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JWST Updates: l’Allineamento degli Specchi

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Oggi 16 marzo la NASA si terrà un briefing virtuale con i media per fornire gli ultimi aggiornamenti sull’allineamento dello specchio del telescopio spaziale. Puoi seguire l’incontro qui

I partecipanti condivideranno i progressi compiuti nell’allineamento degli specchi di Webb, ottenendo un’immagine completamente focalizzata di una singola stella.

Maggiori approfondimenti sul JWST sul nuovo numero 255 di Coelum: il ricco dossierJWST una sfida vinta” – non perdere la prevendita qui!

Una missione dai nuovi orizzonti

Il James Webb è un telescopio spaziale a raggi infrarossi, lanciato il 25 dicembre 2021, dallo spazioporto di Arianespace a Kourou, nella Guinea Francese, trasportato in orbita solare da un razzo Ariane 5.

Rappresentazione grafica del telescopio. Credit: NASA

Nelle ultime settimane, il team di ricercatori responsabili del progetto ha catturato con successo la luce delle stelle attraverso ciascuno dei 18 segmenti speculari di Webb. Questi 18 singoli punti di luce sono stati quindi perfezionati e impilati uno sopra l’altro, per formare un’immagine di allineamento iniziale di una singola stella. Da allora, in fasi di allineamento chiamate “fasatura grossolana” e “fasatura fine”, gli ingegneri hanno apportato piccoli aggiustamenti alle posizioni dei 18 segmenti dello specchio primario in modo che agissero come uno solo, producendo un’immagine singola e focalizzata.

Webb, che ricordiamo comprendere una partnership internazionale anche con l’ESA (Agenzia spaziale europea) e l’Agenzia spaziale canadese, si è dispiegato nella sua forma finale nello spazio ed ha raggiunto con successo la sua destinazione a 1 milioni di miglia dalla Terra. Ora è in fase di preparazione per le operazioni scientifiche. Il team Webb rilascerà le prime immagini e dati scientifici del telescopio quest’estate dopo aver completato l’allineamento del telescopio e aver preparato gli strumenti.

Lo scopo è quello di esplorare ogni fase della storia cosmica, dall’interno del nostro Sistema Solare alle galassie più lontane nell’Universo primordiale e tutto il resto. Così Webb rivelerà nuove e inaspettate scoperte e aiuterà l’umanità a comprendere le origini dell’Universo.

Il pubblico potrà seguire i progressi del telescopio tramite un “Dov’è Webb?”, un tracker interattivo proposto dalla NASA.

Fonti:

Release: https://www.nasa.gov/press-release/nasa-to-discuss-progress-as-webb-telescope-s-mirrors-align

È aperta la prevendita del n. 255 di Coelum Astronomia con l’approfondimento sul JWST

Hai già prenotato la tua copia?  → Disponibile qui

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L’addio a Paolo Campaner – il toccante saluto di Roberto Ragazzoni

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L’11 marzo ci ha lasciato Paolo Campaner, l’amico carissimo, scopritore instancabile di Supernovae in epoca recente, recentissima.
In una epoca dominata da telescopi giganti e robotizzati lui, con il suo osservatorio da Ponte di Piave (altitudine 12 metri sul livello del mare, più i 3 m della sua terrazza, che fanno 15…) con un telescopio Marcon da 40cm mieteva scoperte di questi ultimi e maestosi momenti della vita delle stelle.
Conosciuto davvero bene grazie agli AstroVen e alle iniziative di un altro caro amico che ci ha lasciato anzitempo, colpiva per la sua gentilezza, modestia e al contempo competenza di astrofilo, anzi di astronomo amatore – quasi che la dizione di altri tempi gli sia più consona -.
Collaborava con professionisti di Padova e Asiago tra gli altri e sono numerosi i riferimenti di articoli su riviste professionali e non, sugli Astronomical Telegrams, nonché nelle discussioni tecniche su questa o quella soluzione per tenere il fuoco dello strumento nonostante temperatura e umidità non collaborassero.
Dai modi gentili che sei tentato di definire “d’altri tempi“, allo stupore con cui continuava a cavalcare lo sviluppo delle nuove tecnologie, sua una lezione memorabile sull’uso del cellulare come strumento astronomico.

Da quando ho saputo che ci ha lasciato, ho immaginato facesse tutta quella luce che le Supernovae, anzi, le “sue” Supernovae, facevano in quell’attimo estremo.

Cercando tra le fotografie ne ho trovate diverse con questo o quel telescopio, anche impegnato in momenti sbarazzini, ma alla fine ho scelto questa.
Eravamo nell’agosto del 2018 a San Vigilio di Marebbe per qualche conferenza e uno StarParty, tutti insieme in un gruppo meraviglioso che ora sta piangendo la scomparsa di un’altra delle sue anime. In un’escursione vicino ad una baita c’era un angolo con della sabbia e dei giocattoli di escavatori. Lui si è seduto ed ha cominciato ad esaminarli, magari pensando ai nipotini.
Ma ho colto con uno scatto il Paolo Campaner sempre fanciullo.
Curioso del mondo e che con l’età e l’esperienza aveva solo aumentato il raggio di azione del suo impulso di scoprire l’universo intorno a sé. Per lui, solo per lui, ho voluto scomodare niente di meno che la frase finale dell’introduzione del “Piccolo Principe”.
A Paolo Campaner, il Principe delle Supernovae, alla sua curiosità da fanciullo che ha resistito fino all’ultimo. Ciao Paolo…
Roberto Ragazzoni
La Redazione si unisce a quanti hanno ringraziato Campaner per i suoi contributi, alcuni pubblicati anche qui su Coelum (tra altri autori nella rubrica Vintage). Pur non conoscendolo personalmente, ci rammarica questa perdita enorme per il mondo dell’astrofilia.

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C’è vita nel Sistema solare? – Fabio Nottebella

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Da sempre l’uomo volgendo lo sguardo verso il firmamento si è chiesto: C’è vita nell’Universo? Se sì, dove? Che forme assume?

Sono queste le domande a cui Fabio Nottebella con il suo romantico e affascinante racconto “C’è vita nel Sistema solare?” prova a rispondere. Con la curiosità che contraddistingue la specie umana, la narrazione ci conduce virtualmente su Encelado, piccola luna del sistema planetario di Saturno. Questo lontano mondo offre sorprese inaspettate, come i suoi misteriosi oceani, dove alcune ricerche scientifiche ipotizzano ci siano le condizioni per la presenza di vita aliena.

Basadonsi su assunzioni teoriche precise ed accreditate, Nottebella tenta di descrivere come potrebbe presentarsi ai nostri occhi la vita extraterrestre su Encelado. Le disquisizioni tecnico scientifiche si mescolano piacevolmente ad un stile poetico e avventuroso, dando l’impressione al lettore di approdare come un astronauta in esplorazione sulla piccola luna di Saturno.

La narrazione viene poi interrotta da dettagliate illustrazioni di microorganismi e del sistema planetario di Saturno, implementando il testo di un comparto visivo che può aiutare il lettore ad immaginarsi questo mondo lontano e misterioso.

“C’è vita nel Sistema Solare?” si presenta quindi come un delizioso racconto che introduce, con termini semplici e chiari al mondo dell’astronomia e dell’astrobiologia, anche chi non è avvezzo alla realtà dello spazio profondo.

Breve Biografia dell’Autore:
Autore: Fabio Nottebella

Fabio Nottebella, è un divulgatore scientifico in ambito astronomico. Appassionato studioso di lune ghiacciate, collabora con l’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma della Valle d’Aosta, per il quale cura alcune rubriche sul tema del Sistema solare diffuse sui principali canali social dell’Osservatorio.

Per acquistare il libro su Amazon clicca qui.

Io ne ho visto cose che voi non potreste immaginarvi … – Claudio Pra

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Capita a volte che nella nostra vita s’incontrino persone che pur rimanendoci fisicamente distanti riescono comunque ad avere un ruolo importante in quello che andiamo costruendo. 

Claudio Pra, per quanto mi riguarda, è sicuramente una di queste. Per tutto l’arco della nostra reciproca conoscenza, che dura al momento da quasi 25 anni, non abbiamo mai avuto modo di guardarci negli occhi o di stringerci la mano; io sempre impegnato nella direzione della rivista di astronomia, lui sempre perso in qualche mirabolante safari astronomico sulle Dolomiti del Bellunese.

La collaborazione e poi l’amicizia iniziarono credo nel 1998, quando Claudio cominciò a scrivere alla nostra redazione: da giovane appassionato desideroso di comunicare il suo entusiasmo per le cose che riusciva a realizzare con i telescopi e le macchine fotografiche, e per quelle che facevamo noi con i nostri articoli e le nostre iniziative.

La sua disponibilità mi colpì talmente che cominciai a incoraggiarlo e a coinvolgerlo sempre di più certe piccole sfide osservative, fino a che non divenne una presenza importante nella redazione allargata dalla rivista, quella dei collaboratori esterni più fidati.

Comete, eclissi, congiunzioni tra pianeti

Non c’era avvenimento astronomico per cui subito dopo non inviasse alla rivista un articolo, o anche solo un report osservativo, accompagnato da fotografie sempre straordinarie. In questo favorito dal fatto di abitare in una zona delle montagne bellunesi, quella di Alleghe, ancora incontaminata dal punto di vista della qualità del cielo.

E dev’essere stato questo, quando Claudio realizzò di trovarsi al centro di un territorio perfetto, ricolmo di bellezza e sovrastato dal mistero cosmico che gli si apriva ogni sera, a trasformare la sua passione per l’astronomia in qualcos’altro… in una specie di missione terrena.

O almeno, questo è quello che io m’immaginavo di lui vedendomi arrivare nella casella di posta i suoi reportage fotografici. Sembrava come se la sua curiosità per l’astronomia classica (e per il piccolo campo telescopico degli alti ingrandimenti), avesse partorito uno spin-off tutto orientato a congelare nella fotografia i momenti in cui cielo e terra si uniscono in un qualche modo particolare. Ed allora ecco anche il Claudio Pra escursionista, capace di camminare ore tra le cenge e i ghiaioni delle sue montagne per riuscire a scovare l’inquadratura assoluta, la roccia, la fenditura, il profilo di una cosa che avrebbe valorizzato e resa unica la foto della cometa, dei satelliti di Giove o di chissà che altro.

Ma c’era anche dell’altro

All’astronomia paesaggistica continuava a sovrapporsi in Claudio il fascino per i nomi, le storie e i personaggi dell’astronomia “di posizione”, specialmente quella degli asteroidi. Un campo particolare, in cui subito trovò un’intesa con il nostro esperto in materia Talib Kadori, fino a collaborare con lui in molte campagne osservative che dalle pagine della nostra rivista risollevarono non poco tra gli osservatori la popolarità di queste piccole (e grandi) montagne volanti.

Adesso Claudio, essendo un ottimo scrittore, si è finalmente deciso a mettere insieme gran parte delle cose che ha prodotto in questi 23 anni. Ne ha fatto un libro, questo libro. Che spero arrechi a tutti voi lo stesso piacere che ho provato io nel leggerlo.

 

Per ulteriori informazioni e per richiedere una copia del libro, contattare l’autore Claudio Pra all’indirizzo e-mail  thevoyager1998@gmail.com 

 

 

M’illumino di Meno – 11 marzo 2022

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Per questo anno la celebre campagna “M’illumino di Meno, voluta da Caterpillar, cade oggi 11 marzo 2022.

Anche Coelum Astronomia vuole ricordare questa diciottesima edizione, promuovendo la consapevolezza scientifica sull’urgenza ambientale che si esplica su più livelli.

Nel campo astronomico ricordiamo il problema dell’inquinamento luminoso, fenomeno ormai risaputo da anni che impedisce una corretta osservazione del cielo.

80% del cielo “inquinato”

Stando alle ultime analisi, l’83% della popolazione mondiale (tra in particolar modo Europa e Stati Uniti) vive sotto un cielo più luminoso del 10% rispetto a quanto dovrebbe essere naturalmente.

Il continente europeo è quello più colpito dall’inquinamento luminoso.

Tra le nazioni più colpite c’è anche l’Italia, dove non c’è praticamente alcuna regione senza un cielo completamente incontaminato. Infatti, i 3/4 degli italiani non può osservare la Via Lattea.

Ridurre l’intensità dell’illuminazione. 

È chiaro che bisogna invertire la tendenza.

Gli scienziati riconoscono l’importanza di iniziare a progettare con maggiore consapevolezza i sistemi di illuminazione. C’è la necessità di ridurre gli sprechi (magari tramite un programma di risparmio ben regolamentato), per garantire una riduzione dell’intensità luminosa ed avere un firmamento più terso anche nei centri urbani e suburbani.

Il danno che infatti ne consegue è una completa “sparizione del cielo stellato”, da sempre fonte di ispirazione per la cultura e la scienza. L’inquinamento luminoso produce un bagliore velato ad ampio campo superficiale, che occlude la visione delle stelle e degli oggetti celesti, di norma visibili ad occhio nudo.

Una normativa ben pianificata ancora non esiste, perciò con iniziative come “M’illumino di Meno”, sta a noi cambiare le cose.

Faccio tutti uno sforzo e incentiviamo l’iniziativa del risparmio energetico; così che potremmo tornare ad ammirare una volta celeste variopinta di stelle.

Per saperne di più:

 

La Matematica, chiave per svelare i segreti dell’Universo

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Unire una descrizione macroscopica a quella microscopica delle leggi della Natura

La grande sfida della fisica teorica moderna: trovare una teoria unificata in grado di descrivere tutte le leggi della Natura all’interno di un unico quadro.

Da una parte la teoria della relatività generale di Einstein e la descrizione dell’Universo su larga scala, dall’altra la meccanica quantistica e il mondo delineato a livello atomico.

È possibile unificare la teoria della gravità di Einstein con la meccanica quantistica? Questa “unione” potrebbe fornirci una visione profonda su fenomeni come i buchi neri e maggiori dettagli sulla nascita dell’Universo.

Se ne parla in un nuovo articolo pubblicato in Nature Communications della Chalmers University of Technology, in Svezia, in collaborazione con l’istituto americano MIT – Massachusetts Institute of Technology.

Un linguaggio universale: la Matematica

«Ci sforziamo di comprendere le leggi della Natura e il linguaggio in cui sono scritte è la matematica» Daniel Persson, professore del Dipartimento Mathematical Sciences dell’università svedese.

«Quando cerchiamo risposte a domande in fisica, siamo spesso portati a nuove scoperte anche in matematica. Questa interazione è fondamentale nella ricerca relativa alla gravità quantistica, dove è estremamente difficile eseguire esperimenti».

Un esempio di fenomeni che richiedono questo tipo di unione tra fisica e matematica? I buchi neri

La descrizione quantomeccanica dei buchi neri è ancora agli inizi, ma sicuramente coinvolge la matematica più avanzata e spettacolare.

Un modello semplificato per la gravità quantistica

Holographic principle – “principio olografico”, ovvero un modello semplificato per descrivere la gravità quantistica, su cui si basa l’articolo citato.

«Proprio come accade nei fenomeni quotidiani, come ad esempio il flusso di un liquido che si sviluppa (ovvero “emerge”, in termini tecnici) da movimenti caotici di singole goccioline, vogliamo descrivere come la gravità emerge (si sviluppa) dal sistema della meccanica quantistica a livello microscopico» racconta il professor Robert Belman, collega di Persson «Tutto ciò sviluppando teorie matematiche più precise di quelle conosciute finora».

Quindi un mondo complesso, ma che ci aiuterà a risolvere tante “questioni”: ad esempio offrendo nuove informazioni sulla misteriosa materia oscura.

La geometria dell’Universo e della materia oscura

Illustrazione materia oscura. “Dark matter map of KiDS survey region (region G9)” Credit:
Kilo-Degree Survey Collaboration/H. Hildebrandt & B. Giblin/ESO

Nella sua teoria della relatività generale, Einstein descrive la gravità come fenomeno geometrico: la forma dell’Universo può infatti piegarsi sotto il peso di oggetti celesti pesanti (semplificando all’osso! ndr).

Ma, secondo la teoria di Einstein, anche lo “spazio vuoto” ha una ricca struttura geometrica. Se fosse possibile ingrandire e guardare questo vuoto a livello microscopico, si vedrebbero fluttuazioni o increspature legate alla meccanica quantistica, note come materia oscura (o energia oscura). È questa misteriosa forma di materia che, da una prospettiva più ampia, è responsabile dell’espansione accelerata dell’Universo.

Si cerca quindi di portare alla luce nuove intuizioni su come e perché si verificano queste microscopiche increspature, nonché approfondire la relazione tra la teoria della gravità di Einstein e la meccanica quantistica, cercando qualcosa che sia sfuggito agli scienziati per decenni.

Fonti

L’articolo: Emergent Sasaki-Einstein geometry and AdS/CFT

Mars Ascent Vehicle: il razzo che porterà i campioni di Marte sulla Terra

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Un innovativo hardware sviluppato dalla NASA accorcerà finalmente le distanze tra il polveroso pianeta rosso e noi. 

Il progetto è stato sviluppato dal Marshall Space Flight Center a Huntsville in Alabama.

Il sistema informatico rientra all’interno della campagna Mars Sample Return, un missione storica che ha il compito di recuperare campioni del suolo marziano, voluta da una partnership strategica tra NASA ed ESA. La project manager dell’iniziativa è Angie Jackman, la quale ha trascorso più di 35 anni alla guida di alcuni dei più avanzati progetti di propulsione e di ingegneria spaziale.

Angie Jackman, manager del progetto Mars Ascent Vehicle (MAV), possiede un modello stampato in 3D dei cilindri che il rover Perseverance della NASA sta già riempiendo con campioni di roccia e suolo marziano. Credit: NASA

Rover a caccia di terra rossa

Il Marsh Ascent Vehicle è destinato ad essere il primo razzo mai lanciato dalla superficie di un altro pianeta.

Lo scopo della sua missione sarà quello di lanciare in orbita attorno a Marte i campioni raccolti dal rover Perseverance dall’antico cratere piano che quest’ultimo sta esplorando.

Il team dietro a questo progetto, voluto dalla stessa Jackman, comprende ingegneri strutturali, termici, meccanici, dei sistemi e della propulsione. Un gruppo quindi molto eterogeneo di veterani della NASA, che hanno sviluppato una grande familiarità tra l’hardware di volo del veicolo spaziale e il progresso scientifico.

Rappresentazione artistica del Mars Ascent Vehicle (MAV) della NASA, che trasporterà i cilindri contenenti rocce marziane e campioni di suolo in orbita attorno a Marte, dove la navicella spaziale Earth Return Orbiter dell’ESA li racchiuderà in una capsula di contenimento altamente sicura e li consegnerà sulla Terra. Credits: NASA

«Chiedi a qualsiasi ingegnere del team e ti risponderà che la scienza lo affascina», afferma Jackman, «Qui l’imperativo che guida tutti è l’orgoglio di aiutare a far avanzare la nostra conoscenza collettiva e aumentare la nostra capacità di navigare in sicurezza nel nostro mondo, per capire meglio il nostro posto nel cosmo».

Infatti, nel tentativo di cercare di migliorare costantemente, il team sta collaborando anche con il Lockheed Martin Space di Littleton, che sta costruendo il sistema integrato del Mars Ascent Vehicle e progettando l’equipaggiamento di supporto a terra del razzo.

«Insieme stiamo lavorando per trasformare il Mars Ascent Vehicle da un concetto da tavolo da disegno a un progetto eseguibile», aggiunge Jackman, «Abbiamo progettato di ridurre la massa del veicolo, garantire la capacità di lancio automatizzato e raggiungere con precisione l’orbita necessaria per incontrarsi con l’Earth Return Orbiter e trasferire i campioni per il volo di ritorno sulla Terra».

Anni di esperienza

Come la maggior parte dei più esperti manager aerospaziali, Jackman ha raccolto anni di ricerche all’interno della NASA, per poi spingere il suo team a cercare nuove sfide.

«In questa era competitiva e attenta ai costi, dobbiamo lavorare in modo più intelligente, più veloce e più efficiente», conclude la Jackman, «La cosa fondamentale è avere un ponte grande e robusto, con un team di ingegneri disciplinato per rispondere in modo rapido ed efficiente. Sono infatti molto orgogliosa della nostra squadra».

La missione Mars Sample Return della NASA rivoluzionerà la nostra comprensione di Marte restituendo campioni che verranno studiati con gli strumenti più sofisticati di tutto il mondo. I frammenti di suolo raccolti si ritengo infatti di estrema importanza per comprendere come Marte si evoluto nel tempo.

Fonti: 

Release: https://www.jpl.nasa.gov/news/nasas-angie-jackman-works-to-develop-rocket-that-will-bring-mars-samples-to-earth?utm_source=iContact&utm_medium=email&utm_campaign=nasajpl&utm_content=daily20220308-1

Prossime Date Coelum in Tour

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A partire dal prossimo week end lo staff di Coelum partirà per il tour in giro per l’Italia 🚴🚴🚴 un’occasione per incontrare i lettori e il pubblico appassionato di Astronomia.

In questo fine inverno piuttosto “freddino” Coelum ha accetto l’invito di alcune realtà commerciali in attesa di festival e serate astronomiche calde ed accoglienti!

Se siete nelle Marche e in Abruzzo (o di passaggio) lo Staff di Coelum vi aspetta a:

Chieti il 12/13 marzo presso il cc. Centro d’Abruzzo 👈
Ascoli il 19/20 marzo presso il cc. Città delle Stelle 👈
San Benedetto del Tronto il 02/03 aprile presso il cc. Portogrande 👈

Animazione con la Realtà Virtuale

Durante il week-end nella mattina dalle ore 10:00 alle 12:30
e nel pomeriggio dalle ore 15:00 alle ore 19:00
sarà possibile vivere l’esperienza CosmoExperience “Viaggio virtuale nell’Astronomia” con i visori della Realtà Virtuale, adatto a grandi e piccoli. Ingresso gratuito su prenotazione.

Per prenotazioni contattare il servizio clienti del centro commerciale di riferimento.

Vuoi ospitare anche tu
una tappa del tour di Coelum?
Scrivi a coelumastro@coelum.com

Green flash – 2 marzo 2022

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È l’alba del 2 marzo e il Sole regala questo spettacolo all’autore degli scatti, Giacomo Venturin

Sono due i green flash immortalati.
Il green flash o “raggio verde” è un fenomeno ottico visibile quando il Sole, all’alba o al tramonto, crea una sottile striatura luminosa dal colore verde che dura brevi istanti.
Brevi istanti per catturare tanta meraviglia!

Primo green flash. Canon R6 – tempo di 1/4 sec a 50 ISO con obiettivo MTO 1000 (Giacomo Venturin)

Il secondo raggio verde si può osservare nell’immagine in copertina di questo articolo. Per ottenere questo secondo scatto è stata utilizzata una fotocamera Canon R6 con obiettivo MTO 1000 e un tempo di 1/200 a 50 ISO.

Catturare un green flash non è impresa semplice

Innanzitutto, non tutte le località sono adatte. Inoltre la giornata deve essere particolarmente limpida (all’alba o al tramonto), in quanto la tonalità verde (così come altre lunghezze d’onda della luce) è conferita dalla rifrazione dei raggi solari attraverso la nostra atmosfera.

Per un approfondimento: non perdete l’APOD NASA del 30 maggio 2020 della nostra autrice Marcella Giulia PacePictores Caeli che è riuscita a catturare i green flash di Luna, Venere e Mercurio!

Non solo green flash!

Canon R6 – tempo di 1/10 a 50 ISO con obiettivo MTO 1000 (Giacomo Venturin)

In quest’ultima immagine si può invece notare una macchia solare allungata (in alto a destra) durante il passaggio nello strato d’inversione che aveva originato il primo flash.

Per altre segnalazioni e scatti su questo particolare fenomeno:

Photo Coelum – carica le tue foto!
oppure contattaci all’indirizzo coelumastro@coelum.com

“… un raggio verde, ma di un verde meraviglioso, di un verde che nessun pittore può ottenere sulla sua tavolozza, di un verde la cui sfumatura la natura non ha mai riprodotto né fra le tinte così varie dei vegetali, né nel colore dei mari più limpidi! Se c’è del verde in Paradiso, non può essere che questo, che è senza dubbio il vero verde della Speranza!”

(JULES VERNE, “Il raggio verde” 1882)

Lucy In The Sky: the most beautiful space mission ever is about to start! Pt. 2

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Lucy will launch on October 16 from Cape Canaveral on an Atlas V rocket, with a launch window that will remain open for no more than 23 days.

After that, the necessary alignment of the planets will fail. And that brings us to the wonderful thing that is Lucy’s trajectory.

Ti sei perso la prima parte? La puoi trovare a questo link

Getting to Jupiter’s orbit is difficult. It takes a lot of thrust to lift something so far from the Sun, and Lucy is a very heavy spacecraft (1550 kg, including the onboard fuel needed for correction maneuvers). Yes, because by the way, the spacecraft is solar powered. And this is an extraordinary progress. Only recently, in fact, solar cells have become efficient enough to power a spacecraft that must move so far from the Sun. When fully deployed, the solar panels will reach a total diameter of 14 meters!

Rappresentazione artistica della navicella spaziale Lucy in volo dal troiano Euribate, uno dei sei troiani diversi e scientificamente importanti da studiare. I troiani sono fossili di formazione del pianeta e quindi forniranno importanti indizi sulla prima storia del sistema solare. Credit: NASA/SwRI and SSL/Peter Rubin

After launch, Lucy will enter a high orbit around the Earth; then, a few months later, it will descend back to our planet to benefit from a gravitational assist that will push it beyond the orbit of Mars, until it meets the main asteroid belt where on April 20, 2025, it will have its first encounter with a 4 km asteroid called Donaldjohanson (yes, that’s right, the discoverer of Lucy’s skeleton!).

This will be the smallest of the mission’s targets, which Lucy will use as a testbed for all of her instrumentation. Not to mention the fact that Donaldjohanson is also an interesting object in itself, as it has been identified as a fragment of a massive collision that occurred about 130 million years ago that produced the asteroid family Erigone.

On August 12, 2027, the spacecraft will reach its first Trojan target, Eurybates, about 64 km in diameter. Eurybates is much larger than Donaldjohanson, but it does share some similarities. It is also member of a collisional family (the only known in the Trojans).

In January of 2019, the Lucy team learned that Eurybates has a satellite (named Queta) that is likely around 1 km in size. So this flyby will be two for the price of one!

While Lucy will continue to fly through the Greek field, in L4, her next target will be Polymele, which at 21 km in diameter will be the smallest of Lucy’s Trojan targets. And this will be the first time a spacecraft will have a chance to closely examine such an object: very dark and reddish, thought to be rich in organics. Lucy will fly close to this asteroid on September 15, 2027.

Scatto fotografico che rappresenta l’integrazione di Lucy all’interno dei fairing. Credits: NASA/Ben Smegelsky.

Lucy’s next target will be Leucus. A 40 km diameter asteroid that rotates very slowly. Its day is in fact 446 hours long! Also, as it rotates its brightness observed from Earth varies greatly, suggesting that it possesses a rather elongated shape. Lucy will know for sure when she passes by it on April 18, 2028.

Only a few months after the flyby of Leucus, exactly on November 11, 2028, Lucy will approach Orus, a 51 km diameter Trojan also very dark. And this will be the last flyby of this first part of the Mission.

Then Lucy – and this maneuver will be something never seen before in the history of space exploration – will drop back down through the asteroid belt and back to Earth’s orbit, to take in December 2030 another gravitational assist able to launch her this time towards the asteroids of the Trojan field in L5.

Arrived in L5 in 2033, on March 3 of that year it will fly over the double asteroid formed by Patroclus (113 km) and Menoetius (105 km), two objects separated only by a distance of 680 km.

Will this be the end of the mission?

Not even close! The coolest part of the Mission is that this amazing cycle of departures and returns will repeat every six years! Lucy will descend back to Earth and then head into Jupiter’s orbit, cycling between asteroids L5 and L4 each time. As long as the spacecraft stays healthy and NASA wants to continue the mission, the goings-on can continue for a long time to come.

And even after the eventual final shutdown, Lucy will continue to orbit between Earth and the Trojan asteroids for at least 600,000 years. Until, perhaps a million years from now, gravitational forces will either crash her into the Sun or propel her out of the solar system.

But there’s more. The first spacecrafts to leave the Solar System, Pioneer and Voyager … carried with them messages from Earth for any intelligent life that may one day encounter them. The Lucy Mission continues this tradition, but the plaque it carries is not for unknown aliens, but for our own descendants.

As we have just said, after the mission is over the Lucy spacecraft will remain on a stable orbit – traveling between the Earth and the Trojan asteroids for hundreds of thousands of years. It is not hard to imagine that someday in the distant future our descendants may retrieve the Lucy spacecraft as a relic of the early days of humanity’s exploration of the Solar System and that’s why the spacecraft carries with it a plaque as a time capsule, including messages from prominent thinkers of our time

La divulgatrice scientifica Dava Sobel. Credit: Ragesoss.

We, therefore, find it very appropriate to close by quoting the words of the writer Dava Sobel:

We, the inquisitive people of Earth, sent this robot spacecraft to explore the pristine small bodies orbiting near the largest planet in our solar system. We sought to trace our own origins as far back as evidence allowed. Even as we looked to the ancient past, we thought ahead to the day you might recover this relic of our science.”

XXII Settimana della Cultura Scientifica e Tecnologica – Gruppo Astrofili Faenza

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In occasione della XXII Settimana della Cultura Scientifica e Tecnologica di Faenza, il Gruppo Astrofili Faenza APS organizza un ciclo di tre conferenze, due serate “Binocular Classroom” (lezione pratica di osservazione del cielo con il binocolo) e l’inaugurazione dell’installazione “Via dei Pianeti” di Sergio Sangiorgi.
Per tutti gli interessati Coelum Astronomia vi segnala la lista di eventi:

Conferenze e Osservazioni del Cielo

Usciamo a Riveder le Stelle

Proseguono gli incontri del secondo giovedì del mese presso la sede in Via Zauli Naldi 2 a Faenza. È prevista a inizio serata una conferenza divulgativa con un ospite e, a seguire (condizioni meteo permettendo) osservazione del cielo con i binocoli e i telescopi a disposizione dell’associazione.

Questi incontri sono gratuiti, ma i posti sono limitati! Per partecipare in presenza è consigliata la prenotazione attraverso i contatti disponibili sul sito www.astrofaenza.it

Sarà possibile seguire le conferenze anche in diretta o in differita, sul canale YouTube dell’associazione.

  • Giovedì 10 Marzo, dalle 20: Le Onde Gravitazionali: una nuova finestra sull’Universo con Niccolò Veronesi (Nick Tragula), astrofisico e divulgatore
  • Giovedì 14 Aprile, dalle 21: La Lunga Strada Verso Marte
    con Pierdomenico Memeo, astronomo e divulgatore
  • Giovedì 12 Maggio, dalle 21: Astrofili e altri Animali Notturni con Andrea Boscherini, naturalista e divulgatore
  • Giovedì 9 Giugno, dalle 21:30: Astrofotografia – Due Passi nella Fotografia Notturna con Loris Ferrini, astrofotografo

Binocular Classroom

In collaborazione con ARAR (Associazione Ravennate Astrofili Rheyta), il Gruppo Astrofili Faenza organizza 2 serate di lezione pratica di osservazione del cielo con il binocolo, presso il Parco delle Ginestre di Faenza.

Ad ogni partecipante verrà fornito un binocolo, una torcia a luce rossa e una dispensa. I partecipanti verranno guidati nell’osservazione autonoma del cielo con il binocolo, ricevendo nozioni base di astronomia e osservando vari oggetti celesti interessanti.

Le date previste sono giovedì 21 aprile e giovedì 19 maggio, dalle ore 20:30, ma potrebbero essere rimandate in caso di maltempo.

Tutte le info sul sito www.astrofaenza.it

Via dei Pianeti

La Via dei Pianeti è la rappresentazione del nostro Sistema Solare in scala 1:un miliardo (dove un metro equivale a un milione di chilometri) che verrà inaugurata sabato 28 maggio a Faenza.

È composta da due installazioni: la principale e più dettagliata rappresenta in scala il Sole e tutti i pianeti; mentre la seconda è installata a terra sulle piastrelle che rappresentano le dimensioni dei pianeti fino a Saturno. Due ulteriori piastrelle saranno posizionate più lontano, per rappresentare dimensione e distanza di Urano e Nettuno.

Percorrendo via Firenze si potrà immaginare quanto spazio buio, vuoto e silenzioso esista tra il Sole e i vari pianeti e quanto questi siano piccoli in queste enormi distanze.

La Molecola più grande del Cosmo

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È la molecola di etere dimetilico, presente in un disco di formazione planetaria, la più grande mai individuata fino ad oggi nello spazio.

A riportarlo sono delle ricercatrici dell’ESO e dell’Osservatorio di Leiden nei Paesi Bassi, tramite l’utilizzo dell’Atacama Large Millimeter/subimillimeter Array (ALMA). La particella è composta da nove atomi ed è un precursore di molecole organiche più grandi che potrebbero portare all’emergere della vita.

L’articolo è stato pubblicato oggi sui canali ESO in occasione della Giornata Internazionale delle Donne 2022

«Con questo studio possiamo riuscire a comprendere con più chiarezza come il nostro e altri sistemi solari possano ospitare la vita», afferma Nashanty Bruken, studentessa di Master all’Osservatorio di Leiden e principale autrice dello studio pubblicato oggi su Astronomy & Astrophysics, «È entusiasmante scoprire come i nostri risultati si inseriscono in un quadro molto più ampio».

Molecole organiche fra le stelle

L’etere dimetilico è una molecola organica che si trova nelle nubi di formazione stellare. Prima d’ora non era mai stata osservata all’interno di un disco di formazione planetaria. Per individuarla, gli astronomi hanno ricercato le tracce del formiato di metile: un’altra molecola complessa, simile all’etere dimetilico ed elemento costitutivo di molecole organiche ancora più grandi.

«È qualcosa di unico trovare queste grandi molecole nei dischi planetari», aggiungere la coautrice Alice Booth, ricercatrice all’Osservatorio di Leiden, «All’inizio stavamo pensando che non fosse possibile osservarle».

Trappola per le polveri cosmiche

Queste grandi molecole sono state individuate nel disco di formazione planetaria che circonda la giovane stella IRS 48 (nota anche come Oph-IRS 48). Questa stella, a 444 anni luce di distanza dalla Terra nella costellazione dell’Ofiuco, è da sempre studiata per il suo disco che contiene una “trappola per la polvere”.

L’immagine di ALMA della trappola per la polvere/fabbrica di comete intorno a Oph-IRS 48 (con note). Credit: ESO

Questa regione si è formata o da un pianeta appena nato o da una stella compagna di IRS 48 e raccoglie una grande quantità di granelli di polvere di dimensioni millimetriche che possono riunirsi e crescere fino a formare oggetti di dimensioni simile a quelle di comete e asteroidi.

Particelle come l’etere dimetilico sembrano nascere dalle nubi di formazione stellare. In questi ambienti freddi, atomi e molecole semplici come il monossido di carbonio si attaccano ai granelli di polvere, formando uno strato di ghiaccio che può favorire la genesi di molecole più complesse. Infatti, la trappola di polvere del disco IRS 48 è anche un serbatoio di ghiaccio, poiché ospita granelli di polvere ricoperti da ghiaccio ricco di molecole complesse. È in questa zona che ALMA ha individuato la presenza di etere dimetilico: quando il calore prodotta da IRS 48 sublima il ghiaccio in gas, le molecole intrappolate, ereditate dalle nubi fredde, vengono liberate e diventano rilevabili per gli strumenti dell’ESO.

«Ora sappiamo che queste molecole complesse sono disponibili per nutrire i pianeti in formazione nel disco», spiega Booth, «Questo non era noto prima, poiché nella maggior parte dei sistemi queste molecole sono nascoste nel ghiaccio».

Queste molecole sono i precursori di molecole prebiotiche, come gli amminoacidi e gli zuccheri, che sono gli elementi di base costitutivi della vita. Studiandoli, gli scienziati possono quindi comprendere meglio come queste molecole prebiotiche vanno a finire sui pianeti, compreso il nostro.

«Speriamo che ulteriori osservazioni potranno favorire la comprensione dell’origine delle molecole prebiotiche nel Sistema Solare», conclude Nienke van der Marel, ricercatrice anche lei dell’Osservatorio di Leiden, che ha partecipato allo studio.

Ora l’Extremely Large Telescope (ELT), una volta entrato in funzione in Cile, consentirà all’equipe di studiare la chimica delle regioni più interne di altri dischi planetari, e rispondere così alle domande che hanno portato alla formazione di pianeti simili alla Terra.

Fonti: 

Release: https://www.eso.org/public/italy/news/eso2205/?lang

Astronomy and Astrophysics (March 2022): “A major asymmetric ice trap in a planet-forming disk: III. Firstt detection of dimethyl ether” (doi: 10.1051/004-6361/202142981)

Un bolide in cielo il 5 marzo 2022

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Quella di sabato 5 marzo 2022 si è rivelata una serata davvero speciale. Il racconto a cura del GRUPPO ASTROFILI PALIDORO.

Sono le 20:00 quando Ivano Vinci, un appassionato di astronomia, scrive da Cerveteri:

“Qualcuno degli astrofili ha visto il fascio luminoso in cielo 10 minuti fa su Roma e provincia?”

Decidiamo quindi di scrivere la segnalazione sulla pagina Facebook del gruppo e, dopo pochi minuti, ha inizio una vera e propria raffica di messaggi!

Commenti, e-mail, messaggi Whatsapp, tante testimonianze di avvistamenti di una “palla di fuoco” nel cielo. Molte testimonianze hanno riportato anche l’orario e con molta sorpresa ci siamo accorti che esso coincideva in tutti i messaggi.

L’indagine è proseguita durante la serata, chiedendo segnalazioni e dettagli sulla durata e sulla direzione ai nostri followers e, grazie a moltissime risposte (ne avremmo contate più di un centinaio!), siamo stati in grado di avere dati a sufficienza da inviare a PRISMA – Prima Rete per la Sorveglianza sistematica di Meteore e Atmosfera.

La conferma non si è fatta attendere: il mattino di domenica 6 marzo viene approvato il report osservativo presso PRISMA disponibile al seguente link

Il report del fenomeno (credits Gruppo Astrofili Palidoro)

Si tratta ufficialmente di un bolide

Durante la giornata di domenica 6 marzo arriva presso Gruppo Astrofili Palidoro tantissimo materiale tra foto e video, ma c’è un video in particolare che ha destato molta attenzione. È stato realizzato da Sabina Frauzel che aveva accompagnato il figlio allo stadio e che, durante la chiusura della partita Roma-Atalanta, è riuscita a spostare l’inquadratura del suo smartphone durante la discesa del bolide nell’atmosfera. Il video è il seguente:

Dal video è stata estrapolata l’immagine in copertina (elaborazione a cura di Giuseppe Conzo).

Grazie al Gruppo Astrofili Palidoro per il contributo su questo bell’avvistamento!

Riformulando le “leggi della vita”

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La vita aliena si basa su leggi biochimiche completamente diverse dalle nostre.

Ci sono dei limiti nei modelli universali della biochimica. È quello che si afferma in una ricerca pubblicata nel Proceeding of the National Academy of Sciences (PNAS). Questi risultati forniscono una nuova opportunità per scoprire le caratteristiche della vita aliena con una biochimica diversa da quella presente sulla Terra.

Rappresentazione artistica di una formazione planetaria che mostra esopianeti in una zona abitabile con somiglianze con la Terra, presenti all’estrema destra. Credit: NASA/Ames/JPL-Caltech

La vita come (non) la conosciamo

Da sempre la ricerca della vita aliena si è limitata agli organismi che abbiamo sul nostro pianeta. Per gli astrobiologi non ci sono strumenti per prevedere le caratteristiche della “vita come non la conosciamo”.

«Vogliamo disporre nuovi strumenti per identificare e persino prevedere le caratteristiche della vita che non conosciamo», afferma la coautrice dello studio Sara Imari Walker dell’Arizona State University, «Per fare ciò, stiamo cercando di identificare le leggi universali che dovrebbero applicarsi a qualsiasi sistema biochimico. Questo comporta lo sviluppo di una teoria quantitativa per le origini della vita e l’utilizzo della statistica per guidare la nostra ricerca della vita su altri pianeti».

I colori vivaci della Grande Primavera Prismatica del Parco Nazionale di Yellowstone provengono da varie popolazioni di microrganismi amanti del calore che prosperano nell’acqua ad alta temperatura. Tali ecosistemi estremi potrebbero offrire indizi vitali agli astrobiologi alla ricerca di vita extraterrestre. Credit: Peter Adams Getty Images

Sul nostro pianeta, la vita si sviluppa dall’interazione di centinaia di composti chimici e reazioni. Queste reazioni di base per ogni organismo sono condivise da tutta la vita sulla Terra. Le stesse regole però non valgono più quando si prendono in considerazione gli esopianeti.

«La vita è un concetto sorprendentemente difficile da definire», dichiara l’autore principale Dylan Gagler, analista di bioinformatica presso il Langone Medical Center della New York University di Manhattan, «Per riuscire a comprenderla bisogna interessarsi di cosa succede durante i processi biochimici».

Modelli enzimatici

Per arrivare a questo obiettivo, Gagler e Walker si sono concentrati sugli enzimi, motori funzionali principali della biochimica. Usando un database integrato dei genomi di diversi microrganismi, il team di ricerca è stato in grado di studiare la composizione enzimatica di diversi batteri (archei ed eucari). Come risultato gli astrobiologi hanno acquisito un nuovo tipo di universalità biochimica, individuando nuovi modelli statistici che spiegano il comportamento biochimico degli enzimi.

Rappresentazione artistica di un esopianeta roccioso delle dimensioni della Terra. Credit: NASA Ames/SETI Institute/JPL-Caltech

«Questo nuovo modello di universalità biochimica è generalizzabile per forme di vita sconosciute», spiega il coautore Hyunju Kim, assistente di ricerca presso la School of Earth and Space Exploration dell’ASU, «La nostra scoperta ci consente di sviluppare una nuova teoria per le regole generali della vita e così guidarci alla scoperta di vita aliena sugli esopianeti».

Fonti: 

Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS):Scaling laws in enzyme function reveal a new kind of biochemical universality” by Dylan C. Gagler, Bradley Karas, Christopher P. Kempes and Sara I. Walker.

Riduzione dell’ozono atmosferico: Attenzione agli incendi

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Per la prima volta, uno studio condotto dal MIT ha svelato la correlazione chimica diretta fra riduzione dell’ozono atmosferico e fumo iniettato in atmosfera da incendi naturali. Il caso è quello degli incendi della “black summer” australiana, che potrebbero aver vanificato gli sforzi umani degli ultimi 10 anni.

Gli incendi australiani del 2019 e 2020 sono stati storici non solo in termini di durata, ma anche di distanza e velocità di diffusione. Complessivamente, durante quella che è stata definita “Black Summer” hanno bruciato più di 17 milioni di ettari di terreno facendo morire (o costringendo alla fuga) quasi 3 miliardi di animali. Non solo, oltre 1 milione di tonnellate di particelle di fumo sono state immesse nell’atmosfera, raggiungendo i 35 chilometri sopra la superficie terrestre: una massa e una portata paragonabili a quelle di un vulcano in eruzione.

Nella morsa dell’inferno

Gli incendi australiani del 2019 e 2020 sono stati storici non solo in termini di durata, ma anche di distanza e velocità di diffusione. Complessivamente, durante quella che è stata definita “Black Summer” hanno bruciato più di 17 milioni di ettari di terreno facendo morire (o costringendo alla fuga) quasi 3 miliardi di animali. Non solo, oltre 1 milione di tonnellate di particelle di fumo sono state immesse nell’atmosfera, raggiungendo i 35 chilometri sopra la superficie terrestre: una massa e una portata paragonabili a quelle di un vulcano in eruzione.

Fumo degli incendi sulla costa sud-orientale dell’Australia durante la “black summer” del 2020.
Credit: NASA

Un nuovo studio condotto dal MIT e pubblicato su PNAS ha rivelato come il fumo di quegli incendi abbia scatenato reazioni chimiche nella stratosfera che contribuiscono alla distruzione dell’ozono, un elemento chimico che protegge la Terra dalle radiazioni ultraviolette in arrivo dal Sole.

Nel marzo 2020, poco dopo che gli incendi si sono placati, è stato infatti osservato un forte calo di biossido di azoto nella stratosfera, il primo passo di una cascata di reazioni chimiche note per finire con la riduzione dell’ozono. In questo caso, i ricercatori sono riusciti a trovare un legame diretto – per la prima volta – fra questo calo nel biossido di azoto e la quantità di fumo che gli incendi hanno rilasciato nella stratosfera. A conti fatti, la colonna di fumo provocata dagli incendi in Australia, avrebbe impoverito la colonna di ozono dell’1%, vanificando di fatto gli sforzi messi in atto dall’uomo negli ultimi 10 anni.

Il trend del prossimo futuro

Se gli incendi futuri diventano più forti e più frequenti, come si prevede che faranno con il cambiamento climatico, il recupero dell’ozono previsto e stabilito dal protocollo di Montreal potrebbe essere ritardato di anni. Non solo, i dati – raccolti dall’Optical Spectrograph and InfraRed Imager System (OSIRIS), dallo Stratospheric Aerosol and Gases Experiment (Sage III) a bordo della Stazione spaziale internazionale e dall’Atmospheric Chemistry Experiment (ACE) – hanno mostrato che il fumo accumulato ha riscaldato, per un periodo di sei mesi, alcune parti della stratosfera di ben 2 .

Un incendio a Lake Conjola, Aust​ralia, il 31 dicembre 201​9. (Matthew Abbott, The​ New York Times/Contrasto)

Insomma, come ormai spesso succede rispetto agli eventi estremi del clima, la loro connotazione di eccezionalità va rivista. Mentre il mondo continua a scaldarsi, infatti, ci sono tutte i presupposti affinché incendi del genere diventino più frequenti e più intensi. E se questo studio è un importante passo avanti nella comprensione di fenomeni di chimica dell’atmosfera, quali siano nel dettaglio le reazioni che colpiscono l’ozono rimane da capire.

 

 

Pezzo di Chang’e-5 T1 colpirà la Luna? Il “mistero” continua …

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I detriti di un razzo sconosciuto hanno bombardato la Luna. L’impatto ha guadagnato l’interesse della comunità scientifica.

Verso la fine di gennaio sembrava che una parte di un razzo Falcon 9 di SpaceX dovesse colpire la Luna. Successivamente, invece, la colpa dello schianto è stata reindirizzata su Chang’e-5 T1.

Chang’e-5 T1 è una sonda spaziale sperimentale lanciata il 23 ottobre 2014 dall’Agenzia spaziale cinese (CNSA), per verificare la funzionalità della capsula di rientro, utilizzata nella missione Chang’e 5. L’oggetto era legato al razzo cinese Long March 3C, ed è andato e tornato dal nostro satellite per testare le capacità del veicolo nel rientro dell’atmosfera terrestre.

Sito di impatto previsto del corpo del razzo che andrà a sbattere contro il lato opposto della luna il 4 marzo 2022. Credit: NASA/LROC/ASU/Scott Sutherland

Secondo le analisi del radar Goldstone Solar System Radar in California, il pezzo del razzo dovrebbe aver impattato con il cratere Hertzsprung.

Questa è la prima volta che un pezzo di spazzatura spaziale colpisce la superficie del nostro satellite.

Il dubbi sull’identità del razzo

Foto che ritrae il razzo spaziale Chang’e-5 T1 della missione Chang’e 5 in fase di progettazione Credit: CASC

Secondo alcuni studenti dell’Università dell’Arizona la vernice impiegata per dipingere il “fatale” razzo sembra essere simile a quella di alcuni vettori cinesi. Questo sembrerebbe escludere l’ipotesi su Falcon 9, dando conferma che i residui del razzo in questione siano del tutto di origine asiatica.

Foto che ritrae il lancio della missione Chang’e 5. Credit: CASC

Ci sarebbe stata conferma anche dallo statunitense Bill Gray, ricercatore indipendente in dinamica orbitale, che avrebbe un contatto diretto con l’agenzia spaziale cinese.

«E’ chiaro che si tratta di Chang’e-5 T1», afferma Gray, «Chiunque affermi il contrario, deve mostrare una grande quantità di prove».

Perché è importante?

Gli impatti e la formazione di crateri sono un fenomeno pervasivo nel sistema solare.

I crateri frantumano e frammentano le croste planetarie, formando gradualmente lo strato superiore sciolto e granulare comune nella maggior parte dei mondi senz’aria. Tuttavia, la fisica generale di questo processo è poco conosciuta.

L’osservazione dell’imminente impatto del razzo e del cratere risultante potrebbe aiutare gli scienziati planetari a produrre migliori simulazioni di impatto.

Al di là della vera identità di questo razzo, questo evento raro di impatto fornirà la possibilità di conoscere meglio alcuni dettagli della superficie lunare, utili per future missioni sulla Luna.

Fonti:

Rocket part from China, not SpaceX, will hit the moon in March, astronomers and NASA say – The Washington Post

 

Effemeridi 2022

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In questa pagina sono a disposizione le effemeridi dei mesi del 2022

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1987: l’Anno dei Botti

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Oggi è il 1° gennaio 1987 e già si sente l’odore degli anni ’90 che avanzano, un’altra decade bella tosta! Finite la vostra tazza di latte e Sprint che si parte! Quest’anno sarà ricco di sorprese, sia a livello scientifico che no.

Nei cinema usciranno robette come Terminator 2, Fuga dal futuro, Predator e Beverly Hills Cop II, uno dei pochi bis fighi quanto il primo. Ci sarà Robocop che protegge gli innocenti ed il profumo della Mattel che riecheggia nel film I dominatori dell’Universo: film da bypassare ma come competere con l’universo devastante collettivo dei Masters?

Patrick Swayze faceva sognare orde di ragazzine e Balle Spaziali sarà già un cult per piccoli nerd. Nel frattempo, le scienze pullulano di figosità, come è nel mood degli anni ’80. Il 23 febbraio verrà infatti scoperto il primo neutrino proveniente dallo Spazio al di là del Sistema Solare. Una supernova nella Grande Nube di Magellano, 1987A esploderà e sarà la prima visibile a occhio nudo, dopo quasi 400 anni, nell’emisfero australe della Terra, facendo così nascere una nuova branca dell’astronomia: la cosiddetta astronomia neutrinica.

Dal 1987 nulla sarà come prima. Infatti da quel momento i valori sui punti interi di una forma quadratica irrazionale, indefinita e con almeno tre variabili, formeranno un sottoinsieme denso dei numeri reali. E come se non bastasse verranno scoperte due stelle nane orbitanti dagli astronomi Benjamin Zuckerman ed Eric E. Becklin, della University of California, a Los Angeles. Sarà il primo sistema stellare di questo genere in assoluto.

Anche le comunicazioni faranno passi da giganti. Alcuni ricercatori della società IBM riusciranno a generare un solitone ottico, un’onda luminosa stazionaria, in una fibra ottica.
Dal lato genetico verrà messa a punto la tecnica del ‘gene targeting’., secondo cui sarà possibile inattivare un gene durante lo sviluppo embrionale di un organismo e seguire il destino fisiologico dell’animale. Grazie alla manipolazione genetica sarà anche possibile modificare virus e proteine. La genetica comincerà a farla da padrona coi i primi mammiferi modificati geneticamente per produrre farmaci e lo sviluppo dell’AZT per il trattamento dell’AIDS.

Anche i fumetti rispecchiavano le idee dell’epoca. E’ interessante vedere come i fumetti rispecchino le psicosi dell’epoca. Prima c’erano il nucleare e la radioattività, poi la manipolazione genetica, le malattie autoimmuni e infine la discriminazione verso il diverso. Ogni epoca porta con sé i timori e le vittorie delle loro generazioni. Come diceva Michael Jackson “The Whole World Has To Answer Right Now Just To Tell You Once Again, Who’s Bad”. Ma spesso il bene e il male danzano sulla lama di un rasoio e le ombre di una candela li illuminano a turno. Questa generazione porta a casa, fra le altre cose, Megaman, Final fantasy, e le manine appiccicose delle patatine.

Ti pare poco? Ora scappo che mi si scalda la One o One. Ciao belli!

Coelum n. 255 Aprile-Maggio APERTA LA PREVENDITA

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Coelum Astronomia n° 255 Aprile-Maggio 2022

A partire dal prossimo 20 marzo sarà distribuito il numero 255 di Coelum Astronomia di aprile-maggio 2022. Non perditi la prevendita!

Dossier sul James Webb Space Telescope, nuove rubriche e tanto altro!

Scopri tutti i titoli e gli argomenti qui

Attenzione: fino al 31 marzo chi sottoscriverà l’abbonamento annuale riceverà il numero 255 come prima copia

 

Bomba sonica dallo spazio profondo

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Brillamenti dai colori variopinti si diffondono nello spazio

Il bagliore residuo dell’energia rilasciata da una esplosione astronomica senza precedenti è stata osservata per la prima volta sulla Terra. Il fenomeno in questione si chiama kilonova e gli astronomi della Northwestern University sembrano essere riusciti a catturarlo tramite i loro potenti telescopi.

Fusione stellare

Una kilonova è un’esplosione astronomica che si verifica quando due oggetti celesti superdensi, come stelle di neutroni e buchi neri, si fondono tra loro. La loro luminosità è 1000 volte più intensa di quella di una “classica” nova. Nel caso preso in esame, un getto stretto e fuori asse di particelle ad alta energia ha accompagnato questo evento di fusione (ora denominato GW170817). Dalla fusione, tre anni e mezzo dopo, ciò che rimasta è una fonte di misteriosi raggi X.

Guarda l’animazione ESO che mostra la fusione di stelle di neutroni che termina con l’esplosione di kilonova (credits www.eso.org)

Per spiegare l’insorgere di questa nuova sorgente, gli astrofisici ritengono che l’espansione dei detriti ottenuti dalla fusione abbia generato uno shock, simile a quello che si ha al passaggio di un areo supersonico. Questo shock ha riscaldato il materiale e le polveri circostanti, generando emissioni di raggi X, note come il bagliore residuo di kilonova.

«Siamo entrati in un territorio inesplorato», afferma Aprajita Hajela, ricercatrice della Northwestern a capo della ricerca, «Ciò ci dà l’opportunità di studiare e comprendere nuovi processi fisici, che prima non erano mai stati osservati».

Raggi X che precipitano in un buco nero

La ricerca su GW170817 è incominciata nell’agosto del 2017. Utilizzando il Chandra X-ray Observatory della NASA, gli scienziati hanno studiato le emissioni di raggi X di un getto, prodotto dalla fusione tra stelle di neutroni, che si muoveva alla velocità della luce. L’anno successivo però, le emissioni di raggi sono incominciate a svanire, mentre la scia luminosa del getto ha iniziato a rallentare per poi espandersi.

«Queste variazioni nello schema dei raggi X ci hanno permesso di rilevare qualcosa d’insolito nei pressi della kilonova», aggiunge Raffaella Margutti, astrofisica della University of California presso Berkeley, «Sembra esserci un altra sorgente di raggi X oltre alla fusione tra le due stelle di neutroni».

Rappresentazione artistica di stelle di neutroni che si fondono, e producono onde gravitazionali, dando luogo ad una kilonova. Credit: University of Warwick/Mark Garlick

I ricercatori sono arrivati alla conclusione che potrebbe trattarsi di un buco nero.

Il coautore Joe Bright, anche lui ricercatore presso la University of California, spiega: «Abbiamo osservato per la prima volta come il bagliore residuo di kilonova sembri precipitare in un buco nero. Questi risultati sono qualcosa di entusiasmante».

Simili osservazioni consentono di approfondire, infatti, gli studi su come la materia cade all’interno dei buchi neri e apre nuove prospettive nel campo dell’astrofisica.

«Il sistema di GW170817 potrebbe avere implicazioni di vasta portata», conclude Kate Alexander, borsista di post-dottorato CIERA presso la Northwestern, «Non vediamo l’ora di scoprire quali altre sorprese ha in serbo per noi».

Fonti:

Release:https://news.northwestern.edu/stories/2022/02/kilonova-afterglow-potentially-spotted-for-first-time/

Come Fotografare il Cielo Notturno – Angelo Perrone

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Il libro di Angelo Perrone, Come fotografare il cielo notturno, è un’autentica sorpresa.

Innanzi tutto perché più che un semplice libro da sfogliare è un vero e proprio manuale con tanto di copertina rigida per resistere a lunghe sessioni di osservazione all’aperto ed alle intemperie. L’impaginazione rimanda ad una serie di appunti presi sul campo. È essenziale, ma in grado, a discapito dell’estetica non necessaria, di risaltare con le dovute proporzioni tutti quei dettagli di contenuto che davvero hanno importanza. Anche il font e gli allineamenti contribuiscono a facilitare la lettura in caso di ambienti non favorevoli quali quelli notturni.

Insomma un vademecum con tutto, ma proprio tutto, quello che c’è da sapere per avvicinarsi all’astrofotografia. Si parte dalle macchine fotografiche, con dettagli sulle singole marche in commercio, fino ad arrivare ai software di elaborazione immagini descritti in ogni passaggio con tanto di screenshot delle schermate.

Nel mezzo trovano spazio, tecniche, suggerimenti, strumentazione e quanto essenziale per partire da zero ed arrivare ad realizzare le prime spettacolari immagini. Un manuale, dicevamo, molto pratico, quasi una guida all’acquisto perché si nota subito, per l’autore, il rapporto qualità/prezzo è un fattore determinante, che condiziona i risultati ma che ugualmente si può cercare di contenere trovando e suggerendo soluzioni alternative ugualmente efficaci ed efficienti.

Nel testo per ogni capitolo non mancano suggerimenti bibliografici, link a rivendite in cui trovare gli strumenti suggeriti, link a software e guide per l’utilizzo.

Portando con se il libro di Angelo Perrone, durante una notte osservativa, magari proprio la prima, è come avere a proprio fianco un astrofotografo esperto, un amico in grado di consigliare e per ottenere dei risultati sorprendenti sarà sufficiente affidarsi ai suoi passaggi.

Una nota particolare va alla post-produzione che occupa buona parte del libro, probabilmente fin troppo dettagliata con ogni singolo screenshot ma ciò vi renderà impossibile perdervi nei meandri delle molte funzioni che inizialmente non sono necessarie.

Il nostro consiglio, se siete alle prime armi, è prendetelo.

Avere a portata di mano e sempre con se l’esperienza sul campo di un astrofotografo preparato, sarà sicuramente utile. Gli spunti sono moltissimi e il libro diventerà quasi un vecchio libro di testo delle scuole, magari “sporcato” con l’aggiunta di appunti, ma di sicuro un testo da cui apprendere.

Breve biografia

Angelo Perrone è astrofotografo appassionato di darksky. Opera in Puglia nella cui terra realizza scatti arricchiti da panorami unici. Pratico, essenziale e preparato, da oltre un lustro con attenzione e cura si dedica ad affinare la propria tecnica condividendo con generosità molti trucchi.

Social media dell’autore: 

Blog personale: https://angeloperrone.it/

 

Aggiornamenti ISS: Cristoforetti non più comandante e ipotesi di una collaborazione spaziale senza la Russia

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Ultimi aggiornamenti della Stazione Spaziale Internazionale

L’ESA ha rivisto il suo piano di volo. Missione di durata inferiore e l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti avrà un ruolo diverso all’interno della ISS: non sarà più comandate, ma è stata nominata leader del Segmento Orbitale Americano (Usos), il quale comprende moduli americani, europei, giapponesi e canadesi.

«Come membri dell’equipaggio, siamo pronti a contribuire secondo necessità» commenta Samantha Cristoforetti «Sono onorata di servire come leader dell’Usos e questo ruolo include la maggior parte dei doveri che avrei avuto come comandante, ma riconosco anche che molte persone in Europa, soprattutto donne, sono state ispirate dalla prospettiva di avere la prima donna europea comandante della ISS. Mi dispiace che ciò non accada sul mio volo, ma stiamo selezionando una nuova classe di astronauti e sono fiduciosa che questa classe includerà donne altamente competenti e motivate che saranno pronte, in un futuro, per ricoprire ruoli di leadership».

La Cristoforetti era stata nominata comandante a maggio 2021. Il logo scelto per la missione.

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Il direttore dell’agenzia spaziale russa Roscosmos Dmitry Rogozin afferma che la Russia potrebbe ritirarsi dalla partnership internazionale della ISS

Attualmente la collaborazione con la Russia prosegue, ma la NASA inizia a tastare una strada alternativa per mantenere in orbita la Stazione Spaziale senza l’aiuto dei russi, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.

La porzione americana della ISS fornisce energia e supporto vitale, mentre quella russa è responsabile della propulsione e del mantenimento in orbita stazionaria. La navicella che permette questa operazione è chiamata Progress ed è ancorata alla struttura, conferendo periodicamente una spinta alla stazione per rimanere su una quota di circa 400 km.

Senza il supporto russo la stazione spaziale rischia di precipitare nel vuoto.

Kathy Lueders, direttrice del programma di volo umano dell’agenzia americana, dichiara che la società aerospaziale Northrop Grumman potrebbe fornire la tecnologia necessaria a sostituire la Russia.

«Per il momento le operazione spaziali stanno procedendo come di consueto», dice Lueders, «Non ci stanno dando indicazioni che si rinunci agli impegni prefissati. Detto ciò, però dobbiamo sempre cercare di ottenere la maggiore flessibilità operativa».

L’ultima navicella mercantile Northrop Grumman Cygnus, giunta alla ISS lo scorso 21 febbraio, è stata infatti la prima a vantare la capacità di “rilanciare” l’avamposto senza l’aiuto russo.

Mentre venerdì scorso, Elon Musk di SpaceX ha twittato il logo della sua azienda in risposta alla domanda retorica di Rogozin, su chi avrebbe salvato la ISS da una deorbita incontrollata.

 

La Lueders ci tiene però a sottolineare che questi sono solo dei piani di emergenza: «È difficile in questo contesto operare da soli: la ISS è un partnership internazionale che è stata creata con forze congiunte. Sarebbe quindi triste non poter più operare pacificamente nello spazio».

Segnali di distensione potrebbero essere dati però dalle notizie sui cambi di equipaggio, già programmati, che sembrano essere confermati.

Il 18 marzo è previsto l’arrivo di una Soyuz con tre cosmonauti, mentre il 30 marzo è in programma il rientro sulla Terra di due russi e dell’americano Vandei Hei.

Infine, in prossimo 15 aprile è previsto l’arrivo della Crew-4 di SpaceX con Samantha Cristoforetti, dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA).

Fonti: 

The Guardian: https://www.theguardian.com/science/2022/mar/01/nasa-explores-how-to-keep-international-space-station-in-orbit-without-russian-help

ANSA.it: https://www.ansa.it

 

ExoMars – a rischio la partenza per quest’anno

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Per quanto riguarda il proseguimento del programma ExoMars, le sanzioni e il contesto generale rendono molto improbabile un lancio nel 2022

È quanto si legge sul sito ufficiale dell’ESA in un comunicato del 28 febbraio.

L’Agenzia Spaziale Europea ha rilasciato la dichiarazione a seguito dell’incontro con gli Stati membri e si è esposta a riguardo ai programmi in collaborazione con la Russia.

“Deploriamo la perdita di vite umane e le tragiche conseguenze della guerra in Ucraina” si legge sul sito dell’ESA. “Diamo la priorità assoluta all’adozione di decisioni adeguate, non solo per il bene del nostro personale coinvolto nei programmi, ma nel pieno rispetto dei valori europei, che hanno sempre plasmato in modo fondamentale il nostro approccio alla cooperazione internazionale.

L’ESA è un’organizzazione intergovernativa governata dai suoi 22 Stati membri e nel corso degli ultimi decenni abbiamo costruito una solida rete di cooperazione internazionale, al servizio della comunità spaziale europea e globale attraverso i suoi programmi di grande successo.

Stiamo dando piena applicazione alle sanzioni imposte alla Russia dai nostri Stati membri. Stiamo valutando le conseguenze su ciascuno dei nostri programmi in corso condotti in collaborazione con l’agenzia spaziale statale russa Roscosmos e allineando le nostre decisioni alle decisioni dei nostri Stati membri, in stretto coordinamento con i partner industriali e internazionali (in particolare con la NASA per la Stazione spaziale Internazionale).

Per quanto riguarda la campagna di lancio di Soyuz dallo spazioporto europeo di Kourou, prendiamo atto della decisione di Roscosmos di ritirare il proprio personale da Kourou.

Qui il tweet con il quale Dmitry Rogozin, direttore di Roskosmos, ha annunciato la fine della collaborazione russa presso lo spazioporto europeo di Kourou, in Guyana francese

Di conseguenza valuteremo, per ogni payload istituzionale europeo sotto la nostra responsabilità, il servizio di lancio appropriato, in particolare con i sistemi di lancio attualmente in funzione e sui prossimi lanciatori Vega C e Ariane 6.

Per quanto riguarda il proseguimento del programma ExoMars, le sanzioni e il contesto generale rendono molto improbabile un lancio nel 2022. Il Direttore Generale dell’ESA analizzerà tutte le opzioni e predisporrà una decisione formale sulla strada da intraprendere dagli Stati membri dell’ESA.

L’Esa continua a monitorare la situazione in stretto contatto con i suoi Stati membri.

Fonti

https://www.esa.int/Newsroom/Press_Releases/(lang)/en

Twitter ESA

Giganti buchi neri che danzano nell’oscurità

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Individuato un sistema di giganti buchi neri danzanti. Le loro orbite sono così vicine che la coppia tende a fondersi in un unico corpo celeste.

I buchi neri supermassicci possiedono una massa da milioni a miliardi di volte superiore quella del Sole e si trovano nel centro della maggior parte delle galassie. Da sempre gli astronomi si domandano come questi oggetti celesti nascano; si ritiene che siano il risultato della fusione tra due buchi neri più piccoli, ma fino ad oggi non si erano riscontrate prove che potessero confermare una simile ipotesi.

Animazione artistica loopable di due buchi neri supermassicci che “danzano” l’uno intorno all’altro. L’immagine mostra come il buco nero più massiccio, centinaia di milioni di volte la massa del Sole, stia sparando un getto che cambia nella sua luminosità apparente mentre i due si girano intorno. Gli astronomi hanno individuato questo scenario in un quasar chiamato PKS 2131-021, dopo aver analizzato 45 anni di osservazioni radio che mostrano che il sistema si attenua e si illumina periodicamente. Si pensa che il modello ciclico osservato sia causato dal movimento orbitale del getto.
Credit: Caltech / R. Hurt (IPAC)

Uno studio, pubblicato recentemente in The Astrophysical Journal Letters, potrebbe però cambiare le cose. Alcuni ricercatori della NASA hanno osservato un buco nero supermassiccio che sembra avere un compagno che gli orbita intorno. Questo sistema rotante viene chiamato “buco nero binario”, ed è costituito da, appunto, buchi neri che orbitano molto vicini l’uno all’altro.

Il diametro dell’orbita tra i due buchi neri risulta essere dalle 10 alle 100 volte più piccolo dell’unico altro “binario supermassiccio” già osservato (GW150914) e si prevede che la coppia si fonderà in circa 10.000 anni. In pratica, questi due buchi neri sono sulla strada della collisione per circa il 99%.

I dati per questo studio sono stati raccolti dagli astronomi Joseph Lazio e l’italiano Michele Vallisneri, del Jet Propulsion Laboratory della NASA nel sud della California, dove i due scienziati hanno analizzato il comportamento dei due buchi neri e cercato di interpretare le emissioni radio trasmesse.

Getti di blazar

Il buco nero binario individuato potrebbe avere un blazar, denominato PKS 2131-021. Un blazar è una sorgente altamente energetica e molto compatta, associata ai buchi neri supermassicci. Infatti, quest’ultimi non emettono luce, ma la loro forza di gravità può attrarre dischi di gas molto caldo, che incominciano a espellere materiale luminoso nello spazio circostante. Tali getti di energia possono estendersi per milioni di anni luce.

Animazione artistica di un buco nero supermassiccio circondato da un disco rotante di gas e polvere. L’immagine mostra come il buco nero sta sparando un getto relativistico, che viaggia quasi alla velocità della luce.
Credit: Caltech/R. Ferito (IPAC)

PKS 2131-021 è situato a circa 9 miliardi di anni luce dalla Terra, ed è uno dei 1.800 blazar monitorati dall’Owens Valley Radio Observatory. Questo blazar presenta però un anomalo comportamento: la sua luminosità mostra uno schema regolare come quello di un orologio svizzero.

Gli astronomi dello studio credono che questa regolarità sia dovuta alla presenza dei buchi neri che ruotano insieme. Per conferma questa ulteriore ipotesi, si sta cercando di rilevare le onde gravitazionali provenienti dal sistema.

Grafico di tre serie di osservazioni radio del quasar PKS 2131-02, raccolte per 45 anni. I dati dell’Owens Valley Radio Observatory (OVRO) sono segnati in blu; quelli dell’University of Michingan Radio Astronomical Observatory (UMRAO) in marrone; e quelli del Haystack Observatory in verde. Le osservazioni corrispondono a una semplice onda sinusoidale, indicata in blu. Gli astronomi ritengono che il modello dell’onda sinusoidale sia causato da due buchi neri supermassicci nel cuore del quasar che orbitano l’uno attorno all’altro ogni due anni. Uno dei buchi neri emette un getto relativistico che si attenua e si illumina periodicamente. Si noti che i dati di OVRO e UMRAO corrispondono al picco nel 2010 e i dati UMRAO e Haystack corrispondono al picco nel 1981. Le grandezze dei picchi osservati intorno al 1980 sono due volte più grandi di quelle osservate in tempi recenti, presumibilmente perché più materiale stava precipitando verso il buco nero per poi essere espulso.
Credit: Tony Readhead/Caltech

La ricerca sui buchi neri binari e i blazar vanno avanti da moltissimo tempo.

«Ci sono voluti 45 anni di osservazioni per ottenere i risultati che abbiamo oggi», afferma Joseph Lazio, «La nostra ricerca è incominciata nel 2016. Da quel momento, il nostro team ha raccolto i dati settimana dopo settimana, mese dopo mese, per riuscire a dare una prima preliminare risposta all’origine dei buchi neri supermassicci. Questo lavoro è una testimonianza dell’importanza della perseveranza».

Fonti:

Release: https://www.jpl.nasa.gov/news/astronomers-find-two-giant-black-holes-spiraling-toward-a-collision?utm_source=iContact&utm_medium=email&utm_campaign=nasajpl&utm_content=daily20220224-1

The Astrophysical Journal Letters (February 2022): “The Unanticipated Phenomenology of the Blazar PKS 2131-021: A Unique Super-Massive Black hole Binary Candidate” was funded by Caltech, the Max Planck Institute for Radio Astronomy, NASA, National Science Foundation (NSF), the Academy of Finland, the European Research Council, ANID-FONDECYT (Agencia Nacional de Investigación y Desarrollo-Fondo Nacional de Desarrollo Científico y Tecnológico in Chile), the Natural Science and Engineering Council of Canada, the Foundation for Research and Technology – Hellas in Greece, the Hellenic Foundation for Research and Innovation in Greece, and the University of Michigan. Other Caltech authors include Tim Pearson, Vikram Ravi, Kieran Cleary, Matthew Graham, and Tom Prince. Other authors from the Jet Propulsion Laboratory, which is managed by Caltech for NASA, include Michele Vallisneri and Joseph Lazio.

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Collisioni tra asteroidi viste al microscopio

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Le domande sulla formazione dei pianeti del Sistema Solare potranno avvalersi di nuovo metodo di datazione degli impatti tra asteroidi e corpi planetari.

Un team di ricercatori della University of Cambridge ha compiuto delle analisi al microscopio del meteorite di Chelyabinsk, caduto sulla terra nel 2013 in Russia. Nello studio, pubblicato su Communications Earth & Environment, si prende in esame come i minerali all’interno del meteorite possono essere stati danneggiati da antichi impatti.

Rappresentazione artistica di un impatto astronomico. Credit: NASA/JPL- Caltech/T.

«Datare un impatto tra meteoriti è una impresa assai ardua», afferma Craig Walton, ricercatore del Cambridge’s Department of Earth Science di Cambridge, «Il nostro lavoro dimostra che per riuscire nell’intento bisogna considerare più variabili».

La genesi dei pianeti

Durante la preistoria del nostro Sistema Solare, i pianeti, inclusa la Terra, si sono formati con massicce collisioni tra asteroidi e corpi più grandi, chiamati protopianeti.

Il coautore dello studio Dr. Oli Shorttle, astronomo presso il Cambridge’s Department of Earth Sciences and Institute of Astronomy: «Le prove degli antichi impatti tra meteoriti e protopianeti sono andate perse. La Terra, in particolare, ha la memoria pressoché corta, poiché le rocce superficiali vengono continuamente riciclate dalla tettonica delle placche».

Al contrario però, gli asteroidi e i frammenti che cadono sul nostro pianeta sono freddi, inerti e molto più vecchi della crosta terrestre, rendendoli oggetti utilissimi per trovare le prove di queste preistoriche collisioni. Per analizzare il meteorite di Chelyabinsk sono stati frantumati i minerali di fosfato al suo interno.

Immagine che mostra un processo di cristallizzazione.

«I fosfati sono perfetti per la datazioni di eventi traumatici come gli impatti tra asteroidi», spiega il Dr. Sen Hu, che ha effettuato la datazione con il piombo all’uranio presso Beijing’s Institute of Geology and Geophysics, Chinese Academy of Sciences.

Una precedente datazione di questo meteorite ha rilevato due età d’impatto: una più vecchia di circa 4,5 miliardi di anni, e una seconda più recente avvenuta negli ultimi 50 milioni di anni. Il nuovo studio è riuscito a dare un ordine temporale alle collisioni registrate nel meteorite, e i risultati dimostrano che i minerali contenti la traccia della collisione più antica sono stati frantumati in molti cristalli più piccoli e fortemente deformati dalle alte pressioni e temperature degli impatti.

«Con questo studio abbiamo dimostrato che le analisi minieralogiche per la datazione è di fondamentale importanza», aggiunge Walton.

Rappresentazione artistica della collisione cosmica. Credit: Don Davis, Southwest Research Institute.

Gli scienziati sembrano essere particolarmente molti interessati alla data dell’impatto di circa 4,5 miliardi di anni fa, poiché è il momento in cui si pensa che sia nato il sistema Terra-Luna. Il meteorite di Chelyabinsk appartiene ad un gruppo di meteoriti pietrosi, che sembrano contenere frammenti di quel colossale impatto. Le date acquisite dalle analisi registrano collisioni ad alta energia avvenute tra 4,48 e 4,44 miliardi di anni fa.

Walton conclude: «Il fatto che tutti questi asteroidi registrino intesi impatti proprio in quel periodo di tempo, potrebbe indicare che all’epoca ci fu una riorganizzazione del Sistema Solare, derivante dalla formazione Terra-Luna».

I ricercatori della University of Cambridge, infatti, prevedono di perfezionare le tecniche di datazione per aprire una nuova finestra d’indagine che si concentri sulla genesi della Luna e della Terra.

Fonti:

Release: https://www.cam.ac.uk/research/news/microscopic-view-on-asteroid-collisions-could-help-us-understand-planet-formation

Communications Earth & Environment (Febraury 2022): “Ancient and recent collisions revelaed by phosphate minerals in the Chelyabinsk meteorite” by Walton, C.R. DOI: 10.1038/s43247-022-00373-1.

Il cielo di Marzo 2022

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Marzo è il mese che segna il passaggio dall’inverno alla primavera astronomica, stagione il cui ingresso è sancito dall’Equinozio che quest’anno cadrà il giorno 20/03.

È un momento di transizione in cui a popolare la volta celeste troviamo sia costellazioni invernali che parte di quelle primaverili.

Per approfondire: Le Costellazioni di Marzo 2022 a cura di Teresa Molinaro

COSA OFFRE IL CIELO

Effemeridi pianeti Marzo 2022

Mercurio

All’inizio del mese, Mercurio si affiancherà a Saturno poco prima delle calde luci dell’alba. Il giorno 2, in particolare, la loro separazione sarà di appena 0°41′. Un evento molto bello, ma che purtroppo sarà difficilmente osservabile: l’approssimarsi del giorno e la scarsa luminosità degli stessi renderà difficoltosa la visione.

Venere

Visibile poco prima del sorgere del Sole, si accosterà a Marte già dai primi giorni del mese, in un abbraccio sempre più stretto che vedrà il suo apice il giorno 16, vegliati, più in basso, dal timido Saturno. Con il pianeta ad anelli Venere si affiancherà il 28/03, in un bel quadro celeste a cui si uniranno anche Luna e Marte. Questa triangolazione si ripeterà anche il giorno successivo, in assenza però della Luna.  

Marte

Nell’arco del mese, Marte rimarrà basso e poco visibile fino a circa un’ora prima del sorgere del Sole. Oltre ad accompagnarsi a Venere, lo vedremo in congiunzione con la Luna il giorno 28, con una separazione di circa 4°. 

Giove

Proprio come Saturno a febbraio, in questo mese è il turno di Giove entrare in congiunzione con il Sole (il 5 marzo). Il pianeta diviene quindi inosservabile per diverse settimane e l’evento segnerà il suo passaggio dal cielo della sera a quello del mattino presto.

Saturno

All’alba del primo giorno del mese, una sottilissima falce di Luna calante si avvicinerà a Saturno di poco più di 4° di separazione. Un momento suggestivo, ma di difficile osservabilità, così come le già citate congiunzioni con il pianeta ad anelli e Mercurio. 

Urano

Osservabile primissime ore serali, anticiperà sempre più il suo tramonto. Il giorno 7 sarà occultato da una falce lunare crescente.

Nettuno

Accostato al Sole, ne seguirà il moto per tutto il mese e, il giorno 13, sarà in congiunzione con la nostra stella.

SOLE

Effemeridi Sole Marzo 2022

In questo mese di Marzo la nostra stella transiterà dalla costellazione dell’Acquario, dove rimarrà fino al giorno 12, a quella dei Pesci.

La durata delle ore di luce aumenta di 1 ora e 24 minuti e il giorno 27 marzo 2022 avremo il passaggio all’Ora Legale,  pari a un’ora in più rispetto all’Ora Solare (TMEC).

LUNA

Effemeridi Luna Marzo 2022

Tutti gli approfondimenti sull’osservazione e i fenomeni celesti legati al nostro satellite disponibili per il mese di Marzo 2022, a cura del nostro autore Francesco Badalotti.

Non perderti l’articolo: Luna di Marzo 2022

COMETE

Rimane la 19P/Borrelly la cometa più interessante, probabilmente l’unica al di sotto della decima magnitudine. Si muoverà dall’Ariete verso il Perseo, visibile in prima serata appena fa buio, inizialmente ancora discretamente alta, ma in abbassamento sull’orizzonte.

Per approfondire: Le comete di Marzo 2022 a cura di Claudio Pra

ASTEROIDI

Marzo vedrà (16)Psyche, asteroide tra i più luminosi del mese, raggiungere l’opposizione il giorno 3, momento nel quale brillerà di magnitudine 10,4. 

(39)Laetitia, altro asteroide di notevoli dimensioni, sarà in opposizione il 15 del mese e risulterà di poco più luminoso, raggiungendo una magnitudine pari a 10,3.

Vuoi saperne di più su questi affascinanti “Micromondi“? Disponibile sul nostro sito l’articolo: Mondi in miniatura – Asteroidi Marzo 2022 a cura di Marco Iozzi.

TRANSITI NOTEVOLI ISS

A caccia della ISS!

Questo Marzo la Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia in prossimità dell’alba che in orari serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il primo mese della Primavera.

Scopri di più nella rubrica Transiti notevoli ISS per il mese di Marzo 2022 a cura di Giuseppe Petricca.

Cieli sereni a tutti!

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Transiti notevoli ISS per il mese di Marzo 2022

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La ISS – Stazione Spaziale Internazionale a Marzo sarà rintracciabile nei nostri cieli sia in prossimità dell’alba che in orari serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il primo mese della Primavera, auspicando come sempre in cieli sereni.

Si inizierà il giorno 9 Marzo dalle 05:29 alle 05:38, osservando da ONO ad ESE. Visibilità perfetta da tutto il Paese per uno dei migliori transiti del mese con una magnitudine massima che si attesterà su un valore di -3,8.

Si replica il 10 Marzo dalle 04:43 verso N alle 04:49 verso ESE. La ISS sarà ben visibile da tutta Italia, con magnitudine di picco a -3,3. Osservabile senza problemi, meteo permettendo.

Saltando di sei giorni e iniziando con i transiti serali, il 16 Marzo avremo un nuovo passaggio dalle 19:42 in direzione SO alle 19:47 in direzione SSE. Visibilità migliore dal Sud Italia, con magnitudine massima di -3,1.

Il 18 Marzo, la Stazione Spaziale transiterà dalle 19:41 alle 19:48 da OSO a NE. Visibilità ottima per tutta la nazione. Magnitudine massima a -3,7.

Il giorno dopo, 19 Marzo dalle 18:53 alle 19:02 da SO ad ENE, avremo il migliore transito serale del mese, osservabile da tutta Italia, con magnitudine massima a -3,8.

Il 21 Marzo dalle 18:52 alle 19:02, con magnitudine di picco a -3,2 e visibile al meglio dal Centro Nord Italia, la Stazione Spaziale Internazionale effettuerà un altro ottimo transito serale da OSO a NE.

L’ultimo transito notevole del mese sarà nuovamente visibile al meglio dal Centro Nord Italia, osservabile da orizzonte fino a metà cielo circa, il 31 Marzo dalle 21:26 alle 21:31, da NO a NNO. Magnitudine di picco a -3,4.

N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.
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