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L’ESA propone una base permanente sulla Luna

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Crediti: ESA/Foster + Partners

di ALBERTO ZAMPIERONAstronautinews.it

Tornare sulla Luna? La prossima tappa dell’esplorazione spaziale, dopo l’esperienza della Stazione Spaziale Internazionale, prevede molto di più. L’Agenzia Spaziale Europea ha un nuovo obiettivo: costruire una base permanente sulla luna.

I russi furono i primi a lanciare una missione sulla luna mentre gli americani i primi a camminare sulla sua superficie. Oggi la luna continua ad essere al centro di ambiziose ricerche come conferma anche il direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea Johann-Dietrich Wörner. Una base internazionale, una stazione aperta ai diversi Stati membri dell’Agenzia e ai paesi di tutto il mondo.

Un sogno animato dalla stessa passione che ha portato il primo uomo sulla Luna. Certo finora nessuno ha mai realizzato un progetto simile. Dalla missione spaziale Apollo sono stati fatti passi da gigante.

L’idea del “Moon Village”, di una stazione sulla luna, rientra nel progetto globale destinato a sostituire la ISS e dovrebbe essere un grande laboratorio per sviluppare nuove tecnologie. “Saranno coinvolti americani, russi, cinesi, indiani, giapponesi, e altri Paesi con contributi minori”, sottolinea il Direttore Generale dell’ESA Johann-Dietrich Wörner.

Al momento i dettagli forniti non sono molti ma l’entusiasmo è alle stelle. All’inizio di febbraio al Centro Astronautico Europeo di Colonia si è tenuto un workshop su come costruire un villaggio lunare permanente. Tra i messaggi chiave: poter pensare di utilizzare ghiaccio, metalli e minerali rilevati sulla Luna. Alcuni degli scienziati, che potrebbero trasformare questa idea in realtà, lavorano presso il Centro Astronautico Europeo.

“La Luna è piena di risorse. Abbiamo trovato ghiaccio ai poli lunari e zone dove c’è quasi sempre luce. Queste aree possono offrirci le risorse necessarie da utilizzare per la costruzione della base lunare e per la sopravvivenza degli astronauti”, fa sapere Bernard Foing, Direttore del Gruppo internazionale di lavoro per l’esplorazione lunare.

Un’impresa che deve anche fare i conti anche con diversi ostacoli: radiazioni solari e cosmiche, micro-meteoriti, temperature estreme. Problemi sui quali sta lavorando uno dei tanti ricercatori dell’ESA. Secondo Aidan Cowley, per utilizzare il suolo lunare bisogna costruire cupole protettive: “Tra le tante idee c’è quella di utilizzare questo materiale lunare per la stampa in 3D per un edificio sulla Luna, forse potrebbe funzionare.”

Alla creazione di una base lunare l’Europa si sta muovendo da tempo, ad esempio con il progetto “Luna 27” frutto di una collaborazione tra l’Esa e l’Agenzia Spaziale Russa (Roscosmos). Certo, potrebbero volerci 20 anni prima che il sogno diventi realtà.

L’ESA non è sola in questo progetto così ambizioso. La Cina sta pianificando la missione per riportare del campione di roccia lunare, la Russia un lander robotico con il supporto dell’ESA, mentre la capsula spaziale Orion della NASA dovrebbe volare attorno alla Luna prima del 2020.

“Il vantaggio del villaggio lunare è che non abbiamo bisogno, all’inizio, di una grande quantità di fondi. Possiamo iniziare con una semplice missione di atterraggio, che molti Paesi stanno già pianificando. Poi servirà un maggiore investimento per telescopi e un radiotelescopio. Molteplici servizi per più utenti ma situati in un unico luogo”, conclude Johann-Dietrich Wörner, Direttore Generale dell’ESA.

Come avrete capito la Luna è qualcosa di scientificamente interessante, ma dal punto di vista tecnologico servono molti fondi. Un’impresa di grande valore per l’esplorazione da parte dell’uomo del sistema solare.

Fonte: ESA

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Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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04.03: “Verso l’equinozio: il firmamento di fine inverno” proiezione con commento a cura di
Gianpietro Ferrario.

Per info: 0341.367584
www.deepspace.it

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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04.03: “Giganti e supergiganti rosse” di Pietro Planezio.

Per il programma completo andare al sito.
Per info: cell. 346.2402066
info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Posticipato l’incontro con l’asteroide 2013 TX68: ci sfiorerà l’8 marzo

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Credit: NASA/JPL-Caltech Image credit: NASA/JPL-Caltech

2013 TX68 era già passato vicino alla Terra un paio di anni fa in completa sicurezza, alla distanza di 2 milioni di chilometri:
Sapevamo già di questo asteroide e che avrebbe volato vicino alla Terra all’inizio di marzo ma questi ulteriori dati ci permettono di capire meglio il suo percorso orbitale“, ha detto nel report Paul Chodas, responsabile del Center for Near-Earth Object Studies (CNEOS) della NASA.
I dati indicano che questo piccolo asteroide passerà probabilmente molto più lontano dalla Terra di quanto si pensasse“.

2013 TX68, che misura circa 30 metri di diametro, era stato scoperto dal Catalina Sky Survey il 6 ottobre 2013 mentre si avvicinava sul lato notturno del nostro pianeta. Dopo tre giorni di monitoraggio, però, l’asteroide passò nel cielo diurno e gli astronomi non riuscirono più a seguirlo tanto che fino a qualche settimana fa. Il range di incertezza sul fly-by era molto elevato, da una distanza di 14 milioni di chilometri fino a 17.000 chilometri dalla Terra.

Un valido aiuto è arrivato da Marco Micheli del NEO Coordination Centre (NEOCC/SpaceDys) dell’ESA a Frascati, che ha individuato l’oggetto nelle immagini archiviate, misurato la sua posizione e fornito le informazioni al Minor Planet Center di Cambridge, Massachusetts.

Secondo le nuove previsioni, l’asteroide volerà a 5 milioni di chilometri dalla Terra con una possibilità minima si passare più vicino, ma comunque oltre i 24.000 chilometri sopra la superficie terrestre. Le nuove informazioni hanno anche permesso di raffinare l’orbita per il futuro, stabilendo che non impatterà con il nostro pianeta almeno per il prossimo secolo. Purtroppo questo incontro non sarà neppure uno spettacolo astronomico: oltre ad essere un oggetto scuro, 2013 TX68 transiterà così lontano da ridurre drasticamente le possibilità di osservazione.

BALLE DI SCIENZA Storie di errori prima e dopo Galileo

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A quasi due anni di distanza dal successo di Pisa, cantonate, errori e bufale scientifiche tornano protagonisti e sbarcano in Sicilia, alle falde dell’Etna, infatti, il museo Città della Scienza – Università di Catania ospiterà la seconda edizione della mostra, curata dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare in collaborazione con l’Università degli Studi di Catania. Un’occasione in più per lasciarsi guidare alla scoperta di abbagli e coincidenze che hanno segnato la storia della scienza.

La mostra vi racconterà come gli errori accompagnano inevitabilmente il desiderio dell’uomo di conoscere: grandi scoperte – fatte qualche volta anche per caso – si intrecciano con clamorose sviste. Gli scienziati infatti portano in laboratorio, ed è difficile fare altrimenti, le proprie convinzioni religiose, filosofiche e culturali. In realtà, però, correggere i propri errori è l’essenza stessa del metodo scientifico, inaugurato da Galileo più di 400 anni fa. Ciò che conta è non perdere meraviglia e curiosità di fronte al mondo. Sbagliarsi fa parte del gioco.

Info e prenotazioni: ballediscienza@ct.infn.it
www.ballediscienza-catania.it

La Luna nello Scorpione, tra Marte e Saturno

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Nella seconda parte della notte si potrà seguire il lento avvicinamento a Saturno da parte dell’Ultimo Quarto di Luna, con il nostro satellite che verso le 3:00 del mattino, quando i due oggetti saranno alti circa +12° sull’orizzonte di est-sudest, arriverà a circa 3,5° dal pianeta. N.B. Per esigenze grafiche la dimensione del dischetto lunare, in questa e nelle altre illustrazioni, è due o tre volte superiore alla giusta scala immagine

Come capita ormai da tempo, anche per assistere alla prima congiunzione celeste di marzo, il giorno 2, sarà necessario alzarsi molto presto, oppure tirare tardi e fare tutto un dritto.

L’ora consigliata per seguire il lento avvicinarsi della Luna a Saturno è infatti quella delle 3:30, quando il pianeta e il nostro satellite arriveranno a distare tra loro circa 3,3° sull’orizzonte di sudest. La loro altezza in quel momento sarà in media di +16°, con Saturno (mag. +0,5) che rivaleggerà in luminosità con la rossa Antares (mag. +1,1) nel cuore dello Scorpione.

La notte prima, sempre alla stessa ora, la Luna si porterà nei pressi di Marte (mag. +0,3), avvicinandolo fino a una distanza di quasi 5°. Tutto dipenderà dalle condizioni atmosferiche, ma se la trasparenza dell’aria sarà buona come talvolta accade in questo periodo dell’anno, anche queste “normali” congiunzioni potranno regalare spunti per delle suggestive riprese fotografiche comprensive del paesaggio.

Tutte le effemeridi di Sole, Luna e pianeti sul Cielo di Marzo

Tutti gli eventi del cielo di marzo li trovi su Coelum Astronomia n.198

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Il Cielo di Marzo

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La cartina è costruita per le ore 21:00 del 15 marzo (orario in TMEC per una località posta a Lat. 42° N e Long. 12° E)

EFFEMERIDI

A notte fonda, le brillanti costellazioni a cui eravamo abituati in inverno declinano a ovest per lasciare il posto a quelle tipicamente primaverili. Ad annunciare la nuova stagione è come sempre il Leone, che con il suo caratteristico profilo già campeggia verso sud, circondato da costellazioni (Leo Minor, Sextant, Coma, ecc.) molto  deboli, se non (specialmente osservando dalla città) addirittura “invisibili”. Niente a che vedere, insomma,  con le luci rutilanti delle costellazioni invernali.

Dobbiamo però renderci conto che il cielo che osserviamo in primavera è proiettato al di fuori del piano della Via Lattea… là dove le stelle sono molto più rare e il cielo è dominato da galassie, percepibili però soltanto al telescopio.

Ricordiamo due importanti eventi nel corso di questo mese: prima di tutto, il giorno 27 si tornerà all’ora estiva (TU+2). In quella data, a partire dalle ore 02:00 locali, bisognerà portare gli orologi avanti di un’ora.

Inoltre, nel fine settimana del 12-13 marzo il disturbo lunare sarà minimo, e si realizzeranno quindi le condizioni migliori per tentare la Maratona Messier, ovvero l’osservazione in un’unica notte di tutti (o  quasi) i 110 oggetti del celebre catalogo.


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Società Astronomica Fiorentina

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02.03: “Onde Gravitazionali: come si possono rivelare; le sorgenti” del Dr. Ruggero Stanga, responsabile fino al 2002, della costruzione degli accelerometri per il damping inerziale dei SuperAttenuatori di VIRGO.

Per info: cell. 377.1273573 –
presidente@astrosaf.it
www.astrosaf.it

Ecco il polo nord di Plutone

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Credit: NASA/JHUAPL/SwRI/Coelum

A distanza di sei mesi dallo storico flyby con Plutone, la sonda New Horizons continua a trasmettere a Terra le straordinarie immagini riprese durante il massimo avvicinamento al pianeta. Proprio ieri la NASA ha divulgato una ripresa (cliccare per aprire l’immagine ad alta risoluzione) che mostra la caotica regione del polo nord in una zona chiamata Lowell Regio. Un paesaggio colorato di giallo e blu, catturato dalla sonda da una distanza di 33900 chilometri circa 45 minuti prima del flyby avvenuto il 14 luglio scorso.

Il paesaggio si può descrivere come un altopiano di ghiacci giallastri che alle quote e alle latitudini più basse sfumano fino a svanire in un mare di ghiaccio grigio e blu, il tutto percorso qua e là da grandi canaloni dirupati. Una possibilità è che i terreno gialli corrispondano ai depositi di metano più antichi, che hanno subito maggiormente gli effetti della radiazione solare rispetto ai terreni blu.

Il canyon più ampio (in giallo nell’immagine annotata qui a lato, dove è anche segnata la posizione del polo) è largo circa 75 chilometri, con una valle (in blu) che lo percorre per tutta la lunghezza. Più ad est, quasi parallelo, se ne scorge un altro (in verde) largo 10 chilometri, e ancora più ad est (in rosa) se ne vede uno molto stretto e contorto. Secondo i planetologi della NASA, le loro pareti piuttosto degradate sono la prova che questi canyon, generati da movimenti tettonici, sono fra i più antichi del piccolo pianeta.

Nelle vicinanze ci sono anche delle cavità di forma irregolare (in rosso) che raggiungono 70 chilometri di larghezza e quattro chilometri di profondità. Secondo i ricercatori questi bacini sarebbero stati formati dallo scioglimento del ghiaccio sotterraneo che avrebbe fatto collassare la superficie.

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Scoperto un potenziale nuovo pianeta nano nella periferia del sistema solare

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Un gruppo di astronomi è riuscito a scovare un nuovo oggetto celeste nella remota e gelida periferia del Sistema solare. Il corpo, catalogato come 2015 KH162, è un probabile oggetto trans-Nettuniano. Inoltre, vista la sua notevole magnitudine assoluta, pari a circa 3.6993, gli scienziati sospettano che si tratti di un pianeta nano. Assumendo che il suo albedo sia simile a quello dei pianeti nani già scoperti, una magnitudine assoluta così notevole sarebbe indicativa di un corpo di grandi dimensioni, con un diametro probabilmente compreso tra 480 e 1080 chilometri. L’annuncio della scoperta è stato dato poche ore fa da Scott Sheppard, David Tholen, Chad Trujillo e Yudish Ramanjooloo dell’osservatorio hawaiano di Mauna Kea.
L’oggetto si trova in un’orbita che lo porta tra 41.4 e 82.8 unità astronomiche dal Sole. La sua inclinazione orbitale rispetto all’eclittica è di 28.8 gradi. Dati i suoi parametri orbitali, l’oggetto completa una rivoluzione intorno al Sole ogni mezzo millennio circa.

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Al Planetario di Ravenna

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Le osservazioni si tengono presso i Giardini Pubblici con ingresso libero, meteo permettendo. Inizio ore 21:00, prenotazione consigliata.

27.02, ore 16:30: …un pomeriggio al Planetario. “Quante stelle lassù: il cielo della prossima Primavera” di Marco Garoni. Conferenza adatta a bambini a partire dai 6 anni.

Prenotazione sempre consigliata.
Per info: tel. 0544.62534 –
info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

La spettacolare coda di gas di Messier 90

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La galassia in primo piano è NGC 4569, una galassia a spirale che si trova all’interno dell’ammasso della Vergine. I filamenti rossi sulla destra dell’immagine corrispondono all’idrogeno gassoso rilasciato dalla galassia. La scia contiene circa il 95% del gas di cui la galassia ha bisogno per alimentare la formazione di nuove stelle. Crediti: CFHT/Coelum
M90 (NGC 4569, al centro dell'immagine) è una galassia a spirale appartenente all’Ammasso della Vergine. I filamenti rossi che fuoriescono alla sua destra sono il gas perso dalla galassia. La scia contiene circa il 95% del gas di cui la galassia ha bisogno per alimentare la formazione di nuove stelle. Crediti: CFHT/Coelum

Un team internazionale di astronomi ha scoperto una spettacolare scia di gas, lunga più di 300 mila anni luce, che scaturisce da una galassia vicina a noi, NGC 4569. La scia è costituita da gas ionizzato, ovvero il materiale da cui si formano nuove stelle, ed è cinque volte più lunga della galassia stessa.

La cupola del Canada France Hawaii Telescope che si trova sulla cima del vulcano hawaiiano Mauna Kea; ospita un telescopio della classe dei 3,6 metri su cui è installata MegaCam, una camera CCD a mosaico di 340 milioni di pixel, costruita in Francia da CEA Saclay.

Lo studio, guidato da Alessandro Boselli del Laboratoire d’Astrophysique di Marsiglia, è appena stato pubblicato nel numero 587 – Marzo 2016 della rivista Astronomy & Astrophysics.

Era noto da tempo che la galassia NGC 4569 conteneva meno gas del previsto, ma non si riusciva a capire dove fosse andato a finire. «Non trovavamo la prova schiacciante di una qualche forma di rimozione del gas galattico», dice Luca Cortese, astrofisico dell’International Centre for Radio Astronomy Research in Australia, che fa parte del team. «Ora, grazie a queste osservazioni, siamo riusciti a vedere per la prima volta una grande quantità di gas che crea un flusso in uscita dalla galassia». La cosa più interessante è che misurando la massa del flusso si trova che equivale alla quantità di gas che manca dal disco della galassia.

L'ammasso della Vergine sempre in un'immagine dalla collaborazione CFHT/Coelum, stavolta però elaborata con fini più estetici per uno dei poster della serie Hawaiian Starlight, che propone, su carta patinata, le immagini più belle di questa lunga collaborazione. Cliccare sull'immagine per informazioni.

NGC 4569 si trova nell’ammasso della Vergine, un gruppo di galassie distante circa 45 milioni di anni luce dalla Via Lattea, all’interno del quale si muove a ben 1.200 chilometri al secondo, ed è stato proprio questo moto a causare la perdita di gas da parte della galassia. «Sappiamo che i grandi ammassi di galassie intrappolano una grande quantità di gas caldo», dice Cortese. «Sicché, quando una galassia si muove nell’ammasso subisce la pressione del gas (come quando si sente il vento sul viso), che è in grado di strappare la materia dalla galassia».

Tra gli autori dello studio figurano anche Jean-Charles Cuillandre, astronomo molto noto tra gli appassionati anche per le immagini del famoso calendario CFHT prodotto dal 2000 in collaborazione con il team di Coelum, e il nostro Giovanni Anselmi.

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Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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Le conferenze serali iniziano alle ore 21:00.

26.02: “Tutti scienziati a casa propria: scopriamo la citizen science” Laura Proserpio.

Per info: 0341.367584
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55 Cancri e la sua velenosa atmosfera

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Rappresentazione artistica della super-Terra 55 Cancri e davanti alla sua stella madre. Crediti: ESA/Hubble, M. Kornmesser
Rappresentazione artistica della super-Terra 55 Cancri e davanti alla sua stella madre. Crediti: ESA/Hubble, M. Kornmesser

Conosciamo da anni il pianeta roccioso 55 Cancri e (vedi Media INAF), due volte le dimensioni della Terra ma con una massa ben otto volte maggiore: caratteristiche che lo rendono uno degli esopianeti più densi mai studiati finora. Scoperto nel 2004, 55 Cancri e (o Janssen) interessa gli astronomi per la sua particolare struttura, ma anche per la sua atmosfera. Un gruppo di ricercatori europei è riuscito infatti a rilevare per la prima volta i gas dell’atmosfera di questa super-Terra, trovando la presenza di idrogeno ed elio ma non quella di vapore acqueo. Lo studio è stato pubblicato su The Astrophysical Journal.

«Questa è una scoperta molto emozionante, perché è la prima volta che siamo stati in grado di rilevare i gas presenti nell’atmosfera di una super-Terra», spiega Marco Rocchetto, dottorando nel dipartimento di Fisica e Astronomia allo UCL (University College London), che ha lavorato all’analisi e all’interpretazione dei dati con i colleghi Angelos Tsiaras e Ingo Waldmann. «Le osservazioni dell’atmosfera di 55 Cancri e suggeriscono che il pianeta è stato in grado di conservare una quantità considerevole di idrogeno ed elio dalla nebula di gas dalla quale si sono formati».

55 Cancri e è la super-Terra più vicina a noi, per questo anche tra i migliori candidati per le osservazioni dettagliate della superficie e delle condizioni atmosferiche dei pianeti extrasolari rocciosi. 55 Cancri e è inoltre così vicino a 55Cancri A (la sua stella simile al Sole, a circa 40 anni luce dalla Terra) che un anno, lassù, dura appena 18 ore e le temperature sulla superficie raggiungono circa 2.000 gradi Celsius (sul lato più caldo, cioè quello sempre esposto verso la vicina stella perché è in rotazione sincrona, le temperature oscillano tra i 1000° e i 2700° C). «A questa distanza ravvicinata dalla stella», dice Rocchetto a Media INAF, a causa dell’intensa radiazione stellare ci si aspetterebbe che il pianeta perda gran parte della sua atmosfera tramite processi di fuga. Ciononostante, sembra che 55 Cancri e sia riuscito a mantenere la maggior parte della sua atmosfera primordiale, ma non è ancora chiaro come questo sia potuto succedere».

La stella 55 Cancri è molto luminosa, così il team di ricerca è stato in grado di utilizzare le nuove tecniche di analisi per estrarre informazioni sul suo pianeta. Oltre a idrogeno ed elio, gli esperti hanno anche trovato tracce di acido cianidrico, tipico delle atmosfere ricche di carbonio, che però «è estremamente velenoso. 55 Cancri e non è quindi un pianeta sul quale vivrei!», osserva Jonathan Tennyson, di UCL. «Una tale quantità di acido cianidrico indicherebbe un ambiente con un elevato rapporto di carbonio/ossigeno», aggiunge Olivia Venot, della Katholieke Universiteit Leuven in Belgio, che ha sviluppato un modello della chimica atmosferica di 55 Cancri.

Un close-up del pianeta 55 Cancri e. Crediti: ESA/Hubble, M. Kornmesser

La scoperta è stata effettuata, ancora una volta, utilizzando i datti raccolti dal telescopio NASA/ESA Hubble e dalla sua Wide Field Camera 3 (WFC3), che ha osservato velocemente la stella creando una serie di spettri. Grazie alla combinazione di queste osservazioni, analizzate poi da un particolare software, i ricercatori sono stati in grado di recuperare i dati spettrali di 55 Cancri e “imprigionati” nella luce della sua stella. «Questo risultato ci permette per la prima volta di capire di cos’è fatta l’atmosfera di una super-Terra. Ma dovremo attendere i nuovi telescopi spaziali nell’infrarosso, nella prossima decade, per saperne di più», spiega Giovanna Tinetti di UCL.

A Rocchetto abbiamo chiesto perché si tratta di un risultato così importante. «Innanzitutto, questa scoperta rappresenta la prima rilevazione di gas in un’atmosfera di un pianeta roccioso poco più grande della Terra. La “Wide Field Camera 3” (WFC3) installata a bordo del telescopio spaziale Hubble è già stata usata nel passato per studiare le atmosfere di due altre super-Terre, ma senza risultati conclusivi. Le super-Terre sono una classe di pianeti assenti dal nostro Sistema solare, ma rappresentano la tipologia più comune nella nostra galassia. Il loro studio può quindi fornirci importanti informazioni su come i pianeti e i sistemi solari si formano ed evolvono». Rocchetto ha aggiunto: «La seconda ragione è che non ci si aspettava che gas leggeri come idrogeno ed elio potessero dominare l’atmosfera di questo pianeta. La presenza di questi gas indica infatti che l’atmosfera di 55 Cancri e è primordiale, ossia composta dai gas provenienti dalla nube di gas dalla quale il pianeta si è formato. Poiché i meccanismi attraverso i quali 55 Cancri e abbia mantenuto una considerevole frazione di atmosfera primordiale sono a oggi poco compresi, questa scoperta ha il potenziale di stimolare numerosi nuovi studi».

E ora cosa cambia? «55 Cancri e nel passato era stato soprannominato il “pianeta diamante“, poiché modelli basati sulla sua massa e raggio hanno portato alcuni astronomi a congetturare che la sua composizione interna fosse ricca di carbonio», dice il ricercatore italiano. «Tuttavia, successive osservazioni avevano smentito tali affermazioni. Oggi ci troviamo di fronte a un pianeta ancora più esotico di quanto si potesse immaginare. Innanzitutto, queste osservazioni ci indicano che l’atmosfera di 55 Cancri e, a differenza dell’atmosfera terrestre, non si è evoluta significativamente dalla sua formazione. Ciò fa si che il poco ossigeno presente nell’atmosfera si combini con l’idrogeno per formare acqua. Inoltre, la nostra analisi ci indica che l’atmosfera di 55 Cancri e potrebbe avere un alto quantitativo di carbonio. Questo quindi significherebbe l’assenza di acqua, e la presenza di specie come l’acido cianidrico e l’acetilene».

E aggiunge: «È necessario comprendere e studiare questa classe di pianeti in dettaglio, ma al momento c’è solo un limitato numero di super-Terre che possono essere osservate con il telescopio Hubble per studiare le loro atmosfere. Missioni future come NASA/TESS e ESA/PLATO scopriranno migliaia di super Terre, e la loro caratterizzazione ci permetterà di comprendere meglio come si sono formati e come si sono evoluti. Il James Webb Space Telescope, successore dell’Hubble, consentirà di osservare queste atmosfere in maggiore dettaglio, in un regime di lunghezza d’onda maggiore. La nostra analisi ci suggerisce che questo pianeta continuerà a sorprenderci quando telescopi della prossima generazione come JWST, o missioni dedicate come ARIEL, osserveranno nuovamente la sua atmosfera».

Per saperne di più:

Leggi lo studio pubblicato su The Astrophysical Journal: “Detection of an atmosphere around the super-Earth 55 Cancri e”, di A. Tsiaras, M. Rocchetto, I. P. Waldmann, O. Venot, R. Varley, G. Morello, M. Damiano, G. Tinetti, E. J. Barton, S. N. Yurchenko e J. Tennyson

Guarda il servizio di Eleonora Ferroni su Media INAF TV

Leggi l‘inchiesta di Coelum sul futuro e sullo stato della ricerca di vita nei pianeti extrasolari pubblicata su Coelum n. 193, 194, 195 e sui numeri gratuiti online 197 e 198 (di prossima uscita con la conclusione dell’inchiesta)..

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23.02: “Anno bisesto anno funesto? Curiosità sul nostro calendario” di Mauro Graziani.

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Nuovi indizi di un oceano sotterraneo su Caronte

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Gli scienziati hanno raccolto nuovi indizi a favore della presenza di un oceano al di sotto della superficie gelata di Caronte, la luna principale di Plutone. L’oceano, un tempo liquido, si sarebbe ormai solidificato. Essendo l’acqua allo stato solido meno densa rispetto al suo stato liquido, la solidificazione dell’oceano avrebbe comportato un aumento di volume e aperto quindi delle cicatrici sulla superficie.

Le immagini scattate il 14 Luglio dalla sonda New Horizons della NASA, 40 minuti prima del culmine del suo storico incontro con Plutone, mostrano complessi sistemi di faglie tettoniche nella forma di dorsali, scarpate e valli, alcune delle quali toccano i 6.5 chilometri di profondità. Nelle immagini è visibile anche un sistema di fenditure ed abissi equatoriali che misura oltre 1800 chilometri in lunghezza e 7.5 in profondità. Questo quadro generale, a detta degli scienziati, è indicativo di una superficie che si è dovuta allungare a causa dell’espansione degli strati interni.

Mantenere un oceano allo stato liquido richiede la presenza di forti fonti di calore. Finora, gli scienziati hanno individuato due sorgenti termiche: il calore dovuto al decadimento radioattivo degli elementi del nucleo e il calore residuo della formazione. I satelliti gioviani presentano un’ulteriore sorgente di calore, provocata dalle forze mareali esercitate da Giove; tale sorgente è da escludere per quanto riguarda Caronte, in quanto la luna si trova in rotazione sincrona con Plutone.

La fotografia è stata scattata dallo strumento LORRI a una risoluzione spaziale di 394 metri per pixel e da una distanza di 78700 chilometri.

“Astrosamantha – La donna dei record nello spazio” il docu-film

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di Veronica RemondiniAstronautinews.it

Martedì 16 febbraio si è tenuto presso la Casa del Cinema di Roma l’evento di presentazione del film “Astrosamantha – La donna dei record nello spazio”, al quale abbiamo avuto l’onore di partecipare. In seguito alla visione si è tenuta una conferenza stampa alla presenza del regista Gianluca Cerasola e della voce narrante Giancarlo Giannini, di cui potete trovare un report su Twitter con l’hashtag #FuturaIlFilm.

“Futura”, perché sebbene il titolo del documentario si riferisca alla protagonista, si è colta l’occasione per presentare al pubblico uno scorcio della preparazione a cui tutti gli astronauti sono sottoposti prima di intraprendere la loro missione. La ghiotta occasione del lancio della nostra connazionale ha dato al regista l’opportunità di creare il primo film in lingua italiana interamente dedicato alla vita e al lavoro di uno di loro, mostrando in egual misura l’impegno tecnico e i momenti di vita comune.

La magia che percepiamo pensando al lavoro di astronauta è in piccola parte dovuta anche alla riservatezza del suo operato e alle attività che  risultano complesse ai più. Con questo docu-film si sono voluti rendere accessibili a tutti i ritmi che scandiscono la sua vita, in ordine cronologico, spaziando dagli studi per superare determinati esami fino alla vita sociale, dagli esercizi fisici alle attività di tutti i giorni come la cucina o il relax, per arrivare poi al momento del lancio. Anche entrando talvolta nel dettaglio, la fluidità del film non viene intaccata da tecnicismi e non si cade mai nella banalità, nemmeno per chi conosce già la storia di Samantha, perché lei sa sempre snocciolare all’occorrenza qualche chicca, aneddoto o dettaglio che non aveva detto prima, o che non valeva la pena raccontare sui media.

Si ha l’impressione che si siano volute scandire le varie successioni di eventi con una sorta di capitoli, qualche scena che stacca dal mood precedente e prepara agli accadimenti successivi. Forse questa scelta non risulta del tutto chiara allo spettatore abituato ad immergersi nel film, perché talvolta non accompagna adeguatamente le diverse sensazioni, così come le musiche a momenti dissonanti con le scene. Nel complesso, però, ne scaturisce un documentario di rara bellezza, che non manca di esprimere entusiasmo, professionalità, simpatia e anche di commuovere.

Il docu-film sarà presente nelle sale italiane l’1 e il 2 Marzo per una visione da parte del pubblico, e poi sarà messo a disposizione delle scuole e degli istituti di ricerca per alimentare negli studenti il fuoco della passione e della curiosità, e per far passare il messaggio a cui Samantha tiene particolarmente, ossia credere nella propria forza di volontà e nelle proprie capacità per raggiungere gli obiettivi perché “il mondo si sposta dinnanzi a chi sa dove andare”.

Cercatelo nelle sale più vicine a voi e poi tornate sulle pagine del nostro forum per commentarlo insieme a noi!

La conferenza

Dopo la visione del film è stato possibile porre alcune domande al regista Cerasola, a Giannini e a Samantha Cristoforetti che, nonostante fosse malata e senza voce, si è resa comunque disponibile a rispondere via Skype tramite chat. Ecco qui le principali curiosità, tutte le altre si possono trovare su Twitter cercando #FuturaIlFilm:

Domande per Samantha Cristoforetti

D: Che cosa ne pensa di questo film? Le è piaciuto?

R: Il film mi ha commossa, e fa strano vedersi sul grande schermo

D: Sarà possibile vedere la Cristoforetti sulla Luna in futuro?

R: Ci sono progetti per una missione cislunare di ESA negli anni ’20, ed è previsto che ci andranno astronauti europei perciò chissà…

D: Cosa ha portato la donna Cristoforetti alla propria missione, oltre che come astronauta?

R: Non so quali elementi della mia personalità dipendano prettamente dall’essere donna, perciò non so cosa rispondere.

D: Quando era nello spazio le è mancata la pioggia? E più in generale, che cosa le è mancato di più della Terra?

R: No, non mi è mancata ma una volta abbiamo messo il suono della pioggia sulla ISS. E’ stato anche divertente ricreare le feste terrestri, come il Natale o i compleanni, per sentire un maggior contatto con il tempo terrestre.

Domande per Giancarlo Giannini e Gianluca Cerasola

D: Giannini, cosa l’ha convinta a dare la voce a questo film?

R: Lo spazio mi ha sempre affascinato, da piccolo avrei voluto fare il costruttore aeronautico.

D: Che cosa la affascina di Samantha?

R: Trovo straordinarie la fantasia e la curiosità delle donne. Non ho conosciuto la Cristoforetti di persona, ma credo che incarni queste qualità alla perfezione.

D: Cerasola, perché ha scelto di fare un film su un astronauta?

R: Mi sono accorto che in Italia non sono mai stati fatti film su astronauti e ho pensato che il lancio di Samantha sarebbe stata un’ottima occasione.

D: Ha incontrato difficoltà?

R: Sì, ad un certo punto ero persino scoraggiato dalle mille richieste di permessi necessari, ma ci ho provato comunque. Sono stato messo in contatto direttamente con la Cristoforetti la quale ci ha pensato un po’ su e alla fine ha accettato di partecipare. Grazie a NASA e a Roscosmos abbiamo poi avuto accesso a luoghi generalmente inaccessibili.

D: Ha tagliato qualche scena nel film? Se sì, cosa?

R: Beh, in tre anni di riprese potete solo immaginare quanto materiale io abbia in archivio, ma ho voluto rendere il film il più semplice possibile, raccontando soprattutto le emozioni, perciò ho tagliato più che altro le parti tecniche.

D: Perché il lancio di Cristoforetti ha avuto così tanto impatto mediatico, confermato anche dalla creazione di questo documentario?

R: Samantha ha la capacità di raccontare con estrema semplicità anche le parti più difficili, ha una capacità innata di rapportarsi alle telecamere nonostante la sua riservatezza.

Segui la discussione su ForumAstronautico.it

http://www.forumastronautico.it/index.php?topic=24821.0



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Gruppo Astrofili William Herschel

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Quest’anno il gruppo astrofili William Herschel propone un corso di astrofotografia: Leonardo Orazi, astrofotografo (www.starkeeper.it/), introdurrà, in cinque conferenze, gli strumenti e le tecniche per ottenere splendide immagini degli oggetti celesti!
Ingresso libero.
Gli incontri si terranno nei giorni 16 e 22 febbraio, 15 e 22 marzo, 19 aprile a partire dalle ore 21:30, presso la sala riunioni della Parrocchia Immacolata Concezione e San Donato ini Via Saccarelli 10, Torino.
Per informazioni: info@gawh.net
www.gawh.net

Al Planetario di Ravenna

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Le osservazioni si tengono presso i Giardini Pubblici con ingresso libero, meteo permettendo. Inizio ore 21:00, prenotazione consigliata.

21.02, ore 10:30: Osservazione del Sole (ingresso libero, cielo permettendo).

Prenotazione sempre consigliata.
Per info: tel. 0544.62534 –
info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

ATTENZIONE! DATECI NOTIZIE!

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Foto della scia del bolide, ripresa da Cascina (fonte Meteoweb)
Foto della scia del bolide, ripresa da Cascina (fonte Meteoweb)

Una forte scia luminosa è stata avvistata in molte regioni italiane nella serata del 17 febbraio, poco prima delle 18.30. In particolare nei cieli delle regioni nord-occidentali, quindi Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia, ed anche in Toscana.
Anche molti siti francesi hanno riportato la notizia, infatti la scia è stata avvistata da moltissime persone anche nell’area orientale della Francia. Il bolide, durato pochissimi secondi, ha illuminato con una luce intensa il cielo e ha lasciato una scia leggermente ondulata, come si può osservare dalle foto.

Nel sito di raccolta segnalazioni per eventi di questo genere dell’International Meteor Organization si possono vedere le numerose testimonianze, più che altro da Francia e Svizzera, raccolte in una mappa, che ci indica oltre alla concentrazione delle segnalazioni e l’entità del fenomeno in base alla magnitudine indicata dagli osservatori, anche la direzione in cui il fenomeno è stato osservato.

Nessun impatto per ora è stato confermato, l’oggetto è esploso in volo e quel poco che può essere arrivato a terra è probabilmente caduto in una zona di alta montagna, rendendone impossibile l’individuazione.

Nonostante la durata e l’intensità del fenomeno, le foto e le riprese del bolide dall’Italia, ma anche le segnalazioni sui vari siti di monitoraggio, sono davvero poche, a causa probabilmente anche del brutto tempo… perciò dateci notizie e fateci sapere se siete riusciti a riprenderlo!

Potete caricare le vostre immagini anche su Photocoelum, cercando di inserire maggiori dettagli possibili!

L’unico video al momento ripreso dall’Italia è quello di Andrea Franchi:


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Scuola di Storia della Fisica – Osservatorio di Asiago

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Dal 22 al 26 febbraio si terrà ad Asiago un corso di formazione rivolto insegnanti di fisica e di matematica delle scuole secondarie, agli studenti universitari e ai dottorandi interessati.
Non si tratta di un convegno specialistico ma intende essere un intreccio tra storia e didattica della fisica, rigoroso ma fruibile dal punto di vista di un insegnante di scuola secondaria superiore ed è infatti rivolto a docenti delle scuole secondarie superiori, dottorandi ed in generale ai cultori della disciplina; oltre ad una serie di conferenze sono previsti gruppi di lavoro pomeridiani in cui i partecipanti possono sviluppare ed approfondire le tematiche oggetto della Scuola.
“Scopo di questo corso è rendere possibile agli insegnanti la riflessione sullo sviluppo storico della fisica mettendo l’accento sugli aspetti culturali della disciplina e sul valore didattico della storia della fisica
nell’insegnamento della fisica.“
Relatori e Coordinatori Cesare Barbieri, Università di Padova; Silvio Bergia, Università di Bologna; Luisa Bonolis, Max Planck Institute – Berlino; Luigi Brasini, GsdF-Cesena; Biagio Buonaura, GsdF – Nola; Massimo Capaccioli, Università di Napoli; Stefano Ciroi, Università di Padova; Giuseppe Galletta, Università di Padova; Edoardo Piparo, GSdF – Messina; Amedeo Alberto Poggi, GsdF-Ferrara; Massimo Turatto, INAF Osservatorio Astronomico di Padova; Valeria Zanini, INAF Osservatorio Astronomico di Padova.

Iscrizioni entro il 15 febbraio 2016
Informazioni sul Gruppo di Storia della Fisica dell\’AIF, sulle sue attività e sulla Scuola di Asiago sono
reperibili all’indirizzo: www.lfns.it/STORIA/

Schiaparelli agganciato in cima a TGO: tutto pronto per il lancio di ExoMars

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Le due sonde della missione euro-russa ExoMars 2016 hanno raggiunto la loro configurazione di lancio, con l’aggancio del modulo di atterraggio Schiaparelli in cima al Trace Gas Orbiter. Le due sonde si separeranno il 16 ottobre, tre giorni prima di raggiungere Marte.

Photo credit: ESA - B. Bethge

I due veicoli sono stati uniti meccanicamente tramite una struttura nota come Main Separation Assembly, o MSA, che è attaccata a TGO tramite 27 viti. Al momento della separazione, tre diversi meccanismi pirotecnici entreranno in funzione, con molle compresse e angolate che spingeranno Schiaparelli lontano dall’orbiter, impartendogli una rotazione sul proprio asse che lo stabilizzerà durante l’ingresso nell’atmosfera. Le molle sono tenute in posizione da un sistema di attuatori non esplosivi, o NEA.

Le sonde erano già state unite tra di loro due volte durante i test avvenuti al centro della Thales Alenia di Cannes. Dalla loro ultima separazione, le due sonde sono state trasferite al centro di lancio di Baikonur e hanno iniziato gli ultimi preparativi per il lancio del 14 marzo. Schiaparelli, in particolare, è stato sottoposto a test di contaminazione biologica, ha assistito all’installazione degli ultimi componenti del suo scudo termico ed è stato rifornito di idrazina ed elio per la pressurizzazione dei serbatoi. Per quanto riguarda TGO, invece, uno dei principali strumenti si è rivelato parzialmente difettoso ed è stato sostituito con un modello di riserva.

L’unione delle due sonde è iniziata il 13 febbraio, quando gli ingegneri hanno collegato e verificato i sistemi elettrici. I test si sono protratti fino al giorno 15. Il prossimo passo ora sarà installare le ultime tre mattonelle dello scudo termico di Schiaparelli e rifornire di carburante anche TGO. Per questa settimana sono previsti anche gli ultimi test al software di comunicazione.


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Scopri di più su ExoMars:

Il programma euro-russo ExoMars si articola in due missioni da due componenti ciascuna. La prima fase vedrà la sonda Trace Gas Orbiter, o TGO, decollare assieme al modulo sperimentale d’atterraggio Schiaparelli nella finestra di lancio del 14-25 marzo 2016. Le due sonde decolleranno in cima allo stesso razzo Proton dal cosmodromo kazako di Baikonur e resteranno l’una attaccata all’altra per tutta la durata della crociera interplanetaria. Tre giorni prima di giungere a destinazione, il 16 Ottobre 2016, le due sonde si separeranno, iniziando così i loro cammini separati.

Schiaparelli farà il suo ingresso nell’atmosfera marziana a 21 mila chilometri orari e 122.5 chilometri di quota, rallentando la propria discesa mediante aerofrenaggio. Poi, a 11 chilometri di altitudine e 1650 chilometri orari di velocità, Schiaparelli rallenterà ulteriormente la propria caduta con un paracadute. Infine, dopo la separazione dello scudo termico e del paracadute, il modulo sperimentale verrà gentilmente appoggiato sul suolo di Meridiani Planum da un sistema di 9 propulsori a idrazina che si attiveranno a 2 metri dal suolo. L’atterraggio è previsto per il 19 Ottobre. Schiaparelli si limiterà a verificare il funzionamento di una serie di tecnologie di discesa ed atterraggio – materiali in grado di resistere fino a 1500 gradi centigradi, il sistema di paracadute, il sistema di altimetria radar e il sistema di propulsione a propellente liquido. Trattandosi “solamente” di una dimostrazione tecnologica, Schiaparelli non è dotato né di pannelli solari né di generatori termoelettrici a radioisotopi. Le sue batterie non gli consentiranno di superare i 2-8 giorni marziani di vita, una volta atterrato. Nonostante ciò, Schiaparelli ha comunque a disposizione una serie di strumenti scientifici. Il pacchetto DREAMS consiste in una serie di sensori in grado di misurare la velocità e la direzione del vento (MetWind), l’umidità (DREAMS-H), la pressione (DREAMS-P), la temperatura atmosferica in prossimità della superficie (MarsTem), l’opacità dell’atmosfera (SIS) e l’elettrificazione atmosferica (MicroARES). Il programma AMELIA analizzerà invece i dati raccolti dai sensori diagnostici per ricostruire la traiettoria della sonda e determinare le condizioni atmosferiche in quota. Lo strumento COMARS+, invece, monitorerà il flusso di calore durante la discesa di Schiaparelli. Infine, la fotocamera DECA riprenderà la discesa attraverso l’atmosfera marziana. Il modulo è dotato anche di un sistema retroriflettore che permetterà alle sonde in orbita di localizzarlo usando i laser.

Nel frattempo, lo stesso giorno dell’atterraggio di Schiaparelli, il Trace Gas Orbiter accenderà il suo motore principale a bipropellente per inserirsi in un’orbita preliminare attorno a Marte. Poi, a Dicembre 2016, TGO modificherà la propria inclinazione orbitale a 74 gradi. Subito dopo, mediante ulteriori manovre a propulsione attiva, TGO abbasserà il suo apocentro, riducendo il periodo orbitale da 4 a 1 giorno marziano. Poi, nell’arco di tutto il 2017, la sonda effettuerà una serie di manovre di aerofrenaggio per calarsi a 400 chilometri di quota. A Dicembre 2017, la sonda potrà finalmente avviare le operazioni scientifiche nominali. La sonda si concentrerà principalmente sullo studio dei gas in traccia, ovvero i gas che costituiscono meno dell’un percento dell’atmosfera marziana. Le misurazioni sulle concentrazioni di questi gas saranno fino a tre magnitudini più precise di quelli oggi a disposizione degli scienziati. TGO vanta quattro diversi strumenti o apparati scientifici: NOMAD userà tre spettrometri – due nell’infrarosso e uno nell’ultravioletto – per determinare la composizione atmosferica e mappare in particolare il metano e molte altre specie; ACS impiegherà tre strumenti nell’infrarosso per far luce sui processi chimici e sulla struttura dell’atmosfera marziana, lavorando a stretto contatto con NOMAD; CaSSIS produrrà fotografie a colori e stereoscopiche con una risoluzione di 5 metri per pixel; FREND impiegherà un rilevatore di neutroni per mappare le concentrazioni di idrogeno fino a un metro di profondità, rivelando eventuali depositi sotterranei di ghiaccio. La sonda ha una vita operativa che si estende fino alla fine del 2022.

Nel 2018, sarà il turno di un’altra coppia di sonde, stavolta entrambe dirette verso la superficie marziana. Maggio 2018 gennaio2019?

Le due sonde atterreranno assieme, usando un sistema di paracadute e propulsori perlopiù russo. Dopo essersi adagiate sul suolo marziano, le due sonde inizieranno le loro missioni separate: il rover scenderà dalla piattaforma russa e inaugurerà la sua esplorazione del Pianeta rosso, alla ricerca di materiali organici risalenti a miliardi di anni fa.

Il rover, ancora senza un nome ufficiale, sarà munito di una fotocamera panoramica (PanCam) per mappare i suoi dintorni, uno spettrometro infrarosso (ISEM) per determinare la composizione mineralogica delle rocce, una fotocamera (CLUPI) per fotografare ad alta risoluzione e a colori le rocce e gli affioramenti rocciosi da vicino, un radar (WISDOM) per ricostruire la stratigrafia al di sotto del rover, uno strumento (Adron) per cercare tracce di acqua e minerali idrati nel sottosuolo, un rilevatore di biomarcatori (MOMA), uno spettrometro (MicrOmega) per studiare i campioni raccolti e uno (RLS) per identificare pigmenti organici al loro interno. La punta di diamante del rover sarà però il trapano, che sarà in grado di penetrare nel suolo marziano e raccogliere campioni fino a due metri di profondità. La trivella è dotata di uno spettrometro infrarosso italiano (Ma-Miss) per caratterizzare i siti da cui prelevare i campioni. La missione prevede la raccolta di almeno 17 campioni.

La piattaforma scientifica russa sarà invece dotata di 13 strumenti: LaRa, che rivelerà i dettagli della struttura interna di Marte e misurerà variazioni nella rotazione, nell’inclinazione e nel momento angolare del pianeta in seguito a ridistribuzioni di massa (ad esempio la sublimazione delle calotte polari); HABIT, che studierà la quantità di vapore acqueo (ed eventuali variazioni) nell’atmosfera; METEO, un pacchetto meteorologico che include sensori di pressione, umidità, polveri, radiazioni e campi magnetici; MAIGRET, un magnetometro; TSPP, un sistema di fotocamere; BIP, che studierà le condizioni marziane; FAST, uno spettrometro infrarosso per studiare l’atmosfera, ADRON-EM, uno spettrometro a neutroni; M-DLS, uno spettrometro laser per studiare l’atmosfera; PAT-M, un termometro per misurare la temperatura del suolo fino a un metro di profondità; Dust Suit, che analizzerà le dimensioni e gli impatti delle polveri atmosferiche; SEM, un sismometro; MGAP, che eseguirà cromatografia liquida-spettrometria di massa.

A Ottobre, gli scienziati europei e russi hanno raccomandato Oxia Planum come sito primario di atterraggio per la missione del 2018, con Aram Dorsum e Mawrth Vallis come siti di riserva.

Associazione Cascinese Astrofili

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20.02: Osservazione pubblica presso: CAMS (Centro Astronomico del Monte Serra). Agriturismo Serra di Sotto, Strada Prov. Monte Serra a Buti (PI). Meteo permettendo.
Tel. 0587/070563
www.agrserradisotto.it

Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
www.astrofilicascinesi.it

Congiunzione Luna Giove

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La lista dei migliori fenomeni celesti del mese si chiude la mattina del 24 con una nuova congiunzione tra la Luna quasi piena e Giove distante circa 2,3°, questa volta però osservabile sull’orizzonte sudovest e con i due oggetti alti più di +40°.

Se l’atmosfera sarà trasparente e senza umidità, dovremmo assistere a uno splendido scenario da plenilunio invernale. La Luna sarà decisamente invasiva con il suo chiarore, ma anche così gli astrofotografi più bravi riusciranno senz’altro a ricavare suggestivi accostamenti tra il cielo e gli elementi del paesaggio.

Per le effemeridi di Luna e Pianeti vedere il Cielo di Febbraio

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Tutti gli eventi del mese di febbraio
li trovate su Coelum 197
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Al Planetario di Ravenna

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Le osservazioni si tengono presso i Giardini Pubblici con ingresso libero, meteo permettendo. Inizio ore 21:00, prenotazione consigliata.

19.02: Osservazione della volta stellata (ingresso libero, cielo permettendo).

Prenotazione sempre consigliata.
Per info: tel. 0544.62534 –
info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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Le conferenze serali iniziano alle ore 21:00.

CICLO “La Scienza non esatta: bugie, follie e fortuna nel cammino della conoscenza”
19.02: “Scienziati squilibrati: riflessioni sulle follie della scienza” di Luca Perri.

Per info: 0341.367584
www.deepspace.it

Infini.to Planetario di Torino – Museo dell’Astronomia e dello Spazio

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19.02: SERATA OSSERVATIVA. Sarà possibile esplorare il cielo stellato attraverso un viaggio virtuale nel Planetario digitale e visitare una cupola dell’Osservatorio, osservando eccezionalmente dal telescopio rifrattore più grande d’Italia. In caso di maltempo l’osservazione diretta del cielo sarà sostituita da una visita storica alla cupola dell’Osservatorio.

Per informazioni e prenotazioni:
http://www.planetarioditorino.it/infinito/un-cielo-di-stelle-al-parcoastronomico
info@planetarioditorino.it
Tel. 011 8118740 (mar-ven 10.00-15.00) – Fax 011 8118652

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Philae, la ricerca non si ferma

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L'ultima immagine rilasciata della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, ripresa il 5 febbraio scorso da Rosetta (NavCam) quando si trovava a 53,4 km dal nucleo. L'immagine ha una risoluzione di 4,6 m/pixel. ESA/Rosetta/NavCam – CC BY-SA IGO 3.0

Rosetta continuerà le operazioni di ricerca del lander Philae con l’obiettivo di riprenderne le attività. Questo è quanto emerge dalla nota rilasciata dal Tiger Team, un gruppo di esperti voluto dal Lander Steering Committee per fare il quadro dell’attuale situazione di Philae.

Dopo aver analizzato i dati ricevuti nel corso degli 8 contatti avuti tra lander e orbiter nel periodo giugno/luglio 2015, il gruppo di specialisti ha formulato tre possibili scenari che spiegherebbero le difficoltà di stabilire un contatto con la sonda che giace sulla superficie della cometa 67P/Churyumov Gerasimenko dal 12 novembre 2014.

Il primo presuppone che, per effetto delle temperature ambientali estremamente basse, il sistema di comunicazione o qualche altro apparato vitale del lander abbia riportato dei danni tali per cui Philae non riuscirebbe a mettersi in contatto con Rosetta; il secondo spiegherebbe l’assenza di segnali con la polvere cometaria che, depositatasi sui pannelli di Philae a causa della diminuzione dell’attività della cometa dopo aver superato il perielio (metà agosto 2015), avrebbe ridotto la capacità dei suoi pannelli solari di generare potenza elettrica.

L’ultimo scenario, invece, prevede che il lander si sia mosso rispetto alla posizione in cui ha svolto la First Science Sequencenella zona nominata Abydos, e che le sue antenne siano invece orientate in un modo diverso da quello presunto, non permettendo la ricezione dei segnali provenienti da Rosetta.

«Il terzo scenario lascia uno spiraglio alla possibilità che si possa ripristinare il contatto con Philae e metterlo in condizioni di svolgere ancora indagini scientifiche sulla superficie della cometa – ha commentato Mario Salatti, project manager di Philae per ASI –  è però necessario che Rosetta individui il lander e ci dica come sono posizionati i pannelli solari rispetto al Sole e come sono posizionate le sue antenne per ottimizzare le finestre di comunicazione con la sonda».

L'ultima immagine rilasciata della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, ripresa il 5 febbraio scorso da Rosetta (NavCam) quando si trovava a 53,4 km dal nucleo. L'immagine ha una risoluzione di 4,6 m/pixel. ESA/Rosetta/NavCam – CC BY-SA IGO 3.0

Lo scorso 22 gennaio Rosetta si è spostata nella parte sud della cometa e al momento sta orbitando a un’altezza pari a circa 50 chilometri. Tale distanza viene monitorata di giorno in giorno ed eventualmente ridotta in una misura che garantisca comunque le massime condizioni di sicurezza per la navigazione della sonda.

«È una lotta contro il tempo — ha concluso Salatti — con l’attività della cometa in costante diminuzione, Rosetta può avvicinarsi sempre di più alla sua superficie: quando sarà in grado di avvicinarsi ad almeno 10 chilometri potrà risolvere adeguatamente la figura di Philae nelle immagini di OSIRIS. Allo stesso modo però, le condizioni energetiche necessarie per l’accensione del lander vanno peggiorando man mano che la distanza dal Sole aumenta. ESA valuterà se fare un “flyby” ravvicinato alla zona Abydos nelle prossime settimane, ma sull’effettiva esecuzione della manovra peserà enormemente l’esigenza di non mettere a repentaglio la sicurezza della sonda Rosetta».

Risorse online

TUTTE LE IMMAGINI DELLA COMETA
Una spettacolare mappa interattiva tridimensionale di tutte le posizioni in cui Rosetta ha ripreso e inviato immagini della cometa. Selezionando la modalità “dispaly observations” sarà possibile cliccare stile “google viewer” la singola posizione lungo le orbite per vedere le immagini della cometa ripresa dalla sonda da quella posizione (con tutti i dettagli). Con il movimento del mouse è poi possibile ruotare e zoomare l’immagine e osservare le orbite della sonda attorno alla cometa su 3 dimensioni.


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Al Planetario di Ravenna

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Le osservazioni si tengono presso i Giardini Pubblici con ingresso libero, meteo permettendo. Inizio ore 21:00, prenotazione consigliata.

16.02: “Armonie Celesti: quando l’astronomia e suono si incontrano nell’Universo ” di Amalia Persico.

Prenotazione sempre consigliata.
Per info: tel. 0544.62534 –
info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Associazione Cascinese Astrofili

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16.02: “Campi Lunari”. Osservazione Pubblica della LUNA e fotografia con i telescopi. presso la sede dell’associazione. Meteo permettendo.

Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
www.astrofilicascinesi.it

Supernova in Centaurus A!

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Centaurus A. Image Credit & Copyright: SSRO-South (Steve Mazlin, Jack Harvey, Daniel Verschatse, Rick Gilbert) and Kevin Ivarsen (PROMPT/CTIO/UNC). http://apod.nasa.gov/apod/ap120404.html

NGC 5128, la famosa Centaurus A, è una delle più intense radiosorgenti conosciute e la più vicina delle galassie attive; è anche la quinta galassia più luminosa di tutto il cielo, ben visibile con un binocolo e, in condizioni ottimali ma dall’emisfero meridionale, anche ad occhio nudo.

La supernova del BOSS in una ripresa di Greg Bock, scopritore con Peter Marples della SN2016adj

La notte dell’8 febbraio, gli australiani Peter Marples e Greg Bock, membri del Backyard Observatory Supernova Search (BOSS) il principale programma di ricerca supernovae amatoriale dell’emisfero meridionale, hanno individuato una luminosa supernova di mag.+14 nella spettacolare galassia.

Una bella immagine di Centaurus A con la sn2016adj (evidenziata dai trattini) ripresa dall’australiano, di origini scozzesi, Andy Casely.

Situata nella costellazione australe del Centauro a soli 12 milioni di anni luce da noi, NGC 5128 è una galassia lenticolare caratterizzata da una fascia di polveri che attraversa il disco galattico al cui centro si ritiene possa trovarsi un massiccio buco nero.

La notizia della scoperta ha fatto subito il giro del mondo e la notte seguente, dall’Osservatorio di Siding Spring in Australia con il telescopio ANU da 2,3 metri è stato ripreso lo spettro che ha permesso di classificare la supernova 2016adj (questa la sigla attribuita) di tipo IIb. L’analisi dello spettro non è stata però facile a causa delle consistenti polveri presenti sulla linea di vista, che purtroppo rendono la supernova meno luminosa anche di diverse magnitudini.

Trent’anni fa, la galassia attiva aveva già ospitato un’altra supernova, la SN1986G di tipo Ia-pec scoperta il 3 maggio 1986 dal reverendo Bob Evans e che raggiunse la mag.+11. E il caso ha voluto che Peter Marples e Greg Bock iniziassero ad interessarsi alla ricerca di supernovae nel 1986, ispirati proprio dalla scoperta da Evans, come Bock stesso, doppiamente orgoglioso della scoperta, ha tenuto a precisarci!

«Both Peter and I have known Bob for more than 20 years, and he inspired both of us to do supernova searching back in 1986 when he discovered SN1986G and a few others in that year. So, we are very proud to have discovered the second supernova in NGC 5128, as Bob discovered the first one, and he also very happy of course that found it before any of the big search programs in the world.»
Greg

Come accade spesso quando si tratta di galassie molto luminose e fotogeniche, quindi molto bersagliate da chi fa ricerca o da chi vuole ottenere stupende immagini, sono saltate fuori diverse pre-discovery, alcune da parte di nomi molto noti come il sudafricano Berto Monard, il neozelandese Stu Parker o l’astrofotografo britannico Damian Peach.

Ad una rapida analisi dell’immagine però, la supernova non di immediata identificazione; può infatti facilemente sfuggire all’attenzione perché vicinissima (5″) a una stella molto più luminosa. Purtroppo per gli osservatori posti nell’emisfero settentrionale questa galassia non è per niente un facile oggetto da osservare, trovandosi alla declinazione di –43°. Gli osservatori del nord Italia sono praticamente tagliati fuori, per quelli del centro Italia invece la situazione migliora leggermente ma l’ottenimento di un’immagine è un impresa molto ardua culminando la galassia a non più di 4-5 gradi sopra l’orizzonte. La situazione è migliore per il sud Italia dove per esempio nel cielo di Catania la galassia culmina ad un’altezza di circa 10 gradi sopra l’orizzonte.

Lanciamo perciò una sfida: chi riuscirà a riprendere dall’Italia questa intrigante supernova? Mandateci le vostre immagini all’indirizzo: fabiobriganti@libero.it

Gruppo Astrofili William Herschel

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Quest’anno il gruppo astrofili William Herschel propone un corso di astrofotografia: Leonardo Orazi, astrofotografo (www.starkeeper.it), introdurrà, in cinque conferenze, gli strumenti e le tecniche per ottenere splendide immagini degli oggetti celesti!
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Gli incontri si terranno nei giorni 16 e 22 febbraio, 15 e 22 marzo, 19 aprile a partire dalle ore 21:30, presso la sala riunioni della Parrocchia Immacolata Concezione e San Donato ini Via Saccarelli 10, Torino.
Per informazioni: info@gawh.net
www.gawh.net

Nuove frontiere per l’astrofisica

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In questa timeline interattiva, le principali tappe che hanno portato al risultato di oggi. Cliccare sull’immagine per navigare nella timeline. Crediti: Davide Coero Borga / Media INAF
In questa timeline interattiva, le principali tappe che hanno portato al risultato di oggi. Cliccare sull’immagine per navigare nella timeline. Crediti: Davide Coero Borga / Media INAF
La curvatura dello spazio generata da una massa nei suoi dintorni fa sì che altre masse nelle vicinanze cadano nella “buca” od orbitino attorno a essa

Cento anni fa Albert Einstein formulava la Teoria della Relatività Generale. Un affascinante ed elegante impianto matematico. La teoria ha profonde implicazioni per la Gravitazione, e dimostra i limiti della concezione di Newton. A molti la cosa potrebbe apparire come un semplice, anche se elegante, esercizio intellettuale, dato che in fondo “la mela di Newton” continua a cadere a terra come prima. In realtà la teoria di Einstein ha introdotto spettacolari cambiamenti, non solo nella comprensione dell’Universo ma anche nella nostra vita. Basti pensare al GPS, un dispositivo che non potrebbe funzionare senza il trattamento delle orbite dei satelliti tramite appunto la teoria di Einstein. Uno degli aspetti più accattivanti di questa teoria è la curvatura dello spazio-tempo generata da una massa nei suoi dintorni.

Una delle conseguenze di questo fenomeno di curvatura è il fatto che, se due masse orbitano una attorno all’altra, la deformazione dello spazio da esse prodotta genera un moto ondoso dello spazio che si propaga, le cosiddette onde gravitazionali: la mela di Newton posta nella vicinanze di un sistema di stelle che ruotano una attorno all’altra (un sistema binario) comincia a oscillare!

Fino a oggi abbiamo avuto prove indirette dell’esistenza di onde gravitazionali. Per esempio, abbiamo scoperto sistemi binari la cui orbita si restringe proprio per la perdita di energia dovuta all’emissione di onde gravitazionali. Si prevede che, alla fine del processo di avvicinamento, le due stelle collassino l’una sull’altra provocando un “burst” di onde gravitazionali: un evento che in gergo definiamo “merger”.

Ricordo con emozione la nostra scoperta, nel 2003, di un sistema binario il cui “decadimento orbitale” era straordinariamente elevato, cioè un sistema relativamente vicino alla fase finale di “merger”. L’articolo, pubblicato su Nature, fece il giro del mondo, rivitalizzando l’interesse della comunità per la ricerca diretta di onde gravitazionali, attraverso sofisticati apparati di misura come quelli di LIGO e VIRGO.

Nichi D’Amico (al centro), insieme a Marta Burgay e Andrea Possenti, all’epoca in cui scoprirono il primo sistema binario in avanzata fase di “coalescenza”, e destinato cioè a divenire un “merger” su tempi scala relativamente brevi. Il loro articolo, pubblicato su Nature nel 2003, dimostrava un sostanziale aumento della probabilità di rivelare burst di onde gravitazionali da parte di questi sistemi binari durante la fase finale della coalescenza, come quello annunciato da LIGO/Virgo

Il sofisticato rivelatore di LIGO – una coppia di tunnel lunghi quattro chilometri in cui viene misurata con incredibile accuratezza la propagazione di un raggio laser, sensibile a eventuali deformazioni dello spazio-tempo prodotte dal passaggio di onde gravitazionali – ha rivelato un “burst” di onde gravitazionali proveniente da un “merger” costituito da due buchi neri. Questa è indubbiamente una scoperta da Premio Nobel!

Questo risultato apre un nuovo “canale” per osservare l’Universo, che ci porterà alla scoperta di nuove sorgenti e di nuovi fenomeni. E qui si apre un grande futuro per l’INAF: osservare a fondo con i nostri potenti telescopi queste nuove sorgenti e studiarne la natura. I nostri gruppi di ricerca hanno già un accordo con LIGO e VIRGO che ci consente di essere allertati in tempo reale per puntare i nostri potenti telescopi, radiotelescopi, satelliti X e gamma per scoprire la natura di queste nuove e intriganti sorgenti di onde gravitazionali.

Si apre una nuova frontiera, sulla quale la comunità astronomica italiana è in prima linea. Fioriranno nuove idee, saranno messi a punto nuovi strumenti, ancora una volta ci cimenteremo, in collaborazione con l’industria nazionale, nello sviluppo di nuovi apparati, con grandi ritorni scientifici e tecnologici per il Paese.

In questa timeline interattiva, le principali tappe che hanno portato al risultato di oggi.


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Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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Le conferenze serali iniziano alle ore 21:00.

14.02: “La musica dell’infinito”. Proiezione-concerto per la festa degli innamorati con il duo Mesarthim: Emanuela Milani (flauto) e Giulia Molteni (pianoforte). Relatore: Loris Lazzati.

Per info: 0341.367584
www.deepspace.it

Osservazione diretta delle onde gravitazionali? Oggi la risposta!

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Oggi pomeriggio alle 16.30 (ora italiana) l’attesissima conferenza congiunta, in simultanea dall’European Gravitational Observatory di Cascina (PI) e da Washington DC (USA), dei ricercatori degli esperimenti  VIRGO e LIGO. Si farà il punto della ricerca sulle onde gravitazionali e si scoprirà finalmente se i rumors sull’effettiva osservazione diretta delle onde gravitazionali sono realtà.

In attesa di comunicarvi i risultati con un articolo di Daniele Gasparri qui su Coelum Astronomia (e con foto, interviste e approfondimenti nel prossimo numero di Coelum) rivediamo questo servizio di Marco Malaspina (Media INAF TV). In coda una serie di link suggeriti per l’approfondimento.

Seguiteci anche sui canali social: su twitter @coelum_news seguiremo in diretta le notizie in uscita dalla press conference!


La data da cerchiare è l’11 febbraio, dopo la nostra concezione del mondo potrebbe non essere più la stessa. Così promettono le indiscrezioni sull’imminente annuncio della prima rilevazione diretta d’onde gravitazionali, indiscrezioni che s’accavallano, in rete e sulle riviste più prestigiose, Science in testa. Fibrillazione comprensibile: è esattamente da un secolo, da quando Einstein formulò la sua teoria della relatività generale, che scienziati di tutto il mondo sognano di catturare queste impalpabili increspature nel tessuto dello spazio-tempo. 
In realtà di onde gravitazionali ce ne sono in continuazione: ogni volta che una massa accelera o decelera, se ne produce una. Il problema è che sono increspature infinitesimali, del tutto impercettibili. Questo perché la gravità è una forza incredibilmente debole. Dunque per cogliere un’onda gravitazionale servono due condizioni. 
La prima è che sia un’onda altissima, e dunque che le masse coinvolte siano enormi: un pianeta non basta, e forse nemmeno una normale stella. Occorrono pesi massimi e scenari apocalittici, come per esempio una coppia di stelle di neutroni in orbita vorticosa l’una attorno all’altra, o ancora meglio due buchi neri che si fondono l’uno nell’altro. Fenomeni estremi e relativamente rari, dunque, che i nostri radiotelescopi e telescopi, da terra e dallo spazio, studiano incessantemente.
La seconda condizione è disporre di strumenti straordinariamente sensibili. Parliamo di sensori in grado di rilevare una deformazione dello spazio pari a meno d’un millesimo del diametro d’un protone. Una sensibilità difficile anche solo da immaginare, eppure l’ingegno umano e la tecnologia laser interferometrica – a un secolo di distanza da Einstein – hanno fatto passi in avanti tali da rendere queste misure finalmente possibili. Strumenti come i chilometrici bracci ortogonali dei due rivelatori LIGO, negli Stati Uniti, e Virgo, gestito dal CNRS francese e dal nostro INFN nella campagna pisana. Bracci nei quali fasci di luce laser corrono nel vuoto più spinto, pronti a rilevare la benché minima variazione nella geometria dell’universo. Ed è proprio da questi sismografi dello spazio-tempo che, nella migliore delle ipotesi, potrebbe finalmente essere stato captato un sussulto gravitazionale. La risposta giovedì prossimo. 
Servizio di Marco Malaspina

Link sul progetto:

Articoli e riflessioni di interesse sui “rumors” e sull’argomento:

Gruppo Astrofili Lariani

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L’obiettivo è quello di conoscere il cielo e imparare la geografia astronomica a occhio nudo, con l’astrolabio, il binocolo e il puntatore laser.
Il ritrovo è presso la sede in via Cantù all’orario indicato per poi trasferirsi all’Alpe del Viceré (Località Campeggio). In caso di maltempo proiezione in sede con simulazione del cielo.

14.02, ore 18:00: Oggetti da osservare: Luna al Primo Quarto, Nebulosa di Orione (M42), Ammasso delle Pleiadi (M45), Doppio ammasso in Perseo (Ngc 869/884), Ammasso “Albero di Natale” nei Gemelli (M35).

La sede, in Via Cesare Cantù, 17 (Albavilla – Como) è aperta al pubblico tutti i venerdì sera!
Per informazioni: Tel 347.6301088
info@astrofililariani.org
www.astrofililariani.org

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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Le conferenze serali iniziano alle ore 21:00.

12.02: “I concetti di distanza in cosmologia” di Paolo D’Avanzo.

Per info: 0341.367584
www.deepspace.it

Associazione Cascinese Astrofili

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12.02: Osservazione con telescopi, meteo permettendo. Serata di Osservazione del profondo cielo. Presso: Astronomical Centre in via Mulini a Vento, 9 Orciatico, Lajatico (PI). (Attività riservata ai soci ACA, per informazioni su come associarsi contatti in coda).

Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
www.astrofilicascinesi.it

Uno spettacolare panorama marziano

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Un'immagine a 360° della Duna Namib, con il Monte Sharp all'orizzonte, creato con le immagini del 18 dicembre 2015 (MastCam a bordo di Curiosity), le stesse con le quali è stato creato anche il panorama navigabile di cui si parla nell'articolo. I colori sono stati bilanciati in modo da essere il più possibile vicini a come si vedrebbero sotto la luce solare sulla Terra. NASA/JPL-Caltech/MSSS

Se avete visto il film The Martian (Il Sopravvissuto, e se non lo avete ancora fatto fatelo subito), è probabile che vi siate persi, proprio come Mark Whatney, nell’osservare l’affascinante desolazione del panorama marziano, con dune di finissima sabbia che si perdono a vista d’occhio, interrotte solo dalle crude e appuntite rocce di color rosso ruggine, sotto un cielo che a volte si tinge di un pallido rosa perlaceo.

I panorami del protagonista del film erano una ricostruzione (e a volte neanche tanto accurata) di quello che potremmo trovare lassù, su un pianeta distante in media 100 milioni di chilometri dalla Terra. Eppure questa volta la realtà supera la fiction, perché su Marte ci sono al momento due rover perfettamente funzionanti che scorrazzano sulla superficie da diversi anni. Il più recente, grande e potente, Curiosity, ci regala allora un panorama impressionante, ai piedi della duna Namib, ripreso il 19 dicembre scorso, che ci fa sentire al centro della scena e ci proietta sul Pianeta Rosso, senza passare per la finzione del cinema.

Con lo sguardo che spazia a 360°, e ci permette di osservare dettagli fino a 40 e più chilometri di distanza grazie alla rarefatta atmosfera marziana, questo è il panorama più impressionante che abbia mai visto in vita mia di un altro pianeta del Sistema Solare. E anche se ormai siamo stati anestetizzati da anni e anni di finzioni cinematografiche, effetti speciali di ogni tipo e ogni situazione possibile, ricordiamoci che questo panorama, anche se ci ricorda scenari già visti in videogiochi e film, ha qualcosa di unico: è reale.

Link: https://round.me/embed/23908/57875

Il panorama può anche essere esplorato in realtà virtuale, oltre che a monitor, attraverso smartphone e dispositivi mobili con il video interattivo: https://youtu.be/ME_T4B1rxCg?list=LLbfdYJJOTv43XM1aGgXXR4w



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Al Planetario di Ravenna

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01.03: “Astronomia e architettura:
un rapporto lungo millenni” di
Agostino Galegati.

Per info: tel. 0544.62534 –
info@arar.it – www.arar.it
www.racine.ra.it/planet

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