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Accademia delle Stelle

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2018-09 Coelum AdS

2018-09 Coelum AdSI due nuovi corsi di Astronomia
L’Anno Accademico 2018-2019 della nostra Scuola di Astronomia si apre con due corsi, uno il lunedì, l’altro il giovedì, che dureranno fino a novembre presso la nostra sede dell’EUR.

L’Astronomia Insolita e Curiosa
Da lunedì 17 settembre: otto conferenze su moltissime curiosità e aneddoti raramente divulgati al pubblico, per scoprire gli aspetti più insoliti ed incredibili del cielo e della scienzache lo studia.

Come si Osserva il Cielo
Da giovedì 27 settembre: corso base completo di astronomia pratica: tutte le competenze che servono per diventare astrofili! Con guida alla sceta del primo telescopio, tecniche osservative e fotografiche e lezioni pratiche sotto le stelle.

Maggiori informazioni:
https://www.facebook.com/accademia.dellestelle
https://www.accademiadellestelle.org/

Legge di Hubble, è ora di cambiarle nome

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Cliccare sull'immagine per accedere gratuitamente all'articolo pubblicato su Coelum Astronomia 216 a cura di Alberto Cappi.
Georges Lemaître (in basso a sinistra) ed Edwin Hubble (in basso a destra) . Crediti: Nasa/Esa/A. Feild (Stsci)

L’equazione è di quelle brevissime, appena tre termini, come si addice alle più eleganti tra le rappresentazioni matematiche della Natura: v = H0 D. Ciò che descrive è uno fra i tratti caratteristici del nostro universo: la velocità della sua espansione. E ciò che implica – descrivendo, appunto, un universo in espansione – è nientemeno che il big bang. Un’equazione fondamentale, dunque, conosciuta fino a oggi come Legge di Hubble. Ma presto potrebbe cambiare nome. E diventare “Legge di Hubble-Lemaître”, in onore del fisico e astronomo belga che per primo la formulò: Georges Lemaître, prete diocesano.

La proposta, da tempo nell’aria, è del comitato esecutivo della Iau, l’Unione astronomica internazionale. Gli stessi che hanno il potere di dare i nomi alle stelle, per dire. Gli stessi che, nel 2006, sancirono che Plutone non è più un pianeta. E proprio i malumori che fecero seguito a quella storica risoluzione li hanno ora indotti a procedere con cautela: la risoluzione sulla Legge di Hubble-Lemaître, pur approvata dai circa 3000 iscritti all’Iau presenti a Vienna la settimana scorsa in chiusura dell’Assemblea generale, per diventare effettiva dovrà superare il voto – questa volta elettronico – di tutti i circa diecimila membri dell’Unione.

Cliccare sull’immagine per accedere gratuitamente all’articolo pubblicato su Coelum Astronomia 216 a cura di Alberto Cappi.

Insomma, per la decisione definitiva occorre aspettare ancora tre mesi. Nell’attesa, per comprendere le ragioni storiche e scientifiche di questa risoluzione, abbiamo chiesto aiuto – e un parere – all’astrofisico Massimo Della Valle, dirigente di ricerca all’Inaf di Napoli.

«Nel 1927 Lemaître pubblica – in francese e su un giornale poco diffuso, gli Annales de la Société Scientifique de Bruxelles, l’articolo “Un Univers homogène de masse constante et de rayon croissant rendant compte de la vitesse radiale des nébuleuses extragalactiques” (“Un Universo omogeneo  con massa costante e raggio crescente che spiega le velocità radiali delle nebulose extragalattiche”, come venivano chiamate allora le galassie esterne alla nostra). In quest’articolo Lemaître non si limita a scoprire le soluzioni dinamiche alle equazioni della relatività generale di Einstein (peraltro già trovate da Friedmann nel 1922), dalle quali deriva quella che oggi è conosciuta, appunto, come “legge di Hubble” – cioè che la velocità di recessione delle galassie è linearmente proporzionale alla distanza: Lemaître va oltre. Utilizzando le velocità di 42 galassie, misurate qualche anno prima da Vesto Slipher, e le loro luminosità, derivate nel 1926 da Hubble, determina il tasso di espansione dell’universo. Quindi è Lemaître a misurare, prima di Edwin Hubble, la costante H0 ,successivamente chiamata costante di Hubble. Lemaître trova due valori», ricorda Della Valle, «575 km/s e 670 km/s per megaparsec, e assume un valore medio di 625 km/s per megaparsec. Due anni dopo, nel 1929 e poi nel 1931 con Humason, Edwin Hubble raffina la misura trovando H0 pari a circa 500 km/s per megaparsec [ndr: oggi è stimata fra i 66 e i 75 km/s/megaparsec]».

Come mai, allora, la relazione è stata invece attribuita all’astrofisico statunitense? «In molte storie importanti non mancano i colpi di scena. Questa non fa eccezione. Nel 1931», continua Della Valle, «l’editore di Monthly Notices of the Royal Astronomical Society suggerì a Lemaître di fornire una versione in inglese del suo lavoro del 1927, per poterla pubblicare sul suo giornale. Il lavoro viene pubblicato, ma ne manca un pezzo, come appurato successivamente da vari autori, fra i quali l’astrofisico Sidney van den Bergh, che nel 2011 scriveva: “sembra che il traduttore dell’articolo di Lemaître del 1927 abbia deliberatamente cancellato quelle parti del documento che si occupavano della determinazione di ciò che viene attualmente chiamato parametro di Hubble. La ragione di ciò rimane un mistero”».

Lost in translation

Insomma, è come se il contributo di Lemaître fosse andato “perduto” nel corso della traduzione. Chi ha “censurato” Lemaître quando ha tradotto l’articolo? «Il mistero è stato recentemente svelato da Mario Livio», spiega a Media Inaf Della Valle, «mentre era astronomo allo Space Telescope Institute di Baltimora. Rovistando tra la corrispondenza della Royal Astronomical Society e nell’archivio di Lemaître, Livio ha trovato una lettera autografa di Lemaître nella quale l’astrofisico belga chiarisce di essere stato lui stesso a tradurre il lavoro del 1927, e a censurarlo in alcuni suoi paragrafi che considerava importanti nel 1927 ma irrilevanti nel 1931, perché oramai superati dopo la pubblicazione nel 1929 dell’articolo di Hubble».

La “colpa”, dunque, di altri non è se non dell’incredibile modestia di Lemaître stesso. Come del resto sottolinea la risoluzione della Iau, laddove nelle motivazioni, accanto al voler dare il giusto riconoscimento a entrambi gli scienziati, sottolinea la volontà di onorare l’integrità intellettuale di Georges Lemaître, che gli ha fatto anteporre il progresso della scienza alla visibilità personale. «Chiamare la legge di Hubble “legge di Hubble-Lemaître” mi pare doveroso», conclude Della Valle.

Per saperne di più:

Correzione del 4.9.2018: Lemaître non era un prete gesuita, come scritto inizialmente, bensì un prete cattolico diocesano


 

Luna, Mercurio e Regolo all’alba

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La mattina dell’8 settembre, guardando verso est, potremo scorgere, con un po’ di difficoltà, una sottilissima falce di Luna (fase del 3%) a circa 13° sull’orizzonte, mentre passa a 5,6° a nordovest della stella Regolo (alfa Leonis; mag. +1,4) e 9,2° a nordovest del pianeta Mercurio (mag. –1,2), posto ad appena 3° di altezza.

L’osservazione e la ripresa saranno alquanto difficili, non solo per via dell’esigua altezza degli oggetti sull’orizzonte (cosa che richiede un ottimo seeing e un orizzonte libero da ostacoli) ma anche per il chiarore del cielo, illuminato dal crepuscolo mattutino. Per chi desidera provare la ripresa, PhotoCoelum attende i vostri lavori!

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Settembre 2018

➜ La LUNA di settembre.
Approfondimento: Guida all’osservazione del Sinus Asperitatis

➜ Scopri le costellazioni del Cielo di settembre con la UAI, che questo mese ci porta nel pieno del Triangolo Estivo

➜ Leggi le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS a settembre

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Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Settembre su Coelum Astronomia 225

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Congiunzione Luna e Presepe prima dell’alba

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All’orario indicato, gli oggetti saranno ancora piuttosto bassi, circa 8°, ma basterà attendere qualche minuto perché guadagnino rapidamente altezza. Se desideriamo includere alcuni elementi naturali o architettonici nei nostri scatti allora non dovremo attendere troppo! Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

La mattina del 7 settembre, se avremo voglia di alzarci presto, guardando verso est-nordest, potremo ammirare una particolare congiunzione tra una sottile falce di Luna (fase 9%) che si avvicinerà ad appena 1°40’ dal centro dell’ammasso del Presepe (M 44, Beehive Cluster).

Il luogo del rendez-vous è ovviamente quello della costellazione del Cancro, che ospita l’ammasso nel suo cuore.

Da notare che nel periodo tra le 4:40 e le 5:30 circa si verificherà anche l’occultazione della stella Asellus Australis (Delta Cnc, mag.+3,9) da parte della Luna e sarà quindi possibile seguire visualmente o fotograficamente anche questo interessante fenomeno (l’occultazione avviene dal lembo illuminato del nostro satellite naturale). Le occultazioni di nota le trovate ogni mese all’interno della guida giorno per giorno.

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Settembre 2018

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Approfondimento: Guida all’osservazione del Sinus Asperitatis

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Eventi al Gal Hassin

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GAL HASSIN 2018

GAL HASSIN 2018
8 settembre
ore 10:00: “Il Sole e dintorni” Osservazioni con i telescopi del GAL Hassin
Astronomia in Planetario “L’altra metà del Cielo”

ore 17:00: Paolo Nespoli si racconta: la mia VITA sulla Stazione Spaziale Internazionale interviene Roberto Battiston Presidente Agenzia Spaziale Italiana Assegnazione PREMIO GAL HASSIN 2018
ore 21:00 STARLIGHT – settemillimetridiuniverso Spettacolo teatrale di e con Filippo Tognazzo Zelda – Compagnia teatrale

9 settembre
ore 10:00: “La nostra stella: il Sole” Osservazioni del Sole con i telescopi del GAL Hassin
Le ombre del Tempo: Gli orologi del GAL Hassin
ore 17:00 Meteoriti: testimoni di ciò che fu quando tutto era in divenire Conferenza di Giovanni Pratesi
ore 18:00 Storia sentimentale con l’Astronomia Sabrina Masiero intervista Piero Bianucci
ore 19:00 Sotto il cielo di Primo Levi Conferenza di Piero Bianucci

La Luna di Settembre e una guida all’osservazione del Sinus Asperitatis

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Le fasi della Luna in settembre, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione.
Le fasi della Luna in settembre, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione.

Alle 00:00 del 1 settembre la Luna in fase Calante avrà un’età di 20,50 giorni a un’altezza di +13° sopra l’orizzonte orientale fra le stelle della Balena raggiungendo l’Ultimo Quarto alle 04:37 del 3 settembre quando si troverà a +47° 38’ sopra l’orizzonte.

La Fase calante culminerà col Novilunio alle 20:01 del giorno 9, da cui ripartirà il nuovo ciclo lunare col nostro satellite in Fase Crescente.

➜ Continua nella Luna di Settembre su Coelum Astronomia 225

A settembre osserviamo

15 settembre. Il Sinus Asperitatis

Come prima e principale proposta, questo mese il target riguarda l’osservazione del Sinus Asperitatis nella serata del 15 settembre, la tormentata ed estremamente interessante regione lunare situata nel settore sudorientale del nostro satellite, fra il mare Nectaris e il margine meridionale del mare Tranquillitatis.

➜ Per i dettagli vedi Guida all’osservazione del Sinus Asperitatis

20 settembre. I massicci montuosi Mons La Hire, Mons Vinogradov e Mons Delisle

La seconda proposta di questo mese è per il 20 settembre dalle 20:00 circa quando concentreremo l’attenzione su una ristretta area posta fra i mari Imbrium e Procellarum e precisamente visiteremo Mons La Hire, Mons Vinogradov e Mons Delisle, eccezionali massicci montuosi che si innalzano più o meno isolati in questa enorme distesa pianeggiante.

22 settembre. Il cratere Reiner Gamma e la sua anomalia magnetica

La terza proposta di settembre ci porta sul cratere Reiner Gamma. Con il suo diametro di 41 km, almeno apparentemente sembra appartenere alla variegata categoria dei cosiddetti “crateri fantasma”, cioè quasi completamente sepolti sotto lo strato di regolite che ricopre (in modo non uniforme) la superficie del nostro satellite. Rilevazioni strumentali effettuate dalle sonde rilevarono che Reiner Gamma sarebbe sede di una notevole anomalia magnetica…

➜  Per approfondire tutte le osservazioni consigliate La LUNA di settembre

Leggi anche

➜ Fotografare la Luce Cinerea della Luna

➜  Fotografare la Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia di novembre 2016.

➜  La Luna mi va a pennello. Se la fotografia non basta, Gian Paolo Graziato ci racconta come dipingere dei rigorosi paesaggi lunari, nei più piccoli dettagli… per poi lasciarsi andare alla fantasia e all’imaginazione! Su Coelum Astronomia n. 211

E tutte le precedenti rubriche di Francesco Badalotti, con tantissimi spunti per approfondire la conoscenza del nostro satellite naturale. Per ogni formazione basta attendere il momento giusto!

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Settembre 2018

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BepiColombo corre inesorabile verso il lancio

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I due orbiter Mmo e Mpo durante la fase di integrazione. Crediti: Esa
BepiColombo, la sonda ESA per l’esplorazione di Mercurio, in una illustrazione. Crediti: ESA
I due orbiter Mmo e Mpo durante la fase di integrazione. Crediti: Esa

Uno è dell’agenzia spaziale giapponese Jaxa, si chiama Mmo (Mercury Magnetospheric Orbiter) e avrà il compito di studiare in dettaglio l’ambiente magnetico di Mercurio, l’interazione del pianeta con il vento solare e la chimica della sua impalpabile esosfera. L’altro è dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, si chiama Mpo (Mercury Planetary Orbiter) ed è quello della coppia che più si avvicinerà a Mercurio, per analizzarne la superficie e la composizione. Sono i due orbiterdella missione BepiColombo: è al loro interno che si trovano tutti gli strumenti scientifici, e finalmente – superata con successo l’ultima revisione, la qualification acceptance review – i tecnici dell’Esa hanno potuto impilarli l’uno sull’altro nella configurazione di volo: quella che manterranno per l’intera durata del viaggio, dal momento del lancio fino a quello della separazione, in programma fra sette anni, per poi procedere ciascuno per conto proprio in orbita attorno al pianeta più interno del Sistema solare.

«La notizia spiana la strada al lancio della sonda previsto per il 19 ottobre», dice a Media Inaf Francesco Santoli dell’Inaf Iaps di Roma, deputy principal investigator dello strumento Isa. «I miei complimenti alle persone che lavorano alacremente a Kourou perché tutto sia pronto per quella data. Accanto a questa fervente attività sullo spacecraft, anche i team scientifici, in particolare i quattro strumenti italiani coinvolti in questa importante missione europea-giapponese, stanno concentrando i loro sforzi nella preparazione delle operazioni da fare subito dopo il lancio. Durante le prossime settimane, Isa, Serena, More e Simbio-Sys parteciperanno, infatti, alle simulazioni della near-earth commissioning phase presso il controllo di missione Esa di Darmstadt, in Germania».

IsaSerenaMoreSimbio-Sys sono, appunto, i quattro strumenti a guida italiana della missione, tutti ospitati nell’orbiter Mpo. Per quest’ultimo, e per il modulo di trasferimento Mtm, è già in programma per la settimana che va dal 5 al 12 settembre il rifornimento di propellente, punto di non ritorno che prelude al lancio, in calendario per le le 3:45 ora italiana del 19 ottobre da Kourou, nella Guyana francese, a bordo di un vettore Ariane V.


 

Gruppo Astrofili Vicentini

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Tutti i martedì sera, dalle 21:00 alle 23:00, presso l’Osservatorio Astronomico “G. Beltrame” in Via S.Giustina 127 ad Arcugnano (VI): Osservazione pubblica del cielo.
L’osservatorio sarà aperto al pubblico. La partecipazione è gratuita e non è necessario prenotare.
www.astrofilivicentini.it

La Luna torna a trovare Aldebaran

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Nell’immagine, all’orario indicato, mancheranno ancora un paio d’ore al momento del massimo avvicinamento ma gli astri saranno sorti da poco e sarà pertanto possibile fotografarli nel contesto del paesaggio naturale, ma anche in una immagine a campo stretto che evidenzi la vicinanza.
Nell’immagine, all’orario indicato, mancheranno ancora un paio d’ore al momento del massimo avvicinamento ma gli astri saranno sorti da poco e sarà pertanto possibile fotografarli nel contesto del paesaggio naturale, ma anche in una immagine a campo stretto che evidenzi la vicinanza. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

Alle prime ore del 3 settembre, volgendo il nostro sguardo verso est-nordest, potremo ammirare una stretta congiunzione tra la Luna (fase 51%) e la stella alfa del Toro, la bella Aldebaran (mag. +0,9). Il teatro dell’incontro è quello magnifico dell’ammasso aperto delle Iadi.

Guardando più a nord, potremo scorgere anche le Pleiadi (M 45).

Gli astri, all’ora indicata, saranno a un’altezza di circa 26° e distanti solo 32’.

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➜ La LUNA di settembre.
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Due sere con Venere e Spica

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Iniziamo settembre con un bell’incontro, da osservare per ben due sere consecutive, l’1 e il 2 settembre, tra il brillante pianeta Venere (mag. –4,6) e la stella alfa della costellazione della Vergine, Spica (mag. +1,0). Dovremo guardare verso ovestsudovest e, non appena il cielo si sarà fatto sufficientemente scuro (anche se ancora rischiarato dalle luci del tramonto) potremo scorgere la coppia di astri, molto bassi sull’orizzonte (circa 9°).

La distanza che li separa sarà di circa 1° e mezzo, con Venere posto a sudovest della stella dal colore spiccatamente azzurrino. Sarà una bella occasione per scattare delle fotografie di paesaggio che comprendano questo incontro astrale, anche se non avremo molto tempo: Venere tramonterà infatti alle 21:08 circa.

Per uno spunto in più: si può seguire nelle sere seguenti l’allontanamento di Venere da Spica, per creare un’immagine incastonata nel paesaggio come suggerito in “La danza dei pianeti” di Giorgia Hofer.

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Settembre 2018

➜ La LUNA di settembre.
Approfondimento: Guida all’osservazione del Sinus Asperitatis

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Cielo di Settembre 2018

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Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42° - Long. 12°E La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 15 Luglio > 01:00; 31 Luglio > 00:00. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY
Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42° - Long. 12°E La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 Set. > 23:00; 15 Set. > 22:00; 30 Set. > 21:00. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

EFFEMERIDI
(mar. – ott. 2018)

Luna

Sole e Pianeti

Guardando verso occidente, saranno ancora visibili, declinanti e prossime al tramonto, le estese costellazioni della tarda primavera: il Boote con la brillante Arturo (mag. +0,15), Ofiuco, Ercole e il Serpente, mentre verso sudovest starà già tramontando il Sagittario portando con sé Saturno, seguito dal Capricorno, a sud, con Marte, ancora brillante dopo la grande opposizione del luglio scorso.

➜ Continua sul Cielo di Settembre su Coelum Astronomia 225.

➜ Entriamo nel Triangolo estivo con il Cielo di settembre della UAI.

IL SOLE

L’evento più importante del mese per la nostra stella sarà ovviamente il passaggio al nodo discendente sull’equatore celeste il giorno 23, quando in pratica il Sole avrà declinazione pari a zero e si verificherà l’Equinozio d’Autunno, ovvero l’istante in cui inizia l’autunno astronomico (la primavera per l’emisfero Sud).

COSA OFFRE IL CIELO

I pianeti esterni, Marte, Giove e Saturno, stanno un po’ tutti diminuendo la loro visibilità, che hanno sfoggiato nel corso dell’estate, ma ancora non ci abbandonano, e continueranno ad essere visibili nella prima parte della notte, pur tenendo a tramontare sempre prima. Venere continuerà ad accendere la prima serata, mentre Mercurio sarà padrone del cielo dell’alba, che condividerà con i grandi pianeti gassosi Urano e Nettuno ma troppo lontani per essere osservati a occhio nudo.

Con tutti i pianeti a disposizione tante saranno le configurazioni più o meno strette da tenere d’occhio, complici la Luna e le brillanti stelle del cielo di fine estate. In particolare più d’una le formazioni in “movimento” da osserva per più sere consecuitve, e per le quali vale la pena rispolverare i consigli di Giorgia Hofer per la ripresa della Danza dei pianeti. Tenete d’occhio le nostre pagine e i nostri canali social oppure…

Come sempre dettagli e consigli su ➜ Il Cielo di Settembre su Coelum Astronomia 225

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E ancora su Coelum astronomia 225

ISS 2 bianconi

➜ La LUNA di settembre.
Approfondimento: Guida all’osservazione del Sinus Asperitatis

➜ Leggi le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS a settembre

➜ Comete questo mese da non perdere! Tanti gli Incontri Deep-Sky per la 21P/Giacobini-Zinner

➜ Dal numero scorso resta sempre valido e da leggere il racconto di Caludio Pra: Gobba a levante… Venere crescente!

e il Calendario di tutti gli eventi di settembre 2018, giorno per giorno!

Da Coelum astronomia 223 non dimentichiamo invece Catch the Iridium! Un appello per tutti gli astrofotografi, riprendiamo gli iridium flare prima che… scompaiano!


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Sarzana Festival della Mente

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sarzana

sarzanaTre giornate in cui relatori italiani e internazionali propongono incontri, letture, spettacoli, laboratori e momenti di approfondimento culturale, indagando i cambiamenti, le energie e le speranze della società di oggi, rivolgendosi con un linguaggio accessibile al pubblico ampio e intergenerazionale.
Segnaliamo il 1 settembre alle 12:00 al Canale Lunense a Sarzana: “Gli Argonauti alla ricerca della materia oscura”. Cristiano Galbiati, parlerà di comunità, in particolare della sua: un’intera comunità di fisici alle prese con la costruzione di strumenti di precisione per catturare i segnali della materia oscura nei laboratori del Gran Sasso dove nascerà DarkSide, uno dei programmi più avanzati al mondo per la ricerca della materia oscura.

Informazioni su: https://www.festivaldellamente.it/it/

Unione Astrofili Senesi

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Osservatorio Astronomico Provinciale di Montarrenti, SS. 73 Ponente, Sovicille (SI).
01.09, 21.30: Il Cielo del mese. L’appuntamento per il pubblico presso Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola ”Palmiero Capannoli” per osservare il cielo di fine estate. Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione a Davide Scutumella 3388861549. In caso di tempo incerto telefonare per conferma.

14.09, ore 21:30: Il cielo al castello di Montarrenti. Serate osservative ogni secondo e quarto venerdì del mese. Prenotazione obbligatoria. Protagonisti gli ammassi stellari (sia globulari che aperti), i pianeti Saturno e Marte e la Luna, quasi al primo quarto. Prenotazione obbligatoria. In caso di tempo incerto telefonare per conferma.

28.09, ore 21:30: Bright! La notte dei ricercatori. Astronomia al castello di Montarrenti. Serate osservative ogni secondo e quarto venerdì del mese. In occasione di “Bright! La notte dei ricercatori” si terranno anche due conferenze a cura di Giorgio Bianciardi, direttore dell’Osservatorio e vice presidente UAI. Prenotazione obbligatoria. In caso di tempo incerto telefonare per conferma.

28.09, ore 21:30: Bright! La notte dei ricercatori: Osservazione da Piazza del Campo. Nell’ambito di “Bright! La notte dei ricercatori”, la nostra associazione parteciperà all’osservazione pubblica da Piazza del Campo a Siena. In collaborazione con l’Università di Siena. Info su www.bright-toscana.it.

Per le prenotazioni: tramite il sito oppure inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) o un sms al 3482650891 (Giorgio).
Seguiteci su www.astrofilisenesi.it e sulla nostra pagina facebook Unione Astrofili Senesi

Astronomiamo

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AstronomiAmo

AstronomiAmo

Stagione 2018-2019
Corso di Fisica On line
Corso di Chimica on line
Corso di Spettroscopia on line
“Beyond Oort” on line

Dirette streaming
Corsi in aula
Conferenze

Maggiori informazioni:
www.astronomiamo.it

Una mappa 3D di tutte le stelle calde entro 10.000 anni luce dal Sole

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Crediti: Galaxy Map / K. Jardine
Crediti: Galaxy Map / K. Jardine

Con la seconda versione del catalogo GAIA, rilasciata il 25 aprile 2018 e indicata con la sigla DR2, gli astronomi hanno fatto alcune importanti scoperte sulla nostra galassia. La più recente però non viene da un astronomo professionista: una mappa 3D della Via Lattea, che riguarda le stelle OB, le stelle più calde, luminose e massicce della nostra Galassia. Con questa ultima mappa 3D, Gaia ha fornito agli astronomi un altro strumento per esplorare la distribuzione e la composizione della nostra galassia, nonché la sua evoluzione passata e futura.

La missione Gaia ha avuto inizio nel dicembre del 2013 e ad oggi ha studiato un totale di 1 miliardo di oggetti – tra cui stelle lontane, pianeti, comete, asteroidi, quasar, ecc. – per creare il catalogo spaziale 3D più ampio e preciso mai fatto.

Dal nostro punto di vista “interno” (anche se alla periferia della nostra galassia) non è affatto semplice mappare la struttura della Via Lattea o ricostruire la distribuzione delle stelle nel suo disco. Senza contare che si tratta di una galassia “piatta” con bracci a spirale e noi la vediamo proprio di taglio, giacendo praticamente sul piano galattico.  Di conseguenza, gli astronomi hanno dovuto fare affidamento sulle osservazioni di altre galassie per capire a cosa somiglia la nostra.

Fino a quando non è stato possibile mappare le posizioni e i movimenti di oltre un miliardo di oggetti. In questo modo è stato possibile costruire un modello tridimensionale, e anche in evoluzione, dell’ambiente che ci circonda. Utilizzando i dati di 40.000 stelle OB situate a una distanza di circa 10.000 anni luce dal Sole (3000 parsec), Kevin Jardine – sviluppatore di software (galaxymap.org) e astronomo dilettante specializzato nell’uso di dati astronomici – è stato in grado di creare una mappa completa delle stelle più calde del nostro “quartiere”.

Poiché le stelle OB hanno una vita relativamente breve – fino a poche decine di milioni di anni – si concentrano per lo più vicino al loro sito di formazione nel Disco Galattico. Durante la loro vita, queste stelle emettono una quantità considerevole di radiazioni ultraviolette, che ionizzano rapidamente il gas interstellare circostante. In questo modo è stato possibile utilizzare la loro disposizione per tracciare la distribuzione complessiva di stelle giovani, i siti di formazione stellare e le braccia a spirale della galassia con un alto grado di precisione.

Scrive Jardin nel suo blog: «Ho sviluppato questa mappa con l’aiuto degli scienziati della missione Gaia dell’Agenzia spaziale europea e dei ricercatori delle università di Leiden e Heidelberg. Include isosfere di densità di stelle che mappano le principali concentrazioni delle stelle di classe O, B e A più calde nella release Gaia DR2, circa 5000 stelle ionizzanti estremamente calde, nuvole di polvere e regioni HII. Meglio ancora, è disponibile sia in forma frontale, vista dall’alto della Via Lattea, sia in una vera versione 3D nell’ultima versione di Gaia Sky».

Per elaborare l’enorme mole di dati del catalogo DR2, Kevin ha infatti utilizzato una tecnica che viene spesso impiegata in medicina per visualizzare il tessuto di organi e ossa nelle scansioni TC (tomografia computerizzata): le isosuperfici di densità, dove una superficie liscia rappresenta punti di valore costante all’interno di un volume di spazio tridimensionale, e consente di visualizzare regioni di diversa densità.

Mappa della Via Lattea, centrata sul Sole e entro i 3000 parsec. Crediti: Galaxy Map/Kevin Jardine.
Nel caso della sua mappa di stelle calde, le diverse regioni del disco galattico sono rappresentate da colori diversi in base alla densità di stelle ionizzanti. In rosa le regioni di densità più elevate per arrivare, passando per toni di viola, a quelle in blu, che indicano le regioni a più bassa densità. In verde vediamo indicate le concentrazioni di polvere interstellare (ricavate da altri indagini astronomiche) e come sfere rosse le nubi note di gas ionizzato.

La mappa assume così un aspetto insolito, in cui le concentrazioni di stelle sembrano essere disposte in raggi che si estendono dal centro, piuttosto che in bracci a spirale, ma è un effetto dovuto solo alle nubi di polvere più fredde che ostacolano la vista delle stelle che, in linea di vista, stanno dietro.

Nel suo blog, Jardine, orgoglioso del lavoro portato a termine, ha ringraziato tutti coloro che hanno contribuito a renderlo possibile. «A volte i sogni diventano realtà», ha scritto. «Oggi posso annunciare una mappa dettagliata della Via Lattea fino a 3000 parsec o circa 10 mila anni luce dal Sole … Gestisco questo sito da quasi 14 anni, ma oggi sembra un nuovo inizio».

Nel frattempo, un’estensione è già stata approvata per la missione Gaia, che rimarrà operativa fino alla fine del 2020. Una versione interattiva di questa mappa è disponibile anche come parte di Gaia Sky, un software di visualizzazione 3D di astronomia in tempo reale  sviluppato per la missione di Gaia presso l’Università di Heidelberg, l’Astronomisches Rechen-Institut.



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Osiris-REx: Bennu in vista!

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Montaggio dei 5 frames ripresi dalla PolyCam, con Bennu (cerchiato di verde) che si muove rispetto alle stelle fisse Credit: NASA/Goddard/University of Arizona - Processing: M. Di Lorenzo
Montaggio dei 5 frames ripresi dalla PolyCam, con Bennu (cerchiato di verde) che si muove rispetto alle stelle fisse. Crediti: NASA/Goddard/University of Arizona - Processing: M. Di Lorenzo

Il 17 agosto, mentre entrava ufficialmente nella fase di approccio a Bennu, la sonda OSIRIS-REx (Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer ) ha ottenuto le prime immagini del suo asteroide bersaglio da una distanza di 2,2 milioni di km, quasi sei volte la distanza Terra-Luna. I cinque fotogrammi sono stati registrati dalla fotocamera telescopica PolyCam nell’arco di un’ora, per fini di calibrazione e di navigazione ottica. Bennu è visibile come un oggetto in movimento davanti alle stelle della costellazione del Serpente.  A questa distanza, Bennu appare ancora puntiforme; infatti, secondo le misure radar, il suo diametro medio è intorno a 510 metri e quindi, alla distanza attuale, sottintende un angolo di 0,05 secondi d’arco, 20 volte più piccolo della risoluzione della PolyCam, che è un vero e proprio telescopio con apertura di 20 cm.

L'animazione ripresa dalla PolyCam, ridimensionata e leggermente ritagliata rispetto all'originale. Crediti: NASA/Goddard/University of Arizona - Processing: M. Di Lorenzo

«Ora che OSIRIS-REx è abbastanza vicino da poter osservare Bennu, il team della missione passerà i prossimi mesi ad apprendere il più possibile sulle dimensioni, la forma, le caratteristiche della superficie e i dintorni dell’asteroide prima che la sonda arrivi a destinazione», ha detto Dante Lauretta, Investigatore principale di OSIRIS-REx presso l’Università dell’Arizona. «Dopo aver passato così tanto tempo a pianificare questo momento, non vedo l’ora di vedere cosa ci rivela Bennu».

Partita l’8 settembre 2016, un anno dopo Osiris Rex effettuò un “gravity assist” con la Terra. La sonda, che ha percorso 1,8 miliardi di km, ha effettuato l’ultima correzione di rotta (la Deep Space Maneuver o DSM-2) lo scorso 28 giugno; attualmente, si avvicina all’asteroide con una velocità di circa 0,55 km/s. Il payload scientifico del veicolo spaziale comprende l’insieme di fotocamere OCAMS (PolyCam, MapCam e SamCam), lo spettrometro termico OTES, lo spettrometro OVIRS visibile e infrarosso, l’altimetro laser OLA e lo spettrometro a raggi X REXIS.

Durante la fase di avvicinamento appena iniziata, OSIRIS-REx osserverà regolarmente la regione attorno all’asteroide per cercare eventuali pennacchi di polvere o satelliti naturali e studierà le proprietà fotometriche e spettrali di Bennu. Il 1 Ottobre, poi, eseguirà la prima di quattro manovre dette “Asteroid Approach Maneuver” per ridurre la sua velocità; questa prima manovra AAM-1 ridurrà il moto relativo a Bennu da 506 a 144 m/s.

A metà ottobre, poi, verrà espulsa la copertura protettiva del braccio destinato a raccogliere campioni dell’asteroide da riportare a Terra; successivamente esso verrà esteso e fotografato per la prima volta dopo il lancio. Giunta a meno di 100mila km da Bennu, OCAM comincerà a rivelare la forma generale dell’asteroide verso la fine di ottobre e a metà novembre inizierà a rilevarne le caratteristiche superficiali. Dopo l’arrivo, il veicolo spaziale trascorrerà il primo mese sorvolando rispettivamente il polo nord, l’equatore e il polo sud di Bennu, a distanze comprese tra 19 e 7 km. Analogamente a quanto ha appena fatto Hayabusa-2 con Ryugu, queste manovre consentiranno la prima misurazione diretta della massa dell’asteroide e permetteranno osservazioni ravvicinate della sua superficie.

Le tappe fondamentali della missione, dall'avvicinamento all'asteroide alla raccolta del campione da riportare a Terra. Crediti: University of Arizona

Il veicolo spaziale esaminerà estensivamente l’asteroide prima che il team di missione identifichi due possibili siti di raccolta. La raccolta dei campioni su uno di questi due siti è programmata per l’inizio di luglio 2020, dopo di che il veicolo spaziale tornerà verso la Terra; la capsula che conserva tali campioni si separerà dal veicolo principale e atterrerà nel deserto dello Utah nel settembre 2023.

Per i futuri aggiornamenti sullo stato della sonda e sulla manovra di avvicinamento, si veda il nuovo Mission Log dedicato.

Riferimenti: www.asteroidmission.org


Gruppo Astrofili Vicentini “G. Abetti”

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Tutti i martedì sera, dalle 21:00 alle 23:00, presso l’Osservatorio Astronomico “G. Beltrame” in Via S. Giustina 127 ad Arcugnano (VI): Osservazione pubblica del cielo.
L’osservatorio sarà aperto al pubblico. La partecipazione è gratuita e non è necessario prenotare. Durante le aperture al pubblico verranno effettuate anche delle mini conferenze e dei mini corsi i cui contenuti saranno pubblicati di volta in volta sui vari canali social del nostro gruppo e sul Giornale di Vicenza. L’apertura avrà luogo con qualsiasi tempo.

Astrorazzo all’Osservatorio Astrofisico di Asiago
28.08, dalle 9.30 alle 12:30 e dalle 14:40 alle 18:00. I ragazzi dai 6 ai 14 anni potranno costruire il proprio razzo dotato di endoreattore a propellente solido e lanciarlo in tutta sicurezza. I ragazzi devono essere accompagnati da un genitore. Prenotazione obbligatoria entro il 31 luglio, i posti sono limitati.
Info prenotazioni e costi: visite.asiago@oapd.inaf.it. SIT (sportello informazioni turstiche): 0424 462221. In caso di maltempo l’evento verrà rinviato a domenica 2 settembre.

www.astrofilivicentini.it

Hayabusa 2 si prepara all’arrembaggio

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Ryugu, in un “primo piano di tre quarti”, che mostra la superficie costellata di massa dell’asteroide, ripresa il 20 luglio da circa 6 km di distanza. Nessun minerale è predominante e gli scienziati ne stanno ancora analizzando la composizione. Crediti: JAXA/ University of Tokyo / Kochi University / Rikkyo University / Nagoya University / Chiba Institute of Technology / Meiji University / University of Aizu / AIST.
Ryugu, in un “primo piano di tre quarti”, che mostra la superficie costellata di massa dell’asteroide, ripresa il 20 luglio da circa 6 km di distanza. Nessun minerale è predominante e gli scienziati ne stanno ancora analizzando la composizione. Crediti: JAXA/ University of Tokyo / Kochi University / Rikkyo University / Nagoya University / Chiba Institute of Technology / Meiji University / University of Aizu / AIST.

Manca davvero poco! A ottobre la sonda Hayabusa 2, sviluppata dall’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA), entrerà nel pieno della sua missione, tentando la raccolta di almeno un grammo di roccia dalla superficie dell’asteroide, da riportare poi a terra per le analisi, e rilasciando i suoi quattro passeggeri, che condurranno invece indagini direttamente sulla superficie: il lander europeo (da una collaborazione tra Germania e Francia) MASCOT da 10 kg e i tre piccoli rover Minerva di mezzo chilo ciascuno.

Hayabusa 2 è arrivata alla sua meta lo scorso 27 giugno, dopo un viaggio di tre anni e mezzo e 3,2 miliardi di km percorsi. Ha terminato la sua corsa posizionandosi in un’orbita a circa 20 km dalla superficie, regalandoci alcune immagini ravvicinate di questo curioso asteroide dalla forma inusuale simile a un diamante.

Non conoscendo in dettaglio la forma e la superficie dell’asteroide al momento della partenza, il lavoro del team di missione è stato per lo più quello di capire dove far lavorare, e atterrare, la sonda e i suoi passeggeri robotici, cercando un punto particolarmente “pulito” e incontaminato della superficie e meno esposto ai pericoli dell’ambiente spaziale attorno all’asteroide.

«L’ambiente spaziale non è cordiale, bombarda l’asteroide di micrometeoriti, vento solare e cicli termici» ci dice Deborah Domingue, del team scientifico di Hayabusa2 e scienziato senior presso il Planetary Science Institute in Arizona.

L’orbita di Ryugu lo porta più vicino e più lontano dal Sole, facendo contrarre e espandere la roccia di cui è composto, il che influenza non solo la composizione minerale della superficie ma anche l’elasticità della roccia. E la composizione minerale non è l’unica sfida, la sonda infatti, per poter raccogliere i campioni e poi ripartire in direzione verso casa, avrà bisogno di cadere verso la superficie dell’asteroide, raccogliere la regolite superficiale e rimbalzare verso la sua orbita (sono previsti tre di questi “touchdown” durante la missione). È chiaro che è necessaria una zona relativamente pulita senza grandi massi che possano essere da ostacolo.

Un dettaglio della superficie di Ryugu ripresa da soli 850 metri di altezza. Nell’immagine a grande campo a sinistra indicata la zona della ripresa ravvicinata sulla destra. Crediti: JAXA, University Tokyo, Koichi University, Rikkyo University, Nagoya University, Chiba Institute of Technology, Meiji University, University of Aizu, AIST. – Processing: M. Di Lorenzo

La navicella è ora impegnata in manovre di test in preparazione dell’atterraggio, avvicinandosi e allontanandosi dall’asteroide con distanze che variano tra i 20 chilometri dell’orbita iniziale fino anche a meno di un chilometro dalla superficie (circa 800 metri!), variazioni di altitudine utili anche a misurare la gravità di Ryugu.

Per quanto riguarda i passeggeri, i tre piccoli rover verranno rilasciati sull’emisfero nord dell’asteroide, mentre il più grosso MASCOT verrà fatto rotolare in un punto dell’emisfero sud, il che garantirà anche una maggiore copertura nello studio della superficie.

Ecco indicato il punto MA-9 dove probabilmente verrà rilasciato il lander francotedesco MASCOT. Credit: JAXA/DLR.

Dai 10 punti selezionati dagli esperti delle tre agenzie spaziali coinvolte, è da poco emerso quello che probabilmente sarà la zona di rilascio di MASCOT. Con un simpatico botta e risposta tra la sonda e il lander, che spiega anche a grandi a linee i motivi della scelta, il giorno e il luogo del rilascio sono stati comunicati dal profilo twitter di MASCOT: il 3 ottobre la data prescelta e il punto di atterraggio potete vederlo indicato con la sigla MA-9 nell’immagine a sinistra.

La scelta tiene conto, oltre che delle caratteristiche del suolo, dei possibili rimbalzi che il lander farà per coprire quanta più superficie possibile nelle 15 ore in cui sarà attivo, facendo in modo che in quel periodo la zona risulti illuminata dal Sole. MASCOT non è un rover, infatti, ma ha un meccanismo interno, una sorta di martello, che agevolerà i salti e i rimbalzi, sfruttando la bassa gravità sulla superficie, facendolo rotolare quasi come un… dado truccato.

In questa immagine invece alcuni altri siti previsti, tra i quali il punto L8, che potrebbe essere uno dei punti di discesa della sonda per la raccolta dei campioni. Credit: JAXA/DLR.

Allo stesso modo è stato indicato il punto in cui la sonda Hayabusa 2 potrebbe invece effettuare il primo prelievo, il punto L8 nella mappa qui a destra.

Se tutto andrà come previsto, Hayabusa 2 studierà il grande asteroide dall’orbita per altri 16 mesi e scenderà più volte per raccogliere campioni di materiale, mentre MASCOT e i tre piccoli rover raccoglieranno informazioni dalla superficie dell’asteroide.

«Siamo anche consapevoli [delle difficoltà]: sembra che ci siano grossi macigni sulla maggior parte della superficie di Ryugu e praticamente quasi nessuna superficie di regolite pianeggiante», ha aggiunto il project manager di MASCOT Tra-Mi Ho, del DLR Institute of Space Systems tedesco. «Sebbene scientificamente molto interessante, questa è anche una sfida per un piccolo lander e per la raccolta di campioni».

Il rientro della sonda è previsto per il dicembre del 2019, e arriverà sulla Terra con il suo prezioso carico un anno dopo, a dicembre 2020.

Una panoramica più ampia della superficie dell’asteroide in proiezione, con indicati alcuni dei punti selezionati da esperti delle tre agenzie coinvolte, Jaxa, Drl e Cnes. Credit: JAXA/DLR

 

Confermata la presenza di ghiaccio d’acqua in superficie ai poli della Luna

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L'immagine mostra la distribuzione del ghiaccio d'acqua sul polo sud (a sinistra) e nord (a destra) del nostro satellite naturale. Le macchie azzurre rappresentano il ghiaccio, e sono sovrapposte a un'immagine del suolo lunare in scala di grigi in cui le zone più scure rappresentano le regioni più fredde mentre quelle chiare quelle meno fredde. Si vede come il ghiaccio sia collocato dove le temperature risultano più basse (zone praticamente nere) nelle parti in ombra dei crateri. Crediti: NASA
L’immagine mostra la distribuzione del ghiaccio d’acqua sul polo sud (a sinistra) e nord (a destra) del nostro satellite naturale. Le macchie azzurre rappresentano il ghiaccio, e sono sovrapposte a un’immagine del suolo lunare in scala di grigi in cui le zone più scure rappresentano le regioni più fredde mentre quelle chiare quelle meno fredde. Si vede come il ghiaccio sia collocato dove le temperature risultano più basse (zone praticamente nere) nelle parti in ombra dei crateri. Crediti: NASA

Nelle zone più scure e fredde, ai poli della superficie lunare, un team di scienziati ha osservato in modo diretto prove definitive della presenza di ghiaccio d’acqua.  Depositi di ghiaccio distribuiti in modo irregolare e probabilmente molto antichi, maggiormanete concentrati nel polo su, ma con tracce sparse anche al polo nord.

Il team, guidato da Shuai Li dell’Università delle Hawaii e della Brown University ha utilizzato i dati dello strumento Moon Mineralogy Mapper (M3) della NASA per identificare tre firme specifiche che dimostrano definitivamente che c’è ghiaccio d’acqua sulla superficie della Luna.

Lo strumento M3 si trova a bordo della sonda Chandrayaan-1, lanciata nel 2008 dall’Indian Space Research Organization, ed è destinato unicamente alla rilevazioni di dati per confermare la presenza di ghiaccio d’acqua solido sulla superficie lunare. M3 può infatti non solo osservare e verificare le proprietà riflettive attese dalla superficie ghiacciata, ma anche misurare direttamente il modo distintivo con cui le molecole d’acqua assorbono i raggi infrarossi, potendo così differenziare la forma, solida, liquida o sotto forma di vapore, in cui l’acqua può presentarsi.

La maggior parte del ritrovato di ghiaccio d’acqua giace nell’ombra dei crateri vicino ai poli, dove le temperature più calde non raggiungono mai i -250 gradi Fahrenheit, a causa dell’inclinazione molto piccola dell’asse di rotazione della Luna che impedisce al Sole di raggiungere queste regioni.

Le prime osservazioni avevano trovato prove indirette di presenza di ghiaccio al polo sud lunare, ma potevano essere un fenomeno spiegabile in altri modi, ad esempio una inusuale riflettività del suolo lunare, ora invece la prova è definitiva… c’è ghiaccio d’acqua sulla Luna e potrebbe diventare una risorsa importante per una eventuale colonizzazione umana.

Il ghiaccio in superficie diventa infatti un bacino facilmente utilizzabile per una eventuale esplorazione umana ma anche per installare una postazione fissa, sicuramente più accessibile dell’acqua che si trova al di sotto della superficie.

Con queste premsse, la missione assume velocemente importanza e capire più di questo ghiaccio, come mai si trova lì, da dove proviene e come interagisce con l’ambiente lunare, diventa missione chiave per la NASA e i suoi partner commerciali, impegnati nella programmazione di nuove missioni per tornare ad esplorare di persona il mondo a noi più vicino, la Luna.

I risultati sono stati pubblicati negli Atti della National Academy of Sciences il 20 agosto 2018.


 

Ultime dal Pianeta Rosso. Buon anniversario Curiosity!

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Le due animazioni affiancate mostrano il pianeta Marte, sulla destra ricoperto dalla tempesta di sabbia tutt'ora in corso e a sinistra come invece viene visto nei normali periodi di "sereno" dal Mars Recoinnaisseance Orbiter (MRO). Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS
Le due animazioni affiancate mostrano il pianeta Marte, sulla destra ricoperto dalla tempesta di sabbia tutt’ora in corso e a sinistra come invece viene visto nei normali periodi di “sereno” dal Mars Recoinnaisseance Orbiter (MRO). Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS
Monitoraggio amatoriale di Marte con tempesta in corso, pazientemente effettuato dal nostro Francesco Badalotti (astronomicalangrenus.it). Alcune immagini singole le trovate anche nella sua gallery di Photocoelum: https://www.coelum.com/photo-coelum/astroimagers/langrenus 

Marte lo possiamo veder brillare ancora di luce rosso-arancio sull’orizzonte sudest per tutta la sera, reduce della sua Grande Opposizione 2018. Purtroppo osservandolo attraverso un telescopio non ha dato grande soddisfazione agli astrofotografi in attesa, per tutta l’estate è infatti stato quasi completamente coperto da una tempesta di sabbia che ha oscurato le sue principali formazioni, che tanti appassionati speravano di osservare e riprendere con un dettaglio possibile solo ogni 15/17 anni circa. C’è comunque chi continua a monitorarlo, per cogliere quel poco che emerge dalla foschia e magari essere pronto a testimoniare la fine di questa lunga tempesta, che dopo il picco massimo di metà luglio, sembra essere sulla via del diradamento…

Chi di voi si sta comunque divertendo nella ripresa e sta monitorando il fenomeno, è come sempre invitato a condividere anche con noi i suoi risultati su PhotoCoelum, la nostra community di astrofotografi!

Sul suolo e in orbita marziana sono numerose le sonde che monitorano il pianeta e la tempesta in corso, e tra questi c’è il grande rover della NASA Curiosity, che in questi giorni festeggia 6 anni di permanenza sul pianeta rosso!

Indice dei contenuti

Curiosity

 

Arrivato su suolo marziano il 6 agosto del 2012, nonostante i problemi incontrati che a una così grande distanza non sono sempre semplici da risolvere, ha ripreso le trivellazioni del suolo, per analizzare i materiali al di sotto della superficie, e da poco ha ottenuto un nuovo campione nell’area chiamata Vera Rubin Ridge, dedicata all’astronoma statunitense, pionera nella studio delle galassie a alla quale si deve la scoperta della materia oscura.

Le rocce in quest’area si sono dimostrate particolarmente dure, e con un video dedicato agli ultimi risultati della missione, la NASA annuncia nuovi risultati scientifici in arrivo. Ricordiamo che l’ultimo annuncio importante, dei primi di giugno, aveva portato a dimostrare che in quello che era il “l’antico lago Gale” esistevano tutti gli ingredienti necessari per la vita, sia i componenti chimici che le fonti di energia. Per ottenere significativi risultati che ci portino più vicino a capire se sul pianeta rosso ci sia mai stata la vita, dovremo aspettare le prossime missioni, come la russo europea ExoMars. Lo scopo di Curiosity infatti è sempre stato quello di capire invece se Marte avesse o avesse mai avuto un ambiente favorevole alla vita, non oltre, ma siamo sempre pronti a farci stupire!

Opportunity

Un selfie mosaico di Opportunity del 2007  (rilasciata però nel 2012) ci mostra l’ampio ventaglio dei pannelli solari del rover, che ne grantiscono la sopravvivenza e l’operatività, e che in questi mesi sono stati oscurati dalla polvere della tempesta. Crediti NASA

Su Marte però non c’è solo Curiosity, il rover Opportunity, ben più anziano ma ancora in piena attività,  per il momento, proprio a causa della tempesta di sabbia, è ancora silente. L’ultimo valore di tau misurato nella sua regione (l’opacità dell’atmosfera dovuta alla sabbia sollevata dalla tempesta) è di 2,5, ma è un valore molto altalenante, che scende e risale a tratti, anche se ci dice che la tempesta è in via di diradamento (al 10 giugno il valore era infatti di 10,8!). Per poter avere abbastanza luce da ricaricare le sue batterie è necessario che scenda sotto il 2,0, o almeno questa è la previsione degli ingengneri del team missione al JPL (normalmente il rover, per confronto, ha avuto a disposizione una trasparenza con un tau pari a 0,5).

Fortunatamente le temperature, mantenute anche da questa opacità dell’atmosfera, non sono state così basse come si temeva e il rover può ancora riuscire a riprendersi, anche se i danni potrebbero essere notevoli. Tra quando dovesse farsi sentire e quando gli ingegneri saranno davvero in grado di valutarne le condizioni potrebbero passare diverse settimane… in ogni caso quindi non resta che aspettare pazientemente.

Se le avventure di Oppy vi mancano, la NASA ha attivato una pagina in cui potete mandargli una cartolina con un messaggio…

InSight

Un “selfie” interno di Insight, che la navicella ha inviato per dare prova che tutto funziona alla perfezione. L’immagine è stata presa dalla Instrument Context Camera (ICC) del lander e mostra le strutture interne che lo incapsulano all’interno della navicella spaziale. LaBackshell è la struttura che contiene il paracadute e tutto ciò che servirà al lander durante le fasi di ingresso in atmosfera, discesa e atterraggio, proteggendolo dalle forti temperature dell’impatto con l’atmosfera e accompagnandolo fino al suolo. Crediti: NASA/JPL-Caltech

E sul suolo marziano è in arrivo un nuovo abitante, sempre dalla NASA anche se con una significativa partecipazione europea.  Si appresta ad arrivare infatti InSight, che si trova ora oltre la metà del suo viaggio. Ad oggi la navicella spaziale che la trasporta ha percorso 277 milioni di chilometri, e gliene mancano all’incirca 208 per toccare il suolo marziano sulla Elysium Planitia, dove iniziarà la sua missione sullo studio dell’interno del Pianeta Rosso. Il suo acronimo deriva infatti da Interior Exploration using Seismic Investigations, Geodesy and Heat Transport, ovvero studio dell’interno del pianeta attraverso analisi sismiche, di geodesia e del trasporto del calore.

Il suo arrivo è previsto per il prossimo 6 novembre, tutti gli strumenti sono stati testati  con successo e tutto procede nominalmente (ovvero come previsto).
Anche le telecamere del lander funzionano, e hanno ripreso un “selfie interno” della  backshell del lander. Tom Hoffman, project manager di InSight, spiega: «Se sei un ingegnere della missione InSight, il primo sguardo alla calotta di protezione termica, al cablaggio e ai bulloni di copertura è uno spettacolo davvero rassicurante in quanto ci dice che la nostra Instrument Context Camera sta funzionando perfettamente. La prossima foto in programma con questa camera sarà della superficie di Marte».
Se tutto va come previsto, infatti, la ICC scatterà la prima immagine della Elysium Planitia pochi minuti dopo l’atteraggio sul suolo marziano di InSight.

E poi dicono che non c’è vita su Marte! 🙂

Il video della NASA (in inlgese) sugli aggiornamenti riportati e approfonditi


 

Il bolide del sabato sera

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Le due immagini del bolide riprese dalle stazioni Prisma di Trieste (in alto) e di Capua (in basso). Crediti: Progetto Prisma
Le due immagini del bolide riprese dalle stazioni Prisma di Trieste (in alto) e di Capua (in basso). Crediti: Progetto Prisma

Era una lacrima di San Lorenzo di quelle memorabili, di quelle che un solo desiderio non basta, quella che ha solcato ieri sera i cieli sopra la Romagna e le Marche. Un bolide come raramente capita di vederne. Questa volta, invece, complici l’intensa luminosità, l’orario che più comodo non si potrebbe (attorno alle 21) e il fatto che fosse un sabato estivo, a vederlo sono stati in tantissimi, come si intuisce dalle numerose segnalazioni che stanno fioccando in rete. E c’è anche chi è riuscito a immortalarlo, malgrado fosse molto basso sull’orizzonte. Si tratta di due delle circa cinquanta stazioni della rete del progetto Prisma, la Prima rete per la sorveglianza sistematica di meteore e atmosfera: quella di Trieste e quella di Capua, dice a Media Inaf il coordinatore nazionale del progetto Prisma, Daniele Gardiol dell’Inaf di Torino.

Dove sono ospitate queste stazioni, su quali edifici?

«Quella di Trieste è collocata presso la sede Inaf di Basovizza del locale Osservatorio astronomico, mentre quella di Capua – entrata in funzione all’inizio di agosto – è situata sull’edificio del Cira, il Centro italiano ricerche aerospaziali, che ha aderito a Prisma di recente. Purtroppo la zona dell’evento non è ancora coperta dalle camere Prisma».

Siete già in grado di dire se si tratta di una “lacrima di San Lorenzo”, ovvero se è una stella cadente appartenente allo sciame meteorico delle Perseidi?

«Il gruppo di lavoro su astrometria e traiettorie è al lavoro e il project office di Prisma sta seguendo l’evoluzione. La posizione delle camere che hanno rilevato l’evento non è ottimale per determinare la traiettoria in modo preciso. Secondo le prime stime possiamo dire che la direzione della meteora, orientata da est verso ovest, è compatibile con un’origine dal radiante delle Perseidi».

Dall’intensità, si può pensare che qualche frammento sia arrivato a terra?

«Su questo non possiamo ancora essere conclusivi. Sembrerebbe comunque che eventuali frammenti siano destinati a cadere in mare. Per sicurezza, suggeriamo tuttavia agli abitanti della costa adriatica – e in particolare della Romagna e delle Marche – di dare un’occhiata in giardino per vedere se nella notte è comparso un sasso lucido e scuro! Per eventuali segnalazioni si può scrivere a prisma_po@inaf.it, inviando possibilmente una breve descrizione e delle fotografie da diverse angolazioni».

Ve ne stanno arrivando molte, di segnalazioni?

«Su questo specifico bolide abbiamo già ricevuto oltre 20 segnalazioni, e altre continuano a giungerci in queste ore, senza contare quelle che provengono da Croazia e Slovenia. Abbiamo da qualche tempo messo a disposizione sul sito internet del progetto Prisma la possibilità di fare segnalazioni visuali mediante una procedura guidata, in collaborazione con l’International Meteor Organization, sul cui sito c’è una pagina dedicata per seguire in tempo reale gli aggiornamenti sull’evento di ieri. Stiamo attualmente vagliando e inserendo tutte le segnalazioni, per cui rimanete sintonizzati!».


 

Unione Astrofili Senesi

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10.08, ore 21:30: Calici di stelle al castello di Montarrenti. Anche quest’anno l’associazione partecipa all’evento nazionale “Calici di stelle”.Osservatorio aperto al pubblico per una serata osservativa dedicata in particolare alle meteore dello sciame delle Perseidi, anche se sarà possibile osservare altri oggetti del cielo del periodo. Prenotazione obbligatoria.

Il Cielo del Mese. Ogni primo giovedì del mese, ritrovo a Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola ”Palmiero Capannoli”. In caso di tempo incerto verificare al numero 3388861549 (Davide Scutumella).
04.08, ore 21:30: Il Cielo di Agosto.

Il cielo al castello di Montarrenti. Serate osservative ogni secondo e quarto venerdì del mese. Prenotazione obbligatoria.
24.08, ore 21:30: Serata dedicata al cielo estivo: protagonisti gli ammassi stellari (sia globulari che aperti) e i pianeti Marte e Saturno.
Per le prenotazioni: tramite il sito oppure inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) o un sms al 3482650891 (Giorgio).

Seguiteci su www.astrofilisenesi.it e sulla nostra pagina facebook Unione Astrofili Senesi

Tre giorni con Giove, Zubenelgenubi e Luna

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Questa congiunzione ci riporta alla mente il recente incontro del re dei pianeti del Sistema Solare con la stella alfa della Bilancia, avvenuto a inizio giugno. I soggetti sono proprio gli stessi, Giove (mag. –2,0) e Zubenelgenubi (mag. +2,8).

Dopo il sorpasso del pianeta subito dalla stella, avvenuto a inizio giugno, Giove ha invertito il moto, passando da retrogrado a diretto, tornando ad avvicinare la stella. Il 15 agosto si troverà a circa 36’ a nord di Alfa Librae. Li vedremo emergere nel finire del crepuscolo della sera ancora alti in cielo e dovremo aspettare all’incirca le 22/22:30 per riprenderli nella cornice del paesaggio. Tramonteranno quindi intorno alle 23 dietro l’orizzonte ovest-sudovest.

Ricordiamo che lo stesso giorno, solo poco più di un’ora prima, sull’orizzonte ovest-sudovest si starà concludendo la danza di Luna, Venere e Spica, con Venere che tramonterà proprio attorno alle 22.

Il giorno 16 agosto invece potremo notare la Luna avvicinarsi alla coppia ma sarà il 17 il giorno della congiunzione vera e propria (comunque piuttosto larga), con il nostro satellite naturale che si posizionerà a poco meno di 5° a nord-nordovest di Giove.

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Luglio 2018

➜ La LUNA di luglio e agosto.
Approfondimento: Guida all’osservazione della regione a nord del mare Crisium fino al cratere Mercurius

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Parker Solar Probe: è partita la sonda che toccherà il Sole

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Una rappresentazione artistica della sonda Parker Solar Probe
Una rappresentazione artistica della sonda Parker Solar Probe. Crediti: NASA

Dopo 8 lunghi anni di duro lavoro, per ingegneri e scienziati della NASA il grande momento è finalmente arrivato: il lancio della Parker Solar Probe, la sonda che per i prossimi 7 anni promette di raccontarci il Sole come nessun’altra missione prima. La partenza, inizialmente fissata per sabato 11 agosto 2018 alle 9:33 ora italiana, è infine slittata di 24 ore circa, a causa di un problema tecnico che ha impedito le operazioni di lancio, bloccando il countodwn. La sonda è correttamente decollata il 12 agosto alle 9:31 ora italiana.

«Here we go», ci siamo! Alle 3:31 di domenica 12 agosto, ora locale, le parole di Eugene Parker risuonano chiare in mezzo al crepitio lontano dei razzi e alle grida di entusiasmo dei responsabili della missione Parker Solar Probe, mentre la fiammata potente della loro creatura rischiara la notte attorno allo Space Launch Complex-37 nella base aeronautica di Cape Canaveral, in Florida. Pesante poco più di 600 chilogrammi (più o meno quanto una piccola automobile), la Parker Solar Probe è partita a bordo di uno dei razzi più potenti mai creati, lo United Launch Alliance Delta IV Heavy, in grado di sprigionare al momento del decollo un’energia 55 volte superiore a quella necessaria per raggiungere il pianeta Marte.

Eugene Parker
Eugene Parker (seduto) guarda il lancio della missione Parker Solar Probe, a Cape Canaveral. Dietro di lui, Nicky Fox, project scientist di Parker Solar Probe al Johns Hopkins Applied Physics Laboratory. Crediti: Nasa/Glenn Benson

Classe 1927, Eugene Parker è il fisico che per primo teorizzò l’esistenza del vento solare nel 1958. Ora, a sessant’anni di distanza, è stato il primo a vedere partire una missione spaziale che porta il proprio nome.

Durante la prima settimana di crociera, la navicella spaziale dispiegherà l’antenna ad alto guadagno e l’asta del magnetometro. Inoltre eseguirà la prima parte del dispiegamento delle antenne per le misure di campo elettrico. La verifica degli strumenti inizierà ai primi di settembre e durerà circa quattro settimane, prima di entrare nella fase operativa scientifica vera e propria.

Nei prossimi due mesi la Parker Solar Probe volerà verso Venere, dove è previsto che esegua la prima manovra di spinta assistita dalla gravità all’inizio di ottobre: un giro attorno al pianeta che produrrà un effetto fionda sulla sonda, dirigendola in un’orbita più stretta intorno al Sole.
Questo primo flyby di Venere permetterà alla Parker Solar Probe di volare a circa 24 milioni di chilometri dal Sole (ai primi di novembre). Sembra lontano, ma in realtà è un punto già dentro l’ardente atmosfera solare, la corona, là dove nessuna sonda si è spinta finora.

Le orbite di Parker Solar Probe attorno al Sole – NASA
Le orbite di Parker Solar Probe attorno al Sole. Crediti: NASA

Parker Solar Probe è una sonda progettata per “toccare il Sole”… Ma cosa significa? Con le sue 24 orbite, si avvicinerà fino a 6,1 milioni di chilometri di distanza dalla fotosfera del Sole – davvero molto vicino, dunque – e studierà lo strato esterno dell’atmosfera solare, cioè la corona.
Arriverà a destinazione con un’orbita ellittica toccando i 692.000 chilometri orari: quanto basta per coprire la distanza Roma-Napoli in un secondo! E si tratta di un record: sarà la sonda più veloce ad aver mai viaggiato attraverso il Sistema Solare nella storia dell’esplorazione spaziale.

Ma come farà la sonda a rallentare in prossimità del Sole? Gli ingegneri hanno pensato a tutto: la gravità, come sempre, viene in aiuto e fungerà da “freno” per la sonda. Quando sarà vicina al pianeta Venere, la sonda sfrutterà l’attrazione gravitazionale del pianeta per frenare e raddrizzare la traiettoria finale, ma saranno necessarie ben 7 orbite per effettuare questa delicata manovra. Il rischio è di mandare “in cenere” la sonda… nel vero senso del termine!

Schema dello scudo termico con la sezione, in dettaglio, nel circoletto a detsra. Crediti: Greg Stanley/Johns Hopkins University

«La Nasa ha pensato per decenni all’invio di una missione per lo studio della corona solare, ma non c’era la tecnologia necessaria per proteggere la sonda e gli strumenti dal calore solare», spiega Adam Szabo, del team scientifico della missione per il Goddard Space Flight Center. Gli anni successivi hanno portato a ritrovati tecnologici in grado di garantire – si spera – la sopravvivenza della sonda per ben 7 anni a oltre 1.300 °C. Lo scudo termico da 2,4 metri di diametro, rivolto verso il Sole, proteggerà gli strumenti di bordo, mantenendoli sul lato “al fresco” della sonda a una temperatura attorno ai 30 °C. Le pareti esterne dello scudo termico sono realizzate in fogli di fibra di carbonio, un materiale leggero con proprietà meccaniche eccellenti, particolarmente adatte alle alte temperature (e “alte” qui è un eufemismo da terrestri). Spessi circa 2,5 millimetri, i due fogli sono separati da 11 centimetri di schiuma di carbonio, materiale in genere utilizzato nel settore medico per la sostituzione delle ossa. Questo design “a sandwich” rinforza la struttura e allo stesso tempo alleggerisce il peso dello scudo termico: solo 72 chilogrammi.

La sonda Parker Solar Probe fotografata il 6 luglio scorso presso il centro Astrotech Space Operations a Titusville, in Florida, dopo l’installazione del suo scudo termico. Crediti: NASA/Johns Hopkins APL/Ed Whitman

Insieme a tutti i suoi tecnologici strumenti scientifici, la sonda porterà attorno alla stella 1.137.202 nomi di persone e una placca dedicata proprio a Eugene Parker, a cui è dedicata la missione. Nella memory card ci sono anche alcune sue fotografie e una copia di un suo articolo scientifico sul vento solare risalente al 1958.

La sonda studierà il violento flusso di particelle cariche che dal Sole arriva sulla Terra, cioè il vento solare emesso dalla corona, dove vengono registrate temperature di quasi 2 milioni di gradi. Gli scienziati vogliono capire come avviene il riscaldamento della corona e l’accelerazione del vento solare, e sono interessati anche nell’identificazione delle regioni di origine dei differenti tipi di vento solare. Un altro obiettivo è capire come vengono accelerati i raggi cosmici di origine solare.

Con questa storica missione, fisici e astrofisici riusciranno a risolvere alcuni dei più grandi misteri sul nostro Sole. I dati potrebbero anche migliorare le previsioni delle principali eruzioni sul Sole e dei conseguenti eventi meteorologici spaziali che hanno un importante impatto sulla vita sulla Terra, così come sul funzionamento dei satelliti geostazionari e sul lavoro degli astronauti nello spazio.


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Gruppo Astrofili Vicentini “G. Abetti”

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Tutti i martedì sera, dalle 21:00 alle 23:00, presso l’Osservatorio Astronomico “G. Beltrame” in Via S. Giustina 127 ad Arcugnano (VI): Osservazione pubblica del cielo.
L’osservatorio sarà aperto al pubblico. La partecipazione è gratuita e non è necessario prenotare. Durante le aperture al pubblico verranno effettuate anche delle mini conferenze e dei mini corsi i cui contenuti saranno pubblicati di volta in volta sui vari canali social del nostro gruppo e sul Giornale di Vicenza. L’apertura avrà luogo con qualsiasi tempo.

11.08 dalle ore 21:00 alle 23:30: La notte delle stelle cadenti – Calici di stelle in Osservatorio
Osservazione del cielo dal piazzale del nostro Osservatorio, con i telescopi dei soci. Osserveremo in visuale le meteore, le cosiddette “stelle cadenti”. Durante la serata si potranno degustare ottimi calici di vino e spumante, gentilmente offerti dai soci.
Astrorazzo all’Osservatorio Astrofisico di Asiago
28.08, dalle 9.30 alle 12:30 e dalle 14:40 alle 18:00. I ragazzi dai 6 ai 14 anni potranno costruire il proprio razzo dotato di endoreattore a propellente solido e lanciarlo in tutta sicurezza. I ragazzi devono essere accompagnati da un genitore. Prenotazione obbligatoria entro il 31 luglio, i posti sono limitati.
Info prenotazioni e costi: visite.asiago@oapd.inaf.it. SIT (sportello informazioni turstiche): 0424 462221. In caso di maltempo l’evento verrà rinviato a domenica 2 settembre.

www.astrofilivicentini.it

Unione Astrofili Senesi

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10.08, ore 21:30: Calici di stelle al castello di Montarrenti. Anche quest’anno l’associazione partecipa all’evento nazionale “Calici di stelle”.Osservatorio aperto al pubblico per una serata osservativa dedicata in particolare alle meteore dello sciame delle Perseidi, anche se sarà possibile osservare altri oggetti del cielo del periodo. Prenotazione obbligatoria.

Il Cielo del Mese. Ogni primo giovedì del mese, ritrovo a Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola ”Palmiero Capannoli”. In caso di tempo incerto verificare al numero 3388861549 (Davide Scutumella).
04.08, ore 21:30: Il Cielo di Agosto.

Il cielo al castello di Montarrenti. Serate osservative ogni secondo e quarto venerdì del mese. Prenotazione obbligatoria.
24.08, ore 21:30: Serata dedicata al cielo estivo: protagonisti gli ammassi stellari (sia globulari che aperti) e i pianeti Marte e Saturno.
Per le prenotazioni: tramite il sito oppure inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) o un sms al 3482650891 (Giorgio).

Seguiteci su www.astrofilisenesi.it e sulla nostra pagina facebook Unione Astrofili Senesi

Unione Astrofili Italiani

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Tutti i primi lunedì del mese: UNA COSTELLAZIONE SOPRA DI NOI
Un viaggio deep-sky in diretta web con il Telescopio Remoto UAI – tele #2 ASTRA Telescopi Remoti. Osservazioni con approfondimenti dal vivo ogni mese su una costellazione del periodo. Basta un collegamento internet, anche lento. Con la voce del Vicepresidente UAI, Giorgio Bianciardi
http://telescopioremoto.uai.it

Le campagne nazionali UAI

10-12 agosto Le Notti delle Stelle
Il più atteso appuntamento dell’estate astronomica durante il quale le associazioni astrofile proporranno una o più serate dedicate all’osservazione delle Perseidi. L’iniziativa è abbinata a “Calici di Stelle” manifestazione enogastronomica promossa il 10 agosto dal Movimento Turismo del Vino e dall’Associazione Nazionale Città del Vino.
http://divulgazione.uai.it

Astronomiamo

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astronomiamo

10.08, ore 22:30: Cielo in PIazza a Supino (FR)

Info: http://www.astronomiamo.it/

Transiti notevoli della ISS per il mese di agosto 2018

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ISS bianconi
Una ripresa a colori della Stazione Spaziale Internazionale. Crediti: Alessandro Bianconi.

La ISS – Stazione Spaziale Internazionale, per il mese di agosto, sarà rintracciabile nei nostri cieli in orari serali, quindi senza l’obbligo della sveglia al mattino prima dell’alba, eccetto per l’ultimo passaggio. Avremo cinque transiti notevoli con magnitudini elevate durante l’ultimo mese estivo, auspicando come sempre in cieli sereni.

Come sempre gli orari sono calcolati per una località in Centro Italia, e con notevole anticipo, possono quindi differire per qualche minuto. Si consiglia sempre di consultare uno dei tanti programmi online o app gratuiti, impostato per la propria località, in prossimità dell’evento.

Si inizierà il giorno 4 agosto, dalle 21:58 alle 22:05, osservando da NO a E. La ISS sarà ben visibile da tutta Italia con una magnitudine massima si attesterà su un valore di -3,6. Si inizia da subito con uno dei transiti migliori del mese.

Si replica il 6 agosto, dalle 21:50 verso ONO alle 21:57 verso SSE. Visibilità migliore dalle regioni occidentali del nostro Paese, con magnitudine di picco a -3,5.

Tragitto della Stazione Spaziale la notte del 7 agosto, vista da una località in Centro Italia, costa tirrenica. Generato da Heavens-Above.com. Cliccare per ingrandire.

Passiamo al giorno 7 agosto, dalle 20:58 in direzione NO alle 21:06 in direzione ESE. Osservabile nuovamente al meglio da tutto il Paese, con una magnitudine massima di -3,8. Sperando come sempre in cieli sereni per il miglior transito del mese.

Il penultimo si avrà il giorno 9 agosto, dalle 20:50 da ONO alle 20:59 a SE, con magnitudine massima a -3,0. Osservabile ancora una volta, al meglio, dall’occidente italiano.

L’ultimo transito del mese, il 30 agosto, sarà il preannunciato mattutino. Dalle 05:41 alle 05:50, da SSO a ENE. Magnitudine di picco a -3,0. Passaggio osservabile al meglio dal Centro-Sud, ma che se visto dal centro, transiterà nella costellazione di Orione, che ricompare nuovamente al mattino prima dell’alba.

Giorno

Ora Inizio

Direzione

Ora Fine

Direzione

Magnitudine

04

21:58

NO

22:05

E

-3.6

06

21:50

ONO

21:57

SSE

-3.5

07

20:57

NO

21:06

ESE

-3.8

09

20:51

ONO

20:59

SE

-3.0

30

05:41

SSO

05:50

ENE

-3.0

N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel Centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.


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Niente superstiti per la supernova di Keplero

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Il 9 ottobre 1604, gli osservatori del cielo - incluso l'astronomo Johannes Kepler, avvistarono una "nuova stella" nel cielo occidentale, rivaleggiando per splendore con i pianeti vicini. Ora gli astronomi hanno utilizzato i telescopi spaziali Spitzer, Hubble e Chandra-X per analizzare il residuo di supernova nella luce infrarossa, ottica e ai raggi X. Crediti: NASA/ESA/JHU/R.Sankrit & W.Blair
Il 9 ottobre 1604, gli osservatori del cielo – incluso l’astronomo Johannes Kepler, avvistarono una “nuova stella” nel cielo occidentale, rivaleggiando per splendore con i pianeti vicini. Ora gli astronomi hanno utilizzato i telescopi spaziali Spitzer, Hubble e Chandra-X per analizzare il residuo di supernova nella luce infrarossa, ottica e ai raggi X. Crediti: NASA/ESA/JHU/R.Sankrit & W.Blair

La supernova di Keplero sembra non aver lasciato resti stellari attorno a sé oltre quelli che oggi possiamo ammirare, ovvero una struttura nebulosa di gas e polveri in direzione della costellazione di Ofiuco, a 16.300 anni luce dal Sole. Queste sono le conclusioni a cui è giunto un team internazionale di ricercatori, guidato da Pilar Ruiz-Lapuente dell’Università di Barcellona, che ha cercato di trovare le tracce del sistema stellare binario dal quale si è generata l’immane esplosione.

Nei sistemi stellari binari, una delle stelle della coppia, quando raggiunge la fine del suo ciclo evolutivo e diventa una nana bianca, può iniziare a catturare del materiale dalla compagna fino a raggiungere una certa massa limite (equivalente a 1,44 masse solari, il cosiddetto “limite di Chandrasekhar”). Questo processo porta alla fusione del carbonio nel nucleo della nana bianca, producendo un’esplosione che può moltiplicare 100 mila volte la luminosità iniziale della stella. Il fenomeno, tanto breve quanto violento, è noto come supernova. A volte un evento di supernova può essere addirittura visibile ad occhio nudo dalla Terra, proprio come nel caso della supernova osservata e identificata dall’astronomo tedesco Giovanni Keplero nel 1604.

Le attuali teorie suggeriscono che la supernova di Keplero venne prodotta dall’esplosione di una nana bianca in un sistema binario. Per questo nella ricerca pubblicata sulla rivista The Astrophysical Journal, il team ha cercato la possibile stella superstite del duo stellare che avrebbe trasferito massa alla nana bianca, portandola quindi ad esplodere. L’impatto di questa esplosione avrebbe aumentato la luminosità e la velocità dell’eventuale compagno superstite, che sarebbe stato scaraventato nello spazio circostante, ma potrebbe persino averne modificato la sua composizione chimica. I ricercatori sono quindi andati alla ricerca di stelle con qualche anomalia che avrebbe permesso loro di identificare il possibile compagno della nana bianca esplosa 414 anni fa.

Per svolgere questa indagine, sono state utilizzate le immagini riprese con il Telescopio Spaziale Hubble della NASA. «L’obiettivo era quello di determinare i moti di un gruppo di 32 stelle in tutta la regione del resto di supernova che tutt’oggi osserviamo», dice Luigi Bedin, astronomo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) di Padova e coautore dell’articolo. I ricercatori hanno anche utilizzato i dati dallo strumento Flames, installato al Very Large Telescope (VLT), dell’ESO in Cile.

«Abbiamo cercato – spiega Pilar Ruiz-Lapuente, ricercatrice presso l’Istituto di Scienze del Cosmo di Barcellona (Ub-Ieec) e il Consiglio Superiore per la Ricerca Scientifica (Csic) – una stella peculiare quale possibile compagna del progenitore della supernova di Keplero, e per questo abbiamo caratterizzato tutte le stelle in prossimità del resto della supernova Sn 1604. Ma non ne abbiamo trovato nessuna con le caratteristiche attese. Quindi tutto indica che l’esplosione stata è causata dalla fusione della nana bianca con un’altra nana bianca oppure con il nucleo stellare di una compagna già evoluta».


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Il passato irrequieto del Sole

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Illustrazione raffigurante il disco solare primordiale. Nell’inserto un cristallo di hibonite blu, uno dei primi minerali a formarsi nel Sistema solare. Crediti: Field Museum, University of Chicago, Nasa, Esa, and E. Feild (STScl)
Illustrazione raffigurante il disco solare primordiale. Nell’inserto un cristallo di hibonite blu, uno dei primi minerali a formarsi nel Sistema solare. Crediti: Field Museum, University of Chicago, Nasa, Esa, and E. Feild (STScl)

Il Sole è oggi una stella matura e calma ma cosa possiamo dire della sua prima gioventù? Nato 4,6 miliardi di anni fa in seguito al collasso di una densa nube di gas e polveri, i suoi primi anni rimangono un vero mistero per noi, considerando che la Terra si è formata circa 50 milioni di anni più tardi. Risulta quindi difficile trovare materiali che risalgono ai primi giorni di vita del Sole.

Un nuovo studio, pubblicato su Nature Astronomy, ha preso in considerazione l’analisi di microscopici cristalli blu intrappolati in antiche meteoriti, cristalli così vecchi da poter rivelare com’era il Sole primitivo. E l’immagine che ne esce è quella di un Sole piuttosto turbolento e irrequieto: «Il Sole era molto attivo durante i suoi primi anni di vita, con eruzioni frequenti, ed emetteva un flusso più intenso di particelle cariche» dice Philipp Heck, professore all’Università di Chicago e coautore dello studio. «Quasi nulla nel Sistema Solare è abbastanza vecchio da confermare realmente l’attività del Sole primordiale, ma questi minerali provenienti dalle meteoriti nelle collezioni del Field Museum sono sufficientemente antichi. Probabilmente sono i primi minerali che si sono formati nel Sistema Solare».

Un minuscolo cristallo di hibonite blu proveniente dal meteorite Murchison. Crediti: Andy Davis, University of Chicago

I minerali che Heck e i suoi colleghi hanno osservato sono microscopici cristalli blu chiamati hibonite: la loro composizione reca segni distintivi delle reazioni chimiche possibili solo in presenza di un Sole fortemente attivo per ciò che riguarda l’emissione di particelle energetiche.

«Questi cristalli si sono formati oltre 4,5 miliardi di anni fa e conservano la registrazione di alcuni dei primi eventi che hanno avuto luogo nel nostro Sistema Solare. E anche se sono così piccoli – molti hanno un diametro di meno di 100 micron – sono in grado di trattenere i gas nobili altamente volatili prodotti dall’irradiazione del giovane Sole», spiega l’autrice principale Levke Kööp, post-doc all’Università di Chicago e affiliata al Field Museum.

Nei suoi primi giorni, prima che si formassero i pianeti, il Sistema Solare era costituito da un enorme disco di gas e polvere che spiraleggiava attorno al Sole. La regione più vicina alla nostra stella era molto calda, con temperature che superavano i 1.500 °C. Quando il disco protoplanetario iniziò a raffreddarsi, si formarono i primi minerali, tra cui i cristalli di hibonite blu, che contengono calcio e l’alluminio. Proprio questi atomi, sottoposti al bombardamento di particelle energetiche provenienti dal giovane Sole, si sono divisi in atomi più piccoli, neon ed elio. Questi gas nobili sono rimasti intrappolati all’interno dei cristalli per miliardi di anni. I cristalli di hibonite sono poi stati incorporati in rocce spaziali che alla fine caddero sulla Terra come meteoriti.

Levke Kööp, l’autrice principale, in laboratorio. Crediti: Field Museum

I ricercatori, nel tempo, hanno esaminato più volte le meteoriti alla ricerca dei segni di un giovane Sole attivo, ma senza trovare nulla. Però Kööp osserva: «Se gli scienziati non li hanno visti in passato, non significa che non fossero lì! Potrebbe semplicemente indicare che non avessero strumenti abbastanza sensibili per trovarli». E infatti lo strumento utilizzato da Kööp, Heck e colleghi ha fatto la differenza: un enorme spettrometro di massa all’avanguardia, in grado di rilevare l’elio e il neon rilasciati da un grano di hibonite colpito da un laser. «Abbiamo ottenuto un segnale sorprendentemente chiaro, che mostra la presenza di elio e neon: è stato sorprendente» afferma Kööp.

Il rilevamento di elio e neon fornisce la prima prova concreta dell’attività precoce del Sole, ma non solo: diversamente da altri indizi della forte attività del giovane Sole rispetto a oggi, la composizione dei cristalli di hibonite non consente altre buone spiegazioni. «È sempre bello vedere un risultato che può essere interpretato chiaramente. Più semplice è una spiegazione, maggiore è la fiducia che abbiamo in essa», dichiara Heck, e conclude: «Ciò che ritengo eccitante è che questo ci parla delle condizioni nel Sistema Solare primitivo e, infine, conferma un sospetto di vecchia data. Se comprendiamo meglio il passato, acquisiremo una migliore comprensione della fisica e della chimica del nostro mondo».


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La Luna di Agosto e una guida alla regione del cratere Deslandres

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Le fasi della Luna in agosto, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione.

Dopo aver chiuso il mese di luglio in fase di 18,8 giorni, sarà in Ultimo Quarto alle 20:18 del 4 agosto, proseguendo poi la Fase Calante fino al Novilunio del giorno 11 alle 11:58. Ripresa la Fase Crescente, avremo il Primo Quarto alle 09:49 del giorno 18 mentre il Plenilunio verrà raggiunto alle 13:56 del 26 agosto col nostro satellite ancora abbondantemente sotto l’orizzonte, a –57°.

Infine agosto terminerà con la Luna che l’ultima sera del mese, in fase di 20 giorni, sorgerà alle 22:38 preceduta dal pianeta Urano (separazione di 8°) fra le stelle della Balena.

Indice dei contenuti

Continua su la Luna di Luglio e Agosto 2018

Ad agosto osserviamo

18 agosto. La Massima Librazione sul bordo sudest

Nella serata del 18 agosto, dopo le 21:00, col nostro satellite in fase di 7,38 giorni (Colong. 359,1°; frazione illuminata 54,9%), il punto di massima Librazione verrà a trovarsi nel settore sudest, lungo il bordo lunare in prossimità del margine settentrionale del mare Australe. Se le condizioni meteo saranno favorevoli, unitamente a un seeing almeno decente, dovrebbe essere possibile osservare una porzione della superficie lunare sul confine con l’altro emisfero, nella zona dei crateri Jenner (diametro 71 km) e Lamb (diametro 106 km).

19 e 20 agosto. Il Cratere Deslandres

La seconda proposta ci porterà nell’angolo sudest del mare Nubium dove nelle serate del 19 e 20 agosto andremo a osservare il notevole e variegato cratere Deslandres di circa 240 km di diametro. Anche in questo caso si è optato per le due serate consecutive, in quanto la visibilità delle strutture superficiali sarà in relazione al transito del terminatore lunare, con la possibilità di percepire anche i più fini dettagli al variare dell’illuminazione solare.

➜ Continua alla prossima pagina.

23 e 24 agosto. La Mons Rumker

L’appuntamento per l’ultima proposta estiva è per le serate del 23 e 24 agosto, nel settore nordoccidentale dell’oceanus Procellarum, dove il nostro target sarà il Mons Rumker, un notevole rilievo montuoso con diametro di 70 km di origine vulcanica isolato in questa sterminata pianura.

➜ Continua su La Mons Rumker

Effemeridi complete giornaliere della Luna sul Cielo di Agosto

Leggi anche

➜ Fotografare la Luce Cinerea della Luna

➜  Fotografare la Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia di novembre 2016.

➜  La Luna mi va a pennello. Se la fotografia non basta, Gian Paolo Graziato ci racconta come dipingere dei rigorosi paesaggi lunari, nei più piccoli dettagli… per poi lasciarsi andare alla fantasia e all’imaginazione! Su Coelum Astronomia n. 211

E tutte le precedenti rubriche di Francesco Badalotti, con tantissimi spunti per approfondire la conoscenza del nostro satellite naturale. Per ogni formazione basta attendere il momento giusto!

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E ancora, sempre su Coelum Astronomia n. 223

➜ Catch the Iridium! Un appello per tutti gli astrofotografi, riprendiamo gli iridium flare prima che… scompaiano!

Gobba a levante… Venere crescente!


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Perseidi: la Notte delle Stelle Cadenti – Cielo di Agosto 2018

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Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42° - Long. 12°E La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 31 Luglio > 00:00; 15 Agosto > 23:00. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

Indice dei contenuti

EFFEMERIDI
(mar. – ott. 2018)

Luna

Sole e Pianeti

Da metà agosto, Andromeda e il quadrato di Pegaso saranno già molto alti verso sudest, mentre a ovest, sempre più basso, si preparerà a salutarci il Boote con la brillante Arturo. A fine agosto, già prima della mezzanotte, si potrà assistere al sorgere delle “sette sorelle”, le Pleiadi.

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IL SOLE

Negli ultimi giorni di agosto, la nostra stella nel passare al meridiano raggiungerà (alla latitudine di 42° N) un’altezza dall’orizzonte di poco superiore ai +56°, contro i +70° di metà luglio. Ciò si tradurrà in un sostanzioso aumento delle ore utili all’osservazione degli oggetti del cielo profondo, così che se a fine luglio la notte astronomica aveva una durata di sole 5 ore e tre quarti, a fine agosto si arriverà alle 7 ore e mezza.

COSA OFFRE IL CIELO

Prosegue anche in agosto la condizione di ottima osservabilità serale di Venere, nonostante la sua altezza stia visibilmente calando.

➜ Gobba a levante… Venere crescente!

Giove, invertito il moto, ricomincerà il suo avvicinamento a Zubenelgenubi, la stella alfa della Bilancia, dove lo troveremo nella prima parte della notte. Sarà come tornare ai primi di giugno… Saturno anche lui presente, seppure in diminuzione di luminosità. Ricordiamo che il campo stellare in cui si trova è davvero molto suggestivo e si potrebbero tentare delle riprese che abbraccino il pianeta e le vicine nebulose Laguna (M 8) e Trifida (M 20): Saturno si troverà a circa 2° a nordest di esse.

➜ Il Cielo di Luglio e Agosto su Coelum Astronomia 224

Il mese rimane comunque all’insegna di Marte, il pianeta che sta dominando questa nostra estate 2018, con una Grande Opposizione che ce lo mostra come lo rivedremo solo nel 2035. La tempesta di sabbia non è ancora passata ma non sta fermando chi si dedica all’alta risoluzione.  Dopo aver raggiunto l’opposizione lo scorso 27 luglio, continueremo a vederlo brillante di luce arancione, la sera ancora per tutto agosto, basso sull’orizzonte sudest.

Ma l’evento che riempirà le bacheche della prima metà del mese sarà, come ogni anno, il passaggio dello sciame delle Perseidi.

LE PERSEIDI: le “stelle cadenti” nel 2018

Come negli anni precedenti, nemmeno l’appuntamento con le Perseidi del 2018 promette uno spettacolo fuori dal comune: non c’è da aspettarsi una vera e propria “pioggia” di meteore (come è avvenuto altre volte in passato), ma lo sfuggente spettacolo offerto anche da poche “stelle cadenti”, magari brillanti e colorate, è di sicuro effetto e in grado di suscitare forti emozioni e di lasciare nella memoria ricordi indelebili.

Il picco di massima attività di quest’anno si avrà nella notte tra il 12 e il 13 agosto, a partire dalle ore 22:00, anche se occasionali meteore appartenenti allo sciame potranno essere avvistate in tutta la prima parte del mese.

Le attese sono per uno ZHR (Zenithal Hourly Rate, Tasso Orario Zenitale) pari a 110 (un po’ meglio rispetto all’anno scorso), ossia si prevede una quantità di meteore pari a 110 ogni ora. Alcune previsioni parlano della possibilità di incontrare un “filamento di Perseidi”, una concentrazione che potrebbe portare a un intensificarsi dell’attività proprio il 12 agosto: sarà tutto da verificare ma aspettiamo i vostri eventuali report osservativi!

➜ Continua a leggere su Le Perseidi: le “stelle cadenti” nel 2018

Per la ripresa e l’osservazione, e per approfondire il tema, consigliamo sempre una serie di articoli usciti nelle precedenti edizioni:

➜ Fotografiamo le Perseidi di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia 213

➜ Dopo 2000 anni… ancora le Perseidi di Remondino Chavez su Coelum Astronomia 202

➜ Ci vediamo tra un anno un racconto breve di Ugo Ercolani su Coelum Astronomia 202

➜ Come riprendere le Perseidi con uno smartphone! di Sebina Pulvirenti su Coelum Astronomia 202

➜ Come riprendere le Perseidi con la Reflex o il CCD di Daniele Gasparri su Coelum Astronomia 202

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E ancora…

ISS 2 bianconi

➜ Leggi la rubrica di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS ad agosto

➜ Comete. La vecchia conoscenza e la giovane promessa

➜ La LUNA di luglio e agosto.
Approfondimento: Guida all’osservazione della regione a nord del mare Crisium fino al cratere Mercurius

e il Calendario di tutti gli eventi di maggio 2018, giorno per giorno

Da Coelum astronomia 223 non dimentichiamo invece Catch the Iridium! Un appello per tutti gli astrofotografi, riprendiamo gli iridium flare prima che… scompaiano!


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Luglio e Agosto su Coelum Astronomia 224

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27 luglio. La lunga Eclissi Totale di Luna con un Marte più bello che mai! Tutto quello che serve sapere

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27 luglio

 

Una Notte in Rosso

 

La notte della Luna Rossa accompagnata dal Pianeta Rosso al suo meglio!

Ormai lo sapete, venerdì sera, 27 luglio, la Luna sorgerà eclissata, in una lunghissima eclisse totale. Assumerà una colorazione rossastra per poco più di un’ora e quaranta minuti, prima di uscire lentamente dall’ombra della nostra Terra. Trovate tutti i dettagli per l’osservazione su:

27 luglio 2018 Eclisse Totale di Luna

E in tutto questo la Luna non sarà sola, ma accompagnata da Marte, in quella che sarà una delle migliori opposizioni come non vedevamo dal 2003 (e non vedremo fino al 2035!). E ce lo racconta bene, con tanti dettagli, Gabriele Marini su:

Marte La Grande Opposizione del 2018

E quindi? Cosa significa? Che, come vi sarete già accorti da soli vedendolo brillare sull’orizzonte sudest di luce inconfondibilmente arrossata, il Pianeta Rosso sta diventando sempre più luminoso e grande all’osservazione al telescopio ma anche a occhio nudo.

Il giorno 27 raggiungerà l’opposizione geometrica rispetto al Sole (e quindi il massimo dell’illuminazione), mentre il giorno 31 sarà nel punto della sua orbita più vicino alla Terra (e quindi con il diametro angolare più grande).

Insomma, non una qualsiasi congiunzione… il 27 sera vedremo Marte bello come non mai e a soli 4° dalla Luna Rossa!

Non mancheranno come sempre in queste sere, Saturno e Giove poco più in là, ancora alti in cielo.

Un’occasione da non perdere!

Dove osservarla?

Basta alzare gli occhi al cielo, ovviamente, anche dal centro città! A patto di avere l’orizzonte sudest libero, perchè i due non si alzeranno molto dall’orizzonte, sorgendo all’inizio dell’eclissi e raggiungendo al massimo i 15/20° verso la fine. Ma sono tanti gli eventi organizzati in tutta Italia da appassionati, associazioni e Osservatori, e trovare un buon posto suggestivo per osservarla e riprenderla, o con la possibilità di usare dei telescopi è senz’altro il modo migliore!

Trovate molti di questi eventi nelle nostre pagine dedicate agli appuntamenti di gruppi e associazioni, ma anche nella nostra pagina facebook e nei commenti ai post dedicati.

Su www.coelum.com potrete invece vedere in diretta web le immagini dell’Eclissi Totale di Luna ripresa dall’Osservatorio Astronomico della Montagna Pistoiese, organizzata dal GAMP, Gruppo Astrofili Montagna Pistoiese

(Cliccando sull’immagine qui a destra il link diretto alla pagina Youtube).

Consigli per la ripresa!

Per chi invece si dedica all’astrofotografia, i consigli sono tanti! Dall’ultima rubrica di Giorgia Hofer, dedicata appunto all’evento (e le sue tante rubriche per riprendere la congiunzione nel paesaggio), a una serie di consigli di Daniele Gasparri pubblicati in occasione dell’Eclisse di Luna precedente:

E per concludere non poteva mancare un progetto didattico al quale chiunque abbia l’intenzione di riprendere l’eclisse può partecipare attivamente!

Progetto Longitudine 2018, un’esperienza didattica

 

E alla fine di tutto?

Vi abbiamo dato tanti spunti e tanti link per approfondire, conoscere e vivere al meglio i tre eventi (Eclisse totale di Luna, Grande Opposizione di Marte e congiunzione tra Luna e Marte) che per una più che rara coincidenza avverranno nello stesso giorno, tingendo di rosso-arancione la nostra serata.

Sull’ultimo numero di Coelum Astronomia (a lettura gratuita, basta cliccare sulla copertina qui sotto) trovate tanti altri articoli davvero interessanti sul sogno marziano, dalla storia del passato alle sfide del prossimo futuro.

Poi… toccherà a voi, se vorrete, raccontarci la vostra esperienza inviandola a:
segreteria[@]coelum.com

o condividere con noi e i nostri lettori le vostre immagini caricandole su:

www.coelum.com/Photo-coelum

Potreste ritrovarvi pubblicati sul prossimo numero di Coelum Astronomia!

Buona osservazione, cieli sereni e… vi aspettiamo!


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La prima verifica della relatività generale di Einstein nei pressi di un buco nero supermassiccio

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Questa rappresentazione artistica mostra il cammino della stella S2 nel suo passaggio ravvicinato intorno al buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea. Avvicinandosi al buco nero, il campo gravitazionale intensissimo provoca un cambiamento del colore della stella, che tende verso il rosso, un effetto previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein. In questo grafico l'effetto di colore e la dimensione dell'oggetto sono esagerati per miglior chiarezza. Crediti: ESO/M. Kornmesser
Questa rappresentazione artistica mostra il cammino della stella S2 nel suo passaggio ravvicinato intorno al buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea. Avvicinandosi al buco nero, il campo gravitazionale intensissimo provoca un cambiamento del colore della stella, che tende verso il rosso, un effetto previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein. In questo grafico l’effetto di colore e la dimensione dell’oggetto sono esagerati per miglior chiarezza. Crediti: ESO/M. Kornmesser

Oscurato da spesse nubi di polvere opaca, il buco nero supermassiccio più vicino alla Terra si trova a circa 26 000 anni luce da noi, nel cuore della Via Lattea. Questo mostro gravitazionale, con una massa di quattro milioni di volte quella del Sole, è circondato da un piccolo gruppo di stelle che gli orbitano intorno ad alta velocità. Questo ambiente estremo – il campo gravitazionale più forte nella nostra Galassia – è il luogo ideale per esplorare la fisica gravitazionale e in particolare per verificare la teoria della relatività generale di Einstein.

Nuove osservazioni nella banda dell’infrarosso, ottenute con gli strumenti di squisita sensibilità GRAVITYSINFONINACO installati sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO hanno consentito finalmente di seguire una di queste stelle, nota come S2, mentre passava molto vicino al buco nero, nel maggio 2018. Nel punto piu vicino questa stella si trovava a una distanza di meno di 20 miliardi di chilometri dal buco nero e si muoveva a una velocità superiore ai 25 milioni di chilometri all’ora – quasi il tre percento della velocità della luce.

S2 infatti orbita attorno al buco nero ogni 16 anni, in un’orbita molto eccentrica che la porta entro venti miliardi di chilometri – 120 volte la distanza tra la Terra e il Sole, o circa quattro volte la distanza dal Sole a Nettuno – nel suo approccio più vicino al buco nero (questa distanza corrisponde a circa 1500 volte il raggio di Schwarzschild del buco nero stesso).

La stella impiega 16 anni per completare un’orbita ed è passata molto vicina al buco nero nel maggio 2018. Si noti che le dimensioni del buco nero e della stella non sono in scala. Crediti: ESO/MPE/GRAVITY Collaboration

L’equipe ha confrontato le misure di posizione e velocità ottenute rispettivamente da GRAVITY e da SINIFONI, insieme alla precedenti osservazioni di S2 ottenute da altri strumenti, con le previsioni della gravità newtoniana, della relatività generale e di altre teorie della gravità. I nuovi risultati sono inconsistenti con le previsioni della meccanica newtoniana, mentre sono in eccellente accordo con le previsioni della relatività generale.

Queste misure molto precise sono state realizzate da un’equipe internazionale con a capo Reinhard Genzel dell’MPE (Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics) di Garching (Germania) insieme a collaboratori sparsi nel mondo: dall’Osservatorio di Parigi – PSL, all’Università di Grenoble Alpes, al CNRS, al Max Planck Institute for Astronomy, all’Università di Colonia, all’istituto portoghese CENTRA – Centro de Astrofisica e Gravitação e infine all’ESO. Queste osservazioni sono il culmine di una serie di misure sempre più precise del centro della Via Lattea ottenute con gli strumenti dell’ESO. Le osservazioni del centro della Via Lattea, infatti, devono essere effettuate a lunghezze d’onda più lunghe (in questo caso in luce infrarossa) poiché le nubi di polvere tra la Terra e la regione centrale assorbono fortemente la luce visibile.

«È la seconda volta che osserviamo il passaggio ravvicinato di S2 intorno al buco nero al centro della nostra Galassia. Ma questa volta, grazie all’avanzamento tecnologico degli strumenti disponibili, siamo stati in grado di osservare la stella con una risoluzione senza precedenti,» spiega Genzel. «Ci siamo preparati intensamente a questo evento, per molti anni, poichè volevamo sfruttare al massimo questa opportunità unica di osservare gli effetti della relatività generale».

Le nuove misure rivelano chiaramente un effetto noto come redshift gravitazionale. La luce della stella viene allungata a lunghezze d’onda maggiori dal campo gravitazionale intensissimo del buco nero. E i cambiamenti osservati nella lunghezza d’onda della luce di S2 sono in perfetto accordo con quanto previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein. È la prima volta che questa deviazione dalle previsioni della teoria di gravità newtoniama, più semplice, è stata osservata nel moto di una stella intorno a un buco nero supermassiccio.

Lo strumento GRAVITY nell’Interferometro VLT ha tracciato il movimento della stella S2 quando ha effettuato un passaggio molto ravvicinato al buco nero al centro della Via Lattea.Questa immagine mostra la stella e il buco nero poco prima del loro approccio più vicino nel maggio 2018. Crediti: ESO/GALAXY Collaboration

L’equipe ha usato SINFONI per misurare la velocità di S2 in avvicinamento e in allontanamento dalla Terra, lo strumento GRAVITY sull’interferometro del VLT (VLTI) per misure estremamente precise della posizione continuamente mutevole di S2 per definire la forma esatta dell’orbita. GRAVITY crea immagini così nitide che si può evidenziare lo spostamento della stella da una notte all’altra, mentre passa vicino al buco nero – a 26 000 anni luce da Terra.

«La nostra prima osservazione di S2 con GRAVITY, circa due anni fa, ha mostrato subito che questo sarebbe stato un laboratorio ideale per i buchi neri,» aggiunge Frank Eisenhauer (MPE), Ricercatore Responsabile di GRAVITY e dello spettrografo SINFONI. «Durante il passaggio ravvicinato avremmo persino potuto rivelare il debole bagliore intorno al buco nero nella maggior parte delle immagini, il che ci avrebbe permesso di seguire con precisione il cammino della stella nella sua orbita, per giungere alla fine alla detezione del redshfit gravitazionale nello spettro di S2».

Questa simulazione mostra le orbite delle stelle molto vicine al buco nero supermassiccio nel cuore della Via Lattea.Una di queste stelle, denominata S2, orbita ogni 16 anni ed è passata molto vicino al buco nero nel maggio 2018. Questo è un laboratorio perfetto per testare la fisica gravitazionale e in particolare la teoria della relatività generale di Einstein. Crediti: ESO/L. Calçada/spaceengine.org

Più di un centinaio di anni dopo la pubblicazione dell’articolo che descrive le equazioni della relatività generale, Einstein ha di nuovo ragione – in un laboratorio estremo come mai avrebbe potuto immaginare!

Françoise Delplancke, a capo del Dipartimento di Ingegneria dei Sistemi dell’ESO, spiega l’importanza delle osservazioni: «Nel Sistema Solare possiamo mettere alla prova le leggi fisiche in questo momento e sotto particolari circostanze. È perciò fondamentale in astronomia verificare che queste leggi siano sempre valide laddove i campi gravitazionali sono molto più intensi».

Le osservazioni continuano e si prevede di rivelare presto un altro effetto relativistico – una piccola rotazione dell’orbita della stella, nota come precessione di Schwarzschild – a mano a mano che S2 si allontana dal buco nero.

Xavier Barcons, Direttore Generale dell’ESO, conclude: «L‘ESO ha lavorato in collaborazione con Reinhard Genzel e il suo gruppo e altri colleghi negli Stati Membri dell’ESO per più di un quarto di secolo. È stato un compito arduo sviluppare gli strumenti unici e potenti necessari per effettuare queste misure delicatissime e per installarli al VLT in Paranal. La scoperta annunciata oggi è il risultato entusiasmante di uno straordinario sodalizio».


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Marte, c’è un lago sotterrano di acqua liquida

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Impressione artistica del veicolo spaziale Mars Express che sonda l’emisfero sud di Marte, sovrapposto a una sezione radar dei depositi stratificati polari meridionali. La sezione del radar è stata inclinata di 90°. La linea bianca più a sinistra è l’eco del radar di superficie, mentre le macchie blu chiaro lungo l’eco radar basale evidenziano aree di riflettività molto alta, interpretate come dovute alla presenza di acqua. Crediti: Esa, Inaf. Elaborazione grafica di Davide Coero Borga – Media Inaf
Impressione artistica del veicolo spaziale Mars Express che sonda l’emisfero sud di Marte, sovrapposto a una sezione radar dei depositi stratificati polari meridionali. La sezione del radar è stata inclinata di 90°. La linea bianca più a sinistra è l’eco del radar di superficie, mentre le macchie blu chiaro lungo l’eco radar basale evidenziano aree di riflettività molto alta, interpretate come dovute alla presenza di acqua. Crediti: Esa, Inaf. Elaborazione grafica di Davide Coero Borga – Media Inaf

Acqua su Marte: liquida e salata. Sono queste le prime conclusioni delle indagini compiute con il radar italiano Marsis (da Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding), a bordo della sonda europea Mars Express, pubblicate oggi su Science. Allo studio, guidato da Roberto Orosei dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), hanno partecipato scienziati e scienziate appartenenti all’Inaf e ad altri centri di ricerca e università italiane: l’Agenzia spaziale italiana (Asi), l’Università degli studi Roma Tre, l’Università D’Annunzio Chieti-Pescara, il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e Sapienza Università di Roma. I risultati, per la prima volta, confermano che sotto la superficie di Marte c’è acqua allo stato liquido. Probabilmente acqua è salata, visto che Marsis ha individuato il bacino a 1.5 km di profondità, dove la temperatura è sicuramente ben al di sotto di 0 °C. I sali, probabilmente simili quelli che la sonda Nasa Phoenix ha trovato nel ghiaccio della zona circumpolare nord, agiscono da “antigelo”, aiutando a mantenere l’acqua allo stato liquido nonostante la temperatura. Acqua, sali, rocce e protezione dalla radiazione cosmica sono ingredienti che potrebbero far pensare anche a una nicchia biologica. I ricercatori sono convinti che potrebbero esserci altre zone con condizioni favorevoli alla presenza di acqua in profondità su Marte e ora, messo a punto il metodo di analisi, potranno continuare a investigare.

Grazie alla sonda Viking della Nasa, dal 1976 è diventato evidente il fatto che la superficie di Marte fosse un tempo coperta da mari, laghi e fiumi e le successive missioni hanno confermato sempre più tale presenza.

Roberto Orosei (Inaf), primo autore dello studio

«Il grande dilemma era quindi quello di stabilire dove fosse finita tutta quell’acqua», dice Orosei, primo autore dell’articolo. «Buona parte di questa è stata portata via dal vento solare, che spazzò quella che mano a mano si vaporizzava dalla superficie degli specchi d’acqua. Un’altra significativa porzione è depositata sotto forma di ghiaccio nelle calotte, soprattutto quella nord, e negli strati prossimi alla superficie o è legata al terreno nel permafrost. Ma una parte doveva essere rimasta intrappolata nelle profondità e potrebbe ancora trovarsi allo stato liquido». Questo era ciò che si ipotizzava a metà degli anni ’90, quando la missione Mars Express fu annunciata dall’Agenzia spaziale europea (Esa), e l’Asi propose di adottare un radar a bassa frequenza per investigare il sottosuolo a grande profondità. Il radar fu ideato e proposto da Giovanni Picardi di Sapienza Università di Roma, la sua realizzazione fu gestita dall’Asi e affidata alla Thales Alenia Space – Italia e il lancio avvenne il 2 giugno 2003.

Impressione artistica del veicolo spaziale Mars Express che sonda l’emisfero sud di Marte, sovrapposto a un mosaico di colori di una porzione di Planum Australe. L’area di studio è evidenziata utilizzando un mosaico di immagini THEMIS IR. La potenza del segnale dell’eco proveniente dal sottosuolo è codificata per colore e il blu intenso corrisponde ai riflessi più forti, che sono interpretati come causati dalla presenza di acqua. Crediti: USGS Astrogeology Science Center, Arizona State University, Esa, Inaf. Elaborazione grafica di Davide Coero Borga – Media Inaf

Marsis è un radar sounder, ovvero un radar che opera a frequenze tra 1.5 e 5 MHz in grado di penetrare nel terreno marziano fino a 4 o 5 km di profondità, a seconda delle caratteristiche geofisiche degli strati profondi, ma anche di misurare con accuratezza lo stato e le variazioni della ionosfera marziana. «Era uno strumento di concezione innovativa, completamente diverso dall’unico lontano precursore volato un quarto di secolo prima sull’ultima missione Apollo, estremamente promettente di cui si doveva non solo sviluppare l’elettronica, ma anche il modo di elaborarne i dati.  Un contributo importante venne dai colleghi del Jpl della Nasa e dell’Università dell’Iowa», ricorda Enrico Flaminichief scientist di Asi. Questi ultimi erano principalmente interessati alla misura della ionosfera marziana, mentre il Jpl curò lo sviluppo presso l’industria americana dell’antenna, due leggerissimi tubi di kevlar lunghi 20 metri ognuno che, per poter essere montati a bordo ed essere lanciati con il satellite, dovevano essere ripiegati in una scatola di poco più di un metro di lunghezza.

Marsis, grazie alla sua capacità di penetrare all’interno della crosta marziana, è l’unico strumento in grado di risolvere il dilemma e trovare l’acqua liquida in profondità. Per più di 12 anni il radar ha sondato le calotte polari del Pianeta rosso in cerca di indizi di acqua liquida. Qualche eco radar insolitamente forte era già stata osservata dai ricercatori del team di Marsis nel corso degli anni, ma senza ottenere mai una evidenza sperimentale certa della presenza di acqua allo stato liquido. Il gruppo di scienziati che firma l’articolo oggi in pubblicazione su Science, ha studiato per alcuni anni la regione del Planum Australe con Marsis. In particolare, i ricercatori hanno elaborato e analizzato i dati acquisiti su questa regione tra il maggio 2012 ed il dicembre 2015. I profili radar, ottenuti da orbite diverse, che talvolta si incrociavano tra di loro, ed acquisite in diversi periodi dell’anno marziano quando nelle regioni polari sud si depositano sottili strati di ghiaccio di anidride carbonica, hanno mostrato caratteristiche peculiari e hanno permesso di identificare una area di circa 20 km quadrati (centrata a 193°E e 81°S) nella quale la sottosuperficie è molto riflettente, al contrario delle aree circostanti.

La parte più complessa del lavoro è stata l’analisi quantitativa dei segnali radar per arrivare a determinare la costante dielettrica dello strato riflettente e identificarne, quindi, la natura. Questa parte del lavoro è durata quasi 4 anni, ma il gruppo è riuscito a determinare che la permittività dielettrica dell’area altamente riflettente è maggiore di 15, perfettamente in accordo con la presenza di materiali che contengono notevoli quantità di acqua liquida. «Questi risultati indicano che ci troviamo probabilmente in presenza di un lago subglaciale», conclude Elena Pettinelli dell’Università Roma Tre, «simile ai laghi presenti al di sotto dei ghiacci antartici, relativamente esteso e con una profondità certamente superiore alla possibilità di penetrazione delle frequenze usate da Marsis. In alternativa potrebbe trattarsi di un acquifero profondo nel quale l’acqua liquida riempie i pori e le fratture della roccia. Non siamo attualmente in grado di stimare con precisione la profondità del lago, ovvero dove si trova il fondo del lago o la base dell’acquifero, ma possiamo senza dubbio affermare che sia come minimo dell’ordine di qualche metro».

Per saperne di più:

Guarda su MediaInaf Tv l’intervista a Roberto Orosei:


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Il 27 luglio una Notte in Rosso: Eclisse Totale di Luna accompagnata da Marte in Grande Opposizione

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L’immagine mostra l’eclisse totale del 15 giugno 2011: una straordinaria interpretazione del fenomeno, in cui la Luna abbrunata si confonde con le nubi stellari della Via Lattea. Chi vuole provare a realizzare uno scatto simile anche quest’anno? Ricordiamo che lì vicino ci sarà anche Marte proprio durante la sua Grande Opposizione! Crediti fotografia: Amirreza Kamkar.

Prepariamoci quindi per la sera del 27 luglio quando osserveremo la colorazione rossa che assumerà la Luna, per effetto della rifrazione della luce solare che attraversa l’atmosfera della Terra, e col pianeta Marte separato dal nostro satellite da soli 4° con la sua consueta colorazione rossastra, ancora più accentuata dalle particolari condizioni osservative.

Pertanto assisteremo a un evento astronomico veramente eccezionale perfettamente visibile, oltre che in Italia, anche nel resto d’Europa, Sud America, Australia, Africa e nel Continente Asiatico, che non potrà non richiamare l’attenzione di molti appassionati ma anche di semplici osservatori del cielo.

Gli orari dell’evento

La Luna sorgerà alle 20:44 mentre l’eclissi avrà inizio alle 19:13 (ora legale), quando il nostro satellite si troverà ancora a -15° sotto l’orizzonte, con inizio della fase parziale alle 20:24 (Luna a -3°4′).

La totalità inizierà alle 21:29 (Luna a +6°) raggiungendo il massimo alle 22:21 (Luna a +12°45′) con fine dell’Eclisse Totale alle 23:13 (Luna +18°) con la notevole durata di 01:44 della fase massima, a cui seguirà il termine della fase di Penombra alle 01:30, quando il nostro satellite si appresterà a transitare sul meridiano a un’altezza di +25°.

Come sempre i dettagli sono per un’osservatore posto in Centro Italia (42°N – 12°E), gli orari delle varie fase dell’Eclisse non varieranno in maniera significativa, ma l’altezza della Luna si, al Nord (latitudine di Milano) la si vedrà circa 4° più bassa (e sorgerà quindi un po’ dopo) mentre al sud (latitudine Palermo) circa 4° più alta (sorgendo quindi un po’ prima). Per le circostanze esatte consultare un softare planetario o un sito per le effemeridi impostando la propria località di osservazione.

Continua con i consigli per l’osservazione di Francesco Badalotti su:

27 luglio 2018 Eclisse Totale di Luna

Mentre Giorgia Hofer ci da come sempre qualche spunto creativo e qualche consiglio tecnico per la ripresa:

Riprendiamo l’Eclissi di Luna Totale accompagnata da Marte

Altri suggerimenti utili li trovate anche in quanto pubblicato per le Eclissi di Luna del 2011, di Daniele Gasparri:

Riprendere le fasi parziali dell’Eclisse in HDR
Immagine profonda a largo campo della totalità
Riprendere il cono d’ombra della Terra

cono Luna

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Luglio 2018

Non dimenticate poi di consultare le pagine dedicare agli eventi di gruppi e associazioni astrofile, perché sono tante le serate osservative organizzate in tutta Italia! Ne troverete molte segnalate (nei prossimi giorni) tra i nostri eventi online e già adesso nelle pagine degli appuntamenti (da p. 238 a p. 249 con la locandina dell’evento della Società Astronomica Pugliese).

Marte in Grande Opposizione

Ma la Luna non sarà da sola durante questa Eclisse, a soli 4° a sudovest, potremo osservare brillantissimo di luce rossastra il pianeta Marte, che in queste settimane si mostra al suo meglio in una Grande Opposizione. All’evento abbiamo dato ampio spazio sia dal punto di vista osservativo che storico che… futuro, con un bell’articolo sulle sfide ancora da affrontare, e superare, per l’esplorazione umana del Pianeta Rosso, e del Sistema solare…

MARTE La Grande Opposizione 2018

Marte, testimone della Storia di Alessandro Vietti
La Grande Opposizione del 2018 di Gabriele Marini
Marte: cosa osservare? Una guida osservativa completa di Jeffrey D. Beish e Donald C. Parker – A.L.P.O.
Sognando Marte… La sfida di un viaggio interplanetario di Claudio Elidoro

La mappa mostra l’aspetto del cielo alle ore 22:30 del 31 luglio, giorno del massimo avvicinamento di Marte alla Terra. In quei giorni il Pianeta Rosso dimorerà tra le stelle del Capricorno, nella regione al confine con il Sagittario. Il 27 luglio, giorno dell’Opposizione geometrica, la Luna eclissata si troverà circa 4° in alto a sinistra (a nordest) rispetto al pianeta. Sarà un’occasione davvero speciale e imperdibile! Crediti: Coelum Astronomia CC-BY
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Astronomiamo

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astronomiamo

27.07: Eclisse al Gilda on the Beach
10.08, ore 22:30: Cielo in PIazza a Supino (FR)

Info: http://www.astronomiamo.it/

Unione Astrofili Italiani

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Tutti i primi lunedì del mese: UNA COSTELLAZIONE SOPRA DI NOI
Un viaggio deep-sky in diretta web con il Telescopio Remoto UAI – tele #2 ASTRA Telescopi Remoti. Osservazioni con approfondimenti dal vivo ogni mese su una costellazione del periodo. Basta un collegamento internet, anche lento. Con la voce del Vicepresidente UAI, Giorgio Bianciardi
http://telescopioremoto.uai.it

Le campagne nazionali UAI

27 luglio La notte della Luna & del Pianeta Rosso!
La notte più ricca di eventi astronomici dell’anno: in prima serata l’eclisse totale di Luna, in congiunzione con il pianeta Marte all’opposizione. La Luna Rossa incontra il Pianeta Rosso! Un evento che il pubblico potrà seguire in occasione delle innumerevoli serate osservative organizzate dalle associazioni di astrofili su tutto il territorio nazionale
http://divulgazione.uai.it

10-12 agosto Le Notti delle Stelle
Il più atteso appuntamento dell’estate astronomica durante il quale le associazioni astrofile proporranno una o più serate dedicate all’osservazione delle Perseidi. L’iniziativa è abbinata a “Calici di Stelle” manifestazione enogastronomica promossa il 10 agosto dal Movimento Turismo del Vino e dall’Associazione Nazionale Città del Vino.
http://divulgazione.uai.it

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