I due nuovi corsi di Astronomia
L’Anno Accademico 2018-2019 della nostra Scuola di Astronomia si apre con due corsi, uno il lunedì, l’altro il giovedì, che dureranno fino a novembre presso la nostra sede dell’EUR.
L’Astronomia Insolita e Curiosa Da lunedì 17 settembre: otto conferenze su moltissime curiosità e aneddoti raramente divulgati al pubblico, per scoprire gli aspetti più insoliti ed incredibili del cielo e della scienzache lo studia.
Come si Osserva il Cielo Da giovedì 27 settembre: corso base completo di astronomia pratica: tutte le competenze che servono per diventare astrofili! Con guida alla sceta del primo telescopio, tecniche osservative e fotografiche e lezioni pratiche sotto le stelle.
L’equazione è di quelle brevissime, appena tre termini, come si addice alle più eleganti tra le rappresentazioni matematiche della Natura: v = H0 D. Ciò che descrive è uno fra i tratti caratteristici del nostro universo: la velocità della sua espansione. E ciò che implica – descrivendo, appunto, un universo in espansione – è nientemeno che il big bang. Un’equazione fondamentale, dunque, conosciuta fino a oggi come Legge di Hubble. Ma presto potrebbe cambiare nome. E diventare “Legge di Hubble-Lemaître”, in onore del fisico e astronomo belga che per primo la formulò: Georges Lemaître, prete diocesano.
La proposta, da tempo nell’aria, è del comitato esecutivo della Iau, l’Unione astronomica internazionale. Gli stessi che hanno il potere di dare i nomi alle stelle, per dire. Gli stessi che, nel 2006, sancirono che Plutone non è più un pianeta. E proprio i malumori che fecero seguito a quella storica risoluzione li hanno ora indotti a procedere con cautela: la risoluzione sulla Legge di Hubble-Lemaître, pur approvata dai circa 3000 iscritti all’Iau presenti a Vienna la settimana scorsa in chiusura dell’Assemblea generale, per diventare effettiva dovrà superare il voto – questa volta elettronico – di tutti i circa diecimila membri dell’Unione.
Insomma, per la decisione definitiva occorre aspettare ancora tre mesi. Nell’attesa, per comprendere le ragioni storiche e scientifiche di questa risoluzione, abbiamo chiesto aiuto – e un parere – all’astrofisico Massimo Della Valle, dirigente di ricerca all’Inaf di Napoli.
«Nel 1927 Lemaître pubblica – in francese e su un giornale poco diffuso, gli Annales de la Société Scientifique de Bruxelles, l’articolo “Un Univers homogène de masse constante et de rayon croissant rendant compte de la vitesse radiale des nébuleuses extragalactiques” (“Un Universo omogeneo con massa costante e raggio crescente che spiega le velocità radiali delle nebulose extragalattiche”, come venivano chiamate allora le galassie esterne alla nostra). In quest’articolo Lemaître non si limita a scoprire le soluzioni dinamiche alle equazioni della relatività generale di Einstein (peraltro già trovate da Friedmann nel 1922), dalle quali deriva quella che oggi è conosciuta, appunto, come “legge di Hubble” – cioè che la velocità di recessione delle galassie è linearmente proporzionale alla distanza: Lemaître va oltre. Utilizzando le velocità di 42 galassie, misurate qualche anno prima da Vesto Slipher, e le loro luminosità, derivate nel 1926 da Hubble, determina il tasso di espansione dell’universo. Quindi è Lemaître a misurare, prima di Edwin Hubble, la costante H0 ,successivamente chiamata costante di Hubble. Lemaître trova due valori», ricorda Della Valle, «575 km/s e 670 km/s per megaparsec, e assume un valore medio di 625 km/s per megaparsec. Due anni dopo, nel 1929 e poi nel 1931 con Humason, Edwin Hubble raffina la misura trovando H0 pari a circa 500 km/s per megaparsec [ndr: oggi è stimata fra i 66 e i 75 km/s/megaparsec]».
Come mai, allora, la relazione è stata invece attribuita all’astrofisico statunitense? «In molte storie importanti non mancano i colpi di scena. Questa non fa eccezione. Nel 1931», continua Della Valle, «l’editore di Monthly Notices of the Royal Astronomical Society suggerì a Lemaître di fornire una versione in inglese del suo lavoro del 1927, per poterla pubblicare sul suo giornale. Il lavoro viene pubblicato, ma ne manca un pezzo, come appurato successivamente da vari autori, fra i quali l’astrofisico Sidney van den Bergh, che nel 2011 scriveva: “sembra che il traduttore dell’articolo di Lemaître del 1927 abbia deliberatamente cancellato quelle parti del documento che si occupavano della determinazione di ciò che viene attualmente chiamato parametro di Hubble. La ragione di ciò rimane un mistero”».
Lost in translation
Insomma, è come se il contributo di Lemaître fosse andato “perduto” nel corso della traduzione. Chi ha “censurato” Lemaître quando ha tradotto l’articolo? «Il mistero è stato recentemente svelato da Mario Livio», spiega a Media Inaf Della Valle, «mentre era astronomo allo Space Telescope Institute di Baltimora. Rovistando tra la corrispondenza della Royal Astronomical Society e nell’archivio di Lemaître, Livio ha trovato una lettera autografa di Lemaître nella quale l’astrofisico belga chiarisce di essere stato lui stesso a tradurre il lavoro del 1927, e a censurarlo in alcuni suoi paragrafi che considerava importanti nel 1927 ma irrilevanti nel 1931, perché oramai superati dopo la pubblicazione nel 1929 dell’articolo di Hubble».
La “colpa”, dunque, di altri non è se non dell’incredibile modestia di Lemaître stesso. Come del resto sottolinea la risoluzione della Iau, laddove nelle motivazioni, accanto al voler dare il giusto riconoscimento a entrambi gli scienziati, sottolinea la volontà di onorare l’integrità intellettuale di Georges Lemaître, che gli ha fatto anteporre il progresso della scienza alla visibilità personale. «Chiamare la legge di Hubble “legge di Hubble-Lemaître” mi pare doveroso», conclude Della Valle.
La mattina dell’8 settembre, guardando verso est, potremo scorgere, con un po’ di difficoltà, una sottilissima falce di Luna (fase del 3%) a circa 13° sull’orizzonte, mentre passa a 5,6° a nordovest della stella Regolo (alfa Leonis; mag. +1,4) e 9,2° a nordovest del pianeta Mercurio (mag. –1,2), posto ad appena 3° di altezza.
L’osservazione e la ripresa saranno alquanto difficili, non solo per via dell’esigua altezza degli oggetti sull’orizzonte (cosa che richiede un ottimo seeing e un orizzonte libero da ostacoli) ma anche per il chiarore del cielo, illuminato dal crepuscolo mattutino. Per chi desidera provare la ripresa, PhotoCoelum attende i vostri lavori!
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Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Settembre su Coelum Astronomia 225
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La mattina del 7 settembre, se avremo voglia di alzarci presto, guardando verso est-nordest, potremo ammirare una particolare congiunzione tra una sottile falce di Luna (fase 9%) che si avvicinerà ad appena 1°40’ dal centro dell’ammasso del Presepe (M 44, Beehive Cluster).
Il luogo del rendez-vous è ovviamente quello della costellazione del Cancro, che ospita l’ammasso nel suo cuore.
Da notare che nel periodo tra le 4:40 e le 5:30 circa si verificherà anche l’occultazione della stella Asellus Australis (Delta Cnc, mag.+3,9) da parte della Luna e sarà quindi possibile seguire visualmente o fotograficamente anche questo interessante fenomeno (l’occultazione avviene dal lembo illuminato del nostro satellite naturale). Le occultazioni di nota le trovate ogni mese all’interno della guida giorno per giorno.
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8 settembre ore 10:00: “Il Sole e dintorni” Osservazioni con i telescopi del GAL Hassin
Astronomia in Planetario “L’altra metà del Cielo”
ore 17:00: Paolo Nespoli si racconta: la mia VITA sulla Stazione Spaziale Internazionale interviene Roberto Battiston Presidente Agenzia Spaziale Italiana Assegnazione PREMIO GAL HASSIN 2018
ore 21:00 STARLIGHT – settemillimetridiuniverso Spettacolo teatrale di e con Filippo Tognazzo Zelda – Compagnia teatrale
9 settembre
ore 10:00: “La nostra stella: il Sole” Osservazioni del Sole con i telescopi del GAL Hassin
Le ombre del Tempo: Gli orologi del GAL Hassin
ore 17:00 Meteoriti: testimoni di ciò che fu quando tutto era in divenire Conferenza di Giovanni Pratesi
ore 18:00 Storia sentimentale con l’Astronomia Sabrina Masiero intervista Piero Bianucci
ore 19:00 Sotto il cielo di Primo Levi Conferenza di Piero Bianucci
Alle 00:00 del 1 settembre la Luna in fase Calante avrà un’età di 20,50 giorni a un’altezza di +13° sopra l’orizzonte orientale fra le stelle della Balena raggiungendo l’Ultimo Quarto alle 04:37 del 3 settembre quando si troverà a +47° 38’ sopra l’orizzonte.
La Fase calante culminerà col Novilunio alle 20:01 del giorno 9, da cui ripartirà il nuovo ciclo lunare col nostro satellite in Fase Crescente.
Come prima e principale proposta, questo mese il target riguarda l’osservazione del Sinus Asperitatis nella serata del 15 settembre, la tormentata ed estremamente interessante regione lunare situata nel settore sudorientale del nostro satellite, fra il mare Nectaris e il margine meridionale del mare Tranquillitatis.
20 settembre. I massicci montuosi Mons La Hire, Mons Vinogradov e Mons Delisle
La seconda proposta di questo mese è per il 20 settembre dalle 20:00 circa quando concentreremo l’attenzione su una ristretta area posta fra i mari Imbrium e Procellarum e precisamente visiteremo Mons La Hire, Mons Vinogradov e Mons Delisle, eccezionali massicci montuosi che si innalzano più o meno isolati in questa enorme distesa pianeggiante.
22 settembre. Il cratere Reiner Gamma e la sua anomalia magnetica
La terza proposta di settembre ci porta sul cratere Reiner Gamma. Con il suo diametro di 41 km, almeno apparentemente sembra appartenere alla variegata categoria dei cosiddetti “crateri fantasma”, cioè quasi completamente sepolti sotto lo strato di regolite che ricopre (in modo non uniforme) la superficie del nostro satellite. Rilevazioni strumentali effettuate dalle sonde rilevarono che Reiner Gamma sarebbe sede di una notevole anomalia magnetica…
➜ La Luna mi va a pennello. Se la fotografia non basta, Gian Paolo Graziato ci racconta come dipingere dei rigorosi paesaggi lunari, nei più piccoli dettagli… per poi lasciarsi andare alla fantasia e all’imaginazione! Su Coelum Astronomia n. 211
E tutte le precedenti rubriche di Francesco Badalotti, con tantissimi spunti per approfondire la conoscenza del nostro satellite naturale. Per ogni formazione basta attendere il momento giusto!
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Uno è dell’agenzia spaziale giapponese Jaxa, si chiama Mmo(Mercury Magnetospheric Orbiter) e avrà il compito di studiare in dettaglio l’ambiente magnetico di Mercurio, l’interazione del pianeta con il vento solare e la chimica della sua impalpabile esosfera. L’altro è dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, si chiama Mpo (Mercury Planetary Orbiter) ed è quello della coppia che più si avvicinerà a Mercurio, per analizzarne la superficie e la composizione. Sono i due orbiterdella missione BepiColombo: è al loro interno che si trovano tutti gli strumenti scientifici, e finalmente – superata con successo l’ultima revisione, la qualification acceptance review – i tecnici dell’Esa hanno potuto impilarli l’uno sull’altro nella configurazione di volo: quella che manterranno per l’intera durata del viaggio, dal momento del lancio fino a quello della separazione, in programma fra sette anni, per poi procedere ciascuno per conto proprio in orbita attorno al pianeta più interno del Sistema solare.
«La notizia spiana la strada al lancio della sonda previsto per il 19 ottobre», dice a Media InafFrancesco Santoli dell’Inaf Iaps di Roma, deputy principal investigator dello strumento Isa. «I miei complimenti alle persone che lavorano alacremente a Kourou perché tutto sia pronto per quella data. Accanto a questa fervente attività sullo spacecraft, anche i team scientifici, in particolare i quattro strumenti italiani coinvolti in questa importante missione europea-giapponese, stanno concentrando i loro sforzi nella preparazione delle operazioni da fare subito dopo il lancio. Durante le prossime settimane, Isa, Serena, More e Simbio-Sys parteciperanno, infatti, alle simulazioni della near-earth commissioning phase presso il controllo di missione Esa di Darmstadt, in Germania».
Isa, Serena, More e Simbio-Syssono, appunto, i quattro strumenti a guida italiana della missione, tutti ospitati nell’orbiter Mpo. Per quest’ultimo, e per il modulo di trasferimento Mtm, è già in programma per la settimana che va dal 5 al 12 settembre il rifornimento di propellente, punto di non ritorno che prelude al lancio, in calendario per le le 3:45 ora italiana del 19 ottobre da Kourou, nella Guyana francese, a bordo di un vettore Ariane V.
Tutti i martedì sera, dalle 21:00 alle 23:00, presso l’Osservatorio Astronomico “G. Beltrame” in Via S.Giustina 127 ad Arcugnano (VI): Osservazione pubblica del cielo.
L’osservatorio sarà aperto al pubblico. La partecipazione è gratuita e non è necessario prenotare. www.astrofilivicentini.it
Alle prime ore del 3 settembre, volgendo il nostro sguardo verso est-nordest, potremo ammirare una stretta congiunzione tra la Luna (fase 51%) e la stella alfa del Toro, la bella Aldebaran (mag. +0,9). Il teatro dell’incontro è quello magnifico dell’ammasso aperto delle Iadi.
Guardando più a nord, potremo scorgere anche le Pleiadi (M 45).
Gli astri, all’ora indicata, saranno a un’altezza di circa 26° e distanti solo 32’.
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Iniziamo settembre con un bell’incontro, da osservare per ben due sere consecutive, l’1 e il 2 settembre, tra il brillante pianeta Venere (mag. –4,6) e la stella alfa della costellazione della Vergine, Spica (mag. +1,0). Dovremo guardare verso ovestsudovest e, non appena il cielo si sarà fatto sufficientemente scuro (anche se ancora rischiarato dalle luci del tramonto) potremo scorgere la coppia di astri, molto bassi sull’orizzonte (circa 9°).
La distanza che li separa sarà di circa 1° e mezzo, con Venere posto a sudovest della stella dal colore spiccatamente azzurrino. Sarà una bella occasione per scattare delle fotografie di paesaggio che comprendano questo incontro astrale, anche se non avremo molto tempo: Venere tramonterà infatti alle 21:08 circa.
Per uno spunto in più: si può seguire nelle sere seguenti l’allontanamento di Venere da Spica, per creare un’immagine incastonata nel paesaggio come suggerito in “La danza dei pianeti”di Giorgia Hofer.
➜ Scopri le costellazioni del Cielo di settembre con la UAI, che questo mese ci porta nel pieno del Triangolo Estivo
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Guardando verso occidente, saranno ancora visibili, declinanti e prossime al tramonto, le estese costellazioni della tarda primavera: il Boote con la brillante Arturo (mag. +0,15), Ofiuco, Ercole e il Serpente, mentre verso sudovest starà già tramontando il Sagittario portando con sé Saturno, seguito dal Capricorno, a sud, con Marte, ancora brillante dopo la grande opposizione del luglio scorso.
L’evento più importante del mese per la nostra stella sarà ovviamente il passaggio al nodo discendente sull’equatore celeste il giorno 23, quando in pratica il Sole avrà declinazione pari a zero e si verificherà l’Equinozio d’Autunno, ovvero l’istante in cui inizia l’autunno astronomico (la primavera per l’emisfero Sud).
COSA OFFRE IL CIELO
I pianeti esterni, Marte, Giove e Saturno, stanno un po’ tutti diminuendo la loro visibilità, che hanno sfoggiato nel corso dell’estate, ma ancora non ci abbandonano, e continueranno ad essere visibili nella prima parte della notte, pur tenendo a tramontare sempre prima. Venere continuerà ad accendere la prima serata, mentre Mercurio sarà padrone del cielo dell’alba, che condividerà con i grandi pianeti gassosi Urano e Nettuno ma troppo lontani per essere osservati a occhio nudo.
Con tutti i pianeti a disposizione tante saranno le configurazioni più o meno strette da tenere d’occhio, complici la Luna e le brillanti stelle del cielo di fine estate. In particolare più d’una le formazioni in “movimento” da osserva per più sere consecuitve, e per le quali vale la pena rispolverare i consigli di Giorgia Hofer per la ripresa della Danza dei pianeti. Tenete d’occhio le nostre pagine e i nostri canali social oppure…
Come sempre dettagli e consigli su ➜ Il Cielo di Settembresu Coelum Astronomia 225
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Da Coelum astronomia 223 non dimentichiamo invece Catch the Iridium! Un appello per tutti gli astrofotografi, riprendiamo gli iridium flare prima che… scompaiano!
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Tre giornate in cui relatori italiani e internazionali propongono incontri, letture, spettacoli, laboratori e momenti di approfondimento culturale, indagando i cambiamenti, le energie e le speranze della società di oggi, rivolgendosi con un linguaggio accessibile al pubblico ampio e intergenerazionale.
Segnaliamo il 1 settembre alle 12:00 al Canale Lunense a Sarzana: “Gli Argonauti alla ricerca della materia oscura”. Cristiano Galbiati, parlerà di comunità, in particolare della sua: un’intera comunità di fisici alle prese con la costruzione di strumenti di precisione per catturare i segnali della materia oscura nei laboratori del Gran Sasso dove nascerà DarkSide, uno dei programmi più avanzati al mondo per la ricerca della materia oscura.
Osservatorio Astronomico Provinciale di Montarrenti, SS. 73 Ponente, Sovicille (SI). 01.09, 21.30: Il Cielo del mese. L’appuntamento per il pubblico presso Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola ”Palmiero Capannoli” per osservare il cielo di fine estate. Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione a Davide Scutumella 3388861549. In caso di tempo incerto telefonare per conferma.
14.09, ore 21:30: Il cielo al castello di Montarrenti. Serate osservative ogni secondo e quarto venerdì del mese. Prenotazione obbligatoria. Protagonisti gli ammassi stellari (sia globulari che aperti), i pianeti Saturno e Marte e la Luna, quasi al primo quarto. Prenotazione obbligatoria. In caso di tempo incerto telefonare per conferma.
28.09, ore 21:30: Bright! La notte dei ricercatori. Astronomia al castello di Montarrenti. Serate osservative ogni secondo e quarto venerdì del mese. In occasione di “Bright! La notte dei ricercatori” si terranno anche due conferenze a cura di Giorgio Bianciardi, direttore dell’Osservatorio e vice presidente UAI. Prenotazione obbligatoria. In caso di tempo incerto telefonare per conferma.
28.09, ore 21:30: Bright! La notte dei ricercatori: Osservazione da Piazza del Campo. Nell’ambito di “Bright! La notte dei ricercatori”, la nostra associazione parteciperà all’osservazione pubblica da Piazza del Campo a Siena. In collaborazione con l’Università di Siena. Info su www.bright-toscana.it.
Per le prenotazioni: tramite il sito oppure inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) o un sms al 3482650891 (Giorgio).
Seguiteci su www.astrofilisenesi.it e sulla nostra pagina facebook Unione Astrofili Senesi
Con la seconda versione del catalogo GAIA, rilasciata il 25 aprile 2018 e indicata con la sigla DR2, gli astronomi hanno fatto alcune importanti scoperte sulla nostra galassia. La più recente però non viene da un astronomo professionista: una mappa 3D della Via Lattea, che riguarda le stelle OB, le stelle più calde, luminose e massicce della nostra Galassia. Con questa ultima mappa 3D, Gaia ha fornito agli astronomi un altro strumento per esplorare la distribuzione e la composizione della nostra galassia, nonché la sua evoluzione passata e futura.
La missione Gaia ha avuto inizio nel dicembre del 2013 e ad oggi ha studiato un totale di 1 miliardo di oggetti – tra cui stelle lontane, pianeti, comete, asteroidi, quasar, ecc. – per creare il catalogo spaziale 3D più ampio e preciso mai fatto.
Dal nostro punto di vista “interno” (anche se alla periferia della nostra galassia) non è affatto semplice mappare la struttura della Via Lattea o ricostruire la distribuzione delle stelle nel suo disco. Senza contare che si tratta di una galassia “piatta” con bracci a spirale e noi la vediamo proprio di taglio, giacendo praticamente sul piano galattico. Di conseguenza, gli astronomi hanno dovuto fare affidamento sulle osservazioni di altre galassie per capire a cosa somiglia la nostra.
Fino a quando non è stato possibile mappare le posizioni e i movimenti di oltre un miliardo di oggetti. In questo modo è stato possibile costruire un modello tridimensionale, e anche in evoluzione, dell’ambiente che ci circonda. Utilizzando i dati di 40.000 stelle OB situate a una distanza di circa 10.000 anni luce dal Sole (3000 parsec), Kevin Jardine – sviluppatore di software (galaxymap.org) e astronomo dilettante specializzato nell’uso di dati astronomici – è stato in grado di creare una mappa completa delle stelle più calde del nostro “quartiere”.
Poiché le stelle OB hanno una vita relativamente breve – fino a poche decine di milioni di anni – si concentrano per lo più vicino al loro sito di formazione nel Disco Galattico. Durante la loro vita, queste stelle emettono una quantità considerevole di radiazioni ultraviolette, che ionizzano rapidamente il gas interstellare circostante. In questo modo è stato possibile utilizzare la loro disposizione per tracciare la distribuzione complessiva di stelle giovani, i siti di formazione stellare e le braccia a spirale della galassia con un alto grado di precisione.
Scrive Jardin nel suo blog: «Ho sviluppato questa mappa con l’aiuto degli scienziati della missione Gaia dell’Agenzia spaziale europea e dei ricercatori delle università di Leiden e Heidelberg. Include isosfere di densità di stelle che mappano le principali concentrazioni delle stelle di classe O, B e A più calde nella release Gaia DR2, circa 5000 stelle ionizzanti estremamente calde, nuvole di polvere e regioni HII. Meglio ancora, è disponibile sia in forma frontale, vista dall’alto della Via Lattea, sia in una vera versione 3D nell’ultima versione di Gaia Sky».
Per elaborare l’enorme mole di dati del catalogo DR2, Kevin ha infatti utilizzato una tecnica che viene spesso impiegata in medicina per visualizzare il tessuto di organi e ossa nelle scansioni TC (tomografia computerizzata): le isosuperfici di densità, dove una superficie liscia rappresenta punti di valore costante all’interno di un volume di spazio tridimensionale, e consente di visualizzare regioni di diversa densità.
Nel caso della sua mappa di stelle calde, le diverse regioni del disco galattico sono rappresentate da colori diversi in base alla densità di stelle ionizzanti. In rosa le regioni di densità più elevate per arrivare, passando per toni di viola, a quelle in blu, che indicano le regioni a più bassa densità. In verde vediamo indicate le concentrazioni di polvere interstellare (ricavate da altri indagini astronomiche) e come sfere rosse le nubi note di gas ionizzato.
La mappa assume così un aspetto insolito, in cui le concentrazioni di stelle sembrano essere disposte in raggi che si estendono dal centro, piuttosto che in bracci a spirale, ma è un effetto dovuto solo alle nubi di polvere più fredde che ostacolano la vista delle stelle che, in linea di vista, stanno dietro.
Nel suo blog, Jardine, orgoglioso del lavoro portato a termine, ha ringraziato tutti coloro che hanno contribuito a renderlo possibile. «A volte i sogni diventano realtà», ha scritto. «Oggi posso annunciare una mappa dettagliata della Via Lattea fino a 3000 parsec o circa 10 mila anni luce dal Sole … Gestisco questo sito da quasi 14 anni, ma oggi sembra un nuovo inizio».
Nel frattempo, un’estensione è già stata approvata per la missione Gaia, che rimarrà operativa fino alla fine del 2020. Una versione interattiva di questa mappa è disponibile anche come parte di Gaia Sky, un software di visualizzazione 3D di astronomia in tempo reale sviluppato per la missione di Gaia presso l’Università di Heidelberg, l’Astronomisches Rechen-Institut.
Il 17 agosto, mentre entrava ufficialmente nella fase di approccio a Bennu, la sonda OSIRIS-REx (Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer ) ha ottenuto le prime immagini del suo asteroide bersaglio da una distanza di 2,2 milioni di km, quasi sei volte la distanza Terra-Luna. I cinque fotogrammi sono stati registrati dalla fotocamera telescopica PolyCam nell’arco di un’ora, per fini di calibrazione e di navigazione ottica. Bennu è visibile come un oggetto in movimento davanti alle stelle della costellazione del Serpente. A questa distanza, Bennu appare ancora puntiforme; infatti, secondo le misure radar, il suo diametro medio è intorno a 510 metri e quindi, alla distanza attuale, sottintende un angolo di 0,05 secondi d’arco, 20 volte più piccolo della risoluzione della PolyCam, che è un vero e proprio telescopio con apertura di 20 cm.
«Ora che OSIRIS-REx è abbastanza vicino da poter osservare Bennu, il team della missione passerà i prossimi mesi ad apprendere il più possibile sulle dimensioni, la forma, le caratteristiche della superficie e i dintorni dell’asteroide prima che la sonda arrivi a destinazione», ha detto Dante Lauretta, Investigatore principale di OSIRIS-REx presso l’Università dell’Arizona. «Dopo aver passato così tanto tempo a pianificare questo momento, non vedo l’ora di vedere cosa ci rivela Bennu».
Partita l’8 settembre 2016, un anno dopo Osiris Rex effettuò un “gravity assist” con la Terra. La sonda, che ha percorso 1,8 miliardi di km, ha effettuato l’ultima correzione di rotta (la Deep Space Maneuver o DSM-2) lo scorso 28 giugno; attualmente, si avvicina all’asteroide con una velocità di circa 0,55 km/s. Il payload scientifico del veicolo spaziale comprende l’insieme di fotocamere OCAMS (PolyCam, MapCam e SamCam), lo spettrometro termico OTES, lo spettrometro OVIRS visibile e infrarosso, l’altimetro laser OLA e lo spettrometro a raggi X REXIS.
Durante la fase di avvicinamento appena iniziata, OSIRIS-REx osserverà regolarmente la regione attorno all’asteroide per cercare eventuali pennacchi di polvere o satelliti naturali e studierà le proprietà fotometriche e spettrali di Bennu. Il 1 Ottobre, poi, eseguirà la prima di quattro manovre dette “Asteroid Approach Maneuver” per ridurre la sua velocità; questa prima manovra AAM-1 ridurrà il moto relativo a Bennu da 506 a 144 m/s.
A metà ottobre, poi, verrà espulsa la copertura protettiva del braccio destinato a raccogliere campioni dell’asteroide da riportare a Terra; successivamente esso verrà esteso e fotografato per la prima volta dopo il lancio. Giunta a meno di 100mila km da Bennu, OCAM comincerà a rivelare la forma generale dell’asteroide verso la fine di ottobre e a metà novembre inizierà a rilevarne le caratteristiche superficiali. Dopo l’arrivo, il veicolo spaziale trascorrerà il primo mese sorvolando rispettivamente il polo nord, l’equatore e il polo sud di Bennu, a distanze comprese tra 19 e 7 km. Analogamente a quanto ha appena fatto Hayabusa-2 con Ryugu, queste manovre consentiranno la prima misurazione diretta della massa dell’asteroide e permetteranno osservazioni ravvicinate della sua superficie.
Il veicolo spaziale esaminerà estensivamente l’asteroide prima che il team di missione identifichi due possibili siti di raccolta. La raccolta dei campioni su uno di questi due siti è programmata per l’inizio di luglio 2020, dopo di che il veicolo spaziale tornerà verso la Terra; la capsula che conserva tali campioni si separerà dal veicolo principale e atterrerà nel deserto dello Utah nel settembre 2023.
Per i futuri aggiornamenti sullo stato della sonda e sulla manovra di avvicinamento, si veda il nuovo Mission Log dedicato.
Tutti i martedì sera, dalle 21:00 alle 23:00, presso l’Osservatorio Astronomico “G. Beltrame” in Via S. Giustina 127 ad Arcugnano (VI): Osservazione pubblica del cielo.
L’osservatorio sarà aperto al pubblico. La partecipazione è gratuita e non è necessario prenotare. Durante le aperture al pubblico verranno effettuate anche delle mini conferenze e dei mini corsi i cui contenuti saranno pubblicati di volta in volta sui vari canali social del nostro gruppo e sul Giornale di Vicenza. L’apertura avrà luogo con qualsiasi tempo.
Astrorazzo all’Osservatorio Astrofisico di Asiago 28.08, dalle 9.30 alle 12:30 e dalle 14:40 alle 18:00. I ragazzi dai 6 ai 14 anni potranno costruire il proprio razzo dotato di endoreattore a propellente solido e lanciarlo in tutta sicurezza. I ragazzi devono essere accompagnati da un genitore. Prenotazione obbligatoria entro il 31 luglio, i posti sono limitati.
Info prenotazioni e costi: visite.asiago@oapd.inaf.it. SIT (sportello informazioni turstiche): 0424 462221. In caso di maltempo l’evento verrà rinviato a domenica 2 settembre.
Manca davvero poco! A ottobre la sonda Hayabusa 2, sviluppata dall’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA), entrerà nel pieno della sua missione, tentando la raccolta di almeno un grammo di roccia dalla superficie dell’asteroide, da riportare poi a terra per le analisi, e rilasciando i suoi quattro passeggeri, che condurranno invece indagini direttamente sulla superficie: il lander europeo (da una collaborazione tra Germania e Francia) MASCOT da 10 kg e i tre piccoli rover Minerva di mezzo chilo ciascuno.
Hayabusa 2 è arrivata alla sua meta lo scorso 27 giugno, dopo un viaggio di tre anni e mezzo e 3,2 miliardi di km percorsi. Ha terminato la sua corsa posizionandosi in un’orbita a circa 20 km dalla superficie, regalandoci alcune immagini ravvicinate di questo curioso asteroide dalla forma inusuale simile a un diamante.
Non conoscendo in dettaglio la forma e la superficie dell’asteroide al momento della partenza, il lavoro del team di missione è stato per lo più quello di capire dove far lavorare, e atterrare, la sonda e i suoi passeggeri robotici, cercando un punto particolarmente “pulito” e incontaminato della superficie e meno esposto ai pericoli dell’ambiente spaziale attorno all’asteroide.
«L’ambiente spaziale non è cordiale, bombarda l’asteroide di micrometeoriti, vento solare e cicli termici» ci dice Deborah Domingue, del team scientifico di Hayabusa2 e scienziato senior presso il Planetary Science Institute in Arizona.
L’orbita di Ryugu lo porta più vicino e più lontano dal Sole, facendo contrarre e espandere la roccia di cui è composto, il che influenza non solo la composizione minerale della superficie ma anche l’elasticità della roccia. E la composizione minerale non è l’unica sfida, la sonda infatti, per poter raccogliere i campioni e poi ripartire in direzione verso casa, avrà bisogno di cadere verso la superficie dell’asteroide, raccogliere la regolite superficiale e rimbalzare verso la sua orbita (sono previsti tre di questi “touchdown” durante la missione). È chiaro che è necessaria una zona relativamente pulita senza grandi massi che possano essere da ostacolo.
La navicella è ora impegnata in manovre di test in preparazione dell’atterraggio, avvicinandosi e allontanandosi dall’asteroide con distanze che variano tra i 20 chilometri dell’orbita iniziale fino anche a meno di un chilometro dalla superficie (circa 800 metri!), variazioni di altitudine utili anche a misurare la gravità di Ryugu.
Per quanto riguarda i passeggeri, i tre piccoli rover verranno rilasciati sull’emisfero nord dell’asteroide, mentre il più grosso MASCOT verrà fatto rotolare in un punto dell’emisfero sud, il che garantirà anche una maggiore copertura nello studio della superficie.
Dai 10 punti selezionati dagli esperti delle tre agenzie spaziali coinvolte, è da poco emerso quello che probabilmente sarà la zona di rilascio di MASCOT. Con un simpatico botta e risposta tra la sonda e il lander, che spiega anche a grandi a linee i motivi della scelta, il giorno e il luogo del rilascio sono stati comunicati dal profilo twitter di MASCOT: il 3 ottobre la data prescelta e il punto di atterraggio potete vederlo indicato con la sigla MA-9 nell’immagine a sinistra.
La scelta tiene conto, oltre che delle caratteristiche del suolo, dei possibili rimbalzi che il lander farà per coprire quanta più superficie possibile nelle 15 ore in cui sarà attivo, facendo in modo che in quel periodo la zona risulti illuminata dal Sole. MASCOT non è un rover, infatti, ma ha un meccanismo interno, una sorta di martello, che agevolerà i salti e i rimbalzi, sfruttando la bassa gravità sulla superficie, facendolo rotolare quasi come un… dado truccato.
Allo stesso modo è stato indicato il punto in cui la sonda Hayabusa 2 potrebbe invece effettuare il primo prelievo, il punto L8 nella mappa qui a destra.
Se tutto andrà come previsto, Hayabusa 2 studierà il grande asteroide dall’orbita per altri 16 mesi e scenderà più volte per raccogliere campioni di materiale, mentre MASCOT e i tre piccoli rover raccoglieranno informazioni dalla superficie dell’asteroide.
«Siamo anche consapevoli [delle difficoltà]: sembra che ci siano grossi macigni sulla maggior parte della superficie di Ryugu e praticamente quasi nessuna superficie di regolite pianeggiante», ha aggiunto il project manager di MASCOT Tra-Mi Ho, del DLR Institute of Space Systems tedesco. «Sebbene scientificamente molto interessante, questa è anche una sfida per un piccolo lander e per la raccolta di campioni».
Il rientro della sonda è previsto per il dicembre del 2019, e arriverà sulla Terra con il suo prezioso carico un anno dopo, a dicembre 2020.
Nelle zone più scure e fredde, ai poli della superficie lunare, un team di scienziati ha osservato in modo diretto prove definitive della presenza di ghiaccio d’acqua. Depositi di ghiaccio distribuiti in modo irregolare e probabilmente molto antichi, maggiormanete concentrati nel polo su, ma con tracce sparse anche al polo nord.
Il team, guidato da Shuai Li dell’Università delle Hawaii e della Brown University ha utilizzato i dati dello strumento Moon Mineralogy Mapper (M3) della NASA per identificare tre firme specifiche che dimostrano definitivamente che c’è ghiaccio d’acqua sulla superficie della Luna.
Lo strumento M3 si trova a bordo della sonda Chandrayaan-1, lanciata nel 2008 dall’Indian Space Research Organization, ed è destinato unicamente alla rilevazioni di dati per confermare la presenza di ghiaccio d’acqua solido sulla superficie lunare. M3 può infatti non solo osservare e verificare le proprietà riflettive attese dalla superficie ghiacciata, ma anche misurare direttamente il modo distintivo con cui le molecole d’acqua assorbono i raggi infrarossi, potendo così differenziare la forma, solida, liquida o sotto forma di vapore, in cui l’acqua può presentarsi.
La maggior parte del ritrovato di ghiaccio d’acqua giace nell’ombra dei crateri vicino ai poli, dove le temperature più calde non raggiungono mai i -250 gradi Fahrenheit, a causa dell’inclinazione molto piccola dell’asse di rotazione della Luna che impedisce al Sole di raggiungere queste regioni.
Le prime osservazioni avevano trovato prove indirette di presenza di ghiaccio al polo sud lunare, ma potevano essere un fenomeno spiegabile in altri modi, ad esempio una inusuale riflettività del suolo lunare, ora invece la prova è definitiva… c’è ghiaccio d’acqua sulla Luna e potrebbe diventare una risorsa importante per una eventuale colonizzazione umana.
Il ghiaccio in superficie diventa infatti un bacino facilmente utilizzabile per una eventuale esplorazione umana ma anche per installare una postazione fissa, sicuramente più accessibile dell’acqua che si trova al di sotto della superficie.
Con queste premsse, la missione assume velocemente importanza e capire più di questo ghiaccio, come mai si trova lì, da dove proviene e come interagisce con l’ambiente lunare, diventa missione chiave per la NASA e i suoi partner commerciali, impegnati nella programmazione di nuove missioni per tornare ad esplorare di persona il mondo a noi più vicino, la Luna.
Marte lo possiamo veder brillare ancora di luce rosso-arancio sull’orizzonte sudest per tutta la sera, reduce della sua Grande Opposizione 2018. Purtroppo osservandolo attraverso un telescopio non ha dato grande soddisfazione agli astrofotografi in attesa, per tutta l’estate è infatti stato quasi completamente coperto da una tempesta di sabbia che ha oscurato le sue principali formazioni, che tanti appassionati speravano di osservare e riprendere con un dettaglio possibile solo ogni 15/17 anni circa. C’è comunque chi continua a monitorarlo, per cogliere quel poco che emerge dalla foschia e magari essere pronto a testimoniare la fine di questa lunga tempesta, che dopo il picco massimo di metà luglio, sembra essere sulla via del diradamento…
Chi di voi si sta comunque divertendo nella ripresa e sta monitorando il fenomeno, è come sempre invitato a condividere anche con noi i suoi risultati su PhotoCoelum, la nostra community di astrofotografi!
Sul suolo e in orbita marziana sono numerose le sonde che monitorano il pianeta e la tempesta in corso, e tra questi c’è il grande rover della NASA Curiosity, che in questi giorni festeggia 6 anni di permanenza sul pianeta rosso!
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Curiosity
Arrivato su suolo marziano il 6 agosto del 2012, nonostante i problemi incontrati che a una così grande distanza non sono sempre semplici da risolvere, ha ripreso le trivellazioni del suolo, per analizzare i materiali al di sotto della superficie, e da poco ha ottenuto un nuovo campione nell’area chiamata Vera Rubin Ridge, dedicata all’astronoma statunitense, pionera nella studio delle galassie a alla quale si deve la scoperta della materia oscura.
Le rocce in quest’area si sono dimostrate particolarmente dure, e con un video dedicato agli ultimi risultati della missione, la NASA annuncia nuovi risultati scientifici in arrivo. Ricordiamo che l’ultimo annuncio importante, dei primi di giugno, aveva portato a dimostrare che in quello che era il “l’antico lago Gale” esistevano tutti gli ingredienti necessari per la vita, sia i componenti chimici che le fonti di energia. Per ottenere significativi risultati che ci portino più vicino a capire se sul pianeta rosso ci sia mai stata la vita, dovremo aspettare le prossime missioni, come la russo europea ExoMars. Lo scopo di Curiosity infatti è sempre stato quello di capire invece se Marte avesse o avesse mai avuto un ambiente favorevole alla vita, non oltre, ma siamo sempre pronti a farci stupire!
Opportunity
Su Marte però non c’è solo Curiosity, il rover Opportunity, ben più anziano ma ancora in piena attività, per il momento, proprio a causa della tempesta di sabbia, è ancora silente. L’ultimo valore di tau misurato nella sua regione (l’opacità dell’atmosfera dovuta alla sabbia sollevata dalla tempesta) è di 2,5, ma è un valore molto altalenante, che scende e risale a tratti, anche se ci dice che la tempesta è in via di diradamento (al 10 giugno il valore era infatti di 10,8!). Per poter avere abbastanza luce da ricaricare le sue batterie è necessario che scenda sotto il 2,0, o almeno questa è la previsione degli ingengneri del team missione al JPL (normalmente il rover, per confronto, ha avuto a disposizione una trasparenza con un tau pari a 0,5).
Fortunatamente le temperature, mantenute anche da questa opacità dell’atmosfera, non sono state così basse come si temeva e il rover può ancora riuscire a riprendersi, anche se i danni potrebbero essere notevoli. Tra quando dovesse farsi sentire e quando gli ingegneri saranno davvero in grado di valutarne le condizioni potrebbero passare diverse settimane… in ogni caso quindi non resta che aspettare pazientemente.
E sul suolo marziano è in arrivo un nuovo abitante, sempre dalla NASA anche se con una significativa partecipazione europea. Si appresta ad arrivare infatti InSight, che si trova ora oltre la metà del suo viaggio. Ad oggi la navicella spaziale che la trasporta ha percorso 277 milioni di chilometri, e gliene mancano all’incirca 208 per toccare il suolo marziano sulla Elysium Planitia, dove iniziarà la sua missione sullo studio dell’interno del Pianeta Rosso. Il suo acronimo deriva infatti da Interior Exploration using Seismic Investigations, Geodesy and Heat Transport, ovvero studio dell’interno del pianeta attraverso analisi sismiche, di geodesia e del trasporto del calore.
Il suo arrivo è previsto per il prossimo 6 novembre, tutti gli strumenti sono stati testati con successo e tutto procede nominalmente (ovvero come previsto).
Anche le telecamere del lander funzionano, e hanno ripreso un “selfie interno” della backshell del lander. Tom Hoffman, project manager di InSight, spiega: «Se sei un ingegnere della missione InSight, il primo sguardo alla calotta di protezione termica, al cablaggio e ai bulloni di copertura è uno spettacolo davvero rassicurante in quanto ci dice che la nostra Instrument Context Camera sta funzionando perfettamente. La prossima foto in programma con questa camera sarà della superficie di Marte».
Se tutto va come previsto, infatti, la ICC scatterà la prima immagine della Elysium Planitia pochi minuti dopo l’atteraggio sul suolo marziano di InSight.
E poi dicono che non c’è vita su Marte! 🙂
Il video della NASA (in inlgese) sugli aggiornamenti riportati e approfonditi
Era una lacrima di San Lorenzo di quelle memorabili, di quelle che un solo desiderio non basta, quella che ha solcato ieri sera i cieli sopra la Romagna e le Marche. Un bolide come raramente capita di vederne. Questa volta, invece, complici l’intensa luminosità, l’orario che più comodo non si potrebbe (attorno alle 21) e il fatto che fosse un sabato estivo, a vederlo sono stati in tantissimi, come si intuisce dalle numerose segnalazioni che stanno fioccando in rete. E c’è anche chi è riuscito a immortalarlo, malgrado fosse molto basso sull’orizzonte. Si tratta di due delle circa cinquanta stazioni della rete del progetto Prisma, la Prima rete per la sorveglianza sistematica di meteore e atmosfera: quella di Trieste e quella di Capua, dice a Media Inaf il coordinatore nazionale del progetto Prisma, Daniele Gardiol dell’Inaf di Torino.
Dove sono ospitate queste stazioni, su quali edifici?
«Quella di Trieste è collocata presso la sede Inaf di Basovizza del locale Osservatorio astronomico, mentre quella di Capua – entrata in funzione all’inizio di agosto – è situata sull’edificio del Cira, il Centro italiano ricerche aerospaziali, che ha aderito a Prisma di recente. Purtroppo la zona dell’evento non è ancora coperta dalle camere Prisma».
Siete già in grado di dire se si tratta di una “lacrima di San Lorenzo”, ovvero se è una stella cadente appartenente allo sciame meteorico delle Perseidi?
«Il gruppo di lavoro su astrometria e traiettorie è al lavoro e il project office di Prisma sta seguendo l’evoluzione. La posizione delle camere che hanno rilevato l’evento non è ottimale per determinare la traiettoria in modo preciso. Secondo le prime stime possiamo dire che la direzione della meteora, orientata da est verso ovest, è compatibile con un’origine dal radiante delle Perseidi».
Dall’intensità, si può pensare che qualche frammento sia arrivato a terra?
«Su questo non possiamo ancora essere conclusivi. Sembrerebbe comunque che eventuali frammenti siano destinati a cadere in mare. Per sicurezza, suggeriamo tuttavia agli abitanti della costa adriatica – e in particolare della Romagna e delle Marche – di dare un’occhiata in giardino per vedere se nella notte è comparso un sasso lucido e scuro! Per eventuali segnalazioni si può scrivere a prisma_po@inaf.it, inviando possibilmente una breve descrizione e delle fotografie da diverse angolazioni».
Ve ne stanno arrivando molte, di segnalazioni?
«Su questo specifico bolide abbiamo già ricevuto oltre 20 segnalazioni, e altre continuano a giungerci in queste ore, senza contare quelle che provengono da Croazia e Slovenia. Abbiamo da qualche tempo messo a disposizione sul sito internet del progetto Prisma la possibilità di fare segnalazioni visuali mediante una procedura guidata, in collaborazione con l’International Meteor Organization, sul cui sito c’è una pagina dedicata per seguire in tempo reale gli aggiornamenti sull’evento di ieri. Stiamo attualmente vagliando e inserendo tutte le segnalazioni, per cui rimanete sintonizzati!».
10.08, ore 21:30: Calici di stelle al castello di Montarrenti. Anche quest’anno l’associazione partecipa all’evento nazionale “Calici di stelle”.Osservatorio aperto al pubblico per una serata osservativa dedicata in particolare alle meteore dello sciame delle Perseidi, anche se sarà possibile osservare altri oggetti del cielo del periodo. Prenotazione obbligatoria.
Il Cielo del Mese. Ogni primo giovedì del mese, ritrovo a Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola ”Palmiero Capannoli”. In caso di tempo incerto verificare al numero 3388861549 (Davide Scutumella). 04.08, ore 21:30: Il Cielo di Agosto.
Il cielo al castello di Montarrenti. Serate osservative ogni secondo e quarto venerdì del mese. Prenotazione obbligatoria. 24.08, ore 21:30: Serata dedicata al cielo estivo: protagonisti gli ammassi stellari (sia globulari che aperti) e i pianeti Marte e Saturno.
Per le prenotazioni: tramite il sito oppure inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) o un sms al 3482650891 (Giorgio).
Questa congiunzione ci riporta alla mente il recente incontro del re dei pianeti del Sistema Solare con la stella alfa della Bilancia, avvenuto a inizio giugno. I soggetti sono proprio gli stessi, Giove (mag. –2,0) e Zubenelgenubi (mag. +2,8).
Dopo il sorpasso del pianeta subito dalla stella, avvenuto a inizio giugno, Giove ha invertito il moto, passando da retrogrado a diretto, tornando ad avvicinare la stella. Il 15 agosto si troverà a circa 36’ a nord di Alfa Librae. Li vedremo emergere nel finire del crepuscolo della sera ancora alti in cielo e dovremo aspettare all’incirca le 22/22:30 per riprenderli nella cornice del paesaggio. Tramonteranno quindi intorno alle 23 dietro l’orizzonte ovest-sudovest.
Ricordiamo che lo stesso giorno, solo poco più di un’ora prima, sull’orizzonte ovest-sudovest si starà concludendo la danza di Luna, Venere e Spica, con Venere che tramonterà proprio attorno alle 22.
Il giorno 16 agosto invece potremo notare la Luna avvicinarsi alla coppia ma sarà il 17 il giorno della congiunzione vera e propria (comunque piuttosto larga), con il nostro satellite naturale che si posizionerà a poco meno di 5° a nord-nordovest di Giove.
Hai compiuto un’osservazione? Condividi le tue impressioni, mandaci i tuoi report osservativi o un breve commento sui fenomeni osservati: puoi scriverci a segreteria@coelum.com.
E se hai scattato qualche fotografia agli eventi segnalati, carica le tue foto inPhotoCoelum!
Dopo 8 lunghi anni di duro lavoro, per ingegneri e scienziati della NASA il grande momento è finalmente arrivato: il lancio della Parker Solar Probe, la sonda che per i prossimi 7 anni promette di raccontarci il Sole come nessun’altra missione prima. La partenza, inizialmente fissata per sabato 11 agosto 2018 alle 9:33 ora italiana, è infine slittata di 24 ore circa, a causa di un problema tecnico che ha impedito le operazioni di lancio, bloccando il countodwn. La sonda è correttamente decollata il 12 agosto alle 9:31 ora italiana.
«Here we go», ci siamo! Alle 3:31 di domenica 12 agosto, ora locale, le parole di Eugene Parker risuonano chiare in mezzo al crepitio lontano dei razzi e alle grida di entusiasmo dei responsabili della missione Parker Solar Probe, mentre la fiammata potente della loro creatura rischiara la notte attorno allo Space Launch Complex-37 nella base aeronautica di Cape Canaveral, in Florida. Pesante poco più di 600 chilogrammi (più o meno quanto una piccola automobile), la Parker Solar Probe è partita a bordo di uno dei razzi più potenti mai creati, lo United Launch Alliance Delta IV Heavy, in grado di sprigionare al momento del decollo un’energia 55 volte superiore a quella necessaria per raggiungere il pianeta Marte.
Classe 1927, Eugene Parker è il fisico che per primo teorizzò l’esistenza del vento solare nel 1958. Ora, a sessant’anni di distanza, è stato il primo a vedere partire una missione spaziale che porta il proprio nome.
Durante la prima settimana di crociera, la navicella spaziale dispiegherà l’antenna ad alto guadagno e l’asta del magnetometro. Inoltre eseguirà la prima parte del dispiegamento delle antenne per le misure di campo elettrico. La verifica degli strumenti inizierà ai primi di settembre e durerà circa quattro settimane, prima di entrare nella fase operativa scientifica vera e propria.
Nei prossimi due mesi la Parker Solar Probe volerà verso Venere, dove è previsto che esegua la prima manovra di spinta assistita dalla gravità all’inizio di ottobre: un giro attorno al pianeta che produrrà un effetto fionda sulla sonda, dirigendola in un’orbita più stretta intorno al Sole.
Questo primo flyby di Venere permetterà alla Parker Solar Probe di volare a circa 24 milioni di chilometri dal Sole (ai primi di novembre). Sembra lontano, ma in realtà è un punto già dentro l’ardente atmosfera solare, la corona, là dove nessuna sonda si è spinta finora.
Parker Solar Probe è una sonda progettata per “toccare il Sole”… Ma cosa significa? Con le sue 24 orbite, si avvicinerà fino a 6,1 milioni di chilometri di distanza dalla fotosfera del Sole – davvero molto vicino, dunque – e studierà lo strato esterno dell’atmosfera solare, cioè la corona.
Arriverà a destinazione con un’orbita ellittica toccando i 692.000 chilometri orari: quanto basta per coprire la distanza Roma-Napoli in un secondo! E si tratta di un record: sarà la sonda più veloce ad aver mai viaggiato attraverso il Sistema Solare nella storia dell’esplorazione spaziale.
Ma come farà la sonda a rallentare in prossimità del Sole? Gli ingegneri hanno pensato a tutto: la gravità, come sempre, viene in aiuto e fungerà da “freno” per la sonda. Quando sarà vicina al pianeta Venere, la sonda sfrutterà l’attrazione gravitazionale del pianeta per frenare e raddrizzare la traiettoria finale, ma saranno necessarie ben 7 orbite per effettuare questa delicata manovra. Il rischio è di mandare “in cenere” la sonda… nel vero senso del termine!
«La Nasa ha pensato per decenni all’invio di una missione per lo studio della corona solare, ma non c’era la tecnologia necessaria per proteggere la sonda e gli strumenti dal calore solare», spiega Adam Szabo, del team scientifico della missione per il Goddard Space Flight Center. Gli anni successivi hanno portato a ritrovati tecnologici in grado di garantire – si spera – la sopravvivenza della sonda per ben 7 anni a oltre 1.300 °C. Lo scudo termico da 2,4 metri di diametro, rivolto verso il Sole, proteggerà gli strumenti di bordo, mantenendoli sul lato “al fresco” della sonda a una temperatura attorno ai 30 °C. Le pareti esterne dello scudo termico sono realizzate in fogli di fibra di carbonio, un materiale leggero con proprietà meccaniche eccellenti, particolarmente adatte alle alte temperature (e “alte” qui è un eufemismo da terrestri). Spessi circa 2,5 millimetri, i due fogli sono separati da 11 centimetri di schiuma di carbonio, materiale in genere utilizzato nel settore medico per la sostituzione delle ossa. Questo design “a sandwich” rinforza la struttura e allo stesso tempo alleggerisce il peso dello scudo termico: solo 72 chilogrammi.
Insieme a tutti i suoi tecnologici strumenti scientifici, la sonda porterà attorno alla stella 1.137.202 nomi di persone e una placca dedicata proprio a Eugene Parker, a cui è dedicata la missione. Nella memory card ci sono anche alcune sue fotografie e una copia di un suo articolo scientifico sul vento solare risalente al 1958.
La sonda studierà il violento flusso di particelle cariche che dal Sole arriva sulla Terra, cioè il vento solare emesso dalla corona, dove vengono registrate temperature di quasi 2 milioni di gradi. Gli scienziati vogliono capire come avviene il riscaldamento della corona e l’accelerazione del vento solare, e sono interessati anche nell’identificazione delle regioni di origine dei differenti tipi di vento solare. Un altro obiettivo è capire come vengono accelerati i raggi cosmici di origine solare.
Con questa storica missione, fisici e astrofisici riusciranno a risolvere alcuni dei più grandi misteri sul nostro Sole. I dati potrebbero anche migliorare le previsioni delle principali eruzioni sul Sole e dei conseguenti eventi meteorologici spaziali che hanno un importante impatto sulla vita sulla Terra, così come sul funzionamento dei satelliti geostazionari e sul lavoro degli astronauti nello spazio.
Indice dei contenuti
SOGNANDO MARTE… Tra passato, futuro
e la meraviglia dell’osservazione del cielo!
Tutti i martedì sera, dalle 21:00 alle 23:00, presso l’Osservatorio Astronomico “G. Beltrame” in Via S. Giustina 127 ad Arcugnano (VI): Osservazione pubblica del cielo.
L’osservatorio sarà aperto al pubblico. La partecipazione è gratuita e non è necessario prenotare. Durante le aperture al pubblico verranno effettuate anche delle mini conferenze e dei mini corsi i cui contenuti saranno pubblicati di volta in volta sui vari canali social del nostro gruppo e sul Giornale di Vicenza. L’apertura avrà luogo con qualsiasi tempo.
11.08 dalle ore 21:00 alle 23:30: La notte delle stelle cadenti – Calici di stelle in Osservatorio
Osservazione del cielo dal piazzale del nostro Osservatorio, con i telescopi dei soci. Osserveremo in visuale le meteore, le cosiddette “stelle cadenti”. Durante la serata si potranno degustare ottimi calici di vino e spumante, gentilmente offerti dai soci. Astrorazzo all’Osservatorio Astrofisico di Asiago 28.08, dalle 9.30 alle 12:30 e dalle 14:40 alle 18:00. I ragazzi dai 6 ai 14 anni potranno costruire il proprio razzo dotato di endoreattore a propellente solido e lanciarlo in tutta sicurezza. I ragazzi devono essere accompagnati da un genitore. Prenotazione obbligatoria entro il 31 luglio, i posti sono limitati.
Info prenotazioni e costi: visite.asiago@oapd.inaf.it. SIT (sportello informazioni turstiche): 0424 462221. In caso di maltempo l’evento verrà rinviato a domenica 2 settembre.
10.08, ore 21:30: Calici di stelle al castello di Montarrenti. Anche quest’anno l’associazione partecipa all’evento nazionale “Calici di stelle”.Osservatorio aperto al pubblico per una serata osservativa dedicata in particolare alle meteore dello sciame delle Perseidi, anche se sarà possibile osservare altri oggetti del cielo del periodo. Prenotazione obbligatoria.
Il Cielo del Mese. Ogni primo giovedì del mese, ritrovo a Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola ”Palmiero Capannoli”. In caso di tempo incerto verificare al numero 3388861549 (Davide Scutumella). 04.08, ore 21:30: Il Cielo di Agosto.
Il cielo al castello di Montarrenti. Serate osservative ogni secondo e quarto venerdì del mese. Prenotazione obbligatoria. 24.08, ore 21:30: Serata dedicata al cielo estivo: protagonisti gli ammassi stellari (sia globulari che aperti) e i pianeti Marte e Saturno.
Per le prenotazioni: tramite il sito oppure inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) o un sms al 3482650891 (Giorgio).
Tutti i primi lunedì del mese: UNA COSTELLAZIONE SOPRA DI NOI
Un viaggio deep-sky in diretta web con il Telescopio Remoto UAI – tele #2 ASTRA Telescopi Remoti. Osservazioni con approfondimenti dal vivo ogni mese su una costellazione del periodo. Basta un collegamento internet, anche lento. Con la voce del Vicepresidente UAI, Giorgio Bianciardi
http://telescopioremoto.uai.it
Le campagne nazionali UAI
10-12 agosto Le Notti delle Stelle
Il più atteso appuntamento dell’estate astronomica durante il quale le associazioni astrofile proporranno una o più serate dedicate all’osservazione delle Perseidi. L’iniziativa è abbinata a “Calici di Stelle” manifestazione enogastronomica promossa il 10 agosto dal Movimento Turismo del Vino e dall’Associazione Nazionale Città del Vino.
http://divulgazione.uai.it
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale, per il mese di agosto, sarà rintracciabile nei nostri cieli in orari serali, quindi senza l’obbligo della sveglia al mattino prima dell’alba, eccetto per l’ultimo passaggio. Avremo cinque transiti notevoli con magnitudini elevate durante l’ultimo mese estivo, auspicando come sempre in cieli sereni.
Come sempre gli orari sono calcolati per una località in Centro Italia, e con notevole anticipo, possono quindi differire per qualche minuto. Si consiglia sempre di consultare uno dei tanti programmi online o app gratuiti, impostato per la propria località, in prossimità dell’evento.
Si inizierà il giorno 4 agosto, dalle 21:58 alle 22:05, osservando da NO a E. La ISS sarà ben visibile da tutta Italia con una magnitudine massima si attesterà su un valore di -3,6. Si inizia da subito con uno dei transiti migliori del mese.
Si replica il 6 agosto, dalle 21:50 verso ONO alle 21:57 verso SSE. Visibilità migliore dalle regioni occidentali del nostro Paese, con magnitudine di picco a -3,5.
Passiamo al giorno 7 agosto, dalle 20:58 in direzione NO alle 21:06 in direzione ESE. Osservabile nuovamente al meglio da tutto il Paese, con una magnitudine massima di -3,8. Sperando come sempre in cieli sereni per il miglior transito del mese.
Il penultimo si avrà il giorno 9 agosto, dalle 20:50 da ONO alle 20:59 a SE, con magnitudine massima a -3,0. Osservabile ancora una volta, al meglio, dall’occidente italiano.
L’ultimo transito del mese, il 30 agosto, sarà il preannunciato mattutino. Dalle 05:41 alle 05:50, da SSO a ENE. Magnitudine di picco a -3,0. Passaggio osservabile al meglio dal Centro-Sud, ma che se visto dal centro, transiterà nella costellazione di Orione, che ricompare nuovamente al mattino prima dell’alba.
Giorno
Ora Inizio
Direzione
Ora Fine
Direzione
Magnitudine
04
21:58
NO
22:05
E
-3.6
06
21:50
ONO
21:57
SSE
-3.5
07
20:57
NO
21:06
ESE
-3.8
09
20:51
ONO
20:59
SE
-3.0
30
05:41
SSO
05:50
ENE
-3.0
N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel Centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.
La supernova di Keplero sembra non aver lasciato resti stellari attorno a sé oltre quelli che oggi possiamo ammirare, ovvero una struttura nebulosa di gas e polveri in direzione della costellazione di Ofiuco, a 16.300 anni luce dal Sole. Queste sono le conclusioni a cui è giunto un team internazionale di ricercatori, guidato da Pilar Ruiz-Lapuente dell’Università di Barcellona, che ha cercato di trovare le tracce del sistema stellare binario dal quale si è generata l’immane esplosione.
Nei sistemi stellari binari, una delle stelle della coppia, quando raggiunge la fine del suo ciclo evolutivo e diventa una nana bianca, può iniziare a catturare del materiale dalla compagna fino a raggiungere una certa massa limite (equivalente a 1,44 masse solari, il cosiddetto “limite di Chandrasekhar”). Questo processo porta alla fusione del carbonio nel nucleo della nana bianca, producendo un’esplosione che può moltiplicare 100 mila volte la luminosità iniziale della stella. Il fenomeno, tanto breve quanto violento, è noto come supernova. A volte un evento di supernova può essere addirittura visibile ad occhio nudo dalla Terra, proprio come nel caso della supernova osservata e identificata dall’astronomo tedesco Giovanni Keplero nel 1604.
Le attuali teorie suggeriscono che la supernova di Keplero venne prodotta dall’esplosione di una nana bianca in un sistema binario. Per questo nella ricerca pubblicata sulla rivista The Astrophysical Journal, il team ha cercato la possibile stella superstite del duo stellare che avrebbe trasferito massa alla nana bianca, portandola quindi ad esplodere. L’impatto di questa esplosione avrebbe aumentato la luminosità e la velocità dell’eventuale compagno superstite, che sarebbe stato scaraventato nello spazio circostante, ma potrebbe persino averne modificato la sua composizione chimica. I ricercatori sono quindi andati alla ricerca di stelle con qualche anomalia che avrebbe permesso loro di identificare il possibile compagno della nana bianca esplosa 414 anni fa.
Per svolgere questa indagine, sono state utilizzate le immagini riprese con il Telescopio Spaziale Hubble della NASA. «L’obiettivo era quello di determinare i moti di un gruppo di 32 stelle in tutta la regione del resto di supernova che tutt’oggi osserviamo», dice Luigi Bedin, astronomo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) di Padova e coautore dell’articolo. I ricercatori hanno anche utilizzato i dati dallo strumento Flames, installato al Very Large Telescope (VLT), dell’ESO in Cile.
«Abbiamo cercato – spiega Pilar Ruiz-Lapuente, ricercatrice presso l’Istituto di Scienze del Cosmo di Barcellona (Ub-Ieec) e il Consiglio Superiore per la Ricerca Scientifica (Csic) – una stella peculiare quale possibile compagna del progenitore della supernova di Keplero, e per questo abbiamo caratterizzato tutte le stelle in prossimità del resto della supernova Sn 1604. Ma non ne abbiamo trovato nessuna con le caratteristiche attese. Quindi tutto indica che l’esplosione stata è causata dalla fusione della nana bianca con un’altra nana bianca oppure con il nucleo stellare di una compagna già evoluta».
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SOGNANDO MARTE… Tra passato, futuro
e la meraviglia dell’osservazione del cielo!
Il Sole è oggi una stella matura e calma ma cosa possiamo dire della sua prima gioventù? Nato 4,6 miliardi di anni fa in seguito al collasso di una densa nube di gas e polveri, i suoi primi anni rimangono un vero mistero per noi, considerando che la Terra si è formata circa 50 milioni di anni più tardi. Risulta quindi difficile trovare materiali che risalgono ai primi giorni di vita del Sole.
Un nuovo studio, pubblicato su Nature Astronomy, ha preso in considerazione l’analisi di microscopici cristalli blu intrappolati in antiche meteoriti, cristalli così vecchi da poter rivelare com’era il Sole primitivo. E l’immagine che ne esce è quella di un Sole piuttosto turbolento e irrequieto: «Il Sole era molto attivo durante i suoi primi anni di vita, con eruzioni frequenti, ed emetteva un flusso più intenso di particelle cariche» dice Philipp Heck, professore all’Università di Chicago e coautore dello studio. «Quasi nulla nel Sistema Solare è abbastanza vecchio da confermare realmente l’attività del Sole primordiale, ma questi minerali provenienti dalle meteoriti nelle collezioni del Field Museum sono sufficientemente antichi. Probabilmente sono i primi minerali che si sono formati nel Sistema Solare».
I minerali che Heck e i suoi colleghi hanno osservato sono microscopici cristalli blu chiamati hibonite: la loro composizione reca segni distintivi delle reazioni chimiche possibili solo in presenza di un Sole fortemente attivo per ciò che riguarda l’emissione di particelle energetiche.
«Questi cristalli si sono formati oltre 4,5 miliardi di anni fa e conservano la registrazione di alcuni dei primi eventi che hanno avuto luogo nel nostro Sistema Solare. E anche se sono così piccoli – molti hanno un diametro di meno di 100 micron – sono in grado di trattenere i gas nobili altamente volatili prodotti dall’irradiazione del giovane Sole», spiega l’autrice principale Levke Kööp, post-doc all’Università di Chicago e affiliata al Field Museum.
Nei suoi primi giorni, prima che si formassero i pianeti, il Sistema Solare era costituito da un enorme disco di gas e polvere che spiraleggiava attorno al Sole. La regione più vicina alla nostra stella era molto calda, con temperature che superavano i 1.500 °C. Quando il disco protoplanetario iniziò a raffreddarsi, si formarono i primi minerali, tra cui i cristalli di hibonite blu, che contengono calcio e l’alluminio. Proprio questi atomi, sottoposti al bombardamento di particelle energetiche provenienti dal giovane Sole, si sono divisi in atomi più piccoli, neon ed elio. Questi gas nobili sono rimasti intrappolati all’interno dei cristalli per miliardi di anni. I cristalli di hibonite sono poi stati incorporati in rocce spaziali che alla fine caddero sulla Terra come meteoriti.
I ricercatori, nel tempo, hanno esaminato più volte le meteoriti alla ricerca dei segni di un giovane Sole attivo, ma senza trovare nulla. Però Kööp osserva: «Se gli scienziati non li hanno visti in passato, non significa che non fossero lì! Potrebbe semplicemente indicare che non avessero strumenti abbastanza sensibili per trovarli». E infatti lo strumento utilizzato da Kööp, Heck e colleghi ha fatto la differenza: un enorme spettrometro di massa all’avanguardia, in grado di rilevare l’elio e il neon rilasciati da un grano di hibonite colpito da un laser. «Abbiamo ottenuto un segnale sorprendentemente chiaro, che mostra la presenza di elio e neon: è stato sorprendente» afferma Kööp.
Il rilevamento di elio e neon fornisce la prima prova concreta dell’attività precoce del Sole, ma non solo: diversamente da altri indizi della forte attività del giovane Sole rispetto a oggi, la composizione dei cristalli di hibonite non consente altre buone spiegazioni. «È sempre bello vedere un risultato che può essere interpretato chiaramente. Più semplice è una spiegazione, maggiore è la fiducia che abbiamo in essa», dichiara Heck, e conclude: «Ciò che ritengo eccitante è che questo ci parla delle condizioni nel Sistema Solare primitivo e, infine, conferma un sospetto di vecchia data. Se comprendiamo meglio il passato, acquisiremo una migliore comprensione della fisica e della chimica del nostro mondo».
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SOGNANDO MARTE… Tra passato, futuro
e la meraviglia dell’osservazione del cielo!
È onlineCoelum Astronomia di luglio e agosto Come sempre in formatodigitale e gratuito.
Dopo aver chiuso il mese di luglio in fase di 18,8 giorni, sarà in Ultimo Quarto alle 20:18 del 4 agosto, proseguendo poi la Fase Calante fino al Novilunio del giorno 11 alle 11:58. Ripresa la Fase Crescente, avremo il Primo Quarto alle 09:49 del giorno 18 mentre il Plenilunio verrà raggiunto alle 13:56 del 26 agosto col nostro satellite ancora abbondantemente sotto l’orizzonte, a –57°.
Infine agosto terminerà con la Luna che l’ultima sera del mese, in fase di 20 giorni, sorgerà alle 22:38 preceduta dal pianeta Urano (separazione di 8°) fra le stelle della Balena.
Nella serata del 18 agosto, dopo le 21:00, col nostro satellite in fase di 7,38 giorni (Colong. 359,1°; frazione illuminata 54,9%), il punto di massima Librazione verrà a trovarsi nel settore sudest, lungo il bordo lunare in prossimità del margine settentrionale del mare Australe. Se le condizioni meteo saranno favorevoli, unitamente a un seeing almeno decente, dovrebbe essere possibile osservare una porzione della superficie lunare sul confine con l’altro emisfero, nella zona dei crateri Jenner (diametro 71 km) e Lamb (diametro 106 km).
19 e 20 agosto. Il Cratere Deslandres
La seconda proposta ci porterà nell’angolo sudest del mare Nubium dove nelle serate del 19 e 20 agosto andremo a osservare il notevole e variegato cratere Deslandres di circa 240 km di diametro. Anche in questo caso si è optato per le due serate consecutive, in quanto la visibilità delle strutture superficiali sarà in relazione al transito del terminatore lunare, con la possibilità di percepire anche i più fini dettagli al variare dell’illuminazione solare.
L’appuntamento per l’ultima proposta estiva è per le serate del 23 e 24 agosto, nel settore nordoccidentale dell’oceanus Procellarum, dove il nostro target sarà il Mons Rumker, un notevole rilievo montuoso con diametro di 70 km di origine vulcanica isolato in questa sterminata pianura.
➜ La Luna mi va a pennello. Se la fotografia non basta, Gian Paolo Graziato ci racconta come dipingere dei rigorosi paesaggi lunari, nei più piccoli dettagli… per poi lasciarsi andare alla fantasia e all’imaginazione! Su Coelum Astronomia n. 211
E tutte le precedenti rubriche di Francesco Badalotti, con tantissimi spunti per approfondire la conoscenza del nostro satellite naturale. Per ogni formazione basta attendere il momento giusto!
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10.08, ore 21:30: Calici di stelle al castello di Montarrenti. Anche quest’anno l’associazione partecipa all’evento nazionale “Calici di stelle”.Osservatorio aperto al pubblico per una serata osservativa dedicata in particolare alle meteore dello sciame delle Perseidi, anche se sarà possibile osservare altri oggetti del cielo del periodo. Prenotazione obbligatoria.
Il Cielo del Mese. Ogni primo giovedì del mese, ritrovo a Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola ”Palmiero Capannoli”. In caso di tempo incerto verificare al numero 3388861549 (Davide Scutumella). 04.08, ore 21:30: Il Cielo di Agosto.
Il cielo al castello di Montarrenti. Serate osservative ogni secondo e quarto venerdì del mese. Prenotazione obbligatoria. 24.08, ore 21:30: Serata dedicata al cielo estivo: protagonisti gli ammassi stellari (sia globulari che aperti) e i pianeti Marte e Saturno.
Per le prenotazioni: tramite il sito oppure inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) o un sms al 3482650891 (Giorgio).
Da metà agosto, Andromeda e il quadrato di Pegaso saranno già molto alti verso sudest, mentre a ovest, sempre più basso, si preparerà a salutarci il Boote con la brillante Arturo. A fine agosto, già prima della mezzanotte, si potrà assistere al sorgere delle “sette sorelle”, le Pleiadi.
Negli ultimi giorni di agosto, la nostra stella nel passare al meridiano raggiungerà (alla latitudine di 42° N) un’altezza dall’orizzonte di poco superiore ai +56°, contro i +70° di metà luglio. Ciò si tradurrà in un sostanzioso aumento delle ore utili all’osservazione degli oggetti del cielo profondo, così che se a fine luglio la notte astronomica aveva una durata di sole 5 ore e tre quarti, a fine agosto si arriverà alle 7 ore e mezza.
COSA OFFRE IL CIELO
Prosegue anche in agosto la condizione di ottima osservabilità serale di Venere, nonostante la sua altezza stia visibilmente calando.
Giove, invertito il moto, ricomincerà il suo avvicinamento a Zubenelgenubi, la stella alfa della Bilancia, dove lo troveremo nella prima parte della notte. Sarà come tornare ai primi di giugno… Saturno anche lui presente, seppure in diminuzione di luminosità. Ricordiamo che il campo stellare in cui si trova è davvero molto suggestivo e si potrebbero tentare delle riprese che abbraccino il pianeta e le vicine nebulose Laguna (M 8) e Trifida (M 20): Saturno si troverà a circa 2° a nordest di esse.
Il mese rimane comunque all’insegna di Marte, il pianeta che sta dominando questa nostra estate 2018, con una Grande Opposizione che ce lo mostra come lo rivedremo solo nel 2035. La tempesta di sabbia non è ancora passata ma non sta fermando chi si dedica all’alta risoluzione. Dopo aver raggiunto l’opposizione lo scorso 27 luglio, continueremo a vederlo brillante di luce arancione, la sera ancora per tutto agosto, basso sull’orizzonte sudest.
Ma l’evento che riempirà le bacheche della prima metà del mese sarà, come ogni anno, il passaggio dello sciame delle Perseidi.
LE PERSEIDI: le “stelle cadenti” nel 2018
Come negli anni precedenti, nemmeno l’appuntamento con le Perseidi del 2018 promette uno spettacolo fuori dal comune: non c’è da aspettarsi una vera e propria “pioggia” di meteore (come è avvenuto altre volte in passato), ma lo sfuggente spettacolo offerto anche da poche “stelle cadenti”, magari brillanti e colorate, è di sicuro effetto e in grado di suscitare forti emozioni e di lasciare nella memoria ricordi indelebili.
Il picco di massima attività di quest’anno si avrà nella notte tra il 12 e il 13 agosto, a partire dalle ore 22:00, anche se occasionali meteore appartenenti allo sciame potranno essere avvistate in tutta la prima parte del mese.
Le attese sono per uno ZHR (Zenithal Hourly Rate, Tasso Orario Zenitale) pari a 110 (un po’ meglio rispetto all’anno scorso), ossia si prevede una quantità di meteore pari a 110 ogni ora. Alcune previsioni parlano della possibilità di incontrare un “filamento di Perseidi”, una concentrazione che potrebbe portare a un intensificarsi dell’attività proprio il 12 agosto: sarà tutto da verificare ma aspettiamo i vostri eventuali report osservativi!
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➜ Leggi la rubrica di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS ad agosto
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27 luglio
Una Notte in Rosso
La notte della Luna Rossa accompagnata dal Pianeta Rosso al suo meglio!
Ormai lo sapete, venerdì sera, 27 luglio, la Luna sorgerà eclissata, in una lunghissima eclisse totale. Assumerà una colorazione rossastra per poco più di un’ora e quaranta minuti, prima di uscire lentamente dall’ombra della nostra Terra. Trovate tutti i dettagli per l’osservazione su:
E in tutto questo la Luna non sarà sola, ma accompagnata da Marte, in quella che sarà una delle migliori opposizioni come non vedevamo dal 2003 (e non vedremo fino al 2035!). E ce lo racconta bene, con tanti dettagli, Gabriele Marini su:
E quindi? Cosa significa? Che, come vi sarete già accorti da soli vedendolo brillare sull’orizzonte sudest di luce inconfondibilmente arrossata, il Pianeta Rosso sta diventando sempre più luminoso e grande all’osservazione al telescopio ma anche a occhio nudo.
Il giorno 27 raggiungerà l’opposizione geometrica rispetto al Sole (e quindi il massimo dell’illuminazione), mentre il giorno 31 sarà nel punto della sua orbita più vicino alla Terra (e quindi con il diametro angolare più grande).
Insomma, non una qualsiasi congiunzione… il 27 sera vedremo Marte bello come non mai ea soli 4° dalla Luna Rossa!
Non mancheranno come sempre in queste sere, Saturno e Giove poco più in là, ancora alti in cielo.
Un’occasione da non perdere!
Dove osservarla?
Basta alzare gli occhi al cielo, ovviamente, anche dal centro città! A patto di avere l’orizzonte sudest libero, perchè i due non si alzeranno molto dall’orizzonte, sorgendo all’inizio dell’eclissi e raggiungendo al massimo i 15/20° verso la fine. Ma sono tanti gli eventi organizzati in tutta Italia da appassionati, associazioni e Osservatori, e trovare un buon posto suggestivo per osservarla e riprenderla, o con la possibilità di usare dei telescopi è senz’altro il modo migliore!
Su www.coelum.com potrete invece vedere in diretta web le immagini dell’Eclissi Totale di Luna ripresa dall’Osservatorio Astronomico della Montagna Pistoiese, organizzata dal GAMP, Gruppo Astrofili Montagna Pistoiese
(Cliccando sull’immagine qui a destra il link diretto alla pagina Youtube).
Consigli per la ripresa!
Per chi invece si dedica all’astrofotografia, i consigli sono tanti! Dall’ultima rubrica di Giorgia Hofer, dedicata appunto all’evento (e le sue tante rubriche per riprendere la congiunzione nel paesaggio), a una serie di consigli di Daniele Gasparri pubblicati in occasione dell’Eclisse di Luna precedente:
Vi abbiamo dato tanti spunti e tanti link per approfondire, conoscere e vivere al meglio i tre eventi (Eclisse totale di Luna, Grande Opposizione di Marte e congiunzione tra Luna e Marte) che per una più che rara coincidenza avverranno nello stesso giorno, tingendo di rosso-arancione la nostra serata.
Sull’ultimo numero di Coelum Astronomia (a lettura gratuita, basta cliccare sulla copertina qui sotto) trovate tanti altri articoli davvero interessanti sul sogno marziano, dalla storia del passato alle sfide del prossimo futuro.
Poi… toccherà a voi, se vorrete,raccontarci la vostra esperienza inviandola a: ➜segreteria[@]coelum.com
o condividere con noi e i nostri lettori le vostre immagini caricandole su:
Oscurato da spesse nubi di polvere opaca, il buco nero supermassiccio più vicino alla Terra si trova a circa 26 000 anni luce da noi, nel cuore della Via Lattea. Questo mostro gravitazionale, con una massa di quattro milioni di volte quella del Sole, è circondato da un piccolo gruppo di stelle che gli orbitano intorno ad alta velocità. Questo ambiente estremo – il campo gravitazionale più forte nella nostra Galassia – è il luogo ideale per esplorare la fisica gravitazionale e in particolare per verificare la teoria della relatività generale di Einstein.
Nuove osservazioni nella banda dell’infrarosso, ottenute con gli strumenti di squisita sensibilità GRAVITY, SINFONI e NACO installati sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO hanno consentito finalmente di seguire una di queste stelle, nota come S2, mentre passava molto vicino al buco nero, nel maggio 2018. Nel punto piu vicino questa stella si trovava a una distanza di meno di 20 miliardi di chilometri dal buco nero e si muoveva a una velocità superiore ai 25 milioni di chilometri all’ora – quasi il tre percento della velocità della luce.
S2 infatti orbita attorno al buco nero ogni 16 anni, in un’orbita molto eccentrica che la porta entro venti miliardi di chilometri – 120 volte la distanza tra la Terra e il Sole, o circa quattro volte la distanza dal Sole a Nettuno – nel suo approccio più vicino al buco nero (questa distanza corrisponde a circa 1500 volte il raggio di Schwarzschild del buco nero stesso).
L’equipe ha confrontato le misure di posizione e velocità ottenute rispettivamente da GRAVITY e da SINIFONI, insieme alla precedenti osservazioni di S2 ottenute da altri strumenti, con le previsioni della gravità newtoniana, della relatività generale e di altre teorie della gravità. I nuovi risultati sono inconsistenti con le previsioni della meccanica newtoniana, mentre sono in eccellente accordo con le previsioni della relatività generale.
Queste misure molto precise sono state realizzate da un’equipe internazionale con a capo Reinhard Genzel dell’MPE (Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics) di Garching (Germania) insieme a collaboratori sparsi nel mondo: dall’Osservatorio di Parigi – PSL, all’Università di Grenoble Alpes, al CNRS, al Max Planck Institute for Astronomy, all’Università di Colonia, all’istituto portoghese CENTRA – Centro de Astrofisica e Gravitação e infine all’ESO. Queste osservazioni sono il culmine di una serie di misure sempre più precise del centro della Via Lattea ottenute con gli strumenti dell’ESO. Le osservazioni del centro della Via Lattea, infatti, devono essere effettuate a lunghezze d’onda più lunghe (in questo caso in luce infrarossa) poiché le nubi di polvere tra la Terra e la regione centrale assorbono fortemente la luce visibile.
«È la seconda volta che osserviamo il passaggio ravvicinato di S2 intorno al buco nero al centro della nostra Galassia. Ma questa volta, grazie all’avanzamento tecnologico degli strumenti disponibili, siamo stati in grado di osservare la stella con una risoluzione senza precedenti,» spiega Genzel. «Ci siamo preparati intensamente a questo evento, per molti anni, poichè volevamo sfruttare al massimo questa opportunità unica di osservare gli effetti della relatività generale».
Le nuove misure rivelano chiaramente un effetto noto come redshift gravitazionale. La luce della stella viene allungata a lunghezze d’onda maggiori dal campo gravitazionale intensissimo del buco nero. E i cambiamenti osservati nella lunghezza d’onda della luce di S2 sono in perfetto accordo con quanto previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein. È la prima volta che questa deviazione dalle previsioni della teoria di gravità newtoniama, più semplice, è stata osservata nel moto di una stella intorno a un buco nero supermassiccio.
L’equipe ha usato SINFONI per misurare la velocità di S2 in avvicinamento e in allontanamento dalla Terra, lo strumento GRAVITY sull’interferometro del VLT (VLTI) per misure estremamente precise della posizione continuamente mutevole di S2 per definire la forma esatta dell’orbita. GRAVITY crea immagini così nitide che si può evidenziare lo spostamento della stella da una notte all’altra, mentre passa vicino al buco nero – a 26 000 anni luce da Terra.
«La nostra prima osservazione di S2 con GRAVITY, circa due anni fa, ha mostrato subito che questo sarebbe stato un laboratorio ideale per i buchi neri,» aggiunge Frank Eisenhauer (MPE), Ricercatore Responsabile di GRAVITY e dello spettrografo SINFONI. «Durante il passaggio ravvicinato avremmo persino potuto rivelare il debole bagliore intorno al buco nero nella maggior parte delle immagini, il che ci avrebbe permesso di seguire con precisione il cammino della stella nella sua orbita, per giungere alla fine alla detezione del redshfit gravitazionale nello spettro di S2».
Più di un centinaio di anni dopo la pubblicazione dell’articolo che descrive le equazioni della relatività generale, Einstein ha di nuovo ragione – in un laboratorio estremo come mai avrebbe potuto immaginare!
Françoise Delplancke, a capo del Dipartimento di Ingegneria dei Sistemi dell’ESO, spiega l’importanza delle osservazioni: «Nel Sistema Solare possiamo mettere alla prova le leggi fisiche in questo momento e sotto particolari circostanze. È perciò fondamentale in astronomia verificare che queste leggi siano sempre valide laddove i campi gravitazionali sono molto più intensi».
Le osservazioni continuano e si prevede di rivelare presto un altro effetto relativistico – una piccola rotazione dell’orbita della stella, nota comeprecessione di Schwarzschild– a mano a mano che S2 si allontana dal buco nero.
Xavier Barcons, Direttore Generale dell’ESO, conclude: «L‘ESO ha lavorato in collaborazione con Reinhard Genzel e il suo gruppo e altri colleghi negli Stati Membri dell’ESO per più di un quarto di secolo. È stato un compito arduo sviluppare gli strumenti unici e potenti necessari per effettuare queste misure delicatissime e per installarli al VLT in Paranal. La scoperta annunciata oggi è il risultato entusiasmante di uno straordinario sodalizio».
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SOGNANDO MARTE… Tra passato, futuro
e la meraviglia dell’osservazione del cielo!
Acqua su Marte: liquida e salata. Sono queste le prime conclusioni delle indagini compiute con il radar italiano Marsis (da Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding), a bordo della sonda europea Mars Express, pubblicate oggi su Science. Allo studio, guidato da Roberto Orosei dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), hanno partecipato scienziati e scienziate appartenenti all’Inaf e ad altri centri di ricerca e università italiane: l’Agenzia spaziale italiana (Asi), l’Università degli studi Roma Tre, l’Università D’Annunzio Chieti-Pescara, il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e Sapienza Università di Roma. I risultati, per la prima volta, confermano che sotto la superficie di Marte c’è acqua allo stato liquido. Probabilmente acqua è salata, visto che Marsis ha individuato il bacino a 1.5 km di profondità, dove la temperatura è sicuramente ben al di sotto di 0 °C. I sali, probabilmente simili quelli che la sonda Nasa Phoenix ha trovato nel ghiaccio della zona circumpolare nord, agiscono da “antigelo”, aiutando a mantenere l’acqua allo stato liquido nonostante la temperatura. Acqua, sali, rocce e protezione dalla radiazione cosmica sono ingredienti che potrebbero far pensare anche a una nicchia biologica. I ricercatori sono convinti che potrebbero esserci altre zone con condizioni favorevoli alla presenza di acqua in profondità su Marte e ora, messo a punto il metodo di analisi, potranno continuare a investigare.
Grazie alla sonda Viking della Nasa, dal 1976 è diventato evidente il fatto che la superficie di Marte fosse un tempo coperta da mari, laghi e fiumi e le successive missioni hanno confermato sempre più tale presenza.
«Il grande dilemma era quindi quello di stabilire dove fosse finita tutta quell’acqua», dice Orosei, primo autore dell’articolo. «Buona parte di questa è stata portata via dal vento solare, che spazzò quella che mano a mano si vaporizzava dalla superficie degli specchi d’acqua. Un’altra significativa porzione è depositata sotto forma di ghiaccio nelle calotte, soprattutto quella nord, e negli strati prossimi alla superficie o è legata al terreno nel permafrost. Ma una parte doveva essere rimasta intrappolata nelle profondità e potrebbe ancora trovarsi allo stato liquido». Questo era ciò che si ipotizzava a metà degli anni ’90, quando la missione Mars Express fu annunciata dall’Agenzia spaziale europea (Esa), e l’Asi propose di adottare un radar a bassa frequenza per investigare il sottosuolo a grande profondità. Il radar fu ideato e proposto da Giovanni Picardi di Sapienza Università di Roma, la sua realizzazione fu gestita dall’Asi e affidata alla Thales Alenia Space – Italia e il lancio avvenne il 2 giugno 2003.
Marsis è un radar sounder, ovvero un radar che opera a frequenze tra 1.5 e 5 MHz in grado di penetrare nel terreno marziano fino a 4 o 5 km di profondità, a seconda delle caratteristiche geofisiche degli strati profondi, ma anche di misurare con accuratezza lo stato e le variazioni della ionosfera marziana. «Era uno strumento di concezione innovativa, completamente diverso dall’unico lontano precursore volato un quarto di secolo prima sull’ultima missione Apollo, estremamente promettente di cui si doveva non solo sviluppare l’elettronica, ma anche il modo di elaborarne i dati. Un contributo importante venne dai colleghi del Jpl della Nasa e dell’Università dell’Iowa», ricorda Enrico Flamini, chief scientist di Asi. Questi ultimi erano principalmente interessati alla misura della ionosfera marziana, mentre il Jpl curò lo sviluppo presso l’industria americana dell’antenna, due leggerissimi tubi di kevlar lunghi 20 metri ognuno che, per poter essere montati a bordo ed essere lanciati con il satellite, dovevano essere ripiegati in una scatola di poco più di un metro di lunghezza.
Marsis, grazie alla sua capacità di penetrare all’interno della crosta marziana, è l’unico strumento in grado di risolvere il dilemma e trovare l’acqua liquida in profondità. Per più di 12 anni il radar ha sondato le calotte polari del Pianeta rosso in cerca di indizi di acqua liquida. Qualche eco radar insolitamente forte era già stata osservata dai ricercatori del team di Marsis nel corso degli anni, ma senza ottenere mai una evidenza sperimentale certa della presenza di acqua allo stato liquido. Il gruppo di scienziati che firma l’articolo oggi in pubblicazione su Science, ha studiato per alcuni anni la regione del Planum Australe con Marsis. In particolare, i ricercatori hanno elaborato e analizzato i dati acquisiti su questa regione tra il maggio 2012 ed il dicembre 2015. I profili radar, ottenuti da orbite diverse, che talvolta si incrociavano tra di loro, ed acquisite in diversi periodi dell’anno marziano quando nelle regioni polari sud si depositano sottili strati di ghiaccio di anidride carbonica, hanno mostrato caratteristiche peculiari e hanno permesso di identificare una area di circa 20 km quadrati (centrata a 193°E e 81°S) nella quale la sottosuperficie è molto riflettente, al contrario delle aree circostanti.
La parte più complessa del lavoro è stata l’analisi quantitativa dei segnali radar per arrivare a determinare la costante dielettrica dello strato riflettente e identificarne, quindi, la natura. Questa parte del lavoro è durata quasi 4 anni, ma il gruppo è riuscito a determinare che la permittività dielettrica dell’area altamente riflettente è maggiore di 15, perfettamente in accordo con la presenza di materiali che contengono notevoli quantità di acqua liquida. «Questi risultati indicano che ci troviamo probabilmente in presenza di un lago subglaciale», conclude Elena Pettinelli dell’Università Roma Tre, «simile ai laghi presenti al di sotto dei ghiacci antartici, relativamente esteso e con una profondità certamente superiore alla possibilità di penetrazione delle frequenze usate da Marsis. In alternativa potrebbe trattarsi di un acquifero profondo nel quale l’acqua liquida riempie i pori e le fratture della roccia. Non siamo attualmente in grado di stimare con precisione la profondità del lago, ovvero dove si trova il fondo del lago o la base dell’acquifero, ma possiamo senza dubbio affermare che sia come minimo dell’ordine di qualche metro».
Prepariamoci quindi per la sera del 27 luglio quando osserveremo la colorazione rossa che assumerà la Luna, per effetto della rifrazione della luce solare che attraversa l’atmosfera della Terra, e col pianeta Marte separato dal nostro satellite da soli 4° con la sua consueta colorazione rossastra, ancora più accentuata dalle particolari condizioni osservative.
Pertanto assisteremo a un evento astronomico veramente eccezionale perfettamente visibile, oltre che in Italia, anche nel resto d’Europa, Sud America, Australia, Africa e nel Continente Asiatico, che non potrà non richiamare l’attenzione di molti appassionati ma anche di semplici osservatori del cielo.
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Gli orari dell’evento
La Luna sorgerà alle 20:44 mentre l’eclissi avrà inizio alle 19:13 (ora legale), quando il nostro satellite si troverà ancora a -15° sotto l’orizzonte, con inizio della fase parziale alle 20:24 (Luna a -3°4′).
La totalità inizierà alle 21:29 (Luna a +6°) raggiungendo il massimo alle 22:21 (Luna a +12°45′) con fine dell’Eclisse Totale alle 23:13 (Luna +18°) con la notevole durata di 01:44 della fase massima, a cui seguirà il termine della fase di Penombra alle 01:30, quando il nostro satellite si appresterà a transitare sul meridiano a un’altezza di +25°.
Come sempre i dettagli sono per un’osservatore posto in Centro Italia (42°N – 12°E), gli orari delle varie fase dell’Eclisse non varieranno in maniera significativa, ma l’altezza della Luna si, al Nord (latitudine di Milano) la si vedrà circa 4° più bassa (e sorgerà quindi un po’ dopo) mentre al sud (latitudine Palermo) circa 4° più alta (sorgendo quindi un po’ prima). Per le circostanze esatte consultare un softare planetario o un sito per le effemeridi impostando la propria località di osservazione.
Non dimenticate poi di consultare le pagine dedicare agli eventi di gruppi e associazioni astrofile, perché sono tante le serate osservative organizzate in tutta Italia! Ne troverete molte segnalate (nei prossimi giorni) tra i nostri eventi onlinee già adesso nelle pagine degli appuntamenti(da p. 238 a p. 249 con la locandina dell’evento della Società Astronomica Pugliese).
Marte in Grande Opposizione
Ma la Luna non sarà da sola durante questa Eclisse, a soli 4° a sudovest, potremo osservare brillantissimo di luce rossastra il pianeta Marte, che in queste settimane si mostra al suo meglio in una Grande Opposizione. All’evento abbiamo dato ampio spazio sia dal punto di vista osservativo che storico che… futuro, con un bell’articolo sulle sfide ancora da affrontare, e superare, per l’esplorazione umana del Pianeta Rosso, e del Sistema solare…
Hai compiuto un’osservazione? Condividi le tue impressioni, mandaci i tuoi report osservativi o un breve commento sui fenomeni osservati: puoi scriverci a segreteria@coelum.com.
E se hai scattato qualche fotografia agli eventi segnalati, carica le tue foto inPhotoCoelum!
Tutti i primi lunedì del mese: UNA COSTELLAZIONE SOPRA DI NOI
Un viaggio deep-sky in diretta web con il Telescopio Remoto UAI – tele #2 ASTRA Telescopi Remoti. Osservazioni con approfondimenti dal vivo ogni mese su una costellazione del periodo. Basta un collegamento internet, anche lento. Con la voce del Vicepresidente UAI, Giorgio Bianciardi
http://telescopioremoto.uai.it
Le campagne nazionali UAI
27 luglio La notte della Luna & del Pianeta Rosso!
La notte più ricca di eventi astronomici dell’anno: in prima serata l’eclisse totale di Luna, in congiunzione con il pianeta Marte all’opposizione. La Luna Rossa incontra il Pianeta Rosso! Un evento che il pubblico potrà seguire in occasione delle innumerevoli serate osservative organizzate dalle associazioni di astrofili su tutto il territorio nazionale
http://divulgazione.uai.it
10-12 agosto Le Notti delle Stelle
Il più atteso appuntamento dell’estate astronomica durante il quale le associazioni astrofile proporranno una o più serate dedicate all’osservazione delle Perseidi. L’iniziativa è abbinata a “Calici di Stelle” manifestazione enogastronomica promossa il 10 agosto dal Movimento Turismo del Vino e dall’Associazione Nazionale Città del Vino.
http://divulgazione.uai.it
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