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Congiunzione tra Luna e Saturno

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cielo del mese - 20 dicembre

cielo del mese - 20  dicembre

Le 6:45 del mattino del 20 dicembre sarà l’ora più indicata per seguire convenientemente alta sull’orizzonte, ma con un cielo non troppo chiaro, la congiunzione tra Luna e Saturno che si verificherà nella testa dello Scorpione.

A quell’ora, la falce di Luna calante sarà alta più di dieci gradi, mentre Saturno sarà distante circa 5,3° verso nordovest.

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di dicembre

Atmosfera in fuga da Marte

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Rappresentazione artistica della sonda MAVEN in orbita attorno a Marte (NASA/GSFC)
Rappresentazione artistica della sonda MAVEN in orbita attorno a Marte (NASA/GSFC)

Cominciano ad arrivare i primi risultati scientifici dalla sonda MAVEN della NASA, dedicata allo studio dell’atmosfera di Marte. Dopo essersi immessa nell’orbita del Pianeta rosso lo scorso settembre, avviata la fase di calibrazione dei suoi strumenti e aver pure superato senza problemi l’incontro ravvicinato con la cometa Siding Spring, MAVEN ha iniziato dal 16 novembre scorso a fare quello per cui è stata progettata: scienza di altissimo livello.

Le prime analisi dei dati raccolti mettono subito in evidenza la presenza di un processo grazie al quale il vento solare riesce a penetrare negli strati più profondi dell’atmosfera marziana, contribuendo così alla sua depauperazione. «Stiamo iniziando a fare luce sulla catena di fenomeni che inducono la perdita di atmosfera su Marte» dice Bruce Jakosky, principal investigator di MAVEN. «Nel corso della missione riusciremo a ricostruire in dettaglio cosa avviene, ricostruendo come l’atmosfera di questo pianeta è cambinata nel tempo».

MAVEN è stato progettato per muoversi su un’orbita che gli permette di attraversare la ionosfera di Marte – il guscio di particelle cariche che si trova in una zona compresa tra circa 100 e 500 chilometri sopra la superficie – che funge da scudo protettivo al pianeta, deflettendo gli ioni del vento solare. Tuttavia questo scudo sembra non essere poi così impenetrabile. Il Solar Wind Ion Analizer di MAVEN, uno dei suoi strumenti di bordo, ha infatti sorprendentemente registrato un flusso di particelle di origine solare che riescono ad insinuarsi negli strati più profondi  dell’alta atmosfera e della ionosfera di Marte. Quando il vento solare arriva a contatto con le propaggini dell’atmosfera, i suoi ioni acquistano elettroni, divenendo atomi neutri e riuscendo così a propagarsi con maggior facilità fino a quote assai più basse, per ripresentarsi nella ionosfera di nuovo sotto forma di particelle cariche. Questa trasformazione, che riporta le particelle del vento solare di nuovo allo stato di ioni, sta permettendo ai ricercatori di capire come il vento solare interagisce con l’atmosfera marziana e come essa ne venga erosa.

Ad affiancare ed integrare queste osservazioni ci sono poi i dati che stanno arrivando da altri strumenti di MAVEN. Il Neutral Gas and Ion Mass Spectrometer (NGIMS) è all’opera per analizzare la composizione del gas dell’alta atmosfera di Marte e comprendere meglio le relazioni tra questa regione e quelle legate agli strati più bassi. E poi c’è STATIC (Suprathermal and Thermal Ion Composition) che già a poche ore dalla sua attivazione ha individuato dei ‘pennacchi polari’ composti da ioni che stanno abbandonando l’atmosfera di Marte. Insomma, MAVEN sembra proprio mantenere le sue promesse e si appresta a darci una visione nuova e senza precedenti dell’ambiente atmosferico del Pianeta rosso.

Dalla Avalon Instruments il nuovo Personal Remote Observatory “Merlino”

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Merlino è il nuovo Personal Remote Observatory pensato da Avalon-Instruments per essere  “user friendly “, per rendere più comodo ed efficace l’uso del telescopio, permettendone il suo utilizzo da remoto in località con cielo più scuro, anche quando il tempo a disposizione è limitato o le condizioni meteo sono incerte. Il tutto è stato reso possibile con la massima sicurezza e affidabilità.

Al suo interno sono presenti un PC, un Router, una scheda elettronica dedicata che gestisce tutta una serie di sensori per il controllo del sistema sia in termini di funzionalità che di sicurezza.

Al suo interno sono presenti un PC, un Router, una scheda elettronica dedicata che gestisce tutta una serie di sensori per il controllo del sistema sia in termini di funzionalità che di sicurezza.

Il sistema viene gestito da un software specifico che permette al Merlino di essere utilizzato in maniera non dissimile dal nostro abituale setup mobile, continuando ad usare i programmi a noi già familiari che si integrano nel sistema senza nessuna difficoltà.

Grazie alle compatte dimensioni è possibile utilizzare Merlino sul vostro terrazzo o nel vostro giardino e, disponendo di un router 3G interno, sarà possibile connettersi a Merlino sia tramite una rete locale (Intranet) o tramite web (Internet). Ovviamente con Internet sarà possibile utilizzare Merlino anche da una postazione remota.

Merlino è interamente alimentato tramite una batteria a 12 Volt che gli consente di terminare la sessione di ripresa anche in caso di blackout. Questa caratteristica gli permette, tramite un kit opzionale di pannelli solari, di essere installato anche in località dove non sono disponibili utenze fisse.

Il progetto Merlino è stato sviluppato intorno alla montatura Avalon M-Uno che, grazie alle sue particolari caratteristiche, risolve gran parte dei problemi legati alla gestione remota di un’Osservatorio.

1. Dimensioni: Merlino viene realizzato nella Versione Base, basato sulla montatura M-Uno, si tratta di una versione standard con dimensioni esterne di 1,65 mt. x 1,20 mt. x 1,25 mt (chiuso) 2,30 mt. x 130 mt. x 130 mt. (aperto). Peso totale della struttura inclusa la montatura M-Uno, circa 120 Kg.

2. Costruzione in struttura di alluminio anodizzato, base in alluminio a forma di doppia T con sistema di livellamento reso indipendente rispetto alla struttura di protezione, che è realizzata interamente in resina epossidica di colore bianco.

3. Non sono necessarie pratiche burocratiche per l’installazione in terrazze o giardini privati. Il trasporto viene effettuato con il Merlino premontato su pallet e predisposto in tutta la sua funzionalità.

4. La Struttura monobraccio della montatura M-Uno consente di evitare il fastidioso problema del Meridian-Flip, rendendo quindi possibile l’esecuzione dell’intera sessione di ripresa senza interruzioni e possibilità di puntamento senza limiti nei pressi del meridiano. Compatibilità con varie ottiche (NW 8”/F4; SC fino a 11”; RC fino a 10”/F8; Rifrattori fino a 4.5”/F6 o Sistemi ottici equivalenti in dimensioni e con peso complessivo del set-up di ripresa entro i 20Kg.

5. La montatura M-Uno, parte integrante del Merlino, è predisposta per il passaggio cavi all’interno dell’asse di AR annullando di conseguenza il rischio di rottura o di tensionamento dei cavi durante i movimenti.

6. Le masse in movimento sono molto ridotte (dato che vengono utilizzati solo piccoli contrappesi) e di conseguenza è minore lo spazio richiesto durante i movimenti, in quanto il telescopio ruota quasi sul proprio asse.

Controllo fine della messa in polo motorizzato da remot

7. La manutenzione della montatura è estremamente contenuta e le prestazioni costanti nel tempo grazie alla tecnologia esclusiva Fast Reverse realizzata dalla Avalon con cinghie e pulegge dentate di elevata precisione e durata.

8. Possibilità di regolare lo stazionamento polare tramite 2 motoriduttori opportunamente adattati al fine di consentire di effettuare la suddetta regolazione anche da remoto (Kit Opzionale).

Merlino permette di programmare le sessioni fotografiche utilizzando delle macro create direttamente dall’utente, tramite un editor di macro fornito di serie. Ciò consente di automatizzare sia l’inizio (startup) che la chiusura (shutdown) delle operazioni.

È in grado di effettuare autonomamente lo shutdown del sistema in caso di imprevisti o problemi, ad esempio in caso di pioggia grazie all’apposito sensore, garantendo la sicurezza e la salvaguardia del sistema. È possibile anche programmare l’invio di un messaggio di allerta tramite SMS. Mentre un dispositivo di allarme GSM (opzionale) consente l’allerta in caso di forzatura dell’involucro.

I parametri sotto controllo sono i seguenti:

  • – Temperatura
  • – Umidità
  • – Pioggia
  • – Nuvolosità
  • – Tensione batteria
  • – Connessione Internet
  • – Totale gestione del software di controllo
  • – Qualità della stella di autoguida (durante le riprese)

P. R. O. Merlino viene fornito di serie completo di:

  1. 1. Struttura in alluminio anodizzato con parti esterne, tetto e pannelli di resina epossidica di colore bianco.
  2. 2. Supporto ribassato per sostenere la montatura M-Uno.
  3. 3. Sistema meccanico completo di motore open/close.
  4. 4. PC con sistema Windows (english) per il controllo delle funzioni (no keyboard , no monitor).
  5. 5. Scheda elettronica I/O come da schema logico visualizzabile qui.
  6. 6. Router WiFi con predisposizione ingresso pennetta 3G.
  7. 7. Webcam per controllo visivo della strumentazione interna.
  8. 8. Stazione meteo Hitec Astro per il controllo Temperatura, Umidità, Pioggia e Nuvolosità.
  9. 9. Software di gestione dell’intero sistema P. R. O.+ M-Uno.
  10. 10. Impianto elettrico cablato e isolato in canalina.
  11. 11. Alimentatore con batteria 12VCC/18A, carica batteria.
  12. 12. Manuale Istruzioni in inglese.

In opzione sono disponibili anche e seguenti accessori:

  • – Sistema motorizzato per il puntamento polare (i driver sono già predisposti sulla scheda).
  • – Camera grandangolare per la visione del cielo mod. ASI 120 mm completa di ottica.
  • – Dispositivo motorizzato con triplice funzione di Tappo + Generatore di Flat + Dark.
  • – Batterie tampone fino a 120 Ampere in base alle specifiche esigenze.
  • – Dispositivo di sicurezza con allarme intrusione GSM.
  • – Focuser per ottiche Celestron HD 8″, 9.25″, 11″(controllo tramite StarGO).

NOTE: Nella versione Merlino Base è possibile utilizzare ottiche di vario tipo. Il sistema è ottimizzato per le ottiche Celestron HD (max C11HD). Eventuali altre configurazioni potrebbero richiedere ulteriori accessori ed adattamenti da valutare caso per caso. Il sistema viene consegnato premontato escluso il telescopio, CCD ed accessori di ripresa.


Dimensioni di Merlino – Cliccare le immagini per ingrandirle

Merlino è un progetto coperto da brevetto, che su richiesta viene fornito completo di Sistema ottico e set-up di ripresa e installato direttamente presso la località desiderata (quotazioni su richiesta). Si rivela anche un’ottimo investimento in quanto è un sistema “All in one” pensato per mantenere il suo valore nel tempo.

Distributore: Unitron Italia Instruments Srl – Via G.B. Gandino (RM)

Contatti: shop@unitronitalia.com – www.unitronitalia.com – Tel. 06-39738149

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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19.12: “L’Italia e Lecco atterrano su una cometa: l’incredibile avventura della missione Rosetta” di Laura Proserpio.

Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Gruppo Astrofili Rozzano

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19.1220.12 Escursione in montagna per l’osservazione degli astri. Pian dell’Armà (PV)
Per info: 380 3124156 e 333 2178016
info@astrofilirozzano.it
www.astrofilirozzano.it

Unione Astrofili Bresciani

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19.12 ore 21:00 apertura della Specola Cidnea.
Per il programma di dicembre in fase di definizione
consultare il sito.
Per info: osservatorio@serafinozani.it
www.astrofilibresciani.it

Stazione Spaziale, i più spettacolari transiti del periodo

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Per l’ultimo mese dell’anno la ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli a orari serali, quindi senza l’obbligo della sveglia al mattino prima dell’alba, per di più con magnitudini elevate. Si inizierà il 9 dicembre, dalle 18:05 alle 18:11, osservando da SW a E. Anche se la ISS sarà ben visibile da ogni zona del paese risulterà favorito il Sud Italia; la magnitudine massima si attesterà su un valore di –3,1.

Finalmente la cometa 67P/C-G a colori

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La 67P/Churyumov-Gerasimenko a colori in una compositazione di tre immagini riprese con filtri RGB da OSIRIS il 6 agosto scorso, quando Rosetta si trovava a una distanza di 120 km dalla cometa. L’immagine finale è stata ulteriormente elaborata dalla Redazione per meglio esaltare le variazioni di tonalità cromatica della sua superficie. Credits: ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA

Il team dello strumento OSIRIS (Optical, Spectroscopic and Infrared Remote Imaging System) di Rosetta ha rilasciato la prima immagine a colori della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko.

Dato che la cometa tende al grigio scuro, con solo delle tenui variazioni cromatiche superficiali, per creare una foto con i “veri” colori della 67P, quelli con cui la vedrebbe l’occhio umano, è stato necessario acquisire tre diverse immagini, riprese in sequenza utilizzando filtri nelle lunghezze d’onda del rosso, del verde del blu e quindi compositarle.

Tuttavia, durante la ripresa della sequenza la cometa aveva ruotato e la sonda Rosetta si era spostata; le tre immagini risultavano quindi riprese da angolazioni diverse e leggermente ruotate l’una rispetto all’altra. Per questo motivo si è reso necessario il lungo e paziente lavoro di riallineamento che ha comportato questo ritardo nel rilascio della prima immagine a colori della cometa.
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«Come si è visto, la 67P / CG sembra grigio scuro, in realtà, quasi nera come il carbone», ha commentato Holger Sierks dell’Istituto Max Planck e Principal Investigator dello strumento.

Una prima analisi più dettagliata rivela, tuttavia, che la cometa riflette la luce rossa in maniera più efficiente rispetto alle altre lunghezze d’onda. Si tratta di un fenomeno ben noto, osservato anche in molti altri piccoli corpi del Sistema solare e causato delle piccole dimensioni dei grani di polvere della superficie.
Ulteriori studi, utilizzando altre combinazioni dei 25 filtri di cui è dotato OSIRIS, permetteranno di rilevare la presenza dei diversi minerali in questa polvere e di capirne la composizione.

Al Planetario di Ravenna

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16.12: “La stella dei Magi?” di Paolo Morini.
Per info: tel. 0544.62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Curiosity – Ecco come l’acqua ha plasmato Marte

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Illustrazione del lago di acqua che riempiva parzialmente il Gale Crater su Marte: si tratta della neve che si sciolse sul bordo nord del cratere. In quel punto si formò il Monte Sharp. Crediti: NASA/JPL-Caltech/ESA/DLR/FU Berlin/MSSS
Illustrazione del lago di acqua che riempiva parzialmente il Gale Crater su Marte: si tratta della neve che si sciolse sul bordo nord del cratere. In quel punto si formò il Monte Sharp. Crediti: NASA/JPL-Caltech/ESA/DLR/FU Berlin/MSSS

Chi di noi non ha mai immaginato Marte come un pianeta arido e privo di vita?

Ci siamo sbagliati, almeno sull’aridità. Mentre gruppi di ricercatori di tutto il mondo cercano ancora di capire se sul Pianeta Rosso ci sia mai stata una qualche forma di vita microbiotica, gli scienziati non possono più ignorare le numerose prove della presenza di acqua sul quarto pianeta del Sistema solare.

Nuove osservazioni del rover della NASA Curiosity indicano che il Monte Sharp (raggiunto la sera del 24 settembre scorso) sia formato dai sedimenti depositati nel letto di un grande lago nel corso di decine di milioni di anni. La montagna (alta 5,5 chilometri) si trova al centro del grande Cratere Gale, nel quale il gioiellino su ruote della NASA è arrivato il 6 agosto 2012. I dati raccolti dal rover indicano che il cratere, milioni di anni fa, fosse un gigantesco lago e da questa interpretazione i ricercatori ipotizzano che Marte abbia avuto, in un lontano passato, un clima mite adatto al mantenimento dell’acqua allo stato liquido in numerosi bacini e fiumi sparsi per il pianeta. Nel corso degli anni di missione, rocce sedimentarie e argillose nell’area di Yellowknife Bay e altrove hanno dato prova della possibile presenza di acqua miliardi di anni fa.

«Se la nostra ipotesi regge, possiamo confutare l’idea che caldo e umidità siano stati fenomeni transitori, locali, o presenti solo nel sottosuolo di Marte», ha detto Ashwin Vasavada, scienziato che lavora al progetto Curiosity presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena. I ricercatori hanno anche avanzato una «spiegazione più radicale, quella secondo cui l’antica e spessa atmosfera abbia portato le temperature sopra lo zero a livello globale» permettendo all’acqua, ghiacciata o sotto forma di neve, di tornare allo stato liquido, «ma finora non sappiamo come e se sia accaduto».

Il rover a sei ruote ha il compito di trivellare e studiare le rocce marziane, la loro composizione e le differenze in base all’altitudine e alla profondità. Proprio capire il perché della formazione di questi strati all’interno del Monte Sharp è uno degli obiettivi primari per i ricercatori. I diversi sedimenti – un’alternanza tra depositi lacustri, fluviali e altri portati dal vento – testimoniano la storia del lago marziano più grande e longevo di qualsiasi altro bacino scoperto sul Pianeta rosso.

«Stiamo facendo progressi nel risolvere il mistero del Monte Sharp», ha spiegato lo scienziato John Grotzinger, del California Institute of Technology (CALTECH) a Pasadena. «Dove oggi c’è una montagna, potrebbe esserci stata una serie di laghi». Man mano che Curiosity “passeggerà” lungo le pendici del Monte Sharp «raccoglieremo indizi su come l’atmosfera, l’acqua e i sedimenti hanno interagito».

La foto è stata scattata dalla Mast Camera (Mastcam) a bordo di Curiosity il 7 agosto 2014: si vedono i depositi sedimentari lacustri accumulati non lontano da dove una volta nel lago sfociava un antico fiume. Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS

Il rover della NASA (lanciato nel novembre 2011 nell’ambito della missione Mars Science Laboratory) sta studiando, in queste settimane, gli strati sedimentari più bassi del Monte Sharp, una sezione di roccia a 150 metri di altezza soprannominata formazione Murray, l’unità geologica a cui i ricercatori sono interessati e dove Curiosity è arrivato dopo aver percorso 8 chilometri scattando più di 155.000 immagini.

I fiumi hanno portato sabbia e limo all’interno del lago, depositando i sedimenti alla foce del fiume per formare delta simili a quelli trovati sulla Terra. Questo ciclo si è verificato più e più volte. Dopo che il cratere Gale si è riempito per qualche centinaio di metri e i sedimenti si sono induriti fino a trasformarsi in roccia, questi strati sono stati scolpiti nel tempo anche dall’erosione del vento formando, nel corso di milioni di anni, la piccola montagna.

In questa immagine scattata il 13 marzo 2014 a nord della regione Kimberly, letti di sabbia arenaria in un antico piccolo delta fluviale. Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS

Nell’immagine si vede uno strato sottile di un particolare tipo di roccia stratificato (che può trovarsi alla base dei laghi) trovato a “Pahrump Hills”, alla base di Monte Sharp. La foto risale al 28 ottobre 2014. Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS

«Abbiamo trovato rocce sedimentarie in quelli che abbiamo immaginato essere piccoli e antichi delta di fiume», ha detto Sanjeev Gupta dell’Imperial College di Londra. «Curiosity ha attraversato il confine tra un ambiente solcato da fiumi e un ambiente dominato da laghi».

Il rover della NASA è impegnato nella ricerca di antichi ambienti potenzialmente abitabili, in vista anche di una possibile missione umana sul pianeta nel 2030, magari proprio a bordo di Orion Deep Space, la prima capsula passeggeri americana del dopo “era Shuttle”.

La Luna sorge nella Vergine, puntando verso Spica

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cielo del mese - 17 dicembre

cielo del mese - 17 dicembreSemplice e suggestiva la congiunzione che prenderà campo verso est-sudest la notte del 17 dicembre.

Appena prima delle 3:00 del mattino una sottile falce di Luna sorgerà nella Vergine, puntando con il suo corno occidentale Spica, la stella alfa della costellazione. I due oggetti saranno separati da un distanza angolare di circa 2,3°.
Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di dicembre

Circolo Culturale Astrofili Trieste

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15.12: “Fisica delle pulsar” di Antonio Pasqua.
Per info: Cell: 329.2787572 – Email: ccat@liberi.it
www.astrofilitrieste.it

Acqua di cometa, acqua sbagliata

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Un mosaico di 4 immagini riprese da Rosetta con la NAVCAM. Crediti: ESA/Rosetta/NAVCAM – CC BY-SA IGO 3.0

Come c’è arrivata, l’acqua, sulla Terra? La risposta ancora non la sappiamo, ma da oggi possiamo escludere che a portarcela siano state comete come 67P, quella dov’è atterrato il lander Philae lo scorso novembre. Non che sia assente, lassù, l’acqua: per esserci c’è, ma è un’acqua strana, del tutto incompatibile con quella che riempie i nostri oceani e che esce dai nostri rubinetti. È un’acqua troppo pesante.

L’acqua, c’insegnano a scuola, ha come formula chimica H2O: due atomi d’idrogeno e uno d’ossigeno. In realtà, a voler essere pignoli, ogni 3200 molecole siffatte se ne incontra una la cui formula è piuttosto HDO: un solo atomo d’idrogeno, uno d’ossigeno e uno di deuterio, l’isotopo dell’idrogeno con un neutrone nel nucleo. Questo perché, nei nostri oceani, l’abbondanza isotopica del deuterio, rispetto all’idrogeno, è di un atomo ogni 6400. Questo rapporto è una sorta di firma inalterabile, l’impronta genetica (o meglio, isotopica) dell’acqua terrestre: dolce o salata, liscia o frizzante, qui sul nostro pianeta è sempre uguale.

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Eau de comète

Lo strumento RTOF, uno dei due spettrometri di massa dell’esperimento ROSINA, a bordo dell’orbiter Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea. Crediti: ESA/Rosetta

Ma altrove nel Sistema solare le cose stanno diversamente. È il caso, appunto, della cometa 67P, dove gli atomi di deuterio presenti nelle molecole d’acqua sono circa tre volte più abbondanti. Ad accorgersene è stato lo strumento ROSINA a bordo della sonda dell’ESA Rosetta, in orbita attorno alla 67P.

Grazie ai suoi due spettrometri di massa, un team di ricercatori guidato dalla principal investigator dello strumento – Kathrin Altwegg, dell’Università di Berna – è riuscito ad analizzare l’abbondanza isotopica d’un campione del vapore acqueo emesso dalla cometa.

I risultati, pubblicati oggi online su Science, parlano chiaro: lassù il rapporto fra deuterio e idrogeno è pari a circa 0.00053: grosso modo, un atomo di deuterio ogni duemila atomi d’idrogeno.

Non che questa differenza la renda meno potabile. L’acqua pesante ha un effetto citotossico, è vero, e può portare alla sterilità o addirittura alla morte. Ma solo in quantità molto elevate, tali da alzare la concentrazione di molecole con deuterio presenti nell’organismo fino al 25 percento e oltre, dunque ben al di là di quanto riscontrato sulla cometa.

Molto più interessanti, invece, le implicazioni per quanto riguarda l’origine dell’acqua terrestre. Già le prime analisi dell’abbondanza isotopica del deuterio sulla cometa di Halley, eseguite negli anni Ottanta dalla sonda europea Giotto, avevano evidenziato valori incompatibili con quelli terrestri. Suggerendo dunque che non fossero state le comete – perlomeno, non quelle provenienti dalla remota Nube di Oort, come appunto la cometa di Halley – a rifornire d’acqua il nostro pianeta. Nel 2011, però, le analisi spettrali effettuate dal Telescopio Spaziale Herschel dell’ESA su Hartley 2, una cometa ritenuta fra quelle della Fascia di Kuiper, sembrarono aprire un nuovo spiraglio: in quel caso il rapporto fra deuterio e idrogeno era assai più compatibile con quello riscontrato sulla Terra.

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Cherchez l’astéroïde

Forse, dunque, le portatrici d’acqua potevano essere sì comete ma d’origine più prossima alla Terra, com’è appunto la Fascia di Kuiper (situata al di là dell’orbita di Nettuno) rispetto alla Nube di Oort, migliaia di volte più lontana? L’ipotesi aveva un senso, visto che proprio le temperature estremamente basse tendono a favorire la formazione di ghiaccio con una maggiore concentrazione di acqua pesante.

Ma la scoperta odierna ottenuta grazie a Rosetta analizzando il vapore acqueo di 67P, anch’essa appartenente alla famiglia delle comete gioviane come Hartley 2, torna a far pendere l’ago della bilancia a favore di un’altra origine per la sorgente d’acqua del nostro pianeta: gli asteroidi. «I nostri risultati», dice infatti Altwegg , «sembrano favorire quei modelli che contemplano gli asteroidi come mezzo di trasporto principale per gli oceani della Terra».

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Per saperne di più:

  • Leggi su Science l’articolo “67P/Churyumov-Gerasimenko, a Jupiter family comet with a high D/H ratio”, di K. Altwegg, H. Balsiger, A. Bar-Nun, J. J. Berthelier, A. Bieler, P. Bochsler, C. Briois, U. Calmonte, M. Combi, J. De Keyser, P. Eberhardt, B. Fiethe, S. Fuselier, S. Gasc, T. I. Gombosi, K.C. Hansen, M. Hässig, A. Jäckel, E. Kopp, A. Korth, L. LeRoy, U. Mall, B. Marty, O. Mousis, E. Neefs, T. Owen, H. Rème, M. Rubin, T. Sémon, C.-Y. Tzou, H. Waite e P. Wurz

Acqua di cometa, acqua sbagliata

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Lo strumento RTOF, uno dei due spettrometri di massa dell’esperimento ROSINA, a bordo dell’orbiter Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea. Crediti: ESA/Rosetta

SU SCIENCE L’ANALISI ISOTOPICA DEL VAPORE DI 67P

Come c’è arrivata, l’acqua, sulla Terra? La risposta ancora non la sappiamo, ma da oggi possiamo escludere che a portarcela siano state comete come 67P, quella dov’è atterrato il lander Philae lo scorso novembre. Non che sia assente, lassù, l’acqua: per esserci c’è, ma è un’acqua strana, del tutto incompatibile con quella che riempie i nostri oceani e che esce dai nostri rubinetti. È un’acqua troppo pesante.

L’acqua, c’insegnano a scuola, ha come formula chimica H2O: due atomi d’idrogeno e uno d’ossigeno. In realtà, a voler essere pignoli, ogni 3200 molecole siffatte se ne incontra una la cui formula è piuttosto HDO: un solo atomo d’idrogeno, uno d’ossigeno e uno di deuterio, l’isotopo dell’idrogeno con un neutrone nel nucleo. Questo perché, nei nostri oceani, l’abbondanza isotopica del deuterio, rispetto all’idrogeno, è di un atomo ogni 6400. Questo rapporto è una sorta di firma inalterabile, l’impronta genetica (o meglio, isotopica) dell’acqua terrestre: dolce o salata, liscia o frizzante, qui sul nostro pianeta è sempre uguale.

Eau de comète

Ma altrove nel Sistema solare le cose stanno diversamente. È il caso, appunto, della cometa 67P, dove gli atomi di deuterio presenti nelle molecole d’acqua sono circa tre volte più abbondanti. Ad accorgersene è stato lo strumento ROSINA a bordo della sonda dell’ESA Rosetta, in orbita attorno a 67P. Grazie ai suoi due spettrometri di massa, un team di ricercatori guidato dalla principal investigator dello strumento – Kathrin Altwegg, dell’Università di Berna – è riuscito ad analizzare l’abbondanza isotopica d’un campione del vapore acqueo emesso dalla cometa. I risultati, pubblicati oggi online su Science, parlano chiaro: lassù il rapporto fra deuterio e idrogeno è pari a circa 0.00053: grosso modo, un atomo di deuterio ogni duemila atomi d’idrogeno.

Non che questa differenza la renda meno potabile. L’acqua pesante ha un effetto citotossico, è vero, e può portare alla sterilità o addirittura alla morte. Ma solo in quantità molto elevate, tali da alzare la concentrazione di molecole con deuterio presenti nell’organismo fino al 25 percento e oltre, dunque ben al di là di quanto riscontrato sulla cometa.

Molto più interessanti, invece, le implicazioni per quanto riguarda l’origine dell’acqua terrestre. Già le prime analisi dell’abbondanza isotopica del deuterio sulla cometa di Halley, eseguite negli anni Ottanta dalla sonda europea Giotto, avevano evidenziato valori incompatibili con quelli terrestri. Suggerendo dunque che non fossero state le comete – perlomeno, non quelle provenienti dalla remota Nube di Oort, come appunto la cometa di Halley – a rifornire d’acqua il nostro pianeta. Nel 2011, però, le analisi spettrali effettuate dal telescopio spaziale Herschel dell’ESA su Hartley 2, una cometa ritenuta fra quelle della Fascia di Kuiper, sembrarono aprire un nuovo spiraglio: in quel caso il rapporto fra deuterio e idrogeno era assai più compatibile con quello riscontrato sulla Terra.

Cherchez l’astéroïde

Forse, dunque, le portatrici d’acqua potevano essere sì comete ma d’origine più prossima alla Terra, com’è appunto la Fascia di Kuiper (situata al di là dell’orbita di Nettuno) rispetto alla Nube di Oort, migliaia di volte più lontana? L’ipotesi aveva un senso, visto che proprio le temperature estremamente basse tendono a favorire la formazione di ghiaccio con una maggiore concentrazione di acqua pesante.

Ma la scoperta odierna ottenuta grazie a Rosetta analizzando il vapore acqueo di 67P, anch’essa appartenente alla famiglia delle comete gioviane come Hartley 2, torna a far pendere l’ago della bilancia a favore di un’altra origine per la sorgente d’acqua del nostro pianeta: gli asteroidi. «I nostri risultati», dice infatti Altwegg , «sembrano favorire quei modelli che contemplano gli asteroidi come mezzo di trasporto principale per gli oceani della Terra».

Per saperne di più:

  • Leggi su Science l’articolo “67P/Churyumov-Gerasimenko, a Jupiter family comet with a high D/H ratio”, di K. Altwegg, H. Balsiger, A. Bar-Nun, J. J. Berthelier, A. Bieler, P. Bochsler, C. Briois, U. Calmonte, M. Combi, J. De Keyser, P. Eberhardt, B. Fiethe, S. Fuselier, S. Gasc, T. I. Gombosi, K.C. Hansen, M. Hässig, A. Jäckel, E. Kopp, A. Korth, L. LeRoy, U. Mall, B. Marty, O. Mousis, E. Neefs, T. Owen, H. Rème, M. Rubin, T. Sémon, C.-Y. Tzou, H. Waite e P. Wurz

Congiunzione tra Luna e Giove

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cielo del mese - 11 dic

cielo del mese - 11 dic

Dopo quella del 15 novembre scorso, larga 7°, un’altra discreta congiunzione tra Luna e Giove (questa volta un po’ più stretta) avrà luogo la sera dell’11 dicembre. I due oggetti sorgeranno dall’orizzonte est separati di circa 5°, mostrandosi proprio davanti alla testa del Leone e a Regolo. Peccato per la fase ancora un po’ abbondante del nostro satellite, decisamente invasiva con il suo chiarore.

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di dicembre

Nel Cielo – Se una notte d’inverno un amatore… tre incontri in Eridano prima di Natale

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Le notti di dicembre sono solitamente caratterizzate da una buona trasparenza atmosferica, condizione che non solo potrebbe portare l’osservatore a uscire per sfidare il gelo quasi marziano, ma anche a contemplare l’idea di puntare il telescopio verso le regioni celesti prossime all’orizzonte, solitamente brumose per gran parte dell’anno. Lande povere e disabitate come quelle della costellazione dell’Eridano, ad esempio, che oltre tutto nella parte più interessante per noi, quella che arriva a –15° di declinazione, sembra non ospitare oggetti deep-sky di una qualche rilevanza. Insomma, sì, avete capito bene, vi stiamo proponendo di passare un paio d’ore all’aperto, di notte, in dicembre… alla ricerca di oggetti improbabili, e che per di più bisogna cercare poco sopra le cime degli alberi. Cosa ci rispondete? 🙂

Per approfondire leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, i cenni storici, le immagini e le mappe dettagliate, nell’articolo tratto dalla Rubrica Nel Cielo di Salvatore Albano presente a pagina 54 di Coelum n. 187

Gruppo Amici del Cielo di Barzago

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13.12: Scintille celesti a Merone, Oasi di Baggero, via Cesare Battisti. Osservazione gratuita dello sciame meteorico delle GEMINIDI: NUMERO CHIUSO con iscrizione obbligatoria.
Per iscrizioni e info: Tel. 0362 970961/2
ilcieloenoi@famigliadams.it
Per info sulle attività del GAC:
www.facebook.com/groups/15788424963
www.amicidelcielo.it

Al Planetario di Ravenna

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12.12: I Venerdì dell’A.R.A.R.”La biblioteca di Babele: recensioni di libri di astronomia e scienza” di Gianfranco Tigani Sava, Giuliano Deserti. Ingresso libero.
Per info: tel. 0544.62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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12.12: “Le stelle di Natale” di Roberto Ratti. Ciclo “Stanley Kubrik e l’enigma dell’intelligenza aliena”.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Unione Astrofili Bresciani

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12.12 ore 21:00 apertura della Specola Cidnea.
Per il programma di dicembre in fase di definizione
consultare il sito.
Per info: osservatorio@serafinozani.it
www.astrofilibresciani.it

Al Planetario di Ravenna

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09.12: “‘Cantami o Diva…’ astronomia ed eroi nell’antichità” di Paolo Alfieri, Paolo Morini.
Per info: tel. 0544.62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Semaforo Verde per l’E-ELT!!!

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Il Consiglio dell’ESO ha dato il via libera [1] per la costruzione dell’E-ELT (European Extremely Large Telescope) in due fasi. Al momento è stata autorizzata la spesa di circa un miliardo di euro per la prima fase, a copertura dei costi di costruzione di un telescopio completamente funzionante con un pacchetto di strumenti potenti: prima luce tra dieci anni. Questo telescopio permetterà di effettuare straordinarie scoperte scientifiche nel campo degli esopianeti, della composizione stellare delle galassie vicine e dell’Universo profondo. Il più grande contratto mai affidato dall’ESO, quello per la cupola del telescopio e la struttura principale, verrà stipulato entro il prossimo anno.

La Luna sorge sopra il Cerro Armazones, la futura sede dell'E-ELT. La foto è stata scattata lo scorso novembre 2014 dal vicino Osservatorio del Paranal dell'ESO. Il livellamento della sommità del Cerro Armazones è a buon punto (in basso a sinistra) e la nuova strada, più ampia, che si sta costruendo per raggiungere la montagna è ben visibile. Al momento dello scatto, il Sole stava tramontando sull'Oceano Pacifico e gli ultimi raggi di luce colpivano il Cerro Armazones. La Luna piena stava invece salendo nel cielo a Oriente. Crediti: ESO/G. Lambert

L’E-ELT sarà un telescopio ottico e infrarosso di 39 metri di apertura sito sul Cerro Armazones nel deserto cileno di Atacama, a 20 chilometri dal VLT (Very Large Telescope) dell’ESO sul Cerro Paranal. Sarà il più grande “occhio del mondo rivolto al cielo“.

La decisione presa dal Consiglio significa che ora si può costruire il telescopio e che importanti lavori di costruzione industriale sono finanziati e possono procedere secondo i piani. Sono già stati fatti grandi progressi in Cile sulla sommità dell’Armazones e i prossimi anni saranno emozionanti“, ha dichiarato Tim de Zeeuw, Direttore Generale dell’ESO.

La costruzione dell’E-ELT è stata approvata dall’Consiglio dell’ESO nel giugno 2012 a condizione che i contratti di valore superiore a 2 milioni di euro potessero essere assegnati solo dopo che il costo totale del telescopio (1083 milioni di euro al valore del 2012) fosse finanziato almeno per il 90%. È stata concessa un’eccezione per le opere civili al sito dove i lavori sono già iniziati con la cerimonia inaugurale nel giugno 2014 e stanno facendo buoni progressi.

Per il momento, il 10% del costo totale del progetto è stato spostato a una seconda fase. Con l’adesione della Polonia all’ESO, gli impegni di spesa attuali per l’E-ELT hanno superato il 90% del costo totale della prima fase che porterà a un E-ELT completamente funzionante. Si attendono per i prossimi anni impegni addizionali dal Brasile che prossimamente diventerà Stato Membro dell’ESO.

Il Consiglio dell'ESO dà il via libera alla costruzione dell'E-ELT

Per evitare che il progetto ritardi, il Consiglio dell’ESO ha deciso che la costruzione della prima fase del telescopio da 39 metri possa già iniziare. I lavori già finanziati comprendono il contratto per la cupola del telescopio e la struttura primaria – il più grande nella storia dell’ESO – che verrà assegnato verso la fine del 2015 e porterà alla realizzazione di un E-ELT completamente funzionante.

I componenti del telescopio che non sono ancora stati finanziati comprendono parti del sistema di ottica adattiva, alcuni degli strumenti, i cinque anelli più interni di segmenti dello specchio principale del telescopio (210 segmenti) e un ricambio dei segmenti dello specchio primario che serviranno per operazioni più efficienti del telescopio in futuro. La costruzione di queste componenti, il cui rinvio non riduce gli straordinari risultati scientifici che il telescopio potrà realizzare al termine della prima fase, verrà approvata non appena il finanziamento supplementare sarà disponibile, compreso quello previsto dal Brasile prossimo Stato Membro.

I fondi oggi impegnati permetteranno la costruzione di un E-ELT completamente funzionante che sarà il telescopio più potente tra tutti i progetti di telescopi estremamente grandi attualmente in programma, con un’area di raccolta della luce superiore e strumentazione migliore. Permetterà la caratterizzazione iniziale degli esopianeti di massa pari a quella della Terra, lo studio delle popolazioni stellari risolte nelle galassie vicine e osservazioni molto sensibili dell’Universo profondo“, conclude Tim de Zeeuw.

Per ulteriori informazioni la lista delle domande frequenti e l’articolo su Messenger.

The Italian Mars Society

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È questo l’appello lanciato dalla IMS che per l’esperimento di Simulazione Marziana V-ERAS necessita di 4 volontari aspiranti astronauti. Niente di pericoloso, nessuna partenza senza ritorno, ma un equipaggio di quattro “astronauti” volontari, che simulerà le attività di esplorazione marziana su quattro postazioni, in realtà visrtuale, appositamente progettate e costruite da Italian Mars Society e denominate MOTIVITY.
Gli aspiranti astronauti, che saranno selezionati entro fine di ottobre 2014, dovranno essere in possesso di conoscenze in materie come sviluppo software, robotica, psicologia, fisiologia, medicina, missioni avioniche.
L’iniziativa, prima del genere in Italia, rientra nell’ambito del progetto ERAS (European Mars Analag Station: www.erasproject.org) un acronimo che racchiude il concetto di stazione spaziale virtuale su Marte. Il progetto ha lo scopo di sperimentare le condizioni di vita e lavoro in un ambiente confinato, riconducibili a quelle che si ritroverebbero in una stazione abitata presente su Marte.
Preliminarmente alla costruzione dell’ERAS (uno dei moduli nell’illustrazione in alto), l’IMS ha avviato lo sviluppo di una simulazione di Virtual Reality (VR) della stazione (V-ERAS). Il vantaggio principale di questa prima fase è che sarà possibile intraprendere sessioni di training con un equipaggio che può interagire con il suo ambiente futuro prima che la stazione sia costruita.
Ed è questa fase preliminare che avrà luogo dal 7 al 14 dicembre 2014 in una location da sogno, a Madonna di Campiglio, presso il Dolomites Astronomical Observatory dell’Hotel Carlo Magno, che sponsorizza, oltre che ospitare, l’iniziativa.
Maggiori dettagli sul progetto V-Eras in uno dei prossimi numeri di Coelum.

info: www.marssociety.it

Associazione Astrofili Centesi

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05.12: “L’universo nascosto: materia ed energia oscura”. Al telescopio: Luna piena, Giove e le Pleiadi.

Per info: cell. 346 8699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Al Planetario di Ravenna

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07.12: ore 10:30: Osservazione del Sole.
Per info: tel. 0544.62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Pio & Bubble Boy – Coelum n.187 – 2014

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Pio & Bubble Boy - Coelum 187
Pio e Bubble Boy - Mario Frassati - Coelum 187
Pio & Bubble Boy - Coelum 187
Pio e Bubble Boy – Mario Frassati – Coelum 187

Questa Vignetta è pubblicata su Coelum n.187 – 2014. Leggi il Sommario. Guarda le altre vignette di Pio&Bubble Boy

Lanciata Hayabusa 2

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Iniziato il viaggio della sonda giapponese Hayabusa 2 che fra sei anni riporterà a Terra dei campioni raccolti dall’asteroide 1999 JU3.

Il lancio è avvenuto ieri (mercoledì 3 dicembre 2014) dal Launch Pad 1 del Tanegashima Space Center, il centro spaziale che si trova sulla costa meridionale di Kyushu, la più meridionale fra le principali isole giapponesi.

In realtà il lancio avrebbe dovuto avvenire tre giorni prima (domenica 30 novembre), cioè all’apertura della finestra di lancio della durata di 10 giorni entro la quale doveva tassativamente essere lanciata la sonda, ma è stato posticipato a causa di un fronte di cattivo tempo con pioggia e forti venti che ha imperversato sulla zona fino a martedì.

Sette ore e mezza prima del lancio tutto il personale è stato definitivamente evacuato nel raggio di 3 km dalla rampa per permettere le operazioni di riempimento dei serbatoi del razzo H-IIA. Nei suoi due stadi sono state imbarcate 117 tonnellate di ossigeno e idrogeno liquidi (alla temperatura rispettivamente di -183 °C e -252 °C) in un processo durato tre ore. Dopodiché sono iniziate le verifiche del sistema di comunicazione con il razzo (in banda S e in banda C), del sistema di controllo del volo, del Flight Termination System (il sistema di distruzione in caso di anomalia) e di tutti i sistemi di terra incluso il tracking (il sistema di tracciamento della traiettoria di volo).

A meno 30 minuti dal lancio Hayabusa 2 ha cominciato ad attingere energia dalle sue batterie di bordo ed i tecnici hanno potuto verificare il loro corretto funzionamento. Gli ultimi quattro minuti e mezzo del conto alla rovescia sono gestiti autonomamente dai computer, che ad ogni minima anomalia hanno l’obbligo di annullare il lancio. A meno 3 minuti anche il razzo è passato all’alimentazione tramite le sue batterie e quando ormai mancava un solo minuto la piattaforma di lancio è stata inondata con migliaia di litri d’acqua. In questo modo vengono soppresse le onde acustiche generate dall’accensione dei motori che altrimenti danneggerebbero il veicolo e le strutture di terra.

Alle 4:22:04 GMT (le 13:22:04 ora locale e le 5:22:04 in Italia) il motore LE-7A del primo stadio (che fornisce 86 tonnellate di spinta al suolo e 109 nel vuoto) e i due booster laterali SRB-A a propellente solido (243 tonnellate di spinta ognuno!) si sono accesi sollevando le 285 tonnellate del razzo H-IIA. Alleggerendosi di 1.570 kg ogni secondo (tanto è il consumo di carburante dei booster e del primo stadio) il razzo ha velocemente acquisito velocità, tanto che 99 secondi dopo il lancio e allo spegnimento degli SRB-A questa aveva raggiunto il valore di 1,6 km/s. Nove secondi dopo e ad un’altezza di 53 km sono stati sganciati i booster laterali ed il motore del primo stadio è rimasto da solo a spingere il razzo, consumando 260 kg al secondo di propellente. Alla quota di 130 km e 4 minuti e 10 secondi dopo il lancio si è sganciata la copertura (pesante 1.400 kg) che proteggeva Hayabusa 2 dagli stress aerodinamici dovuti al passaggio ad altissima velocità fra gli strati più densi dell’atmosfera.

Il lavoro del primo stadio è terminato dopo un’accensione durata 6 minuti e 36 secondi, portando il resto del veicolo a 200 km di altezza e a 5,6 km/s di velocità. Otto secondi dopo lo spegnimento è stato sganciato per permettere, dopo altri sei secondi di attesa, l’accensione del secondo stadio (o stadio superiore), propulso dal motore LE-5B che fornisce 14 tonnellate di spinta. Questa accensione è durata quattro minuti e mezzo, sufficienti per raggiungere un’orbita di parcheggio a 250 km di altezza e 7,8 km/s di velocità. Il razzo ha viaggiato quindi per inerzia lungo un’intera orbita, fino alla seconda ed ultima accensione avvenuta a sud del Giappone. Il secondo stadio del H-IIA non era mai stato nella sua storia di volo così tanto tempo in attesa di riaccendersi (per la cronaca un’ora, 28 minuti e 5 secondi) e quindi c’era il pericolo che il freddissimo propellente contenuto nei serbatoi potesse evaporare riscaldato dal Sole. Per questo motivo il secondo stadio è stato rivestito di bianco per assorbire il minor calore possibile, inoltre per tutta la durata della fase non propulsa il razzo è stato continuamente orientato, tramite il sistema di controllo dell’assetto, in modo da distribuire uniformemente il calore solare lungo la sua superficie.

Tutti questi accorgimenti hanno funzionato a dovere, tanto che il secondo stadio si è riacceso nell’istante previsto ed ha avuto sufficiente propellente per portare a termine l’accensione di quattro minuti. Grazie a questa ulteriore spinta è stata acquisita una velocità di 11,8 km/s che ha permesso di svincolarsi dalla gravità terrestre ed iniziare il viaggio verso lo spazio profondo. L’accensione è terminata ad un’ora e 43 minuti dal lancio e quattro minuti dopo Hayabusa 2 è stata finalmente rilasciata per iniziare la sua missione.

Oltre ad Hayabusa 2 realizzata dall’agenzia spaziale giapponese (JAXA), il razzo trasportava altri tre carichi che sono stati sganciati successivamente. Il primo di questi, rilasciato sei minuti dopo Hayabusa 2, è Shin’en 2. Si tratta di un piccolo satellite interplanetario di 3 kg e realizzato dalla Kagoshima University che effettuerà studi sulla radiazione, i cui segnali dallo spazio profondo potranno essere captati dai radioamatori di tutto il pianeta grazie ad una radio amatoriale presente a bordo.

Shin’en 2

Il satellite Shin’en 2 – Credit: JAXA

Il secondo ad essere rilasciato, un’ora e 58 minuti dopo il lancio, è stato il particolarissimo ArtSat-2/DESPATCH delle Tama Art University e Tokyo University. Questa “navicella” non è altro che una scultura pesante 32 kg realizzata con la stampa 3D contenente una radio a batterie (con un’autonomia di circa una settimana) che invierà messaggi poetici autogenerati dalla telemetria di bordo.

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La scultura-satellite ArtSat-2/DESPATCH – Credit: JAXA

L’ultimo carico ad essere rilasciato è stato PROCYON, una mini-sonda realizzata da JAXA e Tokyo University pesante 67 kg e dotata di motori ionici. La sua missione è quella di effettuare un passaggio ravvicinato, entro i prossimi due anni, di un asteroide e riprenderne delle immagini. La scelta dell’asteroide verrà effettuata dopo che sarà stata calcolata con precisione la traiettoria sulla quale è stata rilasciata la navicella. Lo scopo principe della missione è però quello di dimostrare la fattibilità di missioni nello spazio profondo utilizzando delle sonde molto piccole.

PROCYON

La mini-sonda PROCYON – Credit: JAXA

L’attenzione di tutti è però naturalmente focalizzata su Hayabusa 2, che con i suoi 590 kg era il carico di gran lunga principale di questo lancio. Dopo essersi separata dal secondo stadio ha dispiegato i suoi due pannelli solari, e i prossimi giorni verranno spesi a verificare che non abbia subito danni o anomalie durante il lancio. Dopodiché il primo obiettivo sarà quello di utilizzare i suoi motori ionici allo scopo di ripassare vicino alla Terra, alla fine del prossimo anno, per ricevere la spinta decisiva che la porterà ad incrociare l’orbita del suo bersaglio, l’asteroide 1999 JU3. Si tratta di un asteroide di 920 metri che orbita fra la Terra e Marte e che verrà raggiunto nel giugno 2018. Inizialmente Hayabusa 2 si posizionerà in un’orbita attorno all’asteroide a 20 km di distanza da dove misurerà il bilancio energetico e la composizione superficiale tramite due spettrometri. Naturalmente verranno anche riprese immagini con le camere di bordo.

Da questa posizione verranno poi scelti i tre siti nei quali effettuare la raccolta dei campioni. Per ognuno di questi Hayabusa 2 effettuerà un avvicinamento alla superficie fino a far toccare il suo meccanismo di raccolta, che sparerà al suolo un piccolo proiettile con lo scopo di sollevare della polvere. Questa, entrando nel sistema di convogliamento, verrà raccolta e conservata fino al ritorno a Terra. Uno dei tre atterraggi avrà luogo all’interno di un cratere creato “artificialmente” dalla sonda stessa. Hayabusa 2 è infatti dotata di un impattatore/penetratore esplosivo di rame che scaverà un cratere di circa 4 metri di diametro con lo scopo di portare alla luce del materiale altrimenti nascosto nel sottosuolo. Questa operazione è la più difficile dell’intera missione in quanto l’impattatore verrà acceso 40 minuti dopo il rilascio da parte della sonda e questo sarà il tempo che Hayabusa 2 avrà per portarsi al sicuro dall’altra parte dell’asteroide.

Se tutto andrà per il meglio, e dopo la raccolta dei preziosissimi campioni, Hayabusa 2 sgancerà verso la superficie quattro piccoli lander. Uno di questi è stato costruito in Europa dallo stesso team che ha realizzato il lander Philae della missione Rosetta. Si tratta di MASCOT (il cui peso di 10 kg sulla Terra corrisponderà a 0,2 grammi sull’asteroide!) che studierà la composizione e le proprietà della superficie. Gli altri tre si chiamano MINERVA e sono ancora più piccoli (500 grammi sulla Terra). Loro riprenderanno immagini ed effettueranno misurazioni di temperatura. Tutti quattro potranno effettuare svariati balzi per spostarsi e poter quindi investigare luoghi diversi.

Dopo 18 mesi di permanenza vicino all’asteroide, nel dicembre 2019 Hayabusa 2 inizierà il viaggio di ritorno verso la Terra che verrà raggiunta un anno dopo, nel dicembre 2020. A quel punto verrà sganciata la capsula contenente i campioni raccolti che effettuerà un rientro in atmosfera protetta dal suo scudo termico per posarsi infine in una zona appositamente scelta in Australia.

Hayabusa 2

Rappresentazione artistica di Hayabusa 2 in prossimità dell’asteroide 1999 JU3 – Credit: Akihiro Ikeshita

Quella di Hayabusa 2 sarà la più ambiziosa missione robotica verso un asteroide mai tentata prima ed il suo successo dipenderà dalle lezioni apprese dalla sonda che l’ha preceduta, Hayabusa 1. Quest’ultima, lanciata nel 2003 verso l’asteroide Itokawa, andò incontro ad una lunga serie di problemi fra perdite di carburante, avarie nel sistema di puntamento e malfunzionamenti del sistema di raccolta dei campioni. Malgrado ciò riuscì a ritornare a Terra, nel 2010 e con qualche anno di ritardo, e pure a consegnare nelle mani degli scienziati giapponesi dei microscopici campioni di Itokawa che sono stati trovati nella capsula rientrata a Terra.

Rispetto alla sonda che l’ha preceduta, Hayabusa 2 è dotata di quattro ruote di reazione per il controllo di assetto anziché tre, sono stati migliorati il sistema di raccolta dei campioni ed il software che gestisce le operazioni in prossimità della superficie. I motori ionici sono più potenti, e la trasmissione dati alla Terra (in banda Ka) sarà 4 volte maggiore.

Questo il video del lancio

Immagine di copertina credit: JAXA

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Associazione Cascinese Astrofili

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05.12: “Notte della LUNA in Monte Serra”. Serata di osservazione pubblica della Luna.

info: Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: Cell: 329-6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
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Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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05.12: “2001: Odissea nello spazio. Analisi di un capolavoro” di Massimo Ferrari.
Conferenze (a seguire osservazione degli oggetti del cielo con i telescopi del gruppo):
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Il Cielo di Dicembre

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EFFEMERIDI

Arriva dicembre, e si apre ufficialmente la stagione in cui il cielo offre agli osservatori la parte più spettacolare del nostro emisfero, ovvero quel complesso di costellazioni che ha per centro la grande figura di Orione. Verso la metà del mese, alle 22:30, la figura del “cacciatore” sarà ancora defilata verso sudest, mentre saranno già in meridiano il Toro, con un luminosissimo Giove in opposizione, e più in basso l’anonimo Eridano. A ponente scenderanno lentamente gli asterismi che qualche mese fa erano allo zenit (Pegaso e Cigno su tutti), mentre a est si preannunceranno già il Cancro e il Leone, con lo zenit attraversato dal Perseo. Un paio di ore dopo sorgerà anche Boote, mentre staranno già scendendo a ovest la Balena, i Pesci e Andromeda.

Asteroidi – THALIA ed EMITA due verso le Pleiadi

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Asteroidi dic 2014

Asteroidi dic 2014

In dicembre gli asteroidi Thalia ed Emita correranno insieme nella stessa regione del Toro, con le tracce distanziate tra loro di circa 1°. Entrambi arriveranno alla massima luminosità e alla minima distanza i primi giorni del mese. Potrebbe interessare sapere che il 12 giugno del 2011 questi due asteroidi distavano tra loro soltanto 1,2 primi d’arco, e che per la prossima congiunzione passabilmente stretta (circa 30′) bisognerà invece aspettare 60 anni: agosto 2075!

EFFEMERIDI

Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, nell’articolo tratto dalla Rubrica Asteroidi di Talib Kadori presente a pagina 70 di Coelum n.187


Associazione Cascinese Astrofili

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05.12: “Notte della LUNA in Monte Serra”. Serata di osservazione pubblica della Luna.
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Congiunzioni Luna e Urano

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Verso le 2:00 del 2 dicembre la Luna tornerà ad avvicinare Urano, cosa che sta avvenendo quasi ogni mese dal giugno scorso e avverrà fino al maggio 2015 per effetto dello stazionamento attuale di Urano nei pressi del nodo lunare ascendente.

Il mese scorso il bordo della Luna avvicinò il pianeta fino a una distanza di 9′, mentre in dicembre la distanza minima, raggiunta alle due del mattino, sarà di 30′. Tuttavia, a quell’ora i due oggetti saranno già prossimi al tramonto, per cui consigliamo di osservare un’ora prima (quando l’altezza sull’orizzonte sarà di +17°), anche se la distanza dal bordo sarà di 40′.

Al Planetario di Ravenna

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02.12: ”Il Sole, le aurore e l’Orsa maggiore: leggende
degli indiani d’America“ di Claudio Balella.
Per info: tel. 0544.62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Al Planetario di Ravenna

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30.11: ore 10:30: Osservazione del Sole.
Per info: tel. 0544.62534 – info@arar.it
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Io e Callisto, un’occultazione da APOD!

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La sequenza di immagini riprese da Marco Guidi durante l'occultazione di Io da parte di Callisto del 2/11/14. Credit & Copyright: Marco Guidi

L’APOD di oggi (26/11/14) è una sequenza di 24 minuti che segue dall’inizio alla fine l’occultazione di Io da parte di Callisto, due dei satelliti galileiani di Giove. La particolarità è che è stata fatta con Dobson da 20″ da San Pietro Polesine, Italia. Una sfida osservativa non da poco per un telescopio amatoriale autocostruito portata a termine dal nostro Marco Guidi. Bravo Marco!

Lo stesso Marco ci scrive:

«Quando ho letto la mail di Jerry Bonnell non ci credevo e l’ho letta e riletta 4 o 5 volte perchè stentavo a credere a ciò che c’era scritto: “I can see that it was hard work!  I did set it to run as APOD for Wednesday, November 26”, era mezzanotte e non ho chiuso occhio fino alle 2,30 per la felicità!!! Avevo spedito l’immagine ma non ci speravo anche se ben sapevo il lavoro che c’era dietro e la cosa che più mi ha reso soddisfatto è proprio la frase di Jerry: “I can see that it was hard work!”.

Non posso non fare dei ringraziamenti a: Tiziano Olivetti, il primo che mi ha dato dei preziosi consigli nel lontano 2004 quando iniziai a fare riprese planetarie; Daniele Gasparri, sempre disponibile ad insegnarmi tecniche di elaborazione; Gianluigi Bianchi, amico vero nella vita e anch’egli pronto in ogni momento ad aiutarmi nei calcoli nelle progettazione degli strumenti che mi sono costruito in questi anni; Romano Zen, per l’ottica da favola di questo 50cm (e anche di tutti gli altri!); Mauro Da Lio, un enorme GRAZIE per aver condiviso il mio progetto ed essersi adoperato alla messa a punto di questo 50cm!

Questo riconoscimento è il frutto di 10 anni di lavoro, come dico sempre la passione e la costanza nel tempo premiano!

E non posso dimenticare il Direttore della rivista COELUM il quale mi ha onorato di scrivere un mio esteso articolo su questo mio ultimo lavoro sul prossimo numero di Dicembre»

E infatti non perdete il prossimo numero 187 di Coelum, con un articolo dettagliato, a firma di Marco Guidi, sulla realizzazione di questa impresa. Il numero sarà disponibile su Coelum.com dalla prossima settimana: in digitale e presto sarà anche acquistabile il singolo numero in carta al prezzo di copertina, spese di spedizione incluse. (Naturalmente, per continuare a leggere e ricevere Coelum a casa senza perdere nemmeno un numero, c’è sempre l’abbonamento!).

Sull’argomento:

L’articolo rientra in una serie di contributi, a cui Coelum ha sempre dato spazio e che sta riprendendo negli ultimi numeri, sulle riprese ad alta risoluzione, sfide “al limite” per una strumentazione amatoriale,  e che riguardano in particolare i satelliti dei pianeti. Vedi tra gli altri ad esempio:

e ancora sempre sull’alta risoluzione:

Associazione Cascinese Astrofili

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29.11: Incontro sul progetto “Centro Astronomico del Monte Serra”. A seguire (ore 21:30) serata di osservazione e fotografia del profondo cielo e comete.
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: Cell: 329-6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
www.astrofilicascinesi.it

Associazione Astrofili Centesi

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28.11: “Oltre la terra: le missioni spaziali”. Al telescopio: la Galassia di Andromeda, le Pleiadi e la Luna crescente (prima falce, l’ideale per osservarla!).
Per info: cell. 346 8699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Gruppo Amici del Cielo di Barzago

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28.11: “Astrologia: No Grazie!” di Dino Pezzella.
Per info: didattica@amicidelcielo.it
www.facebook.com/groups/15788424963
www.amicidelcielo.it

Al Planetario di Ravenna

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28.11: ore 21:00: Osservazione della volta stellata.
Per info: tel. 0544.62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

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