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Il 23 settembre inaugurazione del ‘Luna Park della Scienza’

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Il 23 settembre, all’interno del parco dell’Ex Cartiera Latina, in Via Appia Antica 42, dalle 15:00 alle 21:00, l’Associazione Frascati Scienza con la collaborazione dell’Assessorato alla Cultura e Politiche Giovanili della Regione Lazio, inaugurerà il “Luna Park della Scienza” che apre ufficialmente la Settimana della Scienza, dando inizio ai numerosi eventi in programma che culmineranno con la Notte Europea dei Ricercatori, il 29 settembre.

“Il Luna Park della Scienza” è un posto magico dove la scienza si unisce al gioco e al divertimento, un luogo in cui gli scienziati lavorano fianco a fianco con giocolieri, acrobati e trampolieri e dove una partita a bowling può ispirare la spiegazione della fissione nucleare, un equilibrista può affiancarsi alla riflessione sugli equilibri ambientali e le bolle di sapone giganti diventano un concentrato di chimica e matematica. Non mancherà la musica con il divertente gruppo “No funny stuff”!

Il pubblico potrà visitare quattro postazioni – gioco in ciascuna delle quali sarà possibile divertirsi proprio come in un Luna park e allo stesso tempo scoprire come la scienza sia realmente presente nella nostra vita quotidiana e quanto influenzi il nostro modo di vivere e di percepire il mondo che ci circonda.

“E’ importante che la Regione Lazio sostenga anche quest’anno l’appuntamento di Frascati Scienza che ha il merito di avvicinare il grande pubblico al mondo della ricerca e della divulgazione scientifica – ha dichiarato Lidia Ravera, assessore alla Cultura e alle Politiche Giovanili della Regione Lazio – Anche nella classifica dei bestseller italiani è tornata ad affacciarsi la saggistica scientifica, buon segno per tutti. La Casa della scienza, della precedente edizione, o il nuovo Luna Park della scienza sono progetti uniscono scienza, cultura, e didattica e che restituiscono alla comunità interesse e conoscenza”

Le postazioni – gioco:

Nuclear Bowling: Un divertente gioco da fare tutti insieme, per scoprire i segreti della fisica delle particelle! I birilli-nucleoni aiuteranno a comprendere cosa sono la fissione e la fusione nucleare, in un viaggio appassionante tra particelle subatomiche dai nomi e dalle proprietà più disparati e interazioni nucleari “forti” e “deboli”, che permetterà di capire perché le stelle brillano e com’è fatta la materia che ci costituisce.
La chimica delle bolle: Per scoprire segreti e leggi della scienza, non c’è modo più bello che farlo osservando le bolle di sapone, le vere protagoniste di questa postazione! Sarà possibile scoprire i segreti per ottenere delle bolle super resistenti e dalle forme sorprendenti e imparare a farle rimbalzare, a muoverle al nostro comando e realizzare un serpente di bolle. Ogni attività sarà collegata ad un particolare fenomeno scientifico che le bolle aiuteranno a rendere indimenticabile

EcoStrike: qui si trova il più grande gioco di equilibrio della storia! L’’ecosistema! Un mirabolante esempio di organismi in sintonia, prede e predatori, produttori e consumatori, parte vivente e non vivente. Eccoli disposti come una piramide pronta per il tiro al barattolo. Cosa succederà all’ambiente una volta che sarà colpito dalle vostre palline? Riuscirete a fare strike? E soprattutto cosa succede realmente all’ambiente se un impatto ambientale altera il suo equilibrio?

Sfida la scienza! – Ecco il posto dove mettere alla prova la propria abilità di scienziato. I visitatori avranno a disposizione pochissimi minuti e pochi oggetti per riuscire a risolvere un problema semplice nel modo più rapido possibile: si può costruire la torre più alta con alcune zollette di zucchero o un po’ di spaghetti e marsh mallow? Si può estrarre una busta da un semplice barattolo, lanciare un uovo a terra senza farlo rompere, o fare l’aspirapolvere solo con un tubo?

Il Luna Park della Scienza” fa parte degli eventi lancio della Notte Europea dei Ricercatori del 29 settembre e sarà replicato tra le strade del centro storico di Frascati durante la Notte Europea dei Ricercatori.

Per questo evento è OBBLIGATORIO prenotarsi qui.

Per il programma completo della manifestazione con il dettaglio dei giorni, orari e luoghi, visitare il sito: www.frascatiscienza.it/


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Cometa o Asteroide? Hubble rivela la doppiamente doppia identità di 288P

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In questo time laps, costruito con le immagini riprese dal Telescopio spaziale Hubble, mostra chiaramente i due asteroidi in orbita uno attorno all'altro e la loro attività cometaria. Le riprese sono state effettuate poco prima che il sistema raggiungesse il perielio, il punto più vicino al Sole della sua orbita. Il movimento apparente della coda è solo prospettico, dovuto all'allineamento tra Terra, Sole e 188P, in cambiamento nell'arco dei giorni in cui sono state fatte le riprese (vedi l'immagine sotto con le date delle singole riprese). Ma la direzione della coda è dovuta in parte anche alla diversa dimensione delle particelle che la formano: inizialmente la direzione segue le particelle più grosse emesse a fine luglio, per via della sublimazione, in seguito invece seguendo le più sottili influenzate dalla radiazione solare, che dopo il 20 settembre le ha letteralmente soffiate via in modo massiccio . Credits: NASA, ESA, and J. DePasquale and Z. Levay (STScI)

Grazie al Telescopio spaziale Hubble (ESA/NASA) un gruppo di astronomi, guidato da Jessica Agarwal del Max Planck Institute for Solar System Research (Germania), ha scoperto che quell’oggetto inusuale a metà tra un asteroide e una cometa, che orbita nella fascia degli asteroidi – indicato con la sigla da asteroide  300163 (2006 VW139) e quello da cometa 288P – è, in realtà, un sistema binario.
Due asteroidi orbitanti uno attorno all’altro con caratteristiche simili a quelle delle comete, che diventano quindi il primo asteroide binario classificato anche come cometa. La ricerca è presentata in un articolo pubblicato nella rivista Nature di questa settimana.

00163 (2006 VW139) è stato scoperto dalla survey Spacewatch nel novembre 2006, mentre l’attività cometaria è stata osservata nel novembre 2011 dalla Pan-STARRS, entrambi survey asteroidali del progetto di osservazione di NEO della NASA (Near Earth Objects). Dopo le osservazioni della Pan-STARRS all’asteroide è stata assegnata la seconda sigla 288P, come si addice a qualsiasi cometa periodica di fascia principale.

Nel settembre del 2016, poco prima che l’asteroide/cometa 288P arrivasse al perielio – ha infatti un’orbita fortemente ellittica che lo porta periodicamente vicino al Sole – si è trovato in una posizione ideale per essere osservato e ripreso dal telescopio spaziale Hubble. Con sorpresa del team stesso, le nuove immagini ben dettagliate e nitide di Hubble hanno mostrato la natura binaria dell’asteroide: due sassoni che orbitano a una distanza di circa 100 chilometri l’uno dall’altro, di massa e dimensioni simili. Tutti dettagli facilmente quantificabili proprio grazie alla natura binaria.

Ma le osservazioni hanno anche rivelato un’attività in corso nel sistema binario. «Abbiamo rilevato forti indicazioni di sublimazione di ghiaccio d’acqua a causa dell’aumento del riscaldamento solare – proprio come accade nella formazione della coda di una cometa», spiega Jessica Agarwal, leader del team e principale autore del documento di ricerca.

Nell'immagine le due zone in cui orbitano la maggiorparte degli asteroidi del sistema solare. La cintura, o fascia principale, si trova tra Marte e Giove, mentre i cosidetti troiani si muovono in due gruppi, seguendo o anticipando, Giove nella sua orbita. 288P fa parte della cintura degli asteroidi. Credit: ESA/Hubble, M. Kornmesser

Comprendere l’origine e l’evoluzione delle comete della fascia principale – o meglio di quegli asteroidi in orbita tra Marte e Giove che mostrano l’attività di una cometa – è un elemento cruciale nella nostra comprensione della formazione e dell’evoluzione di tutto il sistema solare. Tra le domande importanti c’è quella di come queste “comete” possono aver contribuito a portare l’acqua sulla Terra, studi recenti indicano infatti che i principali “colpevoli” sarebbero non le comete ma asteroidi ghiacciati. Poiché sono noti solo pochi oggetti di questo tipo, 288P si presenta come un sistema estremamente importante per gli studi futuri.

Le varie caratteristiche di 288P – l’ampia separazione delle due componenti, le dimensioni simili, l’alta eccentricità dell’orbita e l’attività cometaria – lo rendono  inoltre unico anche tra i pochi asteroidi binari noti nel sistema solare. E ci rivelano dettagli anche del suo passato. «Il ghiaccio superficiale non può sopravvive nella cintura degli asteroidi, per via dell’età del sistema solare, ma può essere protetto per miliardi di anni da un mantello di polvere refrattario, bastano pochi metri di spessore», osserva la Agarwal.

Da tutte queste informazioni, il team ha anche concluso che 288P è probabilmente un sistema binario da soli 5000 anni. «Lo scenario di formazione più probabile di 288P è una rottura dovuta alla rotazione veloce. Dopo di che, i due frammenti potrebbero essere stati allontanati ulteriormente dalla spinta dovuta alla sublimazione».

Il fatto che 288P sia così diverso da tutti gli altri asteroidi binari noti solleva alcune domande su se non sia solo una coincidenza il fatto di presentare tali proprietà uniche. Trovare 288P ha richiesto una certa dose di fortuna, è probabile quindi che rimanga l’unico esempio del suo genere per lungo tempo.  «Abbiamo bisogno di più lavoro sia teorico sia osservativo, e servirebbero anche altri oggetti simili a 288P, per poter rispondere a questa domanda» conclude Agarwal.

Fonti


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Una bolla di fumo soffiata via da una stella senescente

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La bolla di gas esplusi e illuminati dalla stella esotica U Antliae, nella costellazione della Macchina Pneumatica
La bolla di gas esplusi e illuminati dalla stella esotica U Antliae, nella costellazione della Macchina Pneumatica
La bolla di gas esplusi e illuminati dalla stella esotica U Antliae, nella costellazione della Macchina Pneumatica
La bolla di gas esplusi e illuminati dalla stella esotica U Antliae, nella costellazione della Macchina Pneumatica

Nella debole costellazione australe della Macchina Pneumatica, un osservatore attento, armato di un buon binocolo, può individuare una stella molto rossa, che varia leggermente di magnitudine da una settimana all’altra. Questa stella insolita si chiama U Antliae e nuove osservazioni con il telescopio ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) rivelano un guscio sferico, decisamente sottile, che la circonda.

In questa immagine, ottenuta dai dati della DSS2 (Digitized Sky Survey 2), vediamo la stella al carbonio U Antliae, molto rossa e variabile, e i suoi dintorni. Crediti: ESO, Digitized Sky Survey 2. Acknowledgement: Davide De Martin

U Antliae è una stella al carbonio, una stella evoluta, fredda e luminosa che si trova sul ramo asintotico delle giganti. Circa 2700 anni fa, U Antliae attraversò un breve periodo di rapida perdita di massa. In questo intervallo di tempo, poche centinaia di anni, il materiale che forma il guscio che ora si vede con i nuovi dati di ALMA è stato espulso ad alta velocità. Esaminando questo guscio in dettaglio si vedono prove della presenza di nubi di gas tenui e filiformi, note come sottostrutture filamentose.

Il nome U Antliae riflette il fatto che questa sia la quarta stella variabile (cioè che modifica la sua luminosità) nella costellazione della Macchina Pneumatica. Il nome di queste stelle variabili segue una sequenza complicata che si aggiorna a mano a mano che sempre piu stelle vengono trovate. La chiave della classificazione si può trovare qui.

Questa visione spettacolare è possibile solo grazie alle capacità uniche di produrre immagini nitide a diverse lunghezze d’onda fornita dal radiotelescopio ALMA, ubicato sulla piana di Chajnantor nel Deserto cileno di Atacama. ALMA può vedere nel guscio di U Antliae strutture molto più fini di quanto mai sia stato possibile finora.

I colori evidenziano il movimento del materiale brillante del guscio, lungo la nostra linea di vista. Quello in blu si trova tra noi e la stella centrale, e si sta muovendo verso di noi. Quello colorato in rosso mostra come il gas al bordo si sta allontanando dalla stella, ma in direzione perpendicolare a noi, non verso di noi, come se fosse una tomografia. Per dare chiarezza all'immagine è stato tolto il contributo del materiale dietro la stella, che si sta allontanando da noi in modo simmetrico a quello colorato in blue. Crediti: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO), F. Kerschbaum

I nuovi dati di ALMA non sono solo una singola immagine. ALMA produce un insieme di dati tridimensionali (un cubo di dati) in cui ogni fetta rappresenta una diversa lunghezza d’onda. A causa dell’effetto Doppler, ciò significa che diverse fette del cubo mostrano immagini del gas a velocità diverse in avvicinamento o  in allontamento dall’osservatore. Il guscio è eccezionalmente simmetrico e rotondo, oltre a essere molto sottile. Visualizzando le diverse velocità possiamo tagliare questa bolla cosmica in sottili fette virtuali, così come si fa con la tomografia computerizzata (TAC) nel corpo umano.

Comprendere la composizione chimica del guscio e l’atmosfera di queste stelle, così come si fomano i gusci a partire dalla perdita di massa, è importante per capire esattamente come si evolvono le stelle nell’Universo primordiale e come evolvono le galassie. I gusci come quello intorno a U Antliae mostrano una ricca varietà di composti chimici basati sul carbonio e su altri elementi. Anche questi gusci aiutano a riciclare la materia e contribuiscono fino al 70% della polvere interstellare.

Per approfondire


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San Dorligo sotto le stelle

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A partire dalle ore 21:00, appuntamento dedicato all’Astronomia e all’osservazione del cielo stellato con i telescopi e delle meraviglie in esso contenute quali Luna, pianeti, costellazioni, stelle multiple e ammassi stellari, nebulose e galassie.

Un’affascinante e istruttiva esperienza “live” per appassionati e curiosi dell’Astronomia, con proiezione immagini e spiegazioni fornite dagli esperti soci del Circolo Culturale Astrofili Trieste.

Per informazioni:

info@astrofilitrieste.it

www.astrofilitrieste.it

www.riservavalrosanda.it

Luna e Giove al tramonto

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Ultime osservazioni per Giove (mag. –1,8), che potremo osservare solo nel crepuscolo della sera, per l’ultima volta accompagnato da una sottile falce di Luna (fase del 7%).

Potremo tentare di riprendere i due astri, bassi sull’orizzonte e immersi nel paesaggio, esaltando la luce cinerea del nostro satellite naturale.

➜ Fotografare la Luce Cinerea della Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia n.  di gennaio 2017

Ma occorrerà una buona organizzazione per tutte le riprese necessarie, il gigante gassoso sparirà infatti dalla nostra vista già prima delle 20:00, mentre la Luna lo seguirà meno di mezz’ora dopo.

Le effemeridi giornaliere di Luna, Sole e pianeti le trovi nel Cielo di Settembre

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➜ La Danza dei Pianeti Riprendiamo il movimento dei pianeti nel cielo con Giorgia Hofer.

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Danza dei pianeti. È il momento di Venere e Regolo

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La situazione poco dopo il momento della minima distanza tra Venere e Regolo, è infatti il momento del loro ballo, dopo l'incursione della sottile falce di Luna dei giorni scorsi. Ancora qualche minuto e potremo fotografarli anche assieme a Marte e Mercurio, da poco sorti e che lentamente si stanno alzando sull'orizzonte... come sempre calibrate bene i tempi, perché il crespuscolo è in arrivo. Crediti: Coelum Astronomia

Eccoci alla congiunzione stretta tra Venere (fase dell’88%; mag. –3,9) e Regolo (mag. +1,4), che sorgeranno dopo le 5:00 e saranno alla minima distanza di soli 28′ attorno alle 5:40.

Potremo osservarli bassi sull’orizzonte con il cielo ancora scuro, e una ripresa stretta potrà tentare di enfatizzare la fase di Venere (con l’uso di uno strumento).

Alle prime luci del crepuscolo invece una ripresa più larga (con la sola Reflex) potrà includere gli immancabili Marte e Mercurio (rispettivamente a 9° e 12° circa a sudest)  che sorgeranno e si renderanno visibili (anche se per poco) dopo le 6:00.

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Notte Europea dei Ricercatori: a Frascati l’astronomia la fa da padrona

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Dal 23 settembre torna a Frascati puntuale come ogni anno la Settimana della Scienza che fa da apripista alla Notte Europea dei Ricercatori di Frascati Scienza, il 29 settembre.
L’evento, giunto ormai alla dodicesima edizione, ha l’arduo compito di diminuire le distanze siderali tra i cittadini e il mondo della ricerca scientifica. Una manifestazione fortemente voluta dalla Commissione Europea che finanzia migliaia di eventi in tutta Europa dove i visitatori possono sperimentare, discutere e giocare con la scienza.

E a proposito di distanze siderali quest’anno l’astronomia è la grande protagonista della manifestazione con decine di eventi solo a Frascati per grandi e piccoli che ci  “costringeranno” a stare con il naso all’insù per tutta la settimana.

Si comincia martedì 26 settembre presso le Mura del Valadier (via del Castello, Frascati) con Gli spettacoli del Planetario Mobile, un planetario con cupola di sei metri e proiettore opto-digitale può rappresentare fino a settemila stelle fra i due emisferi e proiettare spettacolari filmati e animazioni. Lo spettacolo permetterà di esplorare la volta celeste percorrendo i cosiddetti “sentieri stellari” per il riconoscimento delle costellazioni.

Ma è il 29 settembre, Notte Europea dei Ricercatori, che le stelle diventano assolute star della kermesse di Frascati Scienza. Sempre alle Mura del Valadier, Viaggio nel cosmo in 3D ci permetterà di viaggiare tra nebulose e ammassi stellari per fermarci in prossimità dei buchi neri e poi atterrare sui pianeti extrasolari.

La mostra In Viaggio con Cassini celebrerà insieme il gran finale della sonda Cassini-Huygens, recentemente scomparsa nell’atmosfera del pianeta Saturno. La mostra itinerante sarà completata da una riproduzione in dimensioni reali della grande sonda. Verranno inoltre presentati alcuni dei principali progetti spaziali e di ricerca dell’Istituto romano dell’INAF. Tra questi, i progetti europei UPWARDS per l’esplorazione di Marte, e AHEAD sull’astrofisica delle alte energie.

Nello Spazio IAPS è visitabile la mostra “In Viaggio con Cassini”, realizzata grazie a una collaborazione con l’Associazione Stellaria, per celebrare insieme il gran finale della sonda Cassini-Huygens, recentemente scomparsa nell’atmosfera del pianeta Saturno.

A piazza Marconi lungo il marciapiede pedonale di Frascati durante l’evento Astronomi per passione l’Associazione Tuscolana di Astronomia “Livio Gratton” metterà a disposizione del pubblico postazioni di divulgazione della ricerca fatta nell’ambito di un Osservatorio non professionale e osservazione pubblica astronomica: saranno infatti a disposizione telescopi per l’osservazione notturna e verrà effettuato un collegamento in remoto con la postazione di ricerca dell’Osservatorio Astronomico “Franco Fuligni”.

Alle Scuderie Aldobrandini (piazza Marconi) si terrà Dancing Universe uno spettacolo di Angela Bongiorno, Marcella Di Criscienzo e Silvia Piranomonte dell’INAF-OAR. Un viaggio nei sentimenti dell’Universo attraverso la scienza, la musica, la danza, la pittura e la parola. Su un palco si alternano una ballerina, un pianista, un narratore, una body painter e voci di scienziate impegnate ogni giorno a ricercare di sé e dell’universo che le circonda. La ballerina, danzando sulle note del pianista, intraprende un viaggio che, a partire dalla sua stanza, la porterà a scoprire la sua storia, il suo talento e la sua energia. In una amalgama speciale di sensazioni, la scienza dei corpi celesti le svelerà quanto quei punti in cielo siano tanto simili al suo sentire.

E sempre in tema arte e scienza verrà presentato un Gioco coreografico sulle onde gravitazionali dove il pubblico eseguirà una breve coreografia ispirata all’esperimento scientifico LIGO (Large Interferometer Gravitational wave Observatory) che nel 2016 ha dimostrato l’esistenza delle onde gravitazionali previste dalla teoria della relatività generale di Einstein. Queste “increspature dello spazio-tempo”, prodotte dalla collisione tra due buchi neri avvenuta oltre un miliardo di anni fa in una galassia molto lontana, hanno attraversato i due bracci di un gigantesco interferometro, modificando l’abituale percorso della luce emessa da un laser. Dopo una breve introduzione sulla scienza dietro la scoperta, i partecipanti, guidati da una coreografa professionista, proveranno una serie di semplici movimenti, trasformando l’esperimento in gioco coreografico. I segni dell’universo quindi, decodificati dagli scienziati, diventeranno segni del corpo codificati in un movimento corale.






Notte Europea dei Ricercatori: gli eventi di ESA-ESRIN
Notte Europea dei Ricercatori: gli eventi dell’INAF
Notte Europea dei Ricercatori: gli eventi dell’Agenzia Spaziale Italiana

Per il programma completo della manifestazione con il dettaglio dei giorni, orari e luoghi, visitare il sito: www.frascatiscienza.it


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Un mondo infernale con cieli di titanio

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Rappresentazione artistica dell'esopianeta WASP-19b, il primo nella cui atmosfera gli astronomi hanno trovato ossido di titanio. In quantità sufficiente, l'ossido di titanio impedirebbe al calore di entrare o di sfuggire attraverso l'atmosfera, portando all'effetto di inversione termica - la temperatura è più alta negli strati superiori dell'atmosfera e più bassa negli strati inferiori, l'opposto di quel che accade normalmente. Crediti: ESO/M. Kornmesser
Una rappresentazione artistica di WASP-19b, il primo esopianeta nella cui atmosfera è stato individuato ossido di titanio. Crediti: ESO/M. Kornmesser

Un’equipe di astronomi, guidata da Elyar Sedaghati, borsista ESO e recentemente diplomato alla TU di Berlino, ha esaminato l’atmosfera dell’esopianeta WASP-19b con un dettaglio mai raggiunto prima.

Si tratta di un pianeta con massa simile a quella di Giove, ma così vicino al suo Sole da completare un’orbita in appena 19 ore e con una temperatura media che raggiunge i 2000° C.

Quando, dal nostro punto di vista, WASP-19b passa di fronte alla sua stella madre, parte della luce della stella filtra attraverso l’atmosfera del pianeta, che lascia tenui impronte che vengono rilevate quando la luce alla fine raggiunge la Terra. Usando lo spettrografo FORS2 installato sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO, l’equipe è stata in grado di analizzare in dettaglio questa luce e dedurre che l’atmosfera contiene piccole quantità di ossido di titanio, acqua e tracce di sodio, oltre a un caligine globale che diffonde la luce.

«Trovare queste molecole non è un compito semplice», spiega Elyar Sedaghati, che ha lavorato per due anni su questo progetto come studente all’ESO. «Non solo ci servono dati di qualità eccezionale, ma dobbiamo anche elaborarli con programmi sofisticati. Abbiamo usato un algoritmo che esplora milioni di spettri alla ricerca di un ampia gamma di composizioni chimiche, di temperature e di proprietà della caligine, prima di poter trarre le nostre conclusioni».

L’ossido di titanio è raro sulla Terra. Si sa che esiste nelle atmosfere delle stelle fredde. Nell’atmosfera di un pianeta caldo come WASP-19b agisce come assorbitore di calore. Se fossero presenti in quantità sufficiente, queste molecole impedirebbero al calore di entrare o di sfuggire attraverso l’atmosfera, portando all’effetto di inversione termica – la temperatura è più alta negli strati superiori dell’atmosfera e più bassa negli strati inferiori, l’opposto di quel che accade normalmente. Analoga all’azione dell’ozono nell’atmosfera terrestre, dove causa l’inversione termica nella stratosfera.

«La presenza dell’ossido di titanio nell’atmosfera di WASP-19b può avere effetti importanti sulla struttura della temperatura e sulla circolazione atmosferica,» spiega Ryan MacDonald, altro membro del gruppo e astronomo alla Cambridge University, Regno Unito. «Essere in grado di esaminare gli esopianeti a questo livello di dettaglio è promettente e molto emozionante» aggiunge Nikku Madhusudhan della Cambridge University che ha supervisionato l’interpretazione teorica delle osservazioni.

Questo grafico mostra l'ubicazione della stella WASP-19 nella costellazione della Vela. Sono segnate le stelle visibili a occhio nudo in una notte buia e serena. La posizione della stella WASP-19, intorno a cui orbita l'esopianeta WASP-19b, è indicata con un cerchio rosso. Crediti: ESO, IAU and Sky & Telescope

Gli astronomi hanno raccolto le osservazioni di WASP-19b per un periodo di più di un anno. Misurando le variazioni relative del raggio del pianeta a diverse lunghezze d’onda della luce che attraversa l’atmosfera del pianeta e confrontando le osservazioni con modelli di atmosfera hanno potuto derivare diverse proprietà, come il contenuto chimico, dell’atmosfera dell’esopianeta.

Questa nuova informazione sulla presenza di ossidi metallici come l’ossido di tianio e altre sostanze permetterà modelli molto più precisi di atmosfere esoplanetarie. Guardando al futuro, quando gli astronomi saranno in grado di osservare le atmosfere di possibili pianeti abitabili, i modelli più raffinati permetteranno di capire meglio come interpretare le osservazioni.

«Questa importante scoperta è il risultato di una ristrutturazione dello strumento FORS2, pensato proprio per questo scopo,» conclude Henri Boffin, dell’ESO e membro del gruppo, che ha guidato il progetto di ristrutturazione. «che lo ha reso lo strumento più adatto per questo tipo di studi da terra».

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Danza dei pianeti. Luna e Regolo in congiunzione nei pressi di Venere

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All’ora indicata in cartina, i quattro astri si mostreranno quindi quasi allineati, molto bassi sull'orizzonte orientale. Luna e Regolo, a 2° e mezzo dal capofila Venere, saranno in congiunzione molto stretta, con Regolo distante solo 4' dal bordo lunare (20' dal centro). Anche Marte e ercurio, circa 8° più in basso, pur non essendo alla minima distanza della sera prima, si troveranno a poco più di 1° di distanza l’uno dall’altro.

Il cielo del mattino del 18 settembre ci offrirà uno spettacolo eccezionale… a partire dalle 4:30 circa vedremo sorgere dall’orizzonte est-nordest, in successione, Venere (mag. –3,9), una sottilissima falce di Luna calante (fase 4,8%), Regolo (alfa Leonis; mag. +1,4), Marte (mag. +1,8) e Mercurio (mag. –0,9).

L’imbarazzo della scelta, per quel che riguarda inquadratura, osservazione e soggetti, è evidente, ma programmate bene le vostre osservazioni, perché il crepuscolo del mattino, come sempre, incombe… e gli ultimi arrivati saranno anche i primi a sparire nella sua luce.

La mattina del 19 la Luna si avvicinerà all’orizzonte, a soli 3,3° a sudest di Mercurio, sorpassando tutti gli astri in allineamento, e posizionandosi come ultima della fila.

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Goodbye Cassini, Saturno… a presto!

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"Questa è Cassini..."
Earl Maize, program manager della missione Cassini al Jet Propulsion Lab, e Julie Webster, spacecraft operations team manager , si abbracciano dopo la conferma della perdita del segnale. Credits: NASA/Joel Kowsky

«La nostra Cassini è ora un tutt’uno con il pianeta che ha studiato così a lungo. Il resto è scienza».

Così è stata salutata la sonda dal JPL della NASA, subito dopo l’arrivo, anzi… il “non arrivo” del segnale.

L’ultimo segnale è infatti scomparso alle 13:55:46 (ora italiana), 30 secondi dopo il momento previsto, niente male: «prevedere la fine di Cassini in una atmosfera sconosciuta lontana un miliardo di miglia con uno scarto di 30 secondi, è abbastanza straordinario» ha infatti sottolineato Earl Maize, program manager della missione. E quei trenta secondi portano anche preziosi dati per il team missione.

Il silenzio che ha seguito questi ultimi dati è stato il “non-segnale” che la sonda si era “nominalmente” disintegrata nell’atmosfera. Emily Lakdawalla, da twitter, ha fatto notare come fosse inevitabile che la sonda si disintegrasse nell’atmosfera, non c’era modo che questa ultima fase “andasse storta”, al massimo la sonda poteva disintegrarsi prima del previsto, ma ormai era lanciata verso l’atmosfera del pianeta, le cose non sarebbero potute andare altrimenti, ma gli ingegneri di missione, fino all’ultimo, hanno ripetuto seguendo le operazioni passo passo, il rituale mantra di quando in una missione “tutto va a meraviglia”: «everything is nominal».

Encelado tramonta dietro a Saturno, in questa ultima immagine della luna attiva di Saturno, che sarà oggetto di prossime missioni. L'animazione è parte di una sequenza di 40 minuti, ripresa da Cassini il 13 settembre. Credit NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute

«Questo è il capitolo di chiusura di una missione straordinaria, ma è anche un nuovo inzio», le parole sono di Thomas Zurbuchen, a capo della direzione delle missioni scientifiche della Nasa. «La scoperta di Cassini di mondi ricoperti da oceani sotterranei, come Titano e Encelado, cambia tutto, stravolgendo quella che pensavamo sarebbe stata la ricerca di luoghi potenzialmente adatti a ospitare la vita al di fuori dalla Terra».

E tutto è andato come doveva andare, i dati sono stati inviati fino all’ultimo byte, la telemetria è arrivata precisa e puntuale, con quell’ora e mezza di ritardo dovuto alle distanze, ma puntuale. La sonda si è immersa nell’atmosfera di Saturno lasciandoci anche delle straordinarie immagini all’infrarosso delle nubi in cui poi si è tuffata. Otto gli strumenti accesi che hanno inviato dati a Terra durante l’immersione, che vediamo nella grafica che segue e di cui non vediamo l’ora di conoscere il raccolto, che verrà analizzato nelle prossime settimane e che porterà nuovi indizi sulla formazione e sull’evoluzione del pianeta e sulle dinamiche della sua atmosfera.

Eight of Cassini's science instruments are planned to be turned on during the final plunge, including the Ion and neutral Mass Spectrometer (INMS). Credit NASA/JPL-Caltech

Per questo non è un vero addio… è solo un passaggio necessario. La missione continua perché, come detto da Thomas Zurbuchen: «anche questa è Cassini!» riferendosi a tutte le persone di 27 nazioni, riunite in 3 grandi agenzie spaziali, che hanno lavorato alla missione, e che continueranno a lavorare sui 625 GB di dati e le oltre 400mila immagini che la sonda Cassini ha inviato a Terra.

"...e anche questo è Cassini! Questo è Cassini!" le parole di Thomas Zurbuchen, a capo della direzione delle missioni scientifiche della Nasa, nella diretta che ha seguito il finale della missione, celebrando tutte le persone che hanno lavorato e che continueranno a lavorare alla missione.
La zona dell'immersione ripresa 10 ore prima dallo spettrometro VIMS, in luce visibile e infrarossa. Al momento della ripresa questo lato di Saturno era in piena notte. Nel cerchietto bianco il punto dove il team pensa si sia immersa Cassini ,a circa 9,4 gradi nord di latitudine e 53 gradi ovest di longitudine.Crediti: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute

Qui sopra e di seguito le ultime immagini di Saturno inviate dalla sonda, prima di tuffarsi nell’atmosfera del pianeta. Nelle versioni in bianco e nero e a colori, queste immagini sono state riprese dalla wide-angle camera della Cassini quando la zona di immersione si trovava nel lato buio del pianeta, illuminato solo dalla luce riflessa dagli anelli, nello stesso momento in cui sono state riprese le immagini a infrarosso. Cassini si è immersa però solo qualche ora dopo, quando il giorno su quella zona di Saturno è sorto,  (e quindi quel lato di Saturno era rivolto verso il Sole, e verso di noi) o non avremmo potuto seguire “in diretta” i suoi ultimi segnali. L’immagine è delle 1:59 (ora italiana) del 15 settembre, quando la sonda si trovava a 634 mila chilometri da Saturno.

E chiudiamo con il gioco di parole di Linda Spilker, project scientist della missione al JPL , che riprendendo la promessa (che sappiamo essere ben più di una promessa) di Thomas Zurbuchen, chiude il suo intervento con: «Goodbye Cassini, thanks for the ringside at Saturn and, as Thomas said… we will back!»Addio Cassini, grazie per il posto in prima fila su Saturno — ringside significa “lato degli anelli”, ma indica anche la “prima fila” attorno alla pedana negli incontri di box – e, come ha detto Thomas, torneremo!») .

Per sapere tutto sulla missione, non perdete l’ultimo numero di Coelum astronomia, con uno speciale dedicato alla missione, dal lancio a oggi, con tutte le più straordinarie immagini che la sonda ci ha inviato in questi anni.


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Accademia delle Stelle: appuntamenti di settembre

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2017-09 Coelum AdS

2017-09 Coelum AdSLunedì 18 settembre: L’Astronomia Insolita e Curiosa. L’emozionante scoperta degli aspetti più insoliti e sorprendenti del cielo e dell’Astronomia.
Giovedì 21 settembre: Come si osserva il Cielo. Guida innovativa all’osservazione delle meraviglie del cielo ad occhio nudo e col telescopio.

Le due conferenze, tenute da Paolo Colona, astrofisico e astrofilo, sono tenute nella sala conferenze “San Gregorio Barbarigo” all’EUR, di fronte alla metro Laurentina. Inizio ore 21.
Ingresso Libero.

Per informazioni: eventi@accademiadellestelle.org
https://www.accademiadellestelle.org
https://www.facebook.com/accademia.dellestelle

Danza dei Pianeti. Congiunzione stretta Mercurio-Marte

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congiunzione Marte Mercurio settembre 2017
Crediti: Coelum Astronomia
congiunzione Marte Mercurio settembre 2017
Crediti: Coelum Astronomia

La mattina del 17 settembre, Mercurio (mag. –0,8) e Marte (mag. +1,8) sorgeranno a soli 18′ di distanza l’uno dall’altro.

Per poterli osservare e riprendere comodamente converrà attendere verso le 6:00 quando guadagneranno un po’ di altezza sull’orizzonte, ma sempre attenzione a non perderli nella luce del mattino.

Più in alto, appena spostati verso est rispettivamente a 8° e 12° di distanza, sempre presenti Regolo e Venere. Una sottilissima falce di Luna è rintracciabile decisamente più lontana (a più di 20° a nordest della coppia in congiunzione), si avvicinerà solo la sera successiva…

Iridium Flare nel Leone - Giuseppe Petricca
Doppio Iridium Flare nel Leone di Giuseppe Petricca. Cliccando sull'immagine tutti i dettagli di ripresa.

Per gli appassionati della ripresa di Iridium Flare, e del passaggio di satelliti artificiali, tra le 5:30 e le 6:15 sarà anche un buon momento per prendere “due piccioni con una fava”, dato il passaggio di numerosi satelliti. Si consiglia però di controllare orari e circostanze, in base alla propria località, con uno degli appositi software disponibili in rete (per saperne di più: Calsky e Iridium Flare: istruzioni per l’uso).

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➜  Il Cielo di settembre su Coelum Astronomia 214

➜ La Luna di settembre. Con i consigli per l’osservazione della sottile falce di Luna.

➜ La Danza dei Pianeti Riprendiamo il movimento dei pianeti nel cielo con Giorgia Hofer.

➜ Fotografare la Luce Cinerea della Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia n.  di gennaio 2017

e il Calendario degli eventi giorno per giorno


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Dopo l’ultimo bacio a Titano gli streaming per il finale della missione Cassini

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Cassini e l'ultimo, finale "lontano flyby" di Titano, che ha dato alla sonda la piccola spinta, quasi una carezza, necessaria per entrare nel tragitto che la porterà ad immergersi nell'atmosfera di Saturno. Crediti: NASA/JPL-Caltech
Cassini e l'ultimo, finale "lontano flyby" di Titano, che ha dato alla sonda la piccola spinta, quasi una carezza, necessaria per entrare nel tragitto che la porterà ad immergersi nell'atmosfera di Saturno. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Cassini ha dato il “bacio di addio” a Titano, ed proprio così che gli ingeneri di missione hanno chiamato questa manovra, perché è stato l’ultimo avvicinamento alla Luna di Saturno che ha sempre assistito la sonda per i suoi cambi di traiettoria. Quest’ultimo bacio dunque ha fornito alla sonda la spinta gravitazionale necessaria per immergersi nell’atmosfera del grande pianeta gassoso. Ultima impresa senza ritorno.

La sonda ha raggiunto la minima distanza di questo ultimo flyby alle le 18:04 (ora italiana) dell’11 settembre, a un’altitudine di circa 120 mila chilometri dalla superficie della luna. Si è messa in contatto con la Terra questa notte (tra le 00 e le 00:45 del 13 settembre) per inviare immagini e altri dati raccolti durante il passaggio. I navigatori analizzeranno la traiettoria grazie a questo downlink, per avere la conferma che Cassini si trova proprio nella direzione giusta, pronta ad immergersi nell’atmosfera di Saturno nel modo e nei tempi pianificati.


La stupenda animazione che mostra come potrebbe essere l’ultimo definitivo tuffo della sonda nell’atmosfera di Saturno.

La sonda rallenterà leggermente lungo la sua orbita, abbassando l’altitudine del suo volo in modo da sopravvivere il più possibile mentre entrerà nell’atmosfera. Trovate tutti i dettagli di questa ultima e finale impresa della sonda anche nello speciale dedicato all’intera missione su Coelum astronomia 214 di settembre.

➜ Leggi Il tuffo finale di Cassini

Cassini ha effettuato centinaia di flyby di Titano, durante il suo giro lungo ben 13 anni nel sistema di Saturno. Alcuni a distanza ravvicinata e alcuni, come questo, più lontani.

«Quella di Cassini  e Titano è stata una relazione a lungo termine, con un nuovo appuntamento quasi ogni mese da più di un decennio», ha detto Earl Maize, Project Manager  della missione al JPL della NASA (Pasadena, in California). «Questo incontro finale è una sorta di saluto dolce-amaro, ma come ha fatto per tutta la missione, la gravità di Titano sta ancora una volta mandando Cassini dove abbiamo bisogno che vada».

Un'immagine grezza degli anelli di Saturno ripresi a giugno 2017. Crediti: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute
Cassini concluderà così il suo viaggio nel sistema di Saturno, volutamente in modo catastrofico, per assicurare che le lune di Saturno – in particolare Encelado, con il suo oceano sotterraneo e i segni di attività idrotermale – restino incontaminate per l’esplorazione futura. Questa immersione spaziale è il battito finale del “Grand Finale” di missione, che ha visto la sonda tuffarsi per 22 volte, settimanalmente dal 22 aprile di quest’anno, attraverso la zona  libera tra Saturno e i suoi anelli. Nessun veicolo spaziale ha mai avvicinato il pianeta in questo modo finora.

E per seguire questo ultimo battito finale, tanti sono gli streaming, a partire ovviamente da quello della NASA. Anche se la sonda, negli ultimi momenti, manderà “in diretta” i dti raccolti a Terra, non sarà ovviamente una vera “diretta”. Tecnicamente non potremo assistere al momento finale “live”, Saturno si trova a oltre 10 unità astronomiche dalla Terra (attorno ai 1500 milioni di chilometri…) ci vogliono quindi circa 83 minuti perché un segnale dalla sonda arrivi fino a noi.

Tutte la fasi saranno comunque seguite e commentate (in inglese) dalla Diretta NASA LIVE dalle pagine USTREAM o YouTube. Qui di seguito la scaletta con gli orari (ora italiana) delle dirette:

13 settembre
dalle 19:00: Conferenza stampa dal Controllo Missione del JPL, per i dettagli e una preview delle attività di missione.

14 settembre
dalle 19:00 alle 24:00 l’evento Social della NASA, con speakers in diretta sempre dal JPL.

15 settembre
attorno alle 05:00:
Collegmento in attesa dell’ultimo downlink di dati, che dovrebbe iniziare all’incirca a quest’ora. Le immagini saranno mandate online man mano che verranno scaricate.

dalle 13:00 alle 14:30: Live per commentare il finale della missione, con collegamento continuo (solo audio) dal Controllo Missione per seguire le operazioni in corso.
per le 14:00 sono attesi gli ultimi dati dalla sonda e il definitivo segnale finale (o assenza di segnale che decreterà la distruzione della sonda).
alle 15:30 collegamento per la conferenza stampa post-missione dal JPL.

Le dirette dalla NASA sono ovviamente in lingua inglese e seguiranno le operazioni passo passo. L’ASI attiverà una diretta a partire dalle 12:00 del 15 settembre, con collegamenti da Cagliari, L’Aquila e Jet Propulsion Laboratory, vi segnaliamo però anche due streaming italiani, che ci faranno invece ripercorrere questi vent’anni di missione, in attesa di commentare il finale.

il 14 settembre dalle 21:00,  gli straordinari risultati della missione Cassini verranno raccontati in una trasmissione organizzata da EAN, Associazione Stellaria, Empiricamente, con la partecipazione di Elisabetta Bonora (che ha curato parte dello speciale sulla missione pubblicato su Coelum Astronomia).

il 14 e 15 settembre dalle 21.30 alle 23:00 due speciali prima e dopo la conclusione della missione a cura di AstronomiAmo per ripercorrere le principali tappe della missione con particolare riguardo alla strumentazione italiana e alle scoperte sul sistema Saturno. Come sempre tanti gli ospiti che interverranno: Marco Mastrogiuseppe (La Sapienza di Roma); Paolo Tortora (Università di Bologna); Andrea Accomazzo (ESA); Luciano Iess (La Sapienza di Roma); Federico Tosi (INAF-IAPS); Roberto Barbieri (Univiersità di Bologna); Marcia E. Burton (JPL NASA).

Gli streaming li potrete trovare anche nella nostra homepage (www.coelum.com) e qui su questa pagina. Non mancate, noi li seguiremo entrambi! 🙂

Tutte le informazioni sul Grand Finale nel sito della NASA


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Venere, Mercurio, Marte e… Regolo: tre pianeti in fila più uno

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Ecco la situazione
All'ora indicata in figura, Marte, sorto da solo un quarto d'ora, comincia ad alzarsi sull'orizzonte... letteralmente fanalino di coda di questa bella e armonica configurazione. Per una fotografia a grande campo che abbracci tutti e quattro gli astri converrà attendere che Marte si alzi ancora un po', attenzione però, perché la luce del crepuscolo del mattino è in agguato... Crediti: Coelum astronomia.

Come anticipato, per quasi tutto il mese, il cielo poco prima dell’alba ci offrirà varie combinazioni dell’allineamento tra i tre pianeti del mattino e Regolo.

Il giorno 13 li vedremo particolarmente in ordine, allineati, a distanza crescente l’uno dall’altro, guidati da Venere (mag. –3,9), il primo a sorgere alle 4:21. Dopo il capofila sorgerà a circa 8° a sudovest Regolo (alfa Leonis; mag. +1,4), l’“intrusa” del gruppo. Di seguito, a soli 2° e mezzo, Mercurio (mag. –0,9) seguito poi a poco più di 2° da Marte (mag. +1,8),  ultimo a sorgere, attorno alle 5:30.

Per riprendere l’intero gruppo nella cornice del paesaggio, converrà attendere ancora un poco, che Marte si alzi a ufficienza sull’orizzonte… ma non troppo, o lo vedremo sparire (e sarà il primo essendo il più debole) nel crepuscolo del mattino prima di poterlo osservare e riprendere.

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Dalla IAU, i primi nomi ufficiali delle formazioni di Plutone

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Pluto’s first official surface-feature names are marked on this map, compiled from images and data gathered by NASA’s New Horizons spacecraft during its flight through the Pluto system in 2015. Credit: NASA/JHUAPL/SwRI/Ross Beyer
Nella mappa sono indicati i primi nomi ufficiali della geografia di Plutone. La mappa è stata compilata sulle immagini raccolte dalla sonda New Horizons della NASA durante il volo attraverso il sistema di Plutone del 2015. Credit: NASA/JHUAPL/SwRI/Ross Beyer

Quattordici sono le formazioni della superficie di Plutone che finalmente hanno un nome ufficiale. Dal 4 luglio del 2015, lo straordinario panorama del lontano pianeta ha subito avuto bisogno di tantissimi nomi per indicare la sorprendente varietà di formazioni che la New Horizon ci ha mostrato.

Ricorderete anche che oltre al classico paniere della mitologia, hanno fatto da apdrone tantissimi nominativi ispirati anche alla cinematografia e letteratura fantasy e fantascientifica, dal Signore degli Anelli alle saghe di Star Wars e Star Trek. Per il momento però i nomi “ufficiali” si sono orientati a rendere omaggio alla esplorazione delle frontiere di quanto conosciamo, e quindi alla mitologia degli Inferi e alle prime pioneristiche e storiche missioni spaziali che hanno incrociato o preparato l’esplorazione della New Horizons, oltre che agli scienziati e ingegneri il cui nome è legato alle scoperte di Plutone e della fascia di Kuiper. Si tratta solo di una prima tranche di nomi valutati e approvati dalla IAU, l’autorità internazionalmente riconosciuta per la nomenclatura dei corpi celesti e delle loro formazioni superficiali.

I  primi nomi sono ovviamente stati proposti dal team della New Horizons, essendo stata questa la sonda che ha ci ha dato modo di vedere per la prima volta i dettagli di Plutone e delle sue lune. Alcuni di questi erano stati suggeriti dal pubblico, durante la la campagna Our Pluto, lanciata in collaborazione da IAU, New Horizons project e dal SETI Institute. Altri nomi ancora sono stati, come dicevamo, fin da subito utilizzati dai team scientifici per la necessità di descrivere da subito le numerose regioni, catene montose, pianure, valli e crateri individuati man mano che le immagini di Plutone e dalla sua principale luna Caronte venivano analizzate e studiate.

«Siamo davvero emozionati nell’approvare dei nomi che si riferiscono a persone che hanno contribuito alla storia e all’importanza di Plutone, e al perseguimento dell’esplorazione spaziale così come alla mitologia legata al mondo degli Inferi. Sono nomi che evocano l’importanza di spingersi sempre più alle frontiere della conoscenza» ha sottolineato Rita Schulz, portavoce del Working Group for Planetary System Nomenclature della IAU. «Siamo grati al contributo del pubblico e per il modo in cui i nomi sono stati suggeriti, e ringraziamo il team della New Horizons per averceli sottoposti».

Numerosi altri nomi saranno sottoposto alla IAU, sia per Plutone che per le sue lune.

«I nomi approvati rendono onore a molte persone e missioni spaziali che hanno lastricato la strada verso la storica esplorazione di Plutone e della fascia di Kuiper, i mondi più distanti mai esplorati» dice Alan Stern, Principal Investigator della missione New Horizons, dal Southwest Research Institute (SwRI) a Boulder, Colorado.

Vediamo quindi i quattordici nomi approvati:

Tombaugh Regio, il primo nome della ormai iconica principale formazione del pianeta non poteva che essere dedicato a Clyde Tombaugh (1906–1997), l’astronomo americando che scoprì Plutone nel 1930 dall’Osservatorio di Lowell in Arizona.

Burney crater il cratere dedicato invece a Venetia Burney (1918–2009), la ragazzina di undici anni che suggerì il nome “Pluto” per il nuovo pianeta scoperto da Clyde Tombaugh. Diventerà insegnante di matematica e economia.

Sputnik Planitia, la grande pianuta conferma il nome associato allo Sputnik 1, il primo satellite artificiale mandato in orbita intorno alla Terra, lanciato dall’Unione Sovietica nel 1957.

Tenzing Montes e Hillary Montes sono le catene montuose che prendono nome da Tenzing Norgay (1914–1986) e Sir Edmund Hillary (1919–2008), lo sherpa nepalese e l’alpinista neozelandese che per primi raggiunsero la cima del monte Everest, tornandone sani e salvi.

Al-Idrisi Montes in onore di Ash-Sharif al-Idrisi (1100–1165/66), il noto geografo e viaggiatore arabo che disegnò alcune delle più avanzate mappe medievali e il cui lavoro, noto con il nome de “il Libro di Ruggero”, viene a volte tradotto con il titolo “The Pleasure of Him Who Longs to Cross the Horizons” (Il libro di piacevoli viaggi in terre lontane).

Djanggawul Fossae indica invece la rete di lunghe e strette depressioni che prendono nome dalle Djanggawuls, tre figure andcestrali della mitologia indigena Australiana, che viaggiavano tra l’isola dei morti e l’Australia dando vita e forma al paesaggio e riempiendolo di vegetazione.

Sleipnir Fossa prende nome dal potente cavallo con otto gambe della mitologia nordica, che trasportava Odino negli Inferi.

Virgil Fossae è invece in onore di Virgilio, il nostro poeta romano e guida di Dante attraverso l’inferno e il purgatorio nella Divina Commedia.

Adlivun Cavus è una profonda depressione che prendo nome da Adlivun, il mondo degli Inferi della mitologia Inuit.

Hayabusa Terra è un’ampia porzione di terreno che omaggia l’omonima sonda giapponese e la relativa missione (2003-2010) che riportò a terra il primo campione di roccia prelevato da un asteroide.

Voyager Terra prende chiaramente nome dalle sonde, lanciate nel 1977, che effettuarono il primo “grand Tour” dei quattro pianeti giganti del nostro sistema solare. Le due sonde stanno ora esplorando il confine tra il sistema solare e lo spazio interstellare.

Tartarus Dorsa è una cresta che prende nome dall più profonda e oscura voragine del mondo degli Inferi della mitologia greca.

Elliot crater ricorda James Elliot (1943–2011), un ricercatore del MIT che per primo utilizzò le occultazioni stellari per lo studio del Sistema solare — la stessa tecnica che portò tra le altre alla scoperta degli anelli di Urano e all’individuazione della sottile atomsfera di Plutone.

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Addio Cassini. Diario di viaggio di vent’anni di missione a pochi giorni dall’ultimo drammatico tuffo nell’atmosfera di Saturno.

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Cassini, ultime immagini aspettando il Grand Finale

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A poco più di una settimana dalla fine della sua missione, la veterana dello spazio Cassini, continua a monitorare Encelado, una delle lune più affascinanti e misteriose di Saturno, che appare nitida in un cielo vasto ed immutato. Attraverso sei immagini scattate dalla sonda lo scorso 1 agosto, a una distanza di 181.000 chilometri, è stato possibile ricreare un’animazione dell’ultimo flyby sulla luna, che va ad aggiungersi all’immensa collezione di una delle più sofisticate navicelle interplanetarie mai costruite, frutto della colaborazione tra Nasa, Esa ed Asi.

Encelado è stata per molti anni al centro delle osservazioni di Cassini. Durante i suoi innumerevoli sorvoli, la sonda ha inviato a terra dati ed immagini dei pennacchi dei geyser che si innalzano dalle fessure della sua crosta, provenienti dall’oceano interno, che hanno permesso agli scienziati di portare avanti nuovi studi sull’atmosfera e la superficie della luna.

Per la sonda, a quasi due decenni dal suo lancio, si avvicina il momento della meritata “pensione”. Cassini, infatti, sarà operativa ancora per poco tempo: il 15 settembre 2017, dopo che la sua orbita sarà inclinata al di fuori del piano degli anelli, la sonda si tufferà nell’atmosfera del pianeta per quello che è stato definito il Grand Finale.

L’evento sarà seguito in diretta nell’Audiutorium della sede dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) in collegamento con il Jet Propulsion Laboratory (JPL), e con il Sardinia Deep Space Antenna (SDSA) di Cagliari.

L’inizio è previsto per le ore 12:00 e avrà una durata di circa due ore e mezzo. Il programma della giornata è ricco di interventi. Si alterneranno sul palco rappresentanti di ASI, Inaf (Istituto Nazionale di Astrofisica), Tas-i (Thales Alenia Space Italia) NASA.


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Corsi di Astronomia a Ladispoli (Roma) con il GAP

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CORSI DI ASTRONOMIA 2017/2018

Sono aperte le iscrizioni ai corsi di Astronomia per l’anno 2017/2018 – Iscrizioni valide fino al 30 settembre 2017!

I corsi si terranno a cura del Gruppo Astrofili Palidoro presso la “Parrocchia Sacro Cuore di Gesu” in Via dei Fiordalisi, 14 a Ladispoli (Roma).

Il Corso Base è rivolto a tutti coloro che vogliono affacciarsi per la prima volta all’Astronomia e a tutti coloro che sono a digiuno di questa disciplina.

Il Corso Avanzato è rivolto a tutti coloro che hanno già seguito i corsi base di Astronomia con il Gruppo Astrofili Palidoro oppure a tutti coloro che hanno già un’infarinatura e le basi dell’Astronomia.

Per dettagli, richieste informazioni e modalità di iscrizione:

info@astrofilipalidoro.it  – Cell. 3475010985

Affrettatevi, le iscrizioni si chiuderanno il 30 settembre!

www.astrofilipalidoro.it


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Danza dei pianeti. Congiunzione stretta tra Marte e Regolo

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Già si lasciano osservare nella luce del mattino  Mercurio (mag. –0,1) e Regolo (alfa Leonis; mag. +1,4), mentre Venere è ancora distante. In particolare, in questa occasione, li vediamo in una congiunzione stretta di soli 39′.

Basso sull’orizzonte, a soli 3° di distanza dai due, c’è Marte, osservabile con difficoltà per la scarsa altezza sull’orizzonte e la magnitudine non molto elevata. Si potrà però già tentare di riprendere a grande campo l’intero gruppo dei quattro astri.

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Tempesta solare, arrivo previsto per venerdì 8

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Due differenti riprese del brillamento X9.3 del 6 settembre 2017. A sinistra ripreso in una banda tra i 131 e i 171 angstrom. Sulla destra lo vediamo invece in una composizione di luce visibile e filtro a 304 angstrom (ultravioletto estremo), che ci permette di vedere sia le macchie solari visibili sulla superficie del Sole, che il brillamento nella sua atmosfera. Credit: NASA/GSFC/SDO
Due differenti riprese del brillamento X9.3 del 6 settembre 2017. A sinistra ripreso in una banda tra i 131 e i 171 angstrom. Sulla destra lo vediamo invece in una composizione di luce visibile e filtro a 304 angstrom (ultravioletto estremo), che ci permette di vedere sia le macchie solari visibili sulla superficie del Sole, che il brillamento nella sua atmosfera. Credit: NASA/GSFC/SDO

«È confermata l’espulsione di una Cme [coronal mass ejection, ndr] nel corso del brillamento X9.3 di ieri, mercoledì 6 settembre, che si stima arriverà in prossimità della Terra il giorno 8 settembre e potrebbe eccitare una tempesta geomagnetica di intensità elevata». Questo l’ultimo bollettino sull’intensa eruzione solare di ieri, riferito pochi minuti fa a Media Inaf da Mauro Messerotti dell’Osservatorio astronomico di Triestesenior advisor dell’Inaf per lo space weather.

brillamenti sole SDO 6 settembre
In questa sequenza animata si vedono i due brillamenti – uno di livello X2.2 e l’altro X9.3 – osservati sulla superficie del Sole mercoledì 6 settembre 2017. Le immagini sono del Solar Dynamics Observatory (Sdo) della Nasa. Crediti: Nasa/Goddard/Sdo

Le eruzioni, ieri, sono state due – la prima alle 11:10 italiane e la seconda alle 14:02 – ed è quest’ultima quella che sta destando maggiore attenzione. «Sono entrambe intense, ma la seconda è di classe X9.3», ha spiegato Messerotti all’Ansa, riferendosi alla scala A, B, C, M e X, dove la lettera X indica appunto il livello massimo. «Questa eruzione è la più intensa dell’attuale ciclo di attività solare. Una simile si era verificata nel 2006, alla fine del precedente ciclo».

Il ciclo al quale fa riferimento Messerotti è il periodo, lungo in media 11 anni, legato all’attività della nostra stella e dovuto a variazioni nel campo magnetico. Quello attuale ha avuto inizio nel 2008, e la sua fine è attesa a breve, nel biennio 2018-2019. Le due recenti eruzioni, alle quali va aggiunta quella di lunedì 4 settembre, originata nella stessa regione attiva del Sole – quella con codice AR 2673 – nella quale si sono registrati i due brillamenti di ieri, sono dunque un colpo di coda della nostra stella, che spesso precede l’ingresso nella fase di quiete.

«Questa notte intorno alle 05:00 ora italiana è giunta la Cme che era stata prodotta dalla stessa regione attiva 2673 il 4 settembre», aggiunge Messerotti, riferendosi appunto al brillamento di media intensità di lunedì scorso. Ebbene, ora c’è la conferma che anche il brillamento più intenso, il flare X9.3 di ieri, ha scagliato una bolla di plasma diretta verso la Terra: quella attesa per domani. E i cui effetti potrebbero aver già cominciato a farsi sentire.

«In associazione con il flare X9.3 sono state osservate fortissime emissioni radio che hanno interessato varie bande dello spettro radio, aumentando, ad esempio, significativamente il rumore nella banda delle onde corte», riferisce Messerotti. «Interessante il fatto che sia stato osservato un burst radio nella banda L, quella utilizzata dai sistemi Gps e da alcune tipologie di radar, di lunga durata e con un’intensità molto elevata, che potrebbe quindi aver interferito i sistemi Gps nella sua fase di massimo. Ciò non è però ancora confermato, e l’analisi è in corso».


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Notte Europea dei Ricercatori e Settimana della Scienza: uno sguardo al programma!

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Parco-Astronomico-GAL-Hassin

Il 29 settembre torna la Notte Europea dei Ricercatori, la più importante manifestazione europea di comunicazione scientifica che coinvolge oltre 300 città europee. In Italia l’evento coordinato da Frascati Scienza sarà preceduto dal consueto appuntamento con la Settimana della Scienza che si svolgerà dal 23 al 30 settembre 2017, con un calendario ricco di eventi e aperitivi scientifici, incontri con i ricercatori, conferenze e visite nei più autorevoli centri di ricerca italiani.

Indice dei contenuti

Leggi l’articolo dedicato alla Notte Europea dei Ricercatori su Coelum astronomia n. 214

A Frascati e Roma oltre alle aperture dei più importanti enti di ricerca italiani e università dell’area (ASI, CINECA, CREA, ESA-ESRIN, INAF-OAR, INFN, INGV, ISPRA, ISS, Sapienza Università di Roma, LUMSA – Libera Università Maria Santissima Assunta, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Università degli Studi Roma Tre) sono centinaia gli eventi organizzati per grandi e piccoli con un programma fitto di appuntamenti che vanno dagli aperitivi scientifici alle conferenze, laboratori e giochi, mostre, ‘science trips’, visite nei centri di ricerca e spettacoli. Grande attenzione come ogni anno alle scuole di ogni ordine e grado con un calendario di eventi riservati solo agli studenti. Frascati sarà pacificamente “invasa” da ricercatori di ogni disciplina con le due location, le Mura del Valadier e le Scuderie Aldobrandini che già si preparano ad accogliere migliaia di curiosi da tutta la provincia.

Tra gli eventi da segnalare la presenza della scrittrice e astrofisica Licia Troisi che accompagnerà il pubblico in un vero e proprio viaggio tra mondi inventati che spesso hanno poi trovato corrispondenza nelle scoperte dell’astronomia. Nella “Fisica di Interstellar” l’astrofisico e divulgatore Luca Perri racconterà su quali solide teorie scientifiche si basa il film di Christopher Nolan, vincitore di diversi premi Oscar. E ancora la biologa e divulgatrice Lisa Vozza con le vignette di Andy Ventura ne “I Vaccini dell’era globale” parleranno di vaccini e di come si costruiscono mentre l’autore Lorenzo Monaco in “Jules Verne, Viaggi straordinari nella scienza” presenterà una game-conference che metterà in scena una selezione di libri di Verne, ognuno dei quali ospiterà all’interno un prodotto della ricerca scientifica del 1800, un secolo che parte a cavallo e si chiude coi cavalli vapore.

Numerosi gli eventi che saranno presentati in tutta Italia, molti dei quali faranno da apripista alla Notte Europea dei Ricercatori: a Bari i fisici della sezione di Bari dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), apriranno il laboratorio Facciamo Scienza che ha lo scopo di avvicinare i visitatori, soprattutto giovani e molto giovani, ai fenomeni fisici mediante l’uso di giochi o effetti “speciali”. A Cagliari andrà in scena lo spettacolo “La magia della chimica”, una serie di reazioni chimiche e fenomeni fisici dagli effetti sorprendenti per un pubblico non addetto ai lavori, studiate per generare stupore e curiosità, per dimostrare che la Chimica non è solo formule e problemi, ma può anche essere divertente e coinvolgente. A Catania verranno organizzate delle visite guidate all’interno delle sale sperimentali dei Laboratori Nazionali del Sud (LNS) dell’INFN. I tour comprenderanno anche la visita degli acceleratori e di alcune sale sperimentali. Spazio poi ai seminari dove si parlerà anche di onde gravitazionali, uno dei temi principali della fisica contemporanea.

Open Night ai laboratori di Ricerca. Come lavorano i ricercatori? Porte aperte al Dipartimento di Fisica della Cittadella Universitaria di Monserrato (Cagliari) per entrare nei laboratori di ricerca, conoscere i ricercatori e scoprire quali sono gli strumenti e le indagini utilizzati dagli scienziati per studiare la fisica delle particelle, la fisica della materia e le nuove frontiere della fisica applicata.

A Carbonia sarà invece possibile visitare gli impianti e i laboratori del Centro Ricerche Sotacarbo.

Tante iniziative anche a Cassino. La banda ultralarga della rete GARR per lo spettacolare concerto a distanza con il Conservatorio di Cosenza. Laboratori aperti a Ingegneria: “perché si è rotto il pedale della bicicletta” e “alla scoperta della termodinamica”. Nelle scuole si “giocherà con la scienza” e con HeGO si “socializzeranno” i beni culturali. Le opportunità del Crowdfunding con “Crowd&Drink”. A Frosinone inaugurazione della Mostra “Donne in Gioco. Dal 1946 a oggi”.

E ancora, a Ferrara: “Fisici senza frontiere”, laboratori e giochi scientifici organizzati dall’INFN sezione Ferrara. In particolare, saranno eseguiti esperimenti interattivi su temi di fisica per avvicinare al mondo della scienza sia i giovani sia gli adulti. Gli esperimenti saranno spiegati, svolti e interpretati a rotazione dai ricercatori, insieme al pubblico direttamente coinvolto.

Per chi invece è appassionato di comete e asteroidi, l’appuntamento da non perdere è presso l’Osservatorio Astronomico di Gorga. Sarà, infatti, possibile vedere come è fatta una cometa utilizzando un modello stampato in 3D della cometa 67P/Churyumov- Gerasimenko, osservata dalla sonda Rosetta e visitata dal Lander Philae.

Parco-Astronomico-GAL-HassinA Isnello “I due cieli delle Madonie”, per mostrare i due cieli del Parco Astronomico GAL Hassin: quello reale e quello virtuale del Planetario digitale di 10 metri, capace di simulare una visione del cielo, sia a occhio nudo che nelle profondità dell’universo, viaggiare tra i pianeti e proiettare video full-dome.

Lecce si prepara alla Notte Europea dei Ricercatori con un’interessante mostra Dalla scala subatomica alla scala intergalattica. I ricercatori della sezione di Lecce dell’INFN e dell’Università del Salento, realizzeranno un percorso guidato, pensato sia per i più giovani sia per un pubblico generale, con contenuti che riguardano la fisica delle interazioni fondamentali e l’astrofisica. Il pubblico potrà seguire brevi spettacoli all’interno di un planetario tramite la proiezione dei corpi che popolano la volta celeste.

Anche Milano partecipa con un calendario ricco eventi, fra questi il laboratorio dal titolo Radiolab: sulle tracce della radioattività organizzato dall’INFN di Milano. La radioattività è un fenomeno naturale riscontrabile ovunque: in casa, nei cibi, nel proprio corpo, persino nell’aria che respiriamo. Conoscerla, capendo come interagisce con la materia biologica e come si può misurare, permette di discutere in modo più oggettivo delle problematiche ad essa associate. Sempre a Milano presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia, per la sezione science trips, Extreme, alla ricerca delle particelle, ovvero un viaggio emozionante dentro la fisica delle particelle. I ricercatori INFN di Milano saranno disponibili per tutta la serata di apertura straordinaria del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia per permettere di visitare l’affascinante mostra Extreme, realizzata in collaborazione con l’INFN e il CERN.

A Monte Porzio Catone va in scena Astro Talk Show. I ricercatori INAF–OAR incontreranno il pubblico presso l’Osservatorio Astronomico di Roma e organizzeranno un vero e proprio talk show con ricercatori a rispondere alle domande più svariate del pubblico, secondo le loro curiosità, spaziando dal Sistema Solare al Big Bang fino ai buchi neri. Alla fine della conferenza, meteo permettendo, si potranno effettuare osservazioni astronomiche ai telescopi dell’Osservatorio.

La città di Napoli organizzerà una sorpresa per i suoi cittadini che transiteranno presso la Stazione della Metropolitana Linea 1 “Municipio”. All’interno della stazione verranno presentati al pubblico alcune delle attività di ricerca più rilevanti che coinvolgono i ricercatori INFN napoletani. In particolare, la ricerca delle onde gravitazionali, dei neutrini provenienti dal cosmo remoto, l’applicazione di rivelatori di particelle per la radiografia di vulcani e cavità sotterranee presenti nell’area metropolitana di Napoli.

A Palermo presso la Galleria d’Arte Moderna, conferenza L’Arte tra Diritto ed Economia a cura dei docenti della LUMSA e della Direttrice della GAM.

Numerose anche le iniziative di Parma, tra queste: Laboratorio di Internet delle cose presso l’Università di Parma. Come si è evoluto internet e qual è la relazione con i Big Data? Per scoprire come tutto ciò che forma il mondo che ci circonda può avere un’identità elettronica, come il Rfid (Identificazione a radio frequenza) e altre tecnologie (come il più noto il QR code). Spazio anche ad aperitivi scientifici con Eat&Drink but THINK. Attraverso lo strumento dei Caffè Scientifici e delle Pillole di Scienza, verranno organizzati alcuni momenti di “dialogo” con la città, in diversi punti quali librerie, bar, cortili e spazi normalmente non adibiti a questo tipo di attività.

A Pavia sei giorni all’insegna della scienza e della conoscenza. Si comincia con un Aperiscienza e “Botta di Coulomb – Rispondi e sei campione in CARICA” per sfidarsi tra squadre di amici in una gara a chi ne sa di più in ambito scientifico. Tra gli altri eventi poi “Pillole di scienza” e “Lo spirito di Copenaghen” uno spettacolo teatrale sui risvolti umani della scienza a cavallo tra gli anni 20 e 30 del XX secolo. Gran finale poi con stand di fisica alla Cupola Arnaboldi e un open day al CNAO. A Pula presso la sede di Sardegna Ricerche Smartphonica, La scienza in tasca intende mostrare come oggi innovazione, creatività e arte siano sempre più concetti legati alle nuove tecnologie digitali e in particolare alle potenzialità di utilizzo di smartphone e tablet.

Per la Notte Europea dei Ricercatori, l’Università di Sassari organizzerà, all’insegna della “Promozione della cultura scientifica a Sassari”, numerosi laboratori, giochi scientifici e conferenze volte a presentare il metodo scientifico come strumento di interpretazione della realtà. Attraverso attività laboratoriali, seminariali e tavole rotonde tematiche, gli eventi mirano a far vedere che la scienza è fonte di risposta alle problematiche comuni nelle società moderne. Una delle tante novità di quest’anno è il luogo della manifestazione, che avrà epicentro nella suggestiva cornice di piazza Castello, nel cuore della città di Sassari.

A Trieste, i fisici della sezione di Trieste dell’INFN apriranno le porte ai cittadini per illustrare le principali attività di ricerca, dalla fisica delle particelle alla fisica nucleare, dalle astroparticelle alla fisica medica, passando per le ricerche in fisica teorica. L’evento, dal titolo L’infinitamente piccolo è rivolto a tutti e alla Scuola secondaria di secondo grado.

Anche Viterbo partecipa alla Notte con iniziative che vanno dalle visite guidate all’Orto Botanico ‘Angelo Rambelli’ dell’Università della Tuscia a diverse conferenze organizzate dalla stessa università, che inizieranno con l’incontro dal titolo Dal grande schermo allo smartphone, che intende analizzare i mutamenti dati dai dispositivi mobili hd e piattaforme digitali di distribuzione dei contenuti che hanno stravolto in pochi anni il panorama della narrazione audiovisiva.

Per il programma completo della manifestazione con il dettaglio dei giorni, orari e luoghi, visitare il sito: www.frascatiscienza.it/

La Notte Europea dei Ricercatori, che quest’anno compie 12 anni, è promossa dalla Commissione Europea. Il progetto coordinato da Frascati Scienza è realizzato in collaborazione con Regione Lazio, Comune di Frascati, ASI, CINECA, CNR, CREA, ESA-ESRIN, GARR, INAF, INFN, INGV, ISPRA, ISS, Sapienza Università di Roma, Sardegna Ricerche, Università di Cagliari, Università di Cassino, Università LUMSA di Roma e Palermo, Università di Parma, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Università degli Studi Roma Tre, Università di Sassari, Astronomitaly, Associazione Tuscolana di Astronomia, Explora, G.Eco, Ludis, Osservatorio astronomico di Gorga (RM), Sotacarbo.
L’evento vede inoltre la partecipazione di: Associazione Eta Carinae, Cicap Lazio, Consorzio di Ricerca Hypatia, Engineering, Fondazione GAL Hassin di Isnello (PA), GEA, Giornalisti nell’Erba, FVA New Media Research, ICBSA, Istituto Nazionale Tumori Regina Elena e Istituto Dermatologico San Gallicano – IRCSS Roma, Matita Animata, Museo Geopaleontologico “Ardito Desio” di Rocca di Cave, Osservatorio Malattie Rare, Museo Tuscolano delle Scuderie Aldobrandini, STS Multiservizi, Ass. Speak Science, Ass. ScienzImpresa, Tecnoscienza.it srl, The Document Foundation, Unitelma Sapienza, Università della Tuscia.
Altri partner di Frascati Scienza: Accatagliato, Associazione culturale Arte e Scienza, Associazione culturale Chi sarà di Scena, Associazione Amici di Frascati, Res Castelli Romani, MaCSIS, AGET Italia, Comune di Grottaferrata, Istituto salesiano di Villa Sora.
Con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Regione Lazio, Parco Regionale dei Castelli Romani, Comunità Montana dei Castelli Romani e Prenestini, Roma Capitale, Comune di Monte Porzio Catone.
La Notte Europea dei Ricercatori di Frascati Scienza è finanziata dalla Commissione Europea nell’ambito della call MSCA-NIGHT-2016/2017 (Grant Agreement No. 722952).

AstronomiAmo: Cassini Missione Compiuta

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astronomiamo-locandinaCoelum

astronomiamo-locandinaCoelum

14 e 15 settembre, ore 21.30: Cassini Missione Compiuta. Diretta streaming con: Andrea Accomazzo, Roberto Barbieri, Marcia E. Burton, Luciano Iess, Marco Mastrogiuseppe, Paolo Tortora e Federico Tosi.
Per informazioni: https://www.astronomiamo.it

Chimere spaziali. Trovato nella Via Lattea il primo buco nero di massa intermedia?

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Nell'illustrazione, le nubi molecolari attorno a un buco nero intermedio mostrano una dispersione di velocità molto ampia. Lo scenario spiega bene le caratteristiche osservate nella peculiare nube molecolare CO-0.40-0.22. Crediti: Università Keio
Nell'illustrazione, le nubi molecolari attorno a un buco nero intermedio mostrano una dispersione di velocità molto ampia. Lo scenario spiega bene le caratteristiche osservate nella peculiare nube molecolare CO-0.40-0.22. Crediti: Università Keio

Ormai da decenni, gli astronomi ritengono che al centro delle galassie più grandi risieda la creatura più massiccia dell’universo, il Buco Nero Supermassivo (o super massiccio, in sigla SMBH). Anche la nostra Via Lattea ha quindi il suo buco nero super massiccio, Sagittarius A*,  che misura circa 44 milioni di chilometri di diametro per una massa superiore a quella di 4 milioni di masse solari (e non è nemmeno tra i più massivi).

Tuttavia, un nuovo studio di un team di ricercatori dell’Università di Keio, in Giappone, riporta una scoperta sorprendente: avrebbero trovato le prove della presenza di un buco nero all’interno di una nube di gas vicina al centro della Via Lattea, ma non solo… questo buco nero sarebbe di taglia intermedia. La cosa straordinaria è infatti che fin’ora gli astronomi non erano ancora mai riusciti a individuare buchi neri di questa taglia.

Sappiamo infatti che i buchi neri si formano quando le stelle muoiono, cosa che li rende abbastanza comuni ma di piccola taglia. Le evidenze di buchi neri supermassicci ci sono, e si pensa che i buchi neri più piccoli possano essere i semi di quelli più massivi, nati da una fusione di più buchi neri di massa stellare assieme all’accrescimento dovuto al materiale proveniente dalla galassia che generalmente li circonda.

Ma allora perché non si vede traccia del passaggio intermedio? Perché i buchi neri di massa intermedia sono così difficili da individuare? Ecco perché questa figura ibrida, a metà tra un buco nero di massa stellare e uno massiccio resta un po’ una chimera per gli astrofisici che lo stanno cercando.

Il team guidato da Tomoharu Oka, ricercatore al dipartimento di Fisica e della School of Fundamental Science and Technology all’Univeristà di Keio, sembra esserci finalmente riuscito, studiando la nube compatta di gas CO–0.40–0.22 vicino al centro la nostra galassia.

Raggi X dalla regione vicina a Sagittarius A
Nell'animazione l'area attorno a Sgr A*, nel centro della nostra galassia, dove i raggi X di bassa, media e alta energia sono indicati rispettivamente con i colori rosso, verde e blu. Nel riquadro i flare di raggi X provenienti dalla regione vicina a Sgr A*. NASA: NASA/SAO/CXC

Dal diametro di circa 1000 unità astronomiche e a circa 200 anni luce dal centro della nostra galassia, questa nube ha sempre affascinato e interessato gli astronomi per la peculiare dinamica dei suoi gas. Contenenti tra gli altri cianuro di idrogeno e monossido di carbonio, i gas all’interno della nube si muovono a velocità estremamente diverse, con un range molto ampio, cosa inusuale per una nube di gas.

La speranza di comprendere meglio questo strano comportamento, ha portato il team ha osservare inizialmente la nube con il Nobeyama Radio Observatory in Giappone, un radiotelescopio da 45 metri.
Tutto cominciò il gennaio del 2016, quando i ricercatori notarono che la nube aveva una forma ellittica divisa in due componenti ben distinte. Una componente compatta ma a bassa densità e con velocità fortemente variabili, e una più densa, delle dimensioni di 10 anni luce, con piccole variazioni di velocità nel movimento dei gas.

Il gruppo proseguì quindi le osservazioni con il Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) in Cile, confermando la struttura della nube e le variazioni in velocità, che sembravano andare di pari passo con la densità. Ma osservarono anche la presenza di onde radio (simili a quelle generate da Sagittario A), originate vicino alla regione più densa. Come scrivono nello studio:

«Recentemente abbiamo scoperto una peculiarità nella nube molecolare CO–0.40–0.22,  con un range di velocità estremamente ampio, vicino al centro della nostra Via Lattea. Sulla base di attente analisi della cinematica dei gas, abbiamo concluso che nella nube deve nascondersi un oggetto compatto con una massa di almeno 10^5 masse solari».

Utilizzando anche una serie di modelli computerizzati per spiegare gli strani comportamenti, la causa più probabile risulta proprio essere un buco nero. Data la massa risultante — 100 mila masse solari, o circa 500 volte più piccolo di Sagittarius A* — il buco nero in questione sarebbe di massa intermedia, e quindi anche il secondo buco nero più grande della nostra galassia.

Si tratterebbe di una novità senza precedenti… e il risultato, se confermato, potrebbe finalmente spiegare la genesi dei buchi neri supermassivi che si formano al centro delle galassie più grandi.

Saranno necessari però nuovi studi, per arrivare alla conferma, che cercheranno di seguire l’evoluzione della nube. Assumendo che lo studio di Oka e colleghi abbia visto giusto, e quindi che il buco nero di taglia intermedia esista davvero, i nuovi studi serviranno anche a capire come evolverà e quale sarà il suo destino. Ad esempio, è possibile che stia lentamente scivolando verso il più grosso vicino Sagittarius A*, e che alla fine venga assorbito da esso dando origine a un buco nero ancora più massiccio al centro la nostra galassia! Una fusione del genere non passerebbe sicuramente inosservata, se mai dovesse esserci ancora qualcuno nei paraggi a rilevare le onde gravitazionali generate…

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy.


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Forti correnti nell’atmosfera di Venere

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Akatsuki sopra le nubi di Venere
Un'illustrazione della sonda Akatsuki che ha utilizzato con successo un metodo di tracciamento delle nubi, sviluppato per dedurre le distribuzioni orizzontali dei venti basati su dati camera a infrarossi IR2 a bordo di Akatsuki. Credit: PLANET-C Project Team
Akatsuki sopra le nubi di Venere
Un'illustrazione della sonda Akatsuki che ha utilizzato con successo un metodo di tracciamento delle nubi, sviluppato per dedurre le distribuzioni orizzontali dei venti basati su dati camera a infrarossi IR2 a bordo di Akatsuki. Credit: PLANET-C Project Team

Venere è ben noto per la sua straordinaria e spessa atmosfera: una coltre di nubi che, nella sua parte superiore, ruotano velocemente intorno al pianeta con un periodo di quattro giorni terrestri, in netto contrasto con la rotazione stessa del pianeta, ovvero la durata del giorno venusiano, di ben 243 giorni terrestri.

Gli astronomi planetari non hanno ancora compreso completamente l’origine e motore di questo fenomeno, noto come “Super Rotazione”, ma stanno lavorando per dare una risposta all’enigma. In una ricerca pubblicata su Nature Geoscience,  Takeshi Horinouchi (professore associato alla Hokkaido University) e colleghi, sono riusciti a individuare venti particolarmente forti,  fino a 80 metri al secondo, nello strato medio inferiore delle nuvole del pianeta, utilizando le osservazioni della sonda Akatsuki della JAXA (agenzia spaziale giapponese).

Immagine in falsi colori delle nubi nella notte di Venere, riprese dalla camera IR2 della sonda Akastuki. Le nubi più spesse sono nei toni più scuri, perché la luce infrarossa proveniente dagli strati più bassi dell'atmosfera fatica ad attraversarle. Crediti: PLANET-C Project Team

La camera IR2 nel vicino infrarosso della sonda, infatti, è riuscita a tracciare con successo le nuvole di bassa altezza di Venere, e in particolare lo strato più spesso tra i 45 e i 60 km di altezza.

«Il risultato è stato possibile osservando la silhouette delle nuvole che appare quando la luce infrarossa, originata dalla radiazione termica che proviene dalla bassa atmosfera, filtra attraverso le nuvole», spiegano gli autori della ricerca. «Simili osservazioni erano già state fatte precedentemente dalla Venus Express dell’ESA e dalla sonda Galileo della NASA, ma avevano fornito solo dati limitati a zone di bassa latitudine del pianeta. Da queste osservazioni si era ipotizzato che la velocità del vento negli strati medio inferiori fosse uniformamente orizzontale e con poche variazioni temporali».

grafico velocità dei venti venusiani
Nel grafico le velocità dei venti raccolte dalle osservazioni della camera Akatsuki/IR2 l'11 e 12 luglio 2016. I venti longitudinali medi sono indicati in riferimento alla latitudine; il picco nella velocità del vento alle basse latitudini indica la corrente di getto individuata. Crediti: PLANET-C Project Team.

Nel loro studio, Horinouchi e colleghi hanno analizzato i dati raccolti dalla Akastuki tra il marzo e l’agosto del 2016, utilizzando un metodo di tracciamento del movimento delle nubi sviluppato da loro stessi, per dedurre la distribuzione orizzontale dei venti, ma hanno trovato anche qualcosaltro di inaspettato.

«Abbiamo scoperto un flusso d’aria particolarmente veloce, simile a una corrente a getto equatoriale, grazie alle immagini del luglio 2016, e presente anche almeno per i due mesi successivi. Nel marzo di quell’anno, invece, le velocità dei venti alla stessa latitudine erano piuttosto lente, e nessuna corrente del genere è stata rilevata».

Immagine in pseudocolori che mostra le immagini raccolte dalla IR" camera della sonda a intervalli di due ore. Crediti: PLANET-C Project Team

I risultati del team hanno quindi per la prima volta evidenziato che le velocità dei venti nelle nubi di media e bassa altitudine hanno una variabilità sia spaziale che temporale, e molto maggiore di quello che si credeva, tanto da poter creare una corrente a getto vicino all’equatore mai individuata fin’ora, non solo in quelle zone, ma nemmeno nella ben meglio conosciuta e turbolenta atmosfera superiore.

«Benché non sia ancora chiaro perché si formi questo flusso equatoriale», sottolinea quindi Horinouchi, «i meccanismi che possono causarlo sono limitati, e relativi alle varie teorie sulla super rotazione. Per questo, ulteriori analisi dei dati inviatici da Akatsuki, ci aiuteranno non solo a trarre nuove informazioni riguardo a questi flussi locali, ma anche a dare una direzione alle teorie che cercano di spiegare il fenomeno della super-rotazione».

L’articolo sul sito della Hokkaido University: Equatorial jet in Venusian atmosphere discovered by Akatsuki

L’articolo originale su Nature Geoscience:  Equatorial jet in the lower to middle cloud layer of Venus revealed by Akatsuki, Nature Geoscience, August 28, 2017. DOI: 10.1038/NGEO3016

Il progetto Akatsuki


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Astroiniziative UAI: appuntamenti di settembre

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Tutti i primi lunedì del mese:
UNA COSTELLAZIONE SOPRA DI NOI
In diretta web con il Telescopio Remoto UAI Skylive dalle ore 21:30 alle 22:30, ovviamente tutto completamente gratuito. Un viaggio deep-sky in diretta web con il Telescopio Remoto UAI – tele #2 ASTRA Telescopi Remoti. Osservazioni con approfondimenti dal vivo ogni mese su una costellazione del periodo. Basta un collegamento internet, anche lento. Con la voce del Vicepresidente UAI, Giorgio Bianciardi
telescopioremoto.uai.it

CONVEGNI E INIZIATIVE UAI
8-10 settembre
10° Meeting nazionale Variabilità e Pianeti Extrasolari Il meeting nazionale sulle tematiche della variabilità stellare, dei pianeti extrasolari e delle tecniche di fotometria. Organizzato dalla SdR Pianeti Extrasolari e Stelle Variabili UAI, in occasione del Convegno Nazionale del GAD, presso il Parco Astronomico Lilio, a Savelli (KR).
http://pianetiextrasolari.uai.ithttp://stellevariabili.uai.it

L’ultimo Giove

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Settembre ci offre anche un paio di occasioni per dare un ultimo, ma non facile, sguardo a Giove (mag. –1,8), che come abbiamo visto lentamente riduce la sua osservabilità.

Eccolo quindi in una interessante congiunzione con la stella Spica (mag. +0,1). I due astri saranno visibili, separati di poco più di 3°, sull’orizzonte  occidentale, dietro al quale tramonteranno poco prima delle 21.

Potremo osservarli così vicini anche nelle sere successive, fino alla minima distanza di 3,1° dell’11 settembre.

Tramonteranno però sempre prima, anche se l’accorciamento delle giornate proverà a compensare con un cielo più scuro, ritardando così anche se di poco il commiato prima da parte di Spica e, a fine mese, di Giove.

Le effemeridi giornaliere di Luna, Sole e pianeti le trovi nel Cielo di Settembre

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➜  Scopri le costellazioni del cielo di settembre con la UAI

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Danza dei pianeti I atto: Marte, Regolo e Mercurio

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congiunzione Regolo Marte Mercurio
La congiunzione di questo primo passo della danza dei pianeti di settembre sarà piuttosto stretta, con i due astri separati da circa 44’, con Marte a nordovest di Regolo, all'ora indicata saranno alti circa 4° sull’orizzonte est–nordest. Molto più in alto Venere, ma ancora troppo lontana per far parte della coreografia. Crediti: Coelum Astronomia

Iniziano le danze! È questo il primo atto della danza di cui abbiamo parlato nell’introduzione, l’incontro mattutino che, alle ore 6 circa, vede protagonisti Marte (mag. +1,8°) e la stella alfa della costellazione del Leone, Regolo (mag. +1,4). Non molto distante c’è anche Mercurio (mag. +1,4) a circa 2,5° più a est.

Non sarà facile osservarli, data la scarsa altezza e il chiarore del cielo mattutitno a quell’ora.

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La Luna di Settembre 2017 e una guida all’osservazione di Bullialdus e i “crateri fantasma” del Mare Nubium

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Fasi e librazioni Luna di settembre 2017
Le fasi della Luna in settembre, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione.
Fasi e librazioni Luna di settembre 2017
Le fasi della Luna in settembre, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione.

Per chi insegue le sottili falci di Luna il lavoro non mancherà certamente. Per quanto riguarda la fase calante iniziamo poco prima dell’alba del 18 settembre quando, due giorni prima del Novilunio, alle 04:45 sorgerà una falce di 27,34 giorni. Osservazione altamente spettacolare in quanto nello spazio di un’ora vedremo sorgere in successione Venere, Luna, Marte e Mercurio nella costellazione del Leone (vedi circostanze a pag 199 di Coelum astronomia di settembre). In questo caso sarà importante disporre di un orizzonte verso est completamente libero da ostacoli. In Luna crescente il primo appuntamento è per la serata del 22 settembre quando dalle 20:00 circa si potrà tentare di individuare una sottile falce lunare di 2,5 giorni a un’altezza iniziale di soli +06°30′ poco prima del suo tramonto previsto per le 20:44 preceduta dal pianeta Giove distante 3°50′. L’osservazione sarà certamente più agevole la serata successiva, il 23 settembre, quando dalla medesima ora avremo a disposizione una falce di 3,5 giorni a un’altezza iniziale di +10°52′ fino al suo tramonto previsto per le 21:13. Naturalmente in questi due ultimi casi sarà determinante l’assenza di ostacoli sull’orizzonte occidentale.

A settembre osserviamo

La prima proposta del mese è per la serata del 6 settembre quando con la Luna in fase di 16 giorni (dodici ore dopo il Plenilunio verificatosi alle 09:03 dello stesso giorno) il punto di massima librazione verrà a trovarsi sul settore nordovest del nostro satellite e precisamente in prossimità di Avicenna-R, un cratere di 21 km di diametro situato poco oltre il confine con l’altro emisfero lunare.

Leggi La Massima librazione nel settore Nordovest

Per la nostra seconda proposta dovremo attendere fino al 27 e 28 settembre quando inizieremo a esaminare singolarmente, di volta in volta, le grandi strutture crateriformi situate in prossimità del margine orientale del mare Nubium, partendo questo mese dal grande cratere Albategnius, osservazione che sarà suddivisa in due distinte serate.

Leggi Il Cratere Albategnius

La terza e principale proposta è per la serata di chiusura di questo mese, il 30 settembre, quando a partire dalle 20:00 circa andremo a osservare il cratere Bullialdus e i cosiddetti “crateri fantasma” situati nel settore centro occidentale del mare Nubium. Nel caso specifico il nostro satellite sarà in fase di 10,5 giorni, Colongitudine 33.5°, illuminazione 74.3% a un’altezza iniziale di +24°41′ e culminerà in meridiano alle 21:19 a +27° e anche in questa occasione ci ritroveremo a breve distanza dal terminatore lunare.

Leggi Bullialdus e i crateri fantasma del mare Nubium

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Le effemeridi giornaliere di Luna, Sole e pianeti le trovi nel Cielo di Settembre

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Energia oscura: qualcosa è cambiato

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Marco Raveri
Marco Raveri, 30 anni, ricercatore al Kavli Institute for Cosmological Physics di Chicago (Stati Uniti)
il fondo cosmico a micoonde ricostruito sui dati delll'Osservatorio spaziale Planck dell'ESA
Il fondo cosmico a micoonde ricostruito sui dati dell'Osservatorio spaziale Planck dell'ESA. Dai dati raccolti e elaborati della missione Planck era risultato un valore della costante di Hubble diverso (oltre i limiti di errore) rispetto a quello calcolato ad esempio nell'ottico con il telescopio spaziale Hubble. Credit European Space Agency; Planck Collaboration

Da 67 a 73 in 13 miliardi di anni… una variazione non piccola, per una “costante”. E che costante: stiamo parlando della mitica H0 (si legge ‘acca zero’), la costante di Hubble. Quella che rende conto dell’espansione dell’universo. Quella che ci dice a che velocità si allontanano le galassie l’una dall’altra in base alla loro distanza reciproca, consentendoci così di misurare, tramite il redshift, quanto una sorgente è lontana da noi, e dunque quanto è “antica” la sua luce. Quella che è alla base di ogni stima sull’età, la geometria e in ultima analisi il destino del nostro universo.

Ebbene, ora salta fuori che la costante di Hubble potrebbe essere ballerina. Il sospetto aleggia da un po’, da quando le misure di strumenti diversi, ma ugualmente assai affidabili, come per esempio quelle del telescopio spaziale Hubble nell’ottico e del telescopio spaziale Planck nelle microonde, hanno dato risultati differenti. Ma ora cominciano anche a farsi strada alcune ipotesi e spiegazioni. L’ultima in ordine di tempo, pubblicata lunedì scorso su Nature Astronomy, propone che la deriva nel tempo della costante di Hubble sia dovuta, niente meno, alla dinamicità dell’energia oscura: in un lontano passato avrebbe premuto sulla tavoletta dell’acceleratore cosmico con un piede più leggero di quanto non abbia fatto in epoche più recenti.

Marco Raveri
Marco Raveri, 30 anni, ricercatore al Kavli Institute for Cosmological Physics di Chicago (Stati Uniti)

Le prime due firme dell’articolo sono quelle di Gong-Bo Zhao (Chinese Academy of Sciences e University of Portsmouth, Uk) e dell’italiano Marco Raveri. Trent’anni compiuti da poco, originario di Venezia, laurea in fisica a Padova e dottorato alla Sissa, da un anno Raveri è ricercatore postdoc a Chicago, al Kavli Institute for Cosmological Physics. Ed è lì che Media Inaf lo ha raggiunto.

Raveri, dunque la costante di Hubble è in crisi. O meglio, sembra essere in crisi la sua “costanza”. Cosa sta accadendo?

«Una delle constatazioni da cui parte il nostro lavoro è che diversi esperimenti misurano diversi valori dello stesso parametro che descrive l’espansione del nostro universo, la costante di Hubble, appunto. Da una parte misure dell’espansione dell’universo vicino a noi, quelle dello Hubble Space Telescope e di altri telescopi, indicano che la costante di Hubble ha un valore di circa 73 km/s/Mpc [km al secondo per megaparsec, ndr], con un margine di errore minore dell’uno per cento. Dall’altra parte le osservazioni del fondo cosmico di microonde (Cmb) del satellite Planck indicano indirettamente che la costante di Hubble ha un valore di circa 67.8 (± 1.3 per cento) km/s/Mpc».

Un bel problema… da cosa può dipendere?

«Il Cmb misura l’espansione dell’universo circa 300mila anni dopo il big bang, mentre le misure dirette della costante di Hubble ce ne danno una stima oggi, approssimativamente 13 miliardi di anni dopo. Per poter confrontare queste due misure dell’espansione dell’universo bisogna capire cosa implicano l’una per l’altra, in maniera simile al confrontare la dimensione di due oggetti, uno vicino e uno lontano».

Proviamoci.

«Il Cmb gioca il ruolo dell’oggetto più lontano, e per confrontarlo con misure vicine dobbiamo predire, in base ad una misura dell’espansione dell’universo 300mila anni dopo il big bang, cosa questo implica oggi. Durante i miliardi di anni che separano i tempi di queste due misure, l’espansione dell’universo ha cambiato ritmo, passando da decelerata ad accelerata, e questo fenomeno è imputato all’azione della dark energy».

È la vostra ipotesi qual è? La dark energy varierebbe solo nel tempo o anche nello spazio?

«Nei modelli che stiamo considerando la dark energy varia nel tempo e nello spazio. Le variazioni nello spazio, che potrebbero essere indirettamente rilevate da survey di galassie, sono però, nei modelli che studiamo, molto piccole e non rilevabili».

Se la dark energy ha un andamento dinamico, come suggerite, allora la tensione fra stime differenti, come quelle di Hubble e Planck, si allenterebbe?

«Nel nostro lavoro stiamo già assumendo che entrambi gli esperimenti abbiano ragione, che non ci siano contaminazioni dovute ad effetti sistematici, conosciuti o sconosciuti, che alterano i loro risultati. Cambiando l’evoluzione temporale della dark energy cambiamo il modo in cui queste due misure vengono confrontate fra di loro, migliorando il risultato di questo confronto».

Nel vostro articolo suggerite che Desi, il Dark Energy Spectroscopic Instrument che dovrebbe entrare in funzione l’anno prossimo in Arizona, possa contribuire a risolvere il problema. Che cos’ha di diverso rispetto ai telescopi attuali?

«Abbiamo considerato Desi come archetipo di una survey di galassie della prossima generazione. Rispetto ai telescopi attuali ci si aspetta che questi strumenti siano in grado di rilevare un numero maggiore di galassie misurandone la distanza da noi con grande precisione. Questo permetterà di studiare l’espansione dell’universo fornendo una misura precisa delle Baryon Acoustic Oscillations (Bao) che sono impresse nel pattern del clustering delle galassie. Una simile sensibilità, se non migliore, è attesa da survey come Euclid e Ska, ma lo studio per capire precisamente quanto queste osservazioni possano contribuire è in corso».

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Dynamical dark energy in light of the latest observations”, di Gong-Bo Zhao, Marco Raveri, Levon Pogosian, Yuting Wang, Robert G. Crittenden, Will J. Handley, Will J. Percival, Florian Beutler, Jonathan Brinkmann, Chia-Hsun Chuang, Antonio J. Cuesta, Daniel J. Eisenstein, Francisco-Shu Kitaura, Kazuya Koyama, Benjamin L’Huillier, Robert C. Nichol, Matthew M. Pieri, Sergio Rodriguez-Torres, Ashley J. Ross, Graziano Rossi, Ariel G. Sánchez, Arman Shafieloo, Jeremy L. Tinker, Rita Tojeiro, Jose A. Vazquez e Hanyu Zhang

Addio Cassini. Diario di viaggio di vent’anni di missione a pochi giorni dall’ultimo drammatico tuffo nell’atmosfera di Saturno.

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Il Cielo di Settembre 2017

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Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42°N - Long. 12°E La cartina mostra l’aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 settembre > 00:00 - 15 settembre > 23:00 - 30 settembre > 22:00 30 agosto > 22:00
Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42°N - Long. 12°E La cartina mostra l’aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 settembre > 00:00 - 15 settembre > 23:00 - 30 settembre > 22:00 30 agosto > 22:00

EFFEMERIDI
(mar. – ott. 2017)

Luna

Sole e Pianeti

Verso ponente saranno ancora visibili, ma ormai declinanti e prossime al tramonto, le estese costellazioni della tarda primavera: il Boote con la brillante Arturo (mag. +0,15), Ofiuco, Ercole e il Serpente), mentre verso sudovest sarà già quasi tramontato lo Scorpione portando con sé Saturno. Con il passare del tempo il cielo muterà completamente aspetto: prima della mezzanotte saranno già visibili le Pleiadi sull’orizzonte nordest e nella seconda parte della notte si potrà godere della presenza contemporanea della nebulosa M42 in Orione e della Nebulosa Velo nel Cigno. In mezzo, solo spazi silenti e rarefatti, ma anche imponenti visioni, come quelle di M31 in Andromeda e del Doppio Ammasso nel Perseo.

Scopri le costellazioni del cielo di settembre con la UAI

IL SOLE

L’evento più importante del mese per la nostra stella sarà ovviamente il passaggio al nodo discendente sull’equatore celeste il giorno 22, quando in pratica il Sole avrà declinazione pari a zero e si verificherà l’Equinozio d’Autunno, ovvero l’istante in cui inizia l’autunno astronomico (la primavera per l’emisfero Sud).

FENOMENI E CONGIUNZIONI DI SETTEMBRE


Settembre è il mese delle congiunzioni molto strette e degli ampi allineamenti planetari, ma in condizioni di difficile osservazione, ma la soddisfazione non mancherà per chi si cimenterà nell’impresa. Sarà sicuramente interessante seguire la danza di Marte e Mercurio, già nei primi giorni del mese, tra le stelle della costellazione del Leone. Per tutto il tempo, si troveranno in linea con Venere, che passerà dai 20° circa di distanza i primi del mese, fino ad avvicinarsi a Marte, a poco più di 3° di distanza a fine mese (distanza destinata poi a diminuire ulteriormente fino a soli 20′, formando una bellissima congiunzione stretta nei primi giorni di ottobre). La Luna ovviamente non mancherà di intromettersi, arricchendo il quadro complessivo, ma si tratterà di una falce non ingombrante ed estremamente sottile, la cui luce sarà minacciata dal crepuscolo incombente. L’allineamento planetario vedrà però schierarsi quattro astri, non solo i tre nominati. Si fingerà infatti “quarto pianeta”, grazie alla sua luminosità superiore a quella di Marte, la stella alfa del Leone, Regolo (mag. +1,4). Un mese perfetto per seguire i consigli di Giorgia Hofer ne “La danza dei pianeti”, anche se le condizioni di luminosità e soprattutto di altezza degli astri, richiederanno un orizzonte orientale sgombro, un cielo limpido e un’ottima organizzazione!

➜ Leggi Il Cielo di settembre su Coelum Astronomia 214

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➜ Storia, leggende, stelle e oggetti deepsky della costellazione della LUCERTOLA

La Luna di settembre. I consigli osservativi di questo mese sono Bullialdus e i “crateri fantasma” del Mare Nubium.

➜ Il Club dei 100 asteroidi: gli asteroidi in opposizione a settembre, che aspettate a unirvi al Club?!

➜ Leggi la rubrica di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

➜ ASTROFOTOGRAFIA: Fotografiamo la Via Lattea e il Triangolo Estivo/a>

➜ Le comete del mese:C/2017 O1 ASASSN, una bella cometa per l’autunno

Supernovae. Nuove scoperte per i team amatoriali!

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Il cielo a colori di Gaia

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astrometria centro galattico e Grande Nube di Magellano
Dettaglio dell'immagine riportata più sotto (con contrasto ulteriormente aumentato) che mostra la regione del centro galattico e la Grande Nube di Magellano Copyright: ESA/Gaia/DPAC/CU5/DPCI/CU8/F. De Angeli, D.W. Evans, M. Riello, M. Fouesneau, R. Andrae, C.A.L. Bailer-Jones - Processing: M. Di Lorenzo
astrometria  centro galattico e Grande Nube di Magellano
Dettaglio dell'immagine riportata più sotto (con contrasto ulteriormente aumentato) che mostra la regione del centro galattico e la Grande Nube di Magellano Copyright: ESA/Gaia/DPAC/CU5/DPCI/CU8/F. De Angeli, D.W. Evans, M. Riello, M. Fouesneau, R. Andrae, C.A.L. Bailer-Jones - Processing: M. Di Lorenzo

In attesa della pubblicazione del secondo catalogo astrometrico DR2, prevista per il prossimo aprile, Gaia ci regala una nuova visione del cielo con i colori delle stelle, o meglio la loro mediana in ciascuna piccola porzione di volta celeste.

L’immagine include dati da 18,6 milioni di stelle luminose osservate da Gaia tra il luglio 2014 e il maggio 2016, e il colore di ciascuna stella è stimato confrontando la quantità totale di luce negli spettri blu e rosso forniti dallo strumento fotometrico. Anche se questa mappa rappresenta solo un assaggio del catalogo completo del prossimo anno, testimonia il lavoro enorme che sta compiendo il gruppo di analisi del Data Processing and Analysis Consortium (DPAC). In essa è già possibile individuare alcune caratteristiche interessanti.

Mappa preliminare dei colori stellari, con legenda a destra. Rispetto all'originale, i contrasti sono stati aumentati per rendere meglio visibili le differenze cromatiche. - Copyright: ESA/Gaia/DPAC/CU5/DPCI/CU8/F. De Angeli, D.W. Evans, M. Riello, M. Fouesneau, R. Andrae, C.A.L. Bailer-Jones - Processing: M. Di Lorenzo

Il piano galattico, corrispondente alla regione più densamente popolata della nostra galassia Via Lattea si distingue come la struttura approssimativamente orizzontale che si estende attraverso la mappa che è una proiezione in coordinate galattiche, appunto. Le regioni rosse sono principalmente situate vicino al Centro Galattico, in corrispondenza a zone apparentemente “svuotate” di stelle (vedi seconda immagine più sotto) a causa di dense nubi oscure che assorbono soprattutto la luce blu, facendo apparire queste stelle più rosse (un fenomeno noto come arrossamentodella luce stellare).

È anche possibile distinguere, a destra sotto il piano galattico, le due Nubi di Magellano, contenenti regioni di formazione stellare, quindi popolate da stelle giovani e bluastre; stesso discorso per la “Popolazione I” della Via Lattea, le stelle più giovani di seconda generazione che popolano il disco; quelle più vicine a noi, per motivi prospettici appaiono nelle zone ad alta latitudine galattica (che sono intrinsecamente poco dense, come dimostrato dalla seconda mappa) e che quindi appaiono azzurre.

La prima mappa di Gaia a colori completa, con oltre 1 miliardo di stelle, verrà rilasciata nella sua massima risoluzione con il nuovo catalogo tra 8 mesi. Le stelle in questa mappa sono state selezionate tra tutte le stelle di Gaia con magnitudine più luminosa di 17 e per le quali sono disponibili sia la misura dei colori nei canali blu e rosso. La mappa mostra i valori dell’indice di colore, (BP-RP), che vanno da 0 (stelle più blu) a 3 (stelle più rosse). Questo è un sottoinsieme di tutti i valori (BP-RP) ottenuti da Gaia, che vanno da -0,2 a 3,6.

Mappa preliminare della densità stellare (stessi dati della mappa precedente) espressa in stelle per pixel. - Copyright: ESA/Gaia/DPAC/CU5/DPCI/CU8/F. De Angeli, D.W. Evans, M. Riello, M. Fouesneau, R. Andrae, C.A.L. Bailer-Jones - Processing: M. Di Lorenzo

Dal rilascio iniziale dei dati, gli scienziati di tutto il mondo hanno utilizzato le misurazioni della luminosità di Gaia, ottenute su tutta la gamma G (da 330 a 1050 nm), insieme a set di dati provenienti da altre missioni per la stima dei colori stellari. Questi studi sono stati applicati a una varietà di soggetti, da stelle variabili e ammassi stellari nella nostra galassia alla caratterizzazione di stelle nelle Nubi Magellaniche. L’anno prossimo, la seconda uscita dei dati Gaia includerà non solo la posizione e la luminosità a banda G, ma anche il colore blu e rosso per oltre un miliardo di stelle, oltre alle attese attesissime parallassi stellari e moti propri. Questo dataset straordinario permetterà agli scienziati di approfondire i segreti della nostra galassia, indagando la sua composizione, la sua formazione e l’evoluzione a un livello di dettaglio ineguagliato.

Riferimenti:
– http://sci.esa.int/gaia/59404-sneak-peek-of-gaias-sky-in-colour/


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Oceani alieni nell’occhio del James Webb

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Europa e Encelado
Le "Ocean Moons" Europa e Encelado, riprese rispettivamente dalla sonda Galileo e dalla Cassini. Credit: NASA/ESA/JPL-Caltech/SETI Institute
Europa e Encelado
Le "Ocean Moons" Europa e Encelado, riprese rispettivamente dalla sonda Galileo e dalla Cassini. Credit: NASA/ESA/JPL-Caltech/SETI Institute

Il James Webb Space Telescope, che tra poco più di un anno andrà a occupare la sua posizione al punto di Lagrange L2, sarà richiestissimo da astronomi interessati a osservare oggetti estremamente lontani, grazie alla sua risoluzione, di gran lunga maggiore di quella del suo predecessore: il venerabile Hubble Space Telescope. Ma tra i primi oggetti presi in esame dal nuovo telescopio ci saranno due lune del nostro “vicinato spaziale”, Europa ed Encelado, selezionate da astronomi con “tempo garantito”: scienziati che hanno contribuito allo sviluppo del nuovo telescopio e che hanno diritto privilegiato a periodi di osservazione.

Interno di Encelado, luna di Saturno
Rappresentazione artistica della struttura interna di Encelado, che mostra la presenza di oceani sotterranei e dell’attività idrotermale forse all’origine dei geyser. Crediti: Nasa-Gsfc/Svs, Nasa/Jpl-Caltech/Southwest Research Institute

Infatti, il James Webb è dotato di sensori infrarossi particolarmente indicati per l’esame dei geyser che emergono da spaccature sulla superficie di Encelado e di Europa, e che si estendono per centinaia di chilometri verso il vuoto dello spazio. L’analisi dei composti chimici presenti nei materiali eiettati in questo modo ci darà un’idea più dettagliata della composizione degli oceani sotterranei delle due lune, composti da acqua allo stato liquido grazie alle forze gravitazionali che riscaldano l’interno di questi corpi celesti.

Un team di ricercatori, guidato da Geronimo Villanueva, esperto di scienze planetarie al Goddard Space Flight Center della Nasa a Greenbelt, nel Maryland, utilizzerà la near-infrared camera (NirCam) montata sul James Webb per ottenere immagini ad alta risoluzione della superficie di Europa (la più vicina delle due lune) al fine di individuare zone calde che indichino attività geologica. Laddove vengano trovati geyser, questi saranno sottoposti ad analisi spettrografica grazie al near-infrared spectrograph (NirSpec) e al mid-infrared instrument (Miri). Quanto a Encelado – molto più distante – non sarà possibile osservare direttamente la sua superficie, e gli strumenti del James Webb verranno indirizzati verso gli spettacolari geyser che sono stati osservati, per la prima volta, dalla sonda Cassini nel 2005.

Queste analisi permetteranno di capire la loro composizione, temperatura, e le cause stesse di questi enormi getti di vapore acqueo. Villanueva osserva come «le misurazioni rese possibili dal James Webb ci permetteranno di rispondere a queste domande con un livello di accuratezza e precisione precedentemente impossibile». La conferma della presenza di composti organici come metano, metanolo ed etano potrebbe suggerire la presenza di forme di vita elementari all’interno degli oceani sotterranei delle due lune.

Identificare zone di superficie particolarmente interessanti potrebbe inoltre aiutare la pianificazione di future missioni verso queste due lune, come ad esempio la Europa Clipper, una futura missione NASA pianificata per esaminare la superficie di Europa e la sua possibile abitabilità. E – chissà – magari anche per toccare “con mano” le prime forme di vita extraterrestre.

Guarda il video del Gsfc della Nasa (in inglese):


Eclissi di Sole, tra Suggestioni, Storia e Scienza!
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Virgo vede le sue prime onde gravitazionali

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Ricercatori al lavoro all’interno di Virgo
Ricercatori al lavoro all’interno di Virgo. Crediti: Infn
Ricercatori al lavoro all’interno di Virgo
Ricercatori al lavoro all’interno di Virgo. Crediti: Infn

“Very exciting”. Alla fine la tanto attesa dichiarazione ufficiale è arrivata. Alle 15 ora italiana, quasi allo scadere del primo run con Ligo e Virgo insieme, in contemporanea sui siti delle due collaborazioni scientifiche Ligo e Virgo, uno scarnissimo comunicato annuncia una notizia stupenda e di enorme portata: anche Virgo, l’interferometro europeo in funzione a Cascina (Pisa), ha rilevato promising gravitational-wave candidates. Segnali che sembrano proprio essere – la conferma definitiva arriverà al termine dell’analisi dati – onde gravitazionali. Le sue prime onde gravitazionali.

Un risultato storico, raggiunto grazie al contributo fondamentale dei ricercatori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), messo appena un po’ in ombra dalle voci di corridoio – lanciate da un tweet del 18 agosto scorso e riprese, in questi giorni, da testate come New ScientistForbesNature – circa la possibile rivelazione un “nuovo tipo” di onde gravitazionali da parte dei due interferometri. Indiscrezione, questa, non confermata dalla dichiarazione ufficiale di oggi, dove non si fa cenno al “tipo” di onde osservate. Ma nemmeno smentita.

Trattandosi perlopiù di voci non confermate, sarebbe inutile, in quest’occasione, proporre la lista di ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo. Piuttosto cerchiamo di fare ordine fra ciò che è confermato da fonti ufficiali e ciò che invece è per ora soltanto mormorio di corridoio. Di ufficiale, come detto, sappiamo almeno quattro cose.

speciale onde gravitazionali
Per capire cosa sono le onde gravitazionali, come funziona un interferometro e leggere altri approfondimenti su LIGO,VIRGO e il futuro dell'astronomia delle onde gravitazionali, leggi lo speciale, sempre in formato digitale e gratuito, pubblicato in occasione della prima rivelazione!

Primo, anche in questo run – così i fisici chiamano le campagne di raccolta dati – sono stati rilevati segnali candidati a essere onde gravitazionali.

Secondo, questi segnali sono stati rilevati anche da Virgo, ed è la vera notizia del giorno: significa che finalmente è possibile, tramite un processo di triangolazione, determinarne con buona precisione, per la prima volta, la regione d’origine.

Terzo, durante queste quattro settimane Virgo ha acquisito dati scientifici per oltre l’80 per cento del tempo, altro risultato del quale i fisici dell’Infn vanno giustamente fieri.

Quarto – come scritto tra le righe nell’annuncio odierno – i risultati ottenuti in questi giorni sono stati già condivisi con i colleghi astronomi. E proprio da quest’ultimo punto, apparentemente ovvio e pleonastico (anche per il precedente runc’era stato un coinvolgimento immediato degli astronomi per i cosiddetti follow up, senza però poter indicare loro una direzione precisa in cui osservare), vale la pena muovere i passi per entrare nel regno delle anticipazioni ufficiose e del gossip scientifico.

Quello che giustificherebbe abbondantemente il “very exciting” con il quale si apre l’annuncio odierno. Qui la lista sarebbe lunga e ghiotta oltre misura. Limitandosi alle voci riprese da Davide Castelvecchi ieri su Nature, alcuni telescopi potrebbero aver osservato la controparte elettromagnetica di una di queste onde gravitazionali. Andando a guardare dove hanno diretto lo sguardo, nell’ultima settimana, alcuni fra i più grandi telescopi, c’è anche chi fa ipotesi sul luogo esatto di provenienza: la galassia Ngc 4993, nella costellazione dell’Idra, a circa 130 milioni di anni luce da noi, dove sarebbe stato osservato un lampo gamma.

Se queste indiscrezioni verranno confermate, il run condotto questo mese da Ligo e Virgo assieme passerà alla storia per aver segnato l’alba di una nuova astrofisica: un’astrofisica multisensoriale, nella quale la “vista” dei telescopi e l’“udito” degli interferometri per onde gravitazionali captano contemporaneamente lo stesso evento. Ma per questo, appunto, occorre attendere conferme. Per oggi, festeggiamo l’epocale, sudato e meritatissimo successo di Virgo.


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La miglior immagine di sempre della superficie e dell’atmosfera di una stella

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Antares
Crediti: ESO/K. Ohnaka

Antares, una stella famosa e brillante, risulta facilmente visibile a occhio nudo nel cuore della costellazione dello Scorpione per la sua colorazione rossastra. È una stella supergigante rossa enorme e relativamente fredda che si trova negli ultimi stadi della propria vita, pronta per esplodere in supernova.

Rappresentazione artistica di Antares
Una rappresentazione artistica della supergigante rossa Antares ricostruita in base all'immagine reale prodotta con i dati del VLTI. Crediti: ESO/M. Kornmesser

Un’equipe di astronomi, con a capo Keiichi Ohnaka, dell’Universidad Católica del Norte in Cile, ha sfruttato ora il VLTI (Very Large Telescope Interferometer, l’interferometro del VLT) dell’ESO all’Osservatorio del Paranal in Cile, per mappare la superficie di Antares e misurare il moto del materiale sulla superficie. Questa è la miglior immagine mai ottenuta della superficie e dell’atmosfera di una stella che non sia il Sole.

Il VLTI è uno strumento unico, che combina i fasci di luce da diversi telescopi, fino a quattro, che siano i telescopi più grandi da 8,2 metri (UT) o i più piccoli AT (Auxiliary Telescopes), per creare un telescopio virtuale equivalente a un singolo specchio di diametro fino a 200 metri, con cui si possono risolvere minuti dettagli molto al di là di quanto possa fare un singolo telescopio.

«Per più di mezzo secolo abbiamo affrontato il problema di come le stelle come Antares perdano massa così velocemente nelle fasi finali dell’evoluzione,» commenta Keiichi Ohnaka, primo autore dell’articolo. «Il VLTI è l’unico strumento che possa misurare direttamente il moto del gas nell’atmosfera estesa di Antares – un passo cruciale nella direzione della soluzione del problema. La prossima sfida è di identificare che cosa provoca il moto turbolento».

Mappa della vleocità del materiale che compone l'atmosfera stellare della supergigante rossa Antares.
La notevole mappa delle velocità del materiale che compone l'atmosfera stellare della supergigante rossa Antares. È la prima mappa del suo genere per una stella diversa dal Sole. In rosso le regioni in cui il materiale si sta allontanando da noi e in blu quelle in cui il materiale si sta avvicinando. Le zone vuote intorno alla stella non descrivono una situazione reale, ma mostrano le regioni in cui le misure di velocità non sono state possibili. Crediti: ESO/K. Ohnaka

Usando i nuovi risultati, l’equipe ha creato la prima mappa bidimensionale di velocità dell’atmosfera di una stella diversa dal Sole. Le misure sono state ottenute con il VLTI che utilizzava tre dei telescopi ausiliari AT e lo strumento AMBER per produrre singole immagini della superficie di Antares in una piccola banda di lunghezze d’onda infrarosse. L’equipe ha quindi usato questi dati per calcolare la differenza tra la velocità del gas atmosferico in diverse posizioni sulla superficie della stella e la velocità media su tutta la stella, producendo così una mappa delle velocità relative del gas atmosferico sull’intero disco di Antares – un vero record.

Gli astronomi hanno trovato gas turbolento a bassa densità molto più lontano del previsto dalla stella e hanno concluso che il moto non può essere il risultato della convezione (il processo per cui la materia fredda si sposta verso il basso e quella calda sale, con un movimento circolare), cioè moti su larga scala della materia che in molte stelle trasfersicono l’energia dal nucleo fino agli strati esterni dell’atmosfera. Essi pensano che serva un processo nuovo, al momento ancora sconosciuto, per spiegare questi moti nell’atmosfera estesa delle supergiganti rosse come Antares.

«In futuro questa tecnica osservativa potrà essere applicata a diversi tipi di stella per studiarne la superficie e l’atmosfera con un dettaglio senza precedenti. Questo tipo di studi finora era limitato al Sole,» conclude Ohnaka. «Il nostro lavoro porta l’astrofisica stellare su un nuovo piano e apre una finestra completamente nuova all’osservazione delle stelle».

Ulteriori Informazioni

Questo risultato è stato presentato nell’articolo intitolato “Vigorous atmospheric motion in the red supergiant star Antares”, di K. Ohnaka et al., pubblicato dalla rivista Nature.


Eclissi di Sole, tra Suggestioni, Storia e Scienza!
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Luna e Giove nella Vergine

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Ecco un’altra bella congiunzione abbastanza stretta: questa volta è Giove ad accompagnare in prima serata il nostro satellite naturale, proprio al centro della Vergine. La Luna sarà una sottile falce crescente (fase 28%) e assieme al gigante gassoso si renderanno visibili nel cielo del crepuscolo, subito dopo il tramonto.

All’ora indicata in cartina, nel momento del loro massimo avvicinamento, la Luna, alta poco meno di venti gradi sull’orizzonte ovest, si troverà circa 2,8° a nord di Giove (mag. –1,8) e circa 6° a nordovest di Spica (alfa Virginis; mag. +1,01).

Potranno essere seguiti però per non molto tempo, con lo scurirsi del cielo, la loro altezza si farà via via più contenuta, finché non tramonteranno, attorno alle ore 21:30.

Le effemeridi giornaliere di Sole, Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Luglio e Agosto

Leggi anche

➜ Fotografare la Luce Cinerea della Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia di gennaio 2017

➜ La Luna di luglio e agosto. Alla scoperta di  Aristarchus Plateau

➜ Scopri le costellazioni del cielo di luglio e agosto con la UAI


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Accademia delle Stelle

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2017 Luglio-Agosto

23 – 27 agosto: Vacanze astronomiche in Toscana.
In un hotel (con piscina) scelto per avere un ampio spazio per i telescopi e inquinamento luminoso minimo, da uno a quattro giorni di relax tra natura e astronomia in compagnia di altri appassionati. Adatto anche a neofiti.

Eventi in tutta Italia
Animeremo serate osservative in tutta Italia. Scopri i nostri appuntamenti alla pagina accademiadellestelle.org/eventi

Info:
accademiadellestelle.org/eventi
www.facebook.com/accademia.dellestelle/events

Eclissi di Sole USA 2017. Una “ola” lunga quanto gli Stati Uniti… e oltre!

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Eclissi di Sole 2017 ripresa dal GIII della NASA
L'eclissi nel momento della totalità ripresa in volo a bordo di un Gulfstream III, dell'Armstrong Flight Research Center della NASA, a 7620 metri sopra le coste dell'Oregon. Crediti: NASA/Carla Thomas

Guardando la lunga diretta trasmessa dalla NASA, e ascoltando le grida e la gioia di chi stava assistendo allo spettacolo di questa Eclissi totale di Sole, non si poteva fare a meno di immaginare tutta questa “meraviglia urlata” attraversare gli Stati Uniti da Lincoln Beach, in Oregon, a Charleston, in Carolina del Sud, lungo 12 stati assieme all’ombra della Luna, proprio come una ola attraversa uno stadio durante una partita. Un’ola della durata di circa un’ora e mezza – questo il tempo che l’ombra ha impiegato per attraversare gli Stati Uniti – e anche per noi, che non eravamo lì, l’emozione è stata altrettanta, anche solo via streaming…

Ultima mossa della Luna, che sta per coprire il disco del Sole, ripresa da Madras, in Oregon. Nell'immagine si vedono quelli che sono chiamati i "grani di Baily": uno degli effetti ottici luminosi che avvengono durante una eclissi totale di Sole, nella corona solare in prossimità del bordo lunare, che con la sua irregolarità blocca in alcuni punti la luce solare. E' un fenomeno che dura pochissimi attimi e può seguire (o precedere quando il disco lunare comincia a riscoprire il Sole) il più evidente e noto "anello di diamante". Crediti: NASA/Aubrey Gemignani

Per i pochi commenti preoccupati, che nonostante tutto sono arrivati e arrivano, ricordiamo che un’eclissi totale è solo un meraviglioso gioco di prospettiva, che dipende esclusivamente dal nostro punto di vista, oltretutto molto limitato nello spazio e nella durata, e che non cambia nulla riguardo alle energie in gioco (venti solari, campi magnetici o altro) che quotidianamente interagiscono attorno a noi e alla nostra Terra. Per il nostro sistema vitale è un giorno come un altro… niente di più, ma per i pochi che si ritrovano in quella privilegiata stretta fascia di totalità è senz’altro uno spettacolo emozionante.  In passato, quando non si sapeva ancora di cosa si trattasse, sicuramente poteva essere anche spaventoso, e profezie, presagi, timori potevano avere una motivazione, oggi proprio no!

Di come potevano essere viste le eclissi in passato, o anche più recentemente in zone remote dove l’informazione scientifica non era ancora arrivata, ne abbiamo parlato negli approfondimenti dello Speciale dedicato all’Eclissi di Sole USA 2017 sul numero di Coelum Astronomia 113, di luglio/agosto (come sempre in formato digitale e gratuito).

➜ Come funzionano le Eclissi di Sole. «Ah, Signor Professore, la scienza esiste!» di Mario Rigutti
➜ Eclissi di Sole: dalle suggestioni del passato alla scienza del futuro di Alessandro Bemporad, Luca Zangrilli, Silvano Fineschi (INAF – Osservatorio Astrofisico di Torino)

Prossimamente su Coelum astronomia (nel numero di ottobre) troverete una galleria di immagini amatoriali e i commenti di alcuni dei tanti astrofili e appassionati italiani in trasferta, se volete condividere anche le vostre pubblicatele con un commento su PhotoCoelum, per condividerle con i nostri lettori, o inviatele a gallery@coelum.com, con tutti i dettagli di ripresa. In entrambi i casi, tra quelle arrivate entro questa settimana, selezioneremo le migliori, o i ricordi più particolari, per la pubblicazione sul prossimo numero.

Al momento invece “accontentiamoci” delle meravigliose foto pubblicate dalla NASA, foto riprese da particolari e diversi punti di vista… L’eclissi infatti non è stata osservata solo da Terra, dalle quasi 200 milioni di persone che si sono ammassate nella fascia di totalità, ma ovviamente Osservatori spaziali, Osservatori volanti (su aereo o su pallone sonda) e anche la Stazione Spaziale Internazionale sono stati coinvolti nella ripresa e nell’osservazione dell’evento.

E tra le prime immagini che vi mostriamo non potevano essere che quelle incredibili, qui sotto, dell’ombra della Luna che si sposta sulla Terra twittate dal nostro Paolo Nespoli dalla Stazione Spaziale Internazionale, dove si trova impegnato nella missione VITA.

Mentre qui a destra una ripresa di Randy Bresnik, sempre a bordo della Stazione Spaziale, di un momento della parzialità. Testimoni dell’eclissi dall’orbita, con Nespoli e Bresnik, anche Jack Fischer e Peggy Whitson della NASA e il Comandante Fyodor Yurchikhin e Sergey Ryazanskiy della Roscosmos, tutti parte dell’equipaggio della Expedition 52. La Stazione Spaziale, lungo la sua orbita, ha attraversato il percorso dell’eclissi tre volte, passando sopra gli Stati Uniti a un’altitudine di circa 400 chilometri.

Invertiamo il punto di vista e 1.500 fotogrammi al secondo con una telecamera ad alta velocità, ci mostrano la stessa Stazione Spaziale Internazionale attraversare il disco del Sole parzialmente eclissato a circa otto chilometri al secondo! L’impresa è riuscita Joel Kowsky, dalla sua postazione vicino a Banner, in Wyoming (Crediti video: NASA / Joel Kowsky).

ombra dell'eclissi di Sole ripresa dal NOAA
Per vedere le immagini della Terra riprese ogni giorno https://epic.gsfc.nasa.gov Crediti: NASA EPIC Team

Sempre l’ombra della Luna sulla Terra, questa volta ripresa da molto più lontano, da ben un milione di chilometri di distanza. La fotocamera è la EPIC della NASA, a bordo del Deep Space Climate Observatory (DSCOVR) del NOAA, che ha catturato 12 immagini  a colori naturali della Terra illuminata dal Sole. EPIC riprende quotidianamente circa 20/22 immagini del lato illuminato della Terra, per questo nel montaggio si vede l’eclissi a ritmo accelerato.

E non potevano ovviamente mancare le immagini SOHO, l’Osservatorio solare ESA/NASA che riprende, sempre quotidianamente da più punti nell’orbita terrestre, il Sole in diverse lunghezze d’onda, per studiarne tutti i suoi aspetti.
Qui sotto due immagini riprese durante la parzialità nell’estremo ultravioletto, a sinistra a 304 angstrom, evidenziando la granulosità della superficie visibile del Sole, e a destra a una lunghezza d’onda di 171 angstrom, in cui si evidenziano invece protuberanze e brillamenti nella bassa corona. In entrambe si può osservare il bordo irregolare del nostro satellite in controluce.

Sole ripreso dalla SOHO eclisse di Sole 2017Sole ripreso dalla SOHO eclisse di Sole 2017

Chiudiamo questa carrellata di immagini dell’Eclisse dallo spazio con questo bel mosaico formato invece da immagini riprese da Terra. In undici scatti vediamo le varie fasi dell’eclissi, dal primo contatto all’ultimo, passando per il massimo, riprese dalla Madras High School di Madras, in Oregon. Cliccate per vederla più in grande. E ora aspettiamo le vostre…

fasi dell'Eclissi di Sole USA 2017
Crediti: NASA / Aubrey Gemignani

E per saperne di più sulle Eclissi di Sole

➜ Come funzionano le Eclissi di Sole. «Ah, Signor Professore, la scienza esiste!»
➜ Geometria delle eclissi
di Mario Rigutti

➜ Eclissi di Sole: dalle suggestioni del passato alla scienza del futuro
di Alessandro Bemporad, Luca Zangrilli, Silvano Fineschi (INAF – Osservatorio Astrofisico di Torino)

➜ Eclissi storiche. I primi passi verso lo studio della parte esterna del Sole di Mario Rigutti

➜ Le mie Eclissi di Sole. Diario di Viaggio di un Astronomo di Mario Rigutti


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La Luna e l’Alveare

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Una ripresa al limite, ma che potrà dare grande soddisfazione a chi riuscirà a portarla a termine. Il 20 mattina, una sottilissima falce di Luna calante (fase 3%) sorgerà attorno alle 4:40 anticipando il Sole di un paio d’ore. A soli 3° circa più a ovest, con lei sorgerà l’ammasso aperto M 44, chiamato l’Alveare o anche ammasso del Presepe.

La sfida sta nell’osservazione e la ripresa delle stelline dell’ammasso, che richiedono almeno un binocolo o un piccolo strumento, e del sottile arco di luna con la sua Luce Cinerea, nel poco tempo che intercorrerà tra quando saranno sufficientemente alti sull’orizzonte e prima che si perdano nella luce del crepuscolo.

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Leggi anche

➜ Fotografare la Luce Cinerea della Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia n.  di gennaio 2017

➜ La Luna di luglio e agosto. Alla scoperta di  Aristarchus Plateau

➜ Scopri le costellazioni del cielo di luglio e agosto con la UAI


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Una sottilissima falce di Luna con Venere nei Gemelli

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Una sottilissima falce di Luna (fase 10%), sorgerà infatti dall’orizzonte est-nordest a soli 3° da Venere (mag. –4,0) attorno alle 3:30.

Per una ripresa a campo largo converrà attendere l’ora indicata in cartina, per avere una buona altezza e, con un campo particolarmente ampio, includere nell’immagine anche il ricchissimo cielo di Orione e dei suoi brillanti astri. Ma nell’attesa si potrà tentare anche qualche suggestiva fotografia con Luna e Venere bassi sull’orizzonte immersi nel paesaggio o, avendo uno specchio d’acqua a disposizione, il loro riflesso.

Si potranno poi seguire fino all’alba e, in ogni momento, una ripresa stretta potrà evidenziare la sottile falce lunare e, magari, anche l’evanescente Luce Cinerea. ➜ Fotografare la Luce Cinerea della Luna

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Eclissi di Sole USA 2017. I dettagli per chi sarà lì a vederla!

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Nella cartina la fascia di totalità che attraversa gli Stati Uniti da costa a costa.
La mappa con la fascia di totalità che attraversa gli Stati Uniti. Cliccando sull'immagine si raggiunge la mappa interattiva nelle pagine della NASA per avere i dettagli in base alla località precisa.
Animazione dell'eclissi del 21 agosto. Il puntino nero al centro dell'alone grigio più ampio indica l'ombra della Luna proiettata sulla Terra, dove l'eclissi sarà vista come totale. Nell'alone grigio invece sarà possibile osservare un'eclissi parziale di Sole (sempre meno oscurato man mano che ci si allontana dal centro). Credit: NASA/GSFC/AT Sinclair

La fase di totalità (Sole completamento oscurato dalla Luna) di un’eclisse totale di Sole comincia quando il bordo lunare avanzante tocca il bordo del Sole opposto a quello dal quale è “entrata” (secondo contatto) e finisce subito dopo che la Luna comincia a scoprire il Sole eclissato (terzo contatto). In quel momento si comincia a rivedere la fotosfera (ciò che del Sole vediamo normalmente) ed è un momento sorprendente perché per pochi istanti della fotosfera si vede un sottile mezzo anello e, in corrispondenza del punto del terzo contatto, un’esplosione di luce.  Come se fosse un anello con un grande e splendente diamante. E così è stato chiamato: anello di diamante. Una cosa che conclude, quasi un finale pirotecnico, la grande visione della corona.

Come funzionano le Eclissi di Sole. «Ah, Signor Professore, la scienza esiste!»
Geometria delle eclissi
di Mario Rigutti

Questo è quello che accade in una eclissi di Sole totale, e queste sono le prime righe dello speciale che Coelum Astronomia ha dedicato all’evento nel numero estivo. L’eclissi non sarà visibile dall’Italia purtroppo, ma solcherà i cieli degli Stati Uniti da costa a costa, e sarà molto probabilmente l’eclisse più seguita e osservata della Storia (almeno fin’ora).

Indichiamo quindi velocemente i dettagli per i molti astrofili italiani che sappiamo essere in procinto di, se non già partiti, raggiungere le coste americane per osservare il fenomeno!

Tante anche le iniziative online di citizen science o i semplici consigli per un esperimento “fai da te”. Leggi ➜ Eclissi del 21 agosto 2017: la comunità si prepara.

E per saperne di più sulle Eclissi di Sole

➜ Eclissi di Sole: dalle suggestioni del passato alla scienza del futuro
di Alessandro Bemporad, Luca Zangrilli, Silvano Fineschi (INAF – Osservatorio Astrofisico di Torino)

➜ Eclissi storiche. I primi passi verso lo studio della parte esterna del Sole di Mario Rigutti

➜ Le mie Eclissi di Sole. Diario di Viaggio di un Astronomo di Mario Rigutti


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