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Astroiniziative UAI – Unione Astrofili Italiani

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Tutti i primi lunedì del mese: UNA COSTELLAZIONE SOPRA DI NOI
Un viaggio deep-sky in diretta web con il Telescopio Remoto UAI – tele #2 ASTRA Telescopi Remoti. Osservazioni con approfondimenti dal vivo ogni mese su una costellazione del periodo. Basta un collegamento internet, anche lento. Con la voce del Vicepresidente UAI, Giorgio Bianciardi
http://telescopioremoto.uai.it

Le campagne nazionali UAI
1-2 giugno Il Cielo a portata di mano. Giornata Nazionale Osservatori Aperti

La giornata italiana nazionale degli osservatori accessibili, collegata al progetto nazionale “Stelle per tutti”, per valorizzare e promuovere la rete di quasi 100 strutture pubbliche, gestite dagli astrofili: una risorsa per la diffusione della cultura scientifica in Italia.
http://divulgazione.uai.it

23 giugno Occhi su Saturno… e su Giove, Venere e Marte!
All’inizio di un’ estate favorevole alle osservazioni planetarie, una serata con tanti eventi in tutta Italia dedicati al pianeta Saturno, il signore degli anelli, e agli altri pianeti osservabili in orario serale. L’evento è promosso dall’Associazione Stellaria in collaborazione con l’UAI
www.occhisusaturno.ithttp://divulgazione.uai.it

I convegni e le iniziative UAI
23-24 giugno
Meeting Corpi Minori UAI

Organizzato dalle Sezioni Asteroidi, Comete e Meteore, presso l’Osservatorio Astronomico “Beppe Forti”, Montelupo (FI), in collaborazione col Gruppo Astrofili di Montelupo.
http://www.uai.it/ricerca.html

Nebulosa Tarantola. Un quartiere affollato

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Brillando da circa 160 000 anni luce di distanza, la Nebulosa Tarantola è la struttura più spettacolare della Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della nostra Via Lattea. Il telescopio VST (VLT Survey Telescope) all'Osservatorio del Paranal dell'ESO, in Cile, ha ritratto questa regione e i suoi dintorni spettacolari con dettagli squisiti. Si rivela un paesaggio cosmico di ammassi stellari, di nubi di gas caldo rilucenti e di resti sparsi di esplosioni di supernova. Crediti: ESO
La Nebulosa Tarantola, la struttura più spettacolare della Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della nostra Via Lattea. Il telescopio VST (VLT Survey Telescope) ha ritratto questa regione e i suoi dintorni spettacolari con dettagli squisiti. Si rivela un paesaggio cosmico di ammassi stellari, di nubi di gas caldo rilucenti e di resti sparsi di esplosioni di supernova. Crediti: ESO

Sfruttando le capacità del telescopio VST (VLT Survey Telescope) all’Osservatorio del Paranal dell’ESO in Cile, alcuni astronomi hanno catturato questa immagine dettagliatissima della Nebulosa Tarantola e dei suoi numerosi vicini: nebulose e ammassi stellari. La Tarantola, nota anche come 30 Doradus, è la regione di formazione stellare più brillante e la più energetica nel Gruppo Locale di galassie.

Crediti: ESO

La Nebulosa Tarantola, in alto nell’immagine, si trova nella costellazione del Dorado nel cielo meridionale e si estende per più di 1000 anni luce. Questa stupenda nebulosa appartiene alla Grande Nube di Magellano, una galassia nana grande circa 14 000 anni luce, una delle galassie più vicine alla Via Lattea.

Nel cuore della Nebulosa Tarantola si trova NGC 2070, un giovane ma gigantesco ammasso stellare, una regione di formazione stellare il cui nucleo denso, R136, contiene alcune delle stelle più massicce e luminose che si conoscano. Il brillante riverbero della Nebulosa Tarantola è stato registrato per la prima volta dall’astronomo francese Nicolas-Louis de Lacaille nel 1751.

Un altro ammasso stellare nella Nebulosa Tarantola è Hodge 301, molto più vecchio, in cui si stima che almeno 40 stelle siano già esplose come supernove, spargendo il loro gas in tutta la regione. Un esempio di resto di supernova è la “superbollaSNR N157B, che contiene l’ammasso stellare aperto NGC 2060. L’ammasso è stato osservato per la prima volta dall’astronomo inglese John Herschel nel 1836, con un telescopio riflettore da 18,6 pollici (47 cm) dal Capo di Buona Speranza, oggi in Sudafrica.

La copertina di Coelum 208, dedicata alla SN 1987A. All'interno del numero: tutto sulla SN 1987A, altre possibili supernovae vicine e la ricerca amatoriale di supernovae, con approfondimenti e testimonianze. Clicca sull'immagine per accedere al numero in formato digitale e completamente gratuito!

Al bordo della Nebulosa Tarantola, in basso a destra, è possibile identificare la posizione della famosa supernova SN 1987A , la prima supernova osservata con telescopi moderni e la più brillante dopo la Stella di Keplero nel 1604. SN1987A era così intensa che per parecchi mesi dopo la sua scoperta il 23 febbraio 1987 avvampò con la potenza di 100 milioni di soli.

Spostandoci sul lato sinistro della Nebulosa Tarantola, vediamo un ammasso aperto luminoso, NGC 2100, che mostra una concentrazione di stelle blu e brillanti, circondata da stelle rosse. L’ammasso è stato scoperto dall’astronomo scozzese James Dunlop nel 1826 mentre lavorava in Australia con il telescopio riflettore da 9 pollici (23 cm) che si era costruito da solo.

Al centro dell’immagine si nota NGC 2074, un ammasso stellare con nebulosa a emissione, un’altra zona di formazione stellare massiccia scoperta da John Herschel. Osservandola da vicino si può individuare una struttura scura di polvere, a forma di cavalluccio marino – il “Cavalluccio marino della Grande Nube di Magellano“. È una struttura gigantesca, a guisa di pilastro, lunga circa 20 anni luce – circa quattro volte la distanza tra il Sole e la stella più vicina, Alfa Centauri. La struttura è condannata a sparire nei prossimi milioni di anni: a mano a mano che si formano stelle nell’ammasso, la luce e i venti da loro emessi spazzeranno via gradualmente i pilastri di polvere.

La realizzazione di questa immagine è stata possibile solo grazie alla camera del VLT da 256 megapixel, OmegaCAM, progettata appositamente per il VST. L’immagine è creata a partire da immagini di OmegaCAM prese con quattro diversi filtri di colore, tra cui uno costruito per isolare la luce rossa dell’idrogeno ionizzato. La riga di emissione H-alfa è una riga spettrale rossa prodotta quando l’elettrone all’interno di un atomo di idrogeno perde la propria energia. Ciò accade nell’idrogeno intorno alla stelle giovani e calde poichè il gas viene ionizzato dall’intensa radiazione ultravioletta e gli elettroni quindi si ricombinano con i protoni per formare di nuovo atomi di idrogeno. L’abilità di OmegaCAM di rilevare questa riga permette agli astronomi di caratterizzare la fisica delle nubi molecolari giganti in cui si formano nuove stelle e pianeti.


L’Universo attraverso un prisma!
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Astrochannel: seminari e coffee-talk

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Una TV via web sulle attività dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. La visione e l’utilizzo di Astrochannel sono gratuiti e consentiti a tutti (se però siete interessati solo a singoli video, suggeriamo d’iscriversi). Suggeriamo di seguito i seminari in lingua italiana, ma il programma è decisamente più ampio e può essere consultato qui: http://www.media.inaf.it/inaftv/seminari/#3151
Attenzione: l’elenco che segue potrebbe essere non aggiornato. Per maggiori informazioni e aggiornamenti in tempo reale sui singoli seminari, vi invitiamo a fare riferimento ai siti web delle singole sedi.

OA Palermo, 31/05/2018 @ 15:30 Angelo Adamo (INAF Palermo), “Prima l’uovo o la gallina? Prima la scienza o la narrazione?”
OA Brera, 05/06/2018 @ 14:00 Chiara Salvaggio (INAF Brera), “NGC 5907 ULX-1: la Stele di Rosetta per decifrare stati di accrescimento estremo nei sistemi binari di sorgenti ultra-luminose in X”
OA Brera, 19/06/2018 @ 14:00 Stefano Sandrelli (INAF Brera), “Che cos’è’ e come funziona l’Ufficio Comunicazione INAF per la Didattica e la Divulgazione”.
Per seguire i seminari, installare il software (http://www.media.inaf.it/inaftv/) o cercare il video sul canale YouTube INAF-TV.
Astrochannel è un software di Marco Malaspina – Copyleft INAF Ufficio Comunicazione – 2007-2015

Gruppo Astrofili Vicentini

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LOGO-ASTROFILI

LOGO-ASTROFILITutti i martedì sera, dalle 21:00 alle 23:00, presso l’Osservatorio Astronomico “G. Beltrame” in Via S. Giustina 127 ad Arcugnano (VI): Osservazione pubblica del cielo. L’osservatorio sarà aperto al pubblico. La partecipazione è gratuita e non è necessario prenotare. Durante le aperture al pubblico verranno effettuate anche delle mini conferenze e dei mini corsi i cui contenuti saranno pubblicati di volta in volta sui vari canali social del nostro gruppo e sul Giornale di Vicenza. L’apertura avrà luogo con qualsiasi tempo.

01.06, dalle ore 21:00 per tutta la notte fino al sorgere del sole: La notte bianca – Star Party del Gruppo Astrofili Vicentini “G. Abetti”, presso l’Osservatorio. Osserveremo il tramonto ed il sorgere di Venere, Giove, Saturno, Marte, Luna e di tutti gli altri corpi celesti. Per tutta la notte sarà disponibile un buffet gentilmente offerto dai soci.

23.06, dalle 16:30 alle 18:30: Il Sole fa tic tac – Laboratorio di astronomia per bambini da 6 a 11 anni, presso l’Osservatorio Astronomico “G. Beltrame” in Via S. Giustina 127 ad Arcugnano (VI). La partecipazione è gratuita. L’iscrizione è obbligatoria perché i posti sono limitati. Per ulteriori informazioni e per le iscrizioni scrivete a didattica@astrofilivicentini.it

Per ulteriori informazioni consultare il sito: http://www.astrofilivicentini.it/

Apex guarda nel cuore dell’oscurità

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Rappresentazione schematica delle osservazioni Vlbi a 1,3 mm di Sagittario A* (Sgr A*) nel centro Galattico, eseguite nel 2013. I riquadri mostrano le possibili forme della sorgente di emissione che risultano essere coerenti con le misurazioni. Per una migliore visualizzazione delle dimensioni angolari, sui modelli viene sovrapposto un cerchio bianco di 50 micro secondi d’arco. La posizione del telescopio Apex nell’emisfero meridionale, in Cile, fornisce linee di base interferometriche più lunghe, consentendo di raggiungere una risoluzione angolare migliore del doppio rispetto alle osservazioni precedenti. Questa configurazione consente infatti di ottendere una risoluzione spaziale di soli 3 raggi Schwarzschild in Sgr A *. Crediti: Eduardo Ros / Thomas Krichbaum (MPIfR)
Rappresentazione schematica delle osservazioni Vlbi a 1,3 mm di Sagittario A* (Sgr A*) nel centro Galattico, eseguite nel 2013. I riquadri mostrano le possibili forme della sorgente di emissione che risultano essere coerenti con le misurazioni. Per una migliore visualizzazione delle dimensioni angolari, sui modelli viene sovrapposto un cerchio bianco di 50 micro secondi d’arco. La posizione del telescopio Apex nell’emisfero meridionale, in Cile, fornisce linee di base interferometriche più lunghe, consentendo di raggiungere una risoluzione angolare migliore del doppio rispetto alle osservazioni precedenti. Questa configurazione consente infatti di ottendere una risoluzione spaziale di soli 3 raggi Schwarzschild in Sgr A *. Crediti: Eduardo Ros / Thomas Krichbaum (MPIfR)

Gli astronomi stanno tentando di trovare la prova definitiva della teoria della relatività generale di Einstein, cercando di ottenere un’immagine diretta dell’ombra di un buco nero. Questa osservazione è possibile combinando il segnale proveniente da radiotelescopi sparsi in tutto il mondo, utilizzando la tecnica chiamata interferometria a lunghissima base (Very Long Baseline Interferometry, Vlbi). I radiotelescopi coinvolti sono posizionati ad altitudini elevate per ridurre al minimo il disturbo derivante dall’atmosfera, in siti remoti caratterizzati da un cielo sereno, e stanno osservando la radiosorgente compatta Sagittarius A* (Sgr A*), localizzata al centro della Via Lattea.

Il team coinvolto in questa ricerca ha osservato Sgr A* nel 2013, utilizzando i radiotelescopi Vlbi posizionati in quattro siti diversi: il telescopio Apex in Cile, l’array Carma in California, il Jcmt e lo Smaalle Hawaii e il telescopio Smt in Arizona. Sgr A* è stato rilevato in tutte le stazioni e la lunghezza della linea di base (baseline) più lunga ha raggiunto quasi 10mila chilometri, consentendo di raggiungere una risoluzione angolare tale da rivelare una sorgente ultra-compatta e asimmetrica (non puntiforme).

«La partecipazione del telescopio Apex quasi raddoppia la lunghezza delle linee di base più lunghe, rispetto alle osservazioni precedenti, e consente di ottenere una risoluzione spettacolare di soli 3 raggi di Schwarzschild», afferma Ru-Sen Lu del Max Planck Institute for Radio Astronomy (MPIfR) di Bonn, in Germania, autore principale della pubblicazione. «Con tale risoluzione è stato pertanto possibile rivelare i dettagli della radio sorgente centrale, che sono più piccoli delle dimensioni attese del disco di accrescimento», aggiunge Thomas Krichbaum, promotore delle osservazioni mm-VLBI con Apex.

La posizione di Apex nell’emisfero australe migliora considerevolmente la qualità dell’immagine di una sorgente posizionata così a sud nel cielo quale è Sagittarius A * (-29 gradi di declinazione). Apex ha spianato la strada verso l’inclusione di Alma nelle osservazioni dell’Event Horizon Telescope (Eht), che attualmente vengono eseguite una volta all’anno.

«Abbiamo lavorato duramente, a un’altitudine di oltre cinquemila metri, per installare l’attrezzatura che ha permesso a Apex di fare osservazioni Vlbi a una lunghezza d’onda di 1,3 mm», afferma Alan Roy di MPIfR, guida del team Vlbi all’Apex. «Siamo orgogliosi delle buone prestazioni che Apex ha dimostrato di possedere in questo esperimento». Il radiotelescopio Apex da 12 m è stato dotato di attrezzature speciali, tra cui registratori a banda larga e un maser a idrogeno molto stabile per eseguire osservazioni interferometriche congiunte con gli altri telescopi Vlbi.

Il team ha utilizzato una procedura di fitting per studiare la struttura di Sgr A* alla scala dell’orizzonte degli eventi. «Abbiamo iniziato a capire quale potrebbe essere la struttura alle scale dell’orizzonte degli eventi, piuttosto che trarre generiche conclusioni dalle visibilità campionate. È molto incoraggiante constatare che una struttura ad anello concorda molto bene con i dati raccolti, anche se non possiamo escludere altri modelli, ad esempio una composizione di spot brillanti», aggiunge Ru-Sen Lu. Le future osservazioni, che verranno effettuate con più telescopi aggiunti a Eht, risolveranno le ambiguità residue ancora insite in queste immagini.

Il buco nero al centro della nostra galassia è inserito in un mezzo interstellare denso, che potrebbe influenzare la propagazione delle onde elettromagnetiche lungo la linea di vista. «Tuttavia, la scintillazione interstellare, che in teoria può portare ad avere distorsioni dell’immagine, non sembra essere un effetto dominante alla lunghezza d’onda di 1,3 mm», afferma Dimitrios Psaltisdell’Università dell’Arizona, project scientist di  Eht.

«I risultati ottenuti sono un passo importante verso lo sviluppo dell’Event Horizon Telescope», afferma Sheperd Doeleman del Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics e direttore del progetto Eht. «L’analisi di nuove osservazioni, che dal 2017 include anche Alma, ci porterà a compiere un altro passo avanti nell’osservazione per immagini (imaging) del buco nero al centro della nostra Galassia».

Per saperne di più:


AstronomiAmo

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LocandinaCoelumMaggioAppuntamenti di maggio:

15.05, ore 11:30

Diretta dall’Antartide con il dott. Marco Buttu. Grazie a PNRA – ENEA – CNR – IPEV

Aperta nel 2005, la Concordia Research Station è una base italo-francese situata 3.23 metri sopra il livello del mare sull’altopiano antartico, in una località chiamata Dome C, a 1670 chilometri di distanza dal polo sud geografico.
Base di ricerca permanente nella quale vengono portate avanti ricerche sull’ambiente e sul clima, sulla biologia e sull’astronomia.
Il 15 maggio 2018, grazie alla disponibilità di PNRA (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide), ENEA Unità Tecnica Antartide, del CNR (Centro Nazionale di RIcerca) e dell’IPEV (Institut polaire français Paul-Emile Victor), daremo vita a una diretta streaming dalla base in Antartide con il Dott. Marco Buttu, ingegnere dell’Istituto Nazionale di Astrofisica.

Lo streaming sarà ospitato anche nella home di coelum.com

Evento Facebook


19.05: Serata di Stelle a Ceccano (FR)

Sabato 19 maggio dalle ore 18.00, Associazione AstronomiAmo ti aspetta nella splendida location della Tenuta Valle Delle Ginestre aCECCANO per una serata imperdibile all’insegna dell’Astronomia e della Gastronomia.
L’evento è rivolto a tutte le età
Un palinsesto molto ricco per entrare nel mondo delle stelle nel modo migliore.
Programma:
Dalle ore 18.00 troverete allestita la mostra astrofotografica per osservare su stampa le bellezze del cielo notturno. Sempre all’interno, un angolo multimediale per osservare i pianeti del Sistema Solare, la Luna e il Sole in tre dimensioni tramite una piramide olografica.
All’esterno, invece, potrete ammirare il Sole, la nostra stella, attraverso i telescopi in luce bianca e in h-alpha messi a disposizione dall’Associazione: una splendida occasione per vedere le macchie solari e le protuberanze della nostra stella.
Due conferenze dal vivo, a cura degli appassionati del gruppo ciociaro di AstronomiAmo, spiegheranno il cielo del periodo, come riconoscere le stelle e i pianeti e come fotografare le bellezze del cielo notturno.
Dopo cena il cielo stellato sarà il padrone della serata, con il riconoscimento visuale delle costellazioni e le osservazioni telescopiche di Luna e Giove.
A completare la giornata, la possibilità di usufruire di un servizio bar , di una cena e di un pernotto di primissimo livello come quello della Tenuta Valle delle Ginestre di Ceccano.
Se hai intenzione di usufruire dei servizi della Tenuta, è gradita la prenotazione al numero 338/1176019. Per informazioni sulla serata astronomica invece puoi far riferimento a  info@astronomiamo.it
31.05: Occhi al Cielo di Giugno

Per informazioni:
www.astronomiamo.it

E infine… Luna e Giove!

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Concludiamo il mese con un ultimo incontro tra la Luna e il pianeta Giove. Il 27 maggio, alle ore 21:00 circa, il nostro satellite (fase del 96,8%) si posizionerà a una distanza di circa 3,2° dal pianeta Giove, brillante e maestoso, splendente di magnitudine –2,5 nel cielo ancora chiaro del tramonto.

Per quanto riguarda Giove ricordiamo che siamo entrati nel suo periodo di miglior visibilità, anche se l’opposizione è stata il 9 maggio, i giorni utili per osservarlo al meglio si estendono per alcune settimane, e quindi sono sempre validi i consigli:

➜ 9 maggio Giove in opposizione. Come osservarlo, a occhio nudo e con uno strumento, e tutti i principali eventi che riguardano le lune medicee.

➜ Astrofotografia: Riprendiamo Giove in compagnia dei suoi satelliti di Giorgia Hofer

In più sono i giorni buoni anche per l’osservazione della Luna e delle sue formazioni:

➜ Tutti i consigli osservativi nella Luna di Maggio 2018

Effemeridi giornaliere di Luna, Sole e pianeti sul Cielo di maggio 2018

Hai compiuto un’osservazione? Condividi le tue impressioni, mandaci i tuoi report osservativi o un breve commento sui fenomeni osservati: puoi scriverci a segreteria@coelum.com. Inoltre, se hai scattato qualche fotografia agli eventi segnalati, carica le tue foto in PhotoCoelum!

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➜ Leggi la rubrica di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

➜ Comete. Finalmente una cometa “interessante”?

➜ Supernovae. Due nuove scoperte italiane

e il Calendario di tutti gli eventi di maggio 2018, giorno per giorno


I consigli per l’osservazione del Cielo di maggio
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Rosetta svela l’alba dei getti

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A sinistra: poco dopo l’alba, sopra la regione Hapi sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, si vedono impressionanti getti di gas e polvere. A destra: le simulazioni al computer riproducono queste strutture. Crediti: Esa/Rosetta/Mps for Osiris Team Mps/Upd/Lam/Iaa/Sso/Inta/Upm/Dasp/Ida
A sinistra: poco dopo l’alba, sopra la regione Hapi sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, si vedono impressionanti getti di gas e polvere. A destra: le simulazioni al computer riproducono queste strutture. Crediti: Esa/Rosetta/Mps for Osiris Team Mps/Upd/Lam/Iaa/Sso/Inta/Upm/Dasp/Ida

Lontano dal Sole, le comete sono gelidi corpi senza vita. Quando si avvicinano al Sistema solare interno, il calore del Sole fa sublimare gli strati di ghiaccio più esterni, trascinando sulla superficie particelle di polvere. In questo modo si forma la chioma, un mantello di gas e polvere. Già nelle immagini delle missioni cometarie precedenti a Rosetta, come la sonda Giotto che visitò la cometa di Halley nel 1986, era evidente come all’interno della chioma fossero visibili getti distinti di gas e polvere. Tali getti si estendono per svariati chilometri nello spazio. Per gli scienziati, questi getti sono la chiave per comprendere l’attività cometaria e le domande che si pongono sono molteplici: quando e dove si verificano? Quali processi superficiali sono coinvolti? Cosa rivelano della natura e della composizione della cometa?

Nessuna missione è stata in grado di rispondere a queste domande in modo così dettagliato come la missione Rosetta dell’Esa. Da agosto 2014 a settembre 2016, la sonda ha orbitato attorno alla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, e si è guadagnata un posto in prima fila per assistere alla sua trasformazione: da un corpo quasi senza vita a un oggetto che sputa gas e polvere. Questo processo è stato documentato da più di 70mila immagini scattate dal sistema di telecamere scientifiche di Osiris, sviluppate e costruite sotto la guida del Max Planck Institute for Solar System Research (Mps). Tali immagini contengono sia esplosioni improvvise di gas e polvere, sia getti stabili per periodi di tempo più lunghi. In una recente pubblicazione, i ricercatori del team Osiris hanno presentato l’attività che si verifica sulla cometa, regolarmente, ogni mattina.

«Quando il Sole sorge su una parte della cometa, la superficie lungo il terminatore diventa attiva pressoché istantaneamente», descrive il primo autore Xian Shi, di Mps. «I getti di gas e polvere, che poi osserviamo all’interno della chioma, sono molto affidabili: si possono trovare ogni mattina, negli stessi luoghi e in una forma simile», aggiunge. Responsabile di questa attività mattutina è il gelo, che si forma di notte sulla superficie fredda della cometa. Non appena i raggi del Sole lo toccano, inizia a sublimare.

«Le esplosioni spesso possono essere ricondotte a una piccola area sulla superficie della cometa, dove improvvisamente viene a trovarsi acqua congelata in seguito, ad esempio, a una frana», spiega Holger Sierks di Mps, nonché principal investigator di Osiris. «Nel caso invece dell’attività visibile all’alba, il gelo è distribuito abbastanza uniformemente su tutta la superficie».

Ma allora perché le emissioni di gas e polveri formano i getti? Perché non creano una nuvola completamente omogenea? Il nuovo studio mostra, per la prima volta, che la spiegazione di questo fenomeno è da ricercarsi nella forma insolita e nella topografia frastagliata della cometa. I ricercatori hanno analizzato le immagini della regione Hapi da diversi punti di vista. Questa regione è situata sul “collo” della cometa, la parte stretta che collega i suoi due lobi. Sfruttando simulazioni al computer, sono stati in grado di riprodurre queste immagini, ottenendo così una migliore comprensione dei processi che guidano il fenomeno. In particolare, due effetti si sono dimostrati decisivi. Alcune regioni sulla superficie si trovano ad altitudini inferiori, oppure all’ombra, quindi i primi raggi di Sole li raggiungono più tardi. Al contrario, il gelo evapora in modo particolarmente efficiente nelle regioni che vengono illuminate maggiormente e prima. Inoltre, gli affossamenti e le altre strutture concave concentrano le emissioni di gas e polveri, proprio come fanno le lenti ottiche.

«La complessa forma della cometa di Rosetta rende difficili le indagini, ma per questo studio è stata una benedizione», dice Shi. Su una cometa sferica, o a forma di patata, queste strutture all’interno della chioma potrebbero non essere così prominenti, rendendo la chioma più uniforme.

Inoltre, il nuovo studio indaga sull’influenza della geometria dell’osservazione. «Fondamentalmente, ogni chioma è una struttura tridimensionale, e ogni scatto visualizza solo una proiezione della struttura stessa», dice Sierks. «Le nostre immagini possono quindi dare facilmente un’impressione sbagliata». I getti ricorrenti giornalieri sono particolarmente adatti per analizzare questo effetto, poiché Rosetta ha orbitato attorno alla cometa per un lungo periodo, osservando l’alba su una particolare regione diverse volte e da diverse angolazioni.

Per saperne di più:



La Luna tra le stelle della Vergine

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Proseguiamo con un altro incontro tra la Luna e una stella: questa volta lo scenario è quello della costellazione della Vergine. Il 25 maggio, alle ore 23:00 circa, potremo osservare il nostro satellite (fase dell’86%) avvicinarsi a 6° 53’ da Spica (Alfa Vir, mag. +0,95).

Sarà più vicina invece la stella Heze (Zeta Vir, mag. +3,35), distante circa 4° 35’ dalla Luna, che però, data la sua luminosità minore, sarà annegata nella luce lunare al punto da risultare difficile da scorgere. Più lontana ancora troviamo Porrima (Gamma Vir, mag. +3,40) separata dalla Luna di 10° 45’.

Per vedere la congiunzione alla minima distanza dovremo attendere ancora qualche ora: alle 2:30 del 26 maggio la Luna passerà a 6,3° a nordovest di Spica.

Questo quartetto celeste sarà osservabile dirigendo il nostro sguardo verso sud. La sera successiva, il 26 maggio, la Luna si sposterà tra Spica e il luminoso Giove. Si tratterà comunque di una configurazione molto ampia che coprirà un arco di circa 23°, e che ci porterà direttamente al prossimo evento!

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Il buco nero più vorace dell’universo

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Un buco nero supermassiccio brillante. Crediti: Esa/Hubble e Nasa
Un buco nero supermassiccio brillante. Crediti: Esa/Hubble e Nasa

Gli astronomi dell’Australian National University (Anu) hanno trovato il buco nero più vorace dell’universo: un mostro che divora una massa equivalente a quella del nostro Sole ogni due giorni. Lo hanno trovato guardando indietro nel tempo, fino all’epoca conosciuta come età oscura dell’universo, più di 12 miliardi di anni fa, quando si calcola che questo buco nero supermassiccio avesse le dimensioni di circa 20 miliardi di soli, con un tasso di crescita dell’uno per cento ogni milione di anni.

«Questo buco nero sta crescendo così rapidamente che risplende con una luminosità migliaia di volte superiore a quella di un’intera galassia, a causa dell’attrito e del calore che sprigionano tutti i gas che vengono risucchiati quotidianamente verso il suo interno», spiega Christian Wolf della Research School of Astronomy and Astrophysics dell’Anu. «Se questo mostro fosse seduto al centro della nostra galassia, apparirebbe dieci volte più luminoso di una luna piena. Sembrerebbe un punto incredibilmente luminoso, tale da sbiadire la luce di tutte le stelle nel cielo».

Wolf sostiene che l’energia emessa da questo buco nero supermassiccio appena scoperto, noto anche come quasar, fosse per lo più luce ultravioletta e radiazione X. «Di nuovo, se questo mostro fosse al centro della Via Lattea», aggiunge il ricercatore, «probabilmente renderebbe impossibile la vita sulla Terra per via dell’enorme quantità di raggi X irradiati».

L’oggetto è stato trovato combinando i dati di Gaia con la fotometria della SkyMapper DR1 e del Wide-field Infrared Survey Explorer (Wise). Il telescopio SkyMapper presso l’Anu Siding Siding Spring Observatory ha rilevato la sua luce nel vicino infrarosso, poiché la radiazione emessa è stata spostata verso il rosso, trovandosi l’oggetto a miliardi di anni luce di distanza dalla Terra. «All’espandersi dell’Universo, lo spazio si espande e altrettanto fa la lunghezza d’onda della radiazione emessa, che si stira, modificando il suo colore», dice Wolf. «Questi grossi buchi neri che accrescono materia molto rapidamente sono estremamente rari e li stiamo cercando da diversi mesi con lo SkyMapper. Il satellite Gaia dell’Agenzia spaziale europea, che misura piccoli movimenti di oggetti celesti, ci è stato di grande aiuto per trovare questo buco nero supermassiccio».

Gaia ha confermato che l’oggetto in questione sembrava essere fermo, il che significa che doveva essere lontano e che si stava trattando molto probabilmente di un quasar molto grande. La scoperta del nuovo buco nero supermassiccio è stata confermata usando lo spettrografo montato sul telescopio da 2,3 metri dell’Anu.

«Non sappiamo come abbia fatto questo oggetto a crescere così tanto e così rapidamente nei primi giorni dell’Universo», continua Wolf. «La caccia per trovare buchi neri che si accrescono ancora più velocemente, continua».

Wolf sostiene che siccome questi tipi di buchi neri sono estremamente brillanti, possono essere usati come fari per studiare la formazione degli elementi nelle prime galassie dell’Universo. «Gli scienziati potrebbero essere in grado di vedere le ombre degli oggetti posti di fronte al buco nero supermassiccio», conclude Wolf.

Gli strumenti che verranno costruiti e montati sui grandissimi telescopi terrestri nel corso del prossimo decennio, saranno in grado di misurare direttamente l’espansione dell’Universo usando questi buchi neri molto luminosi.

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Si fa presto a dire GALASSIA… È online Coelum Astronomia di maggio!
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Unione Astrofili Senesi

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UAS05.05: Il cielo di maggio. In caso di cielo sereno, come ogni primo sabato del mese, l’appuntamento per i soci e per il pubblico è alle ore 21:30 presso Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola”Palmiero Capannoli” per osservare il cielo di questo periodo particolarmente ricco di galassie. In caso di tempo incerto telefonare per conferma a Davide Scutumella 3388861549. La serata è aperta alla cittadinanza.

11.05: “Il cielo al castello di Montarrenti” Come ogni secondo venerdì del mese, dalle ore 21:30 l’Osservatorio Astronomico di Montarrenti sarà aperto ai soci e al pubblico per una serata osservativa dedicata al cielo del periodo primaverile: Leone, Vergine e Chioma di Berenice, tutte contenenti bellissimi gruppi di galassie e ammassi (sia globulari che aperti). Sarà visibile anche il pianeta Giove coi satelliti galileiani. Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione tramite il sito www.astrofilisenesi.it, inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio). La serata è aperta alla cittadinanza.

19.05: “La notte dei musei” Nell’ambito della “Notte dei musei” saremo presenti presso il Museo Archeologico di Castellina in Chianti per un’osservazione del cielo dalla suggestiva torre del paese. Per informazioni contattare Andrea 3476527389, Giacomo 3282151990 oppure Francesco 3389637212. La serata è aperta alla cittadinanza.

25.05: “Il cielo al castello di Montarrenti” Come ogni quarto venerdì del mese, dalle ore 21:30 l’Osservatorio Astronomico di Montarrenti sarà aperto ai soci e al pubblico per una serata osservativa dedicata al cielo del periodo. La luna, coi suoi crateri sarà uno degli oggetti principali d’osservazione, oltre al pianeta Giove. Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione tramite il sito www.astrofilisenesi.it, inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio). La serata è aperta alla cittadinanza.

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La Luna e 200 mila stelle per TESS

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Questa immagine di prova di una delle quattro telecamere a bordo di TESS, mostra uno scorcio del cielo australe lungo il piano della nostra galassia. Crediti: NASA / MIT / TESS
In questa illustrazione TESS mentre sorvola la Luna, un passaggio che le ha fornito una spinta gravitazionale per entrare in rotta per la sua orbita operativa finale. Crediti: Goddard Space Flight Center/NASA

Lanciato dalla stazione di Air Force di Cape Canaveral in Florida il 18 aprile, TESS è il prossimo passo della NASA alla ricerca di pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare.

Il 17 maggio ha effettuato con successo un sorvolo della Luna, che gli ha fornito un assist gravitazionale per avviarsi verso l’ingresso nella sua orbita operativa finale. La sonda è passata a soli 8 mila chilometri dal nostro satellite, e il 30 maggio attiverà i suoi propulsori per l’ultima correzione che la porterà in un’orbita altamente ellittica attorno al sistema Terra-Luna. Da lì, punto di vista unico e privilegiato, avrà a disposizione un campo superiore a quello del suo predecessore Kepler, che le permetterà di monitorare senza interruzione sempre nuove strisce di cielo.

Si prevede che la sonda inizi la sua prima missione scientifica, della durata di due anni, attorno alla metà di giugno, dopo aver raggiunto l’orbita finale e aver calibrato la sua strumentazione. E i test sullla sua strumentazione sono già iniziati!

Questa immagine di prova di una delle quattro telecamere a bordo di TESS, mostra uno scorcio del cielo australe lungo il piano della nostra galassia. Crediti: NASA / MIT / TESS

Il team scientifico ha infatti scattato un’immagine di prova, con una esposizione di due secondi, utilizzando una delle quattro camere a bordo. Quello che ne è uscito è questa straordinaria immagine di più di 200 mila stelle! Centrata nella costellazione del Centauro, nell’angolo in alto a destra vediamo il bordo della Nebulosa Sacco di Carbone (Coalsack), una nebulosa oscura del cielo australe, che si mostra come una grande toppa scura sulla brillante Via Lattea, mentre nel bordo inferiore, a sinistra, vediamo la brillante Beta Centauri. TESS con le sue quattro camere tutte operative, potrà coprire un’area 400 volte più grande di quella visibile in questa ripresa… e altrettante stelle.

La missione, infatti, osserverà quasi tutto il cielo per monitorare le stelle più vicine e luminose in cerca di transiti – cadute periodiche nella  curva di luminosità di una stella causate da un pianeta che le passa davanti. Ci si aspetta che TESS riesca in questo modo a trovare migliaia di candidati esopianeti tra i quali selezionare i più promettenti che, il prossimo James Webb Space Telescope della NASA, in programma per il lancio nel 2020, potrà seguire e analizzare consentendo agli scienziati di studiare le loro atmosfere.

Per saperne di più sulla missione leggi anche Pronto a partire TESS il nuovo cercatore di esopianeti della NASA e TESS. Il nuovo cercatore di pianeti in cammino verso la sua orbita di lavoro


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Un quarto di Luna e Regolo

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Il 22 maggio, dopo una serie di incontri tra la Luna e i pianeti, passiamo ora a un incontro con un astro. Alle ore 1:00 il nostro satellite (fase del 47%) si troverà in congiunzione con la stella Regolo (Alfa Leonis, mag. +1,35) a una distanza di circa 2° 20’.

All’ora indicata i due astri saranno alti circa 11° sull’orizzonte occidentale, sarà però possibile osservarli alti in cielo fin dalla sera precedente.

Per riprenderli assieme a dettagli architettonici o naturali basterà attendere pochi minuti: i due oggetti perderanno rapidamente altezza sull’orizzonte consentendo di inquadrarli nel contesto del paesaggio circostante.

Effemeridi giornaliere di Luna, Sole e pianeti sul Cielo di maggio 2018

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Accademia delle Stelle

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2018-05 Coelum AdS

Due cicli di conferenze presso la nostra sede all’EUR (fermata Laurentina) che si possono seguire anche singolarmente previa prenotazione:

Il lunedì, ore 21:00 – 22:30: ArcheoAstronomia. Le avanzate conoscenze nascoste in reperti archeologici e miti antichi. L’astronomia nella storia dell’arte, dalla pittura all’architettura. E in letteratura, religione, simboli, araldica, bandiere, ecc…

Il giovedì, ore 21:00 – 22:30: Fisica e Astronomia. Vedremo gli argomenti che non vengono trattati i solito nei corsi base di astronomia. Apprefondimenti di fisica, astrofisica e cosmologia che rivestono un interesse enorme. Non è richiesta alcuna preparazione di base.

Altri eventi:
11.05: Occhi su Giove
12.05 e 19.05: Uscite osservative
25-27.05: Il Cielo di Roma

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Congiunzione Luna e M 44 (Ammasso del Presepe)

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Il 20 maggio si verificherà una particolare congiunzione tra la Luna (fase del 34%) e l’Ammasso del Presepe (M 44), noto anche come Beehive Cluster, nella costellazione del Cancro. Alle ore 22:00 la separazione tra i due oggetti, alti più di 36° sull’orizzonte ovest, sarà di circa 4° 40’.

Le condizioni di osservabilità e ripresa saranno piuttosto difficoltose perché vi sarà una grande differenza di luminosità tra i due oggetti. Per far risaltare l’ammasso sarà necessario utilizzare esposizioni lunghe che però “bruceranno” completamente la Luna. Chi vuole provare comunque?

Ricordiamo poi che questi sono i giorni migliori per l’osservazione della Luna di maggio!

➜ La LUNA di maggio.
➜ Leggi la Massima librazione del 20 maggio
Approfondimento: Guida all’osservazione della Regione Polare Nord (Parte A)

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Prime stelle, prime galassie, primo ossigeno… ALMA batte il suo record e il VLT lo segue!

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Questa immagine, ottenuta con il telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA, mostra l'ammasso di galassie MACS J1149.5+2223; l'inserto invece mostra MACS1149-JD1, una galassia molto lontana, osservata con ALMA come appariva 13,3 miliardi di anni fa. La distribuzione dell'ossigeno rilevata da ALMA è mostrata in rosso. Crediti: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO), NASA/ESA Hubble Space Telescope, W. Zheng (JHU), M. Postman (STScI), the CLASH Team, Hashimoto et al.
In questa immagine, ottenuta con il telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA, l'ammasso di galassie MACS J1149.5+2223. Nel riquadro, ingrandita, MACS1149-JD1, una galassia molto lontana, osservata con ALMA come appariva 13,3 miliardi di anni fa. La distribuzione dell'ossigeno rilevata da ALMA è mostrata in rosso. Crediti: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO), NASA/ESA Hubble Space Telescope, W. Zheng (JHU), M. Postman (STScI), the CLASH Team, Hashimoto et al.

Un’equipe internazionale di astronomi ha usato ALMA per osservare una galassia davvero distante, MACS1149-JD1, e hanno rivelato un debole chiarore emesso dall’ossigeno ionizzato nella galassia. Mentre questa luce infrarossa viaggiava nello spazio, l’espansione dell’Universo ne allungava più di dieci volte la lunghezza d’onda, fino a quando è giunta sulla Terra. L’equipe ha dedotto che il segnale è stato emesso 13,3 miliardi di anni fa (ovvero solo 500 milioni anni dopo il Big Bang), il che ne fa l’ossigeno più distante mai osservato da un telescopio. Non è la prima volta che accade, ALMA ha stabilito parecchie volte questo record: nel 2016, un team giapponese aveva trovato il segnale dell’ossigeno emesso 13,1 miliardi di anni fa; alcuni mesi dopo da Londra, sempre con i dati di ALMA, era stato individuato l’ossigeno a 13,2 miliardi di anni fa. Ora i due gruppi hanno unito i loro sforzi e ottenuto questo nuovo record, che corrisponde a un redshift di 9,1!

La presenza di ossigeno però è un chiaro segno che devono essere esistite nella galassia generazioni precedenti di stelle.

«Ero entusiasta nel vedere il segnale dell’ossigeno di questa galassia lontana nei dati di ALMA», commenta Takuya Hashimoto, il primo autore del nuovo articolo, ricercatore alla Sangyo University di Osaka e all’Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone. «Questa scoperta spinge ancora più indietro le frontiere dell’Universo osservabile».

Oltre al bagliore dell’ossigeno catturato da ALMA, un segnale più debole, dovuto all’emissione di idrogeno, è stato rivelato dal VLT (Very Large Telescope) dell’ESO. La distanza della galassia, determinata per mezzo di questa osservazione, è consistente con la distanza ottenuta dall’osservazione dell’ossigeno. Ciò rende MACS1149-JD1 la galassia più lontana con un misura precisa di distanza, oltre che la galassia più distante mai osservata con ALMA o con il VLT.

«Vediamo questa galassia in un’epoca in cui l’Universo aveva appena 500 milioni di anni, eppure ha una popolazione di stelle già sviluppate», spiega Nicolas Laporte, ricercatore all’University College di Londra (UCL) nel Regno Unito e secondo autore dell’articolo. «Siamo in grado di usare questa galassia per avventurarci in un periodo precedente, ancora inesplorato, della storia cosmica. Dopo il Big Bang, per un lungo periodo, nell’Universo non c’era ossigeno: è stato creato dal processo di fusione in atto nelle prime stelle e quindi rilasciato per la prima volta quando quelle stelle sono morte. L’esistenza di ossigeno in MACS1149-JD1 indica che queste prime generazioni di stelle si erano già formate e avevano espulso ossigeno dopo soli 500 milioni di anni dall’inizio dell’Universo».

Ma quando è avvenuta la formazione di queste prime stelle? Per scoprirlo, l’equipe ha ricostruito la storia più antica di MACS1149-JD1 usando i dati infrarossi ottenuti con il telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA e il telescopio spaziale Spitzer della NASA. La luminosità osservata della galassia si spiega perfettamente con un modello in cui l’inizio della formazione stellare corrisponde a soli 250 milioni di anni dopo l’inizio dell’Universo.

La maturità delle stelle viste in MACS1149-JD1 solleva però un’altra questione, ovvero di quando le prime galassie siano emerse dall’oscurità totale, in quell’epoca che gli astronomi chiamano, romanticamente, “alba cosmica”. Stabilendo l’età di MACS1149-JD1, l’equipe ha di fatto dimostrato che a quel tempo esistevano già galassie, ben prima di quelle che possiamo osservare direttamente.

Richard Ellis, astronomo senior a UCL e coautore dell’articolo, conclude: «Determinare l’inzio dell’alba cosmica è un Sacro Graal della cosmologia e della formazione delle galassie. Con queste nuove osservazioni di MACS1149-JD1 stiamo avvicinandoci all’osservazione diretta della nascita della luce stellare! Poichè siamo tutti fatti di materiale prodotto dalle stelle, questo significa trovare veramente le nostre origini».


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AstronomiAmo

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LocandinaCoelumMaggioAppuntamenti di maggio:

15.05, ore 11:30: Diretta dall’Antartide con il dott. Marco Buttu. Grazie a PNRA – ENEA – CNR – IPEV
19.05: Serata di Stelle a Ceccano (FR)
31.05: Occhi al Cielo di Giugno

Per informazioni:
www.astronomiamo.it

Dalla sonda Galileo, vent’anni dopo, la conferma di geyser su Europa, la luna di Giove

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Un'illustrazione artistica di Giove e Europa, con la sonda Galileo dopo il suo passaggio ravvicinato attraverso il getto di vapore ghiacciato emesso dalla superifice della luna. Una simulazione al computer ci dà un'idea di come il campo magnetico interagisce con questo getto: le linee del campo magnetico (in blu) ci mostrano come il getto interagisce con l'ambiente pervaso dal plasma gioviano, indicato in rosso. Credits: NASA/JPL-Caltech/Univ. of Michigan

Alla fine degli anni ’80, la sonda Galileo partì per un viaggio dedicato completamente, per la prima volta nella storia dell’esplorazione del sistema solare, a Giove, il gigante gassoso. Alla fine degli anni ’90, conclusa la missione primaria, iniziò una estensione che presentava maggiori rischi e che comprendeva una serie di sorvoli ravvicinati delle lune Europa e di Io, il più vicino dei quali portò la sonda a 180 km da Io il 15 dicembre 2001.

Ma è durante un suo flyby di Europa che non ci si era accorti di una sua scoperta straordinaria, o meglio, non era facile trovare qualcosa che non si stava cercando…

➜ Leggi Missione Galileo. Il testimone passa a Juno, per ripercorrere i passaggi, le conquiste scientifiche e i quesiti sollevati per le successive missioni, della Missione Galileo.

Le immagini ultraviolette di presunti getti d’acqua dalla superficie di Europa, luna di Giove, riprese dal telescopio spaziale Hubble della NASA nel 2012, hanno ispirato Xianzhe Jia (Università del Michigan, co-investigator di due strumenti a bordo della sonda Europa Clipper, la missione che studierà Europa da vicino nel prossimo decennio) e il suo team.

Dopo una relazione sulle immagini di Hubble di Melissa McGrath – del SETI Institute di Mountain View ma anche lei parte della missione Europa Clipper – Jia e il suo team hanno ripreso i dati raccolti dalla sonda Galileo 20 anni fa, rendendosi subito conto che la regione in cui Hubble aveva visto ripetute tracce di pennacchi era vicina a una delle regioni in cui Galileo era volata: Galileo avrebbe potuto passare attraverso uno di questi pennacchi senza che nessuno se ne fosse reso conto.

Nelle tre immagini (in falsi colori) quelle che appaiono essere getti d'acqua che si estendono dal bordo della luna, nelle immagini del Telescopio Spaziale Hubble. Si trattava però di osservazioni al limite della risoluzione del telescopio. Alle immagini nell'ultravioletto di Hubble, nelle quali la luna appare nera, sono state sovrapposte immagini di Europa nel visibile riprese dalla sonda Galileo. NASA / ESA / W. Sparks / USGS Astrogeology Science Center

«Galileo, in effetti, ha fatto un sorvolo di quella posizione, ed è stato il più vicino che abbiamo mai avuto. Ci siamo resi conto che dovevamo tornare indietro», ha detto Jia. «Avevamo bisogno di vedere se nei dati ci fosse qualcosa che potesse dirci se in quel momento c’era o meno un pennacchio».

Galileo aveva fatto un totale di 11 voli ravvicinati di Europa, ma solo due si avvicinarono abbastanza da avere la possibilità di scoprire qualcosa di simile a un getto di vapore ghiacciato. Fu il primo di questi che si rivelò essere lo scrigno del tesoro.  La sonda Galileo stava volando entro 400 km dalla superficie di Europa, a 6 km/s, percorrendo 1.000 km in soli tre minuti nel momento del suo maggior avvicinamento, quando il suo magnetometro si è accorto di un cambio di direzione del campo magnetico misurato, con un improvviso calo e un seguente picco molto forte. Nel frattempo, il rilevatore di onde di plasma mostrava una concentrazione densa di particelle cariche che venivano altrettanto improvvisamente  rilasciate.

L’ipotesi è che quando un campo magnetico attraversa un getto d’acqua, può creare una corrente elettrica all’interno del getto. Quella corrente, a sua volta, genera un altro campo magnetico che neutralizza il primo, mentre il plasma si accumula in cima al getto, incapace di fluire attraverso di esso. Questo processo è lo stesso che la sonda Cassini ha visto in azione su Encelado, luna di Saturno, e ora i ricercatori pensano che sia esattamente lo stesso processo rilevato vent’anni fa dalla Galileo su Europa.

Ma il vero motore della scoperta è stato un sofisticato modello computazionale noto come 3D multi-fluid magnetohydrodynamic simulation, che ancora non esisteva quando Galileo raccoglieva i suoi dati. Il team lo ha applicato a quello che già si sapeva dalle osservazioni di Hubble sulla dimensione e la densità del potenziale pennacchio, creando così una simulazione perfettamente coerente con i dati raccolti dalla sonda Galileo.

«I dati erano lì, ma avevamo bisogno di una modellazione sofisticata per dare un senso all’osservazione», ha spiegato sempre Jia.

Le precedenti immagini ultraviolette di Hubble suggerivano la presenza di pennacchi, ma questa nuova analisi ha potuto utilizzare dati raccolti (anche se inconsapevolemnte) molto più vicini alla fonte ed è per questo che viene considerata un’evidenza forte e di supporto a quella di Hubble per confermare la presenza dei pennacchi.

«Sembra che ormai ci siano troppe evidenze per scartare l’esistenza di geyger anche su Europa», dichiara Robert Pappalardo, sempre del progetto Europa Clipper. «Questo risultato li fa sembrare smpre più veri e, per quanto mi riguarda, si tratta di un punto di svolta: non sono più solo incerti bagliori in un’immagine remota».

Galileo non avrebbe potuto vedere di più, il flusso di particelle in questo tipo di getti è molto diffuso e sottile, non è facile accorgersene pur passandoci in mezzo, soprattutto se non si sa cosa guardare. Ma ora che lo sappiamo, gli scienziati della NASA sperano che la missione Europa Clipper, che sarà lanciata a metà degli anni ’20, riesca a riprendere immagini dirette dei getti attraverso la luce solare dispersa dalle particelle sospese nello spazio.

«Non potremo darli definitivamente per reali finché non torneremo lì con una sonda e non li riprenderemo in una foto» aggiunge un altro membro del team Europa Clipper, Cynthia Phillips.

Inoltre Clipper arriverà molto più vicina alla luna ghiacciata: alcuni dei suoi 44 passaggi la porteranno a una distanza di soli 25 km in superficie. Avrà a bordo spettrometri di massa, per dedurre la composizione della superficie di Europa, dell’oceano sotterraneo e dei pennacchi, e – come Galileo – strumenti per misurare la densità del plasma e i campi magnetici. A differenza di Galileo, Clipper avrà anche sistemi di imaging a infrarossi e nel visibile, uno spettrografo ultravioletto e un radar che può penetrare nel ghiaccio fino a chilometri al di sotto della superficie ghiacciata di Europa.

Galileo Galilei ha scoperto Europa, la luna di Giove, nel 1610. Più di quattrocento anni dopo gli astronomi stanno ancora scoprendo cose nuove di questo mondo ghiacciato. Con un diametro medio di 3 121,6 km, un'orbita di 3,5 giorni terrestri e una massa di circa il 65% di quello della nostra Luna, Europa è considerata un ambiente che potrebbe essere adatto alla vita. La sua superficie ghiacciata è attraversata fratture lineari che si incrociano l'un l'altra, come il nosro pianeta si pensa abbia un nucleo ferroso, una crosta orcciosa e un oceano di acqua salata. Diversamente dalla Terra però l'oceano scorrerebbe sotto a una crosta ghiacciata spessa tra i 15 e i 25 chilometri, e sarebbe profondo tra i 60 e i 160 km. I risultati delle ultime analisi lo rendono uno dei posti migliori, nel sistema solare, dove cercare la vita, e la sonda della NASA Europa Clipper avrà gli strumenti necessari per scoprirlo. In questa immagine due viste su Europa: a sinistra l'immagine in colori vicini al reale, sulla destra un'immagine invece in falsi colori che combina riprese nel violetto, nel verde e nell'infrarosso, per esaltare i dettagli della crosta, per lo più composta da acqua ghiacciata. Image credit: NASA/JPL-Caltech/DLR

Ma mentre gli strumenti sono ben noti, la traiettoria ancora non è decisa e questi nuovi risultati aiuteranno a definirla. Se i pennacchi stanno davvero emettendo vapore dall’oceano o dai laghi sotterranei di Europa, Europa Clipper potrà campionare il liquido congelato e le particelle di polvere. Il team della missione sta ora valutando potenziali percorsi orbitali proprio con questo scopo.

Una rappresentazione artistica dei getti di vapore emessi dalla superficie di Europa, tra i quali potrebbe aver volato la sonda Galileo della NASA nel 1997. Crediti: NASA

I getti emessi da questa gelida luna potrebbero infatti aiutarci a trovare segni di vita nel suo oceano sottosuperficiale. «Studiare il materiale di questi getti è un modo per accedere alla chimica dell’oceano di Europa, che potrebbe aiutarci a rivelare se è abitabile o addirittura abitato», spiega Kevin Hand, anch’esso nel team del JPL della missione Europa Clipper. Infatti se si tratta davvero di getti d’acqua provenienti dall’oceano sotto la superficie ghiacciata della luna, potendone raccogliere dei campioni possiamo anche vedere direttamente e “facilmente” se contengono o meno tracce degli ingredienti necessari alla vita, o tracce di vita microbica stessa.

Sia la NASA che le agenzie spaziali europee hanno missioni in cantiere per visitare Europa dopo il 2020, presto forse avremo quella foto e quelle risposte…

Lo studio è stato pubblicato su Nature Astronomy:


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Prima immagine 3D di una nube interstellare

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Per la prima volta è stato possibile determinare la struttura tridimensionale di una nube interstellare, cioè il luogo dove nascono le stelle. Due astronomi, Aris Tritsis dell’Australian National University e Konstantinos Tassis dell’università di Creta, hanno rivelato la vera struttura della nube molecolare Musca e questi risultati (pubblicati ieri sulla rivista Science) potranno chiarire in futuro l’origine delle stelle nelle galassie.

La nube molecolare nella costellazione della Mosca. Crediti: Marco Lorenzi

Riempite perlopiù da polvere e gas (idrogeno molecolare), queste nubi interstellari sono state studiate finora solo in 2D, quindi hanno sempre avuto – ai nostri occhi – una forma stretta e allungata, quasi di un lungo ago. I due scienziati sono finalmente riusciti a compiere un grande passo in avanti nella comprensione di questi oggetti, realizzando una simulazione 3D della loro struttura: queste nubi somigliano più a dei giganteschi fogli che a degli aghi.

Determinare la tridimensionalità delle “incubatrici” stellari è fondamentale per una migliore comprensione dei processi che si verificano al loro interno. Tritsis e Tassis hanno ricostruito l’intera struttura 3D di Dark Doodad (letteralmente “l’aggeggio scuro”) grazie alle sue striature, dei ciuffi simili a strisce, che si formano a causa dell’eccitazione di onde magnetosoniche veloci (onde di pressione magnetiche longitudinali, od onde di secondo tipo). Cosa accade? La nube molecolare “canta”, o meglio vibra come una campana che suona dopo essere stata colpita: analizzando le frequenze di queste onde, gli autori hanno prodotto un modello strutturale dimostrando che Musca non è un filamento lungo e sottile come si pensava una volta, bensì una vasta struttura molto più complessa.

Posizionata nel cielo meridionale in direzione della costellazione della Mosca a centinaia di anni luce da noi, la nube molecolare si estende per circa 27 anni luce attraverso il piano del cielo, con una profondità di circa 20 anni luce e una larghezza fino ad una frazione di un anno luce.

Elaborazione dei dati che descrivono la struttura 3D della nube molecolare Musca. Crediti: Aris Tritsis, Nick Gikopoulos

«Siamo stati in grado di ricostruire la struttura tridimensionale di una nube di gas nelle primissime fasi della creazione di nuove stelle e pianeti, che alla fine richiederanno milioni di anni per evolversi», ha detto il Tritsis. «Conoscere la forma tridimensionale delle nubi molecolari migliorerà notevolmente la nostra comprensione di questi vivai di stelle e della nascita del nostro Sistema solare», ha aggiunto.

I due ricercatori hanno utilizzato dati raccolti con il telescopio spaziale Herschel dell’Esa e determinato la forma di questa nube molecolare scura analizzando le frequenze spaziali delle vibrazioni emesse dalle striature, che sono state poi convertite in suoni. Tassis ha spiegato che Musca è la più grande struttura vibrante nella Via Lattea: «C’è una vastità di nuove cose che possiamo imparare da questo modello».

Per saperne di più:

Guarda il video della Australian National University:


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Una sottile falce di Luna e Venere

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Altrettanto interessante e sicuramente molto meno difficoltosa dell’osservazione di Mercurio, è l’osservazione della serata del 17 maggio, quando dalle 21:00 in poi una falce lunare di 2,28 giorni (fase del 7%) sarà visibile a un’altezza iniziale di circa 14° a soli 4,5° dal pianeta Venere (mag. –3,9) a nostra disposizione per almeno due ore fino al suo tramonto previsto per le 23:02.

Con il passare dei minuti, i due soggetti celesti si faranno via via più bassi sull’orizzonte ovest e il cielo si farà più scuro, aumentando il contrasto complessivo. Si potrà tentare quindi di effettuare più riprese a distanza di 10 minuti per valutare come si modificano le condizioni di luminosità e la resa complessiva della ripresa.

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11.05: “Il cielo al castello di Montarrenti” Come ogni secondo venerdì del mese, dalle ore 21:30 l’Osservatorio Astronomico di Montarrenti sarà aperto ai soci e al pubblico per una serata osservativa dedicata al cielo del periodo primaverile: Leone, Vergine e Chioma di Berenice, tutte contenenti bellissimi gruppi di galassie e ammassi (sia globulari che aperti). Sarà visibile anche il pianeta Giove coi satelliti galileiani. Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione tramite il sito www.astrofilisenesi.it, inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio). La serata è aperta alla cittadinanza.

19.05: “La notte dei musei” Nell’ambito della “Notte dei musei” saremo presenti presso il Museo Archeologico di Castellina in Chianti per un’osservazione del cielo dalla suggestiva torre del paese. Per informazioni contattare Andrea 3476527389, Giacomo 3282151990 oppure Francesco 3389637212. La serata è aperta alla cittadinanza.

25.05: “Il cielo al castello di Montarrenti” Come ogni quarto venerdì del mese, dalle ore 21:30 l’Osservatorio Astronomico di Montarrenti sarà aperto ai soci e al pubblico per una serata osservativa dedicata al cielo del periodo. La luna, coi suoi crateri sarà uno degli oggetti principali d’osservazione, oltre al pianeta Giove. Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione tramite il sito www.astrofilisenesi.it, inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio). La serata è aperta alla cittadinanza.

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Sottile falce di Luna e Mercurio (con Urano) all’alba

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Un’osservazione un po’ al limite quella del 13 maggio: dovremo stare veramente attenti a contare i minuti perché questo incontro celeste tra Mercurio e una sottile falce di Luna di 27,05 giorni (fase 7%) delle 05:00 avverrà nel chiarore dell’incalzante crepuscolo mattutino. La separazione sarà di circa 6,5°.

Per qualche consiglio ➜ Catturiamo lo sfuggente Mercurio di Giorgia Hofer su Coelum astronomia 220.

A poca distanza, anche se praticamente invisibile, ci sarà anche il pianeta Urano (mag. +5,9), troppo debole per staccarsi dal fondo cielo già illuminato dell’alba.

Chi vuole tentare una fotografia?

Mal che vada, ci si potrà comunque dedicare all’osservazione della falce lunare e alla ripresa della sua Luce Cinerea.

Fotografare la Luce Cinerea della Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia n. 207 di gennaio 2017

Effemeridi giornaliere di Luna, Sole e pianeti sul Cielo di maggio 2018

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E ancora, sempre su Coelum Astronomia n. 222

➜ Leggi la rubrica di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

➜ Comete. Finalmente una cometa “interessante”?

➜ Supernovae. Due nuove scoperte italiane

e il Calendario di tutti gli eventi di maggio 2018, giorno per giorno


I consigli per l’osservazione del Cielo di maggio
su Coelum Astronomia 222

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Debutto spaziale per il radiotelescopio sardo

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Crediti: Paolo Soletta / Inaf Cagliari
Crediti: Paolo Soletta / Inaf Cagliari

Fino ad oggi avete conosciuto il Sardinia Radio Telescope come “Srt”, uno dei più grandi e potenti radiotelescopi al mondo, ossia una megaparabola analoga a quelle televisive che abbiamo sui nostri tetti, con la differenza che le onde elettromagnetiche che riceve, invece che dai satelliti artificiali, provengono da corpi celesti “naturali” come stelle e galassie.

Da oggi l’antenna è ufficialmente parte della Deep Space Network (Dsn) della Nasa. A dispetto del nome, la Dsn si occupa di “spazio profondo” nel senso “umano” del termine, ovvero di quell’area del Sistema solare che, come ha specificato il presidente Asi Roberto Battiston, va oltre i 500mila km di distanza dalla Terra: in pratica tutto ciò che va oltre la Luna (per gli astronomi, invece, “spazio profondo” significa galassie lontane miliardi di anni luce come quelle fotografate dal telescopio orbitante Hubble).

L’evento, durato due giorni, ha visto la partecipazione – insieme ai molti studenti universitari e cittadini che si sono iscritti all’evento – di grandi istituzioni scientifiche e dei loro massimi rappresentanti: William H. Gerstenmaier per la Nasa, Roberto BattistonSalvatore Viviano per l’Asi, Nichi D’Amico ed Emilio Molinari per l’Inaf, Maria Del Zompo per l’università di Cagliari, Raffaele Paci per la Regione autonoma della Sardegna, tutti accompagnati da tanti colleghi che qui è impossibile citare. C’erano poi il prefetto di Cagliari Tiziana Giovanna Costantino, i sindaci di San Basilio, Silius, Selargius e Villasalto.

Il compito della Sardinia Deep Space Antenna (Sdsa) sarà dunque inseguire le sonde interplanetarie che vagano nel Sistema solare per ricevere da esse preziose informazioni e immagini di mondi lontani, ma dovrà essere anche in grado di inviare informazioni e comandi a queste sonde per consentire loro di fare scienza ed ottimizzare le risorse nel loro lunghissimo viaggio senza ritorno. Questo implicherà un’antenna capace di emettere segnali elettromagnetici sufficientemente potenti da arrivare addirittura oltre il Sistema solare, e per questo avrà necessità di molti accorgimenti di sicurezza e di molta manutenzione. Sdsa sarà dunque una delle pochissime antenne al mondo in grado di comunicare lontano, lontanissimo da casa nostra. Ma non solo: la garanzia di telecomunicazioni spaziali stabili e capienti come quelle che abbiamo, ad esempio, sui nostri smartphone, consentirà una sempre maggiore probabilità di successo delle missioni umane nello spazio, come quelle previste sulla Luna e su Marte, per ora.

Tutto questo, cari lettori, ha un nome: esplorazione. È l’andare oltre che ha fatto dell’uomo, nel bene e nel male, il protagonista degli ultimi centomila anni della (ben più lunga) storia del mondo. Astronomicamente e geologicamente parlando non siamo quasi niente, eppure è la curiosità di sapere cosa c’è dietro la collina che ci ha spinto fin dove siamo oggi. Sapere che la Sardegna è parte di questo processo di espansione della conoscenza e di progresso tecnologico non può non suscitare in noi – almeno noi dell’Inaf, dell’Asi, della Nasa, della Regione Sardegna, che in questa avventura ci abbiamo creduto e ci crediamo davvero – un distillato di emozione, orgoglio e speranza di scoprire in un futuro prossimo cose nuove e sbalorditive, speranza che sappiamo essere, piuttosto, una certezza. Questa è l’emozione che vorremmo arrivasse a tutti coloro che, comprensibilmente, ci chiedono: perché investire in ricerca astrofisica o in scienze spaziali?

Guarda il servizio video su MediaInaf Tv:


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Un asteroide in esilio nelle lande più esterne del Sistema Solare

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Questo rappresentazione artistica mostra 2004 EW95, asteroide esiliato, il primo asteroide ricco di carbonio a essere confermato nelle zone più esterne e fredde del Sistema Solare. Questo curioso oggetto si è probabilmente formato nella fascia principale degli asteroidi, tra Marte e Giove, ed è stato lanciato a miliardi di chilometri dalla sua zona di origine fino all'ubicazione attuale nella fascia di Kuiper. Crediti: ESO/M. Kornmesser
Questo rappresentazione artistica mostra 2004 EW95, asteroide esiliato, il primo asteroide ricco di carbonio a essere confermato nelle zone più esterne e fredde del Sistema Solare. Questo curioso oggetto si è probabilmente formato nella fascia principale degli asteroidi, tra Marte e Giove, ed è stato lanciato a miliardi di chilometri dalla sua zona di origine fino all'ubicazione attuale nella fascia di Kuiper. Crediti: ESO/M. Kornmesser

Le prime fasi del Sistema Solare furono tempestose. Secondo alcuni modelli teorici che descrivono questo periodo, i giganti gassosi appena formati hanno imperversato nel Sistema Solare, espellendo i piccoli corpi rocciosi dalla zona interna del Sistema Solare fino a orbite remote, a grandi distanze dal Sole. In particolare, i modelli suggeriscono che la fascia di Kuiper – una regione molto fredda che giace oltre l’orbita di Nettuno – dovrebbe contenere una piccola frazione di corpi rocciosi provenienti dal Sistema Solare interno, come gli asteroidi ricchi di carbonio, detti anche carbonacei.

Un articolo recente ha mostrato prove affidabili del primo asteroide carbonaceo osservato nella fascia di Kuiper, fornendo sostegno a questi modelli teorici dei primi anni turbolenti del Sistema Solare. Dopo misure certosine di molteplici strumenti sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO, una piccola equipe di astronomi, sotto la guida di Tom Seccull, della Queen’s University di Belfast nel Regno Unito, ha potuto misurare la composizione dell’oggetto 2004 EW95, un oggetto anomalo della fascia di Kuiper, e così determinare che è un asteroide carbonaceo. Ciò suggerisce che si sia formato nel Sistema Solare interno e sia poi migrato successivamente verso l’esterno. Altri oggetti del Sistema Solare interno sono stati precedentemente rilevati nelle zone esterne del Sistema Solare, ma questo è il primo asteroide carbonaceo che si trova nella fascia di Kuiper, lontano dalla sua zona d’origine.

The red line in this image shows the orbit of 2004 EW95, with the orbits of other Solar System bodies shown in green for comparison. Crediti: ESO/L. Calçada

La natura peculiare di 2004 EW95 è stata notata per la prima volta durante osservazioni di routine con il telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA effettuate da Wesley Fraser, un astronomo della Queen’s University di Belfast che è anche parte dell’equipe che presenta questa scoperta. Lo spettro di riflessione dell’asteroide – la specifica distribuzione di lunghezze d’onda della luce riflessa dall’oggetto – era diverso da quello di oggetti altrettanto piccoli della fascia di Kuiper (KBO da Kuiper Belt Objects, in inglese), che hanno in genere spettri poco interessanti, senza caratteristiche particolari, che danno poche informazioni sulla composizione dell’asteroide.

«Lo spettro di riflessione di 2004 EW95 era chiaramente diverso da quello degli altri oggetti del Sistema Solare esterno osservati,» spiega il primo autore Seccull. «Era abbastanza strano da farci desiderare di osservarlo più da vicino».

L’equipe ha osservato 2004 EW95 con gli strumenti X-ShooterFORS2 installati sul VLT. La sensibilità di questi spettrografi ha permesso di ottenere misure più dettagliate della distribuzione della luce riflessa dall’asteroide e quindi derivarne la composizione.

Ma pur con l’impressionante potere di raccolta della luce del VLT, 2004 EW95 è ancora difficile da osservare. Anche se è lungo almeno 300 km, si trova al momento a ben 4 miliardi di chilometri da Terra, rendendo la raccolta di dati dalla superficie scura e ricca di carbonio una sfida scientifica impegnativa.

«È come osservare una montagna gigantesca di carbone contro lo sfondo nero come la pece del cielo notturno», commenta il coautore Thomas Puzia della Pontificia Universidad Católica de Chile.

«Non solo 2004 EW95 si muove, ma è anche molto debole,» aggiunte Seccull. «Abbiamo dovuto usare una tecnica di elaborazione dati molto avanzata per estrarre dai dati tutto il possibile». Due caratteristiche degli spettri dell’oggetto erano particolarmente attraenti e corrispondevano alla presenza di ossido ferrico e fillosilicati. La presenza di questi materiali non era mai stata confermata in un KBO e indicava come 2004 EW95 si fosse formato nel Sistema Solare interno.

Seccull conclude: «L’ubicazione attuale di 2004 EW95, nelle gelide zone esterne del Sistema Solare, richiede che sia stato espluso da un pianeta migrante, fino all’orbita presente, nelle prime fasi del Sistema Solare».

«Segnalazioni della presenza di spettri ‘atipici’ di oggetti della fascia di Kuiper erano già state presentate, ma nessuna era stata confermata con questo livello qualitativo», commenta Olivier Hainaut, astronomo dell’ESO che non fa parte dell’equipe. «La scoperta di un asteroide carbonaceo nella fascia di Kuiper è una verifica chiave di una delle previsioni fondamentali dei modelli dinamici del Sistema Solare primordiale».

Ulteriori Informazioni


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AstronomiAmo

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LocandinaCoelumMaggio

LocandinaCoelumMaggioAppuntamenti di maggio:

15.05, ore 11:30: Diretta dall’Antartide con il dott. Marco Buttu. Grazie a PNRA – ENEA – CNR – IPEV
19.05: Serata di Stelle a Ceccano (FR)
31.05: Occhi al Cielo di Giugno

Per informazioni:
www.astronomiamo.it

Saturno. Cartolina dal piano degli anelli

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Image credit: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute

Ancora immagini suggestive dalla sonda Cassini, che ha ormai concluso il suo lavoro con il tuffo nell’atmosfera di Saturno il 15 settembre del 2017, come vediamo però dall’enorme  mole di dati continuano ad essere estratte immagini altamente suggestive, come questo “ritratto di famiglia”.

Il 13 marzo del 2006, la narrow-angle camera della sonda ha ripreso questa vista di Saturno con gli anelli presi praticamente quasi di taglio, in compagnia della sue lune Mimas e Janus (al di sopra del piano degli anelli) e Tethys (al di sotto). Attenzione che, in questo caso, “sopra” e “sotto” è solo una questione di prospettiva… poiché lune e anelli giacciono in realtà all’incirca sullo stesso piano.

Il lato notturno di Mimas lo vediamo delicatamente illuminato dal “chiaro di Saturno”, la luce solare riflessa dalla cima delle nubi dell’atmosfera del pianeta.

L’immagine è come sempre ripresa in filtri RGB, combinati per ottenere dei colori il più possibile vicini a quanto potremmo vedere con i nostri occhi.

The Cassini mission is a cooperative project of NASA, ESA (the European Space Agency) and the Italian Space Agency. The Jet Propulsion Laboratory, a division of the California Institute of Technology in Pasadena, manages the mission for NASA’s Science Mission Directorate, Washington. The Cassini orbiter and its two onboard cameras were designed, developed and assembled at JPL. The imaging operations center is based at the Space Science Institute in Boulder, Colorado.

cover Coelum astronomia 214Per ripercorrere la missione attraverso le straodinarie immagini che nei suoi 13 anni di attività Cassini ci ha inviato, rileggi lo speciale dedicato su Coelum Astronomia 214

Risorse online


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CielOstellato 2018: 19 maggio

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lastroviaggiatoreecielostellato2018

lastroviaggiatoreecielostellato2018CielOstellato, organizzato dal Gruppo astrofili Columbia, la Coop. Camelot, la rivista Coelum Astronomia, in collaborazione con la Coop. Atlantide, Robintur e il patrocinio del Comune di Ostellato, giunge alla sua ventiduesima edizione e si conferma lo Star Party nazionale dedicato all’alta risoluzione. Infatti le condizioni climatiche e topografiche del luogo (le Valli di Ostellato rappresentano una zona pianeggiante vicina a specchi d’acqua ), favoriscono un buon seeing per numerose notti all’anno e la mancanza a livello nazionale di starparty dedicati all’osservazione di Luna, pianeti, Sole e stelle doppie, ci ha convinto a dedicare CielOstellato a questo genere di osservazioni.

Star Party Un’area per osservazioni astronomiche con telescopi propri e prove strumentali.

Osservatorio Astronomico telescopio newtoniano D=450mm F. 2000mm f:4.5; telescopio rifrattore D=120mm F.1000 mm f:8. Conferenze e approfondimenti (nel pomeriggio del sabato).
ore 15:00: “Nuove soluzioni ottiche per l’astronomia e la naturalistica” di Adriano Lolli.
ore 16:00: “La grande eclisse americana“ di Davide Andreani.
ore 17:00: “Spettroscopia popolare: le ultime novità” di Carlo Muccini.
ore 18:00: “Etiopia:Le stelle della regina di Saba” di Alberto Palazzi.
Rivenditori Coma e Astrottica

Per informazioni e prenotazioni tutti i riferimenti al sito esploriamoluniverso.com
Ferruccio Zanotti 331/7814370
Massimiliano Di Giuseppe 338/5264372
e www.astrofilicolumbia.it

Turbini giganti sul Sole

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Le onde solari Rossby sono onde di vorticità che si muovono nella direzione opposta alla rotazione. Hanno ampiezze massime nelle regioni equatoriali del Sole. Crediti: Mps / Nasa / HormesDesign
Le onde solari Rossby sono onde di vorticità che si muovono nella direzione opposta alla rotazione. Hanno ampiezze massime nelle regioni equatoriali del Sole. Crediti: Mps / Nasa / HormesDesign

Un gruppo di scienziati guidati dal Max Planck Institute for Solar System Research (Mps) e dall’Università di Göttingen, ha scoperto nuove onde di vorticità sul Sole. Come riportato nell’articolo pubblicato su Nature Astronomy, queste onde di Rossby si propagano nella direzione opposta alla rotazione del Sole, hanno una durata di diversi mesi e ampiezze massime all’equatore. Per quarant’anni gli scienziati avevano ipotizzato l’esistenza di tali onde sul Sole, poiché ci si aspetta siano presenti in ogni sistema di fluido rotante. Ora, per la prima volta, sono state rilevate e caratterizzate in modo inequivocabile.

Le onde solari di Rossby sono parenti strette delle onde di Rossby che si manifestano nell’atmosfera terrestre e negli oceani. In quasi tutte le mappe meteorologiche dell’emisfero settentrionale della Terra, le onde atmosferiche di Rossby sono una caratteristica rilevante e appaiono come meandri nella corrente a getto che separa l’aria fredda polare, a nord, dall’aria subtropicale più calda, più a sud. A volte queste onde raggiungono le regioni equatoriali e possono anche influenzare il clima in Australia. In linea di principio, onde di questo tipo (spesso chiamate onde planetarie) si manifestano su ogni sfera rotante a causa della forza di Coriolis. Anche il famoso esagono di Saturno, la particolare conformazione nuvolosa stabile visibile al polo nord del pianeta, potrebbe essere un’espressione di queste onde.

L’esistenza delle onde di Rossby nelle stelle è stata prevista circa quarant’anni fa. «Le onde solari di Rossby hanno ampiezze molto piccole e periodi di vari mesi, quindi sono estremamente difficili da rilevare», spiega Laurent Gizon, coordinatore del gruppo che ha fatto la scoperta e direttore del Mps. Lo studio ha richiesto osservazioni ad alta precisione del Sole per molti anni. Gli scienziati di Mps hanno analizzato un set di dati raccolti in sei anni dall’Heliospheric and Magnetic Imager (Hmi), a bordo della Solar Dynamics Observatory (Sdo) della Nasa, in funzione dal 2010.

In questo breve video si vede il movimento dei granuli fotosferici, sono la parte alte delle celle di convezione del plasma solarein costante movimento come le bolle d'acqua in una pentola di acqua bollente, solo che ogni granulo arriva a misurare i 1600 chilometri di larghezza... Crediti: Swedish 1-m Solar Telescope/Institute for Solar Physics/Luc Rouppe van der Voort, Oslo
«Le immagini di Hmi hanno una risoluzione spaziale sufficientemente elevata da consentirci di seguire il movimento dei granuli fotosferici sulla superficie visibile del Sole», afferma Björn Löptien, scienziato del Mps e primo autore dell’articolo. Questi granuli sono piccole celle convettive che hanno una dimensione di circa 1500 chilometri, sulla superficie solare. Nel nuovo studio, i ricercatori hanno usato i granuli come traccianti passivi per scoprire i grandi flussi vorticosi sottostanti, associati alle onde di Rossby. Inoltre, sono stati usati metodi di eliosismologia per confermare la scoperta e studiare le onde di Rossby nell’interno del Sole a profondità fino a 20mila chilometri.

«Nel complesso, abbiamo trovato onde di vorticità su larga scala sul Sole che si muovono nella direzione opposta alla sua rotazione. Il fatto che queste onde siano state viste solo nelle regioni equatoriali è assolutamente inaspettato», spiega Gizon. Gli schemi di vorticità osservati sono stabili per diversi mesi. Per la prima volta, i ricercatori sono stati in grado di determinare la relazione tra la frequenza delle onde e la lunghezza d’onda, identificandoli chiaramente come onde di Rossby. «Le onde di solari di Rossby hanno dimensioni gigantesche, con lunghezze d’onda paragonabili al raggio del Sole» conclude Gizon. Sono una componente essenziale delle dinamiche interne del Sole perché contribuiscono per metà all’energia cinetica su larga scala del Sole.

In questo video sulla propagazione delle onde solari di Rossby vengono mostrate tre modalità con gli ordini azimutali 3, 7 e 11.

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Global-scale equatorial Rossby waves as an essential component of solar internal dynamics” di Björn Löptien, Laurent Gizon, Aaron C. Birch, Jesper Schou, Bastian Proxauf, Thomas L. Duvall Jr, Richard S. Bogart & Ulrich R. Christensen

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La Luna di Maggio 2018 e una guida all’osservazione alla Regione Polare Nord (parte A)

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Le fasi della Luna in maggio, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione. Crediti Coelum Astronomia CC-BY
Le fasi della Luna in maggio, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione. Crediti Coelum Astronomia CC-BY

Dopo il Plenilunio dello scorso 30 aprile, questo mese esordisce con la Luna che sorge alle 21:54 del giorno 1 in fase di 15,75 giorni fra le stelle della Bilancia, andando poi a culminare in meridiano nelle prime ore della notte successiva a un’altezza di +28°. Siamo ormai in Luna Calante, pertanto nelle successive serate il nostro satellite solcherà il cielo incrementando progressivamente il proprio ritardo fino a limitarne l’osservazione alla seconda parte della notte.

Continua nella rubrica la Luna di Maggio 2018

A prescindere da qualche volonteroso che vorrà approfittare dell’approssimarsi della stagione estiva per osservare la Luna in orario notturno (o quasi…), come sempre il nostro satellite darà il meglio di sé nelle serate intorno al Primo Quarto, non dimenticando però che anche in prossimità del Plenilunio è possibile effettuare dettagliate osservazioni delle strutture superficiali situate lungo il bordo lunare, attività osservativa ancora più stimolante se effettuata in corrispondenza delle zone di massima librazione o per monitorare le differenze di albedo dei crateri lontani dal bordo della Luna.

Indice dei contenuti

A maggio osserviamo

Come prima proposta concentreremo la nostra attenzione sul terminatore orientale del nostro satellite, alla latitudine delle scure rocce basaltiche del mare Undarum, dove la sera del 20 maggio dopo le 21:00 circa il punto di massima librazione verrà a trovarsi nella regione fra il grande cratere Neper e il margine settentrionale del mare Smythii, con la possibilità di andare a curiosare in quel 9% dell’altro emisfero che altrimenti sarebbe tassativamente irraggiungibile dai nostri telescopi.

➜ Leggi la Massima librazione del 20 maggio

La seconda (e principale) proposta è per la sera del 23 maggio, col nostro satellite in fase di 8,30 giorni a un’altezza iniziale di +50°20′, con culminazione in meridiano delle 20:56, ci porterà a visitare una porzione della vasta regione situata a nord del mare Frigoris fino ai confini delle estreme regioni settentrionali in vista del Polo Nord della Luna. Nel caso specifico il nostro satellite sarà visibile per l’intera serata fino a notte fonda.

➜ Leggi la Guida all’osservazione della Regione Polare Nord (parte A)

Con la terza ed ultima proposta, invece, l’appuntamento è per le estreme regioni meridionali della Luna per la serata del 29 maggio quando l’oggetto delle nostre attenzioni sarà Bailly, il più esteso cratere esistente sull’emisfero lunare rivolto verso la Terra con un diametro di 310 km e situato proprio in prossimità del bordo sud-sudovest (naturalmente a eccezione dei grandi bacini da impatto attualmente noti come “mari” appartenenti originariamente anch’essi alla tipologia dei crateri lunari).

Per approfondire queste osservazioni, per le falci di Luna e la sua luce cinerea e per tutte le altre informazioni, leggi Luna di Maggio 2018 e il Calendario di tutti gli eventi, giorno per giorno su Coelum astronomia 220 (è sempre gratis, puoi leggerlo online, scaricarlo in pdf oppure stampare le pagine che ti interessano di più 😉 ).

Effemeridi complete giornaliere della Luna sul Cielo di maggio 2018

Leggi anche

➜ Fotografare la Luce Cinerea della Luna

➜  Fotografare la Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia di novembre 2016.

➜  La Luna mi va a pennello. Se la fotografia non basta, Gian Paolo Graziato ci racconta come dipingere dei rigorosi paesaggi lunari, nei più piccoli dettagli… per poi lasciarsi andare alla fantasia e all’imaginazione! Su Coelum Astronomia n. 211

E tutte le precedenti rubriche di Francesco Badalotti, con tantissimi spunti per approfondire la conoscenza del nostro satellite naturale. Per ogni formazione il momento giusto!

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E ancora, sempre su Coelum Astronomia n. 222

➜ 9 maggio Giove in opposizione. Come osservarlo, a occhio nudo e con uno strumento, e tutti i principali eventi che riguardano le lune medicee.

➜ Astrofotografia: Riprendiamo Giove in compagnia dei suoi satelliti di Giorgia Hofer

➜ Leggi la rubrica di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

e il Calendario di tutti gli eventi di maggio 2018, giorno per giorno


I consigli per l’osservazione del Cielo di maggio
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La Fabbrica della scienza

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Al TROPICARIUM PARK in Via Aquileia, 123 a Jesolo (VE)

Una mostra interattiva sul modello dei musei scientifici americani. Il cuore della mostra è l’attività di stampo ludico e sperimentale da realizzarsi in prima persona.

Sviluppata dal Tropicarium di Jesolo in collaborazione con Pleiadi vede ben 75 macchine interattive relative a temi come CORPO UMANO, ACQUA, MATEMATICA, ILLUSIONI, ELETTRICITÀ, ARIA e FORZE che utilizzano l’approccio ludico-sperimentale per educare il visitatore al sapere scientifico e far comprendere importanti leggi della natura.

Una mostra per tutte le età con un’offerta scolastica unica nel suo genere (consulta il sito per le proposte per le scuole di tutti i gradi, dall’infanzia al secondo grado).

www.pleiadi.net

Partita InSight: in rotta verso Marte

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Sequenza di lancio della sonda NASA InSight
Sequenza di lancio della sonda NASA InSight. Crediti: NASA TV / JPL / processing: M. Di Lorenzo
Sequenza di lancio della sonda NASA InSight
Sequenza di lancio della sonda NASA InSight. Crediti: NASA TV / JPL / processing: M. Di Lorenzo

Arrivata presso la base dell’aeronautica di Vandenberg in California ai primi di marzo, InSight ha trascorso lì i suoi due ultimi mesi sulla Terra, tra test e controlli approfonditi richiesti soprattutto dalle criticità riscontrate su alcuni componenti che ne avevano richiesto un ritardo del lancio di ben due anni (inizialmente previsto per il 2016). La nuova data di lancio è stata rispettata al minuto e alle 13:05 di sabato 5 maggio 2018, InSight ha preso la volta dello spazio a bordo di un vettore Atlas V della United Launch Alliance. La sonda è la prima interplanetaria della storia della NASA a partire dalla costa occidentale e la prima missione dell’agenzia diretta verso il Pianeta Rosso dal lancio del Mars Science Laboratory Curiosity avvenuto nel novembre del 2011. Se tutto andrà come previsto, InSight arriverà su Marte in meno di sette mesi, atterrando in una pianura appena a nord dell’equatore il 26 novembre di quest’anno.

La rotta della sonda InSight
La rotta della sonda InSight. Crediti: Planetary Society

L’Atlas V con InSight è rimasto avvolto nella nebbia mattutina (un elemento ricorrente nei lanci da Vandenberg, specialmente se notturni) fino al momento del lancio. La versione 401 del vettore ha un’ogiva di 4 metri di diametro, nel quale sono stati ospitati InSight e due cubesat denominati MarCO-A e MarCO-B, progettati per essere dimostratori tecnologici con un proprio sistema propulsivo e per fungere da ripetitori per InSight: trasmetteranno infatti a terra i dati della sonda durante la fase di ingresso, discesa e atterraggio sul Pianeta Rosso.
Particolarmente suggestive sono state le fasi del lancio riprese con camera ad infrarosso, specialmente il distacco del primo stadio, che può essere visto nel video qui di seguito (il lancio avviene al minuto 39 del video).

L’obbiettivo della missione è quello di conoscere l’intima struttura geologica di Marte e le scoperte di InSight aiuteranno la comprensione di come i pianeti rocciosi, compresa la Terra, si siano formati nelle prime fasi della nascita del Sistema Solare.
Vera e propria sonda “geologica”, InSight monitorerà un ampio spettro di parametri del Pianeta Rosso. Ad esempio la sua temperatura interna, utilizzando un sensore che scenderà di 5 metri al di sotto della superficie. Terremoti endogeni ed eventualmente generati da impatti di meteoriti saranno registrati da un sismometro (Seismic Experiment for Interior Structure, SEIS) in grado di misurare movimenti della crosta ad una definizione comparabile alla metà del raggio di un atomo di idrogeno, per percepire anche i minimi movimenti che potrebbero originarsi nelle profondità interne di Marte. SEIS sarà inserito da InSight direttamente nel suolo attraverso il suo braccio robotico, ponendo all’intorno una protezione pensata per limitare le influenze dovute al vento o alle variazioni di temperatura.

Sismometro SEIS
llustrazione del sismometro SEIS. Crediti: NASA

Il sismometro e la sonda termica (nota come HP3, Heat Flow and Physical Properties Package) sono gli strumenti più importanti di InSight, ma ci saranno altre misurazioni condotte da altra strumentazione. Per esempio l’esperimento RISE (Rotation and Interior Structure Experiment) traccerà la posizione di InSight in modo estremamente preciso, con una sensibilità di 0.3 metri di spostamento. Questo permetterà al team preposto di misurare anche minime variazioni nella posizione dell’asse di rotazione marziano, che dovrebbero rivelare informazioni importanti in relazione al nucleo del pianeta, inclusa la stima della sua dimensione. Le analisi dei dati di SEIS e HP3 poi, permetteranno di gettar luce sulla conformazione dell’interno di Marte, inclusa la stima dello spessore della crosta e la struttura e la dinamica del mantello.

NASA InSight su Marte

Il corpo principale di InSight (dal peso di 358 chilogrammi) è basato sul progetto della sonda Phoenix, atterrata su Marte nel 2008 trovando ghiaccio immediatamente sotto la superficie. InSight userà la stessa tecnica di ingresso nell’atmosfera e atterraggio, usando paracaduti e retrorazzi per rallentare la discesa e conseguire un atterraggio morbido e sicuro sulla superficie di Marte. Nessuna Skycrane come quella utilizzata da Curiosity, quindi, data la massa decisamente inferiore a quella del rover. L’avionica di bordo, invece, è stata mutuata da un’altra missione di successo, MAVEN, che è in orbita intorno a Marte dal settembre del 2014. Come sempre, utilizzare l’esperienza e la tecnologia testata per altre missioni è ragione di sicurezza per replicare il successo, ma anche una via per ridurre i costi.
Marte di fatto rimane un pianeta ostico per quanto concerne l’atterraggio. Rispetto alla Terra (che ha un’atmosfera densa e sulla quale l’uso dei paracadute è predominante) o alla Luna (dove è invece possibile usare solo retrorazzi), Marte ha un’atmosfera rarefatta e una gravità relativamente elevata che rendono l’entrata in atmosfera e l’atterraggio particolarmente impegnativi. Ma se c’è una cosa che la NASA ha dimostrato in tempi recenti rispetto a tutte le altre agenzie, è la padronanza della fase EDL (Entry, Descent and Landing) insieme all’inserimento in orbita, con ben 6 missioni di successo in 13 anni: da Mars Odissey nel 2001 a MAVEN nel 2014, passando per ben 3 rover scesi sul suolo marziano, due dei quali ancora operativi.

InSight segna il ritorno alle missioni su Marte costituendo una sorta di antipasto prima delle grandi sfide che saranno costituite dalla seconda parte della missione ExoMars dell’ESA e da Mars 2020, il prossimo rover marziano della NASA.


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Accademia delle Stelle

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2018-05 Coelum AdS

2018-05 Coelum AdS

Due cicli di conferenze presso la nostra sede all’EUR (fermata Laurentina) che si possono seguire anche singolarmente previa prenotazione:

Il lunedì, ore 21:00 – 22:30: ArcheoAstronomia. Le avanzate conoscenze nascoste in reperti archeologici e miti antichi. L’astronomia nella storia dell’arte, dalla pittura all’architettura. E in letteratura, religione, simboli, araldica, bandiere, ecc…

Il giovedì, ore 21:00 – 22:30: Fisica e Astronomia. Vedremo gli argomenti che non vengono trattati i solito nei corsi base di astronomia. Apprefondimenti di fisica, astrofisica e cosmologia che rivestono un interesse enorme. Non è richiesta alcuna preparazione di base.

Altri eventi:
11.05: Occhi su Giove
12.05 e 19.05: Uscite osservative
25-27.05: Il Cielo di Roma

Per conoscere tutte le attività:
newsletter sul sito alla pagina contatti e eventi sulla pagina facebook

https://www.facebook.com/accademia.dellestelle
https://www.accademiadellestelle.org

Pianeti extrasolari. La prima volta dell’elio

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Rappresentazione artistica di Wasp-107b. Crediti: Esa/Hubble, Nasa, M. Kornmesser
Rappresentazione artistica di Wasp-107b. Crediti: Esa/Hubble, Nasa, M. Kornmesser

Scoprire la composizione dell’atmosfera di un esopianeta lontano 200 anni luce. Questo l’incredibile risultato di un team di ricerca internazionale che ha osservato per la prima volta la presenza di elio nell’atmosfera che circonda Wasp-107b, un gigante gassoso di tipo supernettuniano. I risultati sono stati pubblicati oggi su Nature.

Immaginate un pianeta – o, viene da dire, un pallone gonfiato, data la sua densità – con una grandezza paragonabile a quella di Giove, ma con una massa dieci volte più piccola, che orbita vicinissimo alla sua stella, situata nella costellazione della Vergine. Un anno lì dura solo 6 giorni eppure non è la cosa più straordinaria. Wasp-107b possiede un’atmosfera modellata dalla pressione del vento solare che le da una forma allungata, a goccia, quasi come la coda di una cometa. In questa atmosfera spazzata dal vento stellare, grazie alle osservazioni del Telescopio spaziale Hubble il team di ricerca, guidato da Jessica Spake dell’University of Exeter, è riuscito a scovare, per la prima volta in un pianeta extrasolare, la presenza di elio.

Complice della scoperta una nuova tecnica che sfrutta la luce infrarossa – al posto di quella ultravioletta usata fin’ora per studiare lo spettro luminoso della luce che filtra attraverso l’atmosfera. Uno spiraglio attraverso cui è stato possibile confermare l’ipotesi per cui l’elio sarebbe uno degli elementi più facilmente individuabili in un’atmosfera lontana anni luce. «Speriamo di usare questa tecnica con l’imminente James Webb Space Telescope, per esempio per imparare quale tipo di pianeta possegga un grande involucro di idrogeno ed elio, e per quanto tempo i pianeti possano trattenere la loro atmosfera. Misurando la luce infrarossi, possiamo vedere più a fondo nello spazio rispetto all’uso della luce ultravioletta», ha spiegato Spake.

Il segnale raccolto si è rivelato così potente da suggerire che l’atmosfera di questo pianeta – contenente appunto elio in uno stato eccitato – si estenda per oltre 10mila km verso lo spazio. Un’atmosfera che, nonostante con i suoi 500 gradi sia decisamente più calda di quella a cui siamo abituati qui sulla Terra, è a oggi una delle più fredde rispetto qualsiasi altro esopianeta mai scoperto.

La nuova tecnica potrà permettere l’analisi dell’atmosfera di esopianeti di dimensioni terrestri. «Se pianeti più piccoli, della dimensione della Terra, hanno simili nubi di elio», suggerisce infatti uno dei cofirmatari del paperTom Evans,  «questa nuova tecnica offre un mezzo esaltante per studiare, nel prossimo futuro, la parte alta delle loro atmosfere».

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature l’articolo “Helium in the eroding atmosphere of an exoplanet“, di J. J. Spake, D. K. Sing, T. M. Evans, A. Oklopčić, V. Bourrier, L. Kreidberg, B. V. Rackham, J. Irwin, D. Ehrenreich, A. Wyttenbach, H. R. Wakeford, Y. Zhou, K. L. Chubb, N. Nikolov, J. M. Goyal, G. W. Henry, M. H. Williamson, S. Blumenthal, D. R. Anderson, C. Hellier, D. Charbonneau, S. Udry & N. Madhusudhan

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Tre notti con Luna, Saturno e Marte

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A notte fonda, alle ore 2:00 dei giorni 4, 5 e 6 maggio, guardando verso sudest sarà possibile assistere a una bella congiunzione tra la Luna e i pianeti Saturno e Marte. Si inizia il giorno 4, con una configurazione decisamente ampia, ma che fa da preludio alle successive due: la Luna (fase del 77%) inizierà ad avvicinarsi a Saturno, il più alto dei due pianeti, che apparirà come una stellina color giallo paglierino (mag. +0,3). La separazione sarà pari a circa 9,5°. Ben 16° più in basso, verso sudest, troveremo Marte (mag. –0,4), alto appena qualche grado sull’orizzonte.

Nei giorni seguenti potremo seguire l’evoluzione di questo incontro, con la Luna che farà visita da vicino prima a Saturno (il 5 maggio, separazione di 2,6°) e poi a Marte (il 6 maggio, separazione di 3° 20’). Luna e Marte raggiungeranno però la minima distanza di 2,5° solo verso l’alba, alle 5:00, del giorno 6.

Lo scenario di questi incontri sarà quello della bella costellazione del Sagittario, di cui sarà facilmente riconoscibile la caratteristica forma a “teiera”. Per la ripresa della Luna potranno tornare utili i consigli di Giorgia Hofer Fotografare la Luna.

Effemeridi giornaliere di Luna, Sole e pianeti sul Cielo di maggio 2018

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➜ La LUNA di maggio.
Approfondimento: Guida all’osservazione della Regione Polare Nord (Parte A)

➜ 9 maggio Giove in opposizione. Come osservarlo, a occhio nudo e con uno strumento, e tutti i principali eventi che riguardano le lune medicee.

➜ Astrofotografia: Riprendiamo Giove in compagnia dei suoi satelliti di Giorgia Hofer

➜ Leggi la rubrica di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

e il Calendario di tutti gli eventi di maggio 2018, giorno per giorno


I consigli per l’osservazione del Cielo di maggio
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Ripresa per la prima volta la compagna sopravvissuta di una supernova

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Diciassette anni fa, gli astronomi hanno visto una supernova esplodere a 40 milioni di anni luce da noi, nella galassia NGC 7424 situata nella costellazione meridionale della Gru. Ora, nello sbiadito bagliore di quell’esplosione, il telescopio spaziale Hubble ha catturato la prima immagine della compagna sopravvissuta di una supernova.

«Sappiamo che la maggior parte delle stelle massicce fanno parte di coppie binarie», ha dichiarato Stuart Ryder dell’Australian Astronomical Observatory (AAO) di Sydney, autore principale dello studio. «Molte di queste coppie binarie possono interagire e trasferire gas da una stella all’altra, se loro orbite si avvicinano a sufficenza».

La compagna della stella progenitrice della supernova non era quindi un’innocente spettatrice dell’esplosione. Ha sottratto nel tempo quasi tutto l’idrogeno dall’involucro stellare della stella condannata, da quella regione in cui l’energia viene trasportata dal nucleo della stella alla sua atmosfera. Milioni di anni prima che la stella primaria diventasse supernova, quindi, questa ladra stellare ha portato all’instabilità la stella primaria, strappandole poi via il bozzolo di idrogeno poco prima della catastrofe.

Nell'immagine la possibile evoluzione di una supernova di tipo IIb, nella quale l'involucro esterno viene strappato, ma non del tutto, poco prima dell'esplosione. Vediamo quindi le due stelle, progenitrice e compagna, orbitare una attorno all'altra avvicinarsi sempre più, e la progenitrice evolvere in gigante rossa, fin quando l'interazione gravitazionale permette alla compagna di strappare l'involucro più esterno fino a rendere la gigante instabile, che arriva ad esplodere in supernova. Nell'ultimo riquadro, il bagliore dell'esplosione ormai attenuato permette di rilevare la debole compagna. Credits NASA, ESA, and A. Feild (STScI)

La supernova, denominata SN 2001ig è classificata come una supernova di tipo IIb, un tipo però relativamente raro e insolito di supernovae, perché solo la maggior parte, ma non la totalità, dell’idrogeno scompare poco prima prima dell’esplosione.

In che modo questo tipo di supernovae perdano l’involucro esterno non è ancora del tutto chiaro. Inizialmente si pensava che provenissero da stelle solitarie, con un vento stellare abbastanza intenso e veloce da staccare l’involucro esterno di idrogeno. Il problema era che quando gli astronomi iniziarono a cercare le stelle primarie da cui si generavano le supernovae, per la maggiorparte delle IIb non riuscirono a trovarle.

«Era un fatto particolarmente bizzarro, perché gli astronomi si aspettavano fossero stelle particolarmente massicce e brillanti», ha spiegato Ori Fox dello Space Telescope Science Institute di Baltimora. «In più, il numero di supernovae di tipo IIb è molto più grande di quanto previsto». Questo ha portato gli scienziati a teorizzare che molte delle stelle primarie fossero quindi parte di sistemi binari, e quindi con massa inferiore, e si misero al lavoro per dimostrarlo.

Ma cercare la compagna binaria dopo l’esplosione in supernova non è un compito facile. In primo luogo, deve essere a una distanza relativamente vicina alla Terra, a portata degli occhi di Hubble, e all’interno di questa distanza non sono molte le supernovae che esplodono. Ancora più importante poi, gli astronomi devono conoscere la posizione esatta ricavata da misurazioni molto precise.

Nei vari riquadri, sempre più ingrandita, la zona di cielo ripresa dai vari telescopi, a partire dal grande campo del VLT, fino al dettaglio dell'immagine Hubble che ha immortalato la piccola ladra di idrogeno. Credits NASA, ESA, S. Ryder (Australian Astronomical Observatory), and O. Fox (STSci)

Fortunatamente SN 2001ig e la sua compagna, pur essendo quasi al limite della portata del telescopio spaziale, sono ancora abbastanza vicine. L’esplosione è stata avvistata per la prima volta nel 2001, da un astronomo australiano non professionista. Nel 2002, la posizione precisa della supernova è stata individuata grazie al Very Large Telescope (VLT) dell’ESO, a Cerro Paranal, in Cile. Nel 2004, è stata poi osservata dal Gemini South Observatory a Cerro Pachón, in Cile, e per la prima volta si è accennato della possibile presenza di una compagna sopravvissuta.

Su questa base, conoscendo le coordinate esatte, Ryder e il suo team sono stati quindi in grado di  puntare Hubble nella posizione precisa 12 anni dopo l’esplosione, quando la luminosità della supernova andava ormai attenuandosi. In questo modo, grazie anche alla straordinaria risoluzione e alla possibilità di osservare nell’ultravioletto di Hubble, sono stati in grado di trovare e fotografare la sopravvissuta, grazie forse al minor effetto dell’urto dell’esplosione, attenuato da quella parte di guscio rimasto.

Già nel 2014, in realtà, Fox e il suo team avevano usato Hubble per rilevare la compagna di un’altra supernova di tipo IIb, la SN 1993J. Tuttavia, in quel caso, ne era stato ripreso solo uno spettro, non un’immagine diretta.

«Siamo stati finalmente in grado di catturare il ladro stellare, confermando il nostro sospetto che dovesse essercene uno”, ha dichiarato Filippenko.

L’obiettivo finale del team è ora di determinare con precisione quante supernovae di tipo IIb hanno effettivamente una compagna, ipotizzando al momento che possano essere circa la metà. Il prossimo obiettivo è dunque quello di osservare le supernovae che hanno perso completamente il loro guscio di idrogeno – al contrario di SN 2001ig e SN 1993J. In questo modo, le esplosioni di supernovae completamente “spogliate” dal loro involucro, non possono interagire con l’ambiente stellare circostante. Senza interazioni, si spengono quindi molto più velocemente, permettendo agli astronomi di provare a cercare la compagna anche solo dopo due o tre anni. Inoltre in futuro si avrà a disposizione anche il James Webb Space Telescope, che allargherà il campo di ricerca, permettendo di raggiungere stelle più lontane e compagne più deboli.


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Prima serata con Venere e Aldebaran

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Alle ore 21:00 del 3 maggio potremo assistere a una larga congiunzione tra il pianeta Venere (mag. –3,9), oggetto davvero caratterizzante delle serate di maggio, e Aldebaran (mag. +0,9), la stella alfa della costellazione del Toro, che si sta ormai tuffando in verticale sotto l’orizzonte occidentale.

Come anticipato, la separazione tra i due astri sarà piuttosto grande, circa 6,5°: sarà un’ottima occasione per fotografare i due soggetti nel contesto del paesaggio naturale, soprattutto attendendo qualche minuto in più, quando gli astri si faranno via via più bassi sull’orizzonte. Più distante e in basso, verso est, sarà forse possibile scorgere ancora l’ammasso delle Pleiadi (M 45).

Per la ripresa di Venere, vi ricordiamo le rubriche della nostra Giorgia con consigli sempre validi!

➜ Venere al tramonto con le Pleiadi su Coelum astronomia 221
➜ È il momento di Venere su Coelum astronomia 206
L’Incontro tra Venere e Marte su Coelum astronomia 215

Dalla parte opposta del cielo starà invece sorgendo Giove che, vi ricordiamo è entrato nel suo periodo di miglior visibilità:

➜ 9 maggio Giove in opposizione. Come osservarlo, a occhio nudo e con uno strumento, e tutti i principali eventi che riguardano le lune medicee.
➜ Astrofotografia: Riprendiamo Giove in compagnia dei suoi satelliti di Giorgia Hofer

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➜ Leggi la rubrica di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

➜ Comete. Finalmente una cometa “interessante”?

➜ Supernovae. Due nuove scoperte italiane

e il Calendario di tutti gli eventi di maggio 2018, giorno per giorno


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Unione Astrofili Senesi

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UAS

UAS05.05: Il cielo di maggio. In caso di cielo sereno, come ogni primo sabato del mese, l’appuntamento per i soci e per il pubblico è alle ore 21:30 presso Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola”Palmiero Capannoli” per osservare il cielo di questo periodo particolarmente ricco di galassie. In caso di tempo incerto telefonare per conferma a Davide Scutumella 3388861549. La serata è aperta alla cittadinanza.

11.05: “Il cielo al castello di Montarrenti” Come ogni secondo venerdì del mese, dalle ore 21:30 l’Osservatorio Astronomico di Montarrenti sarà aperto ai soci e al pubblico per una serata osservativa dedicata al cielo del periodo primaverile: Leone, Vergine e Chioma di Berenice, tutte contenenti bellissimi gruppi di galassie e ammassi (sia globulari che aperti). Sarà visibile anche il pianeta Giove coi satelliti galileiani. Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione tramite il sito www.astrofilisenesi.it, inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio). La serata è aperta alla cittadinanza.

19.05: “La notte dei musei” Nell’ambito della “Notte dei musei” saremo presenti presso il Museo Archeologico di Castellina in Chianti per un’osservazione del cielo dalla suggestiva torre del paese. Per informazioni contattare Andrea 3476527389, Giacomo 3282151990 oppure Francesco 3389637212. La serata è aperta alla cittadinanza.

25.05: “Il cielo al castello di Montarrenti” Come ogni quarto venerdì del mese, dalle ore 21:30 l’Osservatorio Astronomico di Montarrenti sarà aperto ai soci e al pubblico per una serata osservativa dedicata al cielo del periodo. La luna, coi suoi crateri sarà uno degli oggetti principali d’osservazione, oltre al pianeta Giove. Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione tramite il sito www.astrofilisenesi.it, inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio). La serata è aperta alla cittadinanza.

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L’INFINITA CURIOSITÀ. Un viaggio nell’Universo in compagnia di Tullio Regge

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1507068881_Linfinita-curiosita-Torino-1Per tutto l’inverno, il palazzo dell’Accademia delle Scienze di Torino ospita “L’infinita curiosità. Un viaggio nell’universo in compagnia di Tullio Regge”. La mostra, curata da Vincenzo Barone e Piero Bianucci, propone, con un allestimento coinvolgente, un viaggio ideale nell’universo, dall’immensamente grande all’estremamente piccolo, alla scoperta delle meraviglie della fisica contemporanea.
L’ingresso alla mostra accoglie il visitatore con un allestimento spettacolare. Nello scenografico corridoio è posta un’installazione di legno che rappresenta la “scala cosmica”: 62 blocchi corrispondenti ai 62 ordini di grandezza dell’universo conosciuto, dall’estremamente piccolo (la lunghezza di Planck) all’immensamente grande (l’orizzonte cosmologico). Lungo il percorso della mostra il visitatore si muoverà idealmente su e giù per questa scala, confrontandosi con le dimensioni delle cose, dai quark alle galassie.
La mostra si avvale della collaborazione di importanti istituzioni scientifiche italiane, tra le quali l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e l’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM). Il progetto è realizzato nell’ambito delle attività del Sistema Scienza Piemonte, un accordo promosso dalla Compagnia di San Paolo e sottoscritto dai principali enti torinesi che si occupano di diffusione della cultura scientifica.
www.torinoscienza.it

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