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Mascot: tre salti in tre giorni su Ryugu, 17 ore e poco più. Missione compiuta.

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La superficie dell’asteroide Ryugu fotografata da pochi metri dal lander Mascot. Crediti: Dlr
La superficie di Ryugu ripresa da pochi metri di distanza dalla MasCam di Mascot. Crediti: DLR

Tre giorni e due notti su Ryugu, 17 ore di lavoro, dati, immagini e un video per il piccolo lander europeo voluto da una collaborazione franco tedesca e ospite della missione giapponese Hayabusa 2. Questo il risultato della missione del piccolo Mascot.

Dopo l’esultanza del centro controllo della missione – presso il centro aerospaziale tedesco (Deutsches Zentrum für Luft- und Raumfahrt; DLR) a Colonia (Germania) – per il successo del rilascio e dell’atterraggio sull’asteroide del lander, arriva ora la soddisfazione per la conclusione della missione, durata anche poco più delle 17 ore previste. Nella prima serata del 3 ottobre, alle 21:04 (CEST quindi anche ora italiana), le batterie si sono esaurite più di un’ora oltre a quanto previsto. Tutti gli strumenti hanno funzionato alla perfezione raccogliendo dati sulla composizione e la natura dell’asteroide in tre zone diverse, e i dati sono stati inviati alla sonda madre Hayabusa 2.

«Con Mascot è stato possibile, per la prima volta, esplorare la superficie di un asteroide, direttamente sul posto, e in mondo esteso» spiega Hansjörg Dittus, DLR executive board member per la ricerca spaziale e tecnologica. «Una missione come questa è possibile solo grazie alla collaborazione tra partner internazionali – mettendo assieme tutte le competenze e l’impegno».

Tre zone diverse per un lander? Si, come i piccoli Minerva, anche Mascot aveva al suo interno un meccanismo che gli ha permesso di effettuare tre salti, per analizzare diversi punti della superficie dell’asteroide, e anche questo espediente ha funzionato come doveva.

La prima immagine di Mascot, dalla superficie dell’asteroide, nel momento del “primo contatto” dopo la discesa. Crediti: DLR

Dopo l’atterraggio è stato in grado di riorientarsi correttamente con un primo salto in modo automatico, ma finendo in una zona non favorevole alle analisi che doveva fare, un secondo salto effettuato invece dal controllo missione, l’ha invece portato in una zona più utile dove ha cominciato la sua raccolta dati. La prima raccolta è durata un giorno e una notte di Ryugu. «In seguito siamo stati in grado di continuare le attività su Ryugu con una speciale manovra» spiega Ralf Jaumann, direttore scientifico di MASCOT. «Con una “mini mossa” abbiamo registrato una sequenza di immagini che verranno usate per generare delle immagini stereo della suprficie dopo che era stata analizzata».

Durante le prime manovre Mascot si è spostato di diversi metri sulla superficie dell’asteroide, e alla fine, visto che le batterie avevano ancora energia residua, si sono azzardati ad effettuare un ultimo più grande balzo. Le operazioni si sono interrotte alle 21:04 anche perché in quel momento si sono interrotte le comunicazioni con la sonda madre, entrata nel cono di “silenzio radio” dovuto alla rotazione dell’asteroide. Al nuovo passaggio ormai le batterie di Mascot sarebbero state necessariamente esauste, la sonda è quindi rientrata nella sua posizione standard a 20 chilometri dalla superficie. Mascot ha perciò lavorato fino all’ultimo secondo possibile, ben oltre la durata prevista.

Un’incredibile sequenza di tre immagini (cliccare l’immagine se l’animazione non parte) riprende Mascot mentre scende verso la superficie, subito dopo il rilascio dalla Hayabusa 2. Le immagini sono state riprese dalla wide-angle optical navigation camera (ONC-W2) a bordo della sonda, tra le 3:57:54 e le 3:58:14 (CEST). Crediti: JAXA, Tokyo University, Kochi Univ., Rikkyo Univ., Nagoya Univ., Chiba Institute of Technology, Meiji Univ., Aizu Univ., AIST

La camera a bordo ha ripreso con successo immagini durante la discesa, durante le manovre di salto e dai diversi punti di vista sulla superficie. Oltre alla camera, la MasCam, Mascot ha utilizzato uno radiometro (DLR), un magnetometro (TU Braunschweig) e uno spettrometro dell’istituto di Astrofisica Spaziale francese, che hanno fornito dati su temperature, proprietà magnetiche e composizione dell’asteroide NEO Ryugu.

Ora Mascot è diventato un abitante stabile dell’asteroide, riposerà silente sulla superficie, ma come sempre il vero lavoro dei team scientifici che fanno parte della missione deve ancora cominciare.  «La valutazione dei dati importanti è appena iniziata», afferma Tra-Mi Ho, project manager di MASCOT, del DLR Institute of Space Systems. «Impareremo molto sul passato del Sistema Solare e sull’importanza degli asteroidi vicini alla Terra come Ryugu. Oggi attendo con impazienza le pubblicazioni scientifiche che deriveranno da MASCOT e dalla straordinaria missione Hayabusa2 dei nostri partner giapponesi».

Hayabusa2 ha svolto infatti un ruolo cruciale nel successo di MASCOT. La sonda giapponese ha portato il lander sull’asteroide e ha permesso, grazie a una pianificazione e un controllo precisi, i collegamenti di comunicazione per la trasmissione dei dati, in modo tale da permettere di ricevere le prime immagini il giorno stesso dell’atterraggio. I restanti dati scientifici, che sono stati trasmessi alla sonda madre Hayabusa2, saranno inviati a Terra nei prossimi giorni.

Speciale Hayabusa 2

Per saperne di più sulla missione:

Hayabusa 2 alla scoperta di Ryugu, lo speciale dedicato alla missione a cura di Michele Diodati.



Coelum Astronomia di ottobre
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26° Convegno Nazionale del GAD

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L’Istituto Spezzino Ricerche Astronomiche (IRAS – La Spezia), il Gruppo Astrofili della Montagna Pistoiese (GAMP) e l’Unione Astrofili Italiani (U.A.I.) organizzano in data 12-13-14 ottobre 2018 all’Osservatorio Astronomico della Montagna Pistoiese (Loc. Gavinana – PT) il XXVI Convegno Nazionale del GAD Gruppo Astronomia Digitale e ospitano i Meeting delle Sezioni UAI Pianeti Extrasolari (XI) – Stelle Variabili (XIV) – Asteroidi.

Per maggiori informazioni:

www.astronomiadigitale.com
evento facebook: https://www.facebook.com/events/459568744547603

Informazioni e contatti per il XXV Convegno Nazionale GAD:
programma generalerelazioni logistica

8-9 ottobre: le Draconidi. Tempesta in arrivo?

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Lo sciame meteorico delle Draconidi è uno di quelli minori dell’anno e risulta poco conosciuto, passando spesso completamente inosservato. Il radiante, il punto da cui sembrano avere origine le meteore, è situato nella testa della costellazione del Drago (da cui deriva il nome dello sciame), tra l’Orsa Minore e la Lira, tra le stelle Ni Draconis e Rastaban.

Il periodo di attività va dal 6 al 10 ottobre, con il suo massimo che si attesta nella notte tra l’8 e il 9 del mese.

Questo sciame si mantiene di solito a livelli talmente bassi di attività (poche meteore all’ora) che nel tempo la sua popolarità si è ridotta quasi a zero, fino a scomparire del tutto dai pensieri dell’amatore generico. Tuttavia questo sciame, nel corso della storia, ha riservato spesso delle sorprese, con piogge intense e del tutto inaspettate.

Questa variabilità è dovuta alla cometa progenitrice dello sciame, la 21P/ Giacobini-Zinner, una cometa periodica che compie un’orbita attorno al Sole ogni 6,62 anni. E proprio lo scorso settembre è avvenuto l’ultimo passaggio al perielio, come avete potuto leggere nella rubrica Comete di Claudio Pra dello scorso numero di Coelum Astronomia, mentre nel numero di questo mese potete vedere una gallery dedicata alle vostre foto della cometa.

➜ Scopri la storia della scoperta e le pioggie più intense

Il massimo, si attesterà nella notte del 9 ottobre, a partire dalla mezzanotte e mezza. Purtroppo non ci sono certezze per ciò che riguarda il rateo di meteore e le stime per quest’anno da parte degli esperti sono anzi molto contenute. Secondo i modelli che descrivono le concentrazioni filamentose di polveri rilasciate dalla cometa, nessun filamento sarà sufficientemente vicino all’orbita terrestre da giustificare alti ratei di meteore. Ma le sorprese possono sempre essere dietro l’angolo… e da non sottovalutare l’assenza della Luna, che renderà il cielo più scuro.

Leggi l’articolo completo

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Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Ottobre 2018

➜ Continua l’esplorazione del Cielo di ottobre con la UAI che questo mese ci porta nel “Cuore” di Cassiopea.

➜ La LUNA di ottobre.
Approfondimento: Guida all’osservazione del cratere Kepler

➜ Leggi le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS a ottobre

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ASTROVEN

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La SAIt Veneto in collaborazione con il Circolo Astrofili Veronesi organizza la terza edizione di ASTROVEN, incontro fra le realtà che si occupano di Astronomia nel Veneto il prossimo sabato 13 ottobre 2017, presso il Museo di Storia Naturale di VERONA.

Una giornata pensata per condividere, dibattere e costruire iniziative tra tutti i protagonisti della diffusione dell’astronomia al pubblico nel nostro territorio. Come nei precedenti incontri vengono invitati i Gruppi Astrofili, gli Osservatori Astronomici e i Planetari a far conoscere e condividere la loro esperienza e le loro idee. L’obbiettivo è quello di approfondire la conoscenza reciproca e di consentire uno scambio di esperienze per un arricchimento reciproco tramite una contaminazione culturale astronomica che passi da una trasversalità che va da chi si occupa esclusivamente di divulgazione, a chi osserva e fa osservare il cielo per il puro stupore della bellezza della volta celeste, a chi studia e scopre supernove, comete, meteoriti, a chi costruisce, od insegna a costruire, nuovi telescopi.

Programma Registrazione Partecipanti Informazioni Pratiche

Organizzato da: SAIt Veneto – INAF Osservatorio Astronomico di Padova – Circolo Astrofili Veronesi

La partecipazione è aperta a tutti. La sala Convegni del Museo può accogliere fino a 100 partecipanti.

Per ogni informazione preghiamo di contattarci all’indirizzo: saitveneto@gmail.com
Web: https://indico.ict.inaf.it/event/723/

Alba con falce di Luna e Regolo

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Il 6 ottobre, alle ore 6:00, guardando verso est potremo notare alta in cielo una falce di Luna (fase 11%) passare a circa 3,2° a sudovest di Regolo, la stella alfa della costellazione del Leone (mag. +1,4).

La congiunzione sarà piuttosto ampia, ma sarà comunque affascinante osservare il nostro satellite naturale affiancato alla caratteristica sagoma del Leone.

Per riprendere la congiunzione nel contesto del paesaggio naturale dovremo anticipare l’appuntamento di due ore, quando i due astri, che sorgeranno poco prima delle quattro, si troveranno molto più bassi sull’orizzonte.

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Tracce di un’esoluna grande come Nettuno

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Immagine artistica raffigurante l’esopianeta Kepler-1625b con la candidata esoluna al seguito, mentre orbitano intorno alla stella Kepler-1625. Crediti: Dan Durda
Immagine artistica raffigurante l’esopianeta Kepler-1625b con la candidata esoluna al seguito, mentre orbitano intorno alla stella Kepler-1625. Crediti: Dan Durda

Se la ricerca di esopianeti, cioè pianeti in orbita intorno ad altre stelle, è possibile solo da una ventina di anni, quella di esolune pare ancora in fasce. Infatti, ad oggi non ne sono note con certezza. La maggior parte dei risultati ottenuti negli ultimi anni nella ricerca di esopianeti (oggi quelli noti sono migliaia) sono dovuti al metodo del transito, nel quale si osserva la luce di una stella e si analizzano i cali di luminosità, valutando così le caratteristiche del corpo celeste che occulta la stella e i suoi parametri orbitali.

Il telescopio spaziale Kepler della Nasa è in prima linea in questo lavoro, ed è analizzando i dati di 284 pianeti scoperti da Kepler che gli astronomi della Columbia University Alex TeacheyDavid Kipping hanno identificato un caso intrigante.

I pianeti studiati dai due astronomi percorrono orbite relativamente ampie, con periodi superiori a trenta giorni intorno alla loro stella ospite. Quando sono arrivati a Kepler 1625b hanno notato qualcosa di anomalo. «Abbiamo visto piccole deviazioni e oscillazioni nella curva di luce che hanno attirato la nostra attenzione», commenta Kipping. «Se confermata dalle prossime osservazioni di Hubble, la scoperta potrebbe fornire indizi vitali sullo sviluppo dei sistemi planetari e potrebbe indurre gli esperti a rivedere le teorie di formazione delle lune attorno ai pianeti. Questo sarebbe il primo caso di rilevamento di una luna al di fuori del nostro Sistema solare».

I risultati di Kepler sono stati sufficienti a permettere a Teachey e Kipping di ottenere tempo di osservazione con il telescopio spaziale Hubble per studiare il pianeta, ottenendo dati quattro volte più precisi di quelli di Kepler. I ricercatori hanno monitorato il pianeta prima e durante il suo transito di diciannove ore sulla stella e, tre ore e mezzo dopo che il transito di Kepler 1625b era finito, hanno rilevato una seconda e molto minore diminuzione della luminosità della stella, coerente con «una luna che segue il pianeta come un cane che segue il suo proprietario al guinzaglio», secondo il paragone proposto da Kipping. «Sfortunatamente, le osservazioni programmate con l’Hubble si sono concluse prima che potesse essere misurato il transito completo della luna».

Oltre al calo di luce, Hubble ha fornito altre prove a sostegno dell’ipotesi lunare, misurando un anticipo di 1.25 ore sull’orario previsto per l’inizio del transito di Kepler 1625b, coerente con un pianeta che orbita intorno ad un baricentro in comune con una luna, cosa che farebbe oscillare il pianeta dalla sua posizione prevista. «Una civiltà extraterrestre che guardi il transito della Terra e della Luna sul Sole noterebbe anomalie simili nei tempi del transito della Terra», spiega Kipping. In linea di principio questa anomalia potrebbe essere causata dall’attrazione gravitazionale di un ipotetico secondo pianeta nel sistema, ma Kepler non ha trovato prove di ulteriori pianeti intorno alla stella Kepler 1625 nel corso della sua missione quadriennale. «Una luna compagna è la spiegazione più semplice e naturale per il secondo avvallamento nella curva di luce e la deviazione del tempo dell’orbita», afferma Teachey, primo autore dell’articolo pubblicato oggi su Science Advances, che racconta: «È stato un momento scioccante vedere quella curva di luce, il mio cuore ha iniziato a battere un po’ più veloce e ho continuato a guardare quella firma. Ma sapevamo che il nostro compito era quello di mantenerci lucidi, testando ogni possibile modo in cui i dati potevano ingannarci, fino a quando non siamo rimasti senza altre spiegazioni».

L’esopianeta Kepler 1625b e la sua luna si trovano a circa 8mila anni luce da noi, nella fascia abitabile intorno alla loro stella ospite (che ha massa simile al Sole). Si stima che la luna rappresenti solo l’1.5 per cento della massa del suo pianeta compagno, un valore simile a quello del rapporto di massa tra Terra e Luna. Ma Kepler 1625b non è un pallido puntino blu: ha una massa stimata di diverse volte quella di Giove. Anche la sua esoluna non appare tanto piccola: ha massa e raggio paragonabili a Nettuno! Nel nostro Sistema solare, nonostante i quasi duecento satelliti naturali catalogati, non risultano lune così gargantuesche. «Entrambi i corpi, tuttavia, sono considerati gassosi e quindi inadatti alla vita così come la conosciamo», nota Kipping. Quest’ultimo particolare risulterà importante per definire modelli di formazione planetaria e lunare, poiché se nei casi dei sistemi Terra-Luna e Plutone-Caronte si ipotizza una collisione precoce con un corpo più grande, il quale ha espulso materiale che successivamente si è fuso formando una luna, per Kepler 1625b e la sua esoluna tale collisione non potrebbe portare alla condensazione di un satellite.

Ma la caccia alle esolune è appena stata aperta: sono difficili da trovare a causa delle loro dimensioni, minori rispetto al pianeta compagno e poiché cambiano posizione a ogni transito, orbitando intorno al pianeta. Inoltre, i pianeti candidati ideali ad ospitare lune si muovono su grandi orbite, con tempi di transito lunghi e poco frequenti. Non stupisce perciò che questa prima candidata esoluna abbia dimensioni nettuniane, più facili da individuare.

Le future ricerche si concentreranno su pianeti gioviani, più lontani dalla loro stella rispetto alla Terra dal Sole. Nei dati di Kepler se ne trova una manciata. Ma le speranze sono rivolte al futuro James Webb Space Telescope, che la Nasa dovrebbe lanciare nella prima metà del 2021: «Possiamo aspettarci di vedere davvero piccole lune», conclude Kipping.

Per saperne di più:

Un video NASA che parla della scoperta, con varie grafiche per rendersi conto della difficoltà, e della fortuna necessaria, per la scoperta di una esoluna con il metodo dei transiti (in lingua inglese):


Prevedere l’imprevisto… Hayabusa 2 alla scoperta di Ryugu. BepiColombo in partenza per il Pianeta di Ferro. Terra chiama Opportunity, risponderà mai il rover? Che forma può avere un alieno? 
Tanti gli argomenti affrontati sul nuovo…

Coelum Astronomia di ottobre
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Hayabusa 2. Mascot atterrato e pronto a trasmettere!

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Un'illustrazione della discesa di MASCOT, lander franco-tedesco ospite della missione giapponese Hayabusa 2, mentre atterra sulla superficie di Ryugu. Crediti:
La superficie di Ryugu ripresa dallo stesso MASCOT dopo il rilascio dalla sonda madre: in alto a destra l\’ombra del piccolo lander all\’arrembaggio dell\’asteroide! Crediti: DLR

L’asteroide “near earth” (NEO) Ryugu, a circa 300 milioni di chilometri dalla Terra, ha un nuovo abitante: il 3 ottobre 2018, il piccolo lander europeo MASCOT è atterrato sulla superficie dell’asteroide e ha iniziato la sua missione, e per il team internazionale di ingegneri e scienziati sono iniziate le 16 ore in cui verranno condotte le misurazioni sul materiale della superficie.

MASCOT dentro Hayabusa 2
Nell’illustrazione, MASCOT mentre si separa dalla “pancia” di Hayabusa 2, pronto a cadere sulla superficie dell’asteroide. Crediti: DLR (CC-BY 3.0)

MASCOT si è separato con successo dalla sonda Hayabusa2 alle 03:58 CEST, seguendo l’esempio dei due rover giapponesi Minerva-II 1A e 1B. E anche questa ulteriore fase della missione è andata a segno.

La sonda Hayabusa2 dell’Agenzia Spaziale Giapponese ha iniziato la sua discesa verso Ryugu il giorno prima, e qui sotto vediamo due animazioni con le immagini riprese durante la discesa per avvicinarsi alla distanza di sicurezza di circa 51 metri, dalla quale ha rilasciato MASCOT. Il lander è poi sceso in caduta libera sulla superficie dell’asteroide. La gravità in gioco è molto bassa, motivo per cui la sonda può avvicinarsi così tanto senza rischiare di cadere a sua volta e fa si che la “caduta libera” sia in realtà molto dolce per il lander, più lenta del passso di un pedone sulla terra.

A sinistra (cliccare se non parte l’animazione) sequenza iniziale di 28 frames ONC-W ripresi dalle 3:38 alle 21.23, a destra una sequenza di 16 frames ONC-W ripresi dalle 21:52 alle 05:40, con l’immancabile ombra della sonda nelle immagini più ravvicinate – Credit: JAXA – Movie/processing: M. Di Lorenzo (vedi la diretta con i dettagli della discesa di MASCOT seguita da aliveuniverse.today).
Il centro controllo di MASCOT presso il DLR a Colonia (Germania).

Il sollievo per il successo della separazione e la successiva conferma dell’atterraggio è stato evidente nel centro di controllo MASCOT presso il Centro aerospaziale tedesco (Deutsches Zentrum für Luft- und Raumfahrt; DLR) e nella stanza adiacente: «Non poteva andare meglio», ha dichiarato il project manager di MASCOT Tra-Mi Ho del DLR Institute of Space Systems. «Dalla telemetria del lander, siamo stati in grado di vedere che si separava dalla sonda madre e che ha raggiunto la superficie dell’asteroide circa 20 minuti dopo».

Il momento della separazione era uno dei momenti più rischiosi della missione: se MASCOT non si fosse separato con successo da Hayabusa2 come programmato (e testato più volte), il team dal controllo missione difficilmente sarebbe potuto intervenire da remoto. Ma tutto è andato liscio: già durante la discesa sull’asteroide, la telecamera ha acceso la MASCAM e ha scattato 20 foto, che ora sono memorizzate a bordo della sonda spaziale giapponese.

«La fotocamera ha funzionato perfettamente», afferma Ralf Jaumann, scienziato planetario DLR e direttore scientifico dello strumento fotografico. «Le prime immagini sono al sicuro».

Speciale Hayabusa 2Gli strumenti a bordo sono quattro: oltre alla fotocamera e un radiometro DLR, uno spettrometro a infrarossi dell’Institut d’Astrophysique Spatiale e un magnetometro della TU Braunschweig (vedi tutti i dettagli nello speciale Hayabusa 2 pubblicato su Coelum Astronomia di ottobre).

Il team del magnetometro è stato anche in grado di riconoscere, nei dati inviati da MASCOT, che lo strumento MASMAG era acceso e ha eseguito alcune misurazioni prima della separazione. «Le misurazioni mostrano il campo relativamente debole del vento solare e i forti disturbi magnetici causati dalla sonda», spiega Karl-Heinz Glaßmeier della Technical University di Braunschweig. «Al momento della separazione, ci aspettavamo una netta diminuzione del campo di interferenza – e siamo stati in grado di riconoscerlo chiaramente».

Un’illustrazione della discesa di MASCOT, lander franco-tedesco ospite della missione giapponese Hayabusa 2, mentre atterra sulla superficie di Ryugu. Crediti:

MASCOT è atterrato sulla superficie circa 20 minuti dopo la separazione. Ora il team sta analizzando i dati che MASCOT sta inviando sulla Terra per comprendere gli eventi che si verificano sull’asteroide Ryugu. Il lander dovrebbe ora essere sulla superficie dell’asteroide, orientato in posizione corretta grazie al suo braccio oscillante, e dovrebbe aver iniziato a condurre misurazioni in modo indipendente.

Una volta che MASCOT avrà eseguito tutte le misurazioni pianificate, è previsto che salti in una zona diversa: «Con MASCOT, abbiamo l’opportunità unica di studiare il materiale più antico del Sistema Solare direttamente su un asteroide», sottolinea il ricercatore planetario DLR Ralf Jaumann, gli asteroidi sono infatti abitanti primordiali del Sistema solare e contengono informazioni preziose sulle prime fasi della sua formazione.

Con i dati acquisiti da MASCOT e gli esemplari che Hayabusa2 riporterà sulla Terra da Ryugu nel 2020, gli scienziati non solo apprenderanno quindi di più sugli asteroidi, e sulle risorse che potranno fornirci in futuro, ma anche migliorare le nostre conoscenze sulla formazione del Sistema Solare.

Leggi anche Hayabusa 2 alla scoperta di Ryugu, lo speciale dedicato alla missione a cura di Michele Diodati.


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La Luna e l’Ammasso del Presepe (M 44)

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All’orario indicato i soggetti si troveranno piuttosto alti nel cielo (circa 47°). Per tentare una fotografia che coinvolga elementi del paesaggio naturale bisogna anticipare l’osservazione alle ore 2:00 circa, quando la Luna e l’ammasso saranno sorti da poco tempo e si troveranno quindi ancora nei pressi dell’orizzonte orientale.

La mattina del 4 ottobre, alle ore 6:00, una falce di Luna non proprio sottile (fase 30%), si avvicinerà a circa 3° a nord-nordest dell’ammasso M 44, noto anche come Beehive Cluster o Ammasso del Presepe.

Le sue stelle sono tenui, ma sarà comunque possibile tentare la fotografia dell’avvicinamento, anche se il bagliore della Luna e la differenza di luminosità dei due soggetti renderanno l’esperienza sicuramente piuttosto complicata.

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Un Universo Risplendente

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Osservazioni profonde fatte con lo spettrografo MUSE, installato sul Very Large Telescope dell'ESO, hanno scoperto vasti serbatoi cosmici di idrogeno atomico attorno a galassie distanti. La squisita sensibilità di MUSE ha permesso osservazioni dirette di deboli nubi di idrogeno nell'universo primordiale che brillano nella riga di emissione Lyman-alfa, rivelando che quasi l'intero cielo notturno è invisibilmente luminoso. Crediti: ESA/Hubble & NASA, ESO/ Lutz Wisotzki et al.
Osservazioni profonde fatte con lo spettrografo MUSE, installato sul Very Large Telescope dell’ESO, hanno scoperto vasti serbatoi cosmici di idrogeno atomico attorno a galassie distanti. La squisita sensibilità di MUSE ha permesso osservazioni dirette di deboli nubi di idrogeno nell’universo primordiale che brillano nella riga di emissione Lyman-alfa, rivelando che quasi l’intero cielo notturno è invisibilmente luminoso. Crediti: ESA/Hubble & NASA, ESO/ Lutz Wisotzki et al.

Un’imprevista abbondanza di emissione Lyman-alfa nella regione del campo profondo di Hubble (Hubble Ultra Deep Field o HUDF) è stata scoperta da un’equipe internazionale di astronomi che utilizza lo strumento MUSE installato sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO. L’emissione scoperta copre quasi l’intero campo visivo – portando gli astronomi a estrapolare che quasi tutto il cielo brilli intensamente di emissione invisibile nella riga Lyman-alfa prodotta nell’Universo primordiale.

Ricordiamo infatti che la luce viaggia in modo increbilmente rapido, ma a una velocità finita, il che significa che la luce che raggiunge la Terra da galassie estremamente distanti ha richiesto molto tempo per viaggiare, dandoci una finestra sul passato, quando l’Universo era molto più giovane.

Gli astronomi sono stati a lungo abituati all’apparenza sensibilmente diversa del cielo a diverse lunghezze d’onda, ma l’estensione dell’emissione Lyman-alfa osservata era decisamente sorprendente. «Rendersi conto che l’intero cielo si illumina nella banda ottica quando si osserva l’emissione Lyman-alfa prodotta da lontane nubi di idrogeno è stata una sorpresa letteralmente illuminante», ha spiegato Kasper Borello Schmidt, membro dell’equipe di astronomi che ha prodotto questo risultato.

«Questa è una grande scoperta!» ha aggiunte il membro dell’equipe Themiya Nanayakkara. «La prossima volta che guarderete un cielo notturno senza luna e vedrete le stelle, immaginate il bagliore invisibile dell’idrogeno: il primo elemento costitutivo dell’universo, che illumina l’intero cielo notturno».

Questa immagine e’ un composito a colori ottenuto a partire dai dati della DSS2 (Digitized Sky Survey 2). Il campo di vista è di circa 2,4 x 2,0 gradi. Si apprezza facilmente quanto questa particolare zona di cielo contenga poche stelle. Crediti: ESO/Digitized Sky Survey 2. Acknowledgment: Davide De Martin

La regione dell’HUDF osservata dal team è un’area altrimenti insignificante nella costellazione della Fornace, che era stata mappata dal telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA nel 2004, quando Hubble trascorse più di 270 ore di prezioso tempo di osservazione guardando la stessa regione di cielo con una profondità mai raggiunta prima.

Le osservazioni dell’HUDF hanno rivelato migliaia di galassie sparse su quella che sembrava essere una zona buia del cielo, dandoci una visione ridimensionante della scala dell’universo. Ora, le straordinarie capacità di MUSE ci hanno permesso di guardare ancora più in profondità. Per la prima volta, con le osservazioni dell’HUDF, gli astronomi sono stati in grado di vedere la debole emissione della riga Lyman-alfa negli involucri gassosi delle prime galassie. Questa immagine composita mostra la radiazione Lyman-alfa in blu sovrapposta alla famosa immagine dell’HUDF.

MUSE, lo strumento che ha permesso queste ultime osservazioni, è uno spettrografo a campo integrale all’avanguardia installato sul telescopio UT4 del VLT all’Osservatorio del Paranal dell’ESO. Quando MUSE osserva il cielo, vede la distribuzione delle lunghezze d’onda della luce che colpiscono ogni pixel nel suo rilevatore. Guardare l’intero spettro della luce da oggetti astronomici ci fornisce una profonda conoscenza dei processi astrofisici che si verificano nell’Universo. La radiazione Lyman-alfa osservata da MUSE ha origine dalle transizioni atomiche degli elettroni in atomi di idrogeno che irradiano luce con una lunghezza d’onda di circa 122 nanometri. Questa radiazione è completamente assorbita dall’atmosfera terrestre. Solo l’emissione Lyman-alfa spostata verso il rosso (red-shifted) da galassie estremamente distanti ha una lunghezza d’onda abbastanza lunga da superare l’atmosfera terrestre senza impedimenti e può essere rilevata usando i telescopi da terra dell’ESO.

«Con queste osservazioni MUSE, otteniamo una visione completamente nuova dei “bozzoli” di gas diffuso che circondano le galassie nell’Universo primordiale» ha commentato Philipp Richter, un altro membro del’equipe.

L’equipe internazionale di astronomi che ha svolto queste osservazioni ha provvisoriamente identificato ciò che produce l’emissione Lyman-alfa in queste nubi distanti di idrogeno, ma la causa precisa rimane un mistero. Tuttavia, poiché questo debole bagliore onnipresente è considerato diffuso ovunque nel cielo notturno, si prevede che la ricerca futura riuscirà a fare luce sulla sua origine.

«In futuro, prevediamo di effettuare misurazioni ancora più sensibili», ha concluso Lutz Wisotzki, a capo dell’equipe. «Vogliamo scoprire i dettagli di come questi vasti serbatoi cosmici di idrogeno atomico siano distribuiti nello spazio».

Questo lavoro è stato presentato nell’articolo “Nearly 100% of the sky is covered by Lyman-α emission around high redshift galaxies” pubblicato oggi dalla rivista Nature.


 

San Dorligo sotto le stelle

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Locandina_San Dorligo sotto le stelle_06-10-2018_red

Locandina_San Dorligo sotto le stelle_06-10-2018_redA seguito del grande successo riscosso nella prima edizione, avuta luogo a Settembre dello scorso anno, il Circolo Culturale Astrofili Trieste in co-organizzazione con il Comune di San Dorligo della Valle/Občina Dolina presenta “SAN DORLIGO SOTTO LE STELLE/DOLINA POD ZVEZDAMI 2”, speciale appuntamento outdoor dedicato all’Astronomia e all’osservazione del cielo stellato.

Nell’occasione, il gruppo di astronomi non professionisti metterà infatti a disposizione i propri telescopi per permettere al pubblico in visita l’osservazione del cielo che in questo periodo, a cavallo tra estate ed autunno, sarà – è proprio il caso di dirlo – “costellato” da un grande numero di interessanti oggetti celesti che, soprattutto grazie all’assenza della Luna,si renderanno perfettamente visibili accostando l’occhio all’oculare degli strumenti. Ecco quindi, sistemi stellari multipli ed ammassi di stelle, nebulose e galassie, nonché i principali protagonisti del cielo stellato di questo periodo: i pianeti Marte, Saturno e il più lontano tra tutti, Nettuno. Il tutto, corredato dalle spiegazioni fornite dagli astronomi non professionisti, che partiranno col delineare le costellazioni. Un’affascinante ed istruttiva esperienza “live” per appassionati e curiosi dell’Astronomia, corredata dalle spiegazioni fornite dagli astronomi non professionisti.

L’evento, ad ingresso gratuito, sarà tenuto Sabato 6 Ottobre a partire dalle ore 21:00 presso il Centro visite della Riserva Naturale della Val Rosandra a Bagnoli della Rosandra/Boljunec, 507 – San Dorligo della Valle/Dolina (TS). Per la particolare occasione, l’illuminazione nell’area circostante il Centro visite verrà spenta per consentire l’osservazione del cielo stellato.

N.B.: in caso di maltempo, la serata si terrà all’interno del Centro visite con proiezioni a tema.

Per informazioni:
www.astrofilitrieste.it
www.riservavalrosandra.com

Segreteria:
info@astrofilitrieste.it

Unione Astrofili Italiani

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I CONVEGNI E LE INIZIATIVE UAI

5-7 ottobre XXII Seminario Nazionale di Gnomonica
L’immancabile appuntamento nazionale per tutti gli appassionati di gnomonica e quadranti solari, promosso dalla Sezione UAI Quadranti Solari, si svolgerà quest’anno a Loreto (AN). Per maggiori info ed invio di proposte di memorie e relazioni, consultare il sito web di sezione.
quadrantisolari.uai.it

12-14 ottobre 11° Meeting nazionale Variabilità e Pianeti Extrasolari
Organizzato dalle rispettive sezioni, in concomitanza del Meeting Nazionale del GAD – Gruppo Astronomia Digitale, presso l’Osservatorio Astronomico Montagna Pistoiese in collaborazione con il GAMP – Gruppo Astrofili Montagna Pistoiese
pianetiextrasolari.uai.it
stellevariabili.uai.it

27-28 ottobre 15° ICARA – Italian Congress of Amateur Radio Astronomy
Organizzato dalla Sezione Radioastronomia dell’UAI e da IARA – Italian Amateur Radio Astronomy, presso l’Osservatorio Astronomico di Tavolaia in collaborazione con l’Associazione Astronomica “I. Newton”
radioastronomia.uai.it

Le campagne nazionali UAI

20 ottobre Moonwatch Party: La notte della Luna INAF – UAI In occasione della International Observe the Moon Night (InOMN)
Migliaia di postazioni osservative in decine di paesi di tutto il mondo allestite per osservare la Luna nella stessa serata. L’INAF e l’ UAI aderiscono all’iniziativa mondiale InOMN promuovendo il Moonwatch Party
divulgazione.uai.it, www.media.inaf.it
observethemoonnight.org

27 ottobre Riaccendiamo le stelle, giornata nazionale dell’inquinamento luminoso
La Commissione Inquinamento Luminoso UAI propone alle associazioni di organizzare eventi, star party pubblici e conferenze per sensibilizzare ed informare l’opinione pubblica sul tema dell’inquinamento luminoso
inquinamentoluminoso.uai.it

La Luna di Ottobre e una guida all’osservazione del cratere Kepler

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Le fasi della Luna in settembre, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione.

La Luna entrerà in Ultimo Quarto alle 11:45 del 2 ottobre. Questo ciclo lunare termina poi con il Novilunio del 9 ottobre alle 05:47, quando la Luna si troverà a –17° sotto l’orizzonte. Ripartita la Fase Crescente, entrerà in Primo Quarto alle 20:02 del 16 ottobre…

➜ Continua nella Luna di Ottobre su Coelum Astronomia 226

A ottobre osserviamo

17-18 ottobre. Il Cratere Orontius e dintorni

La prima proposta del mese è per la serata del 17 ottobre con l’osservazione dell’interessante complesso di crateri intorno a Orontius, con la Luna in fase di 8,56 giorni. Ci troviamo in pieno altopiano meridionale, la vastissima regione lunare in cui l’intensità della craterizzazione raggiunge punte elevatissime e precisamente fra i crateri Deslandres, Tycho, Maginus e Stofler. La serata successiva, il 18 ottobre, il terminatore lunare si troverà più a occidente lasciando in piena illuminazione solare le strutture a ovest di Orontius.

➜ Continua nella Luna di Ottobre su Coelum Astronomia 226

20 ottobre. Il cratere Kepler

Come seconda e principale proposta nella serata del 20 ottobre andremo a visitare la regione lunare intorno al cratere Kepler con la Luna in fase di 11,56 giorni.

➜ Vedi la Guida all’osservazione: il cratere Kepler

23 ottobre. I crateri Krafft e Cardanus

La terza proposta del mese avrà come target la bella coppia di crateri Krafft e Cardanus nella serata del 23 ottobre col nostro satellite in fase di 14,56 giorni, circa 24 ore prima del Plenilunio. Ci troviamo in prossimità del margine occidentale dell’Oceanus Procellarum nel settore ovest del nostro satellite.

➜ Continua nella Luna di Ottobre su Coelum Astronomia 226

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Ottobre 2018

Leggi anche

➜ Fotografare la Luce Cinerea della Luna

➜  Fotografare la Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia di novembre 2016.

➜  La Luna mi va a pennello. Se la fotografia non basta, Gian Paolo Graziato ci racconta come dipingere dei rigorosi paesaggi lunari, nei più piccoli dettagli… per poi lasciarsi andare alla fantasia e all’imaginazione! Su Coelum Astronomia n. 211

E tutte le precedenti rubriche di Francesco Badalotti, con tantissimi spunti per approfondire la conoscenza del nostro satellite naturale. Per ogni formazione basta attendere il momento giusto!

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Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Ottobre su Coelum Astronomia 226

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Life on Mars?

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Una nuova ricerca mostra che Marte, in passato, probabilmente possedeva abbastanza energia chimica per supportare i tipi di colonie microbiche sotterranee esistenti sulla Terra. Crediti: Nasa/Jpl

Fin dalla scoperta degli antichi canali fluviali sulla superficie di Marte, gli scienziati sono stati allettati dalla possibilità che il Pianeta rosso possa aver ospitato la vita, almeno in tempi remoti. Ma mentre le prove della trascorsa attività idrica sono inconfondibili, non è chiara la quantità di acqua effettivamente fluita. Attuali modelli climatici del pianeta primordiale prevedono temperature che raramente arrivano a essere superiori a quelle di congelamento dell’acqua, il che suggerisce che i primi periodi umidi sul pianeta potrebbero essere in realtà stati eventi fugaci. Ovviamente questo non è lo scenario migliore per sostenere la vita in superficie per un lungo periodo di tempo, e alcuni scienziati pensano che potrebbe essere stato il sottosuolo marziano a fornire le migliori condizioni per il proliferarsi della vita.

Con questi presupposti, un gruppo di ricercatori si è fatto una serie di domande, alle quali è riuscito a rispondere servendosi dei dati della sonda spaziale Mars Odyssey della Nasa. «Qual è la natura di questa ipotetica vita sotterranea e dove avrebbe preso l’energia per vivere?» si è chiesto Jack Mustard, professore al Brown’s Department of Earth, Environmental and Planetary Sciences e coautore dello studio. «Sappiamo che, sulla Terra, la radiolisi aiuta a fornire energia ai microbi sotterranei, quindi quello che Jesse Turner (ndr, primo autore dello studio) ha fatto è stato applicare le nostre conoscenze della radiolisi al pianeta Marte».

La Terra ospita i cosiddetti ecosistemi microbici litotrofici sotterranei, conosciuti anche come Slimes (subsurface lithotrophic microbial ecosystems): mancando energia dalla luce solare, questi microbi sotterranei spesso ottengono la loro energia sottraendo gli elettroni dalle molecole presenti nel loro ambiente. L’idrogeno molecolare disciolto è un grande donatore di elettroni ed è noto per alimentare gli Slime.

Questo nuovo studio mostra che la radiolisi, il processo attraverso il quale la radiazione rompe le molecole d’acqua nelle loro parti costitutive di idrogeno e ossigeno, avrebbe potuto creare abbastanza idrogeno nell’antico sottosuolo marziano. I ricercatori hanno stimato che le concentrazioni di idrogeno nella crosta marziana, circa 4 miliardi di anni fa, sarebbero rientrate in un intervallo tale da supportare la vita microbica.

Sono riusciti ad effettuare questa stima esaminando i dati dello spettrometro gamma che si trova a bordo del satellite Mars Odyssey, mappando l’abbondanza dei due elementi radioattivi torio e potassio nella crosta marziana. Basandosi su queste abbondanze, sono riusciti a dedurre l’abbondanza di un terzo elemento radioattivo: l’uranio. Il decadimento di questi tre elementi fornisce la radiazione in grado di portare alla decomposizione radiolitica dell’acqua. E poiché gli elementi decadono a velocità costante, i ricercatori hanno usato le attuali abbondanze per calcolare le abbondanze presenti 4 miliardi di anni fa. In questo modo si sono fatti un’idea del flusso di radiazioni che potrebbe essere stato presente all’epoca, per guidare la radiolisi.

Il passo successivo è stato quello di stabilire quanta acqua era disponibile per la radiolisi. Le prove geologiche suggeriscono che nelle rocce porose dell’antica crosta marziana sarebbero potute essere presenti molte bolle d’acqua sotterranee. I ricercatori hanno utilizzato misurazioni della densità della crosta marziana per stimare lo spazio disponibile che si sarebbe potuto riempire di acqua. Infine, hanno utilizzato modelli geotermici e climatici per definire il luogo ideale per lo sviluppo di una potenziale vita: non troppo freddo da congelare tutta l’acqua, ma neanche eccessivamente riscaldato dal nucleo del pianeta.

Combinando queste analisi, hanno concluso che Marte probabilmente aveva una zona abitabile, al di sotto della sua superficie, di parecchi chilometri di spessore. In quella zona, la produzione di idrogeno attraverso la radiolisi avrebbe generato energia chimica più che sufficiente per supportare la vita microbica. E quella zona sarebbe rimasta presumibilmente abitabile per centinaia di milioni di anni.

I ricercatori hanno inoltre riscontrato che la quantità di idrogeno, al di sotto della superficie, risulta essere superiore quando in superficie fa più freddo, perché uno strato di ghiaccio più spesso sopra la zona abitabile funge da coperchio ed è in grado di mantenere l’idrogeno nel sottosuolo. «Comunemente si potrebbe pensare che un clima primordiale freddo, su Marte, si sia rivelato dannoso per la vita, ma quello che abbiamo dimostrato è che in realtà un clima freddo permette di avere più energia chimica a disposizione per la vita sottoterra», ha concluso Tarnas.

La scoperta non significa che in passato sia esistita la vita su Marte, ma suggerisce che se la vita fosse davvero iniziata, il sottosuolo marziano aveva le carte in regola per sostenerla per centinaia di milioni di anni. Il lavoro presentato ha notevoli implicazioni per la futura esplorazione di Marte, suggerendo che le aree in cui il sottosuolo più antico si trova più esposto, potrebbero essere buoni posti per cercare evidenze della vita passata.

Tarnas e Mustard sostengono che i loro risultati potrebbero essere molto utili nello stabilire dove inviare i veicoli spaziali alla ricerca dei primi segni di vita marziana, del passato. «Una delle opzioni più interessanti per l’esplorazione marziana è soffermarsi su depositi di megabreccia, ossia blocchi di roccia emersi dal sottosuolo in seguito ad impatti di meteoriti», ha detto Tarnas. «Molti di questi blocchi potrebbero provenire dalle profondità caratteristiche di questa zona abitabile, e si trovano ora, spesso relativamente inalterati, sulla superficie».

Mustard, che ha partecipato attivamente alla selezione di un sito di atterraggio per il rover Mars 2020della Nasa, afferma che questi tipi di depositi sono presenti in almeno due dei siti che l’agenzia spaziale degli Stati Uniti sta prendendo in considerazione: il Northeast Syrtis MajorMidway. «La missione del rover 2020 è quella di cercare i segni della vita passata», ha detto Mustard. «Le aree nelle quali potrebbe essere possibile trovare resti di questa zona abitabile sotterranea – che potrebbe essere stata la più grande zona abitabile del pianeta – sembrano un buon posto da prendere di mira».


Unione Astrofili Senesi

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Osservatorio Astronomico Provinciale di Montarrenti, SS. 73 Ponente, Sovicille (SI).

06.10, 21.30: Il Cielo del mese. L’appuntamento per il pubblico presso Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola ”Palmiero Capannoli” per osservare il cielo di fine estate. Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione a Davide Scutumella 3388861549. In caso di tempo incerto telefonare per conferma.

14.09, ore 21:30: Il cielo al castello di Montarrenti. Serate osservative ogni secondo e quarto venerdì del mese presso l’Osservatorio Astronomico di Montarrenti (Sovicille, Siena) che sarà aperto al pubblico per una serata osservativa dedicata al cielo del periodo. Per le prenotazioni: tramite il sito oppure inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) o un sms al 3482650891 (Giorgio).

Seguiteci su www.astrofilisenesi.it e sulla nostra pagina facebook Unione Astrofili Senesi

Astronomiamo

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AstronomiamoCoelum_Ottobre

AstronomiamoCoelum_Ottobre
Da Ottobre: Progetto Nuova Astronomia di Base per l’anno 2018/2019:
AstroClassroom
AstroCourses

Corso Fisica di Base
Corso Chimica di Base
Beyond Oort
Spettroscopia

Per maggiori informazioni: https://www.astronomiamo.it

Cielo di Ottobre 2018

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Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42° - Long. 12°E La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 Ott. > 23:00; 15 Ott. > 22:00; 30 Ott. > 21:00. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY
Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42° - Long. 12°E La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 Ott. > 23:00; 15 Ott. > 22:00; 30 Ott. > 21:00. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

Indice dei contenuti

EFFEMERIDI
(mar. – ott. 2018)

Luna

Sole e Pianeti

Il Boote ed Ercole saranno già al tramonto, mentre a nordest si potrà seguire l’ascesa della coppia Perseo- Cassiopea, con la caratteristica forma a “W”, e il sorgere della brillantissima Capella con l’Auriga. A seguire potremo notare le stelle del Toro, che assieme alle Pleiadi rappresentano le avanguardie del cielo invernale. Questo scenario vedrà il suo completamento con il sorgere di Orione e dei Gemelli nella seconda parte della notte. Sull’orizzonte nord, l’asterismo del Grande Carro si troverà al punto più basso del suo percorso attorno alla stella Polare.

➜ Continua l’esplorazione del Cielo di ottobre con la UAI che questo mese ci porta nel “Cuore” di Cassiopea.

IL SOLE

L’arco diurno percorso dalla nostra stella diverrà sempre più breve nel corso del mese, con un consistente calo in declinazione di quasi 11°. Come è facilmente intuibile, la durata della notte astronomica sarà invece in continua crescita, passando dal già notevole valore di più di 9 ore di inizio mese fin quasi alle 10,5 ore a fine mese.

Ora Solare

È da ricordare, per il corretto uso delle effemeridi, che alle ore 3:00 di domenica 28 ottobre finirà il periodo dell’ora estiva (TU+2) e bisognerà portare indietro le lancette degli orologi alle ore 2:00. Si ritornerà così all’ora solare invernale (TU+1).

COSA OFFRE IL CIELO

Per quanto riguarda i pianeti, potremo seguire Saturno nella prima serata tra le stelle del Sagittario e Marte, ancora facilmente distinguibile dopo i fasti dell’estate appena conclusa, entro i confini della costellazione del Capricorno. Urano in opposizione potrà dare qualche soddisfazione a chi fa uso di un telescopio. Tra le opposizioni asteroidali di maggior rilievo per il mese di ottobre, si distingue per poco quella dell’asteroide (23) Thalia, del 28 ottobre.

Pur non essendo uno degli sciami meteroici più attivi e famosi, quest’anno potrebbe offrire un po’ di spettacolo anche lo sciame delle Draconidi. Questo sciame si mantiene di solito a livelli talmente bassi di attività (poche meteore all’ora) che nel tempo la sua popolarità si è ridotta quasi a zero, tuttavia nel corso della storia, ha riservato spesso delle sorprese, con piogge intense e del tutto inaspettate. Questa variabilità è dovuta alla cometa progenitrice dello sciame, la 21P/ Giacobini-Zinner, una cometa periodica che compie un’orbita attorno al Sole ogni 6,62 anni. Il nostro pianeta si trova a incontrare ogni anno parte della nube di materiale emesso dalla cometa durante i suoi passaggi al perielio, da cui ha origine lo sciame che si manifesta in modo molto più intenso appunto ogni circa 6 anni, quando la cometa ritorna al perielio apportando nuove polveri.  La 21P/ è passata a trovarci proprio il mese scorso, e quindi anche se le previsioni non sono delle migliori, non è da escludere un nuovo evento spettacolare.

Come sempre per approfondire, e trovare tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione:

➜ Il Cielo di Ottobre su Coelum Astronomia 226

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E ancora su Coelum astronomia 226

ISS 2 bianconi

➜ La LUNA di ottobre.
Approfondimento: Guida all’osservazione del cratere Kepler

➜ Leggi le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS a ottobre

Cometa che va, cometa che viene (in attesa della Wirtanen)

Supernovae! Intervista doppia a Fabrizio Ciabattari ed Emiliano Mazzoni e Una pre-discovery di grande importanza scientifica

➜ La seconda parte della rubrica alla scoperta della costellazione del Drago

e il Calendario di tutti gli eventi di ottobre 2018, giorno per giorno!

Da Coelum astronomia 223 non dimentichiamo invece Catch the Iridium! Un appello per tutti gli astrofotografi, riprendiamo gli iridium flare prima che… scompaiano!


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Hayabusa 2 – Cieli alieni. Nuove immagini e un video dalla superficie di Ryugu

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Questa immagine, anche se meno spettacolare delle altre, è una di tre immagini in sequenza che hanno permesso al controllo missione di confermare la riuscita del primo salto di 1B, conferma anche del funzionamento del sistema che permette ai due rover di muoversi sulla superficie dell'asteroide. Crediti: JAXA
15 frames catturati il 23 settembre 2018, dalle 10:34 alle 11:48 JST. Crediti: JAXA.

I piccoli rover giapponesi alla conquista dell’asteroide. Eccole le nuove stupende immagini in arrivo dai piccoli Minerva-II scesi su Ryugu il 21 settembre scorso. Ci mostrano riprese dinamiche, fatte in movimento, degne dei miglior film di fantascienza, come quella che abbiamo deciso di utilizzare per la copertina del nuovo numero di Coelum Astronomia, una delle primissime immagini rilasciate dopo il successo dell’operazione.

I due piccoli rover, o meglio “hopper” per via del loro innovativo sistema di movimento, sono atterrati con successo sulla superficie dell’asteroide e stanno compiendo il loro primi… salti. Si tratta di due di tre rover Minerva-II che, essendo parte del primo rilascio, vengono indicati come 1A e 1B.

E quale miglior inizio di questa carrellata se non il primo video in arrivo di quei cieli alieni: un video in time-lapse che mostra il Sole attraversare il cielo di Ryugu, dal punto di vista del rover 1B. Stupefacente!

Questa immagine, anche se meno spettacolare delle altre, è una di tre immagini in sequenza che hanno permesso al controllo missione di confermare la riuscita del primo salto di 1B, conferma anche del funzionamento del sistema che permette ai due rover di muoversi sulla superficie dell’asteroide. Crediti: JAXA

Yuichi Tsuda, Project PM di Hayabusa2, non nasconde la sua soddisfazione: «Non trovo le parole per dire quanto felice io sia di come siamo stati capaci di realizzare l’esplorazione mobile sulla superficie di un asteroide. Sono orgoglioso che con la missione Hayabusa 2 siamo riusciti a contribuire alla creazione di una tecnologia per un nuovo metodo di esplorazione spaziale per muoversi sulla superficie di piccoli corpi».

I Minerva-II non potranno mandare “selfie” ai quali missioni NASA, come quelle dei rover Curiosity o Opportunity, ci hanno abituato, sono letteralmente delle scatole di biscotti con delle antennine per trasmettere informazioni e delle barre per stabilizzare il loro movimento e proteggere dagli urti i pannelli solari preziosi il loro funzionamento, non hanno bracci automatici o altri appendici più complesse e mobili… ma nonostante questo ecco qui sotto una sorta di selfie in arrivo da 1A, la sua inequivocabile ombra proiettata sulla superficie dell’asteroide:

Sembra quasi ergersi come un piccolo conquistatore dalla superficie di questo piccolo mondo alieno, del quale 1A e 1B sono al momento i due e primi abitanti, ma anche i primi abitanti di asteroidi in assoluto. Siamo infatti scesi su altri pianeti del Sistema solare, su lune, su grossi pianeti nani e comete, ma mai l’uomo era riuscito a “conquistare” un piccolo asteroide. Ci  aveva  provato, 13 anni fa, sempre l’agenzia giapponese JAXA con la prima missione Hayabusa, senza però successo.

Makoto Yoshikawa, PM della missione Hayabusa2, ha dichiarato: «Sono davvero commossa nel vedere questi piccoli rover esplorare con successo la superficie di una asteroide, perché non ci eravamo riusciti 13 anni fa, al tempo della prima Hayabusa. Quello che mi ha colpito di più sono state proprio le prime immagini prese da vicino della superficie dell’asteroide».

E vediamo allora alcune di queste immagini, che serviranno anche per decidere dove la sonda madre Hayabusa 2 proverà a raccogliere dei campioni da portare, alla conclusione della missione, a Terra.

Qui a destra, a colori, il suolo dell’asteroide in una immagine ravvicinata di 1B, dopo il suo primo salto.

Subito sotto invece un’immagine ripresa da 1A, che dal suo punto di vista ci mostra caratteristiche diverse dal suolo sassoso, quasi omogeneo ripreso da 1B.

Vediamo infatti una roccia più grossa delle altre, dalla curiosa forma a fagiolo, che sembra quasi un bimbo infagottato adagiato sulla superifice.

Per chiudere non può mancare un’immagine proveniente anche dalla Hayabusa 2, che nel momento in cui si è avvicinata alla superficie per rilasciare i due Minerva, ha scattato questa che, al momento, è l’immagine nitida e a più ad alta risoluzione mai scattata della superficie di Ryugu. È stata ripresa dalla ONC-T (Optical Navigation Camera – Telescopic) a bordo della Hayabusa 2, da una altezza di 64 metri, il 21 settembre alle 13:04 (tempo del Giappone).

Nei riquadri la posizione della zona ripresa nello scatto indicata dalla freccia rossa nella ripresa globale di Ryugu, e dal riquadro giallo nella ripresa durante l’avvicinamento all’asteroide. Crediti: JAXA, University of Tokyo, Kochi University, Rikkyo University, Nagoya University, Chiba Institute of Technology, Meiji University, Aizu University, AIST

Il prossimo passo, il 3 ottobre la discesa di Mascot, l’inviato europeo ancora a bordo di Hayabusa 2, sperando in un analogo successo e tante nuove informazioni direttamente dalla superficie dell’asteroide!

Per tutte le informazioni necessarie sulla missione non perdete lo speciale pubblicato su Coelum Astronomia di ottobre, ora disponibile per la lettura, come sempre in formato digitale e gratuito!


Le aurore boreali dalle Lofoten

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Il prossimo primo novembre, organizzata dalla Società Astronomica Pugliese, partirà una spedizione artica alle isole Lofoten, in Norvegia, per visitare uno degli ambienti naturali tra i più belli del mondo e, senza dubbio, uno dei posti migliori per osservare e fotografare le aurore boreali.

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L’arcipelago delle isole Lofoten è situato ben al di sopra del circolo polare artico ed è caratterizzato da una temperatura mite grazie alla Corrente del Golfo che lambisce le sue coste oceaniche affacciate sul Mar di Norvegia.

La spedizione, composta da ben 25 membri, si inoltrerà tra i fiordi delle Lofoten in 4×4 per settecento chilometri visitando i centri e le isole più importanti.

Per il whale safari farà tappa ad Andenes, situata sull’isola di Andoya al margine della piattaforma continentale con un grande canyon sottomarino, il Bleiks Canyon, luogo preferito da orche marine, megattere e balenottere. La spedizione si trasferirà a Svolvaer, la capitale delle Lofoten, percorrendo la Fv976, la meravigliosa strada turistica che costeggia l’oceano del Mar di Norvegia.

Da Svolvaer si partirà in gommone per l’eagle-sea safari e osservare le magnifiche aquile del mare che dominano i cieli e la natura incontaminata e selvaggia di queste isole. Si farà tappa a Laukvik per fotografare le aurore all’ombra del suo faro.

Seguite la spedizione sulla pagina di ASTROPUGLIA

La spedizione è patrocinata dalle riviste Coelum Astronomia e Sapere Scienza della Edizioni Dedalo.

La geologa che sogna Mercurio con BepiColombo

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BepiColombo al completo. La configurazione di volo con le tre sonde: MTM, MPO e MMO. Crediti: ESA–B.Guillaume
Rappresentazione artistica della missione BepiColombo in orbita attorno a Mercurio. Crediti: ESA

Da Siena a Mercurio il viaggio è davvero lungo, ma è quello che – dal suo ufficio – farà Valentina Galluzzi, geologa planetaria del’Inaf-Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali di Roma. La giovane scienziata fa parte del folto gruppo di ricercatori italiani che partecipano alla missione BepiColombo, in partenza per Mercurio il prossimo 20 ottobre alle 3:45 ora italiana.

La missione prevede il lancio di due sonde destinate a entrare nell’orbita del pianeta: la prima è dell’Agenzia spaziale europea e si chiama Mercury Planetary Orbiter (Mpo), la seconda è la giapponese Mercury Magnetospheric Orbiter (Mmo). Viaggeranno in coppia, collegate dal modulo europeo Mercury Transfer Module (Mtm), per studiare l’origine e l’evoluzione di Mercurio e il suo campo magnetico. Insomma svelare i segreti di uno dei pianeti meno esplorati del Sistema solare, nonché il più vicino al Sole. L’Agenzia spaziale italiana (Asi), l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), l’Università “La Sapienza” di Roma e la Thales Alenia Space sono coinvolte nel progetto per l’Italia: 4 dei 16 strumenti sono italiani, a guida Inaf o con forte partecipazione Inaf, e si trovano tutti a bordo dell’orbiter europeo.

BepiColombo al completo. La configurazione di volo con le tre sonde: MTM, MPO e MMO. Crediti: ESA–B.Guillaume

Proprio oggi, come vedete qui sulla destra, è stata rilasciata dall’Esa la foto che ritrae le tre sonde assemblate una sull’altra. Il modulo di trasferimento si trova nella parte inferiore, i suoi due pannelli solari lunghi 15 metri sono stati piegati per il lancio. Al centro si trova la sonda europea e in alto è stata montata la sonda giapponese. Lo scudo solare verrà aggiunto circa una settimana prima del lancio. Questo mastodontico insieme di sonde sarà agganciato sulla sommità del veicolo di lancio (Ariane 5) nell’ultima settimana prima della partenza.

Valentina Galluzzi, con alle spalle un dottorato all’Università Federico II di Napoli con una tesi in Geologia Planetaria e un premio dal Gruppo Italiano di Geologia Strutturale, si è specializzata in questi anni nello studio di Mercurio e sta supervisionando un progetto di cartografia geologica globale del pianeta, finalizzato alla selezione di target scientifici per la camera italiana Simbio-Sys a bordo di BepiColombo.

Valentina Galluzzi, geologa planetaria all’INAF IAPS di Roma. Lavora nel team dello strumento SIMBIO-SYS a bordo della missione ESA/JAXA BepiColombo. Crediti: Media Inaf

Ci ha rivelato che Mercurio è la sua passione sin da bambina, quindi questa missione è davvero il suo destino! Le abbiamo fatto qualche domanda per avere aggiornamenti di prima mano sulla missione, a meno di un mese dal lancio dalla base di Kourou, in Guyana Francese.

Dove si trovano adesso i moduli? A che punto è la missione?

«Le due sonde scientifiche di BepiColombo, l’orbiter planetario europeo Mpo e l’orbiter magnetosferico giapponese Mmo, insieme al loro modulo di trasferimento Mtm, cioè il mezzo di trasporto che le accompagnerà verso Mercurio, sono a Kourou in Guyana Francese nel sito di lancio. A fine agosto, sono stati montati uno sopra l’altro in configurazione di “partenza”: immaginate di vedere una torre di moduli alta circa 6 metri e pesante circa 3 tonnellate. Una volta inserito il propellente, le tonnellate saliranno a 4, ma si può dire che lasciata la Terra, saranno come piume nello spazio».

Quali le attività che impegnano il gruppo italiano adesso?

«Tutti gli italiani coinvolti nella missione sono in fermento per il lancio. Gli ingegneri sono adesso impegnati a sviluppare i software per il controllo ed il monitoraggio da terra dei dati provenienti dalla sonda. Noi scienziati invece continuiamo a svolgere il nostro normale lavoro di routine sullo studio di Mercurio per trovare target di studio interessanti per il futuro, senza scordarci però di Venere, che per alcuni di noi sarà il primo obiettivo scientifico di missione grazie ai due flyby di BepiColombo».

Parliamo dello strumento Simbio-Sys. Qualche aggiornamento? Il suo ruolo specifico nella missione e per questo strumento?

«Sul lato scientifico, per Simbio-Sys, stiamo continuamente aggiornando la lista dei target sulla superficie di Mercurio di cui le sue tre le camere (alta risoluzione, stereo e iperspettrale) potranno fornirci i dati. Per la missione ed il mio strumento in particolare, sto coordinando l’attività di cartografia geologica globale di Mercurio. Stiamo usando i dati di Messenger per ottenere una carta geologica alla migliore scala possibile del pianeta. Grazie a questo lavoro, ogni cartografo impara a conoscere una o più regioni di Mercurio come le proprie tasche ed ad ottenere risposte scientifiche su vari aspetti del pianeta tra cui vulcanismo, tettonica, stratigrafia, interazione della superficie con esosfera e magnetosfera. Come è normale, da ogni studio nascono sempre nuove domande: noi cerchiamo di tradurre queste domande in target di missione».

News sugli altri 3 strumenti italiani?

«Gli altri tre strumenti italiani, Isa, More e Serena, sono tutti impegnati nello sviluppo di software per il monitoraggio dei dati, in quanto ci attende un’intensa attività di test per verificare il corretto funzionamento degli strumenti dopo il lancio. Oltre che per dei “check” di salute, il monitoraggio post-lancio è essenziale anche per motivi pratici. Per fare un esempio, un accelerometro tipo Isa, non può essere testato pienamente qui sulla Terra a causa della gravità. Le masse, per funzionare nominalmente, infatti, hanno bisogno della condizione di assenza di peso (caduta libera) possibile solo nello spazio».

Andrà a Kourou per il lancio?

«A Kourou andrà un folto gruppo di italiani appartenente a tutti e 4 i nostri strumenti. Io non andrò a causa di altri impegni irrinunciabili, ma sarò al centro di controllo di Esa/Esoc a Darmstadt in Germania!».

Impressioni ed emozioni a pochi giorni dal lancio di questa storica missione?

«Sono più di 6 anni che lavoro per BepiColombo, ho conosciuto la geologia planetaria grazie a Mercurio e ho preso il dottorato esattamente il giorno che Messenger, la sonda Nasa su cui ho basato la mia tesi, ha finito la missione schiantandosi sul pianeta. In più, confesso che quella per Mercurio è un’ossessione che mi segue sin da piccola, quando ero una fan di Sailor Mercury, un personaggio di un anime giapponese (“Sailor Moon”) molto famoso negli anni ’90. Inutile dire che da scienziata non credo nell’astrologia, ma Mercurio è decisamente il mio pianeta! Quindi, sono sensazioni indescrivibili quelle che si provano in questi momenti, dall’emozione, all’ansia. Non oso immaginare quei miei colleghi che ci lavorano da 15 anni. Questi momenti sono il coronamento di passioni e sacrifici di una vita».

Per saperne di più:

Leggi tutti gli articoli sulla missione BepiColombo pubblicati su Media Inaf

Leggi l’articolo BepiColombo alla scoperta dei segreti di MERCURIO su Coelum Astronomia di ottobre ora online!


Prevedere l’imprevisto… Hayabusa 2 alla scoperta di Ryugu. BepiColombo in partenza per il Pianeta di Ferro. Terra chiama Opportunity, risponderà mai il rover? Che forma può avere un alieno? 
Tanti gli argomenti affrontati sul nuovo…

Coelum Astronomia di ottobre
Ora online, come sempre in formatodigitale, pdf e gratuito.

DAL CARSO AL COSMO 2

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Locandina Dal Carso al Cosmo_29-09-2018

Locandina Dal Carso al Cosmo_29-09-2018Per chiudere la stagione estiva della Grotta Gigante, SABATO 29 SETTEMBRE alle ORE 19:00 presso il centro visite/biglietteria della Grotta Gigante, lo staff e il Circolo Culturale Astrofili Trieste Vi aspettano per lo speciale, doppio evento “DAL CARSO AL COSMO 2”: un appassionante viaggio in cui due scienze si uniscono in un binomio di fascino e sorpresa, permettendo al pubblico in visita dapprima di ammirare le meraviglie che cela il sottosuolo per poi uscire a riveder le stelle attraverso i telescopi puntati verso le immensità dell’Universo!

Inizialmente, vi sarà la visita guidata alla Grotta Gigante, enorme cavità turistica a sala naturale unica, la più grande al mondo, dove al suo interno si raggiungerà una profondità di 100 m: da qui, sarà possibile ammirare la grotta in tutta la sua vastità con le sue stalagmiti e, alzando lo sguardo verso l’alto, rimanendo incantati dalla pioggia di stalattiti che scende dalla grande volta.
Dopo la risalita in superficie, nell’area antistante il centro visite/biglietteria della Grotta Gigante gli esperti del Circolo Culturale Astrofili Trieste attenderanno i visitatori per un’affascinante esperienza alla scoperta del firmamento: attraverso i propri telescopi ivi installati sarà infatti possibile osservare “live” i pianeti Marte, Saturno, Marte e il lontano Nettuno; l’assenza della Luna permetterà inoltre l’osservazione di ammassi stellari, nebulose e galassie. Il tutto, corredato dalle spiegazioni fornite dagli astronomi non professionisti che partiranno col delineare le costellazioni visibili.
Un evento davvero imperdibile ed ideale sia per gli appassionati di Carsismo ed Astronomia o per chi si vuole avvicinare a queste realtà per la prima volta, diverse tra loro ma unite in questo speciale, doppio appuntamento!

INGRESSO A NUMERO CHIUSO CON PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA, inviando un’e-mail a info@grottagigante.it o telefonando allo 040-327312 specificando numero partecipanti ed indicando un recapito telefonico..

N.B.: in caso di maltempo, la serata si terrà all’interno del Centro visite con proiezioni e relazioni da parte dei soci del Circolo Culturale Astrofili Trieste su temi astronomici.

Accademia delle Stelle

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2018-10 Coelum AdS

2018-10 Coelum AdSI due nuovi corsi di Astronomia
L’Anno Accademico 2018-2019 della nostra Scuola di Astronomia si apre con due corsi, uno il lunedì, l’altro il giovedì, che dureranno fino a novembre presso la nostra sede dell’EUR.

L’Astronomia Insolita e Curiosa
Tutti i lunedì: otto conferenze su moltissime curiosità e aneddoti raramente divulgati al pubblico, per scoprire gli aspetti più insoliti ed incredibili del cielo e della scienza che lo studia.

Come si Osserva il Cielo
Tutti i giovedì: corso base completo di astronomia pratica: tutte le competenze che servono per diventare astrofili! Con guida alla scelta del primo telescopio, tecniche osservative e fotografiche e lezioni pratiche sotto le stelle.

Maggiori informazioni:
https://www.facebook.com/accademia.dellestelle
https://www.accademiadellestelle.org/

RemoveDEBRIS: il satellite che lancia una rete per catturare i detriti spaziali

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di Massimo Orgiazzi – Astronautinews.it

Sebbene si sia trattato di un test con l’uso di un finto detrito spaziale, il video diffuso questa settimana dall’Università del Surrey, ha destato un certo stupore per la semplicità con cui il satellite RemoveDEBRIS ha catturato un cubesat nientemeno che con una rete lanciata nello spazio.

Siamo certamente abituati da molti anni ad assistere a compiti anche molto complessi portati a termine nello spazio: camminate spaziali, attracchi, assemblaggi di componenti, ma il lancio di una rete per la cattura di un detrito spaziale faceva ancora parte delle svariate simulazioni legate a progetti per lo smaltimento della vasta popolazione fatta di spazzatura orbitante attorno alla Terra. Il satellite RemoveDEBRIS è stato costruito dall’Università del Surrey ed è stato lanciato sulla Stazione Spaziale Internazionale con la missione di rifornimento lanciata nell’aprile scorso con la capsula Dragon. In giugno la NASA ha rilasciato il satellite, dal peso di 100 chilogrammi e domenica scorsa, il task della missione è stato completato con successo. Il satellite target non era un effettivo detrito spaziale, ma un cubesat dalle modeste dimensioni (10 x 10 x 20 centimetri), rilasciato proprio dallo stesso satellite RemoveDEBRIS poco prima del test di recupero. Il direttore del Surrey Space Centre presso l’Università del Surrey, Guglielmo Aglietti, 52 anni, laureato in ingegneria presso il Politecnico di Milano, si è detto soddisfatto per un test che è andato come previsto. La rete si è aperta come previsto e la cattura, come si vede dal video, è avvenuta senza alcun intoppo. Ora il download e l’analisi dei dati raccolti richiederà qualche settimana di elaborazione, ma i risultati sembrano positivi già dall’esito del test.

Guglielmo Aglietti e RemoveDEBRIS (Fonte: Università del Surrey)
RemoveDEBRIS è un satellite dalle dimensioni su per giù di un frigorifero costruito dalla SSTL (Surrey Satellite Technology), che è parte di un consorzio creato dall’Università del Surrey, da Airbus e da altre aziende europee. Il satellite, progettato per testare la cattura di detriti spaziali in orbita, dispone, oltre alla rete, anche di un metodo alternativo di “abbordaggio”, costituito da un piccolo arpione dalle dimensione di una penna, che sarà testato facendo fuoco verso una piastra solidale estesa nello spazio a breve distanza dallo stesso satellite.

Il test condotto domenica scorsa ha coinvolto distanze minime: il cubesat, che ha aumentato le sue dimensioni gonfiandosi fino a circa un metro di diametro, si è allontanato dal RemoveDEBRIS di circa 6 metri. Dopo di che, la rete è stata lanciata con un meccanismo a molla e il processo di cattura, che nel video impiega circa 20 secondi, ha richiesto in realtà 2-3 minuti. Ma sebbene la simulazione abbia usato dimensioni e distanze in scala rispetto ai futuri e possibili casi reali, si è trattato di un successo che darà notevoli spunti per la prosecuzione del progetto, che ha richiesto ben sei anni di test in voli parabolici, torri di caduta e camere a vuoto per poter consentire agli ingegneri di sviluppare una sufficiente confidenza per provare la tecnologia nello spazio.

La rete utilizzata è costruita in polietilene Dyneema, comunemente usato per la produzione di cavi e corde per l’alpinismo. L’uso di sei masse affisse alla rete ha permesso l’apertura della stessa alla sua massima estensione di 5 metri. Le masse sono in realtà sei motori usati per chiudere la rete intorno ai detriti. Nella configurazione operativa, la rete sarà connessa al satellite da un cavo che, dopo la cattura provocherà la caduta del detrito, trascinato fuori dall’orbita dal satellite stesso ed eliminato mediante rientro distruttivo nell’atmosfera.

Nei primi mesi del 2019, RemoveDEBRIS testerà anche l’arpione e la campagna di test si chiuderà a marzo, quando il satellite aprirà una vela progettata per aumentare la resistenza aerodinamica nella tenue atmosfera presente a quella quota, di modo da iniziare il rientro distruttivo e sancire il termine della missione.

L’interesse per una tecnologia che consenta di rimuovere i detriti spaziali dall’orbita terrestre è aumentato negli ultimi anni sulla base della sempre maggior consapevolezza del numero di oggetti che si trova a fluttuare sopra le nostre teste. Si stima che la popolazione di detriti spaziali possa comprendere fino a 30.000 oggetti disposti su varie orbite e una valutazione della JAXA ha definito la necessità di rimuoverne ad un tasso di almeno cinque l’anno per prevenire la cosiddetta sindrome di Kessler, un’inarrestabile effetto a catena che potrebbe avviarsi con una cascata di collisioni tale da rendere l’effetto finale critico per il volo spaziale, come teorizzato dallo scienziato NASA Donald Kessler negli anni ’70.

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(C) Associazione ISAA – Licenza CC BY-NC


BEES, 400 eventi per fare scienza insieme

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Online il programma della Notte Europea dei Ricercatori di Frascati Scienza

Dal 22 al 29 settembre in 34 città italiane, clou a Frascati

Aperte le prenotazioni online

BEES – BE a citizEn sciEntist è la scienza che scende in strada, in piazza, nelle scuole, e si fa giocare, agire, capire, condividere, insieme a chi la fa tutti i giorni in laboratorio.

Quasi 400 eventi in 34 città italianeil programma della tredicesima edizione della Notte Europea dei Ricercatori e della Settimana della Scienzacoordinate da Frascati Scienza #BEES, che coinvolge più di 60 partner, è online: dalla mattina del 17 settembre sono aperte le prenotazioni online a format di ogni tipo, destinati ad ogni pubblico, ogni età, ogni cittadino (in alcuni casi sono obbligatorie). Si possono selezionare eventi per località, per organizzatore, per data e per target.

Le iniziative da vivere quest’anno con i ricercatori di ogni scienza vanno dai temi ‘caldi’ della salute (vaccini, rischi pandemie, zanzare, farmaci e antibiotici) a quelli dell’ingegneria (vulnerabilità delle città ai terremoti), e dell’ambiente (con biodiversità, ecosistemi, plastiche, diete varie, diete mediterranee. grassi e diete che proteggonoproduzioni sostenibili, alghe speciali); dalla chimica allo spazio, dalla biologia alla musica, dalla matematica alla genetica, fino ad arrivare all’arte e pure all’amore.

Si attraversa lo spaziotempo, e non solo andando dal passato (scienza per la preistoria, l’archeologia, l’arte, l’architettura (con l’Università Tor Vergata, quelle diRoma Tre e di Cassino e del Lazio Meridionale, con il Parco archeologico di Pompei, GEA S.C.ar.l e INUIT) al futuro (con le sfide mediche e tecnologiche, quelle della fisica, dell’astrofisica, della sostenibilità). Si fa il punto scientifico sul presente (su fake news, internet, smartphone, cyberterrorismo industriale e in ospedale,cyberbullismo, e cybersecurity, social networkrobot in medicina e anche a scuola). Si gioca la matematica, la linguistica, la finanza e la statistica, passando per la biologia, l’entomologia, la geologia, surfando tra algebra, onde sonoreonde gravitazionalicoefficienti di drag, indagando sulle scienze di Star Wars, saltando suelettroni, protoni e anche neuroni, e osservando da vicino virus letali e insetti preziosi, alieni e particelle nucleari.

Si parte a Roma, al Parco regionale dell’Appia antica, con l’evento di lancio del 22 settembreResearchers: supereroi al servizio della scienza! Missione “Gemme della Ricerca” .

Dal nord al sud del nostro Paese (in Sicilia, Emilia Romagna, Toscana, Sardegna, Veneto, Piemonte, Basilicata, Campania e Lazio), dal 22 al 29 settembre, con il clou il 28 per la Notte dei Ricercatori in contemporanea con 200 città in Europa, la Scienza di #BEES ha Frascati al centro ed è l’ape regina in un alveare fatto da decine di migliaia di cittadini di piccoli e grandi centri che avranno modo di capire la chimica dentro il proprio corpo, quella nella pizza margherita, la matematica che ascoltano in cuffia insieme alla musica, la fisica dentro il proprio cervello.

Focus programma

Avanguardia medicina.

Dalla biologia, alla chimica, dalla fisica all’ingegneria e alla robotica per arrivare alla medicina d’avanguardia: le scienze legate alla salute dell’uomo hanno un largo spazio negli eventi in programma, anche grazie a partnership come quelle con Istituto Superiore della Sanità, Istituto Spallanzani, Ospedale Bambino Gesù, Istituti Fisioterapici Ospedalieri, Università Campus Bio-Medico di Roma, Università Roma Tre, A.I.C.O., MoveoWalks, Aget, TecnoscienzaCroce Rossa Tusculum e tanti altri.

Chi volesse provarsi nel ruolo di Derek Shepherd di gray’s anatomy, può vestirsi da chirurgo e andare al surgery theater. Si cercano anche nuovi Sherlock Holmesper indagare sulla risposta ai farmaci e qualcuno che abbia voglia di pedinarli dalla bocca al bersaglio, oppure spiarli allo spettroscopio mentre agiscono.

A giovanissimi scienziati-cittadini viene affidato il compito di ricostruire lo strano caso della cellula X. Esperti di formula Uno si aspettano invece per il Pit Stop trapianti. Ce n’è per tutti, anche per chi avesse voglia di trasformarsi in un Iron Man, chi volesse mappare il proprio cervello o esplorare il proprio cuore, chi avesse voglia di portarsi a casa il proprio DNA.

Vaccini in tutte le salse, visti al microscopio, discussi con direttamente con chi li ha testati e analizzati, da quelli antitumorali, agli adiuvanti, e quelli giusti per te.Zanzare killer e rischi pandemie (ci sono davvero?), simulazioni di emergenze di febbre emorragica, staminali, virus (ad esempio per vedere dove si nascondono, per assistere ad un soccorso alla Dustin Hoffman di Virus Letale), batteri e resistenze agli antibiotici, particelle nucleari?

E ancora: avete deciso cosa mettere in bio-Banca? E cosa si dovrebbe pensare (scientificamente) di piercing e tatuaggi? Cosa ci fanno dei robot in sala operatoria? Davvero ho radiazioni dentro casa?

Ambiente buono e cattivo

A proposito di radiazioni, già, non tutto ciò che è naturale fa bene. Così si scopre che l’ambiente può danneggiare il DNA e che ci cambia, che le sostanze naturalivanno indagate e ben dosate, che nulla va sprecato (Explora), che il suolo non è sporco, che la sostenibilità ha un suo sapore (l’avete mai assaggiata?) e che fine hanno fatto le banane. Tra le sfide di Ludis, l’acqua dal fuoco. Altre avventure (energetiche) le compie lo scienziato pazzo dottor Burger (Sotacarbo e B:Kind), Ci sarà pure un bioeconomy village (con FVA-New Media Research e Università di Roma Unitelma Sapienza), il Geogarden, il ristorante per le api, il vulcano di sabbia e inanomateriali sostenibili.

Avete presente quegli animaletti a 6 zampe che guardiamo con orrore? Avete mai visto un ‘Insettario di Entomologia Medica‘? E’ dove vengono allevate stabilmente diverse specie di insetti che in medicina sono molto molto interessanti.

Sapete riconoscere una falena da una farfalla? Volete essere il superesearcher che tutti gli amici interpellano su facebook mandandogli foto di insetti da riconoscere? Oltre al corso sul mondo a sei zampe, con G.Eco potrete incappare in essenza di cimice e bava di lumaca, consultare esperti veri di Animali incredibili e dove trovarli, vederli dal vivo durante il trekking, mentre, all’università di Roma Tre, andare a caccia degli alieni che ci circondano. Potreste persino scoprire che un certo vermetto cerca casa nei fegati e nei polmoni degli italiani.

Spazio.

Le ultime scoperte spaziali si svelano direttamente nel quartier generale ESA (European Space Agency). Le news di ESA, Università Roma Tre, Unione Astrofili Italiani, Astronomitaly, Gruppo astrofili Monti Lepini, Speak ScienceFondazione Gal HassinFrascati Scienza stessa parlano di acqua su Marte, di centro di controllo degli asteroidi pericolosi e frammenti di meteorite, satelliti che monitorano i venti, raggi cosmici, motori intergalattici, viaggi nel sistema solare, nel cosmo in 3D, su Giove , tra i pianeti del Piccoli Principe e pure dalla finestra, passando persino dalle armonie musicali a quelle celesti, senza tralasciare tecnologie e space economyAstrogarden.

Fisica, chimica, matematica? parole, numeri e misteri da giocare

La scienza di tutti i giorni ma anche quella dei supereroi. Ti mai realmente chiesto ad esempio se Superman può davvero volare, saltare un grattacielo o trasportare tir sulle spalle? E lo sapevi che le ombre non sono solo nere? A proposito di fisica, vuoi fare un viaggio in Giappone all’interno dell’acceleratore più luminoso del mondo? O misurare la densità della materia?

Si fa chimica, tra acidi e basi, ma si indagano anche numeri e codici. Ci sono i numeri per sapere chi siamo, quelli per giocare, quelli nelle Torri di Hanoi, quelli pervalidare idee di business e quelli della finanza. Insomma, vere galassie di numeri da interrogare. Poi ancora, i codici segreti e i trucchi e l’università dell’intelligence, gli hackaton e le app per la salute, i meccanismi della rete, anche per capire com’è fatta (GARR).

Codici e numeri al posto di neuroni? Un cervello nel computer? Lo Human Brain Project prova a venirne a capo, anche se non mancano perplessità. Intanto però impariamo a costruirne uno. E se volessimo dare un’occhiatina al nostro, potremmo farlo anche dallo smartphone. Quanto al lasciarlo in eredità, ci sarebbe forse da pensarci?

Le scienze dell’arte e della musica

In programma a BEES, anche lo strumento musicale che suona senza essere toccato e appuntamenti per capire la fisica della musica. Musica scientifica anche da ascoltare in piazza o in onore dell’Europa. E ci vuol pensiero scientifico per disegnare, per colorare, per divulgare, per fare arte e fare filosofia, per imparare e insegnare, per coinvolgere, soprattutto i giovanissimi, persino per giocare scacchi o con gli emoticon.

Poi tanto ancora, tantissimo. E alla fine, dopo aver premiato Piero Angela con l’onorificenza di Civis Tusculanus, c’è persino una scientifica via d’uscita.

La Notte Europea dei Ricercatori coordinata da Frascati Scienza, #BEES, è un progetto promosso dalla Commissione Europea, realizzato con il supporto della Regione Lazio, del Comune di Frascati e dell’Ente Parco Regionale Appia Antica. Come in ogni edizione, saranno coinvolti moltissimi partner tra enti istituzionali, associazioni e aziende.

Sono più di 60 le partnership attive: Comune di ARICCIA-Ufficio Statistica, Consortium GARR, ESA-ESRIN, Istituto Centrale per i Beni Sonori ed Audiovisivi (ICBSA), Istituto Dermatologico San Gallicano (ISG) e Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE), Istituto Superiore di Sanità, Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Parco Archeologico di Pompei-Laboratorio di ricerche applicate, Centro Studi sull’Intelligence, Scienze Strategiche e della Sicurezza (U.N.I.), RES (REte di Scuole)-Castelli Romani, SAPIENZA Università di Roma-Dipartimento di Management, Sissa Medialab-Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati-Trieste, UNITELMA SAPIENZA, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, Università degli Studi di Sassari e Dipartimento Architettura Design e Urbanistica, Università LUMSA, Università degli Studi di Roma TOR VERGATA-Centro di Studi Giuridici Latinoamericani (CSGLA)-Dipartimento di Biologia e Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società, UNIVERSITÀ ROMA TRE-Dipartimenti di Scienze, Matematica e Fisica, Ingegneria e Architettura, Accatagliato, ARTE e SCIENZA, Associazione AGET, Associazione italiana degli Infermieri di Camera Operatoria-AICO Italia, ASTRONOMITALY, B:kind | Science & Co., Fondazione E. Amaldi, Fondazione GAL HASSIN, Fondazione Universitaria INUIT-Tor Vergata, G.Eco, GEA S.C.a r.l., IL REFUSO-Giornalisti Nell’Erba, INSPIRE, K-production A.S.D., L.U.D.I.S., Matita Entertainment, MindSharing.tech APS, MULTIVERSI, Museo dei Bambini di Roma-EXPLORA, Gruppo Astrofili Monti Lepini, PARIMPARI ONLUS, SCIENZA DIVERTENTE-Roma e Verona, Scienzimpresa, Speakscience, Tecnoscienza.it, TOSCIENCE, Unione Astrofili Italiani, Algares, Algaria srl, FVA New Media Research, Moveo Walks Inc., Sotacarbo-Società Tecnologie Avanzate Low Carbon SpA, Osservatorio Malattie Rare, PRO LOCO di Frascati, Novamont S.p.A., Università Campus Biomedico, AISTAP, PA Social.

The European Researchers’ Night project is funded by the European Commission under the Marie Sklodowska-Curie Actions (GA N° 818728).


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Hayabusa 2. Prima consegna su Ryugu: effettuata!

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I due “hopper” rialsciati da Hayabusa 2 sulla superficie dell’asteroide, sono i primi due di quattro passeggeri che la sonda ha portato con sé. Crediti: JAXA

Hayabusa 2, dopo aver raggiunto con successo la sua meta, l’asteroide Ryugu lo scorso 27 giugno, ha rilasciato nella notte i primi due piccoli passeggeri diretti verso la superficie dell’asteroide.

I due pionieri sono MINERVA-II1A and MINERVA-II1B, e fanno parte di un gruppo di tre piccoli rover dell’agenzia giapponese JAXA. Più che rover si tratta di scatolette saltellanti (hopper) che si muoveranno a balzi sulla superficie dell’asteroide per cercare di esplorarne la più vasta parte possibile.

Si tratta in pratica di due robot, dalla forma di una “scatola di biscotti” del peso di poco più di un chilo (1,1 kg), per un diametro di 18 cm e un’altezza di 7 cm. Al loro interno, oltre agli strumenti scientifici, un cilindro rotante che li farà sobbalzare sulla superficie dell’asteroide.

La gravità sulla superficie di Ryuku è infatti molto debole, quindi un normale rover spinto da ruote rischierebbe di fluttuare via non appena si mettesse in moto, mentre in questo modo è previsto che il meccanismo all’interno li faccia balzare in un salto che li terrà in aria per circa 15 minuti portandoli a 15 metri di distanza da dove si trovavano. Il movimento sarà autonomo e i piccoli hopper “decideranno” da soli in quale direzione muoversi.

Nonostante il parziale fallimento della prova generale di discesa 9 giorni fa – in cui l’altimetro laser della sonda non è riuscito a misurare con correttezza la distanza da Ryugu fermando la navicella a 600 metri dal terreno invece dei 40 che avrebbe dovuto raggiungere – le operazioni di avvicinamento e rilascio sono comunque iniziate il 19 settembre scorso. Questa mattina, è arrivata la conferma del rilascio dei Minerva, avvenuto attorno alle sei del mattino italiane del giorno 21 (13:06 JST). La Hayabusa ha raggiunto l’altezza minima prevista di 55 metri dalla superficie e si è regolarmente rialzata allontanandosi dal NEO per rientrare nella sua posizione a 20 km di altezza.

【MINERVA-Ⅱ1】
Heeeeeeere weeeeee cooooome!!!!!!!!! pic.twitter.com/Ppcjr40SgG

— 小惑星探査機「はやぶさ2」 (@haya2_jaxa) 21 settembre 2018

L’immagine ripresa da Hayabusa 2 al momento del rilascio dei due “hopper” MINERVA-II 1. Si vede l’ombra della stessa sonda proiettata sulla superficie dell’asteroide a 80 metri di distanza circa. Crediti: JAXA

Anche le comunicazioni tra sonda e hopper sono funzionanti, anche se al momento si sono interrotte, per via della rotazione dell’asteroide. In attesa che il controllo missione confermi e rilasci immagini dell’atterraggio, ecco qui a destra un’immagine ripresa da Hayabusa 2, con la sua ombra proiettata sulla superficie di Ryugu, scattata al momento del rilascio.

Troverete molte più informazioni sul prossimo numero di Coelum Astronomia in uscita la prossima settimana (26 settembre), e ora tutti pronti in attesa dello sgancio, il 3 ottobre, del piccolo passeggero europeo MASCOT!

Per seguire i movimenti di Hayabusa 2, ci si può collegare al sito Haya2now.jp, ora anche in lingua inglese.

Aggiornamento 23/09/2018

Ecco le prime immagini scattate dai rover MINERVA rilasciati dalla sonda giapponese Hayabusa2 sulla superficie dell’asteroide Ryugu.

La prima immagine (a sinistra), molto dinamica, è stata catturata dal rover MINERVA-1A lo scorso 22 settembre alle ore 04:44 circa (ora italiana).
L’immagine mostra la superficie di Ryugu (sulla sinistra), registrata durante un salto compiuto dal rover. A destra si nota un riflesso dovuto alla luce solare.

La seconda fotografia (a destra) è stata catturata invece dal rover MINERVA-1B il 21 settembre alle ore 06:07 (ora italiana), poco dopo la separazione dalla sonda Hayabusa2. La superficie di Ryugu è nella parte bassa a destra. Anche in questo caso, in alto a sinistra è presente un riflesso dovuto al Sole. Il rover 1B sembra in lenta rotazione, cosa che ha consentito di limitare l’effetto “strisciata” nell’immagine.


 

Accademia delle Stelle

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2018-09 Coelum AdSI due nuovi corsi di Astronomia
L’Anno Accademico 2018-2019 della nostra Scuola di Astronomia si apre con due corsi, uno il lunedì, l’altro il giovedì, che dureranno fino a novembre presso la nostra sede dell’EUR.

L’Astronomia Insolita e Curiosa
Da lunedì 17 settembre: otto conferenze su moltissime curiosità e aneddoti raramente divulgati al pubblico, per scoprire gli aspetti più insoliti ed incredibili del cielo e della scienzache lo studia.

Come si Osserva il Cielo
Da giovedì 27 settembre: corso base completo di astronomia pratica: tutte le competenze che servono per diventare astrofili! Con guida alla scelta del primo telescopio, tecniche osservative e fotografiche e lezioni pratiche sotto le stelle.

Maggiori informazioni:
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Unione Astrofili Senesi

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Osservatorio Astronomico Provinciale di Montarrenti, SS. 73 Ponente, Sovicille (SI).
01.09, 21.30: Il Cielo del mese. L’appuntamento per il pubblico presso Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola ”Palmiero Capannoli” per osservare il cielo di fine estate. Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione a Davide Scutumella 3388861549. In caso di tempo incerto telefonare per conferma.

14.09, ore 21:30: Il cielo al castello di Montarrenti. Serate osservative ogni secondo e quarto venerdì del mese. Prenotazione obbligatoria. Protagonisti gli ammassi stellari (sia globulari che aperti), i pianeti Saturno e Marte e la Luna, quasi al primo quarto. Prenotazione obbligatoria. In caso di tempo incerto telefonare per conferma.

28.09, ore 21:30: Bright! La notte dei ricercatori. Astronomia al castello di Montarrenti. Serate osservative ogni secondo e quarto venerdì del mese. In occasione di “Bright! La notte dei ricercatori” si terranno anche due conferenze a cura di Giorgio Bianciardi, direttore dell’Osservatorio e vice presidente UAI. Prenotazione obbligatoria. In caso di tempo incerto telefonare per conferma.

28.09, ore 21:30: Bright! La notte dei ricercatori: Osservazione da Piazza del Campo. Nell’ambito di “Bright! La notte dei ricercatori”, la nostra associazione parteciperà all’osservazione pubblica da Piazza del Campo a Siena. In collaborazione con l’Università di Siena. Info su www.bright-toscana.it.

Per le prenotazioni: tramite il sito oppure inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) o un sms al 3482650891 (Giorgio).
Seguiteci su www.astrofilisenesi.it e sulla nostra pagina facebook Unione Astrofili Senesi

Mercurio e le sue depressioni

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Con un paragone culinario, potremmo pensare a torte lievitate male che, durante la cottura, si afflosciano e, uscite dal forno ci appaiono basse e concave. In realtà sono strane e irregolari depressioni, ribattezzate hollow, individuate sulla superficie del pianeta Mercurio grazie agli strumenti della sonda Messenger della Nasa. La loro insolita conformazione e la presenza concentrata soprattutto all’interno dei crateri del pianeta ha suscitato l’interesse degli scienziati.

La figura mostra Canova, uno dei tre crateri esaminati nello studio contenente gli hollows. Crediti: Nasa/Messenger Mdis (risoluzione di 43 m/px)

Uno studio tutto italiano pubblicato oggi sulla rivista Journal of Geophysical Research: Planets e guidato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) – ci aiuta a conoscere meglio la natura di questi hollowAlice Lucchetti, giovane ricercatrice dell’Inaf di Padova, e il suo gruppo (di cui fanno parte anche colleghi dell’Inaf di Roma) hanno esaminato nel dettaglio queste particolari strutture localizzate in tre diversi crateri presenti sulla superficie del pianeta, riuscendo a ricavare informazioni sulla composizione degli elementi chimici presenti in essi e, quindi, ottenere indizi sulla loro formazione.

Gli hollow sono strane e irregolari depressioni molto brillanti e poco profonde, solitamente presenti all’interno dei crateri di impatto, sui loro bordi e picchi centrali, la cui origine potrebbe essere legata a un meccanismo che prevede la perdita di elementi chimici volatili che si trovano sotto la superficie, un processo detto, appunto devolatilizzazione. «Determinare la natura di queste strutture è una grande sfida in quanto è estremamente complicato capirne il meccanismo di formazione», spiega Lucchetti. Le mappe geologiche di ogni cratere hanno permesso di individuare le diverse unità geomorfologiche, delineando in maniera dettagliata l’area occupata dagli hollow. I tre crateri studiati dai ricercatori sono Velasquez, Dominici e Canova. Quest’ultimo nome è stato scelto proprio da Alice Lucchetti con il suo team ed è stato ufficialmente approvato dall’Unione Astronomica Internazionale in onore del celebre scultore e pittore italiano.

L’analisi delle caratteristiche e dell’intensità della luce solare riflessa dalla superficie degli hollowottenuta con una particolare tecnica, detta clustering, ha permesso di separare l’area di ciascun cratere in porzioni più piccole di terreno caratterizzate da una specifica “impronta” nello spettro della radiazione riflessa. Confrontando i dati provenienti da questi due canali, i ricercatori hanno trovato un’ottima correlazione tra le aree individuate dalle mappe geologiche e quelle individuate dall’analisi spettrale.

La ricercatrice Alice Lucchetti dell’Inaf di Padova, prima autrice dell’articolo

Lucchetti aggiunge: «Il punto di forza del lavoro è aver scoperto che questi tre gruppi di avvallamenti sono identificati da uno spettro simile, che confrontato con gli spettri di laboratorio, ci ha permesso di scoprire novità rispetto ai lavori precedenti. Gli spettri degli hollow sono infatti indicativi della presenza di solfuri (quali solfuri di calcio, magnesio e manganese, ipotesi già avanzata in precedenza), ma anche di pirosseni che presentano elementi di transizione, come cromo, titanio e nichel».

Per il gruppo di ricerca il risultato ottenuto è importante perché suggerisce che gli hollow non siano solo l’espressione del materiale rimasto dopo la perdita elementi chimici allo stato gassoso nella giovane crosta di Mercurio – il processo che prende il nome di devolatilizzazione – ma riflettano anche il materiale in cui si sono formati, essendo quindi rappresentativi della roccia componente la crosta primordiale del pianeta in cui si sono originati.

«Si tratta sicuramente di un passo in avanti nella comprensione di queste strutture, e stiamo già studiando altre zone di Mercurio per capire se questo è un comportamento comune agli hollow o se le diverse regioni del pianeta possono influenzarne in maniera differente la formazione», sottolinea Lucchetti. «Inoltre, lo studio degli hollow è estremamente importante e di interesse poiché questi saranno uno dei target scientifici principali che verranno osservati da BepiColombo, missione destinata allo studio di Mercurio, il cui lancio è previsto il mese prossimo. In particolare, la suiteitaliana di tre strumenti Simbio-Sys sarà capace di fornire ulteriori informazioni riguardanti queste strutture grazie all’acquisizione di immagini ad alta risoluzione, di spettri e di immagini stereo volte alla ricostruzione 3D», conclude la ricercatrice dell’Inaf.

Per saperne di più:


 

Gli incontri settembrini della 21/P Giacobini-Zinner

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In questo periodo, come ho avuto modo di scrivere sulla rivista digitale nella rubrica dedicata alle comete, dopo un lungo intervallo di tempo una cometa sta finalmente attirando l’attenzione degli appassionati.

Si tratta della periodica 21/P Giacobini-Zinner che il 10 settembre è transitata al perielio raggiungendo il suo presumibile massimo luminoso, valutato in una settima magnitudine abbondante. Ma come può essere davvero interessante, si domanderà qualcuno, un “astro chiomato” di così modesta luminosità?

Il grafico della magnitudine osservata della cometa, gli aggiornamenti li potete trovare sul sito www.aerith.net

Beh, intanto una cometa che sfiora la settima magnitudine non capita tutti i mesi e poi, più che sulla luminosità, occorre in questo caso concentrarsi sugli incontri che la Giacobini-Zinner ha fatto e farà nel corso della sua corsa celeste di settembre.

Il giorno 11 è transitata a poco più di mezzo grado dal centro dell’ammasso aperto M 37, a mio parere il più bello della triade Messier situata nell’Auriga. Ho avuto modo di osservare l’incontro il giorno precedente poco prima dell’alba, quando la distanza era pressappoco doppia. Grazie al mio eccellente e luminoso binocolone 20×90 che offre tre gradi di campo, strumento quindi adattissimo a queste situazioni, la cometa è spiccata facilmente vicino allo spolverio di stelle dell’ammasso. Più che la testa, molto piccola e non particolarmente brillante, mi ha colpito la coda di polveri, ben rilevabile ed estesa una decina di primi.

Il giorno 15 altro incontro, ancora con un ammasso aperto, il celebre M 35 dei Gemelli. In questo caso la distanza dal centro dell’oggetto era di appena 27’. A dire il vero le premesse per l’osservazione non erano favorevoli, tanto che il primo tentativo condotto poco dopo le ore 4:00 è fallito miseramente per la presenza di estesa nuvolosità (aveva appena finito di piovere e addirittura dei lampi squarciavano ancora il cielo).
Ma circa un’ora dopo, una schiarita provvidenziale e il solito binocolone 20×90 mi hanno permesso di godermi uno straordinario spettacolo, con la cometa quasi a contatto dell’ammasso. La sua morfologia non aveva subito praticamente alcuna modificazione così come la luminosità. Visibile anche il tenue ammasso aperto NGC 2158, di aspetto nebulare dati i pochi ingrandimenti e il modesto diametro utilizzato, tanto da far pensare a una seconda cometa più debole.

Passati questi due “magic moment” se ne attendono un altro paio nei prossimi giorni, anche se a differenza dei primi saranno molto più adatti agli astrofotografi che ai visualisti.

• Il giorno 24 la 21/P passerà a oltre un grado da NGC 2264, l’ammasso aperto che per la disposizione delle stelle che lo formano viene chiamato “Albero di Natale”. L’ammasso è avvolto da una tenue nebulosità, difficilmente rilevabile in visuale, nella quale si insinua la Nebulosa oscura “Cono”. Fotograficamente sarà una grande occasione per portare a casa un’immagine davvero suggestiva.

• Così come, un’altra grande occasione per gli appassionati delle riprese in questo caso a grande campo, capiterà i giorni 26 e 27, quando la cometa transiterà a poco meno di tre gradi dalla Nebulosa Rosetta.

La 21/P Giacobini –Zinner, anche se in allontanamento, sarà ben osservabile anche a ottobre. Ma di questo parleremo nel prossimo numero di Coelum Astronomia!

Sul numero di Coelum astronomia attualmente online trovate uno schema con tutte le date “di interesse” per l’osservazione e la ripresa della cometa:

➜ Comete da non perdere! Tanti gli Incontri Deep-Sky per la 21P/Giacobini-Zinner

E ancora su Coelum astronomia 225

➜ La LUNA di settembre.
Approfondimento: Guida all’osservazione del Sinus Asperitatis

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Una serata con Luna e Marte

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Il 19 settembre, alle ore 23:00, sarà la volta del pianeta Marte di ricevere la visita da parte della Luna (fase 76%). La congiunzione, non molto stretta (separazione di 5°43’), avverrà nella regione di confine tra le costellazioni del Capricorno e del Sagittario.

Sarà facile individuare la coppia, posta a circa 23° di altezza sull’orizzonte sud-sudovest.

Li potremo seguire poi fino a circa le 2, osservando Marte “aggirare” la Luna per vederli tramontare assieme quasi perfettamente allineati all’orizzonte.

Con uno sguardo più ampio, alla stessa ora, potremo osservare Saturno a sudovest ormai prossimo al tramonto.

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Settembre 2018

➜ La LUNA di settembre.
Approfondimento: Guida all’osservazione del Sinus Asperitatis

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Ampia congiunzione Luna e Saturno nel Sagittario

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La sera del 17 settembre, volgendo lo sguardo verso sud, a 26° circa di altezza potremo osservare la Luna (fase 57%) ad appena 1°20’ circa (dal centro lunare) a nord-nordovest di Saturno (mag. +0,4). Il luogo dell’incontro è quello ricchissimo di gemme celesti della costellazione Sagittario, di cui sarà facile riconoscere la tipica figura a “teiera”.

Potremo seguire la coppia per diverse ore, man mano che si dirigono verso il loro tramonto, che avverrà alle ore 0:12.

Alle ore 23:00 Saturno sarà alto circa 10° sull’orizzonte sudovest, consentendo di scattare delle belle fotografie che comprendano elementi del paesaggio.

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Unione Astrofili Italiani

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I convegni e le iniziative UAI

22 – 23 settembre 2° Meeting nazionale Sistema Solare
Organizzato dalle Sezioni Sole, Luna e Pianeti, ad Acqui Terme, in collaborazione con l’Associazione Studi Astronomici
http://pianeti.uai.it http://sole.uai.it http://luna.uai.it

Astronomiamo

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AstronomiAmo

Stagione 2018-2019
Corso di Fisica On line
Corso di Chimica on line
Corso di Spettroscopia on line
“Beyond Oort” on line

Dirette streaming
Corsi in aula
Conferenze

Maggiori informazioni:
www.astronomiamo.it

Tre serate con Luna, Venere e Giove

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Nelle serate dal 12 al 14 settembre, alle ore 19:50 circa, guardando verso ovest-sudovest potremo ammirare una bella congiunzione ad ampio campo. La spettacolarità non sarà data dalla vicinanza dei soggetti coinvolti ma piuttosto dalla luminosità di questi e dalla particolare coreografia geometrica che creeranno nell’arco di pochi giorni. Stiamo parlando della Luna, di Venere (mag. –4,7) e di Giove (mag. –1,9).

La sera del 12 settembre, i tre astri formano un bel triangolo, quasi isoscele, con Venere posto nella Vergine a 9°20’ a sudovest della Luna, e Giove, nella Bilancia, a 19°45’ a ovest-nordovest da essa, a formare il vertice del triangolo.

La sera successiva, il giorno 13, la Luna (fase 19%) si troverà invece più vicina a Giove, a 7° circa a est di esso.

Il 14 settembre la Luna (fase 28%) avrà ormai superato Giove, ponendosi a 7° e mezzo a nordovest di esso, formando un suggestivo allineamento con Giove e Venere.

Un’altra ottima occasione per provare a montare il moto degli astri in un unica immagine come suggerito in “La danza dei pianeti” di Giorgia Hofer.

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Vortici misteriosi raccontano la storia della Luna

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Crediti: NASA / LPI.

lunar swirls, letteralmente vortici lunari, somigliano a luminose nuvole sinuose dipinte sulla superficie scura della Luna. Il più famoso, chiamato Reiner Gamma, è lungo quasi 64.5 chilometri. La maggior parte dei vortici condivide la posizione con potenti campi magnetici localizzati, i quali deflettono le particelle provenienti dal vento solare, facendo sì che alcune parti della superficie lunare si deformino più lentamente, originando pattern luminosi e scuri.

Sonia Tikoo, assistant professor al Dipartimento di Scienze della Terra e Planetarie della Rutgers University – New Brunswick, osserva campioni di roccia lunare in una piastra di Petri. Foto: Nick Romanenko / Rutgers University

«Ma la causa di quei campi magnetici, e quindi degli stessi vortici, è stata a lungo un mistero», dice Sonia Tikoo, coautrice di uno studio recentemente pubblicato sul Journal of Geophysical Research – Planetsassistant professor al Dipartimento di Scienze della Terra e Planetarie della Rutgers University – New Brunswick. «Per comprenderla, abbiamo dovuto scoprire quale tipo di caratteristica geologica possa produrre questi campi magnetici e perché il loro magnetismo sia così potente».

Il vortice lunare noto come Reiner Gamma, visto dal Lunar Reconnaissance Orbiter della Nasa. Crediti: Nasa Lro Wac science team

Lavorando con quanto è noto della complessa geometria dei vortici lunari e con le forze dei campi magnetici a essi associati, i ricercatori hanno sviluppato modelli per questi magneti geologici, scoprendo che ogni vortice deve trovarsi sopra a uno stretto oggetto magnetico, sepolto non troppo in profondità rispetto alla superficie della Luna. Un tale oggetto è coerente con i tunnel di lava – strutture lunghe e strette formate da lava fluente durante le eruzioni vulcaniche – o con argini di lava – fogli verticali di magma iniettati nella crosta lunare.

Ma come potevano questi tunnel o argini essere così fortemente magnetici? La risposta giace in una reazione unica dell’ambiente lunare di oltre 3 miliardi di anni fa, quando avvennero quelle antiche eruzioni. Infatti, esperimenti condotti in passato hanno scoperto che molte rocce lunari diventano altamente magnetiche quando riscaldate oltre 600 gradi centigradi in un ambiente privo di ossigeno, poiché specifici minerali presenti in esse si rompono, rilasciando ferro metallico. Se vi è un campo magnetico abbastanza forte nelle vicinanze, il ferro appena formato si magnetizzerà lungo la direzione di quel campo.

Nei consigli per l’osservazione della Luna, su Coelum astronomia di settembre, andiamo tra gli altri alla scoperta proprio di Reiner Gamma. Per questo mese la serata migliore sarà il 22 settembre. Tutti i dettagli nella rubrica, sempre a lettura gratuita, cliccando sul banner qui sopra.

Questo normalmente non accade sulla Terra, poiché vi è ossigeno libero che si può legare con il ferro, e non accadrebbe sulla Luna di oggi, dove non esiste un campo magnetico globale. Ma in passato non era così: secondo un precedente studio di Tikoo, l’antico campo magnetico della Luna è durato da 1 a 2.5 miliardi di anni più a lungo di quanto si pensasse in precedenza, un periodo compatibile con quello della formazione dei tunnel o argini di lava dei vortici lunari. «Nessuno aveva pensato a questa reazione nei termini di spiegazione di queste caratteristiche magnetiche insolitamente forti sulla Luna. Essa è stata l’ultimo tassello del puzzle per comprendere il magnetismo che sta alla base di questi vortici lunari», conclude Tikoo.

Per saperne di più:


 

Accademia delle Stelle

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2018-09 Coelum AdS

2018-09 Coelum AdSI due nuovi corsi di Astronomia
L’Anno Accademico 2018-2019 della nostra Scuola di Astronomia si apre con due corsi, uno il lunedì, l’altro il giovedì, che dureranno fino a novembre presso la nostra sede dell’EUR.

L’Astronomia Insolita e Curiosa
Da lunedì 17 settembre: otto conferenze su moltissime curiosità e aneddoti raramente divulgati al pubblico, per scoprire gli aspetti più insoliti ed incredibili del cielo e della scienzache lo studia.

Come si Osserva il Cielo
Da giovedì 27 settembre: corso base completo di astronomia pratica: tutte le competenze che servono per diventare astrofili! Con guida alla sceta del primo telescopio, tecniche osservative e fotografiche e lezioni pratiche sotto le stelle.

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Legge di Hubble, è ora di cambiarle nome

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Cliccare sull'immagine per accedere gratuitamente all'articolo pubblicato su Coelum Astronomia 216 a cura di Alberto Cappi.
Georges Lemaître (in basso a sinistra) ed Edwin Hubble (in basso a destra) . Crediti: Nasa/Esa/A. Feild (Stsci)

L’equazione è di quelle brevissime, appena tre termini, come si addice alle più eleganti tra le rappresentazioni matematiche della Natura: v = H0 D. Ciò che descrive è uno fra i tratti caratteristici del nostro universo: la velocità della sua espansione. E ciò che implica – descrivendo, appunto, un universo in espansione – è nientemeno che il big bang. Un’equazione fondamentale, dunque, conosciuta fino a oggi come Legge di Hubble. Ma presto potrebbe cambiare nome. E diventare “Legge di Hubble-Lemaître”, in onore del fisico e astronomo belga che per primo la formulò: Georges Lemaître, prete diocesano.

La proposta, da tempo nell’aria, è del comitato esecutivo della Iau, l’Unione astronomica internazionale. Gli stessi che hanno il potere di dare i nomi alle stelle, per dire. Gli stessi che, nel 2006, sancirono che Plutone non è più un pianeta. E proprio i malumori che fecero seguito a quella storica risoluzione li hanno ora indotti a procedere con cautela: la risoluzione sulla Legge di Hubble-Lemaître, pur approvata dai circa 3000 iscritti all’Iau presenti a Vienna la settimana scorsa in chiusura dell’Assemblea generale, per diventare effettiva dovrà superare il voto – questa volta elettronico – di tutti i circa diecimila membri dell’Unione.

Cliccare sull’immagine per accedere gratuitamente all’articolo pubblicato su Coelum Astronomia 216 a cura di Alberto Cappi.

Insomma, per la decisione definitiva occorre aspettare ancora tre mesi. Nell’attesa, per comprendere le ragioni storiche e scientifiche di questa risoluzione, abbiamo chiesto aiuto – e un parere – all’astrofisico Massimo Della Valle, dirigente di ricerca all’Inaf di Napoli.

«Nel 1927 Lemaître pubblica – in francese e su un giornale poco diffuso, gli Annales de la Société Scientifique de Bruxelles, l’articolo “Un Univers homogène de masse constante et de rayon croissant rendant compte de la vitesse radiale des nébuleuses extragalactiques” (“Un Universo omogeneo  con massa costante e raggio crescente che spiega le velocità radiali delle nebulose extragalattiche”, come venivano chiamate allora le galassie esterne alla nostra). In quest’articolo Lemaître non si limita a scoprire le soluzioni dinamiche alle equazioni della relatività generale di Einstein (peraltro già trovate da Friedmann nel 1922), dalle quali deriva quella che oggi è conosciuta, appunto, come “legge di Hubble” – cioè che la velocità di recessione delle galassie è linearmente proporzionale alla distanza: Lemaître va oltre. Utilizzando le velocità di 42 galassie, misurate qualche anno prima da Vesto Slipher, e le loro luminosità, derivate nel 1926 da Hubble, determina il tasso di espansione dell’universo. Quindi è Lemaître a misurare, prima di Edwin Hubble, la costante H0 ,successivamente chiamata costante di Hubble. Lemaître trova due valori», ricorda Della Valle, «575 km/s e 670 km/s per megaparsec, e assume un valore medio di 625 km/s per megaparsec. Due anni dopo, nel 1929 e poi nel 1931 con Humason, Edwin Hubble raffina la misura trovando H0 pari a circa 500 km/s per megaparsec [ndr: oggi è stimata fra i 66 e i 75 km/s/megaparsec]».

Come mai, allora, la relazione è stata invece attribuita all’astrofisico statunitense? «In molte storie importanti non mancano i colpi di scena. Questa non fa eccezione. Nel 1931», continua Della Valle, «l’editore di Monthly Notices of the Royal Astronomical Society suggerì a Lemaître di fornire una versione in inglese del suo lavoro del 1927, per poterla pubblicare sul suo giornale. Il lavoro viene pubblicato, ma ne manca un pezzo, come appurato successivamente da vari autori, fra i quali l’astrofisico Sidney van den Bergh, che nel 2011 scriveva: “sembra che il traduttore dell’articolo di Lemaître del 1927 abbia deliberatamente cancellato quelle parti del documento che si occupavano della determinazione di ciò che viene attualmente chiamato parametro di Hubble. La ragione di ciò rimane un mistero”».

Lost in translation

Insomma, è come se il contributo di Lemaître fosse andato “perduto” nel corso della traduzione. Chi ha “censurato” Lemaître quando ha tradotto l’articolo? «Il mistero è stato recentemente svelato da Mario Livio», spiega a Media Inaf Della Valle, «mentre era astronomo allo Space Telescope Institute di Baltimora. Rovistando tra la corrispondenza della Royal Astronomical Society e nell’archivio di Lemaître, Livio ha trovato una lettera autografa di Lemaître nella quale l’astrofisico belga chiarisce di essere stato lui stesso a tradurre il lavoro del 1927, e a censurarlo in alcuni suoi paragrafi che considerava importanti nel 1927 ma irrilevanti nel 1931, perché oramai superati dopo la pubblicazione nel 1929 dell’articolo di Hubble».

La “colpa”, dunque, di altri non è se non dell’incredibile modestia di Lemaître stesso. Come del resto sottolinea la risoluzione della Iau, laddove nelle motivazioni, accanto al voler dare il giusto riconoscimento a entrambi gli scienziati, sottolinea la volontà di onorare l’integrità intellettuale di Georges Lemaître, che gli ha fatto anteporre il progresso della scienza alla visibilità personale. «Chiamare la legge di Hubble “legge di Hubble-Lemaître” mi pare doveroso», conclude Della Valle.

Per saperne di più:

Correzione del 4.9.2018: Lemaître non era un prete gesuita, come scritto inizialmente, bensì un prete cattolico diocesano


 

Luna, Mercurio e Regolo all’alba

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La mattina dell’8 settembre, guardando verso est, potremo scorgere, con un po’ di difficoltà, una sottilissima falce di Luna (fase del 3%) a circa 13° sull’orizzonte, mentre passa a 5,6° a nordovest della stella Regolo (alfa Leonis; mag. +1,4) e 9,2° a nordovest del pianeta Mercurio (mag. –1,2), posto ad appena 3° di altezza.

L’osservazione e la ripresa saranno alquanto difficili, non solo per via dell’esigua altezza degli oggetti sull’orizzonte (cosa che richiede un ottimo seeing e un orizzonte libero da ostacoli) ma anche per il chiarore del cielo, illuminato dal crepuscolo mattutino. Per chi desidera provare la ripresa, PhotoCoelum attende i vostri lavori!

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Settembre 2018

➜ La LUNA di settembre.
Approfondimento: Guida all’osservazione del Sinus Asperitatis

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Congiunzione Luna e Presepe prima dell’alba

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All’orario indicato, gli oggetti saranno ancora piuttosto bassi, circa 8°, ma basterà attendere qualche minuto perché guadagnino rapidamente altezza. Se desideriamo includere alcuni elementi naturali o architettonici nei nostri scatti allora non dovremo attendere troppo! Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

La mattina del 7 settembre, se avremo voglia di alzarci presto, guardando verso est-nordest, potremo ammirare una particolare congiunzione tra una sottile falce di Luna (fase 9%) che si avvicinerà ad appena 1°40’ dal centro dell’ammasso del Presepe (M 44, Beehive Cluster).

Il luogo del rendez-vous è ovviamente quello della costellazione del Cancro, che ospita l’ammasso nel suo cuore.

Da notare che nel periodo tra le 4:40 e le 5:30 circa si verificherà anche l’occultazione della stella Asellus Australis (Delta Cnc, mag.+3,9) da parte della Luna e sarà quindi possibile seguire visualmente o fotograficamente anche questo interessante fenomeno (l’occultazione avviene dal lembo illuminato del nostro satellite naturale). Le occultazioni di nota le trovate ogni mese all’interno della guida giorno per giorno.

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Eventi al Gal Hassin

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GAL HASSIN 2018

GAL HASSIN 2018
8 settembre
ore 10:00: “Il Sole e dintorni” Osservazioni con i telescopi del GAL Hassin
Astronomia in Planetario “L’altra metà del Cielo”

ore 17:00: Paolo Nespoli si racconta: la mia VITA sulla Stazione Spaziale Internazionale interviene Roberto Battiston Presidente Agenzia Spaziale Italiana Assegnazione PREMIO GAL HASSIN 2018
ore 21:00 STARLIGHT – settemillimetridiuniverso Spettacolo teatrale di e con Filippo Tognazzo Zelda – Compagnia teatrale

9 settembre
ore 10:00: “La nostra stella: il Sole” Osservazioni del Sole con i telescopi del GAL Hassin
Le ombre del Tempo: Gli orologi del GAL Hassin
ore 17:00 Meteoriti: testimoni di ciò che fu quando tutto era in divenire Conferenza di Giovanni Pratesi
ore 18:00 Storia sentimentale con l’Astronomia Sabrina Masiero intervista Piero Bianucci
ore 19:00 Sotto il cielo di Primo Levi Conferenza di Piero Bianucci

La Luna di Settembre e una guida all’osservazione del Sinus Asperitatis

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Le fasi della Luna in settembre, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione.
Le fasi della Luna in settembre, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione.

Alle 00:00 del 1 settembre la Luna in fase Calante avrà un’età di 20,50 giorni a un’altezza di +13° sopra l’orizzonte orientale fra le stelle della Balena raggiungendo l’Ultimo Quarto alle 04:37 del 3 settembre quando si troverà a +47° 38’ sopra l’orizzonte.

La Fase calante culminerà col Novilunio alle 20:01 del giorno 9, da cui ripartirà il nuovo ciclo lunare col nostro satellite in Fase Crescente.

➜ Continua nella Luna di Settembre su Coelum Astronomia 225

A settembre osserviamo

15 settembre. Il Sinus Asperitatis

Come prima e principale proposta, questo mese il target riguarda l’osservazione del Sinus Asperitatis nella serata del 15 settembre, la tormentata ed estremamente interessante regione lunare situata nel settore sudorientale del nostro satellite, fra il mare Nectaris e il margine meridionale del mare Tranquillitatis.

➜ Per i dettagli vedi Guida all’osservazione del Sinus Asperitatis

20 settembre. I massicci montuosi Mons La Hire, Mons Vinogradov e Mons Delisle

La seconda proposta di questo mese è per il 20 settembre dalle 20:00 circa quando concentreremo l’attenzione su una ristretta area posta fra i mari Imbrium e Procellarum e precisamente visiteremo Mons La Hire, Mons Vinogradov e Mons Delisle, eccezionali massicci montuosi che si innalzano più o meno isolati in questa enorme distesa pianeggiante.

22 settembre. Il cratere Reiner Gamma e la sua anomalia magnetica

La terza proposta di settembre ci porta sul cratere Reiner Gamma. Con il suo diametro di 41 km, almeno apparentemente sembra appartenere alla variegata categoria dei cosiddetti “crateri fantasma”, cioè quasi completamente sepolti sotto lo strato di regolite che ricopre (in modo non uniforme) la superficie del nostro satellite. Rilevazioni strumentali effettuate dalle sonde rilevarono che Reiner Gamma sarebbe sede di una notevole anomalia magnetica…

➜  Per approfondire tutte le osservazioni consigliate La LUNA di settembre

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➜  La Luna mi va a pennello. Se la fotografia non basta, Gian Paolo Graziato ci racconta come dipingere dei rigorosi paesaggi lunari, nei più piccoli dettagli… per poi lasciarsi andare alla fantasia e all’imaginazione! Su Coelum Astronomia n. 211

E tutte le precedenti rubriche di Francesco Badalotti, con tantissimi spunti per approfondire la conoscenza del nostro satellite naturale. Per ogni formazione basta attendere il momento giusto!

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Settembre 2018

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Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Settembre su Coelum Astronomia 225

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