Ancora un paio di giorni e la Luna, ormai diventata una sottile falce (fase 18%), raggiunge anche Saturno… l’ultimo pianeta del mattino a sorgere dall’orizzonte est.
Raggiungeranno un’altezza utile (intorno ai 10°) per l’osservazione solo dopo le 5 del mattino, ma avremo modo di seguirli fino a quando si spegneranno nella luce dell’alba.
Marte, con la compagna di questo mese, Antares, e Giove li anticiperanno sempre però a distanza, ma nel cielo buio non sarà difficile individuarli, anche se occorrerrà una ripresa davvero ampia per includerli nel quadro.
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Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Febbraio
Domenica scorsa, l’osservatorio del Catalina Sky Survey in Arizona ha fatto una doppia scoperta interessante: si trattava di due asteroidi PHA di dimensioni medio-piccole, entrambi destinati a passare a distanza ravvicinata nei giorni successivi.
Il primo, battezzato 2018 CC, è già transitato la sera di martedì, a 189000 km dalla Terra, metà della distanza lunare. Si è trattato del primo passaggio sub-lunare del mese e l’ottavo dall’inizio dell’anno. Decisamente più raro l’incontro con il secondo oggetto, 2018 CB, che è previsto passare a soli 63360 km dalla superficie terrestre oggi alle 23:29 ora italiana. Si tratta di una distanza che lo piazza al decimo posto nella classifica dei passaggi più ravvicinati degli ultimi 12 mesi e, tra questi, con i suoi 18-39 metri di diametro stimato, è il secondo asteroide più grande dopo 2017 QP1 passato l’estate scorsa.
Anche questo passaggio, come quello di 2002 AJ129 avvenuto 4 giorni fa, sarà possibile seguirlo in tempo reale tramite ilVirtual Telescope a partire dalle ore 21. Come ha spiegato Gianluca Masi, responsabile del sito, “L’asteroide 2018 CB sarà visibile dall’Italia nelle prime ore della sera del 9 febbraio, quando sarà prossimo al massimo della luminosità“. Al momento del massimo avvicinamento, l’asteroide non sarà osservabile dall’Italia, perché tramontato da poco. Di seguito la sua curva di luce prevista, con un abbassamento dovuto alla congiunzione con il Sole:
Un ultimo aspetto da sottolineare è il fatto che, contrariamente alla maggior parte degli incontri ravvicinati con oggetti da poco scoperti, in questo caso c’è stato un preavviso sufficiente ad organizzare numerose osservazioni anche con il radar e questo ha permesso di affinare grandemente la precisione della sua traiettoria e dell’orbita, come dimostrato nella tabella seguente (che verrà aggiornata nei prossimi giorni); come si vede, l’errore sulla distanza minima si è ridotto del 96% in 3 giorni e anche i principali parametri orbitali sono migliorati di 2-3 ordini di grandezza!
Una simile precisione sarebbe auspicabile per tutti gli oggetti che si avvicinano pericolosamente alla Terra, in maniera da poter eventualmente evacuare le zone interessate per tempo. In effetti, anche nel caso di 2018 CB, le prime osservazioni suggerivano la possibilità di futuri impatti di questo oggetto con la Terra (specialmente nel 2025), una eventualità che poi è stata completamente esclusa grazie a ulteriori osservazioni.
Aurore Polari. Uno spettacolo di luci, colori e scienza. Storie di Novae. 1I ‘Oumuamua, il primo asteroide interstellare. E molto, molto altro ancora…
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Convegni presso la sede del Giornale di Vicenza, ore 17:00
17.02: Alberto Corso “BAGLIORI NEL BUIO” (sede GdV).
Corso di astrofotografia:
presso la nostra sede ad Arcugnano ore 21:00
05.02: “tecniche di ripresa Grande Campo con DSLR” 3° lezione 12.02: “tecniche di ripresa profondo cielo con DSLR” 4° lezione 19.02: “tecniche di elaborazione immagini e interpolazione (le possibilità e i software necessari)” 5° lezione 25.02: “Osserviamo la nostra Stella” Osservatorio aperto dalle 14:30-17:00.
Corso di cosmologia:
presso la nostra sede ad Arcugnano ore 21:00
28.02: “una cartolina dal Big Bang. La cosmologia moderna da Einstein al WMAP” 1° lezione
Sede ed Osservatorio: Via Santa Giustina 127 – 36057 Arcugnano (VI)
L’evento si intitola: “La scienza dell’altra metà del cielo“, e sarà condotta da Enrico Bonfante e da Alan Zamboni. La serata sarà ricca di interviste a protagoniste della scienza e della cultura scientifica.
Scienza e parità di genere sono di vitale importanza per il raggiungimento di obiettivi di elevato sviluppo culturale e sociale in un mondo globale, libero e democratico. È con questo spirito che l’ONU promuove azioni che accrescono il coinvolgimento delle donne e delle ragazze nella scienza, per rendere effettivo il loro inserimento, pieno e paritario, nelle attività di ricerca scientifica e tecnologica. Ancora oggi, infatti, in base ad una ricerca svolta in 14 Paesi, la probabilità per le studentesse di conseguire una laurea, master o dottorato in discipline scientifiche sono rispettivamente del 18%, 8% e 2%, mentre le percentuali degli studenti di sesso maschile sono doppie: 37 %, 18% e 6%.
Ed è per questi motivi che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che proclama l’11 febbraiol’International Day of Women and Girls in Science, allo scopo, come dice Antonio Guterres, Segretario delle Nazioni Unite: “… di porre fine ai pregiudizi, prevedendo maggiori investimenti nella scienza, tecnologia, ingegneria e matematica a favore di tutte le donne e ragazze, in modo da creare opportunità per la loro carriera e il loro avanzamento professionale”.
Leggi anche
L’Astronomia dell’altra Metà del Cielo, su Coelum astronomia 219. Un articolo sulle donne che hanno contribuito a fare la storia dell’astronomia di Rodolfo Calanca.
Nel corso della nostra diretta web interverranno: Gabriella Bernardi, giornalista scientifica; Sara Gandini, oncologa; Sofia Sarperi, astrofisica; Ginevra Trinchieri, astrofisica, INAF-Osservatorio Astronomico di Brera e Presidente della Società Astronomica Italiana; Ilaria di Tullio, CNR, progetto GENERA; Lucia Votano, fisica, già Direttrice dei Laboratori del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Potrete seguire la diretta su youtube, o direttamente qui sotto e nella home di Coelum.com, a partire dalle ore 21:00 dell’11 febbraio.
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La notte successiva alla congiunzione con Giove, la Luna (fase 30°) nel suo moto retrogrado incontra Marte (mag. +1,1) e la sua nemesi, la rossa Antares (alfa Scorpii; mag. +1,1). I due astri infatti sia per luminosità che per colore si somigliano molto (anche se Marte mostrerà sempre una luce più erma della sfavillante stella) e infatti Antares significa proprio “rivale di Ares” ovvero Marte.
I due avranno in questa circostanza esattamente la stessa luminosità e colore e la Luna, non troppo invadente, completerà il quadro. Uno spettacolo da non perdere!
L’orario sarà meno comodo del giorno recedente, dovremo infatti attendere almeno le 4 del mattino perché i tre astri siano sorti dall’orizzonte estsudest e raggiungano un’altezza che ermetta di vederli tutti e tre quasi allineati in un segmento di circa 9°. Potremo però forse più comodamente osservarli, alti in cielo, nel crepuscolo del mattino.
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Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Febbraio
L’ampia immagine di campo catturata dalla MegaCam, la fotocamera da 380 megapixel del Canada-France-Hawaii Telescope (CFHT che si trova sul Mauna Kea, Hawaii), è centrata sulla galassia NGC 7331, ed è stata oggetto di uno studio sulla vicina NGC 7317.
Ma l’attenzione degli scienziati per questa zona di cielo in realtà è stata sempre catturata dalla condensazione di galassie attorno al campo di ripresa, poco distanti (almeno prospetticamente) da NGC 7331: il famoso Quintetto di Stephan, un gruppo compatto di 5 galassie, nella costellazione del Pegaso (non tutte interagenti tra loro), che prende il nome dall’astronomo francese Édouard Stephan, che fu il primo ad osservarlo nel 1878. Il gruppo però comprende
In tempi molto più recenti, diventato per la sua bellezza una delle icone dell’osservazione e della fotografia astronomica, anche il telescopio spaziale Hubble ha osservato più volte il Quintetto, fornendo immagini dettagliatissime delle collisioni galattiche in corso.
Il Quintetto di Stephan, infatti, racchiude ed è l’esempio di riferimento di tutto quello che serve per lo studio dell’evoluzione di sistemi di galassie interagenti. Nelle immagini le vediamo infatti sottoposte a una serie di effetti quali interazioni e collisioni lente, che creano flussi stellari gravitazionali, ma anche collisioni galattiche ad alta velocità, esplosioni di gas, esplosioni stellari e tutto quello che riguarda la creazione e l’evoluzione anche di sistemi stellari intergalattici. Insomma… un campo di prova per tutta l’astrofisica extragalattica.
Grazie alle sue caratteristiche uniche, il Quintetto di Stephan è stato quindi ampiamente studiato e osservato, in tutto lo spettro elettromagnetico, ed è stato oggetto di numerose simulazioni numeriche complesse. E stato anche campo di controversie sull’effettivo significato cosmologico del redshift, da parte di sostenitori di cosmologie alternative rispetto al prevalente Modello Standard (sulla cui diatriba abbiamo pubblicato numerosi articoli fino al lungo articolo conclusivo in tre parti:Qualche chiarimento sulle cosmologie alternative diAlberto Cappi).
Tuttavia, i modelli non sono riusciti fin’ora a definire il ruolo di ogni galassia nell’insieme del gruppo. Un nuovo studio, pubblicato nei Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, ha rivisitato il sistema con immagini ottiche multibanda multiple ottenute con la MegaCam del telescopio Canada-France-Hawaii (CFHT), incentrate sul rilevamento di strutture a bassa luminosità superficiale (LSB).
In particolare, è stata rilevata un’aura diffusa rossastra nella galassia NGC 7317, un alone di vecchie stelle il cui ruolo era stato finora ignorato nei modelli. Sono poi visibili numerosi filamenti diffusi aggiuntivi, alcuni dei quali vicini alla galassia in primo piano NGC 7331, la cui struttura suggerisce quindi una contaminazione per emissione di cirri galattici.
NGC 7317 deve quindi aver interagito a lungo con gli altri membri del gruppo, in un processo che viene chiamato cannibalismo galattico. Il cannibalismo galattico si verifica quando le forze gravitazionali di una galassia, o di un gruppo di galassie più grandi, lentamente distruggono una galassia più piccola, inglobandone il materiale. Caratteristiche distintive di questo processo sono proprio la presenza di flussi o aloni di stelle che orbitano intorno alla galassia più grande, come l’alone di stelle rosse visto intorno a NGC 7317.
Una prima conseguenza è che il Quintetto di Stephan deve essere molto più antico di quanto attualmente si pensa, e questo potrebbe richiedere la necessità di rivedere i modelli di formazione ed evoluzione di questo sistema, che potrebbe portare, alla fine, alla formazione di una galassia ellittica gigante.
Una seconda conseguenza più generale, e forse anche di maggiore importanza, è l’attuale rinnovato interesse, nel campo scientifico, per l’imaging profondo sulle galassie vicine, che può come abbiamo visto portare non solo maggiori informazioni ma vere e proprie rivoluzioni sulla storia dell’evoluzione di questi gruppi di galassie.
Sono molti ormai i programmi osservativi – tra cui alcuni sviluppati proprio all’interno della collaborazione CFHT, la cui strumentazione è particolarmente adatta per questo tipo di studi – che mirano a decodificare la storia passata delle galassie attraverso la rilevazione diretta, nel loro ambiente, di deboli ed estese caratteristiche, tecnica che ha preso il nome di archeologia galattica.
Dal 2000, CFHT produce, in collaborazione con Coelum Astronomia, il calendario da collezioneHawaiian Starlight basato proprio sulle bellissime immagini del cielo catturate dalla MegaCam. Le immagini vengono ottenute durante osservazioni speciali nel tempo osservativo a disposizione del Direttore del CFHT, quando le condizioni atmosferiche, in particolare la stabilità dell’atmosfera, non sono adatte alle osservazioni scientifiche regolari. Nonostante questo, alcune di queste immagini a volte si rivelano di grande interesse scientifico: ed è proprio questo il caso.
I prodotti Hawaiian Starlightsono distribuiti per l’Europa da Coelum Astronomia. Potete trovare i magnifici poster e molte delle edizioni del Calendario astronomico CFHT/Coelum, compresa l’edizione 2018 che vedete qui a lato, nel nostro astroshop.
L’Osservatorio CFH ospita un telescopio ottico e a infrarossi di 3,6 metri. Si trova sulla cima del vulcano inattivo Mauna Kea, a 4200 metri, nell’isola delle Hawaii.
Revisiting Stephan’s Quintet with deep optical images. Di Pierre-Alain Duc, Jean-Charles Cuillandre, Florent Renaud. Monthly Notices of the Royal Astronomical Society: Letters, Volume 475, Issue 1, 21 March 2018, Pages L40–L44.
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La mostra “Rivoluzione Galileo. L’arte incontra la scienza” promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e allestita a Palazzo del Monte di Pietà nella centralissima Piazza Duomo a Padova, è il racconto di un uomo poliedrico, dalle molteplici sfaccettature: scienziato, padre del metodo sperimentale, letterato, esaltato da Foscolo e Leopardi, Pirandello e Ungaretti per la sua scrittura capace di risvegliare l’immaginazione, musicista e virtuoso esecutore ed imprenditore, con il cannocchiale, il microscopio e il compasso. Ma anche un uomo che nella sua quotidianità cede a piccoli vizi e debolezze, come la passione per il vino. Attraverso un ampio numero di opere d’arte, la mostra ripercorre sette secoli di arte occidentale che, intrecciandosi con la scienza, la tecnologia e l’agiografia galileiana.
Alla mostra sono affiancate una serie di iniziative, tra conferenze, laboratori per ragazzi, spettacoli teatrali e musicali (consultare i vari programmi sul sito dedicato).
Gli incontri saranno introdotti da Giovanna Valenzano, prorettrice al Patrimonio artistico, musei e biblioteche. Tutte le conferenze si terranno alle ore 18.00 presso la sala conferenze di Palazzo del Monte di Pietà, piazza Duomo 14, Padova.
16 gennaio: L’immagine di Galileo Galilei nell’arte novecentesca dell’Ateneo patavino – Marta Nezzo 23 gennaio: I segreti del cielo: la vita extraterrestre – Cesare Barbieri
Spettacoli teatrali presso la Sala dei Giganti (Padova) 12 gennaio Bahrami e Martux_m | Frescobaldi Renaissance
Il celebre pianista iraniano sperimenta e contamina con elettronica e sound art le musiche di Girolamo Frescobaldi, contemporaneo ed estimatore di Galileo. 19 gennaio Rossoporpora ensemble | Le nuove & le passate musiche Da un collettivo di giovani musicisti diretti da Walter Testolin, un concerto raffinato con musiche, tra gli altri, di Monteverdi, Caccini, Willaert. Mottetti, madrigali, arie da un tempo di rivoluzione. 9 febbraio 2018 Jordi Savall | Tous les matins du monde
Uno dei più grandi interpreti della viola da gamba, compositore e musicologo, racconta in musica la relazione maestro-allievo. Il concerto che ha rivelato al grande pubblico il fascino della musica antica.
Poesia. Non c’è altro modo per descrivere l’incredibile incontro tra perfezione tecnologica ed estetica che si è realizzato questa sera – martedì 6 febbraio, a partire dalle 21:45 ora italiana – sui cieli della Florida. E negli schermi di milioni di persone che, attraverso i dispositivi più disparati, hanno assistito in diretta al primo lancio di test di Falcon Heavy. Un lancio destinato, a ragione, a rimanere nella storia. Perché con le sue oltre 63 tonnellate di carico utile è il lanciatore di maggior potenza oggi esistente al mondo. Perché mai prima d’ora una compagnia privata aveva spedito nello spazio un razzo così potente. Perché non ci sono parole per restituire l’emozione e la bellezza di quello che è successo.
Emozione, sì. Con tutti gli ingredienti, suspense in testa, senza farsi mancare nulla. Compreso il rinvio all’ultimo momento, dalle 19:45 alle 21:45, quasi al limite della finestra di tre ore consentita per il lancio. Giusto il tempo per far iniziare Sanremo…
Così, mentre mezza Italia assisteva sorpresa all’incursione del contestatore sul palco dell’Ariston, sulla rampa di lancio 39A del Kennedy Space Center si accendevano i tre Falcon 9 di SpaceX – uniti insieme a formare i tre stadi del più potente lanciatore dai tempi del mitico Saturn V.
Fiorello stava invece duettando con Baglioni sulle note di “E tu” quando, a otto minuti dal lancio, assolto il suo compito, un’altra coppia ben collaudata – i due stadi primari esterni riutilizzabili del Falcon Heavy, entrambi già usati in precedenti occasioni – rientrava sulla Terra, compiendo un doppio atterraggio simultaneo talmente spettacolare (a 300 metri l’uno dall’altro!) che, se non fosse avvenuto sotto lo sguardo ipnotizzato di migliaia di persone, riuscirebbe davvero difficile crederci.
View from SpaceX Launch Control. Apparently, there is a car in orbit around Earth. pic.twitter.com/QljN2VnL1O
E se al pubblico del Festival della canzone toccava apprendere sgomento, da una telefonata, che Laura Pausini non poteva essere presente a causa di una laringite, lassù a qualche centinaia di km sopra le nostre teste, dagli altoparlanti di una Tesla Roadster rossa in volo verso Marte (o meglio, verso un’orbita solare molto ellittica, che si spingerà oltre quella del Pianeta rosso) – guidata da un manichino con tuta spaziale, e in procinto d’attraversare le fasce di Van Allen – si sarebbero potute sentire le note di “Space Oddity”, non fosse che nel vuoto le onde sonore non si propagano.
A sbavare appena l’altrimenti mostruosa perfezione di tutta la sequenza, il mancato recupero (lo apprendiamo dal Washington Post mentre stiamo scrivendo, ancora non è stato dichiarato ufficialmente) del terzo Falcon 9, quello centrale, atteso in mare, a circa 500 km dalla costa, da una delle due autonomous spaceport drone ship di SpaceX, la rampa marina robotica “Of course I still love you”. Ma è proprio questa piccola pecca, quest’unica nota steccata, a darci la misura delle difficoltà enormi che gli uomini e le donne di SpaceX hanno saputo affrontare e superare in questi anni. E a rendere l’intera impresa un poco più umana, “Made on Earth by humans”, come inciso su un circuito stampato a bordo della Tesla e postato dallo stesso Elon Musk su Instagram poco dopo il lancio.
Se non avete ancora visto il video del lancio e volete concedervi qualcosa di emozionante:
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La notte tra il 7 e l’8 febbraio la Luna (fase 46%), in fase calante poco dopo l’Ultimo Quarto, incontrerà Giove (mag. –2,0). I due astri sorgeranno dall’orizzonte est-sudest poco prima dell’1:30, con la Luna a 4,2° a est di Giove, praticamente allineati all’orizzonte.
Guadagneranno poi velocemente altezza: il consiglio è quello di attendere l’orario indicato in cartina, ossia le 2:30 circa, per riprenderli nella cornice del paesaggio. Ma Luna e Giove potranno poi essere osservati fino al mattino, seguiti a distanza da Marte, Saturno e la rossa Antares
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Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Febbraio
Annunciato nel 2011 da Elon Musk, CEO e fondatore di SpaceX, il vettore pesante della compagnia spaziale Americana con sede a Hawthorne, in California, sarebbe dovuto essere pronto per il lancio dalla base di Vandemberg in California nel 2013.
Dopo anni di ritardi, ripensamenti e affinamenti del progetto iniziale, a seguito del successo della prima accensione di prova dei 27 motori Merlin-1D avvenuta lo scorso 24 gennaio 2018 e dopo avere ottenuto dalla Federal Aviation Administration (FAA) la necessaria autorizzazione, SpaceX ha confermato che tenterà il lancio del nuovo razzo oggi 6 febbraio 2018.
Per il debutto del Falcon Heavy la finestra di lancio si apre alle 19:30 ora italiana (18:30 UTC – 13:30 ora locale della Florida) per chiudersi 3 ore dopo, periodo per il quale le condizioni meteorologiche previste sono per lo 80% favorevoli al lancio.
Con il lancio del Falcon Heavy SpaceX tenterà anche di effettuare il recupero in contemporanea dei 3 booster che compongono il primo stadio del razzo: i due corpi laterali, che dovrebbero completare la fase di spinta circa 2 minuti e mezzo dopo i decollo, torneranno indietro verso Cape Canaveral per tentare l’atterraggio sulle piattaforme preparate da SpaceX (Landing Zone 1 e 2) mentre il corecentrale, terminata la fase di spinta pochi secondi dopo i booster laterali concluderà il suo volo tentando di atterrare sulla piattaforma OCISLY, in attesa nell’Oceano Atlantico al largo della costa della Florida.
Se il lancio avrà successo, il risultato finale sarà l’immissione in un orbita intorno al Sole, con afelio in prossimità dell’orbita di Marte, di una autovettura Tesla Roadster rossa con a bordo “Starman”, un manichino che indossa un prototipo delle tute che SpaceX ha sviluppato per i prossimi equipaggi da inviare con le capsule Dragon V2 sulla Stazione Spaziale Internazionale.
A seguire una animazione di quanto dovrebbe accadere domani, pubblicata sul canale YouTube di Spacex.
Qui sotto invece il video per seguire la diretta di domani del lancio trasmessa da SpaceX su Youtube, che presumibilmente comincerà pochi minuti prima delle 19:30 ora italiana.
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02.02, ore 18:30: “Nel Cielo: l’Auriga e il sistema stellare di Capella”. Relatore: Stefano Schirinzi 09.02, ore 18:30: “Sistema Solare: Il problema del riscaldamento globale”. Relatore: Edoardo Bogatec 16.02, ore 18:30: “Sistema Solare: Europa, il più bizzarro dei satelliti di Giove”. Relatore: Giovanni Chelleri 17.02, ore 15:00, sala incontri del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste: “Vita nel cosmo: quali prove, stando alle attuali conoscenze?”. Relatore: Giovanni Chelleri e Paolo Nordio 23.02, ore 18:30: “Astrotecnica: guida base per la scelta del primo telescopio”. Relatore: Paolo Marra.
Nella periferia di Centaurus A, una galassia a circa 13 milioni di anni luce da noi, si aggirano alcune galassie nane satelliti. Niente di strano, se non fosse che 14 (su 16 osservate) di queste galassie si aggirano in un modo che sta creando parecchi grattacapi ai cosmologi: osservazioni e simulazioni non vanno d’accordo. Peggio ancora: ciò che mostrano le osservazioni, illustraun articolopubblicato oggi su Science, non è spiegabile dal modello cosmologico standard, quello basato sulla materia oscura fredda.
Fra i ricercatori che hanno firmato lo studio, guidato da Oliver Müller dell’Università di Basilea, c’è anche un giovane ricercatore italiano, Federico Lelli, nato a Chiaravalle (Ancona), il paese natale di Maria Montessori. «A dire il vero sono cresciuto in un paese limitrofo, Castelferretti», dice Lelli a Media Inaf, «dove le scuole elementari e medie non sono montessoriane. Ritengo però che la scelta di diventare uno scienziato sia maturata durante il liceo scientifico, dove ho avuto ottime professoresse di matematica e fisica». E ottime devono esserlo state davvero, visto che oggi Lelli – laurea a Bologna e PhD ad Amsterdam – è ricercatore postdoc a Monaco, allo European Southern Observatory. Dove lo abbiamo raggiunto per comprendere la portata della sua scoperta.
Cosa c’è che non torna, nelle 16 galassie nane satelliti di Centaurus A da voi studiate?
«Il modello cosmologico Lambda-Cdm (lambda cold dark matter) assume che le galassie si formino all’interno di aloni di materia oscura. Gli aloni più grandi, che ospitano galassie massicce come la Via Lattea, sono circondati da una miriade di aloni satelliti più piccoli, che ospitano galassie nane. Le simulazioni cosmologiche mostrano che le galassie nane dovrebbero essere distribuite in modo casuale attorno alla galassia centrale e dovrebbero muoversi in modo caotico, come api attorno all’alveare. In Centaurus A, invece, troviamo che le nane satelliti si dispongono su di un piano e mostrano un movimento coerente. Questa situazione può essere interpretata come un disco spesso di satelliti che orbitano intorno alla galassia centrale. Queste configurazioni sono estremamente rare nelle simulazioni cosmologiche che utilizzano la materia oscura: un sistema di satelliti come quello di Centaurus A dovrebbe essere osservato solo una volta su mille».
Si verifica solo su Centaurus A, questo comportamento anomalo?
«Alcuni anni fa, lo stesso comportamento è stato osservato da altri astronomi attorno alla Via Lattea e alla nostra vicina Andromeda. Visto che questi piani di nane satelliti dovrebbero essere molto rari, alcuni scienziati hanno iniziato a sostenere che il Gruppo Locale – che contiene sia la Via Lattea che Andromeda – potrebbe essere anomalo. Nel nostro studio dimostriamo che questo non è il caso: un comportamento simile è osservato attorno a Centaurus A, che si trova al di fuori del Gruppo Locale».
Andromeda, la Via Lattea e ora Centaurus A, dunque. In totale, tre galassie su centinaia di miliardi. Non è un po’ poco, per dire che c’è qualcosa da rivedere nel modello cosmologico?
«È importante notare che queste tre galassie – la Via Lattea, Andromeda e Centaurus A – sono gli oggetti per cui abbiamo le informazioni più dettagliate e più precise riguardo la distribuzione e cinematica delle nane satelliti. Sarà difficile studiare altre galassie con la stessa accuratezza, visto che sono più distanti da noi e i loro satelliti sono meno luminosi, ma abbiamo già dei progetti al riguardo. Al momento, possiamo affermare che sistemi di satelliti come la Via Lattea, Andromeda, e Centaurus A dovrebbero essere osservati ciascuno con una probabilità al di sotto dell’un per cento. Se facciamo un conto semplicistico moltiplicando queste probabilità, otteniamo qualcosa come una possibilità su un milione, che è un po’ come vincere alla Lotteria Nazionale. O siamo stati incredibilmente fortunati, oppure c’è qualcosa da rivedere».
Siete stati i primi ad accorgervene?
«Il primo autore del nostro articolo – Oliver Müller dell’Università di Basilea – aveva già studiato Centaurus A in precedenza e trovato che i satelliti si dispongono su di un piano, ma non aveva ancora considerato l’informazione sulla velocità dei satelliti. Le velocità dei satelliti sono estremamente importanti quando si fanno dei confronti tra osservazioni e simulazioni. Nelle simulazioni accade spesso che vi siano piani “spuri” di galassie satelliti dovuti ad allineamenti casuali lungo la linea di vista dell’osservatore. Ad esempio, se consideriamo esclusivamente la distribuzione spaziale dei satelliti nel cielo, un sistema come Centaurus A si può trovare una volta su cinque nelle simulazioni, quindi non ci sarebbe nulla di strano. Quando si considerano anche le velocità dei satelliti, invece, il quadro cambia completamente e il sistema di Centaurus A diventa molto raro. In sostanza, la nostra idea è stata quella di aggiungere l’informazione sulle velocità nel mix per fare un confronto più preciso con le simulazioni cosmologiche».
Ma se non c’è materia oscura, i moti delle galassie negli ammassi come si spiegano, secondo lei? E i risultati cosmologici, per esempio quelli derivanti dallo spettro delle anisotropie del fondo cosmico a microonde?
«Calma. Il nostro studio dimostra che il problema dei “piani di satelliti” non è limitato al Gruppo Locale, ma è più generale. Nella migliore delle ipotesi, questo problema indica che c’è qualcosa che non va con le attuali simulazioni cosmologiche e qualcosa di profondo da capire riguardo la formazione delle galassie nane. Nella peggiore delle ipotesi, invece, questo problema potrebbe essere un campanello d’allarme: non possiamo escludere la possibilità che l’attuale modello cosmologico debba essere rivisto nelle sue fondamenta, considerando che la materia oscura non è ancora stata rilevata e l’energia oscura rimane un altro grande mistero».
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Padova e Rovigo e allestita a Palazzo del Monte di Pietà nella centralissima Piazza Duomo a Padova, è il racconto di un uomo poliedrico, dalle molteplici sfaccettature: scienziato, padre del metodo sperimentale, letterato, esaltato da Foscolo e Leopardi, Pirandello e Ungaretti per la sua scrittura capace di risvegliare l’immaginazione, musicista e virtuoso esecutore ed imprenditore, con il cannocchiale, il microscopio e il compasso. Ma anche un uomo che nella sua quotidianità cede a piccoli vizi e debolezze, come la passione per il vino. Attraverso un ampio numero di opere d’arte, la mostra ripercorre sette secoli di arte occidentale che, intrecciandosi con la scienza, la tecnologia e l’agiografia galileiana.
Alla mostra sono affiancate una serie di iniziative, tra conferenze, laboratori per ragazzi, spettacoli teatrali e musicali (consultare i vari programmi sul sito dedicato).
Presso la Sala dei Giganti, Palazzo Liviano, Piazza Capitaniato 7, Padova
9 febbraio Concerto Jordi Savall | Tous les matins du monde
Uno dei più grandi interpreti della viola da gamba, compositore e musicologo, racconta in musica la relazione maestro-allievo.
16 febbraio Spettacolo teatrale: Giancarlo Giannini legge Galileo
L’uomo, lo scienziato, l’artista, autore di “nuovi scoprimenti di innumerabili stelle” e di una nuova visione dell’universo.
Presso il Cinema Teatro MPX, Padova 23 febbraio Spettacolo teatrale. “RIVOLUZIONE GALILEO. IL CIELO STELLATO SOPRA DI ME”
Durante lo spettacolo, Corrado Augias e Giovanni C.F. Villa, curatore della mostra, racconteranno al pubblico chi era realmente Galileo e quale fu il suo straordinario apporto alla storia dell’umanità.
Per informazioni e prenotazioni:
Telefono 0425 460093
info@mostrarivoluzionegalileo.it
La mostra, presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci a Milano, vuole raccontare al grande pubblico la storia dell’esplorazione di Marte e l’importante contributo italiano a questa avventura. Dopo un richiamo alla figura mitologica del dio Marte, un’introduzione dedicata alle prime osservazioni dei canali di Giovanni Schiaparelli e alla grande produzione di letteratura fantascientifica, il percorso espositivo illustra lo stato della conoscenza che oggi abbiamo di Marte, attraverso i dati e le immagini che la più avanzata tecnologia spaziale ha permesso di acquisire: dalle prime ‘storiche’ immagini delle sonde Viking fino alla sonda europea Mars Express, ai rover americani Curiosity e Opportunity e alla sonda americana Mars Reconnaissance Orbiter.
La mostra vuole essere anche un omaggio al programma europeo ExoMars e non manca uno sguardo su quello che potrebbe riservare il prossimo futuro con una spettacolare e immersiva video-installazione, ispirata alle immagini della serie televisiva MARS firmata da Ron Howard.
Durante il periodo di apertura, l’esposizione sarà accompagnata da un calendario di incontri e appuntamenti. In particolare, a febbraio il Museo proporrà due weekend speciali di attività (10-11 e 17-18 febbraio) con un fittissimo programma per tutti i gusti e per tutte le età, per addentrarsi, anche grazie alla realtà virtuale, fra le più recenti scoperte e i progetti futuri di esplorazione e per dare spazio alla propria creatività o immergersi nella cultura popolare ispirata al Pianeta Rosso.
La visita alla mostra è compresa nel biglietto d’ingresso al Museo.
www.museoscienza.org | info@museoscienza.it | Tel 02 48 555 1
Promossa da Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Ministero dei beni e delle attività Culturali e del Turismo (MIBACT) e Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci in collaborazione con Agenzia Spaziale Europea, INAF, Leonardo, Thales Alenia Space Italia e National Geographic.
Febbraio inizia col nostro satellite reduce dal recente plenilunio verificatosi alle 14:27 del 31 gennaio. Infatti in apertura di questo mese la Luna sorgerà alle 18:46, in fase di 15,61 giorni, fra le stelle della costellazione del Leone, andando poi a culminare in meridiano nelle primissime ore della notte seguente a un’altezza di +56°. Essendo visibile per gran parte della serata, potremo già apprezzare come il procedere del terminatore in Luna Calante consenta di osservare le strutture in prossimità del bordo orientale del nostro satellite, ancora più evidente nelle serate successive, anche se purtroppo verranno privilegiate le ore notturne.
Le effemeridi complete giornaliere della Luna le trovi nel Cielo di Febbraio
A febbraio osserviamo
La prima proposta di febbraio è per la serata del 23 quando proseguiremo nel nostro viaggio sulle grandi strutture crateriformi allineate in senso nord/sud in prossimità del margine orientale del mare Nubium andando a visitare questa volta il cratere Regiomontanus, situato fra Purbach a nord, Werner a est, Walter a sud e Deslandres ad ovest.
Come seconda e principale proposta di questo mese la tarda serata del 23 e tutta la serata del 24 febbraio saranno dedicate a una fra le più note e telescopicamente frequentate strutture lunari: il cratere Tycho. Nel film di Stanley Kubrick “2001 Odissea nello Spazio”, dall’omonimo romanzo di Arthur C. Clarke, in questo cratere venne rinvenuto un monolito di colore nero, poi denominato “Tycho Magnetic Amomaly”, abbandonato in quel luogo desolato da esseri extraterrestri quattro milioni di anni prima.
La terza proposta riguarda la zona di Massima Librazione che la sera del 28 febbraiofra le 18:30 e le 23:30 verrà a coincidere col bordo lunare orientale spostandosi da nord a sud alla medesima latitudine dei crateri Langrenus e Vendelinus.
Per approfondire queste osservazioni, per le falci di Luna e la sua luce cinerea e per tutte le altre informazioni, leggi laLuna di febbraio su Coelum astronomia 219 (è sempre gratis, puoi scaricarlo in pdf oppure stampare le pagine che ti interessano di più 😉 ).
➜ La Luna mi va a pennello. Se la fotografia non basta, Gian Paolo Graziato ci racconta come dipingere dei rigorosi paesaggi lunari, nei più piccoli dettagli… per poi lasciarsi andare alla fantasia e all’imaginazione! Su Coelum Astronomia n. 211
E tutte le precedenti rubriche di Francesco Badalotti, con tantissimi spunti per approfondire la conoscenza del nostro satellite naturale. Per ogni formazione il momento giusto!
Dal 27 settembre arriva per la prima volta in Italia, a Milano, nello Spazio Ventura XV, NASA. A Human Adventure, la grande mostra prodotta dalla NASA in collaborazione con John Nurmien Events e AVATAR. Un viaggio di conquista e scoperta che si estende per 2500 metri quadrati, tra razzi, Shuttle, Rover spaziali, simulatori di antigravità, in un percorso didattico ed emozionante, scientifico e immersivo, che va dai primi lanci spaziali ai giorni nostri e che presenta circa 300 manufatti originali provenienti dai programmi spaziali USA e URSS, la maggior parte di essi in prestito dal Kansas Cosmosphere & Space Center e dallo Space & Rocket Center, molti dei quali sono stati nello spazio. Attraverso 5 sezioni – Sognatori, La corsa allo Spazio, Pionieri, Resistenza e Innovazione, i visitatori verranno catapultati, attraverso un’esperienza immersiva, in una delle storie più affascinanti e ambiziose dell’uomo, la scoperta dello spazio.
Una mostra affascinante e ricca di oggetti di ogni tipo che faranno immaginare l’esperienza spaziale in ogni suo aspetto. Vi aspettiamo! Leggi l’articolo sulla mostra su Coelum Astronomia 215 a pagina 172
Per tutto l’inverno, il palazzo dell’Accademia delle Scienze di Torino ospita “L’infinita curiosità. Un viaggio nell’universo in compagnia di Tullio Regge”. La mostra, curata da Vincenzo Barone e Piero Bianucci, propone, con un allestimento coinvolgente, un viaggio ideale nell’universo, dall’immensamente grande all’estremamente piccolo, alla scoperta delle meraviglie della fisica contemporanea.
L’ingresso alla mostra accoglie il visitatore con un allestimento spettacolare. Nello scenografico corridoio è posta un’installazione di legno che rappresenta la “scala cosmica”: 62 blocchi corrispondenti ai 62 ordini di grandezza dell’universo conosciuto, dall’estremamente piccolo (la lunghezza di Planck) all’immensamente grande (l’orizzonte cosmologico). Lungo il percorso della mostra il visitatore si muoverà idealmente su e giù per questa scala, confrontandosi con le dimensioni delle cose, dai quark alle galassie.
La mostra si avvale della collaborazione di importanti istituzioni scientifiche italiane, tra le quali l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e l’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM). Il progetto è realizzato nell’ambito delle attività del Sistema Scienza Piemonte, un accordo promosso dalla Compagnia di San Paolo e sottoscritto dai principali enti torinesi che si occupano di diffusione della cultura scientifica. www.torinoscienza.it
La zona di formazione stellare Lupus 3 si trova nella costellazione dello Scorpione, a soli 600 anni luce dalla Terra. Fa parte di un complesso più vasto noto come Nube del Lupo, che prende il nome dalla vicina costellazione delLupo. Le nubi sembrano colonne di fumo fluttuanti su uno sfondo di milioni di stelle. In realtà, queste nubi sono una nebulosa oscura.
Le nebulose sono ampie distese di gas e polvere sospese tra le stelle, a volte fino a oltre un centinaio di anni luce. Mentre molte nebulose sono illuminate in modo spettacolare dall’intensa radiazione delle stelle calde, le nebulose oscure nascondono la luce degli oggetti celesti al loro interno. Sono note anche come nebulose ad assorbimento, poichè sono composte da particelle di polvere fredde e dense che assorbono e diffondono la luce che attraversa la nube.
Tra le più famose nebulose oscure ricordiamo la Nebulosa Sacco di Carbone e la Fenditura del Cigno, abbastanza grandi da essere visibili a occhio nudo, che si stagliano, nere, sullo sfondo brillante della Via Lattea.
Lupus 3 ha una forma irregolare, come un serpente disegnato male in mezzo al cielo. In questa immagine viene evidenziata una regione di contrasti, con tracce scure in evidenza sulla luce blu delle stelle brillanti al centro. Come la maggior parte delle nebulose oscure, Lupus 3 è una regione di formazione stellare attiva, composta soprattutto da protostelle e stelle molto giovani. Perturbazioni vicine possono fare collassare grumi più densi della nebulosa sotto la propria gravità, aumentandone la temperatura e la pressione interna. Alla fine, le condizioni estreme del nucleo di questa nube in collasso fanno nascere una protostella.
Le due stelle brillanti al centro dell’immagine sono proprio state prodotte da un processo di questo tipo. All’inizio della loro vita, la radiazione emessa era in gran parte bloccata dagli spessi veli della nebulosa ospite, visibile solo con telescopi sensibili alle radiazioni di lunghezza d’onda infrarossa e radio. Diventando più calde e più brillanti, l’intensa radiazione da esse prodotta e i venti stellari hanno svuotato l’area circostante da polvere e gas, permettendo loro di emergere gloriosamente dall’incubatrice di tenebra e di mostrare tutto il loro splendere.
Capire le nebulose è un passo critico per comprendere il processo di formazione stellare nel suo insieme – per esempio, si pensa che il Sole si sia formato in una zona di formazione stellare molto simile a Lupus 3 più di quattro miliardi di anni fa. Essendo uno dei vivai stellari più vicini a noi, Lupus 3 è stata studiata molte volte: nel 2013, il telescopio da2,2 metri dell’MPG/ESO all’Osservatorio dell’ESO a La Silla in Cile ha catturato un’immagine più piccola delle sue colonne scure come fumo e delle sue stelle brillanti (eso1303).
Aurore Polari. Uno spettacolo di luci, colori e scienza. Storie di Novae. 1I ‘Oumuamua, il primo asteroide interstellare. E molto, molto altro ancora…
Coelum Astronomia 219 di febbraio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
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Dal 27 settembre arriva per la prima volta in Italia, a Milano, nello Spazio Ventura XV, NASA. A Human Adventure, la grande mostra prodotta dalla NASA in collaborazione con John Nurmien Events e AVATAR. Un viaggio di conquista e scoperta che si estende per 2500 metri quadrati, tra razzi, Shuttle, Rover spaziali, simulatori di antigravità, in un percorso didattico ed emozionante, scientifico e immersivo, che va dai primi lanci spaziali ai giorni nostri e che presenta circa 300 manufatti originali provenienti dai programmi spaziali USA e URSS, la maggior parte di essi in prestito dal Kansas Cosmosphere & Space Center e dallo Space & Rocket Center, molti dei quali sono stati nello spazio. Attraverso 5 sezioni – Sognatori, La corsa allo Spazio, Pionieri, Resistenza e Innovazione, i visitatori verranno catapultati, attraverso un’esperienza immersiva, in una delle storie più affascinanti e ambiziose dell’uomo, la scoperta dello spazio.
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Convegni presso la sede del Giornale di Vicenza, ore 17:00
17.02: Alberto Corso “BAGLIORI NEL BUIO” (sede GdV).
Corso di astrofotografia:
presso la nostra sede ad Arcugnano ore 21:00
05.02: “tecniche di ripresa Grande Campo con DSLR” 3° lezione 12.02: “tecniche di ripresa profondo cielo con DSLR” 4° lezione 19.02: “tecniche di elaborazione immagini e interpolazione (le possibilità e i software necessari)” 5° lezione 25.02: “Osserviamo la nostra Stella” Osservatorio aperto dalle 14:30-17:00.
Corso di cosmologia:
presso la nostra sede ad Arcugnano ore 21:00
28.02: “una cartolina dal Big Bang. La cosmologia moderna da Einstein al WMAP” 1° lezione
Sede ed Osservatorio: Via Santa Giustina 127 – 36057 Arcugnano (VI)
Iniziamo subito la prima sera del mese con una bella congiunzione stretta tra Luna praticamente Piena (fase 98%) e vicina al Perigeo, e la brillante Regolo (mag. +1,4) stella alfa del Leone.
I due astri saranno a soli 30’ di distanza e sorgeranno dall’orizzonte est-nordest attorno alle 18:45 con il cielo già buio. Converrà ovviamente attendere che abbiano una buona altezza sull’orizzonte (alle 19:30 saranno alti circa 7°) per osservare i due astri al binocolo o al telescopio ma, per chi avesse l’orizzonte libero e il cielo limpido, anche una ripresa fotografica, comunque non facile, con i due oggetti bassi a filo dell’orizzonte potrebbe dare risultati suggestivi…
Potranno comunque essere seguiti per tutta la notte fino al mattino successivo. La massima altezza al meridiano la raggiungeranno poco prima delle due di notte.
La stessa notte potremo anche osservare l’asteroide (19) Fortuna, che si troverà nella costellazione del Cancro, in opposizione con la Terra, a circa 1,46 UA dal nostro pianeta.
Qualche giorno fa, un astronomo dilettante alla ricerca del satellite segreto Zuma, sulla cui sorte sono state espresse dichiarazioni diverse e inconcludenti, si è con ogni probabilità imbattuto in IMAGE, un satellite NASA per l’osservazione della magnetopausa, perso da 12 anni e inaspettatamente attivo.
Aggiornamento
La NASA ha confermato l’identità del satellite scoperto il 20 gennaio, si tratta proprio di IMAGE.
Il pomeriggio del 30 gennaio, al Johns Hopkins Applied Physics Lab in Laurel, Maryland, i dati della telemetria del satellite sono stati raccolti con successo. Il segnale mostra che l’ID del satellite è 166, esattamente quello di IMAGE.
Sembra anche che almeno il controllo principale della sonda sia operativo. Ora, scienziati e ingegneri del Goddard Space Flight Center in Greenbelt, Maryland, continueranno ad analizzare i dati per comprendere di più sullo stato attuale del satellite, un processo che richiederà una o due settimane per la necessità di adeguare il vecchio software e database di cui è dotato IMAGE a sistemi più moderni.
Il cielo è un gran pasticcio. Questa è una conclusione alla quale si può giungere se si leggono i report in merito alla “spazzatura spaziale” nell’orbita bassa terrestre. Il volume di detriti spaziali è cresciuto a livelli così elevati che gli oggetti in orbita vengono spesso in collisione e un giorno non troppo lontano, se non ci saranno azioni coordinate di razionalizzazione, il problema diventerà così complesso da porre pesanti ipoteche sull’esplorazione spaziale stessa. In un contesto di questo genere, può sembrare quasi normale che un’agenzia spaziale perda un satellite, lo dichiari inoperativo e a distanza di più di un decennio sia un radio astronomo dilettante a ritrovarlo attivo, ma si tratta in realtà di un’interessante storia di passione e di serendipità. È infatti quello che è successo a Scott Tilley, che si dedica alla ricerca amatoriale di satelliti per lo più segreti. La sua è una passione condivisa da molti astronomi dilettanti che scrutano il cielo “nascosto” nel quale, se si dispone dell’attrezzatura adatta, è possibile localizzare ed identificare satelliti di ogni tipo, persino quelli segreti. Molti di questi appassionati tengono blog e siti sui quali pubblicano i risultati delle loro ricerche, specialmente quando coronate dal successo. Nella maggior parte dei casi la loro attività si concentra su oggetti classificati, dato che l’entusiasmo e lo stimolo maggiore deriva per il dilettante dalla sfida del ritrovamento della posizione o del segnale di satelliti spia, i cui dati non sono resi pubblici dagli operatori e dalle agenzie. Un appassionato estremamente attivo è Marco Langbroek, che cura il blogSatTrackCam Leiden e che ha attivamente cercato di dare un esito alla missione Zuma, senza dubbio tra le più elusive, lanciata di recente da SpaceX e sulla cui sorte si sono intervallate numerose versioni, tutte per lo più inconcludenti.
Alla ricerca di Zuma si stava dedicando anche Scott Tilley, che la settimana scorsa ha divulgato i risultati della sua ricerca sul suo blog (nel quale si trovano tutti i dettagli e le immagini), riferendo di aver trovato evidenza che una missione NASA ritenuta ormai terminata da 12 anni, è in realtà ancora attiva. IMAGE (Imager for Magnetopause-to-Aurora Global Exploration) era stato lanciata il 25 marzo del 2000 e aveva iniziato il suo lavoro di osservazione della magnetosfera restituendo immagini globali del plasma presenti nella magnetopausa. Tra le scoperte più rilevanti di IMAGE c’è quella dei varchi esistenti nella magnetosfera e nella plasmasfera, all’origine del passaggio dei flussi protonici provenienti dal Sole e collegati alle aurore protoniche altamente energetiche presenti nelle osservazioni del satellite. A partire dal 18 dicembre 2005, dopo quasi sei anni di operatività, sono stati persi i dati telemetrici della sonda e la missione è stata dichiarata terminata: la NASA ha rilasciato una relazione definitiva il 19 settembre 2006. La missione è stata chiusa sulla scorta del guasto rilevato al controller che alimentava il transponder e la relazione ha escluso ogni altra possibile causa.
Con un segnale radio in mano e non persuaso che si trattasse della traccia di Zuma, Tilley ha confrontato l’orbita associata al segnale con quella di IMAGE e ha trovato corrispondenza. La conferma è arrivata dall’identificazione del segnale sui 2275,905 MHz che ha collegato l’emissione con l’oggetto 2000-017A, 26113, ovvero proprio la missione NASA persa nel 2005. Nel report dell’incidente si menzionava come il guasto al controller dell’alimentazione del transponder di IMAGE fosse un evento per il quale non c’era possibilità di recupero del satellite, per come era stata progettata la missione. Tuttavia l’orbita di IMAGE ha lasciato il satellite ad intervalli regolari nell’ombra della Terra, cosa che teoricamente avrebbe riavviato il suo sistema di alimentazione: il reboot è di fatto avvenuto nel 2007, anno nel quale tutti i tentativi di contattare IMAGE da parte della NASA erano verosimilmente già terminati da qualche tempo.
Avendo trovato IMAGE e convinto che tutto sommato la cosa non fosse così rilevante, dato che un semplice segnale poteva non voler dire alcunché e la NASA poteva anche esserne a conoscenza, Tilley ha messo da parte la sua scoperta per un po’. Tuttavia, mentre passava ad altre frequenze, ha capito che IMAGE stava effettivamente trasmettendo dati in modo attivo. A questo punto ha effettuato altre ricerche e ha scoperto che IMAGE era stato considerato perso proprio a causa del problema con l’alimentazione del transponder. Di conseguenza ha deciso di dare un’occhiata più attenta al segnale e l’esito è stata la conferma che il satellite ruotava ad una velocità compatibile con IMAGE e che il il segnale trasmesso conteneva dati.
Al momento non si ha ancora idea di quale sia la stato diagnostico generale del satellite o della quantità di hardware ancora operativa, ma uno dei co-investigatori originali della missione, Patricia Reiff della Rice University di Houston, ha trovato il post sul blog di Tilley e ha riferito che ci sono strumenti attivi e passivi che potrebbero sicuramente fornire utili dati scientifici utili. E’ di conseguenza entrata in contatto con Scott Tilley per verificare come ottenere le informazioni necessarie per estrarre i dati dal segnale scoperto e attualmente monitorato. Nel frattempo Tilley ha contattato il mission manager della missione, Richard J. Burley e l’incontro ha messo in moto una serie di altre azioni.
Come ulteriore sviluppo, Jeff Hayes, esperto di eliofisica presso il quartier generale della NASA a Washington, ha scritto ad AmericaSpace che non c’è ancora una certezza assoluta che il segnale identificato sia veramente quello di IMAGE, ma la NASA sta ora lavorando per ricontattare le persone informate sulla missione dopo tutto questo tempo nel tentativo di ottenere tutti gli script e il software appropriati, nell’ipotesi che si tratti veramente di IMAGE. In scala cronologica decisamente ridotta, è qualcosa di molto simile a quanto accaduto per la riaccensione dei propulsori della Voyager 1 , per cui è stato necessario riportare in vita software e linguaggi oramai in disuso. Nel frattempo tutta una serie di altri astronomi dilettanti dediti al tracking dei satelliti ha confermato la scoperta di Tilley e il segnale viene ora monitorato da più parti del pianeta.
Il caso di IMAGE non è il solo nell’ambito della riscoperta di satelliti e sonde apparentemente perse nello spazio: basti ricordare il caso del satellite LES-1, la cui operatività era stata cessata nel 1967 ma ritrovato ancora funzionante ben 46 anni dopo, oppure la missione ISEE-3, partita nel 1978 per l’esplorazione del Sole e riconvertita allo studio cometario per poi rimanere silenziosamente accesa dal 1990 al 2014, quando è diventata protagonista di un appassionante tentativo di reboot.
Al momento la NASA ha una missione attiva che sta continuando il lavoro di IMAGE, ovvero MMS (Magnetospheric Multiscale Mission), ma considerando il valore economico di una missione scientifica, il lavoro di Tilley, nato da un entusiasmante filone di indagine dilettantistica al limite con l’archeologia delle missioni spaziali, potrebbe aver dato alla NASA un consistente beneficio collegato al recupero di importanti informazioni scientifiche passate o potenzialmente nuove, nel caso la missione possa avere un inatteso reboot a ben 13 anni di distanza.
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02.02, ore 18:30: “Nel Cielo: l’Auriga e il sistema stellare di Capella”. Relatore: Stefano Schirinzi 09.02, ore 18:30: “Sistema Solare: Il problema del riscaldamento globale”. Relatore: Edoardo Bogatec 16.02, ore 18:30: “Sistema Solare: Europa, il più bizzarro dei satelliti di Giove”. Relatore: Giovanni Chelleri 17.02, ore 15:00, sala incontri del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste: “Vita nel cosmo: quali prove, stando alle attuali conoscenze?”. Relatore: Giovanni Chelleri e Paolo Nordio 23.02, ore 18:30: “Astrotecnica: guida base per la scelta del primo telescopio”. Relatore: Paolo Marra.
Per quanto riguarda l’aspetto del cielo, nella prima parte della notte predomineranno ancora le costellazioni invernali: guardando il cielo verso le 20:30 sarà possibile osservare al meridiano la grande figura di Orione e il Cane Maggiore con Sirio, mentre l’Auriga, con la bellaCapella, sarà allo zenit (non perdete l’approfondimento dedicato alla costellazione dell’Auriga, si parte proprio dalla sua stella alfa, Capella).
A ovest staranno invece tramontando Pegaso e la Balena, mentre a est il cielo sarà già occupato dagli asterismi tipici della primavera, tra cui saranno facilmente riconoscibili il Leone e le prime propaggini della Vergine. Più tardi sorgerà anche la brillante Arturo nel Boote. Molto più in alto, quasi immobile a nord, il Grande Carro sembrerà in procinto di rovesciarsi.
Il 16 febbraio il Sole si sposterà dal Capricorno all’Acquario (ovviamente stiamo parlando di costellazioni, non di “segni astrologici”), proseguendo nel contempo la “risalita” dell’eclittica a una velocità media in declinazione di circa 20 primi al giorno: partendo dai –17,4° di inizio mese supererà i –8° alla fine. Da questo ne deriverà un corrispondente aumento dell’altezza sull’orizzonte al momento del passaggio in meridiano. Aumenteranno così anche le ore di luce, tanto che la sera, in media, si potrà iniziare a osservare con il massimo contrasto non prima delle 19:15, fino alle 5:30 del mattino dopo. La durata della notte astronomica, in continua diminuzione, in febbraio sarà in sostanza in media di poco superiore alle 10 ore.
Cosa offre il cielo
Questo mese congiunzioni un po’ per tutti i gusti e tutte le ore. Venere e Marte si faranno vedere al tramonto, mentre Giove continuerà a dominare la seconda parte della notte accompagnando poi Saturno al mattino. E sarà con la Luna che i pianeti incroceranno (solo prospetticamente ovviamente) il cammino per regalarci uno scenario diverso ogni sera. E siate pronti.. perché si parte già al primo del mese!
Hai compiuto un’osservazione? Condividi le tue impressioni, mandaci i tuoi report osservativi o un breve commento sui fenomeni osservati: puoi scriverci a segreteria@coelum.com. Inoltre, se hai scattato qualche fotografia agli eventi segnalati, carica le tue foto inPhotoCoelum!
L’aggiunta più recente all’Osservatorio dell’ESO a La Silla, nel nord del Cile è ExTrA (Exoplanets in Transits and their Atmospheres) che è appena stato messo in opera con successo. ExTrA è progettato per cercare pianeti intorno a nane rosse vicine e studiarne le proprietà. ExTrA è un progetto francese finanziato dal Consiglio Europeo delle Ricerche (ERC) e dell’agenzia nazionale francese per la ricerca. I telescopi verranno gestiti a distanza da Grenoble, Francia.
Per scovare e studiare gli esopianeti, ExTrA usa tre telescopi da 0,6 metri che controllano regolarmente la quantità di luce ricevuta da diverse nane rosse e cercano una leggera diminuzione di brillanza che potrebbe essere dovuta a un pianeta che passa – o meglio “transita” – di fronte al disco stellare oscurandone parte della luce.
«La Silla è stato scelto come sede per i telescopi grazie alle eccellenti condizioni atmosferiche del sito», spiega il ricercatore a capo del progetto, Xavier Bonfils. «Il tipo di luce che osserviamo – nella banda del vicino infrarosso – viene assorbito facilmente dall’atmosfera terrestre, perciò abbiamo bisogno delle condizioni più asciutte e buie possibili. La Silla risponde in pieno alle nostre specifiche».
Il metodo dei transiti richiede il confronto tra la luminosità della stella sotto indagine e quella di altre stelle di riferimento per individuare cambiamenti anche minuscoli.
Ma da terra è difficile realizzare misure di questo tipo, così precise da permettere di rivelare pianeti piccoli, di dimensioni terrestri. Questo approccio, noto come fotometria differenziale, implica l’osservazione della stella bersaglio insieme ad altre stelle vicine nel cielo. Correggendo le variazioni causate in modo simile a tutte le stelle dall’assorbimento dell’atmosfera terrestre, si possono ottenere misure piu accurate per la stella bersaglio. È pur vero che i cali di intensità luminosa prodotti dai pianeti terrestri sono così minuscoli che anche questa tecnica non sempre è sufficiente. Usando un approccio innovativo che utilizza anche le informazioni sulla luminosità della stella in diversi colori, invece, ExTrA riesce a superare alcune di queste limitazioni.
I tre telescopi di ExTrA raccolgono la luce della stella bersaglio e di quattro stelle di confronto; questa luce è poi inviata, tramite fibre ottiche, a uno spettrografo multi-oggetto. Questo approccio innovativo di aggiungere informazioni spettroscopiche alla fotometria tradizionale aiuta a mitigare gli effetti dirompenti dell’atmosfera terrestre, nonchè quelli introdotti da strumenti e rivelatori – migliorando la precisione raggiungibile.
Poichè un pianeta in transito blocca una frazione maggiore della luce stellare proveniente da una stella piccola, ExTrA si focalizzerà su esempi vicini di uno specifico tipo di stelle piccole e brillanti note come nane M, comuni nella via Lattea. Queste stelle dovrebbero ospitare molti pianeti di dimensioni terresti, rendendoli bersagli primari per gli astronomi che vogliono scoprire e studiare mondi distanti che potrebbero ospitare la vita. La stella più vicina al Sole, Proxima Centauri, è una nana M e in orbita intorno a essa si è scoperto un pianeta di massa terrestre.
Trovare questi mondi precedentemente non rilevabili è uno dei due obiettivi principali di ExTrA. Il telescopio studierà anche il pianeta trovato con un certo dettaglio, e permetterà di stabilirne le proprieta e dedurne la composizione chimica per confrontarla con quella della Terra.
«Con ExTrA possiamo anche affrontare alcune delle domande fondamentali sui pianeti nella nostra galassia. Speriamo di esplorare quanto sono comuni, qual è il comportamento dei sistemi con numerosi pianeti e il tipo di ambiente che ha portato alla loro formazione», aggiunge un’altro membro dell’equipe, Jose-Manuel Almenara.
Bonfils è entusiasta per il futuro: «Con la prossima generazione di telescopi, come l’ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO, potremmo riuscire a studiare l’atmosfera di esopianeti trovati da ExTrA per cercare di stabilire la possibilità che questi pianeti supportino la vita come la conosciamo. Lo studio degli esopianeti sta portando quella che una volta era fantascienza nel mondo della scienza».
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Con il Patrocinio dell’Assessorato alla Cultura Comune di Fiumicino e all’interno della rassegna culturale Fiumicino Inverno, una serata dedicata interamente al Padre della Scienza Moderna.
Programma della serata:
– Conferenza sulla vita di Galileo
– Osservazioni della Luna con una replica del telescopio storico
– Osservazione della Luna con i telescopi moderni del Gruppo Astrofili Palidoro
Media sponsor: COELUM Astronomia
INGRESSO LIBERO
Casa della Partecipazione
Via del Buttero, 10, 00057 Maccarese RM
Info: info@astrofilipalidoro.it – 3475010985
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— BASE TRASPARENTE 600px larghezza (452 px minimo) —
—BASE STANDARD “skyline con Aurora” 600px larghezza (452 px minimo) —
—BASE STANDARD BLU 600px larghezza (452 px minimo) —
—BASE SFONDO STRADA PER LE STELLE 600px larghezza (452 px minimo)—
——- GENERICO SCAFFALE 4 NUMERI (mostra sempre gli ultimi 4 numeri usciti) 617px ——–
——- GENERICO SCAFFALE ULTIMI NUMERI con barra di scorrimento 600px (mostra sempre gli ultimi XX numeri usciti, cambiare il valore nel tag “cols”, per avere invece più scaffali cambiare il valore anche di “rows”)——–
Hanno la forma di un disco composto da un nucleo con alcune braccia che gli si avvolgono intorno. Sono le galassie a spirale, uno degli oggetti più suggestivi e interessanti dell’universo visibile rivelati dall’astronomia. Francesco Sylos Labini, ricercatore presso l’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Isc-Cnr) e del Centro Fermi, ha recentemente pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal una ricerca sul tema in collaborazione con il Laboratoire de Physique Nucleaire et de Haute Energies (Lpnhe) di Parigi.
«Molte teorie hanno cercato di spiegare l’origine di questi sistemi, ma nessuna si è mai affermata come quella corretta e definitiva. Una delle più famose del secolo scorso è quella che suppone l’esistenza della materia oscura, cioè una componente della materia non direttamente osservabile ma solo percepibile», spiega Sylos Labini. «Le curve di rotazione delle galassie a spirale, ovvero le variazioni della velocità orbitale delle stelle in funzione della loro distanza dal centro della galassia, finora hanno fornito l’evidenza più solida in favore della materia oscura. In questo sistema le stelle più lontane dal centro galattico orbitano quasi alla stessa velocità delle più vicine e questo fenomeno infrange la terza legge di Keplero, che definisce la velocità delle galassie inversamente proporzionale alla distanza dal centro. Per spiegare l’inaspettato fenomeno di quest’anomalia, dunque, è stato necessario ipotizzare una massa maggiore di quella visibile».
Un’altra spiegazione delle particolari velocità osservate nelle galassie a spirale secondo i ricercatori è fornita dal modello della Dinamica newtoniana modificata (Mond): «Al fine di spiegare il particolare comportamento di queste galassie la teoria si propone di modificare la seconda legge di Newton, introducendo una nuova costante fondamentale», precisa Sylos Labini.
«La nostra pubblicazione si inserisce in questo interessante scenario fornendo una terza chiave di lettura del fenomeno. Grazie a simulazioni al computer e a calcoli teorici, abbiamo riprodotto il collasso gravitazionale di una nube ellissoidale di particelle isolate dando loro una piccola velocità di rotazione iniziale, constatando che ne derivano sistemi qualitativamente simili alle galassie a spirali, le cui braccia non sono stazionarie, cioè non orbitano come i pianeti intorno al Sole, che sono in uno stato di equilibrio, ma sono dei fenomeni generati da una dinamica fuori dall’equilibrio. La loro principale caratteristica è di avere delle velocità radiali oltre che circolari e le braccia a spirali sono formate proprio per effetto della combinazione di questi due moti. Invece di aver teorizzato un solo modello teorico, abbiamo dischiuso un ampio spettro di possibili modelli, su cui si baseranno nuovi studi offrendo un diverso quadro di lettura per un fenomeno affascinante e ancora misterioso».
Scuola di Astronomia a Roma
Il 2018 si apre con due corsi (il lunedì e il giovedì) che dureranno fino a marzo presso la nostra sede all’EUR (fermata Laurentina).
Da lunedì 22 gennaio: Corso base di Astronomia. Il corso è dedicato a tutti per scoprire com’è fatto l’Universo, dai pianeti alle stelle, dal Big Bang a quasar, buchi neri e onde gravitazionali.
Da giovedì 25 gennaio: Fotografia Astronomica. Corso completo di Astrofotografia: tutte le basi teoriche e competenze pratiche per dedicarsi alla fotograia astronomica dalla semplice reflex al telescopio.
Prezzi in promozione e sconti per i lettori di Coelum Astronomia.
Per concludere con il mese di gennaio, il27 gennaio, alle 18:10, segnaliamo una congiunzione piuttosto larga tra la Luna (fase 80%) e la stella alfa della costellazione del Toro, Aldebaran (mag. +0,85).
I due astri si troveranno a una distanza di circa 4,5°, alti più di 50° sull’orizzonte di sudest. Niente di particolarmente spettacolare, ma sarà comunque un’occasione per dirigere lo sguardo verso questa magnifica area di cielo e ammirare Aldebaran e le Iadi con le Pleiadi (M 45) a poca distanza. E poco prima, attorno alle 17:50, non perdete uno deipassaggi notevoli della Stazione Spazialedi questo mese!
Ricordiamo poi che il 30 gennaio la Luna sarà in massima Librazione e potremo quindi provare a osservare la regione fra il mare Humboldtianum (area pianeggiante con diametro di 165 km) e l’adiacente cratere Belkovich (diametro di 204 km).
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Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Gennaio
La mostra “Rivoluzione Galileo. L’arte incontra la scienza” promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e allestita a Palazzo del Monte di Pietà nella centralissima Piazza Duomo a Padova, è il racconto di un uomo poliedrico, dalle molteplici sfaccettature: scienziato, padre del metodo sperimentale, letterato, esaltato da Foscolo e Leopardi, Pirandello e Ungaretti per la sua scrittura capace di risvegliare l’immaginazione, musicista e virtuoso esecutore ed imprenditore, con il cannocchiale, il microscopio e il compasso. Ma anche un uomo che nella sua quotidianità cede a piccoli vizi e debolezze, come la passione per il vino. Attraverso un ampio numero di opere d’arte, la mostra ripercorre sette secoli di arte occidentale che, intrecciandosi con la scienza, la tecnologia e l’agiografia galileiana.
Alla mostra sono affiancate una serie di iniziative, tra conferenze, laboratori per ragazzi, spettacoli teatrali e musicali (consultare i vari programmi sul sito dedicato).
Gli incontri saranno introdotti da Giovanna Valenzano, prorettrice al Patrimonio artistico, musei e biblioteche. Tutte le conferenze si terranno alle ore 18.00 presso la sala conferenze di Palazzo del Monte di Pietà, piazza Duomo 14, Padova.
16 gennaio: L’immagine di Galileo Galilei nell’arte novecentesca dell’Ateneo patavino – Marta Nezzo 23 gennaio: I segreti del cielo: la vita extraterrestre – Cesare Barbieri
Spettacoli teatrali presso la Sala dei Giganti (Padova) 12 gennaio Bahrami e Martux_m | Frescobaldi Renaissance
Il celebre pianista iraniano sperimenta e contamina con elettronica e sound art le musiche di Girolamo Frescobaldi, contemporaneo ed estimatore di Galileo. 19 gennaio Rossoporpora ensemble | Le nuove & le passate musiche Da un collettivo di giovani musicisti diretti da Walter Testolin, un concerto raffinato con musiche, tra gli altri, di Monteverdi, Caccini, Willaert. Mottetti, madrigali, arie da un tempo di rivoluzione. 9 febbraio 2018 Jordi Savall | Tous les matins du monde
Uno dei più grandi interpreti della viola da gamba, compositore e musicologo, racconta in musica la relazione maestro-allievo. Il concerto che ha rivelato al grande pubblico il fascino della musica antica.
Titano, la più grande luna di Saturno, pur così lontana è forse il mondo che più somiglia, almeno all’apparenza, alla nostra Terra. Unico altro mondo nel Sistema solare ad avere oceani liquidi stabili sulla superficie, come la Terra ha mari, laghi e fiumi e un’ambiente con nubi, piogge, nebbie e foschie. La somiglianza però si ferma qui. I mari e i laghi di Titano sappiamo già da tempo chenon sono di acqua liquida ma formati da idrocarburi(come metano, etano, propano), e sono i bacini che li contengono ad essere formati da ghiaccio d’acqua ricoperto di uno strato solido di materiale organico.
Ma proprio come i nostri oceani, una nuova mappa topografica della luna mostra come anche su Titano esista un “livello del mare”, ovvero un’altezza media delle acque che si pareggiano distribuendosi in base alla gravità della luna.
È l’ultima scoperta che ci arriva dal sistema del Signore degli Anelli e dalla sua luna. La nuova mappa, pubblicata il 2 dicembre su Geophysical Review Letters, ottenuta dai dati ora completi provenienti dalla sonda Cassini, rivela nuovi rilievi montani (non superiori ai 700 metri), i tre grandi mari e numerosi laghi di alta quota.
La presenza di un livello medio delle acque, e la presenza di laghi di alta quota vicini con un livello simile tra loro, è una scoperta importante, spiega un secondo studio pubblicato sempre sullo stesso numero del Geophysical Research Letters, perché indica che i mari, e i laghi vicini tra loro, sono in qualche modo comunicanti, e che nel sottosuolo della luna esiste quindi un’importante riserva di idrocarburi liquidi. Gli idrocarburi sembrano infatti scorrere sotto la superficie di Titano in modo del tutto simile a come l’acqua scorre attraverso la roccia porosa e le falde acquifere qui sulla Terra.
Il risultato finale di questo secondo studio però solleva anche un nuovo mistero. I ricercatori hanno infatti anche scoperto che la stragrande maggioranza dei laghi di Titano si trova in depressioni isolate, con bordi spioventi: «sembrano letteralmente come se avessi preso una formina per biscotti e avessi fatto dei buchi nella superficie di Titano», spiega Alex Hayes, uno degli autori dello studio (Cornell University). I laghi appaiono quindi circondati da alte creste, alte in alcuni punti anche centinaia di metri.
I laghi sembrano essersi formati attraverso a un meccanismo simile al carsismo sulla Terra, in cui la roccia sul fondo viene dissolta dal liquido che contiene e collassa, formando buchi sul terreno. I laghi di Titano, come il carso terrestre, sono topograficamente chiusi, senza canali di afflusso o deflusso, solo che, a differenza di questi laghi alieni, quelli terrestri non hanno bordi così ripidi e rialzati.
Questa forma peculiare indica quindi un processo in cui i confini dei laghi si espandono di una quantità costante nel tempo. Il più grande lago nel sud della luna, ad esempio, sembra esserein realtà una serie di laghi più piccoli che si sono man mano allargati e uniti in un’unica grande formazione.
Ma se questi bacini si allargano man mano, «significa che si stanno distruggendo e ricreando i bordi per tutto il tempo e che i bordi si stanno muovendo verso l’esterno? Comprendere questi fatti è a mio parere la chiave di volta per comprendere l’evoluzione dei bacini polari su Titano», conclude Hayes.
E il cielo? Sappiamo che su Titano il clima è vario come quello terrestre, cambi repentini, piogge improvvise che riforniscono i laghi e i mari della luna. E nuvole ad alta quota, e questa immagine proveniente sempre dalla sonda Cassini ci mostra proprio questo: singoli strati di foschia nell’alta atmosfera di Titano, una atmosfera dalla chimica ricca e complessa, che ha origine da metano e azoto e si evolve in molecole complesse, formando infine lo smog che circonda la luna.
✨ SPECIALE 2018. Tutti gli Eventi Celesti e le Missioni di Esplorazione Spaziale del Nuovo Anno!
Coelum Astronomia 218 di gennaio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
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Toccherà infine alla Luna e al remoto Nettuno incontrarsi nel cielo tra le stelle della costellazione dell’Acquario.
Guardando verso ovest–sudovest alle 19:30 o anche prima, il 20 gennaio vedremo la Luna (fase 12%) a un’altezza di circa 10° sull’orizzonte: essa ci permetterà di localizzare più facilmente il tenue pianeta Nettuno (mag. +7,95) che potremo osservare solo con l’ausilio di un binocolo o di un telescopio.
Approfittiamone per l’osservazione anche della falce di Luna e, presentandosi sul posto di osservazione un po’ in anticipo, se le condizioni sono quelle giuste… riprendere la sua luce cinerea e perché non provare a cercare e riprendere la “cintura di Venere”?
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Usando lo strumento MUSE dell’ESO installato sul telescopio VLT (Very Large Telescope) in Cile, è stato possibile individuare una stella all’interno dell’ammasso stellare NGC 3201 che si comporta in modo bizzarro. Sembra infatti orbitare attorno a un buco nero invisibile di massa pari a circa 4 volte la massa del Sole. Si tratterebbe del primo buco nero di massa stellare inattivo, all’interno di un ammasso globulare, individuato in modo diretto grazie alla sua attrazione gravitazionale.
Gliammassi globularisono enormi sfere di decine di migliaia di stelle che orbitano nella maggior parte delle galassie. Sono tra i sistemi stellari più antichi dell’Universo e risalgono a un’epoca vicina all’inizio della crescita ed evoluzione delle galassie. All’interno della Via Lattea se ne conoscono più di 150.
Un ammasso particolare,NGC 3201, che si trova nella costellazione australe della Vela, è stato studiato con lo strumento MUSE installato sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO in Cile. Un gruppo internazionale di astronomi ha scoperto che una delle stelle in NGC 3201 si comporta in modo strano – viene lanciata avanti e indietro a velocità di parecchie centinaia di migliaia di chilometri all’ora, con un andamento che si ripete ogni 167 giorni. Lo studio infatti include l’analisi della “velocità radiale” delle singole stelle – la velocità con cui si avvicinano e si allontanano dalla Terra, lungo la linea di vista dell’osservatore. Usando le misure di velocità radiale si possono quindi determinare le orbite delle stelle, oltre alle proprietà di qualsiasi oggetto massiccio intorno a cui orbitino. Ed è così che è stata determinata la massa dell’oggetto:
«Era in orbita intorno a qualcosa di completamente invisibile, con una massa superiore a quattro volte quella del Sole – poteva essere solo un buco nero! Il primo trovato all’interno di un ammasso globulare direttamente osservando la sua attrazione gravitazionale» è quanto dichiarato dal primo autore Benjamin Giesers (Georg-August-Universität Göttingen, Germania).
La relazione tra buchi neri e ammassi globulari è importante ma ancora misteriosa. A causa della grande massa e dell’avanzata età, è quasi naturale ipotizzare che questi ammassi possano aver prodotto un grande numero di buchi neri di massa stellare. Buchi neri di queste dimensioni, si formano quando le stelle massicce muoiono, collassando sotto la propria gravità e esplodendo come potenti ipernove. Quel che rimane è un buco nero che contiene la maggior parte dalla stella originaria, che va da poche volte a diverse decine di volte la massa del Sole. Ma in mancanza di una formazione stellare continua, come nel caso degli ammassi globulari, i buchi neri di massa stellare diventano rapidamente gli oggetti più massicci presenti nell’ammasso. Teorie recenti hanno concluso che i buchi neri si ritrovano a formare un denso nucleo all’interno dell’ammasso, che quindi si distacca dal resto del materiale. Moti al centro dell’ammasso potrebbero poi espellere la maggior parte dei buchi neri, con la conseguenza che solo pochi sopravvivererebbero dopo un miliardo di anni. Ma fin’ora erano solo teorie.
Poichè la luce non è in grado di sfuggire ai buchi neri a causa della loro enorme forza di gravità, il metodo primario per trovarli è attraverso l’osservazione di emissione nella banda radio o in quella dei raggi X prodotta dal materiale caldissimo che li circonda. Ma quando un buco nero non interagisce con la materia calda e non accumula massa o emette radiazione, come in questo caso, il buco nero è “inattivo” e quindi invisibile, serve perciò un diverso metodo per rilevarlo.
Lo strumento MUSE dell’ESO fornisce agli astronomi proprio questa possibilità: misurare il moto di migliaia di stelle lontane nello stesso momento per rivelare la pesenza di oggetti massicci che ne influenzino l’orbita. Con questi nuovi risultati, l’equipe ha avuto per la prima volta la possibilità di rivelare un buco nero inattivo nel cuore di un ammasso globulare.
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L’animazione mostra come potrebbero essere le mutue orbite della stella e del compagno buco nero, nel cuore affollato dell’ammasso globulare. Crediti: ESO/L. Calçada/spaceengine.org
Dalle proprietà osservate si sono infatti determinate le caratteristiche della stella dal movimento “anomalo” e dell’oggetto che lo causa: la stella ha una massa pari a circa 0,8 volte quella del Sole, mentre la massa della controparte misteriosa è circa 4,36 volte quella del Sole, quasi sicuramente un buco nero.
L’individuazione recente di sorgenti di onde radio e di raggi X negli ammassi globulari, così come gli eventi di onde gravitazionali osservati a partire dal 2016, causati dalla fusione di due buchi neri di massa stellare, suggeriscono che questi buchi neri relativamente piccoli possano essere più comuni, negli ammassi globulari, di quanto si pensasse finora.
Giesers conclude: «Fino a poco tempo si supponeva che quasi tutti i buchi neri sarebbero scomparsi dopo breve tempo dagli ammassi globulari e che sistemi come questi non potessero neppure esistere! Ma chiaramente non è così – la nostra scoperta è la prima evidenza diretta dell’effetto gravitazionale di un buco nero di massa stellare in un ammasso globulare. Questa scoperta ci aiuta a capire la formazione degli ammassi globulari e l’evoluzione di buchi neri e sistemi binari – ogni informazione in questa direzione è vitale per comprendere le sorgenti di onde gravitazionali».
La mostra “Rivoluzione Galileo. L’arte incontra la scienza” promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e allestita a Palazzo del Monte di Pietà nella centralissima Piazza Duomo a Padova, è il racconto di un uomo poliedrico, dalle molteplici sfaccettature: scienziato, padre del metodo sperimentale, letterato, esaltato da Foscolo e Leopardi, Pirandello e Ungaretti per la sua scrittura capace di risvegliare l’immaginazione, musicista e virtuoso esecutore ed imprenditore, con il cannocchiale, il microscopio e il compasso. Ma anche un uomo che nella sua quotidianità cede a piccoli vizi e debolezze, come la passione per il vino. Attraverso un ampio numero di opere d’arte, la mostra ripercorre sette secoli di arte occidentale che, intrecciandosi con la scienza, la tecnologia e l’agiografia galileiana.
Alla mostra sono affiancate una serie di iniziative, tra conferenze, laboratori per ragazzi, spettacoli teatrali e musicali (consultare i vari programmi sul sito dedicato).
Gli incontri saranno introdotti da Giovanna Valenzano, prorettrice al Patrimonio artistico, musei e biblioteche. Tutte le conferenze si terranno alle ore 18.00 presso la sala conferenze di Palazzo del Monte di Pietà, piazza Duomo 14, Padova.
16 gennaio: L’immagine di Galileo Galilei nell’arte novecentesca dell’Ateneo patavino – Marta Nezzo 23 gennaio: I segreti del cielo: la vita extraterrestre – Cesare Barbieri
Spettacoli teatrali presso la Sala dei Giganti (Padova) 12 gennaio Bahrami e Martux_m | Frescobaldi Renaissance
Il celebre pianista iraniano sperimenta e contamina con elettronica e sound art le musiche di Girolamo Frescobaldi, contemporaneo ed estimatore di Galileo. 19 gennaio Rossoporpora ensemble | Le nuove & le passate musiche Da un collettivo di giovani musicisti diretti da Walter Testolin, un concerto raffinato con musiche, tra gli altri, di Monteverdi, Caccini, Willaert. Mottetti, madrigali, arie da un tempo di rivoluzione. 9 febbraio 2018 Jordi Savall | Tous les matins du monde
Uno dei più grandi interpreti della viola da gamba, compositore e musicologo, racconta in musica la relazione maestro-allievo. Il concerto che ha rivelato al grande pubblico il fascino della musica antica.
Cinture di nubi vorticanti e colorate dominano l’emisfero sud di Giove in questa suggestiva immagine in arrivo dal Gigante gassoso.
L’immagine originale è stata ripresa dalla JunoCam il 16 dicembre 2017, durante il decimo flyby (nono scientifico) della missione ed è stata elaborata dal cittadino scienziato Kevin M. Gill, che ci ha ormai abituato ad immagini sempre più spettacolari che esaltano i colori ed evidenziano le forme della turbolenta atmosfera del pianeta, un arazzo diviso in bande ricamate da vortici colorati.
In questa immagine vediamo in particolare, nella parte più a sinistra, la regione scura della Banda Temperata Sud intersecata da un banco di nubi bianche, dalla forma simile a un fantasma che si intrufola tra le altre più scure. Si tratta della formazione più estesa alle basse latitudini del pianeta e, si… è anche quello un ciclone, dal moto rotatorio in senso orario.
Le immagini grezze provenienti dalla JunoCam sono sempre a disposizione del pubblico, chiunque può unirsi alla comunità per scaricare, elaborare e condividere i proprio lavori, e partecipare alla scelta dei prossimi punti di interesse che la camera a bordo della sonda riprenderà nei prossimi passaggi.
Per vedere altre meravigliose immagini non perdete su Coelum Astronomia 218 di gennaio l’articolo che raccoglie gli ultimi sei mesi di missione del 2017: JUNO. Profondo Rosso (come sempre in formato digitale e gratuito!).
E voi avete mai provato a mettere mano alle immagini inviate dalla JunoCam? Mandateci le vostre elaborazioni! Caricandole su PhotoCoelum o inviandocele su gallery@coelum.com, indicando l’immagine originale e raccontandoci cosa avete voluto evidenziare, o a cosa vi siete ispirati per la vostra elaborazione, o più semplicemente… un vostro pensiero!
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Giusto “dietro l’angolo” (a 1350 anni luce da noi) c’è la Nebulosa di Orione, un gigantesco laboratorio per studiare il processo di formazione stellare e il comportamento di oggetti di vario genere, dalle stelle giganti alle più piccole nane rosse passando per le deboli nane brune. Grazie all’eccezionale sensibilità e risoluzione senza pari del telescopio spaziale della Nasa Hubble, è possibile osservare anche gli oggetti più nascosti all’interno della nebulosa. Nel corso di una lunga survey gli astronomi hanno scoperto, infatti, la più grande popolazione finora nota di nane brune circondate da stelle appena nate. Dalle osservazioni è emersa anche la presenza di tre pianeti giganti e di un sistema binario dove due pianeti orbitano l’uno attorno all’altro in assenza di una stella ospite.
Per identificare le deboli e fredde nane brune, gli astronomi seguono le tracce di acqua nelle loro atmosfere. «Sono così fredde che si forma vapore acqueo», ha spiegato Massimo Robbertodello Space Telescope Science Institute. «L’acqua è un preciso indicatore della presenza di oggetti substellari, vale a dire quegli oggetti astronomici che non hanno abbastanza massa per poter brillare come stelle. Più le masse diventano più piccole, più le stelle diventano rosse e deboli; per questo è necessario osservarle nell’infrarosso, banda di frequenze in cui la caratteristica più evidente è proprio l’acqua».
Il team ha identificato 1200 candidati al titolo di nane rosse: quelli più luminosi, carichi acqua, sono stati confermati in questa categoria. I ricercatori hanno poi cercato i deboli compagni di queste stelle rossastre, ma con i metodi osservativi tradizionali queste stelle “sorelle” sono quasi impossibili da osservare, perché troppo vicine alle compagne.
Oltre al metodo dell’acqua, il team ha quindi sviluppato una nuova strategia basata sull’imaging ad alto contrasto, che ha permesso di aumentare la risoluzione delle deboli compagne nei sistemi binari.
Nell’elenco delle scoperte ci sono 17 coppiecomposte da nane brune e nane rosse, una coppia di nane brune e una coppia formata da nana bruna e un pianeta. Gli esperti hanno anche osservato altri due oggetti di massa planetaria: uno associato a un nana rossa e uno a un altro pianeta. Quest’ultimo sistema planetario doppio è singolare, perché non è stata trovata nei paraggi la stella madre.
Successive indagini su questi oggetti verranno effettuate dal James Webb Telescope dopo il lancio nel 2019.
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Gli astronomi della NASA, utilizzando i dati dell’Osservatorio a raggi X Chandra della NASA e dati nell’infrarosso del Very Large Telescope dell’ESO, hanno simulato un viaggio al Centro della Via Lattea, la nostra galassia. Un vero e proprio viaggio nello spazio e nel tempo, dal punto di vista di un’osservatore che si trovi “seduto” sull’orizzonte degli eventi del buco nero al centro della Via Lattea, Sagittarius A*, un mostro cosmico con massa di circa 4 milioni di volte quella del Sole.
Il risultato è questo video navigabile a 360° che immerge lo spettatore nella simulazione del centro della nostra galassia, in evoluzione nel tempo. Il video mostra inoltre due simulazioni diverse, entrambe con inizio 350 anni nel passato e della durata di 500 anni.
La prima ci mostra Sgr A * in uno stato di calma, guardandoci attorno siamo in grado di vedere circa 25stelle Wolf-Rayet(oggetti bianchi e scintillanti) in orbita attorno a Sgr A * che espellono venti stellari (in una scala di colori che va dal nero al rosso al giallo). Venti che possiamo vedere scontrarsi tra di loro, mentre alcune bolle di materiale (in giallo) spiraleggiano verso Sgr A * contribuendo ad accrescere la sua massa.
La seconda simulazione ci mostra invece un Sgr A * più violento che espelle il suo stesso materiale, e vediamo così sparire le bolle di materiale di accrescimento che potevamo vedere nella prima simulazione.
La simulazione dei 30 giganti stellari, le stelle Wolf-Rayet, che orbitano entro circa 1,5 anni luce dal centro della nostra Galassia, è stata ottenuta grzie ai dati in infrarosso del VLT. Potenti venti di gas fluiscono dalla loro superficie, trasportando parte del loro strato esterno nello spazio interstellare. Qui i gas espulsi si scontrano con gas espulsi in precedenza da altre stelle producendo onde d’urto, simili a boom sonici, che permeano tutta l’area scaldando il gas fino a milioni di gradie e facendolo brillare nei raggi X. È qui che entrano in campo le osservazioni provenienti da Chandra, che hanno fornito i dati essenziali sulla distribuzione e la temperatura di questo gas.
Ma non è solo un bel gioco… tanto lavoro non è stato fatto solo per concederci questa straordinaria esperienza immersiva “virtuale”. Gli astronomi, coordinati da Christopher Russell dell’Università pontificia del Chile, sono infatti interessati a capire meglio quale ruolo giocano queste stelle Wolf-Rayet nel quartiere cosmico al centro della Via Lattea. In particolare, come interagiscono le stelle con il loro vicino, dominante del centro galattico: il buco nero supermassiccio Sagittario A *.
Dominante ma invisibile, Sgr A * ha una massa equivalente a circa quattro milioni di Soli. La forte gravità di Sgr A * tira verso il suo interno bolle di materiale, che le forze di marea allungano man mano che si avvicinano al buco nero. Ma Sgr A * non si limita ad attrarre materiale: occasionalmente esplosioni nella sua periferia provocano un espulsione di materiale (outburst) che si espande con violenza verso l’esterno, con l’effetto di eliminare parte del gas prodotto dai venti Wolf-Rayet, come possiamo appunto vedere nella seconda parte del filmato.
Gli astronomi hanno quindi utilizzato queste simulazioni per comprendere la presenza di emissioni in raggi X, rilevate da Chandra, dalla forma di un disco che si estende per circa 0,6 anni luce dal buco nero. Il loro lavoro ha mostrato che proprio la collisione tra i venti generati dalle stelle e il materiale espulso dall’outburst alimentato dal buco nero, crea emissioni in raggi X che dipendono sia dalla forza delle esplosioni che dal tempo trascorso dall’esplosione.
Le informazioni fornite dal confronto dei modelli teorici con i dati in raggi X osservati, hanno portato Russell e colleghi a determinare che Sgr A * ha molto probabilmente ha avuto un outburst relativamente potente iniziato negli ultimi secoli, che sta ancora colpendo la regione intorno a lui nonostante si sia concluso circa un secolo fa.
Il video a 360 gradi del Centro Galattico è ottimizzato per occhiali per realtà virtuale (VR), come i Samsung Gear VR o i Google Cardboard, ma la navigazione è anche possibile cliccando sulla rotella con le quattro direzioni nell’angolo in alto a sinistra nel video YouTube e trascinando il video nella direzione voluta. Da smartphone poi è possibile utilizzare i sensori di posizione muovendolo per guardarsi attorno, come fosse una finestra nello spazio, come per tutti i video a 360°.
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