Per chi è abituato a fare le “ore piccole” anche nei giorni infrasettimanali, non potrà mancare di dare uno sguardo a una bella configurazione celeste che, alle ore 2:55 circa del mattino del 24 ottobre, vedrà una falce di Luna (fase del 22%) sorgere a est, con un colorito spiccatamente aranciato, a circa 5° 6’ a sudest della stella Regolo (alfa Leonis, mag. +1,4).
Ovviamente sarà necessario disporre di una visuale libera da ostacoli sull’orizzonte orientale, ma lo spettacolo sarà suggestivo, con la testa del grande Leone celeste che sovrasterà con tutta la sua imponenza la falce di Luna appena sorta.
Il Workshop, organizzato da EAN Web, si terrà presso il planetario del Museo del Cielo e della Terra, a San Giovanni in Persiceto (BO), in Vicolo Baciadonne 1.
Programma
– Ore 09:45: Saluto degli organizzatori.
– Ore 10:00, Romano Serra, “Il Museo del Cielo e della Terra”.
– Ore 10:20, Giuseppe Malaguti, Dirigente di Ricerca, Osservatorio di Astrofisica e Scienza dello Spazio di Bologna INAF – Istituto Nazionale di Astrofisica, “Che aria tira su altri mondi: la missione ARIEL per lo studio delle atmosfere esoplanetarie”.
– Ore 10:40, Roberto Ragazzoni, Direttore dell‟Osservatorio Astronomico INAF di Padova, “Le alterne ‘fortune’ dei grandi telescopi”.
– Ore 11:00, Coffee break
– Ore 11:15, Luigi Bignami, giornalista scientifico, “I privati alla conquista della Luna e di Marte”.
– Ore 11:35, Molisella Lattanzi, Nemesis Planetarium, “CosmoExperience: vivi l‟astronomia con la Realtà Virtuale”.
-Ore 11:50, Andrea Boldrini, “La Namibia e il Binodobson 24”: il parossismo visualistico!” e un breve intervento, con video, sulla nostra partecipazione al Festival del Passato Remoto di Sorgono (NU).
– Ore 12:05, Enrico Bonfante, Associazione Empiricamente e Planetario di Verona, “L‟Associazione Scientifico Culturale EmpiricaMente: didattica e divulgazione senza confini”.
– Ore 12:20, Paolo Campaner, astrofilo, cacciatore di SN, “Osservatorio di Ponte di Piave e le sue attività di ricerca SN”.
Il pranzo si terrà alla Trattoria dal Piccolo, Via Guardia Nazionale, 9, San Giovanni Persiceto. Chi rimane a pranzo, è pregato di comunicarlo a breve. Il prezzo di favore applicato, grazie ai buoni auspici di Romano Serra, è di € 20,00, che comprende due assaggi di primi, secondo e contorno, acqua, vino, caffè, liquore.
Di Anelli, Comete, Telescopi e Vapor d’Acqua La prima cometa interstellare! Ma che età hanno gli anelli di Saturno? Leonardo precursore anche dell’invenzione del telescopio? Vapore acqueo trovato per la prima volta nell’atmsfera di una super-Terra e molto altro ancora su…
Coelum Astronomia di Ottobre 2019
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A partire dal prossimo SETTEMBRE torna la nuova edizione de “DAL CIELO NOTTURNO AL COSMO – CORSO DI INTRODUZIONE ALL’ASTRONOMIA“!
Ancora una volta, protagonista il Cosmo, attraverso nr. 5 lezioni teoriche (tenute presso il Centro commerciale “Il Giulia” a Trieste) “dirette” dagli esperti relatori del Circolo Culturale Astrofili Trieste + nr. 3 lezioni pratiche sui telescopi tenute presso l’osservatorio “B.Zugna”, dove verrà applicato quanto imparato nella teoria sui telescopi assieme a prove di ricerca ed inseguimento dei corpi celesti.
Osservatorio Astronomico Provinciale di Montarrenti, SS. 73 Ponente, Sovicille (SI).
L’OAPM apre gratuitamente al pubblico per l’osservazione del cielo notturno il 2° e 4° venerdì del mese. In caso di tempo incerto telefonare per conferma al numero 3472874176 o 3482650891.
25.10, ore 21:30: Il cielo al castello di Montarrenti. L’Osservatorio Astronomico di Montarrenti sarà aperto al pubblico per delle serate osservative, con particolare attenzione alla Luna (principalmente il giorno 11), agli ammassi stellari e ai vari oggetti del profondo cielo. Prenotazione obbligatoria tramite il sito www.astrofilisenesi.it o inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio). In caso di tempo incerto telefonare per conferma.
Il Festival della Scienza rinnova l’appuntamento a Genova dal 24 ottobre al 4 novembre 2019. Dodici giorni di conferenze, laboratori, mostre, spettacoli ed eventi speciali dedicati a visitatori di ogni fascia d’età e livello di conoscenza. La parola chiave dell’edizione 2019 sarà elementi.
Al Festival celebreremo i 50 anni dello sbarco sulla Luna, gettando uno sguardo sul futuro delle esplorazioni spaziali, e i 150 anni della tavola periodica degli elementi di Mendeelev, con un focus speciale sulla chimica. Grande attenzione verrà data inoltre ai temi legati all’ambiente e alle life sciences, discipline in cui tecnologia, medicina e industria collaborano per raggiungere il progresso.
Il programma degli eventi verrà pubblicato a partire da lunedì 23 settembre. Le prevendite dei biglietti saranno disponibili a partire da lunedì 8 ottobre.
I convegni e le iniziative UAI 25-27 ottobre Meeting di Radioastronomia organizzato quest’anno dalla Sezione Radioastronomia dell’UAI e dalla Italian Amateur Radio Astronomy (IARA) presso i Colli Euganei (PD), con la collaborazione dell’Associazione Astronomica Euganea, delegazione territoriale dell’Unione Astrofili Italiani. La location scelta per il meeting è il Centro Visite e Laboratorio di Educazione Naturalistica “Casa Marina” di Galzignano Terme.
È il ritratto a miglior risoluzione che abbiamo di questo nuovo ospite interstellare, e a scattarlo non poteva che essere il telescopio spaziale Hubble. Ripresa il 12 ottobre scorso, l’immagine mostra il nucleo centrale (troppo piccolo per essere risolto dalla vista del telescopio) avvolto da una densa concentrazione di gas della prima cometa interstellare mai individuata, la 2I/Borisov.
Al momento della ripresa la cometa si trovava a più di 400 milioni di chilometri dalla Terra, e si sta velocemente avvicinando al punto più vicino al Sole, perielio, il 7 dicembre per poi proseguire quasi indisturbata fuori dal nostro Sistema solare.
La sua orbita ha infatti una traiettoria iperbolica estremamente aperta, grazie anche alla sua altissima velocità di crociera, quasi 180 mila chilometri all’ora: «sta viaggiando talmente veloce che quasi non si accorge dellapresenza del Sole», spiega David Jewitt (Università della California, UCLE) a capo del team Hubble che ha osservato la cometa.
E proprio perché così aperta, il tipo di orbita ha indicato ai ricercatori che si tratta di un oggetto non appartente al nostro Sistema solare, ma proveniente da una lunghissima corsa attraverso lo spazio interstellare, verso cui continuerà il suo cammino dopo questa “breve” visita al nostro sistema.
Breve visita ovviamente per i tempi del cosmo, per noi invece una visita abbastanza lunga da permetterci di studiarla in dettaglio, un’occasione al momento unica per i nostri ricercatori.
Già il nome, 2I/Borisov, ci dice che non è il primo oggetto interstellare scoperto, abbiamo già parlato del primo in assoluto l’asteroide 1I/’Oumuamua ma, ci spiega Jewitt: «Mentre ‘Oumuamua sembrava essere poco più di una roccia, la Borisov è particolarmente attiva, molto più simile a una normale cometa. Il perché i due oggetti siano così diversi è un puzzle da risolvere».
Non solo è molto più attiva ma anche molto più grande e, unito al lungo tempo in cui l’avremo a disposizione (supererà Giove allontanandosi sempre più solo dopo la metà del 2020), diventa un soggetto perfetto per gli studiosi per saperne di più su sistemi stellari diversi dal nostro, sul sistema in particolare in cui si è formata. Possiamo infatti ricavare informazioni sulla composizione chimica, sulla struttura e sulle polveri presenti ai tempi della sua formazione e quindi del suo sistema stellare.
Al momento però le sorprese sono poche, i primi studi ci hanno mostrato come siaapparentemente del tutto simile alle nostre comete, anche se siamo solo all’inizio, ci spiega Amaya Moro-Martin del Space Telescope Science Institute di Baltimora: «Anche se un diverso sistema stellare può essere completamente differente dal nostro, è notevole il fatto che le proprietà della cometa appaiano essere così simili a quelle dei mattoni di costruzione del nostro Sistema Solare».
Gli appassionati di comete però sanno bene come si tratti oggetti altamente imprevedibili e volubili… possono passare senza sorprese al loro perielio così come subire importanti trasformazioni man mano che si avvicinano al calore del Sole, alcune possono addirittura perdere dei frammenti o rompersi in pezzi fino a disintegrarsi, oppure esibire improvvisi aumenti di luminosità, in particolare se è la prima volta che incontrano una fonte di calore potente come il Sole. Questo potrebbe liberare gas e polveri conservate dai primordi all’interno della cometa, che potrebbero celare qualche sopresa o essere comunque di grande interesse: «Hubble è in posizione pronto a monitorare qualsiasi cosa accada con la sua sensibilità e risoluzione superiori» spiega Max Mutchler, altro membro del team di osservazione.
Questi due oggetti interstellari non sono probabilmente gli unici a passare attraverso il nostro Sistema Solare, anche se fin’ora non siamo riusciti ad individuarne altri non significa infatti che non ce ne siano stati. Alcune simulazioni al computer ci dicono che dovrebbero essere numerosi, probabilmente troppo piccoli o veloci, o lontani per essere individuati e studiati abbastanza a lungo da riconoscerne la provenienza. Il fatto però che in un tempo relativamente breve, dopo il primo oggetto se ne sia già individuato un secondo, può anche significare che la nostra tecnologia e la quantità e qualità di survey che monitorano il cielo (per non parlare degli agguerriti amatori, con strumentazione sempre più potente, in fondo questa cometa è stata scoperta così) ci permettono ora di individuare quello che ci è finora sfuggito…
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Coelum Astronomia di Ottobre 2019
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Con un tweet cinguettato lo scorso 8 marzo 2019, Matt Desch – CEO della Iridium – comunicava attraverso il suo profilo social che la dismissione, e il conseguente rientro distruttivo in atmosfera, degli ultimi due satelliti Iridium di prima generazione, ancora in grado di generare i famosi “flare” (SV61 ed SV97), inizialmente previsto per aprile veniva posticipato a novembre.
Tale annuncio è stato sicuramente accolto positivamente dai tantissimi appassionati di iridium flare disseminati in tutto il mondo in quanto, con il nuovo programma, aumentavano potenzialmente le occasioni per l’osservazione e la fotografia di questo particolare e caratteristico fenomeno. Contemporaneamente a questa notizia però venivano paradossalmente a mancare, per oltre 7 mesi e nell’intero nostro territorio nazionale, le condizioni necessarie a far si che questi due satelliti potessero brillare rendendosi visibili da terra.
Questo periodo di totale assenza di flare si accinge fortunatamente a terminare proprio in concomitanza con il rientro programmato per metà del mese di novembre di SV97 (SV61 nel mentre è stato fatto rientrare preventivamente con qualche mese di anticipo a causa di un malfunzionamento che avrebbe comportato il rischio di perdere definitivamente il controllo del satellite).
I fan italiani degli iridium flare avranno quindi la possibilità, se lo vorranno, di osservare e cercare di fotografare (magari caricando i loro scatti sul portale dell’iniziativa, tutta “made in Italy”, di censimento di questo fenomeno) gli ultimi flare di SV97 a cavallo tra la fine di ottobre e inizio di novembreprima che, dopo oltre 20 anni di presenza sopra i nostri cieli, questo affascinante fenomeno sparisca per sempre.
In questo frangente Cagliari e Milano saranno le città più fortunate con il maggior numero di occasioni per poter osservare per l’ultima volta un iridium flare. Per avere un’idea della visibilità dalla vostra zona, potete partire da qui:
Per avere invece le circostanze esatte per la vostra località sarà possibile interrogare il sito Heaven Above oppure consultarela pagina a tema curata da UAIannotando data, ora e porzione del cielo da osservare per assistere a questo “grand finale”.
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Ancora una volta, protagonista il Cosmo, attraverso nr. 5 lezioni teoriche (tenute presso il Centro commerciale “Il Giulia” a Trieste) “dirette” dagli esperti relatori del Circolo Culturale Astrofili Trieste + nr. 3 lezioni pratiche sui telescopi tenute presso l’osservatorio “B.Zugna”, dove verrà applicato quanto imparato nella teoria sui telescopi assieme a prove di ricerca ed inseguimento dei corpi celesti.
La sera del 17 ottobre, la Luna (fase dell’85%) incontra una stella, e non una qualsiasi: stiamo parlando dell’occhio infuocato del Toro, Aldebaran (alfa Tauri, mag. +0,9) con il suo spiccato color arancione, come spesso abbiamo visto accadere in questi mesi.
La congiunzione sarà anche in questo caso piuttosto stretta (separazione di 2° 6’) e sempre bella da osservare, considerando il contesto celeste in cui avviene, ossia quello dell’ammasso aperto delle Iadi, con la Luna che si troverà proprio all’interno della “V” del Toro, a nordest di Aldebaran. All’orario indicato, gli astri saranno a una altezza di poco più di 10° sull’orizzonte e li potremo trovare volgendoci verso est. Con il passare dei minuti e delle ore guadagneranno rapidamente altezza, raggiungendo il culmine poco dopo le 4 del mattino.
Ricordiamo le pagine della rubrica di Stefano Schirinzi per approfondire Aldebaran e il ricco campo della costellazione del Toro. Mito, scienza e curiosità fino alla scoperta dei tesori delle profondità del cosmo:
L’esistenza di depositi di ghiaccio nei freddi crateri sparsi al polo sud lunare è uno dei fattori che ha contribuito a rinnovare l’interesse per l’esplorazione del nostro satellite naturale. La loro presenza – confermata lo scorso anno – riveste particolare interesse, soprattutto per le future missioni che potrebbero utilizzarli per scopi diversi.
Tuttavia, non vi è alcuna notizia sul come e quando questo ghiaccio sia arrivato lì. Domande di fondamentale importanza anche per svelare la natura di questi depositi di ghiaccio.
Una risposta adesso arriva da un nuovo studio condotto da un team di ricerca guidato da Ariel Deutsch – dottoranda alla Brown University, negli Usa – e pubblicato sulla rivista Icarus: mentre la maggior parte dei depositi ha qualche miliardo di anni, alcuni, in particolare quelli contenuti all’interno dei crateri più piccoli, sarebbero più recenti.
Una conclusione alla quale Deutsch e colleghi sono giunti indirettamente grazie all’utilizzo di sofisticati modelli di datazione assoluta. Utilizzando i dati forniti dal Lunar Reconnaissance Orbiter della Nasa, in orbita attorno al satellite dal 2009, i ricercatori hanno elaborato l’età di venti grandi crateri – selezionati sulla base di tre criteri: posizione (tra 80 e 90 gradi Sud), dimensione (maggiori o uguali a 100 km quadrati) e pendenza (inferiore a 10 gradi) – presenti al polo sud lunare che ospitano ghiaccio d’acqua superficiale.
Secondo lo studio, la maggior parte di questi crateri, in particolare quelli di grandi dimensioni, risalgono a circa tre miliardi di anni fa. E dal momento che i depositi di ghiaccio non possono essere più vecchi del cratere che li contiene, questo consente di determinare indirettamente un limite superiore all’età dei depositi stessi.
È anche vero, però, che il ghiaccio potrebbe essere in realtà più giovane. Tuttavia, spiegano i ricercatori, c’è motivo di credere che per questi depositi l’età coincida. Prova ne è il fatto che hanno una distribuzione irregolare e questo, secondo i ricercatori, sarebbe spiegabile con impatti avvenuti in un arco temporale lungo quanto la loro età.
Ma non tutti i crateri che i ricercatori hanno analizzato sono così antichi. Accanto a questi, ce ne sono altri, più piccoli – con diametro inferiore ai 15 km – che per caratteristiche sembrano essere molto giovani, il ché significa che lo sono anche i depositi che essi contengono.
«Non era mai stato osservato prima il ghiaccio in crateri così giovani», dice la dottoranda che ha guidato lo studio. «È stata una sorpresa. L’età di questi depositi potrebbe dirci qualcosa sull’origine del ghiaccio, e questo ci aiuterebbe a ricostruire la fonte e la distribuzione dell’acqua nel sistema solare interno».
La presenza di depositi di ghiaccio d’acqua di età diverse può indicare una provenienza da fonti differenti. I depositi più vecchi potrebbero contenere acqua trasportata da comete e asteroidi che hanno impattato la superficie, oppure acqua estratta dalle profondità lunari attraverso l’attività vulcanica. Processi che non possono però spiegare la presenza di acqua nei depositi più giovani – formatisi in un’epoca senza grandi impatti né attività vulcanica. Occorre dunque ipotizzare una sorgente diversa, per esempio il bombardamento da parte di micrometeoriti, o le interazioni fra il vento solare e la regolite. Ipotesi che solo le analisi dei campioni raccolti in loco – magari durante la futura missione Artemis – possono confermare.
«Quando progettiamo di tornare sulla Luna per un’esplorazione umana a lungo termine, dovremmo conoscere le risorse sulle quali potremo contare, e al momento non lo sappiamo», osserva Jim Head della Brawn University, coautore dello studio. «Studi come questo ci aiutano a formulare previsioni su dove cercare per rispondere a queste domande»
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Con Guido Tonelli, uno dei padri del bosone di Higgs, parleremo del tempo nella fisica contemporanea. Con il neurobiologo Stefano Mancuso discuteremo del tempo e delle piante e ancora Paolo Legrenzi, Giorgio Vallortigara, Massimo Picozzi, Telmo PIevani e gli astronauti Maurizio Cheli e Umberto Guidoni, oltre a Walter Villadei, il prossimo italiano, dopo Luca Parmitano, in lista per la Stazione Spaziale Internazionale, e molti altri ospiti ancora.
I due nuovi corsi di Astronomia
L’anno accademico della nostra Scuola di Astronomia si apre con due corsi, uno il lunedì, l’altro il giovedì, che dureranno fino a dicembre presso la nostra sede dell’EUR. Sconto per i lettori di Coelum (chiedere coupon a eventi@accademiadellestelle.org)
Da giovedì 17 ottobre: Come si osserva il cielo.
Corso base completo di astronomia pratica: tutte le competenze che servono per diventare astrofili! Con guida alla scelta del telescopio, tecniche osservative e fotografiche e lezioni pratiche sotto le stelle.
Il team del lander InSight della NASA, la cui missione è esplorare l’interno del pianeta rosso, è impegnato da mesi a risolvere lo stallo dello strumento HP3 (Heat Flow and Physical Properties), chiamato affettuosamente la “talpa”. Una sonda che doveva penetrare nelle profondità del suolo marziano per misurare il calore proveniente dall’interno di Marte. La talpa però il 28 febbraio scorso, prima ancora di finire il primo tratto di percorso programmato, si è bloccata a 35 cm dei primi 50 cm per arrivare, passo dopo passo e misurazione dopo misurazione, ai 3 metri di profondità previsti.
Lo strumento non è stato ideato per poter essere estratto e posizionato in una diversa zona, ma per riuscire a spostare con il suo martellamento eventuali piccoli ostacoli che avesse trovato nel suo cammino. Il luogo di atterraggio del lander InSight è infatti stato scelto in modo da minimizzare la possibilità di incontrare grossi massi o rocce, e la posizione della sonda rispetto al lander in una precisa posizione a una distanza calcolata per minimizzare eventuali interferenze da InSight alla sonda.
In questi mesi le strategie ipotizzate sono state varie. Inizialmente si è fatalmente pensato a una roccia troppo grossa per essere “spostata” o scalfita dal martellamento della talpa, cosa che avrebbe sancito la fine di almeno questa parte di missione (InSight ha altri strumenti al momento perfettamente funzionanti, vedi lo speciale missione su Coelum astronomia 228 InSight alla scoperta del cuore di Marte).
Dopo aver spostato con una delicatissima manovra la struttura di supporto della sonda, per avere una miglior visuale direttamente sul penetrometro e sul buco che si stava formando, alla fine del giugno scorso, si è capito che forse il problema poteva essere un altro.
È ancora possibile che la talpa abbia colpito una roccia, ma i test del DLR hanno suggerito che il problema potesse essere il terreno di scavo che, invece di collassare nel buco attorno alla talpa, è rimasto compatto. Il meccanismo infatti ha bisogno dell’attrito del terreno circostante per scavare: senza attrito, il rinculo dovuto all’azione auto-martellante fa in modo che la talpa si ritrovi semplicemente a rimbalzare sul posto, impedendole di far forza e continuare il suo cammino. La fotocamera del braccio ha poi scoperto che, sotto la superficie, sembra che ci siano da 5 a 10 centimetri di “duricrust”, una specie di terreno cementato più spesso di quanto si sia mai trovato in altre missioni, e diverso dal terreno per cui è stata progettata la talpa.
Si è tentato prima di far collassare e compattare il terreno attorno alla talpa usando la paletta del braccio robotico, facendo in modo da riempire il buco per darle maggior supporto e attrito. Sette tentativi non sono però stati sufficienti, la distanza a cui si trova il buco rispetto al corpo di Insight è infatti al limite della portata del braccio, che non ha sufficiente forza da compattare il terreno attorno al buco, come si fa solitamente quando si batte la sabbia con i piedi attorno al palo di un ombrellone per tenerlo ben fermo.
Gli ingegneri hanno quindi pensato a un diverso uso della paletta, chiamato “pinning”, un po’ come quando si tiene fermo il chiodo in posizione verticale per martellarlo meglio all’interno del muro se l’intonaco superficiale non tiene bene… «Proveremo a premere il lato della paletta contro la talpa, fissandola alla parete del suo buco», ha spiegato il vice PI di InSight Sue Smrekar, del Jet Propulsion Laboratory. «Questo potrebbe aumentare l’attrito abbastanza da farla avanzare quando la talpa riprenderà a martellare». Con questo tipo di manvora c’era anche l’intenzione di provare a raschiare del terreno superficiale per farlo cadere all’interno del buco.
Uncharted territory – Adding pressure on the mole with the arm scoop appears to be helping. Using my arm in creative ways to get the job done. More to come as my team studies initial hammering test results. pic.twitter.com/2wZccP1uMn
A quanto pare questo tipo di strategia, messa in atto nelle settimane scorse, potrebbe aver funzionato. È di questa notte (10 ottobre) il twit dal controllo missione che da la buona notizia, anche se ora si è in attesa di ulteriori informazioni e dati sui progressi ottenuti.
Questo genere di “missioni di salvataggio” in operazioni interplanetarie non è nuova per la NASA. Agire da remoto su di un pianeta lontano in situazioni, come in questo caso, in cui le uniche informazioni che abbiamo vengono da quello che ci mostrano le immagini non è banale, anche perché oltre alla mancanza di informazioni precise (in questo caso il tipo di terreno) non sempre è possibile portare in missione tutto quello che potrebbe servire ad ogni eventualità. Lo spazio e il peso in un viaggio interplanetario sono preziosi e costosi e spesso si devono sacrificare accorgimenti a favore di altri più essenziali per la buona riuscita della missione.
Ma in molti casi i team di ingegneri e scienziati sono riusciti con creatività e inventiva (oltre alle ovvie conoscenze tecniche) a risolvere numerosi problemi, che richiedono poi anche la capacità di pianificare nei dettagli i comandi che poi verranno inviati e “lasciati nelle mani robotiche” delle sonde senza la possibilità di eseguirli “in diretta” (ne abbiamo parlato anche, assieme alle basi della comunicazione con sonde e satelliti, in una serie di tre articoli di Stefano Capretti che trovate a questa pagina).
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Il Nobel 2019 per la Fisica è andato a tre scienziati che studiano l’universo. Due aspetti molti differenti dell’universo, però. Forse l’unica cosa che hanno in comune è che entrambi ridimensionano il nostro posto – la nostra unicità – nel cosmo.
Uno, il canadese James Peebles (84 anni), è un cosmologo. Il suo campo è l’universo intero, e il premio gli è stato assegnato per i suoi studi iniziai negli anni Sessanta: una struttura teorica che ha permesso l’evoluzione della cosmologia da pura scienza speculativa a scienza misurabile, anche sperimentalmente. Le sue intuizioni hanno contribuito in modo fondamentale al modello attuale, che descrive l’universo nato circa 14 miliardi di anni fa con il Big Bang. Un universo inizialmente caldissimo e densissimo, diventato poi sempre più grande e più freddo man mano che si espandeva. Circa 400mila anni dopo il Big Bang, per la prima volta l’universo divenne trasparente e i fotoni furono in grado di viaggiare attraverso lo spazio. Una radiazione antica che ancora oggi ci circonda e, codificata in essa, nasconde molti dei segreti del cosmo. Usando i suoi strumenti e calcoli teorici, Peebles è stato in grado di interpretare queste tracce, lasciate dai primi passi dell’universo bambino, e di scoprire nuovi processi fisici.
«È davvero un grande piacere apprendere che quest’anno il premio Nobel per la fisica è stato assegnato al professor Peebles. I suoi studi fondamentali», dice a Media InafCarlo Burigana, dirigente di ricerca all’Inaf Ira di Bologna, «spaziano dalla cosmologia con il fondo cosmico a microonde, interpretandone le proprietà essenziali tra cui la temperatura a cui è osservato, a quella con la distribuzione delle galassie, la cosiddetta struttura su larga scala dell’universo, fino alla formazione ed evoluzione delle galassie stesse. Ritengo che chiunque si dedichi alla cosmologia e all’astrofisica e alla loro connessione con la fisica di base gli sia profondamente grato non solo per le sue profonde intuizioni ma anche per la sua grande capacità di insegnarle in modo chiaro ed ensusiasmante: i suoi libri sono stati per generazioni di studiosi preziosi strumenti di conoscenza. Penso che anche i grandi progetti di cosmologia, ai quali la comunità scientifica italiana ha e sta contribuendo in modo essenziale, abbiano tratto una notevole fonte di ispirazione dalle sue fondamentali lezioni».
Gli altri due, gli svizzeri Michel Mayor (77 anni) e Didier Queloz (53 anni), sono i planetologi che nell’ottobre del 1995 annunciarono la prima scoperta di un pianeta al di fuori del Sistema solare: l’esopianeta 51 Pegasi b, una palla gassosa paragonabile al più grande gigante gassoso del Sistema solare, Giove. Una scoperta, la loro, cha ha dato il via a una rivoluzione ancora in corso: da allora sono stati trovati, nella Via Lattea, oltre 4000 esopianeti. E il numero è in continua ascesa: vengono scoperti in continuazione nuovi mondi, mondi molti diversi dal nostro e molto diversi fra loro, mondi con un’incredibile varietà di dimensioni, forme e orbite. Mondi che sfidano le nostre idee preconcette sui sistemi planetari e stanno costringendo gli scienziati a rivedere le loro teorie sui processi fisici che stanno dietro le origini dei pianeti. Grazie ai numerosi progetti in programma per andare alla ricerca di nuovi esopianeti, potremo forse trovare una risposta all’annosa domanda se ci sia altra vita là fuori.
«Meritatissimo il Nobel a Didier Queloz e Michel Mayor. La scoperta di 51 Peg b», ricorda Isabella Pagano, direttrice dell’Inaf – Osservatorio astrofisico di Catania, «annunciata al Cool Stars Meeting che si tenne a Firenze nell’ottobre del 1995, fu accolta quasi con freddezza dalla comunità scientifica del tempo, che invece sembrava più interessata alla prima osservazione di una stella nana bruna, annunciata nella stessa occasione. La scoperta di 51 Peg b in realtà era il risultato di una gara in atto tra Europa e Stati Uniti tra chi arrivasse per primo a fare misure di velocità radiale tanto precise da poter osservare il moto di una stella indotto da un pianeta. 51 Peg b, di massa simile a Giove, ma estremamente vicino alla propria stella, si è rivelato anche il primo dardo lanciato contro l’idea che il Sistema solare rappresentasse il tipico sistema planetario, con i pianeti piccoli e rocciosi nella parte interna e quelli grandi e gassosi lontano dalla stella. Oggi conosciamo oltre 4000 pianeti in oltre 3000 sistemi planetari, e quello che ci colpisce di più è la diversità di pianeti e di architetture dei sistemi planetari che abbiamo fino a oggi scoperto. Poco prima di Natale lanceremo Cheops, il piccolo satellite europeo per lo studio degli esopianeti. Il programma scientifico principale, il programma Gto, è coordinato da Didier Queloz».
I vincitori di quest’anno hanno trasformato le nostre idee sul cosmo. Mentre le scoperte teoriche di James Peebles hanno contribuito alla nostra comprensione di come si sia evoluto l’universo dopo il Big Bang, Michel Mayor e Didier Queloz hanno esplorato i nostri “vicinati” cosmici. Le loro scoperte hanno per sempre cambiato la nostra concezione del mondo.
«Un risultato grandioso che testimonia l’importanza dell’astrofisica moderna e il suo valore strategico per il futuro dell’umanità», commenta il presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica Nichi D’Amico. «Si tratta di temi che riguardano l’attività del nostro Ente, e in cui siamo in prima linea sul fronte internazionale. In particolare lo studio degli esopianeti e la ricerca di tracce di vita in altri mondi vede alcuni dei nostri telescopi, come il Telescopio nazionale Galileo, il Large Binocular Telescope e, in futuro, l’Extremely Large Telescope, protagonisti in questo settore. Siamo coinvolti in importanti missioni spaziali pensate proprio per lo studio degli esopianeti, come Ariel, Cheops e Plato. E sempre dallo spazio, con la prossima missione Euclid potremo auspicabilmente dare importanti risposte a quello che resta da scoprire sulla composizione del nostro universo, ovvero su quel 95 percento che ancora non conosciamo».
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Dopo il successo delle scorse edizioni, torna il consueto appuntamento con il Festival dell’Innovazione e della Scienza che si terrà nella città di Settimo Torinese e nei comuni limitrofi (Collegno, Grugliasco, Moncalieri, Nichelino, Rivoli, San Mauro Torinese, Pino Torinese) dal 12 al 20 ottobre.
Giunta alla settima edizione, quest’anno la manifestazione affronterà il tema del TEMPO nelle sue varie declinazioni. Dalla scienza alla musica, dall’arte alla letteratura: il tutto attraverso workshop, conferenze e laboratori.
Non mancheranno ospiti illustri che ci aiuteranno a divulgare in maniera coinvolgente e divertente temi di carattere scientifico e non solo, coinvolgendo le scuole, le industrie e le start-up.
Ma quante lune ha Saturno? La risposta sempre giusta è “tante”, ma compito dei ricercatori è anche contarle e conoscerne il più possibile le orbite perché sono parte integrante del Sistema e quindi importanti per studiare l’evoluzione del pianeta, dei suoi anelli ma anche della formazione dell’intero Sistema Solare. Ecco che allora un team guidato da Scott S. Sheppard del Carnegie Institution for Scienceva a caccia di lune attorno ai pianeti gassosi del nostro sistema solare eha trovato ben 20 nuove lune esterne che orbitano attorno al sistema di Saturno. Questo porta il conteggio delle lune a 82, sorpassando Giove che per il momento è a 79 lune.
Ognuna delle nuove lune ha un diametro di circa 5 chilometri, 17 ruotano in senso inverso (retrogrado) rispetto al pianeta, mentre solo 3 orbitano nella stessa direzione della rotazione di Saturno. Due di queste sono le più vicine al sistema di anelli, e impiegano circa due anni per compiere un’orbita, le altre invece circa tre.
«Lo studio delle orbite di queste lune può rivelare dettagli sulla loro origine, ma anche sulle condizioni dell’ambiente attorno a Saturno al tempo della sua formazione» spiega Sheppard nel comunicato della Carnegie.
La scoperta è stata annunciata il 7 settembre dal International Astronomical Union’s Minor Planet Center (MPEC), attraverso i suoi celebri bollettini (che riportano i dati osservativi e il calcolo delle orbite, con i nomi degli osservatori che hanno permesso la scoperta e l’assegnazione del nome temporaneo).
Un video che racconta la scoperta delle nuove lune (in inglese) rilasciato dalla Carnagie Science.
Le nuove lune sono state scoperte attraverso le osservazioni al Subaru Telescope, sul monte Mauna Kea alle Hawaii, e fanno parte del team di Sheppard anche David Jewitt dell’UCLA (università della California Los Angeles) e Jan Kleyna dell’Università delle Hawaii.
«Usando uno dei telescopi più grandi al mondo, stiamo completando l’inventario delle piccole lune attorno ai pianeti giganti» spiega ancora Sheppard, «che giocano un ruolo cruciale nell’aiutarci a determinare come i pianeti del nostro Sistema solare si sono formati e evoluti».
Le nuove lune scoperte sono risultate appartenere a tre diversi gruppi, che raccolgono lune con inclinazione e direzione del moto orbitale simili.
Due delle lune con moto diretto hanno un’inclinazione di circa 46° e farebbero parte del gruppo denominato Inuit (e i cui nomi vengono scelti all’interno della mitologia Inuit), e sono frammenti di una antica luna madre che si è rotta in pezzi in un lontano passato.
«Questo tipo di raggruppamento nelle lune esterne, è lo stesso trovato anche su Giove, indicando l’avvenuta collissione violenta tra lune del sistema di Saturno o oggetti esterni come comete e asteroidi» spiega sempre Sheppard.
Similmente, le lune retrograde hanno uguale inclinazione e direzione del moto del gruppo Norreno, e sono quindi anch’esse quasi certamente il risultato di una collisione che ha frammentato la loro luna madre. Una di queste è anche la luna più lontana da Saturno tra quelle conosciute.
La terza luna con moto diretto ha invece un’inclinazione di 36°, e anch’essa sembrerebbe non sfuggire a simili natali, potrebbe far parte delle lune del gruppo Gallico, che hanno stessa direzione e inclinazione ma mentre queste sono lune interne, la nuova luna (chiamata per il momento S/2004 S24) orbita molto più lontana di qualsiasi altra luna con moto diretto.
Le possibilità quindi sono due: o qualcosa l’ha portata a migrare così lontano a differenza di tutte le altre compagne, o più semplicemente non fa parte del gruppo, e le caratteristiche orbitali simili sono solo una coincidenza…
Il fatto che le nuove lune siano state trovate così distanti, indica che l’evento che le ha create deve essere avvenuto quando il processo di formazione di Saturno era ormai alla fine. Ai tempi della formazione del Sistema solare, infatti, il Sole era circondato da un denso disco di polveri e gas. Se quando sono avvenute le collisioni che hanno dato origine alle lune, ci fossero state ancora grandi quantità di polvere e gas nei dintorni di un Saturno in formazione, l’attrito avrebbe portato i frammenti della collisione a spiraleggiare verso il pianeta, portando quindi le giovani lune in formazione in orbite più interne.
Già lo scorso anno, Sheppard aveva scoperto altre 12 lune attorno a Giove, ed era stato indetto un concorso per dare il nome a cinque di esse. «Mi ha talmente elettrizzato l’enorme coinvolgimento del pubblico attorno al concorso per dare un nome alle lune di Giove, che abbiamo deciso di farne uno nuovo per trovare un nome alle nuove lune di Saturno» ha annunciato Sheppard. I nomi dovranno essere coerenti con il gruppo individuato per ogni luna, e quindi rientrare rispettivamente nelle mitologie Innuit, Norrena e Gallica. Per partecipare basta andare allapagina dedicata nel sito della Carnegie Science dove sono indicate tutte le regole per la scelta del nome e twittare a @SaturnLunacy il nome scelto, la motivazione e, fortemente suggerito, allegare un’immagine (foto, disegno, video… qualsiasi cosa) a tema. L’hashtag da non dimenticare è #NameSaturnsMoons.
Di Anelli, Comete, Telescopi e Vapor d’Acqua La prima cometa interstellare! Ma che età hanno gli anelli di Saturno? Leonardo precursore anche dell’invenzione del telescopio? Vapore acqueo trovato per la prima volta nell’atmsfera di una super-Terra e molto altro ancora su…
Coelum Astronomia di Ottobre 2019
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A partire dal prossimo SETTEMBRE torna la nuova edizione de “DAL CIELO NOTTURNO AL COSMO – CORSO DI INTRODUZIONE ALL’ASTRONOMIA“!
Ancora una volta, protagonista il Cosmo, attraverso nr. 5 lezioni teoriche (tenute presso il Centro commerciale “Il Giulia” a Trieste) “dirette” dagli esperti relatori del Circolo Culturale Astrofili Trieste + nr. 3 lezioni pratiche sui telescopi tenute presso l’osservatorio “B.Zugna”, dove verrà applicato quanto imparato nella teoria sui telescopi assieme a prove di ricerca ed inseguimento dei corpi celesti.
Osservatorio Astronomico Provinciale di Montarrenti, SS. 73 Ponente, Sovicille (SI).
L’OAPM apre gratuitamente al pubblico per l’osservazione del cielo notturno il 2° e 4° venerdì del mese. In caso di tempo incerto telefonare per conferma al numero 3472874176 o 3482650891.
11.10 e 25.10, ore 21:30: Il cielo al castello di Montarrenti. L’Osservatorio Astronomico di Montarrenti sarà aperto al pubblico per delle serate osservative, con particolare attenzione alla Luna (principalmente il giorno 11), agli ammassi stellari e ai vari oggetti del profondo cielo. Prenotazione obbligatoria tramite il sito www.astrofilisenesi.it o inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio). In caso di tempo incerto telefonare per conferma.
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Le due stelline sono state trovate nel sistema [BHB2007] 11 – il membro più giovane di un piccolo ammasso stellare nella nebulosa oscura Barnard 59, che fa parte delle nubi di polvere interstellare chiamate nebulosa Pipa. Precedenti osservazioni di questo sistema binario avevano mostrato la struttura esterna, ora grazie all’alta risoluzione di ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) e a un gruppo internazionale di astronomi guidato da scienziati dell’Istituto Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics (MPE) in Germania, possiamo vedere la struttura interna di questo oggetto .
«Vediamo due sorgenti compatte che interpretiamo come dischi circumstellari intorno alle due giovani stelle», spiega Felipe Alves di MPE che ha guidato lo studio. Un disco circumstellare è l’anello di polvere e gas che circonda una giovane stella. La stella accresce la materia dall’anello per ingrandirsi. «La dimensione di ciascuno di questi dischi è simile a quella della fascia di asteroidi nel nostro Sistema Solare e la separazione tra loro è 28 volte la distanza tra il Sole e la Terra», osserva Alves.
I due dischi circumstellari sono circondati da un disco più grande, con una massa totale equivalente a circa 80 volte la massa di Giove, che mostra una complessa rete di strutture di polvere distribuite in forme a spirale – gli anelli del pretzel. «Questo è un risultato davvero importante», sottolinea Paola Caselli, direttore a MPE, e a capo del Centro di studi astrochimici, coautrice del lavoro. «Abbiamo finalmente prodotto l’immagine della complessa struttura delle giovani stelle binarie con i loro filamenti che le alimentano e le collegano al disco in cui sono nate. Ciò fornisce importanti vincoli per gli attuali modelli di formazione stellare».
Le stelle infanti accrescono massa dal disco più grande in due fasi. Il primo stadio è quando la massa viene trasferita ai singoli dischi circumstellari in bellissimi anelli rotanti, che è ciò che ha mostrato la nuova immagine ALMA. L’analisi dei dati ha anche rivelato che il disco circumstellare meno massiccio ma più luminoso – quello nella parte inferiore dell’immagine – accumula più materiale. Nel secondo stadio, le stelle raccolgono massa dai loro dischi circumstellari. «Ci aspettiamo che questo processo di accrescimento a due livelli guidi la dinamica del sistema binario durante la sua fase di accrescimento di massa», aggiunge Alves. «Sebbene il buon accordo di queste osservazioni con la teoria sia già molto promettente, avremo bisogno di studiare in dettaglio un maggior numero di giovani sistemi binari per capire meglio come si formano le stelle multiple».
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XVII edizione di BergamoScienza, il festival di divulgazione scientifica organizzato dall’Associazione BergamoScienza, che si terrà dal 5 al 20 ottobre. Per 16 giornate animerà la città di Bergamo con incontri, conferenze, dialoghi e spettacoli dedicati alla scienza. Con un linguaggio chiaro ed accessibile a tutti, scienziati di fama internazionale aggiorneranno il pubblico del festival sulle possibili soluzioni per affrontare le sfide ambientali e sociali della società contemporanea.
Focus del festival, quest’anno, sarà infatti la sostenibilità della vita sul pianeta, sia in termini di impatto
climatico e salute dell’acqua e dell’aria che di alimentazione, ma verranno come sempre affrontati tutti gli aspetti della scienza e della tecnica, dalla storia della scienza ai rapporti con la società, fino all’intelligenza artificiale.
Tutti gli eventi di BergamoScienza sono a ingresso libero, ad eccezione di laboratori e mostre e di alcune conferenze e spettacoli indicati in programma per i quali è necessaria la prenotazione (da lunedì 30 settembre sul sito del festival).
Per le scuole invece la prenotazione è obbligatoria per tutti gli eventi (da giovedì 19 settembre sul sito).
È una scoperta importante, quella firmata da Alan Fitzsimmons della Queen’s University di Belfast e colleghi. Una scoperta a suo modo storica. È infatti la prima volta che viene rilevato e analizzato il gas presente su un oggetto interstellare di questo tipo: “la cometa aliena” recentemente ribattezzata 2I/Borisov, immortalata per la prima volta dal Gemini North Telescope poche settimana fa. Si tratta di un gas costituito da atomi di carbonio e azoto legati assieme a formare un composto dalla formula molecolare (CN)2. Una molecola tossica, se inalata, ma abbastanza comune nelle comete: il cianogeno.
Come abbiano fatto i ricercatori a individuarlo è presto detto: puntando il William Herschel Telescope verso la cometa tra le 6:00 e le 7:00 della mattina del 20 settembre scorso e ottenendone lo spettrogramma con lo spettrografoIsismontato sul telescopio. Un’osservazione riuscita al secondo tentativo, dopo che il primo – il 13 settembre – non era andato a buon fine a causa dell’eccessiva luminosità del cielo. Buona la seconda, si potrebbe dire.
L’analisi dello spettrogramma ha portato gli astronomi a trarre la conclusione che si legge già nel titolo del preprint dell’articolo (ancora in attesa di essere accettato da una rivista scientifica, ma già consultabile online): le impronte digitali spettrali sono, appunto, quelle del cianogeno.
«In poche parole» spiega a Media InafMarco Micheli, astronomo al Neo Coordination Centredell’Esa, associato Inaf e coautore dello studio, «nello spettro della cometa si possono vedere le linee di emissione di alcuni composti gassosi emessi dall’oggetto. In questo caso, avendo ottenuto uno spettro che copriva lunghezze d’onda dell’intervallo visibile, alcune specie potevano creare linee di emissione nel range spettrale analizzato, e la presenza di tali linee è la prova diretta della sua esistenza nella chioma cometaria. Tra i composti che hanno linee spettrali nel visibile, tipicamente il CN è il più facile da rilevare ed è presente in molte comete del nostro Sistema solare. Pertanto ci si aspettava che potesse essere individuabile anche su un oggetto abbastanza debole come la cometa Borisov. Trovarlo su un oggetto interstellare è la conferma che anche comete generate in sistemi solari diversi dal nostro hanno una chimica e una composizione simili alle nostre, e pertanto plausibilmente sono state originate da meccanismi simili».
E se vi state chiedendo se questa specie chimica sia l’unica emessa dalla cometa extrasolare, la risposta è no. «Ovviamente ci sono molti altri composti volatili su una cometa», aggiunge infatti Micheli. «Alcuni, presenti in grandi quantità, non hanno però righe di emissione alle lunghezze d’onda coperte da questo spettro, e pertanto non potevano essere visibili. Altri sono più rari, e pertanto la loro emissione è più debole rispetto al CN. Potranno forse essere individuati in futuro, osservando con telescopi più grandi e/o quando la cometa sarà più brillante e attiva, nei prossimi mesi».
Quanto alla precisione delle misure effettuate, l’astronomo non ha dubbi: «La linea di emissione del CN è estremamente ben visibile nello spettro ottenuto, e dalla sua intensità è possibile derivare l’abbondanza di CN con una ottima precisione, pertanto direi che la misura può considerarsi estremamente affidabile».
Per saperne di più:
Leggi su arXiv.org il preprint dell’articolo “Detection of CN gas in Interstellar Object 2I/Borisov” di Alan Fitzsimmons, Olivier Hainaut, Karen Meech, Emmanuel Jehin, Youssef Moulane, Cyrielle Opitom, Bin Yang, Jacqueline V. Keane, Jan T. Kleyna, Marco Micheli e Colin Snodgrass
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Il giorno 5 ottobre, alle ore 22:25 circa, potremo assistere a un nuovo incontro che vede protagonista il Quarto di Luna (fase del 51%) e uno dei pianeti giganti gassosi del Sistema Solare: Saturno (mag. +0,5).
Anche in questo caso, “l’abbraccio celeste” che potremo osservare sarà piuttosto stretto (circa 1° 12’) con la Luna che passerà a sud di Saturno.
Questa congiunzione, che avverrà entro i confini del Sagittario (di cui potremo riconoscere, sotto un cielo limpido, le stelle principali a sud della Luna), sarà meno “brillante” della precedente, per via della maggiore differenza di luminosità dei due soggetti, ma comunque molto gradevole da osservare.
All’orario indicato, i soggetti, localizzabili guardando verso sudovest, saranno alti circa 10° sull’orizzonte. Anche in questo caso il consiglio è quello di riprendere fotograficamente la coppia includendo il paesaggio, per rendere più originale la ripresa. La Luna con la sua luce illuminerà il paesaggio ma, attenzione, allo stesso tempo renderà più difficile regolare le impostazioni della fotocamera per rendere anche la presenza di Saturno.
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I prossimi giorni saranno inoltre i giorni migliori per osservare le formazioni lunari anche solo con un binocolo o un piccolo telescopio, scopri i consigli di Francesco Badalotti su
XIX Convegno della Società Italiana di Archeoastronomia
“Ad una ad una annoverar le stelle”
Centro Interuniversitario di Ricerca “Seminario di Storia della Scienza”, Università di Bari Aula I, Centro Polifunzionale Studenti
Comitato Scientifico: Elio Antonello (INAF-Osserv. Astron. Brera), Francesco Paolo De Ceglia (Università di Bari), Manuela Incerti (Università di Ferrara), Nicoletta Lanciano (Sapienza Università di Roma), Giulio Magli (Politecnico di Milano), Massimo Mazzoni (Università di Firenze), Andrea Polcaro (Università di Perugia), Guido Rosada (Università di Padova), Anna Maria Tunzi (Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, Bari).
Si svolgerà a Bari dal 10 al 12 ottobre 2019 il XIX Convegno della Società Italiana di Archeoastronomia.
Il Convegno, organizzato in collaborazione con Società Astronomica Italiana, Centro Interuniversitario di ricerca “Seminario di Storia della Scienza” Uniba e dalla Società Astronomica Pugliese, si svolgerà nell’Aula I del Centro Polifunzionale Studenti Uniba (Ex Palazzo Poste) in Piazza C. Battisti 1.
Sono previste 34 relazioni e 5 posters.
Venerdì 11 ottobrealle ore 17,30 si svolgerà l’Assemblea dei Soci della Società Italiana di Archeoastronomia.
È richiesto il versamento di una quota di partecipazione a coloro che intendono presenziare a tutti gli incontri del Convegno e vogliono ricevere il kit di partecipazione e la stampa degli atti.
Per le presenze occasionali l’ingresso è libero e gratuito.
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I convegni e le iniziative UAI 5 ottobre La Notte della Luna – International Observe the Moon Night (InOMN) è l’iniziativa mondiale dedicata alla scoperta e all’osservazione del nostro meraviglioso satellite naturale, in programma – quest’anno – sabato 5 ottobre
25-27 ottobre Meeting di Radioastronomia organizzato quest’anno dalla Sezione Radioastronomia dell’UAI e dalla Italian Amateur Radio Astronomy (IARA) presso i Colli Euganei (PD), con la collaborazione dell’Associazione Astronomica Euganea, delegazione territoriale dell’Unione Astrofili Italiani. La location scelta per il meeting è il Centro Visite e Laboratorio di Educazione Naturalistica “Casa Marina” di Galzignano Terme.
Per maggiori informazioni consultare il link: www.iaragroup.org/icara2019
Iniziamo la sera del 3 ottobre, alle ore 21:00 circa, quando una falce di Luna (fase del 31%) entrerà in congiunzione stretta con il pianeta Giove (mag. –2), con la Luna che si troverà a circa 1° 48’ a ovest del pianeta.
Sarà facile individuare i due soggetti, brillanti nel cielo della sera, nella cornice della costellazione dell’Ofiuco (anche se risalterà certamente di più la vicina costellazione dello Scorpione): basterà orientarsi verso sudovest.
All’ora indicata in cartina, vedremo la Luna e Giove formare un duetto a una decina di gradi di altezza sull’orizzonte. Considerata la loro altezza, sarà possibile scattare delle fotografie che comprendano elementi del paesaggio naturale o architettonico circostante per impreziosire e rendere più originali i nostri scatti.
I prossimi giorni saranno inoltre i giorni migliori per osservare le formazioni lunari anche solo con un binocolo o un piccolo telescopio, scopri i consigli di Francesco Badalotti su
La Notte della Luna o International Observe the Moon Night (InOMN) è l’iniziativa mondiale dedicata alla scoperta e all’osservazione del nostro meraviglioso satellite naturale, in programma – quest’anno – sabato 5 ottobre
Nel team promotore della InOMN rientrano la NASA e altre importanti istituzioni scientifiche, tra le quali: l’Astronomical Society of the Pacific & the NASA Night Sky Network, EU-Universe Awareness, Lunar and Planetary Institute, NASA Lunar Science Institute. In Italia da alcuni anni l’appuntamento è promosso dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e dall’Unione Astrofili Italiani (UAI).
Come ormai consuetudine, l’iniziativa internazionale sarà un’occasione per proporre osservazioni al telescopio dedicate alla Luna – al primo quarto – e per approfondire temi quali la genesi e le caratteristiche fisiche, le missioni spaziali passate e in programmazione, la mitologia, la poesia, la musica e le diverse espressioni artistiche ispirate al nostro satellite naturale.
In Italia, grazie al coinvolgimento delle Delegazioni territoriali della UAI, saranno allestite postazioni divulgative e osservative lungo tutta la penisola. Informazioni dettagliate sugli speciali Moonwatch Party a cura delle Associazioni astrofile saranno presto disponibili su Rete Astrofili, in home page.
5 ottobre: International Observe the Moon Night. Evento gratuito al Santuario del Divino Amore
I due nuovi corsi di Astronomia
L’anno accademico della nostra Scuola di Astronomia si apre con due corsi, uno il lunedì, l’altro il giovedì, che dureranno fino a dicembre presso la nostra sede dell’EUR. Sconto per i lettori di Coelum (chiedere coupon a eventi@accademiadellestelle.org)
Da lunedì 30 settembre: L’Astronomia insolita e curiosa.
Otto conferenze su moltissime curiosità e aneddoti raramente divulgati al pubblico, per scoprire gli aspetti più insoliti e incredibili del cielo e della scienza che lo studia.
Da giovedì 17 ottobre: Come si osserva il cielo.
Corso base completo di astronomia pratica: tutte le competenze che servono per diventare astrofili! Con guida alla scelta del telescopio, tecniche osservative e fotografiche e lezioni pratiche sotto le stelle.
Chiuso il mese scorso col nostro satellite in fase di 2 giorni dopo il Novilunio del 28 settembre, nella prima serata di ottobre dopo le 19:30 circa vedremo nel cielo occidentale una falce con età di 3 giorni che lascerà ben poco spazio all’osservazione andando a tramontare intorno alle 21:00. Andrà diversamente nelle successive serate, quando la Luna Crescente renderà il nostro satellite sempre più visibile con la fase di Primo Quarto prevista per le 18:47 del 5 ottobre a un’altezza di +21° poco prima del transito in meridiano che avverrà alle 19:17 a +21°.
Da notare che, nell’occasione, alla distanza di soli 2° ci sarà il pianeta Saturno con la Luna perfettamente osservabile per gran parte della serata, andando a tramontare poco prima di mezzanotte fra le stelle del Sagittario.
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➜ Continua, con maggiori dettagli in la Luna di ottobresu Coelum Astronomia 237
Falci di Luna
Questo mese, troviamo consigli per l’osservazione delle formazioni lunari anche nella pagina dedicata alle Falci di Luna, del Cielo di Ottobre. Iniziamo subito con la prima serata del mese, 1 ottobre, quando dalle 19:30 circa sarà possibile osservare una falce con età di 2,9 giorni a un’altezza iniziale di +23°. Ma per quel che riguarda l’osservazione dei dettagli del paesaggio lunare bisognerà attendere le falci di fine mese, dal 25 ottobre in poi.
La prima proposta in questo numero è per la serata del 2 ottobre quando, dalle 19:00 circa e fino al suo tramonto previsto per le 21:32, il punto di massima librazione si troverà alla latitudine di Humboldt, una grande e spettacolare struttura crateriforme di 213 km di diametro la cui origine risale al Periodo Geologico Imbriano Superiore (da 3,8 a 3,2 miliardi di anni fa). Per l’occasione il nostro satellite sarà in fase di 4 giorni, a un’altezza iniziale di +19°.
dal 6 all’8 ottobre Piton, Spitzbergen, Pico, Teneriffe e Recti
La seconda e principale proposta di questo mese, è per le serate del 6-7-8 ottobre quando con la Luna in fase da 8 a 10 giorni andremo a scandagliare nell’ordine i monti Piton, Spitzbergen, Pico, Teneriffe e Recti tutti situati nel mare Imbrium, osservazioni da effettuare contestualmente al progressivo avanzamento della linea del terminatore attraverso il suolo lunare da est verso ovest.
La terza proposta viene suddivisa nelle due serate del 9 e 10 ottobre, quando il nostro satellite si troverà rispettivamente in fase di 11/12 giorni a nostra disposizione per tutta la serata e fino alle prime ore della notte seguente. Andremo a osservare una ristretta e interessantissima regione vulcanica situata nel settore nordoccidentale del nostro satellite, al confine fra mare Imbrium e oceanus Procellarum, poco a sud-sudovest del Sinus Iridum, in cui oltre a due grandi strutture a domo sono presenti anche altri coni minori sempre di origine vulcanica.
Come sempre in casi analoghi precisiamo che la visibilità dei dettagli proposti sarà in stretta relazione col progressivo avanzamento della linea del terminatore attraverso la superficie lunare, da est verso ovest, ed è proprio questa la motivazione per cui la scelta è caduta sulle due serate consecutive del 9/10 ottobre.
Usando un mistero cosmico per sondarne un altro, alcuni astronomi hanno analizzato il segnale proveniente da un lampo radio veloce (FRB fast radio burst) per far luce sul gas diffuso nell’alone di una galassia massiccia. Un vasto alone di gas a bassa densità si estende infatti ben oltre la zona luminosa di una galassia in cui sono concentrate le stelle. Molto difficile da studiare, anche se rappresenta una frazione della massa della galassia maggiore rispetto alle stelle.
Nel novembre 2018 il radiotelescopio ASKAP (Australian Square Kilometre Array Pathfinder) ha individuato un lampo radio veloce, chiamato FRB 181112. Osservazioni successive con il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO e altri telescopi hanno rivelato che gli impulsi radio sono passati, nel loro cammino verso la Terra, attraverso l’alone di una galassia massiccia. Questa scoperta ha permesso agli astronomi di analizzare il segnale radio alla ricerca di indizi sulla natura del gas nell’alone.
«Il segnale del lampo radio veloce ha rivelato la natura del campo magnetico attorno alla galassia e la struttura del gas nell’alone. Lo studio dimostra l’efficacia di una nuova tecnica rivoluzionaria per esplorare la natura degli aloni delle galassie», ha dichiarato J. Xavier Prochaska, professore di astronomia e astrofisica all’Università della California a Santa Cruz e autore principale di un articolo che presenta i nuovi risultati pubblicati oggi dalla rivista Science.
Gli astronomi continuano a non sapere quali siano le cause dei lampi radio veloci e solo recentemente sono stati in grado di rintracciare alcuni di questi segnali radio molto brevi e molto luminosi nelle galassie da cui hanno avuto origine. «Quando abbiamo sovrapposto le immagini radio e quelle ottiche, abbiamo potuto vedere subito che il lampo radio veloce ha attraversato l’alone di questa galassia che si trova casualmente sulla nostra linea di vista e, per la prima volta, abbiamo avuto un modo diretto di indagare sulla materia altrimenti invisibile che circonda questa galassia,» ha commentato la coautrice Cherie Day, una dottoranda presso la Swinburne University of Technology, in Australia.
Un alone galattico contiene sia materia oscura che ordinaria – o barionica – principalmente sotto forma di un gas ionizzato caldo. Mentre il corpo luminoso di una galassia massiccia potrebbe arrivare fino a circa 30.000 anni luce, il suo alone approssimativamente sferico ha un diametro dieci volte maggiore. Il gas dell’alone alimenta la formazione stellare cadendo verso il centro della galassia, mentre altri processi, come le esplosioni di supernova, possono espellere materiale dalle regioni che formano le stelle verso l’alone galattico. Una delle ragioni per cui gli astronomi vogliono studiare il gas dell’alone è capire meglio questi processi di espulsione che possono arrestare la formazione stellare.
«L’alone di questa galassia è sorprendentemente tranquillo», ha affermato Prochaska. «Il segnale radio è stato disturbato pochissimo dalla galassia, in netto contrasto con ciò che i modelli precedenti avevano previsto che sarebbe accaduto».
Il segnale di FRB 181112 era composto da pochi impulsi, ciascuno di durata inferiore a 40 microsecondi (10.000 volte più breve di un battito di ciglia). La breve durata degli impulsi pone un limite superiore alla densità del gas dell’alone perché il passaggio attraverso un mezzo più denso amplierebbe la durata del segnale radio. Da questo i ricercatori hanno calcolato che la densità del gas dell’alone deve essere inferiore a 0,1 atomi per centimetro cubo (equivalente a diverse centinaia di atomi in un volume delle dimensioni di un palloncino). Questo vincolo di densità limita anche la possibilità di turbolenza o la presenza di nubi di gas freddo all’interno dell’alone (freddo in questo campo è ovviamente è un termine relativo, poiché si riferisce a temperature intorno ai 10.000 °C, ma comunque molto minori rispetto al gas caldo dell’alone che si trova a circa 1 milione di gradi).
«Come l’aria che vibra in una calda giornata estiva, l’atmosfera tenue di questa galassia massiccia dovrebbe deformare il segnale del lampo radio veloce. Invece abbiamo ricevuto un impulso così incontaminato e nitido che non vi troviamo alcuna impronta del gas,» ha affermato il coautore Jean-Pierre Macquart, astronomo dell’International Center for Radio Astronomy Research presso la Curtin University, Australia.
Lo studio non ha trovato prove della presenza di nuvole fredde turbolente o di piccoli grumi densi di gas freddo di alone. Altre informazioni fornite sono quelle sul campo magnetico dell’alone, che è risultato molto debole, un miliardo di volte più debole di quello di un magnete da frigorifero. Con i risultati di un solo alone galattico, i ricercatori non possono però ancora dire se la bassa densità e la bassa intensità del campo magnetico che hanno misurato sono insolite o se gli studi precedenti sugli aloni galattici avevano prodotto una stima per eccesso di queste proprietà. Prochaska ha dichiarato di aspettarsi che ASKAP e altri radiotelescopi useranno i lampi radio veloci per studiare molti più aloni galattici e risolverne le proprietà.
«Questa galassia potrebbe essere speciale», ha detto. «Avremo bisogno di lampi radio veloci per studiare decine o centinaia di galassie su un vasto intervallo di masse ed età per valutare l’intera popolazione».
I telescopi ottici come il VLT dell’ESO mostrano quindi di avere un ruolo importante, non solo rivelando quanto è lontana la galassia che ospita un singolo lampo, ma anche fornendo ulteriori dati nel caso in cui un lampo sia passato attraverso l’alone di una qualsiasi galassia in primo piano, aiutandone quindi lo studio.
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L’OAPM apre gratuitamente al pubblico per l’osservazione del cielo notturno il 2° e 4° venerdì del mese. In caso di tempo incerto telefonare per conferma al numero 3472874176 o 3482650891.
05.10, ore 21:30: Il cielo autunnale. L’appuntamento è presso Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola “Palmiero Capannoli” per osservare il cielo del periodo. Al centro dell’attenzione nebulose, ammassi stellari e stelle doppie. Prenotazione obbligatoria on line sul sito www.astrofilisenesi.it oppure tramite Davide Scutumella 3388861549. In caso di tempo incerto telefonare per conferma.
05.10, 18:30 – 20:00: La notte della Luna – International Observe the Moon Night (InOMN). In contemporanea con molte altre località a livello internazionale, questa sera sarà dedicata all’osservazione del nosto satellite naturale, nella fase di primo quarto. L’osservazione sarà effettuata all’Osservatorio Astronomico di Montarrenti (SI). Serata gratuita ma su prenotazione tramite il sito www.astrofilisenesi.it o inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio). In caso di tempo incerto telefonare per conferma.
11.09 e 25.09, ore 21:30: Il cielo al castello di Montarrenti. L’Osservatorio Astronomico di Montarrenti sarà aperto al pubblico per delle serate osservative, con particolare attenzione alla Luna (principalmente il giorno 11), agli ammassi stellari e ai vari oggetti del profondo cielo. Prenotazione obbligatoria tramite il sito www.astrofilisenesi.it o inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio). In caso di tempo incerto telefonare per conferma.
I convegni e le iniziative UAI 4-6 ottobre Meeting Esopianeti e Stelle variabili sarà ospitato quest’anno nell’ambito delle attività del 27º Convegno nazionale del Gruppo Astronomia Digitale (GAD), in programma a Todi (PG), presso il Teatro dell’Istituto Ciuffelli-Einaudi. A organizzarlo, le Sezioni “Pianeti extrasolari” e “Stelle Variabili” dell’Unione Astrofili Italiani (UAI), con la collaborazione dell’Associazione astronomica umbra e dell’Istituto Spezzino Ricerche astronomiche. ⇒ Per i dettagli sulle relazioni del Convegno consultare il link: http://www.astronomiadigitale.com/gad27/relazioni_2019.html
5 ottobre La Notte della Luna – International Observe the Moon Night (InOMN) è l’iniziativa mondiale dedicata alla scoperta e all’osservazione del nostro meraviglioso satellite naturale, in programma – quest’anno – sabato 5 ottobre http://observethemoonnight.org/
25-27 ottobre Meeting di Radioastronomia organizzato quest’anno dalla Sezione Radioastronomia dell’UAI e dalla Italian Amateur Radio Astronomy (IARA) presso i Colli Euganei (PD), con la collaborazione dell’Associazione Astronomica Euganea, delegazione territoriale dell’Unione Astrofili Italiani. La location scelta per il meeting è il Centro Visite e Laboratorio di Educazione Naturalistica “Casa Marina” di Galzignano Terme.
Per maggiori informazioni consultare il link: www.iaragroup.org/icara2019
A partire dal prossimo SETTEMBRE torna la nuova edizione de “DAL CIELO NOTTURNO AL COSMO – CORSO DI INTRODUZIONE ALL’ASTRONOMIA“!
Ancora una volta, protagonista il Cosmo, attraverso nr. 5 lezioni teoriche (tenute presso il Centro commerciale “Il Giulia” a Trieste) “dirette” dagli esperti relatori del Circolo Culturale Astrofili Trieste + nr. 3 lezioni pratiche sui telescopi tenute presso l’osservatorio “B.Zugna”, dove verrà applicato quanto imparato nella teoria sui telescopi assieme a prove di ricerca ed inseguimento dei corpi celesti.
Nel nuovo numero di ottobre di Coelum Astronomia, vi raccontiamo la missone indiana Chandrayaan-2, che ha “quasi” realizzato il sogno indiano di sbarcare sulla Luna, con un lander e un rover: secondo ambizioso passo nell’esplorazione indiana della Luna. Purtroppo se la prima parte della missione, l’inserimento in orbita dell’orbiter, è stato un successo, tutto ha funzionato da manuale solo fino a quando, il 6 settembre scorso, il lander Vikram non è stato lasciato a sé stesso per effettuare l’atterraggio morbido sul suolo lunare, e portare a termine la sua missione di due settimane (un giorno lunare) in cui avrebbe dovuto far uscire anche un piccolo rover per effettuare analisi del terreno. Il lander è si atterrato sulla Luna, ma non con l’atterraggio morbido sperato.
A un paio di chilometri dalla superficie infatti si sono persi i contatti con i lander. La velocità troppo elevata rispetto alla tabella di marcia già non era un buon segno, e l’ultima telemetria recuperata poco dopo, che lo dava a soli 330 metri dalla superficie, ha reso palese a tutti che un atterraggio morbido non c’era proprio stato… ma la storia (e tutte le informazioni sulla missione che comunque continua grazie all’orbiter Chandrayaan-2 in stato nominale) la trovate nel bell’articolo di approfondimento di Massimo Orgiazzi cliccando sull’immagine qui a destra (in formato digitale e gratuito).
Grazie però proprio all’orbiter, che avrebbe dato prova di ottimo funzionamento, dall’Agenzia spaziale indiana è arrivata la notizia che il lander era stato rintracciato, che ne avevano ripreso delle immagini, e che si erano effettuati tentativi di comunicazioni ai quali però il lander non ha mai risposto. In realtà, foto del lander non ne sono ancora state rilasciate e non è dato sapere se esistono, se riprendono un lander ancora parzialmente intatto o completamente distrutto dallo schianto con il suolo.
Anche la NASA ha quindi messo al lavoro il suo Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO), con lo scopo di riprendere il terreno attorno al luogo previsto per l’atterraggio: a circa 600 chilometri dal polo sud, in un terreno relativamente antico (70.8°S Lat., 23.5°E Long.). Il 17 settembre scorso LRO ha quindi raccolto un set di immagini ad alta risoluzione di un’area di circa 150 chilometri attorno al piccolo altipiano scelto, tra i crateri Simpelius N e Manzinus C.
Il team della camera a bordo di LRO non è però riuscito ancora a identificare Vikram. Al momento del passaggio di LRO, l’area ripresa era al tramonto (alla fine del giorno lunare in cui avrebbe dovuto operare il lander) e le lunghe ombre che coprono gran parte del terreno potrebbero nascondere il lander indiano. Le analisi delle immagini sono ancora in corso, per provare a scrutare tra le ombre, ma si attende anche il prossimo passaggio di ottobre, che permetterà a LRO di avere condizioni di luce migliori e, forse, magiori probabilità di individuarlo, sempre che l’alta velocità di discesa non l’abbia portato fuori dal campo ripreso.
Intanto la ricerca continua…
Indice dei contenuti
Di Anelli, Comete, Telescopi e Vapor d’Acqua La prima cometa interstellare! Ma che età hanno gli anelli di Saturno? Leonardo precursore anche dell’invenzione del telescopio? Vapore acqueo trovato per la prima volta nell’atmsfera di una super-Terra e molto altro ancora su…
Coelum Astronomia di Ottobre 2019
è online, come sempre in formato digitale, pdf e gratuito. Lascia la tua mail o clicca sulla X e leggi!
L’indirizzo email serve solo per informare delle prossime uscite della rivista.
All’inizio della notte astronomica l’asterismo del “Triangolo Estivo” sarà ancora alto nel cielo, anche se in procinto di cedere la regione zenitale al grande quadrato di Pegaso. Il Boote sarà già al tramonto e l’Ercole lo segue, lasciandoci ancora la possibilità di osservare il suo magnifico ammasso globulare, M 13. A nordest si potrà seguire l’ascesa della coppia Perseo- Cassiopea, con la sua inconfondibile forma a “W”, e il sorgere della brillantissima Capella con l’Auriga. Faranno poi capolino sull’orizzonte le stelle del Toro, con Aldebaran, che assieme alle Pleiadi rappresentano le avanguardie del cielo invernale. Questo scenario vedrà il suo completamento con il sorgere di Orione e dei Gemelli nella seconda parte della notte. A sud dominano lo spazio al Meridiano le costellazioni del Pesce Australe, con la brillante Fomalhaut, il Capricorno e l’Acquario mentre, più in alto ancora, vedremo il grande quadrato di Pegaso. Sull’orizzonte nord, l’asterismo del Grande Carro si troverà al punto più basso del suo percorso attorno alla stella Polare.
L’arco diurno percorso dalla nostra stella diverrà sempre più breve nel corso del mese, con un consistente calo in declinazione di quasi 11°. Come è facilmente intuibile, la durata della notte astronomica sarà invece in continua crescita…
È da ricordare, per il corretto uso delle effemeridi, che alle ore 3:00 di domenica 27 ottobre finirà il periodo dell’ora estiva (TU+2) e bisognerà portare indietro le lancette degli orologi alle ore 2:00.
Si ritornerà così all’ora solare TU+1.
COSA OFFRE IL CIELO
Per quanto riguarda i pianeti, nella prima serata potremo seguire Giove nell’Ofiuco, ormai indirizzato verso ovest, e Saturno nel Sagittario. Marte tornerà invece a mostrarsi nel cielo del mattino, dopo aver da poco superato la congiunzione con il Sole. Mercurio e Venere saranno invece visibili la sera, al tramonto, ma non sempre con facilità a causa della scarsa altezza sull’orizzonte.
Approfondisci le condizioni dei singoli pianeti, dei pianeti nani e dei principali asteroidi in opposizione nelle sezioni dedicate del Cielo di ottobre, oltre alle cartine e ai dettagli delle principali congiunzioni del mese.
Questo mese poi, per quanto riguarda gli asteroidi, abbiamo accolto un invito speciale: Paolo Campaner ci invita ad osservare l’asteroide (25276) Dimai, che sarà (anche se non facilmente) visibile da fine ottobre a circa metà dicembre, per ricordare Alessandro Dimai, amico e astrofilo che ci ha lasciati la primavera scorsa. Tutti i dettagli e la cartina per l’osservazione li trovate nell’articolo: Ricordando Alessandro Dimai tra le stelle.
Come sempre tutti i consigli per l’osservazione del cielo li trovate sul Cielo di Ottobre 2019, su Coelum Astronomia.
Hai compiuto un’osservazione? Condividi le tue impressioni, mandaci i tuoi report osservativi o un breve commento sui fenomeni osservati: puoi scriverci a segreteria@coelum.com. E se hai scattato qualche fotografia agli eventi segnalati, carica le tue foto inPhotoCoelum!
I due nuovi corsi di Astronomia
L’anno accademico della nostra Scuola di Astronomia si apre con due corsi, uno il lunedì, l’altro il giovedì, che dureranno fino a dicembre presso la nostra sede dell’EUR. Sconto per i lettori di Coelum (chiedere coupon a eventi@accademiadellestelle.org)
Da lunedì 30 settembre: L’Astronomia insolita e curiosa.
Otto conferenze su moltissime curiosità e aneddoti raramente divulgati al pubblico, per scoprire gli aspetti più insoliti e incredibili del cielo e della scienza che lo studia.
Da giovedì 17 ottobre: Come si osserva il cielo.
Corso base completo di astronomia pratica: tutte le competenze che servono per diventare astrofili! Con guida alla scelta del telescopio, tecniche osservative e fotografiche e lezioni pratiche sotto le stelle.
Terzo europeo e primo italiano ad assumere il comando della Stazione Spaziale Internazionale, Luca Parmitano si trova ora a metà della sua permanenza a bordo.
Il 2 ottobre, il cosmonauta Alexei Ovchinin, che rientrerà a terra il giorno 3, passerà le consegne al nostro Luca che diverrà (per esteso) International Space Station crew commander ovvero comandante dell’equipaggio, dando inizio così alla Expedition 61.
Il comando vero e proprio della stazione spaziale infatti si trova a terra, al centro di controllo in mano ai direttori di volo, ma se c’è un’emergenza a bordo è il comandante dell’equipaggio a dover intervenire e a diventare vitale perché la missione continui e abbia successo. Ma non è l’unico caso in cui interviene, è suo compito far si che l’equipaggio si trovi sempre nelle migliori condizioni per portare avanti tutti i compiti assegnati, ed ha anche quindi la responsabilità di tenere alto il morale e il benessere dei compagni a bordo.
La cerimonia di cambio di comando verrà trasmessa in diretta streaming sui canali di NASA TV tra le 15:20 e le 15:40 (CEST) del 2 ottobre, e potrete seguirla anche qui sotto.
Cosa farà quindi ora Luca Parmitano?
Oltre a seguire gli esperimenti a bordo della missione Beyond (ve ne abbiamo parlato nell’articolo dedicatoMissione Beyondsul numero di settembre), si troverà ad assumere il comando in un momento particolarmente indaffarato per le operazioni della Stazione. Sono state programmate infatti più passeggiate spaziali a novembre per estendere la vita dell’Alpha Magnetic Spectrometer (AMS-02), un rivelatore di raggi cosmici creato per analizzare le proprietà della materia oscura, dell’antimateria e della materia mancante, per lo studio dell’origine dell’Universo. Poi Luca stesso dovrà testare il controllo remoto di un robot sulla Terra, che raccoglierà campioni di terreno sotto la direzione di ricercatori dell’esperimento Analog-1.
Luca ha già espresso il suo orgoglio nel ricoprire questo ruolo: «Sono onorato che il programma della Stazione Spaziale mi abbia scelto per questo ruolo, e allo stesso tempo emozionato per l’incarico. Essere il comandante delle persone più addestrate e preparate sulla Terra e fuori, può non essere semplice».
«Mi vedo come un facilitatore, il mio scopo sarà di mettere tutti nella condizione di lavorare al meglio delle proprie capacità. In definitiva, però, sono responsabile per la sicurezza dell’equipaggio e della Stazione, e per il successo della missione in generale».
Buon lavoro, Comandante!
Potete seguire le attività di Luca Parmitano tramite la pagina lucaparmitano.esa.int che riunisce blog, canali social e youtube.
Da non perdere le puntate del podcast Luca & Beyond sui principali fornitori di podcast e nelle pagine del blog.
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Di Anelli, Comete, Telescopi e Vapor d’Acqua La prima cometa interstellare! Ma che età hanno gli anelli di Saturno? Leonardo precursore anche dell’invenzione del telescopio? Vapore acqueo trovato per la prima volta nell’atmsfera di una super-Terra e molto altro ancora su…
Coelum Astronomia di Ottobre 2019
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E così alla cometa C/2019 Q4 (Borisov) è stato finalmente assegnato il nome che è suo di diritto. Confermata la sua provenienza dall’esterno del nostro Sistema solare, lo IAU Minor Planet Center gli ha assegnato il nome 2I/Borisov, dove 2I significa proprio secondo oggetto interstellare catalogato.
Era già sembrato abbastanza evidente dai primi controlli, anche amatoriali, che ci si trovava davanti a un oggetto speciale, e la sua traiettoria si mostrava di controllo in controllo sempre più evidentemente aperta, un’iperbole che significa solo una cosa: la cometa non orbita attorno a qualche centro di gravità interno al nostro Sistema solare, ma è stata catturata mentre era di passaggio nello spazio interstellare e la sua velocità la porterà nuovamente fuori dalla nostra influenza gravitazionale.
Perché tanto scompiglio? Perché si è dimostrato non così facile osservare un oggetto che arriva da fuori dei nostri confini. Da quando l’uomo osserva il cielo con tutti gli strumenti a sua disposizione, solo un’altra volta, e solo due anni fa, si è riusciti a vedere (o comunque riconoscere) un corpo, in quel caso un asteroide, allontanarsi da noi lungo una rotta nettamente interstellare. Ne abbiamo parlato molto anche noi di ‘Omuamua, il visitatore interstellare. In quel caso l’asteroide è stato scoperto mentre già era in allontanamento da noi, e quindi il tempo per seguirlo e studiarlo è stato relativamente poco.
In questo caso invece, la cometa è stata scoperta lo scorso 30 agosto mentre era, ed è, ancora in avvicinamento. Raggiungerà il perielio solo il 7 dicembre, passando a 2 unità astronomiche dal Sole, e si avvicinerà alla minima distanza alla Terra a fine anno, il 29 dicembre, per poi cominciare ad allontanarsi per non tornare mai più. Rimarrà però visibile (per la seconda parte del viaggio solo dall’emisfero sud) per tutto il prossimo anno. Gli astronomi, che hanno già cominciato a seguirla e raccogliere dati, contano stavolta di avere tutto il tempo necessario per studiarla per bene. Un’occasione ghiotta quindi per studiare da vicino un oggetto che può permetterci di dare un occhio fuori dai nostri confini, di osservare un oggetto che non si è creato dallo stesso miscuglio primordiale da cui si è nato il nostro Sistema Solare.
Le domande a cui si cerca risposta sono molte, e oltre a indizi importanti sulla composizione e formazione di sistemi stellari diversi dal nostro, e sul confronto con oggetti simili ma nati nel nostro, ci si chiede anche: perché fin’ora ne abbiamo intercettati solo due e a distanza tutto sommato ravvicinata? Qual è il tasso che possiamo aspettarci di oggetti interstellari in visita al nostro Sistema Solare? Le grandi survey telescopiche di oggi, che scansionano il cielo settore per settore, possono senz’altro arrivare a una risposta nel prossimo futuro.
Raccogliendo dati e osservazioni da astronomi e astrofili, al Minor Planet Center sono riusciti quindi a costruire un’orbita abbastanza definitiva e indubbiamente interstellare per questa cometa. Una stima della dimensione del nucleo, come per tutte le comete in realtà, non è altrettanto semplice, perché il nucleo è nascosto dalla coma, la chioma di gas che avvolge la cometa, ma dalla luminosità osservata potrebbe avere un diametro di alcuni chilometri. Uno dei più grandi telescopi al mondo, il Gran Telescopio Canarias da 10,4 m nelle Isole Canarie, ha già ottenuto uno spettro di 2I/Borisov che somiglia a quelli dei nuclei cometari classici che già conosciamo, ma siamo solo all’inizio…
Lacronaca della scoperta, con anche il contributo degli astrofili italiani a firma di Paolo Bacci, la trovate in un articolo di approfondimento nel nuovo numero di Coelum Astronomia di ottobre (in formato digitale e gratuito) uscito proprio in questi giorni, assieme anche aconsigli per l’osservazione oltre che nella rubrica Comete del nostro Claudio Pra. Pur non brillando di magnitudini di nota è infatti comunque alla portata di un buon telescopio amatoriale, basta pensare che Gennady Borisov l’ha scoperta con il suo telescopio da 65 cm autoscotruito. Aspettiamo quindi le prime vostre immagini della cometa su Photocoelum!
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Di Anelli, Comete, Telescopi e Vapor d’Acqua La prima cometa interstellare! Ma che età hanno gli anelli di Saturno? Leonardo precursore anche dell’invenzione del telescopio? Vapore acqueo trovato per la prima volta nell’atmsfera di una super-Terra e molto altro ancora su…
Coelum Astronomia di Ottobre 2019
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