversale dal raggio principale è l’errore di altezza, cioè l’aberrazione, del raggio iniziale corrispondente alla zona di altezza della pupilla d’entrata già vista. Il relativo diagramma presenta in forma grafica questi errori di altezza del raggio sulla superficie d’immagine come una funzione della corrispondente altezza nella pupilla d’entrata. Gli errori sono considerati per due specifici fasci di raggi nel piano tangenziale e in quello sagittale, con raggi che intersecano la pupilla d’entrata lungo gli assi y e x, rispettivamente.

11) O.P.D. (Optical Path Difference)

Uno strumento analitico molto usato nell’Optical Design per calcolare e presentare le aberrazioni presenti nelle immagini è l’O.P.D. (Optical Path Difference). In pratica più raggi a varie altezze vengono seguiti attraverso il sistema ottico fin sul piano focale. Quindi si calcola la lunghezza totale del percorso del raggio espressa in unità di lunghezza d’onda. Nel caso in cui i raggi attraversino elementi a rifrazione le lunghezze di trasferimento sono moltiplicate per l’indice di rifrazione del vetro. Se il sistema è otticamente perfetto, le lunghezze del percorso di tutti i raggi saranno esattamente uguali, la luce, cioè, arriverà in fase; se, invece, i raggi arriveranno non in fase, ciò sarà il segno della presenza di aberrazioni ottiche. Quando la variazione della lunghezza del percorso non supera ¼ della lunghezza d’onda della luce utilizzata, il sistema è considerato “limitato dalla diffrazione”. E questo è, di solito, il normale livello di qualità presente negli strumenti astronomici amatoriali. ATMOS tratta le O.P.D. nella forma di ray fan plot, rappresentando graficamente gli errori O.P.D. del fronte d’onda nella pupilla d’uscita come funzione delle altezze di zona nella pupilla d’entrata. L’O.P.D. può essere considerata anche come la distanza lineare lungo un raggio tra l’attuale fronte d’onda aberrato nella pupilla d’uscita e quello ideale privo di aberrazioni.

12) Wavefront (Fronte d’onda)

Secondo la teoria dell’elettromagnetismo una sorgente luminosa emette nello spazio un flusso continuo e non limitato di onde elettromagnetiche che si propagano alla velocità della luce. Per ogni istante temporale la luce di una data lunghezza d’onda emessa da una sorgente puntiforme è in fase. Pertanto su superfici con costante tempo di percorrenza della luce proveniente da una sorgente puntiforme tutte le onde sono in fase, ossia le onde monocromatiche da punto a punto su queste superfici sono spazialmente coerenti. Queste superfici di fase costante sono dette fronti d’onda; se la sorgente è immersa in un mezzo con indice di rifrazione costante, allora i fronti d’onda hanno forma curva sferica con il centro di curvatura sulla sorgente ed essi appaiono come superfici normali ai raggi luminosi. Un sistema ottico privo di aberrazioni produce un flusso di fronti d’onda sferici convergenti in ciascun punto dell’immagine che viene a formarsi sul piano focale. ATMOS considera il fronte d’onda a proposito della valutazione degli effetti dei corrispondenti errori O.P.D., fornendone una mappa con rappresentazione tridimensionale della superficie del fronte d’onda con possibilità di rotazione negli assi x,y,z. Queste irregolarità sono errori di distanza o di percorso misurati longitudinalmente lungo i raggi, intese come separazioni fra il reale fronte d’onda aberrato nella pupilla d’uscita e quello sferico esente da aberrazioni detto anche sfera di riferimento che ha il centro di curvatura sulla superficie di immagine e il vertice su quello della superficie della pupilla d’uscita. Le aberrazioni O.P.D. del fronte d’onda possono essere specificate in vari modi, che troviamo chiari in ATMOS:

  1. range totale dell’O.P.D. peak-to-valley (dallo scostamento estremo positivo a quello estremo negativo rispetto al fronte d’onda di riferimento);
  2. massimo scostamento del valore assoluto del fronte d’onda reale da quello di riferimento;
  3. R.M.S. scostamento del fronte d’onda dalla sfera di riferimento valutato sull’intera pupilla d’uscita;
  4. scostamento del fronte d’onda reale da quello di riferimento espresso con i polinomi di Zernike;
  5. Strehl ratio.

Per ottenere immagini limitate dalla diffrazione non è necessario che un obiettivo abbia prestazioni geometriche assolutamente perfette, cioè che sia del tutto esente da aberrazioni ottiche. Infatti, se le dimensioni della macchia in un relativo diagramma è molto più piccola del disco di Airy, la diffrazione supera le aberrazioni geometriche e le immagini di oggetti puntiformi sono praticamente indistinguibili da una perfetta figura di Airy. Allo stesso modo, se gli errori O.P.D. nella pupilla d’uscita sono molto più piccoli della lunghezza d’onda della luce, le aberrazioni saranno di nuovo indistinguibili. Se un obiettivo è privo di aberrazioni, allora la corrispondente figura di Airy è la più compatta e luminosa immagine che esso è in grado di produrre e l’irradianza al centro del disco di Airy è la massima possibile, mentre, in presenza di aberrazioni, la luce viene sparpagliata entro una certa area e il picco di irradianza dell’immagine aberrata (P.S.F.) appare sempre ridotto. Il rapporto fra questo picco e quello della relativa immagine (P.S.F.) libera da aberrazioni è detto Strehl ratio. Per comuni immagini limitate dalla diffrazione lo scostamento di questo rapporto dalla condizione ideale ( 1% o 100%) dipende dal tipo di strumento e dalle applicazioni pratiche a cui è destinato: valori di 80% – 90% sono più che accettabili. Se vi sono elementi ostruttivi nel percorso ottico o problemi di vignettatura meccanica che comportano un calo della quantità effettiva di luce trasmessa sul piano focale, di questi elementi si tiene conto nel calcolo di entrambi i termini dello Strehl ratio.

13) Interferogram (interferogramma)

Questa funzione è, in sostanza, una differente rappresentazione del Wavefront. La misura dell’O.P.D. per frangia, che di default vale 0,5 o mezza lunghezza d’onda, ci dice che nell’interferogramma visualizzato la distanza tra una frangia e l’altra corrisponderà ad un salto di ½ d’onda. Inoltre la possibilità di introdurre una certa inclinazione nelle direzioni X e Y consente di vedere più frange contemporaneamente, così da valutare la correzione del sistema a seconda della loro deformazione. In definitiva è una buona simulazione delle prestazioni dell’obiettivo da confrontare con gli analoghi sistemi di controllo che nei laboratori ottici vengono usati per testare la qualità dell’obiettivo durante le fasi conclusive della lavorazione.

14) E.E.P. (Encircled Energy Plot)

E’ un calcolo geometrico effettuato sullo spot-diagram. Partendo da un cerchio centrato sul raggio principale o sul centroide, vengono contati quanti sono i raggi non vignettati, e quindi l’energia, che cadono entro cerchietti di diametro crescente.
In ATMOS troviamo un grafico che mostra in ordinata la distribuzione percentuale dell’energia luminosa in funzione della distanza da uno dei punti di riferimento sull’ascissa, affiancato da un tabella dei relativi valori numerici.

15) P.S.F. (Point Spread Function)

Analisi P.S.F
Analisi P.S.F

Il concetto di P.S.F. (Point Spread Function) è utilizzato per spiegare l’impossibilità di ottenere di una sorgente luminosa puntiforme una corrispondente immagine puntiforme perfetta da un punto di vista matematico. La P.S.F. fornisce la corretta distribuzione fisica della luce nell’immagine di un oggetto puntiforme considerando gli effetti delle aberrazioni geometriche e della diffrazione, mentre non si tiene conto dei disallineamenti meccanici, della turbolenza atmosferica e degli errori di lavorazione dell’obiettivo che possono riguardare la curvatura e la figura delle superfici, gli indici di rifrazione e dispersione cromatica, l’omogeneità dell’indice di rifrazione, lo spessore degli elementi ottici o della spaziatura in aria, lo sfasamento assiale, il decentramento trasversale e l’inclinazione delle superfici ottiche.

Una tipica curva P.S.F
Una tipica curva P.S.F

I due principali tipi di P.S.F., prodotti, cioè, dalle aberrazioni geometriche o dalla diffrazione, sono molto utili al progettista perché forniscono una misura della miglior qualità d’immagine che un certo progetto teorico è in grado di assicurare. ATMOS calcola entrambe le P.S.F., mostrando i risultati in forma di mappa bidimensionale di distribuzione dell’intensità dell’energia luminosa e di grafico tridimensionale della superficie del sistema ottico, utilizzando il metodo delle F.F.T. (Fast Fourier Transform), un tipo di calcolo applicato nel campo del dominio delle frequenze spaziali.

Una tipica immagine di P.S.F. rivela un largo picco centrale circondato da una serie di anelli luminosi concentrici di irradianza decrescente verso l’esterno, alternati da anelli scuri che rappresentano i luoghi in cui l’irradianza ha valore zero, sempre a specifiche distanze dal centro. Questa distribuzione di luce limitata dalla diffrazione è detta anche pattern di Airy e il picco al suo centro altro non è che il disco di Airy. E’ chiaro, allora, che quanto più quel picco apparirà stretto e alto, tanto più intensa sarà la concentrazione di luce, a tutto vantaggio di una migliore puntiformità e brillantezza delle immagini stellari, e quanto più regolari e morbidi risulteranno gli anelli concentrici, tanto più l’immagine finale diventerà dettagliata e precisa.

16) M.T.F. (Modulation Transfer Function)

L’ M.T.F. (Modulation Transfer Function) fornisce una misura diretta di come e quanto i vari dettagli a diverso indice di contrasto presenti in un oggetto di riferimento sono contenuti nella corrispondente immagine riprodotta da un sistema ottico sul suo piano focale. E’ nota anche come risposta in frequenza spaziale o risposta dell’onda sinusoidale ed ha valori compresi tra 0% e 100%.  La modulazione (o contrasto)  (M) ad una data frequenza (v) è data dal rapporto:

M(v) = Imax – Imin / Imax + Imin

in cui (I) indica la radianza o intensità luminosa massima e minima. Per la misura del trasferimento di contrasto si utilizza un reticolo composto da linee chiare e scure equidistanti di dimensioni via via più ridotte da porre davanti al sistema ottico. Il rapporto fra il contrasto dell’immagine risultante (Ci) e quello dell’oggetto ripreso (reticolo) (Co) è detto coefficiente di trasferimento del contrasto (CT):

CT = Ci /Co

La relazione tra questo coefficiente e il numero di linee/mm presenti nell’immagine è riproducibile in un grafico della funzione di trasferimento della modulazione (M.T.F.) o di funzione di trasferimento del contrasto (C.T.F.). Per un sistema ottico perfetto si avrà una curva quasi del tutto rettilinea con un piede lievemente degradante. Le curve M.T.F consentono di valutare l’ampiezza delle aberrazioni dell’immagine e degli effetti della diffrazione di un sistema ottico non corretto rispetto al profilo ideale di uno perfetto. Le curve di quello imperfetto non coincideranno quasi mai con quelle di uno schema ideale e dall’esame di questo scostamento si potrà analizzare quanto e per quale causa il contrasto dell’immagine creata dal sistema ottico progettato sarà più basso se confrontato con l’andamento teorico. Ciò può accadere per via della presenza di aberrazioni geometriche oppure per difetti nella lavorazione delle superfici dell’obiettivo o ancora per l’interposizione di elementi ostruttivi lungo il percorso ottico che modifichino la figura di Airy o, infine, per riflessi interni al tubo ottico o raggi parassiti esterni non adeguatamente schermati da un efficace sistema di diaframmi. Attraverso l’analisi delle curve M.T.F. è possibile, quindi, ottimizzare i parametri dell’ottica progettata in modo che fornisca le migliori prestazioni teoriche a seconda del tipo di applicazioni a cui andrà destinata: diametro più grande possibile per sfruttare al meglio la capacità di raccolta di luce e il potere di risoluzione, ostruzione contenuta, riduzione degli errori di fabbricazione, schemi ottici con aberrazioni assiali ed extrassiali minime e controllabili, superfici ottiche rivestite da protezioni antiriflessi per assicurare il più alto trasferimento del contrasto nell’immagine finale. Il tutto per cercare di ottenere curve M.T.F. reali quanto più coincidenti con quelle ideali. ATMOS analizza queste curve sotto il profilo geometrico e della diffrazione, ponendole entrambe in relazione alle variazioni del fuoco e all’ampiezza del campo di visione, che spazia dallo 0%  (coincidenza con l’asse ottico), al 70% e al 100%, sia nel piano tangenziale (curva rossa) che in quello sagittale (curva blu).

Diagramma MTF
Diagramma MTF

Il menu Analysis si chiude con le tabelle relative al tracciamento dei raggi reali (Real Rays) e al calcolo parassiale (Parassial Calculation), quest’ultimo articolato in un setup, nella raccolta dei dati per il raytrace, nei coefficienti di Seidel per le aberrazioni ottiche trasversali e longitudinali.

Troviamo, poi, un grafico che mette in evidenza la percentuale di vignettatura presente nel sistema ottico (Vignetting Plot), ossia la porzione di campo non perfettamente illuminato dell’obiettivo a causa di un inesatto dimensionamento delle componenti ottiche o meccaniche ( ad es. una lastra correttrice di diametro uguale a quello dello specchio primario in una camera di Schmidt).

Catadiottrico Schmidt Cassegrain
Layout 2D di un Catadiottrico Schmidt Cassegrain

Infine lo schema ottico dello strumento progettato prende forma attraverso il Layout 2D o 3D, in cui ATMOS disegna su un piano bidimensionale o tridimensionale la struttura, il numero degli elementi ottici in forma lineare o solida, il percorso seguito da una quantità variabile di raggi luminosi all’interno dello schema stesso.

Nel menu (Telescope Predesign) sono contenuti una serie di quadri preimpostati relativi a molte delle principali configurazioni ottiche per uso astronomico: riflettore Newton, riflettori a due specchi Cassegrain, Gregory e Coudé-Schwarzschild, Camera Schmidt e Wright ad uno specchio, Catadiottrici Schmidt Cassegrain in versione compatta con ottiche sferiche e asferiche e in versione non compatta o monocentrica, Maksutov ad uno specchio e Maksutov Cassegrain a due specchi, Lurie Houghton ad uno specchio sferico o asferico e Houghton Cassegrain, ed infine gli obiettivi a rifrazione doppietti e tripletti, acromatici e apocromatici.

Catadiottrico Schmidt Cassegrain
Schema preimpostato di un Catadiottrico Schmidt Cassegrain

Per ogni sistema  prescelto ATMOS offre lo schema della combinazione ottica con alcuni importanti parametri geometrici e le distanze degli elementi ottici. Si richiede l’inserimento di specifici dati come la lunghezza focale effettiva, il diametro dell’eventuale correttore, la distanza dal vertice del primario al piano focale, il diametro lineare del campo non vignettato che si desidera, le lunghezze d’onda selezionate, il tipo di vetro ( con relativa automatica determinazione dell’indice di rifrazione), lo spessore dell’eventuale correttore, la posizione della zona neutra.

Dopo aver fornito queste indicazioni tecniche ATMOS provvede a calcolare il raggio di curvatura del primario, del secondario e del correttore, la distanza primario-secondario, il diametro del primario e del secondario, l’ingrandimento di quest’ultimo, soprattutto nei sistemi Cassegrain, la B.F.L., la percentuale di ostruzione lineare, il rapporto focale, la distanza primario-correttore nei sistemi catadiottrici, la potenza del correttore.
Completano gli strumenti a disposizione del progettista i diagrammi dei vetri ottici, una serie di grafici contenuti in un apposito menu (Glass Diagram) relativi alle caratteristiche di un gran quantità di vetri prodotti da Schott, Ohara, Corning e Hoya. Di essi si prendono in considerazione gli indici di rifrazione e i valori della dispersione cromatica (numeri di Abbe). I primi sono dati per le linee d (a 587,56 nm) ed e (a 546,07 nm), mentre i secondi si ottengono dalla differenza tra gli indici di rifrazione per le linee F (a 486,13 nm) e C (a 656,27 nm) e per le linee F1 (a 479.99 nm) e C1 ( a 643,85 nm) rispettivamente. I vetri sono selezionabili sia puntando il  mouse all’interno dei suddetti grafici, sia da apposite tabelle comprendenti i cataloghi dei prodotti con la specificazione degli indici di rifrazione per tutte le principali linee e lunghezze d’onda spettrali, i numeri di Abbe ed i valori di dispersione relativa parziale.

Il lavoro progettuale non può dirsi concluso se non è rifinito con l’ottimizzazione del sistema ottico. Questo processo, che troviamo trattato in ATMOS nel menu (Tools- Optimization), richiede una valutazione complessiva dell’esattezza dei metodi via via applicati, per giungere attraverso varie iterazioni alle migliori prestazioni. Naturalmente il software deve essere in grado di identificare questo obiettivo finale, deve, cioè, disporre di una misura di qualità che viene chiamata anche funzione di merito o funzione di errore. Nel caso di un sistema ottico perfetto il suo valore sarebbe pari a zero, ma la presenza di aberrazioni residue aumentano sempre i valori reali. Per mezzo dell’ottimizzazione il progettista cerca di ridurre il valore della funzione di merito il più possibile, approssimandola a zero, agendo su tutti i parametri ottici, parassiali, gaussiani, meccanici, nonché sulle aberrazioni che incidono sulla definizione e distorsione dell’immagine. I singoli elementi della funzione di merito sono detti operandi di ottimizzazione, in pratica delle funzioni di raggi, fronti d’onda o altre proprietà costruttive dell’obiettivo sui quali si desidera intervenire. Il controllo sugli operandi viene effettuato con il metodo dei minimi quadrati, il quale permette di regolare i parametri ottici in modo che la somma dei quadrati pesati degli errori rilevati per tutti gli operandi nella funzione di merito sia la più piccola possibile.

Sempre in (Tools) troviamo le funzioni (Best Focus) che fornisce la posizione del punto focale ove l’immagine è più corretta sull’asse ottico R.M.S. e a pieno campo in luce mono e policromatica; (Scale factor) e (New Focal Lenght) necessarie per calcolare un nuovo sistema ottico del quale si è semplicemente ridotta la scala o variata la focale; (Sagitta Table) (Element Volume) per avere i dati della sagitta e di volume del sistema ottico; (Aberrations Allowances) per disporre dei dati numerici riferiti alle tolleranze di aberrazione, assumendo come parametro di riferimento il limite di Rayleigh del quarto d’onda; (System Data Report), il riassunto finale tabulare dei dati ottenuti.

ATMOS è, dunque, un software di Optical Design molto completo e indispensabile per i progettisti di ottica ma che non mancherà di entusiasmare anche gli astrofili, gli autocostruttori e gli appassionati  di telescopi ed altri accessori ottici, che desiderino comprendere a fondo il funzionamento dei loro semplici e meravigliosi strumenti e migliorarne le prestazioni. Unici nei rilevati nella versione 7.0 sono la mancanza di un manuale o di un help in linea più ricco di informazioni e spiegazioni delle varie funzioni, alcune delle quali potrebbero risultare di non facile comprensione e applicazione, nonché della possibilità di salvare i quadri di lavoro nei più comuni formati grafici.

bottariClaudio Bottari, di formazione giuridico umanistica, imprenditore, coltiva i suoi particolari interressi astronomici nei campi della strumentazione ottica e dell’imaging digitale. Si occupa di ricerca di supernovae (sua è la scoperta della SN 1996 ai in NGC 5005) e di asteroidi N.E.O.

Psyche e Parthenope

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Somma di 10 immagini
Somma di 10 immagini

Ecco le immagini pervenuteci in Redazione: sono il risultato delle riprese dai lettori di Coelum Giulio Cherini di Trieste, Roberto pellin di Monastier (TV), Gianluca Zenier di Basiliano (UD), Tito Bruno di Imperia e Elisabetta e Gerardo Sbarufatti di Caselle Landi (LO), che seguendo il suggerimento di Talib Kadori della rubrica “Gli asteroidi” (Coelum n° 92 di Febbraio 2006), non hanno perso l’occasione di immortalare la favolosa congiunzione degli asteroidi PsycheParthenope.

Psyche e Parthenope: Congiunzione – di Giulio Cherini

Congiunzione

Tecnica di Ripresa
Per registrare la loro congiunzione, essendo questi asteroidi molto luminosi sono state sufficienti pose molto brevi (pose di 10 secondi). Infine ho allineato quattro immagini ed ho tracciato con una linea i rispettivi percorsi indicando le date e l’ora civile della ripresa.
Strumentazione utilizzata:
Rifrattore APO 13 cm
CCD SXV-H9 risoluzione 1.54“ per pixel
Parthenope e Psyche – di Roberto Pellin

Somma di 10 immagini

Tecnica di Ripresa
Fotografie scattate la sera del 5 e 7 febbraio alle ore 20:30 Somma di 10 immagini da 10 secondi l’una di esposizione.
Strumentazione
Canon Eos 350 D su riflettore Newton 800 F4.
Psyche e Parthenopee 3 Febbraio 2006 ore 23:40 – di Gianluca Zanier

3 Febbraio 2006 ore 23:40

Tecnica di Ripresa
Somma di 7 foto da 30 s a 800 ISO. Ripresa del 3 Febbraio 2006 ore 23:40.
Preprocessing ed elaborazione Iris software
Strumentazione
Canon EOS300d al fuoco diretto di un Celestron 8
Località
Basiliano UDINE
Psyche e Parthenope: sequenza dell’incontro – di Tito Bruno

Sequenza dell’incontro

Tecnica di Ripresa
Riprese dell’evento a distanza di 40 min. una dall’altra a partire dalle 20.10 del 04/02/06. Riprese da 1 min. ciascuna.
Strumentazione
Telescopio C11 a F/4.7 e CCD MX716 con filtri IR Cut e SkyGlow per attenuare il chiarore lunare.
11 Parthenope e 16 Psyche: congiunzione – di Elisabetta e Gerardo Sbarufatti

Congiunzione

data 	 	ora TU
02-02-2006	19:42
03-02-2006	20:10
04-02-2006	20:22
05-02-2006	20:11
06-02-2006	22:18

Tecnica di Ripresa
Media di 12 pose da 30 secondi ciascuna
Strumentazione
Telescopio Celestron 8 + riduttore-correttore Celestron f/6,3

CCD Starlight-Xpress SXR
Località:
Caselle Landi

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