Il rover Curiosity, impegnato nell’esplorazione dell’area alle pendici del Monte Sharp, si è nuovamente imbattuto in alcune conformazioni geologiche che hanno destato l’interesse dei ricercatori.

Curiosity sol 1566, 31 dicembre 2016 - rete di fratture in una lastra di roccia marziana chiamata "Old Soaker". L'immagine, da sinistra a destra, riprende un'area di circa 1,2 metri. L'affioramento è stato ripreso dal MAHLI da una distanza di 90 centimetri. Colori elaborati per far risaltare i particolari. Credit: NASA/JPL-Caltech - Processing: Elisabetta Bonora & Marco Faccin / aliveuniverse.today

In una delle immagini raccolte dal rover lo scorso 12 gennaio e rese pubbliche dalla NASA, appare evidente la presenza di un tozzo frammento metallico levigato: si tratta di un nuovo meteorite ferroso? Ricordiamo che l’ultimo analogo ritrovamento risale solo allo scorso novembre (leggi Coelum News https://www.coelum.com/news/curiosity-meteorite-ferroso). La notizia non è ancora stata confermata dalla NASA ma il lucido oggetto di colore grigio scuro, con i suoi riflessi metallici e le forme levigate tipiche di una roccia che abbia subito il rovente passaggio attraverso l’atmosfera, è del tutto simile ai frammenti meteorici già trovati in precedenza. La coincidenza è interessante, soprattutto se teniamo in considerazione che dei reperti meteorici trovati sulla Terra, appena l’1% è di composizione ferrosa. Nessuna ipotesi è ancora esclusa, compresa quella che si possa trattare di un masso marziano, levigato e lucidato dalla lenta ma inesorabile attività dei venti e della polvere del pianeta.

L’ipotetico frammento di origine meteorica fotografato lo scorso 12 gennaio (Sol 1577) dal rover NASA Curiosity Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS.

Il secondo ritrovamento è interessante perché costituirebbe un ulteriore indizio per ricostruire la storia climatica del pianeta, un tempo forse bagnato dall’acqua: si tratta di una lastra di roccia che presenta una “ragnatela” di sedimenti e forme poligonali a quattro o cinque lati simili a quelli riscontrabili qui sulla Terra su un terreno fangoso essiccato. Secondo i rilevamenti, tali strutture si sarebbero formate circa tre miliardi di anni fa in seguito a un processo di evaporazione o sotto la pressione degli strati rocciosi superiori. Le vene visibili nell’immagine potrebbero essere le crepe originali, poi colmate dalla polvere o da minerali trasportati dalle falde sotterranee. L’azione erosiva dei venti avrebbe poi lasciato esposta la superficie dell’affioramento, rimuovendo via via gli strati superficiali più soffici. Questi dati secondo Ashwin Vasavada, Project Scientist della missione, concordano con gli altri indizi che supportano la tesi della presenza di antichi laghi nel cratere Gale che «variavano in profondità e durata temporale, talvolta, scomparendo del tutto».


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