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Juno è in orbita intorno a Giove

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Poco prima delle sei di questa mattina (ora italiana), la sonda americana Juno è arrivata al capolinea di un’epopea interplanetaria durata quasi cinque anni. In una delle più grandi sfide dell’esplorazione spaziale degli ultimi anni, Juno si è tuffata attraverso l’estremo ambiente di radiazioni che avvolge Giove, calandosi fino a 4667 chilometri dalla sommità delle nubi del pianeta gigante. Seguendo una complessa coreografia di comandi preimpostati, Juno ha acceso il suo motore principale alle 4:30:06 ora italiana, inaugurando una lunga manovra studiata per rallentare la sonda e permettere alla gravità di Giove di catturarla in un’orbita preliminare altamente ellittica.

#‎Juno‬ pronto a scoprire i segreti di ‪#‎Giove‬! In sala controllo si esulta!

Secondo i primi dati, la manovra è durata 35 minuti e 2 secondi — appena un secondo di differenza rispetto al previsto. In totale, l’accensione del motore è risultata in un cambiamento di velocità di -541.7 metri al secondo, o -1950 chilometri orari. Al termine della manovra, Juno si trovava in un’orbita a 3920 per 8029000 chilometri di quota e 89.8 gradi circa di inclinazione.

A causa della vasta separazione tra Juno e la Terra, i segnali della sonda — ridotti a dei semplici battiti, o “toni”, inviati ogni 10 secondi dall’antenna a basso guadagno — hanno attraversato il Sistema Solare e raggiunto la Terra con 48 minuti di ritardo. In totale, i toni inviati durante la manovra hanno formato un susseguirsi di onde radio lungo 630 milioni di chilometri.

I segnali di inizio e di fine della manovra sono arrivati solo alle 05:18:25 e alle 05:53:33 ora italiana, rispettivamente, quando le antenne di Goldstone e di Canberra sono riuscite a captare i deboli segnali provenienti dall’antenna a basso guadagno a bordo della sonda.

Avendo concluso con successo forse la fase più critica dell’intera missione, dopo il lancio stesso, Juno potrà ora ambientarsi nella sua nuova residenza celeste.

La danza dei satelliti galileiani attorno a Giove, ripresi da ‪#‎Juno‬ prima di spegnere gli strumenti per prepararsi all'inserimento in orbita.
Animazione del viaggio percorso da Juno per arrivare a Giove. Cliccare per ingrandire.

La sonda percorrerà due orbite di cattura da 53.5 giorni l’una prima di riaccendere il suo motore per l’ultima volta e portarsi sulla sua prima orbita scientifica, il 19 ottobre 2016.

Juno farà luce sulla struttura interna del pianeta. In particolare, tenterà di determinare qualora Giove nasconda nel suo cuore un nucleo distinto di roccia e ghiaccio oppure se i materiali pesanti siano disciolti nel volume del pianeta. Questo tassello sarà fondamentale per ricostruire la storia dell’intero Sistema Solare.

Altre aree di studio di Juno includono il campo gravitazionale, la magnetosfera, le dinamiche atmosferiche, la composizione globale e l’interazione tra struttura interna, atmosfera e magnetosfera.

Anche Google festeggia l'ingresso in orbita di ‪#‎Juno‬! Avete già visto il‪#‎doodle di oggi? 😀

Indice dei contenuti

Inoltre…

30 domande e risposte su Juno e la sua missione

Tutto su Juno: uno speciale gratuito di 46 pagine su Coelum Astronomia n.202

Live update dell’ingresso in orbita by AliveUniverse.today


Speciale Juno

Se vuoi sapere proprio tutto sulla missione Juno, in rotta verso Giove, e pronta a svelare i tanti segreti del gigante gassoso, non perderti lo speciale su Coelum 202!
Clicca qui e leggilo subito: è gratis!

Asteroidi – Cinque opposizioni d’agosto

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Asteroidi
Asteroidi
Le più luminose opposizioni asteroidali del periodo si verificheranno in agosto, tutte concentrate nella regione celeste che in declinazione va da Pegaso al Pesce australe. In giallo abbiamo evidenziato i percorsi apparenti in luglio-agosto dei pianetini coinvolti, con sovrapposto un cerchietto che identifica il punto in cui l’asteroide raggiungerà la sua massima luminosità. Una mappa molto più dettagliata di ogni percorso si aprirà cliccando sul nome dell’asteroide nella tabella presente nelle prossime pagine.

Circostanza che, come si può immaginare, costringe il malcapitato estensore (che poi sarei io) a dolorosi tagli nel racconto che sempre si cerca di imbastire per non annoiare il lettore. Da una rapida occhiata all’elenco degli asteroidi in opposizione, si capisce infatti che non sarà possibile parlare di tutto, e che sarà necessario scegliere. In luglio accadranno cose interessanti… vedo (138) Tolosa, che arriverà quasi al suo record di luminosità, e vedo anche gli exploit di (980) Anacostia e (779) Nina, protagonisti di opposizioni davvero notevoli, ma vedo anche che il punto più caldo di tutto il periodo sta in quella manciata di giorni di metà agosto dove si concentrano le opposizioni dei quattro oggetti più luminosi, con magnitudini inferiori alla +10: Massalia, Fortuna, Dembowska e Pallas!
Nessuna di queste opposizioni sarà un crac. Ma la relativa vicinanza di quattro pianetini così discretamente luminosi costituisce di fatto un evento degno di essere sottolineato. Cosa che mi
affretto a fare di seguito, in ordine di data.

Leggi l’articolo completo di Talib Kadori.

Premio Internazionale Federico II e i Poeti tra le stelle VI edizione 2016

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premio federico II

premio federico IIIl Premio è stato ideato dalla The Lunar Society Italia, associazione nata per la divulgazione scientifica, ed è organizzato in collaborazione con Società Astronomica Pugliese, associazione per la divulgazione astronomica, Osservatorio Astronomico Comunale di Acquaviva delle Fonti (provincia di Bari), la più importante struttura astronomica esistente in Puglia (Apulia), Virtual Telescope Project, una delle piattaforme astronomiche robotiche più evolute ed attive al mondo nella ricerca e nella divulgazione in campo astrofisico e astronomico e la rivista italiana di divulgazione scientifica Coelum Astronomia.

Scarica il bando qui
Scadenza di presentazione delle opere: attenzione la scadenza è stata prorogata al 31 LUGLIO 2016, e comunque fino al raggiungimento del numero minimo di opere presentate per ogni categoria.
Le opere saranno pubblicate sul sito del premio www.poetitralestelle.com, ora riportante quelle della V edizione 2014. L’ammissione delle opere sarà sottoposta alla preventiva valutazione da parte della
Commissione organizzativa del Premio in merito alla coerenza di queste al tema e alle modalità di presentazione.
www.poetitralestelle.com

ASTROINIZIATIVE UAI

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Tutti i primi lunedì del mese:
UNA COSTELLAZIONE SOPRA DI NOI

In diretta web con il Telescopio Remoto UAI Skylive dalle ore 21:30 alle 22:30, ovviamente tutto completamente gratuito.

Un viaggio deep-sky in diretta web con il Telescopio Remoto UAI – tele #2 ASTRA Telescopi Remoti. Osservazioni con approfondimenti dal vivo ogni mese su una costellazione del periodo. Basta un collegamento internet, anche lento. Con la voce del Vicepresidente UAI, Giorgio Bianciardi telescopioremoto.uai.it

I convegni e le iniziative dell’UAI
25-28 luglio
Scuole Estive di metodologie didattiche della scienza – Campo Catino (FR) e Modica (RA) Le scuole estive di astronomia dell’UAI, dedicate agli insegnanti, ma non solo, da quest’anno in doppia sede: presso l’Osservatorio Astronomico di Campo Catino a Guarcino (FR) e a Modica (RG) a cura del Centro Ibleo Studi Astronomici.
http://didattica.uai.it

Il circuito degli Star Party UAI
1-3 luglio IV Star Party degli Iblei
Quarta edizione dello Star Party siciliano, organizzato dal Centro Osservazione e Divulgazione Astronomica Siracusa presso Ferla (SR)
http://www.codas.it

29-31 luglio VI Star Party di Campo Catino Lo Star Party del Centro-Sud nel territorio più sorvegliato dall’Inquinamento Luminoso a 1.800 m. s.l.m.: un ampio piazzale con visibilità a 360° e un intero albergo a disposizione degli astrofili, con un ricco programma di attività
www.ataonweb.itwww.campocatinobservatory.org

29-31 luglio XVI Star Party delle Madonie Sedicesima edizione del più longevo Star Party siciliano organizzato dall’O.R.S.A. di Palermo presso Piano Battaglia, nel Comune di Petralia Sottana, in pieno Parco delle Madonie
http://www.orsapa.it

Le campagne nazionali UAI
23-24 luglio
La notte bianca dell’Apollo 11
Terza Edizione dell’evento promosso dalla Sezione di Ricerca Astronautica UAI. Quest’anno si unisce alla celebrazione del decimo anniversario della morte di Rocco Petrone.
http://astronautica.uai.it

10-12 agosto Le Notti delle Stelle Il più atteso appuntamento dell’estate astronomica durante il quale le associazioni astrofile proporranno una o più serate dedicate all’osservazione delle Perseidi. L’iniziativa è abbinata a “Calici di Stelle” manifestazione enogastronomica promossa il 10 agosto dal Movimento Turismo del Vino e dall’Associazione Nazionale Città del Vino.
http://divulgazione.uai.it

A CIELO NUDO… D’ARTISTA

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cielo nudo

cielo nudoLa mostra “A cielo nudo. Gli astri con l’occhio d’artista” prende spunto dai corpi e dai fenomeni celesti visibili ad occhio nudo. A questi astri e a questi eventi si sono ispirati gli artisti che espongono le loro
opere nel secondo allestimento di “Arte e astronomia” organizzato dall’Osservatorio astronomico Serafino Zani (Lumezzane). La mostra è allestita all’Osservatorio fino al 17 settembre ed è aperta ogni sabato (escluso l’ultimo sabato del mese) dalle ore 21.
È possibile visionare la raccolta completa delle opere attraverso la proiezione power point dedicata all’intera esposizione disponibile sul sito www.tesorivicini.it.
Le opere sono disponibili anche per mostre in altre sedi. Gli enti interessati possono scrivere a:
osservatorio@serafinozani.it

Lo spettacolo di Giove all’infrarosso

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Questa immagine a falsi colori è stata prodotta selezionando e combinando le migliori tra le moltissime esposizioni brevi di VISIR ottenute a una lunghezza d'onda di 5 micron. Crediti: ESO/L. Fletcher
Questa immagine a falsi colori è stata prodotta selezionando e combinando le migliori tra le moltissime esposizioni brevi di VISIR ottenute a una lunghezza d'onda di 5 micron. Crediti: ESO/L. Fletcher

Tra qualche giorno la sonda della NASA Juno raggiungerà Giove, dopo quasi 5 anni di viaggio e circa 3 miliardi di chilometri percorsi. Allora la missione entrerà nel vivo ed il pianeta potrà finalmente essere studiato senza le limitazioni tipiche degli strumenti di osservazione terrestri.

Da Terra, tuttavia, il lavoro di osservazione di Giove continua ugualmente, soprattutto per consentire di raccogliere quanti più dati possibili anche per indirizzare il lavoro della sonda, una volta raggiunto il pianeta. Nell’ambito di questa attività, si sta procedendo principalmente con l’osservazione infrarossa, a lunghezze d’onda differenti, al fine di ottenere immagini per la creazione di mappe tridimensionali ad alta risoluzione e migliorare, dunque, quanto più possibile, la conoscenza dell’atmosfera del gigante gassoso, prima dell’arrivo di Juno.

Immagini davvero spettacolari, ottenute di recente con lo spettrometro VISIR installato al VLT (Very Large Telescope) dell’ESO, che saranno presentate da un’equipe guidata da Leigh Fletcher dell’Università di Leicetster nel Regno Unito, durante l’incontro nazionale di astronomia della Royal Astronomical Society del Regno Unito che si sta svolgendo a Nottingham.

Particolare è anche la tecnica di produzione delle immagini finali utilizzata dai ricercatori e nota come “lucky imaginig” (immagini fortunate): lo spettrografo raccoglie migliaia di immagini di altrettante inquadrature, con un’esposizione molto breve, e solo quelle migliori o appunto “fortunate”, ossia non disturbate dalla turbolenza della nostra atmosfera, vengono conservate ed utilizzate per la combinazione e l’allineamento che darà vita alle splendide immagini finali come questa, recentissima.
Insomma, attendiamo con ansia il grande lavoro che farà Juno, ma qui a Terra si è compiuto, si compie e si compirà un lavoro osservativo non certo da meno e di sicure soddisfazioni.

Fonte: ESO


Coelum non è solo l’ultimo numero!
Scegli l’argomento che preferisci e inizia a leggere! E’ gratis…


#asteroidday2016 Maratona degli Asteroidi 2016

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Quest’anno, il 30 giugno, si terrà la seconda edizione dell’Asteroid Day, promosso in Italia dal The Virtual Telescope Project (al link tutte le informazioni sull’evento).

L’Italia, sotto diversi aspetti, a lungo è stata all’avanguardia nello studio di quegli oggetti orbitanti così pericolosi; qui vogliamo ricordare le due maggiori realtà che hanno operato con grande successo nel nostro Paese. Per alcuni decenni, presso l’European Space Research Institute (ESRIN) di Frascati, ha avuto sede la Spaceguard Foundation, un’organizzazione privata il cui scopo era di studiare, scoprire e osservare oggetti (asteroidi, comete, ecc.) che si avvicinano pericolosamente al nostro pianeta e di proteggerlo dalla possibile minaccia di un loro impatto. Qualche anno fa le attività della Fondazione sono state assorbite dall’ESA.
L’altra grande eccellenza in questo settore ha preso l’avvio presso il dipartimento di matematica dell’Università di Pisa dove, fin dal 1999, è stato messo a punto il primo sistema automatico al mondo per prevedere e analizzare eventi di collisione tra i NEO (Near-Earth Objects, come asteroidi e meteore) e la superficie terrestre. Un complesso algoritmo, allora battezzato Clomon-1, dal quale nel 2002 furono sviluppati il Clomon-2 e il programma Sentry (sentinella) del JPL (Jet Propulsion Laboratory) della NASA. Il “padre” di questo progetto è il professor Andrea Milani Comparetti, un matematico che ha insegnato per anni all’Università di Pisa.
Infine, risalendo molto più indietro nel tempo, scopriamo con grande piacere che fu proprio un grande astronomo italiano, il valtellinese Giuseppe Piazzi (1746-1826), a scoprire il primo asteroide, Cerere, nella notte del 1° gennaio 1801, dall’Osservatorio astronomico di Palermo.
Di Piazzi, quest’anno, abbiamo il 190° anniversario della morte, che ci sembra giusto onorare con un evento di portata nazionale: la MARATONA DEGLI ASTEROIDI.

Cos’è la “Maratona degli Asteroidi”?

Si tratta di un’entusiasmante sfida tra appassionati del cielo che nel periodo compreso tra le notti del 30 giugno (a partire dalle prime ore della sera) fino all’alba dell’11 luglio 2016 si metteranno a caccia di asteroidi con i due metodi classici di osservazione: quello visuale telescopico e quello fotografico (analogico e digitale).

Coloro che sommeranno il maggior numero di osservazioni di singoli asteroidi nel periodo indicato, saranno proclamati vincitori della maratona, ognuno nella propria categoria (si veda il regolamento stilato per la MARATONA).

Sarà anche nominata una Commissione di controllo che eseguirà gli accertamenti per definire in modo corretto e insindacabile le classifiche e i punteggi conseguiti da ciascun partecipante.

In ambito didattico/divulgativo la maratona asteroidale ha una notevole rilevanza, con un alto potenziale di coinvolgimento dei più giovani ma, ovviamente, anche dei soggetti più “maturi”; infatti la fascia di età ammessa è compresa tra i 10 e i 99 anni.

Troverete anche indicazioni sul sito della maratona su come caricare le immagini acquisite e le osservazioni visuali eseguite.

Le Regole del Gioco

Per partecipare alla Maratona degli Asteroidi ci sono poche e chiare regole da rispettare: tema e tempi del concorso, iscrizione, categorie di partecipanti, modalità di partecipazione e formato delle immagini. Vai a: Regolamento ufficiale 2016

Chi può partecipare?

Tutti coloro che vorranno cimentarsi nella ripresa di asteroidi! La partecipazione è gratuita

Vuoi partecipare alla maratona?

Sei un cacciatore di asteroidi? Compila il form su www.asteroidsmarathon.net e iscriviti!

Avete domande? Chiedete agli esperti della Maratona!

Per venire incontro ad eventuali dubbi e per dare supporto a tutti coloro che ne hanno bisogno, è stato messo in piedi un team di esperti che risponderanno alle vostre domande. Sono programmate anche delle dirette web nelle quali potrete avere risposte alle vostre domande dal vivo. La programmazione di questi interventi è in continuo sviluppo, tenete d’occhio il sito ufficiale!

Al momento saranno disponibili:

– Paolo Bacci: venerdì 1 luglio, dalle 21 alle 22

Altrimenti possono essere contattati via email ai seguenti indirizzi:

Paolo Bacci Plinio Camaiti Daniele Gasparri
Paolo Bacci Plinio Camaiti Daniele Gasparri

paolo.bacci@asteroidsmarathon.net

plinio.camaiti@asteroidsmarathon.net

daniele.gasparri@asteroidsmarathon.net

Vogliamo far notare che finora in nessun Paese europeo è stata ancora proposta una MARATONA DEGLI ASTEROIDI: se la tenzone avrà successo, il prossimo anno estenderemo la caccia a tutta l’Unione Europea.

Perciò: PARTECIPATE!

Regolamento, consigli, suggerimenti e aggiornamenti sul sito ufficiale dell’evento

www.asteroidsmarathon.net

Per informazioni: info@asteroidsmarathon.net

Una collaborazione EAN Web – A.S.C. EmpiricaMente – Coleum, con il supporto di Paolo Bacci, Plinio Camaiti e Daniele Gasparri.
© Maratona degli Asteroidi – Da un’idea di Rodolfo Calanca ed Enrico Bonfante



AstronomiAmo – Occhi su Saturno

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astronomiamo-locandina-giu2016Le dirette di giugno:
30/06/2016 21.30 – OCCHI AL CIELO Mensile di aggiornamento astronomico

Per informazioni: www.astronomiamo.it

info@astronomiamo.it
Tel: 338-1670432

Accademia delle Stelle

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accademiadellestelleDal 28 giugno 2016 al 3 luglio 2016: L’accademia delle Stelle, scuola di astronomia e gruppo astrofili di Roma, organizza due StarPartu – vacanze astronomiche a giugno a Piancastagnaio (SI)
Per informazioni: https://www.accademiadellestelle.org/vacanze-astronomiche-in-toscana/

ASTROINIZIATIVE UAI

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Il circuito degli Star Party UAI
1-3 luglio IV Star Party degli Iblei Quarta edizione dello Star Party siciliano, organizzato dal Centro Osservazione e Divulgazione Astronomica Siracusa presso Ferla (SR).
http://www.codas.it

Il pianoforte di Einstein

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La collina di Arcetri, a Firenze, sarà protagonista questa settimana di un evento straordinario: per la prima volta il pianoforte di Einstein verrà suonato in pubblico all’Osservatorio astrofisico dell’INAF. E intorno al pianoforte verrà ripercorsa, giovedì 23 giugno alle ore 21, presso il Teatro del Cielo, un’affascinante storia legata a questo strumento musicale. Il pianoforte a coda, costruito dalla Julius Blüthner Pianofortefabrik a Lipsia nel 1899, fu acquistato di seconda mano da Albert Einstein nel 1931 per la sorella minore Maria, detta Maja, che dal 1922 abitava nei dintorni di Firenze. Maja lo suonava insieme a suo fratello, violinista, e a quattro mani con il giovane amico Hans-Joachim Staude, pittore e appassionato pianista, che abitava non lontano da Arcetri.

Nel 1939 Maja si vide costretta a lasciare l’Italia in seguito alle leggi razziali, raggiungendo il fratello a Princeton. Il pianoforte fu affidato quindi da Maja all’amico Staude e da lui è passato in eredità ai figli Jacopo, astrofisico ad Heidelberg, e Angela, moglie di Tiziano Terzani, che l’hanno conservato nella loro casa di Firenze fino ad oggi. La famiglia Staude ha adesso deciso di lasciarlo in comodato all’Osservatorio di Arcetri, dove rimarrà per molti anni.

Ma intorno al pianoforte si lega un’altra vicenda, che verrà ricordata nella serata del 23 giugno, e riguarda la figura di Robert Einstein, cugino di primo grado di Albert e Maja, anche lui approdato a Firenze a metà degli anni ’30, e protagonista di un eccidio nazista perpetuato nei confronti delle figlie e della moglie a San Donato, vicino a Rignano sull’Arno. Questo episodio è stato descritto nel libro Il Cielo cade da una testimone, Lorenza Mazzetti, che sarà presente ad Arcetri in occasione della serata dedicata al pianoforte di Einstein.

Francesco Palla, astronomo ed ex direttore dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri, scomparso prematuramente lo scorso gennaio, aveva scoperto, studiato e comunicato con passione la storia del pianoforte di Einstein e aveva cominciato poco prima della sua morte, all’insaputa dei più, ad adoperarsi affinché il pianoforte potesse essere ospitato all’interno della Biblioteca dell’Osservatorio. Le sue parole, che qui ricordiamo, esprimono bene la sintesi di passione scientifica, curiosità intellettuale e amore per il paesaggio che avevano ispirato la sua vita e che trovavano nelle vicende delle famiglie Einstein e Staude una perfetta fusione.

“L’elemento naturale che aveva richiamato a Firenze questi quattro personaggi era l’impareggiabile bellezza delle sue colline che permetteva lunghe e solitarie passeggiate a poca distanza dallo storico centro. Il pianoforte di Einstein, giunto fino a noi, è l’unico testimone diretto di una vicenda poco nota che coinvolse gli Einstein e Hans-Joachim Staude in un intreccio dai risvolti umani, artistici e scientifici.”

La serata del 23 giugno è dedicata a Francesco Palla e si chiuderà con un concerto per pianoforte a quattro mani. Qui il programma e informazioni per la prenotazione (obbligatoria).

Per saperne di più:


embed video INAF

Prima osservazione di una nebulosa attorno a una magnetar

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L’immagine qui sopra a raggi X mostra l’emissione estesa intorno a Swift J1834.9-0846, una rara stella di neutroni che possiede un enorme campo magnetico, una magnetar. Il bagliore nasce dalla nube di particelle in rapido movimento prodotta dalla stella di neutroni. I colori indicano i diversi livelli di energia dei raggi X: in rosso le energie pari a 2.000-3.000 elettronvolt (eV), in verde nell'intervallo 3,000-4,500 eV e in blu quelle a più alta energia dai 5.000 a 10.000 eV. L’immagine combina le osservazioni raccolte dal telescopio spaziale XMM-Newton il 16 marzo e il 16 ottobre 2014. Crediti: ESA/XMM-Newton/Younes et al. 2016

“Vagavo solitario come una nuvola” chissà se il poeta Wordsworth nella sua poesia voleva parlare anche di nubi interstellari con particelle ad alta energia come quella che gli astronomi di varie università statunitensi, coordinati dal supporto della NASA, hanno trovato intorno ad una stella molto particolare come la magnetar Swift J1834.9-0846.

Una magnetar è una stella di neutroni con un campo magnetico miliardi di volte quello terrestre, i campi magnetici di una tipica pulsar possono toccare intensità oscillanti tra i 100 e i 100.000 volte quello terrestre; per quanto riguarda le magnetar la forza del campo è centinaia di migliaia di volte più forte.

Questa tipologia di stelle è difficile da trovare a causa della loro brevissima vita, i campi magnetici ultra intensi hanno una vita media di 10,000 anni. Si pensa che la Via Lattea sia piena di Magnetar “spente”: a differenza delle molte stelle di neutroni confermate nel corso degli anni, ad oggi solo 29 stelle con questo campo magnetico fortissimo sono state confermate.

Rappresentazione artistica di una magnetar. Se per le pulsar essere al centro di una nebulosa (resto di supernova) è la norma, attorno alle magnetar non ne era mai stata osservata una. Credits: ESO/L. Calçada.

La magnetar è stata rintracciata nel 2011 grazie al satellite Swift, per la conferma della nebulosa circostante è stato necessario l’uso del telescopio a raggi X dell’ESA XMM-Newton.

Il telescopio usato è stato lanciato nel 1999 dalla Guyana francese e da decenni studia il cielo nella banda dei raggi x, l’osservatorio è stato finanziato anche dalla NASA che utilizza, attraverso team di astronomi statunitensi, lo strumento per varie tipologie di osservazioni.

Fino ad oggi mai era stato possibile osservare nebulose intorno a questa classe particolare di stelle, si tratta quindi di una prima volta storica; il post-dottorando della George Washington University George Younes, che ha guidato il team degli astronomi ha commentato: “In questo momento non sappiamo come J1834.9 abbia sviluppato e continui a mantenere la nebulosa, che fino ad oggi era una struttura osservata solo nelle giovani pulsar”.

Le osservazioni ottenute dal team di Younes sono state molteplici: il primo bagliore è stato scovato un mese dopo la scoperta di J1834.9 ad una quindicina di anni luce dalla magnetar, le osservazioni nel corso degli anni sono continuate e, attraverso l’incrocio dei dati di XMM-Newton e Swift, è stato possibile confermare l’esistenza della prima nebulosa intorno ad una magnetar.

L’analisi completa sarà pubblicata sul The Astrophysical Journal, per ora il paper è consultabile su arXiv.com.

Ora fortunatamente, il poeta Wordsworth e noi insieme a lui possiamo vagare nello spazio come nubi galattiche e osservare da vicino anche oggetti come le magnetar.

Per approfondire:


Non perdere Coelum n. 201. Scopri tutti i contenuti extra e multimediali, al passaggio del mouse si illuminano: semplicemente… clicca e leggi!

ASTROINIZIATIVE UAI

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Eventi Patrocinati UAI
25 giugno Occhi su Saturno Una sera in tutta Italia per osservare dal vivo, attraverso i telescopi, Saturno e ricordare le scoperte del grande astronomo G.D.Cassini. Promossa da Associazione Stellaria con il patrocinio UAIhttp://www.occhisusaturno.it

AstronomiAmo – Occhi su Saturno

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astronomiamo-locandina-giu2016Le dirette di giugno:
25/06/2016 21.30 – OCCHI SU SATURNO

Per informazioni: www.astronomiamo.it

info@astronomiamo.it
Tel: 338-1670432

IDAS LPS, un Filtro anti inquinamento luminoso per Canon EOS

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Sono prodotti dal gruppo californiano Astro Hutech i filtri interferenziali anti inquinamento luminoso IDAS LPS nella versione D1 (ottimizzata per camere a colori). Sono disponibili per Canon EOS Full Frame (6D e 5D Mark II) oppure per Canon EOS APS-C.

Gli IDAS Light Pollution Suppression (LPS) sono progettati per diminuire l’inquinamento luminoso generato dalle luci artificiali lasciando comunque passare le importanti linee di emissioni delle nebulose: in questo modo incrementano il contrasto degli oggetti astronomici, in modo particolare quello delle nebulose ad emissione.

Inoltre, grazie alla tecnologia Multi Bandpass i colori risultano naturali, bilanciati e senza dominanti verdi e blu riscontrabili in altri filtri simili.

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I filtri IDAS LPS sono rivestiti con trattamento IGAD (Ion Gun Assisted Deposition coating technology) e induriti al quarzo per una pulizia senza rischi; un trattamento che rende il filtro anche meno sensibile alle variazioni di temperature e umidità, riducendo lo spostamento dello spettro di solo ±1nm. La superficie ottica del filtro esaminata al microscopio non presenta alcun tipo di difetto (UPF – ultra fine polish).

I filtri IDAS LPS per APS-C sono compatibili compatibile con Canon 300D, 350D, 400D, 450D, 500D, 1000D, 20D, 30D e 40D. Non lo sono con gli obiettivi Canon serie EF-S.

La ditta Skypoint di Udine li propone a 234 euro della versione per APS-C e 357 euro per il formato full frame.

30 giugno l’Italia partecipa all’Asteroid Day 2016 – diretta streaming anche su coelum.com!

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Il prossimo 30 giugno si terrà la seconda edizione dell’Asteroid Day, evento internazionale lanciato lo scorso anno con l’intento di avviare una campagna informativa globale, consentendo alle persone di tutto il pianeta di scoprire il mondo degli asteroidi e ciò che noi possiamo fare perproteggerci da possibili impatti futuri. Un tema questo da sempre di grande richiamo presso il pubblico, spesso confuso da trattazioni poco ortodosse dell’argomento.

Per l’edizione del 2016, sulla scorta del successo registrato nel 2015 e su accordo ufficiale con il board internazionale, il Virtual Telescope Project si fa promotore dell’Asteroid Day in Italia con Coelum Astronomia come media partner.

Coelum Astronomia parteciperà all’evento trasmettendo in streaming su www.coelum.com la sessione osservativa offerta dal Virtual Telescope in occasione dell’#asteroidday2016.

Con commento dal vivo a cura dell’astrofisico Gianluca Masi, resposanbile scientifico del Virtual Telescope, avente per oggetto proprio gli asteroidi near-Earth, alla diretta parteciperanno l’astronauta Nasa Thomas D. Jones, quattro volte nello spazio con lo Shuttle e specialista in scienze planetarie, e Grigorij Richters, co-fondatore dell’Asteroid Day. L’evento si svolge in collaborazione con il canale “Scienza & Tecnica” di Ansa.

www.virtualtelescope.eu/adi2016

Chiunque, singoli e associazioni culturali, potranno organizzare un evento sul tema, condividendo presso la propria sede la diretta del Virtual Telescope (vedi box qui a lato), laddove non fosse possibile osservare in proprio questi corpi celesti. Sarà inoltre possibile collaborare all’evento online, inviando sempre allo staff del Virtual Telescope, le proprie immagini di asteroidi near-Earth.

Associazioni, osservatori e appassionati sono caldamente invitati ad organizzare attività culturali e osservative proprie, registrandole sul sito internazionale. Per una migliore diffusione, vi invitiamo a segnalarle anche allo staff del Virtual Telescope. Il tema degli asteroidi e il relativo rischio d’impatto associato è tra quelli di maggiori richiamo per il pubblico, sicché l’Asteroid Day è una occasione preziosa per fornire informazioni corrette, contando sull’appeal dell’argomento.

Troverete la lista aggiornata degli eventi italiani su www.virtualtelescope.eu/adi2016 oltre che sulle pagine internazionali dell’evento www.asteroidday.org.


Leggi su Coelum Astronomia 201 l’articolo di presentazione dell’evento firmato da Gianluca Masi!


Partecipate numerosi!

…e se non potete essere presenti di persona, seguite l’evento del Virtual Telescope in streaming anche su www.coelum.com!

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Per maggiori informazioni:

I canali social ufficiali dell’Asteroid Day: www.facebook.com/asteroidday www.twitter.com/asteroidday www.youtube.com/asteroidday
www.instagram.com/asteroiddayorg

www.asteroidday.org
www.asteroidday.it www.virtualtelescope.eu/adi2016

Lune a confronto: è gelata la Notte di Plutone

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Crediti: NASA/JHUAPL/SwRI
Caronte, Notte e Idra: le tre lune di Plutone, di cui abbiamo i dati spettrali raccolti da New Horizons durante il flyby, a confronto. Mentre Caronte e Nix (Notte) sono state riprese anche a colori dalla New Horizons, di Hydra abbiamo solo immagini in bianco e nero. Crediti: NASA/JHUAPL/SwRI
La piccola Notte nelle immagini LORRI in bianco e nero ad alta risoluzione, e in quelle MVIC a colori ma a più bassa risoluzione. Nella terza e ultima immagine il risultato della composizione delle informazioni ottenute dai due strumenti ci mostra Notte in tutto il suo fascino, a colori e con tutti i dettagli che è stato possibile catturare durante il veloce flyby. Cliccare l'immagine per vederla a piena risoluzione. Credit: NASA/JHUAPL/SwRI

Un corpo celeste dall’aspetto irregolare e in formato mignon, ricoperto di uno strato di ghiaccio d’acqua: è questo il ritratto di Notte, uno dei cinque satelliti naturali che orbitano intorno a Plutone, tracciato dalla sonda New Horizons della NASA.

La piccola luna, che misura solo 48 chilometri in ampiezza, è stata scoperta nel 2005 dal telescopio spaziale Hubble insieme alla sua ‘collega’ Idra. Il profilo di Notte, soprattutto dal punto di vista dei dati spettrali, è opera dello strumento Ralph/LEISA(Linear Etalon Imaging Spectral Array) ed è stato effettuato a una distanza di circa 60 mila chilometri proprio nel giorno in cui la sonda raggiungeva il pianeta nano.

L’identikit spettrale di Notte presenta la ‘firma’ di uno strato di ghiaccio particolarmente limpido che si avvicina molto allo spettro del ghiaccio di acqua puro e che risulta comunque più cristallino rispetto a quelli di IdraCaronte, la luna di Plutone più grande e la prima a essere scoperta nel 1978. Il confronto è riportato nello schema qui sotto.

La composizione spettrale della luce emessa dalla superficie delle tre lune a confronto con quello del ghiaccio di acqua puro (in bianco). Come si vede quella di Notte (Nix) è quella che più le si avvicina, oltretutto con differenze davvero rispetto alle altre lune. Crediti: NASA/JHUAPL/SwRI

I dati relativi a Notte, insieme a quelli di Idra resi noti ai primi dello scorso mese di maggio, sono ritenuti di grande interesse per comprendere i meccanismi che hanno portato alla formazione del sistema di satelliti naturali di Plutone. Il team scientifico di New Horizons, infatti, ha ipotizzato che le lune possano essersi costituite dai detriti derivanti dall’impatto di un piccolo pianeta su Plutone, quando l’ex nono pianeta del Sistema Solare era ancora molto ‘giovane’.

Di conseguenza, gli studiosi ritengono che le lune siano fatte dello stesso materiale, comprese StigeCerbero, scoperte nel 2011 e nel 2012, di cui ancora non si hanno i dati spettrali, ma delle quali l’elevata capacità riflettente induce a pensare che anche questi due piccoli corpi celesti possano avere una superficie ghiacciata.

Infine, pur avendo caratteristiche simili, Idra e Notte presentano alcune discrepanze che sono al vaglio dei ricercatori, quali una diversa consistenza del ghiaccio in superficie e una differente capacità riflettente nelle lunghezze d’onda del visibile.


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OCCHI AL CIELO – Corso di Astronomia a Roma

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Quattro serate in aula e due in osservatorio per avvicinarsi alla passione astronomica o per approfondirla.

Roma Eur:

18/05/2016, 25/05/2016, 08/06/2016, 15/06/2016

Osservatorio C.DelSole Cervara di Roma:

11/06/2016, 18/06/2016

Per informazioni:

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Tel. 338-1670432

Email: info@astronomiamo.it

Astronomiamo

LIGO si ripete: rivelate per la seconda (o terza?) volta le onde gravitazionali

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La slide che annuncia la scoperta, dalla conferenza stampa di San Diego del 15 giugno.

Dopo la storica rivelazione delle onde gravitazionali associate a due buchi neri in procinto di fondersi, confermata ufficialmente lo scorso febbraio ma avvenuta il 14 settembre 2015, tutti sapevano che il vaso di Pandora era stato scoperchiato e che quell’evento sarebbe rimasto unico per poco tempo. Pochi, forse, avrebbero però sperato che nel momento in cui i ricercatori stavano effettuando tutte le conferme e i calcoli, l’esperimento LIGO aveva già rivelato altre onde gravitazionali.

Una simulazione di GW151226 da cui deriverebbe questo nuovo segnale. Credit: CNRS

Con la conferenza stampa del 15 giugno, il team di LIGO, a cui collabora anche l’esperimento italiano VIRGO, ha infatti confermato una seconda rivelazione di onde gravitazionali avvenuta il 26 dicembre 2015 alle ore 4:38:53 italiane (in pratica la sera di Natale negli Stati Uniti!), associate sempre a un sistema molto esotico, poco prima della sua fusione. Sebbene gli attori siano gli stessi, due buchi neri, e la fine la medesima, la trama che ha portato all’inevitabile fine, con associata l’emissione di onde gravitazionali, si è sviluppata in modo diverso rispetto all’evento osservato a settembre 2015.

Le zone da cui con maggior probabilità provengono i due segnali di onde gravitazionali rivelate da LIGO. Credit: LIGO/Axel Mellinger

I due buchi neri di questa nuova danza cosmica ad altissima energia hanno una massa stimata di circa 14 e 8 masse solari, circa la metà dell’evento precedente, e distano da noi circa 1,4 miliardi di anni luce (!). La spirale mortale che li ha portati alla fusione ha generato onde gravitazionali più deboli, ma che sono state ricevute per più tempo, circa un secondo. Sembra poco, ma per l’Universo di queste estreme energie equivale ad aver osservato le ultime 55 orbite di questi due mostri celesti, contro le appena 10 del primo evento, con un’emissione di energia pari a quella contenuta in una massa solare.

Per capire l’incredibile energia emessa sotto forma di onde gravitazionali possiamo ricordarci la famosa equazione di Einstein: E = Mc^2 e sostituire la massa del Sole, pari a circa 2 x 10^30 kg, e la velocità della luce al quadrato, che è di 9 x 10^16 metri al secondo, tutto al quadrato. Il risultato è espresso in Joule ed è un numero che ha 47 zeri! Per confronto, una bomba atomica di media potenza ha un’energia di circa 10^11 Joule, 36 ordini di grandezza inferiore a quella emessa da questi due buchi neri in un secondo attraverso le onde gravitazionali. Quanti sono 36 ordini di grandezza in più? Sono miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di volte di più!


Per capire meglio, leggi lo speciale Onde Gravitazionali su Coelum 198



Anche in questo frangente le onde gravitazionali sono state ricevute da entrambe le stazioni LIGO, una in Lousiana e l’altra nello stato di Washington, e hanno provocato spostamenti periodici e infinitesimi dello spazio, di gran lunga inferiori al diametro di un atomo. Nonostante questa piccolissima distanza, le onde sono state rivelate con una confidenza di 5 sigma, ovvero il segnale associato a questo evento ha una probabilità di essere reale di oltre il 99,999%.

Questa nuova scoperta conferma che le onde gravitazionali sono ormai alla nostra portata e la loro osservazione ci aiuterà a capire molto delle proprietà e della distribuzione dei buchi neri di taglia stellare, oggetti impossibili da osservare in qualsiasi altro modo ma che alla luce di questo nuovo risultato potrebbero essere più abbondanti di quanto si pensasse. A confermare questa idea c’è anche un’altra probabile sorgente di onde gravitazionali, rivelata da LIGO il 10 ottobre 2015, meno di un mese dopo il primo segnale, che però è risultata troppo debole per poter essere confermata, sebbene l’idea è che si tratti di un altro sistema di due buchi neri che si sono fusi.

La Timeline degli eventi rivelati a Ligo, i due confermati di settembre e dicembre, e quello di ottobre, troppo debole però per poter essere ancora confermato. Credit: Ligo

Alcuni ricercatori si sono addirittura spinti a ipotizzare che gran parte della materia oscura che permea l’Universo e che è circa 10 volte più abbondante di quella che possiamo osservare, potrebbe essere fatta di buchi neri, la cui origine risalirebbe ai primi istanti di vita dell’Universo. Come insaziabili divoratori, poi, molti sarebbero cresciuti mangiando grandi quantità di materia o attraverso fusioni, fino a raggiungere masse pari, o superiori, a quelle delle stelle più massicce che conosciamo.
Sono davvero tempi entusiasmanti per chi ha l’ambizione di scoprire e caratterizzare l’Universo invisibile, di certo la sfida scientifica più ambiziosa della nostra storia, fino a questo momento.

Per saperne di più:

Guarda l’animazione su INAF-TV:


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Pubblicata l’edizione aggiornata dell’atlante mondiale dell’inquinamento luminoso

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Fabio Falchi e la “sua” mappa dell’Europa
Mappa mondiale della brillanza artificiale del cielo notturno. Fonte: Science Advances

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Pubblicato oggi su Science Advances il “New World Atlas of Artificial Night Sky Brightness”, l’edizione aggiornata dell’atlante mondiale dell’inquinamento luminoso. Uno studio che documenta quanto il cielo notturno del nostro pianeta sia “sporcato” dalla luce artificiale. Un fenomeno, quello della perdita del cielo buio, che oltre a disperare gli appassionati di astronomia ha conseguenze anche sugli organismi notturni e sugli ecosistemi in cui vivono.

Fabio Falchi e la “sua” mappa dell’Europa

A guidare il team internazionale di ricercatori che ha realizzato l’opera, l’italiano Fabio Falchi, docente di fisica all’Istituto Statale di Istruzione Superiore “Galileo Galilei” di Ostiglia, in provincia di Mantova, nonché ricercatore all’ISTIL, l’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Inquinamento Luminoso.

Ricercatore, ci tiene a sottolineare, su base volontaria, così come volontari sono i molti cittadini che hanno fornito dati fondamentali per lo studio, basato sì sulle osservazioni del satellite americano Suomi NPP ma anche sulle calibrazioni effettuate a terra, appunto, da migliaia di appassionati.

Oltre 30 mila misure di brillanza del cielo, sia da parte di amatori, come coloro che hanno raccolto dati con la app “Loss of the night”, che di astronomi professionisti, per esempio all’Università di Madrid.

«I citizen scientists hanno fornito circa il 20 percento dei dati totali utilizzati per la calibrazione, e senza di loro non avremmo avuto dati di calibrazione per i paesi al di fuori dell’Europa e del Nord America», dice uno dei coautori dello studio, Christopher Kyba, del GFZ Research Centre for Geosciences tedesco.

Ma quali sono i risultati ottenuti? Media INAF lo ha chiesto direttamente a Fabio Falchi.

Anzitutto, come si colloca l’Italia, rispetto agli altri paesi, nel vostro nuovo atlante mondiale della brillanza artificiale del cielo notturno?

«All’interno del gruppo dei G20, l’Italia è, insieme alla Corea del Sud, la nazione più inquinata in assoluto. Se andiamo a vedere le mappe, non esiste più alcuna zona del nostro paese esente dall’inquinamento luminoso. E anche se facciamo un confronto tra città, Milano rispetto a Monaco di Baviera per esempio, paragonabili quanto ad abitanti sia come città che come aree metropolitane, mentre Milano appare nelle mappe come una macchia brillantissima, Monaco di Baviera risulta quasi difficile da trovare, proprio perché è molto meno inquinata. Stessa cosa se confrontiamo le aree metropolitane di Roma e Berlino, che ha addirittura più abitanti».

E questo a che cosa è dovuto?

«Semplicemente al fatto che i tedeschi usano livelli d’illuminazione inferiori ai nostri. Non hanno tecnologie più avanzate, anzi: la nostra industria illuminotecnica è fra le migliori del mondo. Ma in Italia, purtroppo, come anche in Spagna, usiamo un numero maggiore di dispositivi per l’illuminazione stradale».

Insomma, siamo più spreconi?

«Siamo più spreconi, sicuramente».

E all’interno dei confini nazionali, quali sono le regioni più virtuose e chi ha invece la maglia nera – o meglio, la “maglia brillante”, visto il tema?

«Le zone più buie sono sicuramente in Sardegna e nel Sud Tirolo, ma anche in Maremma, in parte dell’Appennino e anche in parte della Calabria troviamo zone non troppo inquinate. La peggiore è invece senz’altro la Pianura Padana, una fra le regioni più ampie al mondo dove si è persa la possibilità di vedere la Via Lattea».

Nel vostro studio mettete in guardia contro il rischio che potrebbe rappresentare la diffusione dell’illuminazione led, che pure sul fronte del risparmio energetico sembra assai più efficiente, rispetto alle altre fonti di luce artificiale. Perché?

«Il problema è che quelli che stanno installando hanno una temperatura di colore elevatissima. Dunque con un elevato contenuto della parte più blu dello spettro elettromagnetico. Rispetto allo spettro d’una lampada al sodio tradizionale, di colore giallastro, i nuovi led hanno un aspetto brillante e azzurrognolo».

Questo cosa comporta? Cos’hanno di più nocivo?

«Esposto alla luce con componente blu, il nostro corpo produce meno melatonina, e di conseguenza il ritmo circadiano, il nostro orologio biologico, viene alterato, con possibili conseguenze per la salute. Questo per quanto riguarda la biologia. Ma c’è anche un aspetto più estetico e culturale».

In che senso?

«Il nostro occhio, quando guarda il cielo di notte, lontano dalle luci artificiali, è in condizione di visione notturna, scotopica, caratterizzata da una sensibilità superiore alla parte blu dello spettro rispetto alla visione diurna. Questo comporta che, se a parità di tutte le altre condizioni sostituissimo interamente le lampade al sodio per l’illuminazione notturna con led bianchi a elevata temperatura di colore, la brillanza in cielo percepita dal nostro occhio aumenterebbe dalle due alle quattro volte. Ma questo non è un difetto intrinseco della tecnologia a led: basterebbe scegliere led con una tonalità più calda, e dunque una temperatura di colore inferiore. Scelta che, fra l’altro, sarebbe più apprezzata anche esteticamente, considerando che, là dove sono stati installati, i led a luce bianca e azzurrognola sono risultati troppo abbaglianti. Le persone li trovano fastidiosi».

Per saperne di più:

Guarda il servizio video su INAF-TV:

Effemeridi di Sole, Luna e pianeti sul Cielo di Giugno


Tutti gli eventi di giugno, con tanti contenuti extra da cliccare, li trovi su Coelum 201: semplicemente… clicca e leggi!

La notte del 19, verso le 2:00, si avrà il momento migliore per seguire il passaggio di una Luna quasi
piena nella regione dell’Ofiuco-Scorpione, interessata dalla presenza di Saturno e Marte


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Occhi su Saturno

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Giunta nel 2016 alla sua quinta edizione “Occhi Su Saturno” è una grande iniziativa diffusa in tutta Italia grazie alla collaborazione di associazioni astrofili, singoli appassionati, osservatorio astronomici e planetari. Nata nel 2012 da un’idea dell’associazione di promozione sociale Stellaria di Perinaldo per celebrare i 300 anni dalla scomparsa di Gian Domenico Cassini, il grande astronomo del ‘600 nato proprio nel piccolo borgo ligure.

Si tratta di un’ottima occasione per chi desidera avvicinarsi al mondo dell’astronomia.

Saturno è un pianeta splendido anche sotto cieli non troppo bui e darà sicuramente grandi soddisfazioni a chi si sofferma nella sua osservazione, soprattutto se aiutato dalla guida persone esperte e con l’ausilio dei giusti strumenti. Per essere aggiornati sulle iniziative organizzate e trovare l’evento più vicino si faccia riferimento alla pagina:

www.occhisusaturno.it/eventi-2016

LINK UTILI

Leggi l’articolo dedicato all’evento su Coelum 201!

…e ancora su Saturno su Coelum 201:


Report: La missione Cassini su Saturno
Inizia su Coelum 201 la nuova rubrica “Report”, curata da Pietro Capuozzo, per restare aggiornati sulle ultime scoperte scientifiche delle principali missioni. Questo mese non poteva che essere dedicato a tutte le scoperte della missione della NASA Cassini in orbita attorno a Saturno


L’esagono di Saturno
Come se i suoi eleganti anelli non bastassero, Saturno è custode di un altro dei misteri del Sistema Solare. Si tratta di una formazione tempestosa che domina l’atmosfera del pianeta al suo polo nord, dalle dimensioni colossali ma che stupisce più per la sua forma, ovvero quella di un perfetto esagono.


Saturno in Opposizione
Guida all’osservazione e alla ripresa. Un istante che per Saturno, a livello osservativo, non fa la differenza rispetto a qualche settimana prima o dopo. Per questo motivo la stagione osservativa di ‎Saturno‬ è aperta e proseguirà per tutta l’estate! Non perdete i nostri consigli!

Sfida osservativa: occultazione radente di Nettuno da parte della Luna.

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La tabella qui sotto mostra i tempi di entrata e di uscita di Nettuno dal lembo lunare, con indicata l’altezza della Luna nel momento del massimo. Dalle prime sei località, tutte a nord del 45° parallelo, si potrà teoricamente assistere a un’occultazione, mentre per le ultime due (*dove viene indicata l’ora del massimo avvicinamento e la separazione dal bordo) si tratterà solo di una congiunzione, sia pure stretta.
Località Entrata Uscita Altezza Luna
Bolzano 01:07 01:26 +8,8°
Milano 01:08 01:20 +7,5°
Piacenza 01:10 01:17 +7,7°
Torino 01:10 01:16 +6,5°
Trieste 01:09 01:24 +10,5°
Venezia 01:09 01:22 +9,5°
Roma* 01:06 1,5′ +9,6°
Palermo* 01:01 3,5′ +10,5°

Intorno all’1:10 del 26 giugno, la Luna avrà un incontro ravvicinato con Nettuno.

Per la maggior parte della penisola si tratterà soltanto di un congiunzione, con il pianeta che arriverà a lambire, a un paio di primi di distanza, la parte meridionale del nostro satellite.

Per le località poste a nord del 45° parallelo (vedi la tabella qui sopra) si verificherà invece una parziale o una totale occultazione, sia pure della durata di pochi minuti.
Seguire l’evento sarà comunque una vera sfida, sia per il forte disturbo luminoso, in cui probabilmente si perderà Nettuno con la sua debole magnitudine di +7,8, sia perché il tutto si verificherà con la Luna molto bassa sull’orizzonte est.

Riteniamo tuttavia che con un cielo cristallino e senza umidità, zoomando il lembo lunare per escludere quanto più possibile del disturbo luminoso, si potrebbe anche riuscire nell’impresa di fotografare il debole puntino.

Da notare che, proprio nel momento dell’occultazione di Nettuno o del suo massimo avvicinamento, ci sarà anche da tenere d’occhio l’uscita dal bordo scuro della stella lambda Aquarii (mag. +3,7), occultata quasi un’ora prima.

Luna, Saturno e Marte tra Libra e Scorpione

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La notte del 19, verso le 2:00, si avrà il momento migliore per seguire il passaggio di una Luna quasi piena nella regione dell’Ofiuco-Scorpione, interessata dalla presenza di Saturno e Marte
La notte del 19, verso le 2:00, si avrà il momento migliore per seguire il passaggio di una Luna quasi piena nella regione dell’Ofiuco-Scorpione, interessata dalla presenza di Saturno e Marte

Altra evocativa congiunzione sarà quella che avrà luogo nei dintorni dello Scorpione le prime ore della notte del 19 giugno. La Luna prossima al plenilunio avvicinerà Saturno (mag. +0,1) fino a una distanza angolare di 2,5°, con il luminosissimo Marte (–1,7) a 18° a sudovest, nella Libra.

La Luna sarà decisamente invasiva con il suo chiarore, ma anche così gli astrofotografi più bravi riusciranno senz’altro a ricavare suggestivi accostamenti tra il cielo e gli elementi del paesaggio. Come al solito tutto dipenderà dalle condizioni atmosferiche…

Effemeridi di Sole, Luna e pianeti sul Cielo di Giugno


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OCCHI AL CIELO – Corso di Astronomia a Roma

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Astronomiamo

SpaceX e NASA insieme su Marte

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Come già annunciato il mese scorsoSpaceX sta lavorando per lanciare una serie di capsule Dragon verso Marte. Un progetto molto ambizioso per una singola azienda privata, ma condividendo gli stessi interessi, la NASA si è subito mostrata interessata a dare il proprio supporto.

La Chief Scientist NASA Ellen Stofan ha spiegato, lo scorso 9 giugno, una conferenza presso l’Agenzia Spaziale Italiana, che questa collaborazione con SpaceX consente alla NASA di avere più opportunità per testare tecnologie che sono necessarie per missioni manned su Marte.

La famosa Journey to Mars che gli americani hanno iniziato a ‘percorrere’ con la prima amministrazione Obama è ricca di ostacoli. La NASA si è da sempre mostrata aperta a collaborare con partner istituzionali per la realizzazione di strumenti e tecnologie necessarie per una missione umana su Marte. Ma questo non esclude partner privati, come in questo caso SpaceX.

Per la prima missione Red Dragon è stata esclusa la costruzione di unpayload per ovvi motivi tempistici. 24 mesi sono troppo pochi per poter concepire e costruire un carico utile funzionante. Ma quello che la NASA può fornire a SpaceX sono una serie di tecnologie che possono essere testate durante il viaggio.

Saranno principalmente comunicazione e sistemi di navigazione deep-space per la missione nel 2018, che casualmente cade lo stesso anno del lancio del lander NASA Insight, che atterrerà anch’esso sul Pianeta Rosso.

In cambio SpaceX fornirà alla NASA utilissime informazioni sull’atterraggio del Red Dragon su Marte, dati che sono vitali se si vuole far atterrare grandi masse sul pianeta. La capsula testerà, infatti, un sistema di retropropulsori supersonici che potrebbero facilitare l’atterraggio di carichi pesanti.

Il discorso si fa più interessante per le missioni Red Dragon post-2018. La NASA sta considerano, infatti, di testare le tecnologie per lo sfruttamento di risorse in situ (ISRU), per generare acqua, ossigeno e metano per il combustibile, elementi essenziali per future missioni umane. Il rover 2020 della NASA che verrà lanciato quell’anno sperimenterà queste stesse tecnologie. Ma grazie alle missioni Red Dragon la NASA avrà più opportunità per studiare la ISRU.

Sembra quindi che questa collaborazione pubblico-privata possa alleggerire il carico di lavoro della NASA, che punta ad una prima missione umana per Marte vero la fine degli anni 2030.

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AstronomiAmo – Occhi su Saturno

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astronomiamo-locandina-giu2016

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Le dirette di giugno:
16/06/2016 21.30 – LIFT-OFF! Mensile di astronautica

Per informazioni: www.astronomiamo.it

info@astronomiamo.it
Tel: 338-1670432

Cieli coperti su una ventina di mondi alieni

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Hot Jupiters, exoplanets around the same size as Jupiter that orbit very closely to their stars, often have cloud or haze layers in their atmospheres. This may prevent space telescopes from detecting atmospheric water that lies beneath the clouds, according to a study in the Astrophysical Journal. Credits: NASA/JPL-Caltech
Hot Jupiters, exoplanets around the same size as Jupiter that orbit very closely to their stars, often have cloud or haze layers in their atmospheres. This may prevent space telescopes from detecting atmospheric water that lies beneath the clouds, according to a study in the Astrophysical Journal. Credits: NASA/JPL-Caltech

Il potente occhio del telescopio spaziale Spitzer ha studiato le atmosfere di diciannove gioviani caldi – esopianeti simili in dimensioni a Giove, ma situati su orbite molto più vicine alle proprie stelle. Su questi pianeti, le temperature superficiali possono raggiungere fino a 1100 gradi centigradi. Di conseguenza, l’acqua che popola questi mondi esiste esclusivamente nello stato di vapore acqueo.
Dalle poche atmosfere studiate finora, gli astronomi hanno già potuto notare una straordinaria diversità: alcuni gioviani caldi sembrano impregnati di vapore acqueo, mentre altri ne sembrano quasi del tutto privi.

Per far luce su questo mistero, gli scienziati hanno puntato l’occhio di Spitzer in direzione di 19 gioviani caldi già osservati in precedenza da Hubble. La WFC 3 a bordo di Hubble aveva rilevato la traccia spettrale del vapore acqueo in 10 di questi pianeti, non riscontrando alcuna firma nelle atmosfere degli altri nove. Tuttavia, le analisi erano state condotte nell’arco di più studi, da ricercatori diversi e seguendo tecniche d’analisi dei dati molto differenti.

Per far chiarezza quindi, questi diciannove mondi alieni sono stati nuovamente studiati analizzando tutti i dati allo stesso modo.

«Volevamo studiare questi pianeti tutti assieme, per vedere se avessero delle proprietà atmosferiche in comune,» spiega Aishwarya Iyer della California State University. La conclusione è che, su alcuni pianeti, formazioni di nubi o strati di foschia potrebbero nascondere parte del contenuto acquoso dell’atmosfera agli occhi dei nostri telescopi spaziali.

Secondo quanto suggeriscono i dati, le nubi in sé avrebbero composizioni chimiche diverse da quelle dell’acqua. “Sembra che su ogni pianeta che abbiamo studiato ci siano nubi o foschia,” prosegue Iyer. “che bisogna prendere in considerazione per non rischiare di sottovalutare la quantità di acqua contenuta nell’atmosfera di un esopianeta.”

Lo studio sembra in linea con quanto concluso a fine 2015 da un altro gruppo di ricercatori,  nel quale tutti i dati sono stati uniti per generare un unico spettro di luce da confrontare successivamente con un modello di un’atmosfera del tutto priva di nubi e una con nubi di crescente spessore. Così facendo, hanno potuto determinare che quasi tutti i pianeti risultano nascosti di almeno la metà da uno spesso strato di nubi o foschia.

«Su alcuni di questi pianeti, riusciamo a vedere l’acqua che “sporge la testa” al di sopra delle nubi, e potrebbe essercene dell’altra al di sotto,» prosegue Iyer. Purtroppo, gli scienziati non sono stati ancora in grado di determinare la natura o la composizione chimica delle nubi.

«Il fatto che ci siano nubi su tutti questi pianeti è piuttosto sorprendente,» spiega Robert Zellem del JPL.

«Si sono formati nelle loro posizioni attuali oppure sono migrati dall’esterno verso le loro stelle?» prosegue Zellem. «Comprendere l’abbondanza di molecole come l’acqua ci aiuterà a rispondere a questa domanda.»

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Giove e Luna sotto alla “pancia del Leone”

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La sera dell’11 giugno, poco prima della mezzanotte, la Luna si ritroverà ancora una volta in congiunzione con Giove, con i due oggetti che alti circa +20° sull’orizzonte ovest appariranno separati di circa 2,4°.

Per assistere dall’Italia a un’occultazione di Giove da parte della Luna (che manca dal luglio 2012) si dovrà probabilmente aspettare il 28 novembre 2019, e nel frattempo ci si dovrà accontentare di congiunzioni più o meno strette; come ad esempio quella che si verificherà la sera dell’11 giugno alle 23:30 quando un robusto crescente di Luna avvicinerà il pianeta fino a una distanza di 2,4°.

La separazione minima (circa 2°) sarà raggiunta verso le 20:30, quando però i due oggetti saranno alti circa +48° e isolati nel cielo, così che per realizzare riprese fotografiche di effetto, consigliamo di attendere qualche ora per dar modo ai due oggetti di scendere sull’orizzonte ovest (a circa +20°) e di circondarsi di un’adeguata cornice scenica. L’incontro avverrà sotto la “pancia del Leone”, dove da diverso tempo sta stazionando Giove.

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Un successo assoluto per LISA Pathfinder

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La sonda europea LISA Pathfinder ha raggiunto e superato gli obiettivi della sua missione, secondo quanto riferito il 7 giugno dall’Agenzia Spaziale Europea. La sonda era stata inviata nel punto lagrangiano L1 per verificare il funzionamento di una serie di tecnologie indispensabili per la rilevazione nello spazio profondo di onde gravitazionali – le increspature nello spaziotempo, il tessuto dell’Universo, identificate per la prima volta alla fine dell’anno scorso dall’esperimento LIGO.

Leggi lo speciale Onde Gravitazionali su Coelum 198


Le numerose fonti di disturbo di cui è vittima LIGO – principalmente di natura sismica e termica – impediscono al rilevatore di osservare le onde gravitazionali a frequenze al di sotto dei 100 hertz. Raccogliere le delicate onde gravitazionali provenienti da alcune delle più violente e drammatiche interazioni nel cosmo, come la collisione di buchi neri supermassicci al centro di galassie in fase di fusione, richiede il raggiungimento di una sensibilità strumentale disponibile solamente nello spazio.

L’obiettivo della missione LISA, di cui LISA Pathfinder costituisce le fondamenta, è osservare minuscole variazioni nelle posizioni di una serie di masse poste in punti diversi del Sistema Solare – variazioni causate dal passaggio di una o più onde gravitazionali. Per verificare la fattibilità di questo progetto, LISA Pathfinder è decollata con due cubi di una lega di oro e platino, ognuno largo, alto e profondo circa 46 millimetri. L’obiettivo è quello di utilizzare un interferometro laser per determinare la posizione delle due masse e osservare eventuali variazioni. Per farlo, però, un futuro Osservatorio Spaziale di onde gravitazionali dovrà innanzitutto isolare ed eliminare qualunque possibile fonte di interferenza, per assicurarsi che i blocchi siano soggetti esclusivamente alla forza di gravità.

I risultati, a detta degli stessi scienziati, hanno di gran lunga superato le aspettative. Le forze non-gravitazionali – ovvero tutte le sorgenti di disturbo e interferenza – sono state ridotte a livelli addirittura inferiori rispetto a quelli desiderati.

«Le misurazioni hanno superato tutte le nostre più ottimistiche aspettative», spiega Paul McNamara dell’ESA. «Abbiamo raggiunto il livello di precisione richiesto dopo un solo giorno, e abbiamo trascorso le settimane seguenti a migliorarlo fino a cinque volte tanto.»

«LISA Pathfinder è sempre stata vista come una pietra di passaggio per raggiungere il livello di performance necessario in un vero osservatorio di onde gravitazionali, ma questi risultati ci dicono che abbiamo già eseguito l’intero salto», spiega Ira Thorpe della NASA. «Un Osservatorio identico a LISA Pathfinder sarebbe in grado di raggiungere gli obiettivi scientifici preposti.»

Credits: NASA's Goddard Space Flight Center

I risultati indicano che LISA Pathfinder ha ridotto i livelli di interferenza non-gravitazionale fino a 10 mila volte in meno rispetto alle missioni precedenti. In particolare, la sensibilità a frequenze tra 1 e 60 millihertz è migliorata in seguito alla progressiva fuga verso lo spazio esterno delle poche molecole di gas rimaste intrappolate nel sensore. Al di sotto di un millihertz, gli astronomi hanno osservato una debole forza centrifuga agire sulle due masse. Gli ingegneri sospettano che la presenza di questa forza sia dovuta a una combinazione tra la forma della sonda e il rumore indotto dai tracciatori di stelle, i dispositivi utilizzati per il controllo dell’assetto della sonda. Secondo gli esperti, questa interferenza sarebbe molto meno importante in un osservatorio costituito da più sonde distanti milioni di chilometri l’una dall’altra e collegate tra di loro tramite laser.

Un’altra possibile fonte di interferenza è la carica elettrica trasferita durante il passaggio di un raggio cosmico, minimizzata proiettando radiazioni ultraviolette sui cubi, in modo da rimuovere la carica senza contatto.

Infine, un’altra sorgente di disturbo è la progressiva perdita di massa della sonda causata dal consumo del carburante dal sistema di controllo dell’assetto. Per fortuna, questa variazione può essere facilmente misurata ed eliminata dai dati.

«Questi impressionanti risultati indicano che LISA Pathfinder ha dimostrato con successo alcune delle avanzate tecnologie necessarie per un futuro osservatorio spaziale di onde gravitazionali,» spiega Paul Hertz della NASA. «L’ESA sta attualmente pensando di lanciare una simile missione negli anni ’30, e la NASA sta collaborando nell’esplorazione di una possibile partnership come è accaduto per LISA Pathfinder.»


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Riccioli d’ammoniaca sotto le nubi di Giove

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In questa gif animata si alternano immagini ottiche dello strato superficiale di nuvole che circondano l’equatore di Giove, inclusa la famosa grande macchia rossa, e nuove dettagliate immagini radio dell’atmosfera profonda (fino a 30 chilometri sotto le nuvole). Si nota il gas ricco in ammoniaca che risale in superficie (scuro) intervallata da gas discendente povero in ammoniaca (brillante). Crediti: radio: Robert J. Sault (Univ. Melbourne), Imke de Pater e Michael H. Wong (UC Berkeley) ,ottico: Marco Vedovato, Christopher Go, Manos Kardasis, Ian Sharp, Imke de Pater.
In questa gif animata si alternano immagini ottiche dello strato superficiale di nuvole che circondano l’equatore di Giove, inclusa la famosa grande macchia rossa, e nuove dettagliate immagini radio dell’atmosfera profonda (fino a 30 chilometri sotto le nuvole). Si nota il gas ricco in ammoniaca che risale in superficie (scuro) intervallata da gas discendente povero in ammoniaca (brillante). Crediti: radio: Robert J. Sault (Univ. Melbourne), Imke de Pater e Michael H. Wong (UC Berkeley) ,ottico: Marco Vedovato, Christopher Go, Manos Kardasis, Ian Sharp, Imke de Pater.
NUOVA MAPPA RADIO DELL’ATMOSFERA

Utilizzando la schiera di parabole che compone il Very Large Array in Nuovo Messico, un gruppo di astronomi ha prodotto la più dettagliata mappa radio dell’atmosfera di Giove, rivelando l’imponente flusso di gas di ammoniaca che scorre al di sotto dello spesso strato di colorate e vorticose nubi superficiali.

Nella loro ricerca, pubblicata sull’ultimo numero di Science, i ricercatori hanno misurato le emissioni radio dell’atmosfera di Giove a specifiche lunghezze d’onda, alle quali le nuvole risultano trasparenti, riuscendo a determinare la quantità di ammoniaca presente fino a una profondità di circa 100 chilometri al di sotto dello strato superiore. Si tratta di una fascia in gran parte inesplorata, ma particolarmente interessante perché è quella in cui le nuvole si formano.

Studiando queste regioni dell’atmosfera del pianeta, gli astronomi contano infatti di riuscire a descrivere come la circolazione globale e la formazione delle nubi siano guidate dalla potente fonte di calore interno di Giove. Un modello da applicare in maniera simile anche agli altri pianeti giganti nel nostro Sistema solare, ma anche ai pianeti extrasolari giganti recentemente scoperti intorno a stelle lontane.

Le nuove misurazioni radio (sopra) confrontate con immagini ottiche del telescopio spaziale Hubble. Crediti: Michael H. Wong, Imke de Pater (UC Berkeley), Robert J. Sault (Univ. Melbourne). Optical: NASA, ESA, A.A. Simon (GSFC), M.H. Wong (UC Berkeley), and G.S. Orton (JPL-Caltech)

«Abbiamo in sostanza creato un’immagine tridimensionale del gas di ammoniaca presente nell’atmosfera di Giove», spiegaImke de Pater, professoressa di astronomia alla Università della California a Berkeley e prima autrice dello studio. «Un’immagine da cui si possono ricostruire i movimenti verso l’alto e verso il basso all’interno della turbolenta atmosfera». Secondo la ricercatrice, questa nuova mappa reca una sorprendente somiglianza con le immagini in luce visibile.

La nuova mappa radio evidenzia infatti le nubi superficiali, ricche in ammoniaca, che determinano l’aspetto del pianeta e sono il principale elemento visibile dall’esterno. Si tratta di uno strato di idrosolfuro di ammonio, a una temperatura attorno ai 200° Kelvin (-73° C), e di uno strato di ghiaccio di ammoniaca fluttuante nell’aria fredda a circa 160 Kelvin (-113° C).

Inoltre, la nuova analisi mostra come i cosiddetti hotspot – punti “caldi” dell’atmosfera che appaiono luminosi sia in radio che nelle termografie ad infrarossi – siano regioni povere in ammoniaca, che circondano il pianeta come una cintura appena a nord dell’equatore. Fra gli hotspot sono localizzate delle “risorgive” che trasportano ammoniaca in superficie dagli strati più profondi dell’atmosfera planetaria.

Una nuova vista di Giove nelle frequenze radio, a tre lunghezze d’onda: 2 cm in blu, 3 cm in oro e 6 cm in rosso. I ricercatori hanno creato questa immagine accumulando 10 ore di dati, il tempo di rotazione del pianeta. Il bagliore rosa proviene dalla radiazione emanata dagli elettroni intrappolati nel campo magnetico gioviano. Crediti: Imke de Pater, Michael H. Wong (UC Berkeley), Robert J. Sault (Univ. Melbourne)

«Grazie alle osservazioni radio possiamo scrutare attraverso le nuvole e vedere che quei punti caldi sono intercalati da pennacchi di ammoniaca in risalita dalle profondità del pianeta, configurando le ondulazioni verticali di un sistema di onde equatoriali», dice l’astronomo della UC Berkeley Michael Wong.

Queste osservazioni vengono rese note quando manca ormai meno di un mese prima dell’arrivo a Giove della sonda Juno della NASA, previsto per il prossimo 4 luglio 2016. La missione prevede, tra l’altro, di misurare la quantità di acqua presente nelle parte più profonda dell’atmosfera, là dove il radiotelescopio Very Large Array ha misurato i valori per l’ammoniaca.

«Mappe come la nostra possono aiutare a inquadrare i dati ottenuti da Juno nel più ampio sistema dei movimenti atmosferici di Giove», commenta de Pater, notando in conclusione come il suo team di ricerca continuerà a osservare Giove in radio con il VLA in contemporanea alle osservazioni in microonde compiute da Juno alla ricerca dell’acqua.

Un video che mostra il passaggio dall’immagine radio a quella ottica visibile anche nella gif di apertura.

Per saperne di più:

  • Leggi su Science l’articolo “Peering through Jupiter’s clouds with radio spectral imaging” di Imke de Pater, R. J. Sault, Bryan Butler, David DeBoer, Michael H. Wong

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OCCHI AL CIELO – Corso di Astronomia a Roma

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Quattro serate in aula e due in osservatorio per avvicinarsi alla passione astronomica o per approfondirla.

Roma Eur:

18/05/2016, 25/05/2016, 08/06/2016, 15/06/2016

Osservatorio C.DelSole Cervara di Roma:

11/06/2016, 18/06/2016

Per informazioni:

www.astronomiamo.it

www.astriroma.org

Tel. 338-1670432

Email: info@astronomiamo.it

Astronomiamo

Spazio Italia – Roma – 15 giugno

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Roma – 15 giugno 2016

Liceo scientifico “Manfredi Azzarita” ore 17:10 – Via Tommaso Salvini 18 – 24

“Per aspera ad astra” ci dice Galileo Galilei, padre della fisica moderna e del metodo scientifico. E proprio Galileo, durante il convegno ” Spazio Italia” sarà insignito di numerose attenzioni e onori.

Con il patrocinio dell’Accademia delle Stelle, Unione Astrofili Italiani e Astronomitaly, il convegno “Spazio Italia” ci offrirà due ore e mezza di ricerca amatoriale e professionale, spiegate splendidamente da esperti del settore i quali Mario Di Sora, Presidente UAI, Paolo Colona astrofisico e Presidente “Accademia delle Stelle” e Claudia Antolini, Astrofisica. Ospite d’eccezione in videoconferenza l’astronauta Maurizio Cheli. I relatori assieme a Maurizio Cheli ci mostreranno come l’Italia ricopre la sua importante posizione sul panorama internazionale di ricerca e le missioni spaziali alle quali partecipa senza sosta!

Conducono l’evento gli organizzatori Cristian Sicorschi e Linda Raimondo, “due giovani adolescenti con un sogno da inseguire”.

Vi aspettiamo numerosissimi nell’Aula Magna dell’Istituto “Azzarita” alle 17:10 del 15 giugno!!

Prima del convegno, verrà attrezzata una postazione con telescopi per l’osservazione del Sole.

Ospiti:

Speciale videoconferenza con il Tenente Colonnello Maurizio Cheli – STS-75

​Durante l’evento interverranno:

  • – Paolo Colona, astrofisico e aresidente ”Accademia delle Stelle”
  • – Mario Di Sora, presidente UAI
  • – Claudia Antolini, astrofisica

Per maggiori informazioni:

Social > Evento Facebook

Web > http://convegnospazioitalia.weebly.com/

Nuvole a bassa quota tra i segreti rivelati dalla “Twilight Zone” di Plutone

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La "Twilight zone" di Plutone, suggestiva ripresa del pianeta con la luce del Sole che filtra attraverso i complessi strati della sua atmosfera. E' stata effettuata dalla Ralph/Multispectral Visual Imaging Camera (MVIC) a bordo della New Horizons mentre si trovava a 21.550 chilometri da Plutone, circa 19 minuti dopo il massimo avvicinamento dello storico FlyBy. L'immagine ha una risoluzione di 430 metri per pixel. il diametro di Plutone è di 2.374 chilometri. Cliccare per l'immagine a piena risoluzione. Credits: NASA/JHUAPL/SwRI

Pluto's Twilight Zone. L'immagine originale a piena risoluzione (cliccare per ingrandire) NASA/JHUAPL/SwRI

Questa fantastica immagine di Plutone è stata ripresa dalla New Horizons solo pochi minuti dopo il massimo avvicinamento del 14 luglio 2015.

L’immagine mostra il pianeta nano in controluce, con la luce del Sole che illumina e filtra attraverso i complessi strati di foschia della sua atmosfera. Nella parte superiore dell’immagine risaltano anche le porzioni meridionali della pianura di ghiaccio di azoto nota informalmente come Sputnik Planum, e le Norgay Montes.

La ripresa di Plutone in controluce è stata programmata proprio per riuscire a vederne e studiarne l’atmosfera, ma non solo: immagini come questa riescono infatti a dare informazioni sulle nebbie di Plutone, ma anche su proprietà e caratteristiche della sua superficie, che non possono essere ottenute da altre immagini del Fly-by.

L’inserto in alto a destra mostra una parte di questo “crescente” di Plutone, in cui si nota un intrigante filamento luminoso (vicino al centro) lungo decine di chilometri, che potrebbe indicare la presenza di  nubi a bassa quota nell’atmosfera di Plutone; al momento le uniche identificate tra le immagini della New Horizons. Queste nubi– se di nubi si tratta – sono così luminose e visibili per lo stesso motivo per cui lo sono gli strati di foschia: l’illuminazione radente dovuta alla luce del Sole. La scena in questo inserto è di 230 chilometri di larghezza.

È la prima volta che in un comunicato NASA si parla esplicitamente di nubi, ma l’ipotesi aleggia già da tempo.

Infatti, come dichiarato a inizio marzo in un articolo pubblicato su New Scientist,  già il 13 settembre dello scorso anno, pochi giorni prima del rilascio pubblico delle prime immagini di questo contro luce, Grundy, del Lowell Observatory in Arizona, aveva inviato una e-mail a una lista di discussione sull’analisi dei dati di New Horizons che riguardano l’atmosfera di Plutone. Allegando l’immagine qui sotto scrisse: «Ci sono alcune formazioni a bassa quota abbastanza localizzate, appena sopra il lembo dove indicano le frecce, ma anche un paio di “cose” brillanti a forma di nube, che sembrano essere sospese e attraversano la topografia nella zona cerchiata».


Grundy aveva individuato delle caratteristiche peculiari sul bordo – o “lembo” – nella foschia di Plutone che sembravano spiccare tra i distinti strati dell’atmosfera. Ma più intrigante ancora era quella formazione luminosa che attraversa, e che secondo lui aleggia sopra, quella parte di paesaggio racchiusa nel cerchio. L’email ha dato il via a una accesa discussione, sulla possibilità che fossero davvero formazioni nuvolose e non parte del terreno (non potendone vedere l’ombra proiettata sulla superficie o immagini riprese da un angolo diverso) e per definire quella che doveva essere l’esatta distinzione tra “nube” e “foschia”. Secondo Alan Stern una nube era una parte discreta (distinguibile) rispetto alla nebulosità della foschia.
Non si è però mai parlato pubblicamente di nubi su Plutone (se non un accenno su uno studio pubblicato su Science intitolato “The Atmosphere of Pluto as Observed by New Horizons” in cui però si accennava a queste fomazioni come a un mistero ancora non svelato), facendo pensare che nessuno ne fosse davvero convinto dell’esistenza, fino a quando il primo marzo una email inviata da John Spencer del Southwest Research Institute di Boulder, Colorado, riportava proprio l’immagine che vediamo nel riquadro in esame, parlando esplicitamente di «una nube tenue ma discreta [n.d.r. ben distinta] sopra la Krun Macula (credo) sulla destra”.
Spencer non ha parlato di cosa possano essere fatte queste nubi, verosimilmente degli stessi elementi di cui è composta l’atmosfera, ma i modelli atmosferici suggeriscono che nubi di metano possano occasionalmente formarsi nell’atmosfera di Plutone, e queste potrebbero esserne l’evidenza.  Sempre Spencer sostiene che con molta probabilità la conferma e ulteriori prove arriveranno dall’immensità di dati che ancora la New Horizons deve inviare a terra (ricordiamo che l’intero database non sarà disponibile prima della fine dell’anno), e che altre nubi verranno  con molta probabilità inviduate nelle immagini che arriveranno.

Una curiosità: Plutone è stato notoriamente retrocesso dallo status di pianeta nel 2006, ed è ora ufficialmente un pianeta nano, ma proprio queste immagini di nuvole potrebbero far aumentare le possibilità della presentazione di una richiesta di reintegrazione. La complessità sempre più evidente dell’atmosfera di Plutone infatti gli consente di  passare senza ombra di dubbio quello che Alan Stern (Principal Investigator della missione New Horizons e primo sostenitore convinto della necessità di rivedere i criteri di catalogazione) chiama il test di “Star Trek”: sai già che si tratta di un pianeta appena lo vedi fuori dalla finestra, non hai bisogno d’altro…

L’inserto in basso a destra mostra invece più in dettaglio il lato notturno di Plutone. Le formazioni del terreno possono essere viste perché illuminate da dietro dalla luce del Sole diffusa dalle nebbie che delineano il profilo del pianeta. La topografia qui appare abbastanza accidentata, sono evidenti ampie vallate e rilievi con cime appuntite per un totale di 5 chilometri. Questa immagine, realizzata da distanza ravvicinata, da molte più informazioni delle immagini di queste stesse zone, riprese però diversi giorni prima del massimo avvicinamento a più bassa risoluzione. un raro sguardo dettagliato della configurazione di queste zone di terreno purtroppo ancora misteriose, essendo state viste ad alta risoluzione solo nella penombra di queste immagini. La scena in questo inserto è di 750 chilometri di larghezza.

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ASTROINIZIATIVE UAI

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Tutti i primi lunedì del mese:
UNA COSTELLAZIONE SOPRA DI NOI

In diretta web con il Telescopio Remoto UAI Skylive dalle ore 21:30 alle 22:30, ovviamente tutto completamente gratuito.
Un viaggio deep-sky in diretta web con il Telescopio Remoto UAI – tele #2 ASTRA Telescopi Remoti. Osservazioni con approfondimenti dal vivo ogni mese su una costellazione del periodo. Basta un collegamento internet, anche lento. Con la voce del Vicepresidente UAI, Giorgio Bianciardi telescopioremoto.uai.it

Palidoro sotto le stelle

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Cliccare per ingrandire

La serata di sabato 11 giugno 2016 sarà un incontro tutto dedicato all’Astronomia, infatti presso la Parrocchia Santi Filippo e Giacomo nel borgo di Palidoro si potranno ammirare le meraviglie del cosmo. Con ben 4 telescopi si potranno osservare oggetti come la Luna, il pianeta Giove e il pianeta Saturno e le osservazioni saranno accompagnate dalle spiegazioni dell’astrofilo Giuseppe Conzo che condurrà i visitatori in un viaggio indimenticabile nell’Universo.

Il “party astronomico” sarà arricchito con cena a base di pizza e nell’occasione saranno presentati i corsi di Astronomia 2016/2017 che si svolgeranno nella Chiesa di Palidoro a partire da ottobre 2016.

Un’occasione di cultura, cibo e compagnia all’insegna della condivisione e dell’amicizia che assolutamente non si deve perdere.

Per maggiori info  giuconzo@gmail.com

oppure collegarsi alla pagina Facebook dell’evento al seguente link: https://www.facebook.com/events/602789323213075/

TI PORTO LA LUNA

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Ti porto la LUNAContinua il Tour che nel 2015 ha fatto sognare migliaia di persone. Realizzato da Luigi Pizzimenti, in collaborazione con Paolo Attivissimo, anche quest’anno potrete conoscere la storia geologica di una roccia antichissima che rievoca la cataclismica formazione della Terra e della Luna, e potrete rivivere, con foto e riprese video rare e restaurate, l’avventura e il viaggio che l’hanno portata tra noi.
Il campione di Luna di quest’anno è un frammento raccolto nella regione lunare di Fra Mauro dagli astronauti di Apollo 14, Alan Shepard e Edgar Mitchell, ed è uno dei più grandi fra quelli offerti dalla NASA per esposizioni pubbliche. Quest’anno il tour italiano vedrà la partecipazione e collaborazione (in alcune località) di: Paolo Attivissimo, Paolo D’Angelo e Paolo Miniussi.

Tutte le date, le località e le informazioni necessarie le trovate nel CALENDARIO degli APPUNTAMENTI

Svelata la fonte dell’acqua lunare

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La Luna contiene piccole ma significative quantità di acqua. I campioni prelevati dagli astronauti delle missioni Apollo suggeriscono che all’interno della Luna vi siano da 10 a 300 parti per milione di acqua. Un team di scienziati ha pubblicato un articolo su Nature Communications mostrando che le fonti di quest’acqua sembrano essere gli asteroidi. Questo studio potrebbe fornire nuovi indizi su come si è formato il Sistema solare, come è cresciuta la Luna e come si è svolto il bombardamento da parte di piccoli oggetti e frammenti nelle prime fasi di vita dei nostri dintorni planetari. Crediti: LPI/David A. Kring
Impressione artistica di una Luna "primordiale" dalla superficie ancora parzialmente fusa. La Luna contiene piccole ma significative quantità di acqua. I campioni prelevati dagli astronauti delle missioni Apollo suggeriscono che all’interno della Luna vi siano da 10 a 300 parti per milione di acqua. Un team di scienziati ha pubblicato un articolo su Nature Communications mostrando che le fonti di quest’acqua sembrano essere gli asteroidi. Questo studio potrebbe fornire nuovi indizi su come si è formato il Sistema solare, come è cresciuta la Luna e come si è svolto il bombardamento da parte di piccoli oggetti e frammenti nelle prime fasi di vita dei nostri dintorni planetari. Crediti: LPI/David A. Kring

Il programma spaziale Apollo, che a cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso ci ha permesso di conoscere più da vicino la Luna, ha anche portato a Terra un enorme quantitativo di campioni lunari. Dalle prime analisi risultava che queste rocce fossero completamente prive di acqua, mentre analisi più accurate hanno mostrato che, sebbene in piccole quantità, l’acqua è presente sul nostro satellite naturale. Secondo quanto afferma un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature Communicationsla maggior parte dell’acqua presente all’interno della Luna è stata portata da asteroidi tra 4.5 e 4.3 miliardi di anni fa.

Nell’era del programma Apollo la Luna è stata spesso descritta come un corpo privo di acqua. Grazie al progressivo miglioramento delle tecniche di analisi, gli scienziati si sono resi conto che l’acqua è presente nel sottosuolo lunare, ma in quantità così piccole da non essere rilevabili all’epoca del rientro a Terra dei primi campioni.

La scoperta di acqua nella Luna apre un nuovo dibattito circa la sua provenienza. Nello studio gli scienziati hanno confrontato la composizione chimica e isotopica dei materiali volatili lunari con quella dei volatili trovati in comete e campioni meteorici di asteroidi. Il team ha poi calcolato la proporzione di acqua che potrebbe essere stata trasportata da queste due popolazioni di oggetti, e i risultati indicano la maggior parte (più dell’80 percento) dell’acqua lunare deriva da asteroidi simili alle meteoriti condritiche carbonacee. Le condriti sono meteoriti rocciose che non sono state modificate da processi di fusione o differenziazione, e sono quindi costituite da materiale primitivo del Sistema solare, che si è addensato da grani e polveri a formare asteroidi. Le condriti carbonacee sono caratterizzate dalla presenza di carbonio e suoi composti, tra cui amminoacidi.

La Luna potrebbe aver ricevuto acqua quando si trovava in uno stato ancora parzialmente fuso (regione di colore rosso e arancione), mentre la sua crosta primordiale (regioni in grigio e bianco) si stava formando. Le composizioni isotopiche degli elementi volatili presenti nei campioni lunari suggeriscono che le fonti principali di quell’acqua siano state asteroidi simili a meteoriti carbonacee di tipo CI, CM e CO. Le meteoriti di tipo CI e CM contengono acqua dal 10 al 20 percento, mentre quelle di tipo CO ne contengono dal 2 al 5 percento. Sebbene le comete possano contenere molta più acqua (fino al 50 percento), le loro composizioni isotopiche non corrispondono a quelle degli elementi volatili lunari. Si ritiene che meno del 20 percento dell’acqua all’interno della Luna provenga dalle comete. Crediti: LPI/David A. Kring

L’acqua sembra dunque arrivata sulla Luna quando questa era ancora circondata da un oceano di magma, molto prima che si formasse la crosta che vediamo ora, e che impedisce agli oggetti che impattano sul nostro satellite di portare quantità significative di materiale negli strati più profondi. Per quanto riguarda l’arrivo dell’acqua sulla Terra, deve essere accaduto qualcosa di molto simile, all’incirca nello stesso intervallo di tempo.

Per saperne di più:

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STAR PARTY delle Foreste Casentinesi a Campigna (FC)

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Il primo star-party tosco-romagnolo sarà un appuntamento dedicato agli astrofili ma sono previste attività per chi, incuriosito, vorrà godersi un fine settimana immerso nella natura. I principali punti dIi osservazione saranno il piazzale dei Fangacci, i Parati della Burraia e i prati di Campigna.

Escursioni serali a cura dell’associazione “Quota900” accompagneranno i partecipanti ai Prati della Burraia dove alcuni astrofili mostreranno e racconteranno il cielo della tarda primavera. Al parcheggio dei Fangacci gli astrofili osserveranno e riprenderanno il cielo la sera e il Sole nel pomeriggio di sabato con i propri telescopi. Sabato mattino il Planetario di Stia sarà aperto al pubblico con attività dedicate ai bambini. Dalle ore 15 sempre del Sabato, inoltre, sono previste conferenze e convegni per astrofili al centro visite del Parco (Campigna).
Lo star-party è organizzato dalle associazioni astrofile di Arezzo (NuovoGruppo Astrofili di Arezzo), Ravenna (A.R.A.R.), Firenze (S.A.F.), Savignano sul Rubicone (A.A.R.), Imola (A.A.I.), Società Astrofili Cesena, dall’Ente Parco Foreste Casentinesi con la collaborazione degli astrofili di Forlì, Sogliano al Rubicone, Faenza, dell’Unione Astrofili Italiani e del Planetario di Stia.

Per informazioni: Nuovo Gruppo Astrofili di Arezzo (presidente@arezzoastrofili.it)
Associazione Ravennate Astrofili Rheyta (info@arar.it)

Ass. Teerum Valgemon Aesai

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Al Planetario Osservatorio Astronomico di Basilicata inizia “Stelle in Famiglia”, tutte le domeniche e festivi, fino a fine giugno, nelle ore pomeridiane, una serie di Serate Astronomiche adatte ai grandi e ai piccini!
Si parlerà di stelle e costellazioni, un percorso adatto alle famiglie con bambini. Quale maniera migliore per avvicinare i bambini all’astronomia?
Possibilità di pernotto presso le strutture convenzionate.
Per info e prenotazioni: Tel. 097.11650633 – cell. 3202236876 –
planetarioanzi@gmail.com
http://planetarioosservatorioanzi.blogspot.it

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