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Al Planetario di Ravenna

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02.01, ore 15:00: Il cielo delle feste (conferenza
per bambini a partire dai 6 anni). Ingresso libero.

Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Congiunzione Luna con Saturno

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Congiunzione Luna Saturno
in dicembre bisognerà attendere fino quasi a fine mese per assistere ad un evento celeste di un qualche interesse. Nelle primissime ore della notte del 27 si vedrà infatti la Luna che, superato l’ultimo quarto calante, sorgerà in congiunzione con Spica. L’ora più adatta per l’osservazione, e in special modo per la fotografia, sarà probabilmente quella delle 3:00 del mattino, quando i due oggetti, separati di circa 35’, saranno alti sull’orizzonte +11°.
Congiunzione Luna Saturno
La Luna fattasi molto più sottile apparirà sull’orizzonte di est-sudest 2,4° a sud di Saturno (mag. +0,6), con i due oggetti che, intorno alle 4:30, saranno alti in media +9°. Sarà questa l’ultima congiunzione del 2013.

Dopo le 4:00 del mattino del 29 dicembre, sarà possibile assistere al sorgere di una falce lunare molto più sottile posizionata 2,5° a sudest di Saturno (orientamento equatoriale). Ed è proprio con questa congiunzione larga che si concluderà l’anno astronomico 2013.

Montecatini Val di Cecina Astronomical Centre

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28.12: Star Party: L’ultimo star party dell’anno. Osservazione del cielo invernale e primaverile. Prima
del sorgere del Sole osservazione del pianeta Saturno, in congiunzione con la Luna.

Per informazioni e per osservazioni in altre date:
cell. 338 1251198 – info@astronomicalcentre.org
www.astronomicalcentre.org

Gruppo Astrofili Rozzano

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Escursioni in montagna, a Pian dell’armà (PV), per l’osservazione degli astri i venerdì e sabato: 06/07 e 27/28 dicembre.
Informazioni GAR: cell. 380 3124156 e 333 2178016
E-mail: info@astrofilirozzano.it
www.astrofilirozzano.it

Associazione Astrofili Centesi

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27.12: “I mostri dello spazio: Tra quasar e buchi neri” Al telescopio: Giove e la Nebulosa di Orione.
Per info: 346.8699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Pio & Bubble Boy – Coelum n.177 – 2014

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Pio & Bubble Boy - Mario Frassati
Pio & Bubble Boy - Mario Frassati - Coelum 177
Pio & Bubble Boy - Mario Frassati
Pio & Bubble Boy - Mario Frassati - Coelum 177

Questa Vignetta è pubblicata su Coelum n.177 – 2014. Leggi il Sommario. Guarda le altre vignette di Pio&Bubble Boy

Al Planetario di Ravenna

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24.12, ore 15:00: Vigilia al Planetario: ”il cielo delle feste” (attività adatta a bambini a partire da 6
anni).
Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet/index.html – www.arar.it

Comincia la missione di Gaia

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19 Dic 2013

Ha iniziato oggi il suo viaggio nel cosmo Gaia, missione interamente europea approvata nel 2000 nell’ambito dell’ESA Cornerstone. Gaia, che sarà operativa per 5 anni, avrà il compito di realizzare la più ampia mappa tridimensionale della Via Lattea, rivelandone la composizione, la formazione e l’evoluzione.

Il lancio, come programmato, è avvenuto alle 9.12 (ora di Greenwich) dalla base europea di Kourou in Guyana francese con un vettore Soyuz-Fregat.

Oltre alla realizzazione della mappa 3D, Gaia avrà altri compiti: misurare la posizione, i colori e la velocità di oltre un miliardo e mezzo di stelle e determinare le loro luminosità e temperatura. Gaia, che ha a bordo gli strumenti Astro (2 telescopi e imaging system), BP/RP (Blue and Red Photometers) e RVS (Radial Velocity Spectrometer), svolgerà in media 40 milioni di osservazioni al giorno su una popolazione stellare che ammonta a circa un centesimo delle stelle presenti nella Via Lattea.

Notevole il contributo italiano anche in questa missione. Il nostro Paese, tramite l’ASI e l’INAF, partecipa al DPAC (Data Processing and Analysis Consortium) di Gaia con contributi dagli Osservatori INAF di Bologna, Catania, Napoli, Padova, Roma, Teramo, Torino (sede della PI-ship Italiana) e Trieste e con lo Science Data Center dell’ASI.

Di grande rilievo la partecipazione di ALTEC, che ricopre il ruolo di responsabile industriale del centro italiano di elaborazione dei dati della missione, il DPCT (Data Processing Center Torino) del quale cura la progettazione, lo sviluppo e la gestione, in stretta collaborazione con l’INAF – Osservatorio Astrofisico di Torino e su contratto dell’ASI.

“Il lancio di Gaia è un nuovo grande successo per la scienza dell’ESA. L’obiettivo – sottolinea il Presidente dell’ASI, Enrico Saggese – è quello di fare precise e dettagliate osservazioni stereoscopiche di oltre un miliardo di oggetti che fanno parte della nostra Galassia. Dai dati provenienti dai telescopi di Gaia ci aspettiamo, quindi, risultati di particolare rilievo nel campo dell’astrometria, notevolmente migliori rispetto ai risultati ottenuti dal satellite Hipparcos“.

“Questa missione – conclude Saggese – come quelle passate, presenti e future, vede molta Italia impegnata in prima persona, grazie al contributo dell’ industria e della ricerca che si svolge nel nostro Paese”.

“La missione Gaia rivoluzionerà le nostre conoscenze della Via Lattea ed, in particolare, indagherà sulla nascita ed evoluzione di stelle e pianeti extrasolari, – dice Barbara Negri, Responsabile ASI dell’Esplorazione e Osservazione dell’Universo – Ci si aspetta, infatti, che Gaia riveli la storia della nostra Galassia, descrivendo con grande precisione il suo stato attuale e permettendoci così di prevedere la sua futura evoluzione”.

“Il Data Centre realizzato a Torino presso ALTEC, che utilizzerà anche il supercalcolatore FERMI installato presso il CINECA di Bologna – prosegue Barbara Negri – è stato dimensionato per poter gestire ed archiviare l’enorme mole di dati che saranno raccolti dal satellite Gaia durante la sua vita operativa”.

Il video del lancio di GAIA

Al Planetario di Ravenna

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23.12, ore 10:30: Osservazione del Sole (cielo permettendo, giardini pubblici).

Per info: tel. 0544-62534 – E-mail info@arar.it
www.racine.ra.it/planet/index.html – www.arar.it

Montecatini Val di Cecina Astronomical Centre

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21.12: Osservazione della cometa ISON in prima serata, l’osservatorio rimarrà aperto tutta la notte per le normali attività scientifiche.
Tutte le iniziative sono a ingresso libero, senza prenotazione.
Per informazioni e per osservazioni in altre date:
cell. 338 1251198 – info@astronomicalcentre.org
www.astronomicalcentre.org

Al Planetario di Ravenna

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20.12: I Venerdì dell’A.R.A.R. “La biblioteca di Babele.
Speciale Paolo Maffei“. Ingresso libero.

Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet/index.html – www.arar.it

Unione Astrofili Bresciani Lumezzane (Brescia)

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20.12: ”La stella di Betlemme“.
Per info: osservatorio@serafinozani.it
www.astrofilibresciani.it

Colazione con GAIA: il satellite dell’ESA pronto per il lancio del 19 dicembre

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Il 19 dicembre prossimo alle ore 10.12 (ora italiana), la missione astronomica Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) sarà sulla rampa di lancio della base europea di Kourou, in Guiana Francese.

L’INAF Istituto Nazionale di Astrofisica, ha organizzato una giornata nazionale dedicata al lancio, che si svolgerà a Torino, presso l’Area Marte dell’ALTEC, che è centro di eccellenza italiano che supporta le operazioni della Stazione Spaziale Internazionale e lo sviluppo e la realizzazione delle missioni di esplorazione planetaria (compartecipazione di Thales Alenia Space, Agenzia Spaziale Italiana ASI e consorzio pubblico ICARUS). Tra gli ospiti di Torino troviamo il Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Enrico Saggese, e il Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, Giovanni Fabrizio Bignami.

INAF organizza anche altri eventi correlati in diverse sue sedi: tra queste Padova, uno dei poli astrofisici maggiormente coinvolti nell’utilizzo scientifico dei preziosi dati che questa missione produrrà. Con la collaborazione del Dipartimento di Fisica e Astronomia “G. Galilei” dell’Università di Padova, prende infatti vita l’evento, rivolto alla comunità astronomica padovana, “Colazione con Gaia”, che avrà inizio alle ore 9:00.

Gaia è una missione spaziale del programma scientifico dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), ed è attualmente uno dei progetti più importanti per l’Astronomia: la sfida è realizzare una mappa 3D della nostra galassia, facendo un censimento accurato di più di un miliardo di singoli oggetti. Il contributo italiano a questa missione è di grande rilevanza essendo il secondo in ESA.

Gli obiettivi della missione GAIA, pronta per il lancio dalla base europea di Kourou giovedì 19 dicembre.

Con una strumentazione scientifica che consiste in due telescopi con campi di vista diversi e piano focale in comune, una serie di specchi e più di cento CCD che corrispondono a quasi un miliardo di pixel, Gaia scansionerà continuamente tutto il cielo sfruttando i moti di rotazione e di precessione del satellite: oltre alle distanze e ai moti propri di un miliardo di oggetti brillanti in Cielo, sarà in grado di determinare anche i parametri astrofisici di stelle e galassie, identificherà circa 500mila quasar che saranno fondamentali per determinare un buon sistema di riferimento astrometrico. La sua estrema precisione permetterà anche una ricognizione completa, nell’intorno del nostro Sole, di decine di migliaia di stelle molto deboli come le nane brune e la più grande ricerca di pianeti extrasolari mai svolta fino ad oggi, con una sensibilità in grado di rilevare fino a pianeti rocciosi di tipo Nettuniano, oltre a tutto questo censirà quasi un milione di asteroidi all’interno del nostro Sistema Solare.

Per la prima volta, quindi, misureremo le caratteristiche chimico-dinamiche “individuali” delle stelle appartenenti alle varie popolazioni galattiche con una precisione duecento volte maggiore del suo predecessore, il satellite Hipparcos, che aveva misurato circa 100,000 stelle fino a una distanza di qualche centinaio di anni luce dal Sole. Gaia misurerà invece, con notevole precisione, le stelle entro circa 30mila anni luce dal Sole, e raggiungerà anche le stelle più brillanti delle galassie a noi vicine, verificando così in dettaglio i modelli teorici di evoluzione dinamica e chimica delle galassie, rivelandone la composizione, la formazione e l’evoluzione.

Grazie a Gaia, la Via Lattea diventa, quindi, un laboratorio di Cosmologia Locale in cui confrontare le previsioni in dettaglio dei modelli cosmologici attuali, inclusa la stessa gravità. Per il numero di oggetti celesti coinvolti e per la multi-direzionalità delle osservazioni, che comprenderanno TUTTA la sfera celeste, con Gaia si realizzerà il più grande esperimento di relatività generale (proprio quello che ha confermato la teoria di Einstein nel 1919), ovvero una visione relativistica a tutto tondo del Cielo.

L’INAF Osservatorio Astronomico di Padova (OAPd) ha lavorato per la missione Gaia fin dalla sua progettazione, contribuendo alla stesura dei ”casi” scientifici attraverso i quali si sono potute determinare le caratteristiche degli strumenti a bordo del satellite. La maggior parte della Ricerca dell’Osservatorio di Padova si concentra quindi sulle attività di classificazione, secondo i suddetti parametri, degli oggetti osservati e sulla preparazione del Catalogo Gaia. L’elaborazione di questa incredibile mole di dati confluirà infatti in quello che sarà “IL” catalogo di riferimento per le prossime decadi per tutti gli astronomi.

L’OAPd ricopre inoltre una posizione di responsabilità a livello europeo, con il ruolo di deputy chair nella persona di Antonella Vallenari, astronoma associata dell’INAF di Padova, all’interno del Consorzio di Gaia per l’analisi e il confezionamento finale dei dati raccolti dal satellite. Da una sua dichiarazione: «La comunità europea progetta da quasi 20 anni questa missione spaziale che rivoluzionerà quasi ogni campo dell’astronomia moderna, fornendo il primo film in 3D della nostra Galassia. Questo progetto è interamente Europeo e conferma la leadership Europea nel settore da un punto di vista scientifico, ma anche tecnologico, dato che spinge al limite le capacità delle industrie coinvolte. Resta da sottolineare il contributo fondamentale Italiano al progetto che svolge un ruolo chiave sotto molti aspetti.

«L’Osservatorio di Padova è coinvolto nel progetto Gaia ai più alti livelli fin dalla prima proposta di questa straordinaria missione, dalla definizione dei suoi obbiettivi scentifici fino al difficile processo di analisi dei dati che include anche la caratterizzazione del grande numero di supernove che Gaia scoprirà, responsabilità del gruppo del Direttore Massimo Turatto.

«E’ doveroso evidenziare che nell’arco di quasi due decenni, lo sviluppo del progetto è stata una fomidabile occasione di formazione scientifica per i nostri giovani ricercatori. E’ anche grazie al loro talento ed entusiasmo che la partecipazione Italiana si è mantenuta ai più alti livelli».

Link utili:

www.esa.int/Our_Activities/Space_Science/Gaia/

blogs.esa.int/gaia/

www.asi.it/it/attivita/cosmologia/gaia

www.media.inaf.it/tag/gaia/

>> Per seguire il lancio

http://www.esa.int/esatv/Television

http://www.arianespace.tv/

Congiunzione Luna con Spica

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Congiunzione Luna Spica
Congiunzione Luna Spica
Nelle primissime ore della notte del 27 si vedrà la Luna che, superato l’ultimo quarto calante, sorgerà in congiunzione con Spica. L’ora più adatta per l’osservazione, e in special modo per la fotografia, sarà probabilmente quella delle 3:00 del mattino, quando i due oggetti, separati di circa 35’, saranno alti sull’orizzonte +11°.

Il 27 dicembre verso le 2:00 una robusta falce di Luna calante sorgerà dall’orizzonte di sudest in congiunzione con Spica, la stella principale della Vergine. L’ora più adatta per l’osservazione, e in special modo per la fotografia, sarà forse quella delle 3:00 del mattino.

Yutu muove i primi passi sulla Luna

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La sonda spaziale Yutu, portata sulla Luna dalla navicella spaziale cinese Chang’e-3

La sonda spaziale Yutu, portata sulla Luna dalla navicella spaziale cinese Chang’e-3

Il successo della missione cinese

Sono passati 37 anni da quando l’ultimo manufatto umano ha toccato il suolo lunare. Adesso è il turno di Yutu, il lander della missione cinese Chang’e 3 che si è posato sulla superficie della Luna. L’ultima volta era stata l’Unione Sovietica a riuscire nell’impresa con il Luna 24 nel 1976. La Cina si è unita così all’élite dei tre paesi che sono stati in grado di toccare la superficie del nostro satellite naturale.

Quella della sonda “Coniglio di Giada” è la terza missione lunare cinese, dopo quelle del 2007 e del 2010. L’obiettivo è sondare la struttura geologica del satellite e la ricerca di possibili risorse.

La televisione di stato cinese CCTV non ha trasmesso un filmato dell’allunaggio ma solo alcuni fotogrammi: 59 immagini, per l’esattezza, tra cui questo che vi mostriamo qui sopra. La sonda, che pesa 120 chili, può scalare pareti fino a una pendenza massima del 30% e viaggia alla velocità di 200 metri orari.  Quella del Coniglio di Giada sarà il più lungo viaggio spaziale mai realizzato dalla Cina.

Intanto Pechino sta facendo passi da gigante nella realizzazione della stazione spaziale cinese che sarà in orbita dal 2022 al 2032, al termine della missione della Stazione Spaziale Internazionale. Il primo passo è il lancio del core module della stazione, che avverrà nel 2018, seguito nel 2020 e nel 2022 dal lancio di due laboratori spaziali.


Qui su Cntv.cn (infestato da pubblicità) ma anche su Youtube (embed qui sotto) potete vedere il video della discesa della sonda Chang’e 3 sulla Luna (grazie a Disinformatico per la segnalazione).

PERU’ e BOLIVIA 2013: ad un passo dal cielo!

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Foto di Bruno Giacomozzi

Roger entra di corsa nella grande stanza: “Las estrellas!”, indica eccitato fuori dalla finestra e subito si precipita di nuovo all’aperto. Non so come faccia a correre così, a 4000 metri di quota, anche se è un ragazzino di 11 anni. Mi affaccio a mia volta ed in effetti le nuvole, che capricciosamente da qualche ora avevano coperto il cielo si sono diradate offrendo uno spettacolo grandioso. Una Via Lattea sontuosa attraversa le costellazioni australi che si specchiano nelle placide acque del lago Titicaca, il buio è totale, il vento assente ed il freddo perfettamente sopportabile, nonostante la quota e la data, 3 di Luglio, in pieno inverno australe. Magnifico! Prendo il Dobson da 25 cm autocostruito e con fatica lo trasporto sulla piazzola di fronte alla casa di Edwin, il padre di Roger, una casa semplice e accogliente in cui la spedizione di Coelum  in Perù-Bolivia, sta facendo tappa.

Come altre famiglie, anche quella di Edwin da qualche anno accoglie turisti sull’isola di Taquile, situata in territorio peruviano, al centro del gigantesco lago Titicaca.

Roger, il secondogenito, dal pomeriggio ha spiato furtivo le mie mosse, mentre montavo il Dobson, pezzo dopo pezzo e mentre sfogliavo lo Sky Atlas alla ricerca di qualche nuovo oggetto da puntare.

Poi ha preso coraggio si è avvicinato e allora, un po’ in spagnolo e un po’ in italiano gli ho spiegato a cosa serviva quello strano aggeggio: “Stasera se il tempo è buono guarderemo le stelle, las estrellas!”

Il volto di Roger a quel punto si è illuminato e ha cominciato a farmi domande a raffica,  non capita tutti i giorni agli abitanti di Taquile di vedere un telescopio!

E così, oltre a Roger si ritrovano di sera  in coda allo strumento anche la sorella maggiore, lo stesso Edwin , il fratello di quest’ultimo e l’anziano nonno che in mattinata ha portato stoicamente sulle spalle il Dobson scarpinando in salita per 200 m dal pontile di attracco della barca fino alla loro casa.

Sistemo il cercatore e punto con orgoglio lo stupefacente ammasso globulare Omega Centauri, una delle perle dell’emisfero sud , osservato già in occasione di altrettanti viaggi al di sotto dell’equatore, ma sempre impressionante. Tutti sono stupiti ed increduli quando spiego che  in quello strano bozzolo ci sono circa 10 milioni di stelle!

“E’ pronta la pasta!” annuncia Arianna dalla finestra. Mia moglie, ha infatti cucinato assieme a Flora la moglie di Edwin incredibili spaghetti al sugo con pomodorini e olive. Interrompiamo giustamente le osservazioni.

Arianna invece decide di indossare un vestito tipico di Taquile prestatole da Flora, moglie di Edwin e non possiamo fare a meno di notare la somiglianza con i costumi sardi del nuorese.

Guardo gli altri compagni di viaggio seduti attorno al grande tavolo di legno: questa volta siamo solo in 5, oltre a mia moglie, perfettamente integrata con la popolazione locale tanto da indossare un vestito tipico prestatole da Flora, Bruno Giacomozzi,  alpinista e veterano di viaggi astronomici,  Esther Dembitzer, un vero mito, ha viaggiato con noi ormai una ventina di volte, tra eclissi, piogge di meteore ed aurore boreali e infine Giorgio Massignani, esperto fotografo con noi  ultimamente in Uzbekistan e in Lapponia.

Edwin ci chiede com’è stato il nostro viaggio in Perù e dove proseguiremo.

Siamo a metà del nostro tour in Perù e Bolivia, gli rispondiamo, ma è già difficile mettere in fila tutto ciò che abbiamo visto finora, le meraviglie archeologiche, le città sudamericane e le bellezze paesaggistiche.

Bruno e Arianna non hanno dubbi, Machu Picchu rimane finora l’esperienza più bella vissuta in questo viaggio: arrivare alle prime luci dell’alba, nel silenzio completo, tra le rovine di questa antica cittadella, quando ancora il grosso dei turisti  è lontano e  vedere sorgere il sole dalla cima del Wayna Picchu è qualcosa di indescrivibile.

A Bruno mentre parla  brillano ancora gli occhi.

Ma anche le misteriose Linee di Nazca, aggiungo, viste durante il sorvolo dell’omonima piana con un piccolo aereo da turismo sono state veramente affascinanti.

Esther interviene ricordando anche le splendide città di Cuzco e Arequipa, quest’ultima in particolare bellissima, ai piedi del vulcano innevato El Misti, con un mercato variopinto, splendidi musei e monasteri. “E poi?” ci chiede Edwin. Poi proseguiremo in Bolivia tra gli incredibili Salar e Lagune della riserva andina “Eduardo Avaroa”, sperando che la fortuna continui ad assisterci, visto che toccheremo i 5000 metri e sarà decisamente la parte più avventurosa del viaggio!

Flora arriva con le tazze per il mate de coca, il te’ servito con le foglie di coca, rimedio indiscusso per alleviare e prevenire i sintomi di mal di montagna, anche se a dire il vero dopo 10 giorni siamo piuttosto ben acclimatati alle grandi altezze.

Roger è impaziente di riprendere le osservazioni e questa volta escono con me anche Bruno con il suo astroinseguitore Polarie, Esther con il suo Pentax 75 e Giorgio con la sua attrezzatura fotografica.

Raddrizzo il telescopio e mi guardo attorno… raramente ho fatto osservazioni astronomiche in un luogo così pacifico e rilassante: dagli alberi scuri, a ovest filtra ancora il tenue e rassicurante chiarore della luce zodiacale, sopra la testa il cuore della Via Lattea splende di miriadi di stelle che si mescolano ad altrettante nebulosità brillanti e oscure e a sud-est lo sguardo si perde tra le acque del Titicaca fino alle lontane cime andine.  Non abbiamo certo problemi di inquinamento luminoso visto che sull’isola manca la corrente elettrica ed il generatore viene spento alle 19.00.

Edwin mi indica la Croce del Sud, la “Cruz del Sur”, alta sull’orizzonte, le vicine Alfa e Beta Centauri, e Saturno nella Bilancia, testimoniando una buona conoscenza del cielo, cosa normale ci dice, per  la  popolazione di Taquile, dedita all’agricoltura ed ancora abituata a scandire il calendario agricolo con il sorgere e tramontare degli astri. Così  hanno sempre fatto per secoli  gli Aymara,  la civiltà precolombiana nata proprio qui al Titicaca e dopo di loro gli Incas, per i quali era di fondamentale importanza lo studio dei movimenti celesti, come abbiamo avuto modo di apprezzare in tutti i siti archeologici visitati in Perù, dagli osservatori che utilizzavano specchi d’acqua su cui si riflettevano il sole e  le stelle, ai precisi allineamenti di portali, pietre sacre e feritoie con il sole  durante equinozi e solstizi .

Mostriamo a Roger e alla sua famiglia la nebulosa Eta Carinae, lo Scrigno dei Gioielli ed altre meraviglie celesti, tra cui gli anelli di  Saturno col rifrattore di Esther e tutti sono entusiasti e riconoscenti per l’esperienza vissuta. Edwin vorrebbe addirittura costruirsi un telescopio e dotare la loro casa di un vero e proprio osservatorio a disposizione dei turisti, un po’ come le famose Farm namibiane. Sarebbe proprio una bella cosa ed il cielo del Titicaca non sfigurerebbe certo con quello del Kalahari, ci offriamo di dargli tutti i consigli del caso.

Giunge però il momento per Edwin di ritirarsi, Roger domani deve andare a scuola e anche lui si deve alzare presto per i lavori quotidiani.

Noi invece restiamo ancora e mentre Bruno e Giorgio procedono con le foto astronomiche

io prendo di mira qualcosa che ancora manca alla mia personale collezione deep sky, come la nebulosa IC 2944, detta ” Pollo che corre”, per la curiosa  forma che alcuni vedono nella sua parte più luminosa.  Si sviluppa attorno alla stella Lambda del Centauro che infatti appare all’oculare da 40mm decisamente nebbiosa e pur avendo questo oggetto una magnitudine apparente di 4,5,  la grande estensione di 75′ lo rende molto difficile …non però a 4000m e in luogo così buio!

Sempre nella stessa costellazione individuo poi il debole ed evanescente ammasso aperto IC 2948, sul prolungamento di una catena di stelline , la vicina nebulosa diffusa IC 2872 e il luminoso e tondeggiante ammasso aperto NGC 3766 ( the Pearl Cluster), di 10′ e magnitudine 5,3 ricco di stelle in un campo altrettanto ricco.

Il giorno dopo salutiamo l’isola di Taquile e la sua allegra comunità per far ritorno a Puno prima del  successivo avventuroso e rocambolesco attraversamento della frontiera con la Bolivia a piedi e in triciclo!

Arriviamo quindi ad un altro momento astronomicamente significativo del nostro viaggio, ovvero le osservazioni della notte del 7 Luglio a 4400 m nei pressi della splendida Laguna Colorada in Bolivia.

Il nostro alloggio a dir la verità è un po’ meno splendido, trattandosi di uno spartanissimo rifugio perso nel nulla e spazzato dal vento, chiamato Huayllajara in cui ci sistemiamo alla meglio in uno stanzone con 5 letti e una temperatura simile a quella esterna (-7 !). L’abbiamo raggiunto grazie a Orlando, il nostro autista che ha guidato abilmente la jeep su sentieri sterrati appena abbozzati su e giù per le Ande, spesso sul ciglio del baratro. Dopo aver ammirato i colori della Laguna Colorada piena di fenicotteri rosa, prendiamo possesso del nostro Hostal basico, condividendolo con una manciata di turisti tedeschi.

Ancora una volta a cena si fanno progetti per la notte osservativa. Arianna ci guarda perplessa sotto il pesante berretto, mentre ci versa la “sopa” bollente: ” Ma siete proprio sicuri di uscire stasera, con questo freddo ? Non so come fate!”. Ma la decisione è presa, nonostante la stanchezza accumulata, il freddo e la quota, andremo fuori… quando capiterà mai di osservare  un cielo simile?

Di giorno il suo blu profondo ci ha ammaliato esaltando i colori giallo, ocra e arancione del paesaggio, ora, dopo il crepuscolo, siamo tutti  immobili sotto una coltre  nera di velluto, in cui nubi oscure, brillanti e stelle luminosissime si alternano le une sulle altre in una sovrapposizione incombente e tridimensionale. Mai visto nulla del genere…L’intricato sistema di nubi oscure tra Ofiuco e Scorpione, la famosa “Pipe Nebula”, diventano  la parte posteriore di un gigantesco cavallo nero che si completa frontalmente con altre nubi scure e filamentose rare a vedersi in visuale, che arrivano fino ad Antares. Luce zodiacale, Gegenschein, Banda zodiacale e Airglow sono addirittura banali ! Il Sacco di Carbone fuoriesce dalla Croce del Sud e  sembra quasi di poterlo toccare, così come emerge prepotentemente dalla zona centrale della nostra galassia l’ammasso stellare M7 dello Scorpione, proprio alo zenit e nonostante gli occhi si abituino via via al buio con il passare del tempo, il fondo cielo continua a rimanere assolutamente nero con stelle e Via Lattea che contrastano incredibilmente.

“Massi, mi dai una mano un secondo con Sigma Octantis?”. Bruno mi riporta alla realtà, chiedendo un aiuto a puntare la stella polare del sud con il suo Polarie e in quel momento mi accorgo della Piccola e Grande Nube di Magellano molto basse sull’orizzonte sud, le avevo quasi perse in mezzo  a questo sfavillio di stelle.

Battendo ogni tanto i piedi che tendono a congelarsi,  prendo di mira col Dobson la Carena, e sul bordo nord ovest della famosa Eta, individuo prima l’ammasso aperto NGC 3293 ( mag. 4,7, dim 6′), medio piccolo e piuttosto luminoso e poi con qualche difficoltà la vicina nebulosa NGC 3324 chiamata anche “Gabriela Mistral”, in onore del premio nobel e poetessa cilena, il cui profilo sembra emergere dagli spazi siderali sul bordo sottile di gas e polveri della nebulosa, naturalmente nelle foto a lunga esposizione. In visuale è invece una pallida nube di forma circolare.

Poi nel Centauro l’ammasso aperto NGC 3960 concentratissimo, medio-piccolo ( 7′ e mag 8,3 ) e dall’apparenza nebulare.

I giorni successivi si conclude il nostro fantastico tour in Sudamerica, prima i geyser del Sol de la Manana a 5000m,  poi la strepitosa Laguna Verde sotto il vulcano Licancabur ai confini con il Cile  e l’incredibile Salar di Uyuni, una infinita distesa bianca e piatta di sale, abbacinante da cui sono state compiute altre indimenticabili osservazioni astronomiche.

Che dire, è stato un viaggio astro-turistico meraviglioso, ricco all’inverosimile di suggestioni e momenti da ricordare, sia di giorno che di notte e mai come in questa occasione, rispetto ad altre avventure di Coelum-Viaggi, il cielo ci è sembrato così vicino…

LE FOTO DI AMBIENTE SONO DI: Massimiliano Di Giuseppe, Arianna Ruzza, Esther Dembitzer e Bruno Giacomozzi
LE FOTO ASTRONOMICHE SONO DI Bruno Giacomozzi

Altre risorse

MUSEI CAPITOLINI I MERCOLEDÌ DI ARCHIMEDE STORIE DI SCIENZA ANTICA

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18.12: “Gli specchi e il sole: da Archimede agli attuali grandi impianti solari termici a concentrazione” di Cesare Silvi. Per info: Tel 060608 (ore 9.00 – 21.00).

www.museicapitolini.org

Al Planetario di Ravenna

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17.12: “Il cielo di Dicembre ed il fascino dei suoi oggetti” di Giuliano Deserti.

Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet/index.html – www.arar.it

ASSOCIAZIONE CASCINESE ASTROFILI

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16.12: “La nostra stella Sole vista dalle sonde spaziali” a cura di Domenico Antonacci.
Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: Cell: 329-6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
www.astrofilicascinesi.it

L’ossessione di Clarke – approfondimenti sul quesito e soluzione

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Nel numero di ottobre vi ho parlato di polimini, cioè di figure geometriche piane ottenute congiungendo tra di loro quadrati uguali e facendo in modo che ogni quadrato confini, tramite un lato, con almeno un altro quadrato.

Se i quadrati da mettere insieme sono tre, esistono soltanto due possibili configurazioni (quella con i tre quadratini in fila e quella a L), che possiamo chiamare trimini.

Con quattro quadratini, possiamo costruire invece i tetramini, che sono in tutto cinque:

Ciascuno di questi pezzi viene considerato sempre lo stesso tetramino anche se viene ruotato o riflesso in qualsiasi direzione. Ciò non avviene nel Tetris, dove non è possibile riflettere (o, se preferite, capovolgere) i pezzi. Per questo motivo i tetramini cadenti del celebre videogioco erano sette e non cinque: i pezzi a L e a S venivano rappresentati nelle due forme speculari.

Se abbiamo cinque quadratini, ecco i pentamini, che sono ben dodici, e per comodità memonica vengono contrassegnati ciascuno con una lettera dell’alfabeto:

Analogamente, si può parlare di esamini (polimini da sei), eptamini (da sette), ottomini (da otto), e così via.

I polimini formati da due soli quadratini, invece, sono molto meno interessanti dal punto di vista della matematica ricreativa, anche perché esiste una sola possibilità di costruire una forma siffatta. Qualcuno sostiene che questi polimini “banali” devono essere chiamati domini, e che ciò spiegherebbe l’origine del nome del celebre gioco del domino.

In realtà il gioco del domino deve il suo nome al colore delle tessere con le quali si gioca, notoriamente bianche e nere: gli stessi colori caratterizzavano infatti un antico costume carnevalesco a cappuccio, simile alla bautta veneziana, chiamato appunto domino. Il nome dell’antico gioco delle tessere costituisce soltanto una curiosa coincidenza linguistica.

La storia

A inventare i polimini fu un ventiduenne studente americano ad Harvard, Solomon W. Golomb.

Nel 1953, durante una noiosa lezione, Golomb cominciò a tracciare su un foglio delle figure costituite da unioni di quadratini. Resosi conto del potenziale interesse matematico della sua scoperta, Golomb si mise a classificarle (in base al numero di quadratini), e tentò di stabilire quanti polimini esistono per ciascun tipo.

A dire il vero, le figure ideate da Golomb non erano del tutto nuove: già nel 1907 Henry Dudeney, nei suoi celebri Canterbury Puzzles, aveva proposto dei problemi di fatto basati su polimini, e altri enigmi simili vennero pubblicati tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta dal bimestrale enigmistico inglese Fairy Chess Review.

Golomb, comunque, fu il primo a studiare la questione da un punto di vista matematico rigoroso e sistematico. Il suo primo sforzo fu rivolto a trovare una formula semplice che permettesse di determinare il numero di polimini di una certa specie.

Ad oggi una simile formula non è nota. Quel che si sa è che questo numero cresce molto rapidamente all’aumentare del numero dei quadratini: gli esamini sono 35, gli eptamini 108, e già con 12 quadrati si arriva a ben 63600 combinazioni possibili.

Qualche tempo dopo il giovane Golomb presentò la sua idea al Club di Matematica di Harvard, e il gioco dei polimini divenne rapidamente popolarissimo tra gli studenti. Fu Martin Gardner, il più famoso dei “giocologi” matematici, a diffonderlo in tutto il mondo grazie ai suoi articoli sul Scientific American.

I polimini rappresentano senza dubbio uno dei temi prediletti dalla matematica ricreativa. Esistono numerosi giochi e rompicapi costruiti attorno a queste figure geometriche. La maggior parte di questi problemi consiste nel tentativo di tassellare figure assegnate utilizzando polimini di un certo tipo.

Tra i problemi più classici vi è la tassellatura di rettangoli di area 60 (ad esempio 6×10, 5×12, 4×15 o 3×20) utilizzando i dodici pentamini esistenti. Esistono 2339 soluzioni per il rettangolo 6×10, 1010 per il rettangolo 5×12, e 368 per il rettangolo 4×15.

Come ricordavo nell’articolo, il problema del rettangolo 3×20, che ossessionò Arthur Clarke, è invece molto più arduo, e le soluzioni sono soltanto due:

Un altro problema famoso, affrontato da Dudeney e da Gardner, consiste nel coprire una scacchiera 8×8 con i 12 pentamini esistenti, lasciando vuote quattro caselle. Una possibile soluzione è illustrata nella figura seguente:

Golomb escogitò un gioco competitivo basato su questo problema, oggi in commercio con il nome Quintillions: a turno, i due giocatori devono disporre sulla scacchiera un pentamino, finché uno dei due non ha più posto per collocare un pezzo. Golomb calcolò che una partita può durare dalle 5 alle 12 mosse.

Nella variante nota come Blokus, oltre ai pentamini si possono usare anche altri tipi di polimini.

Un altro problema molto citato, ideato dal matematico americano Raphael Robinson, è quello della triplicazione: mettendo insieme nove pentamini, si deve costruire una figura con la stessa forma di uno dei pentamini, ma tre volte più grande. Nella figura sono illustrati alcuni esempi, uno per ogni tipo di pentamino.

Il problema

E i tetramini? Il fatto è che questi tipi di polimini sono meno interessanti dal punto di vista dei giochi matematici. Ad esempio, è stato provato che non esiste alcun modo di sistemare i 5 tetramini in un rettangolo di area 20.

Si deve quindi ricorrere a tassellature alternative: una di queste consiste nel sistemare i 5 pezzi in un rettangolo 3×7, con un quadratino escluso. Oppure, è possibile coprire un rettangolo di 5×8 celle con due set completi di tetramini.

Anche la sfida di ottobre consisteva in un problema di tassellazione con tetramini, di mia invenzione. Si trattava di estendere il normale set di 5 tetramini, duplicandone uno, e di sistemare i sei pezzi così ottenuti in un rettangolo di dimensioni 4×6.


La soluzione

Conosco soltanto tre soluzioni a questo problema (a meno di rotazioni e riflessioni):

Soluzione 1

Soluzione 2
Soluzione 3

Pare che non esistano altre soluzioni oltre a queste tre: è curioso notare che tutte e tre sono basate sulla duplicazione del pezzo a forma di T.

Ebbene, hanno inviato soluzioni corrette i lettori Iacopo Longo, Daniele Borré e gulliver14 (tutti hanno inviato la soluzione 1).

L’abbonamento semestrale è però andato a GIORGIA HOFER, che è stata la più rapida di tutti (e l’unica a proporre la soluzione 2).

A tutti i lettori che si sono cimentati nel problema vanno i nostri più vivi complimenti!

Letture consigliate

  • Solomon W. Golomb, Polyominoes: Puzzles Patterns, Problems, and Packings, Princeton University Press, 1994.
  • Martin Gardner, Enigmi e giochi matematici, Milano, Rizzoli, 2001.
  • Henry Dudeney, The Canterbury Puzzles.

  • Dal mio blog “Mr. Palomar”:

http://misterpalomar.blogspot.it/2011/01/ancora-sui-polimini.html

http://misterpalomar.blogspot.it/2011/01/come-giocare-su-una-scacchiera-con-i.html

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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13.12: Iniziativa speciale a favore di Telethon “Vita e storia di Galileo” monologo in cupola di Matteo Romico.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Al Planetario di Ravenna

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13.12: Osservazione della volta stellata.

Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet/index.html – www.arar.it

Unione Astrofili Bresciani Lumezzane (Brescia)

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13.12: ”Neutrini una porta verso una nuova fisica”.
Per info: osservatorio@serafinozani.it
www.astrofilibresciani.it

Montecatini Val di Cecina Astronomical Centre

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13.12: Osservazione dello sciame meteorico delle Gemindi. La notte sarà disturbata in parte dalla luce
della Luna, pertanto l’ora migliore per osservare le meteore sarà prima dell’alba, dalle 4 fino alle
6 del mattino.

Per informazioni e per osservazioni in altre date:
cell. 338 1251198 – info@astronomicalcentre.org
www.astronomicalcentre.org

Associazione Astrofili Centesi

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13.12: “La notte delle geminidi. Le stelle cadenti invernali”.

Per info: 346.8699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Gruppo Amici del Cielo

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13.12: “Le Variabili Cefeidi: la Misura dell’Universo”. Relatore a cura dell’Oss. Astronomico di Sormano.

Per info e iscrizioni: didattica@amicidelcielo.it
www.amicidelcielo.it

Marte? È stato un pianeta per microbi

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Le rocce esplorate dal rover. In basso a destra, il buco da cinque centimetri scavato da Curiosity nella Yellowknife Bay. Crediti: Science/AAAS

Le rocce esplorate dal rover. In basso a destra, il buco da cinque centimetri scavato da Curiosity nella Yellowknife Bay. Crediti: Science/AAAS

Organismi come quelli della solfatara di Napoli

“Ambiente fluvio-lacustre abitabile nella Baia del Coltello giallo”. A scorrerlo così, distrattamente, può sembrare l’annuncio d’un pacchetto-vacanze in mezzo alla natura. Poi vai avanti per capire dove si trova, questa Baia del Coltello giallo, e leggendo “Cratere di Gale” qualche perplessità ti viene. Ma è quando l’occhio cade sulla parolina successiva – “Marte” – che sotto a quell’abitabile s’apre un abisso che dà le vertigini: già, perché tradotto in termini più immediati quel titolo afferma che un tempo, sul pianeta rosso, c’erano le condizioni per la vita.

Ora, poiché l’articolo A Habitable Fluvio-Lacustrine Environment at Yellowknife Bay, Gale Crater, Mars esiste davvero, ed è appena stato pubblicato – insieme ad altri cinque sullo stesso argomento – nello speciale d’una rivista del calibro di Science, è chiaro che il risultato è di quelli che pesano.

Cerchiamo dunque anzitutto di limitare i possibili fraintendimenti.

Primo, non è stata trovata vita su Marte.

Secondo, non sono state trovate prove che mai vi sia stata, in passato, vita su Marte.

Terzo, se lì nelle acque che lambivano la Baia del Coltello giallo (Yellowknife Bay) davvero c’erano – e parliamo di 3.6 miliardi di anni fa – le condizioni per la vita, come queste analisi compiute dal Mars Science Laboratory a bordo del rover Curiosity della  Nasa lasciano intravedere, questo non significa che ci si pescavano le trote: per vita, in questo caso, gli scienziati intendono microrganismi tostissimi detti chemio-lito-autotrofi, minuscole quanto tenaci creature che s’incontrano nei luoghi più inospitali della Terra.

E ora che abbiamo sgomberato il campo da possibili equivoci, godiamoci l’enormità di questa ghiotta notizia: qualche miliardo d’anni fa, nelle calme acque d’un lago marziano che ora non c’è più (ma che c’è stato a lungo: decine, se non addirittura centinaia di migliaia di anni), avrebbero potuto sguazzare le stesse forme di vita che oggi s’incontrano sulla Terra. E se è vero che parliamo di estremofili, ciò non significa che ci tocchi per forza andare lontano, per conoscerli: «Di chemiolitoautotrofi – questi organismi che per il proprio metabolismo non hanno bisogno dell’irraggiamento della luce del Sole, essendo in grado di trarre energia dai composti chimici semplici che li circondano, come il metano o l’ammoniaca – ne incontriamo per esempio nei fondali oceanici, in particolare nei cosiddetti hydrothermal vent, ma anche in luoghi a noi più vicini, come la solfatara di Napoli», dice infatti John R. Brucato, astrobiologo dell’INAF – Osservatorio astrofisico di Arcetri.

Ma come sono riusciti gli scienziati ad arrivare a conclusioni come queste, sulla possibilità di vita nell’antico passato di Marte, semplicemente analizzando i sedimenti rocciosi raccolti dal rover Curiosity là dove miliardi di anni or sono poteva esserci stato un lago? «Un indizio importante è arrivato dalla misura dell’attività dell’acqua», spiega Brucato, «un parametro che ne indica la purezza. Può andare da 0 a 1. Quando è pari a 1 l’acqua è pura. Più sono presenti composti ionici disciolti, più questo indice di attività si abbassa. Ebbene, sappiamo che quasi nessuna delle forme di vita presenti sulla Terra è in grado di sopravvivere in ambienti con indice inferiore a 0,8. Poiché dalle analisi effettuate fino a ora sembrava che l’attività dell’acqua un tempo presente su Marte avesse un valore molto basso, si riteneva che non potesse favorire alcun tipo di forma vivente, per lo meno non quelle che oggi conosciamo. Dai nuovi risultati di Curiosity emergerebbe invece un valore più elevato, sufficiente a sostenere la vita così come la conosciamo sulla Terra».

Una ragione in più, dunque, per non abbandonare i tentativi di ricerca della vita là fuori, nel Sistema solare. Anzitutto insistendo su Marte, con la missione dell’Agenzia spaziale europea ExoMars, in rampa di lancio per il 2018. Ma anche altrove. «Vale decisamente la pena tentare di raccogliere un frammento d’asteroide primitivo per riportarlo qui sulla Terra», conclude Brucato, fra i proponenti di una missione, MarcoPolo-R, che ha esattamente questo obiettivo. «Le stime sulla quantità di materia organica in essi contenuti si fanno, a oggi, sullo studio delle meteoriti. Ma le meteoriti hanno un problema: sono filtrate dalla presenza dell’atmosfera. E l’atmosfera tende a fermare proprio quelle più interessanti, quelle che hanno origine dagli asteroidi più friabili e più ricchi di carbonio».

Per saperne di più:

Gruppo Salese “G. Galilei”

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A cura di Fabrizio Marchi, inizio ore 21:00, ingresso libero:
12.12: ”So’ Dine’é, i figli delle stelle delle terre del sud-ovest”.
Per info: cell. 340.3450274 – astrosalese@libero.it
www.astrosalese.it

Geminidi: buone le previsioni per l’alba del 14 dicembre

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Lo sciame delle Geminidi, forse il più attivo e costante negli ultimi anni, si manifesta in genere nel periodo che va dal 7 al 17 dicembre, ed è l’unico (tra quelli conosciuti) che pare generato da un asteroide (3200 Phaethon, probabilmente il residuo di una cometa estinta) e non da una cometa.
Il radiante (nell’illustrazione indicato da un asterisco giallo) è situato circa 2° a nordovest di Castore, la stella alfa della costellazione dei Gemelli. L’attività di quest’anno, con un massimo previsto verso le 5:45 TU del 14 dicembre (le 6:45 in Italia) sarà favorita dalla completa assenza a quell’ora del disturbo della Luna, tramontata circa un’ora prima.

Consigliamo comunque di iniziare il monitoraggio a partire dalla mezzanotte, quando il radiante sarà alto circa una sessantina di gradi; in questo caso però, a causa una Luna quasi piena distante angolarmente una settantina di gradi, sarà difficile cogliere le meteore più deboli.

Le stime più recenti parlano di un picco di attività di circa 100 meteore osservabili in un’ora.

Al Planetario di Ravenna

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10.12: “Jules Verne: comete, impatti e viaggi spaziali nella Belle Epoque” di Paolo Morini.

Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet/index.html – www.arar.it

MUSEI CAPITOLINI I MERCOLEDÌ DI ARCHIMEDE STORIE DI SCIENZA ANTICA

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11.12: “Archimede e la rivoluzione scientifica” di Lucio Russo.

www.museicapitolini.org

Le comete di dicembre: Lovejoy protagonista

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Configurazione del cielo per l'8 mattina poco prima dell'alba (direzione est)
Nell'immagine, il percorso della Lovejoy a dicembre, nel suo viaggio verso il perielio. La linea verde indica la linea dell'orizzonte così come si presenta all'alba attorno alle 5:00 da una località del Centro Italia. Per le effemeridi precise giorno per giorno vedere il link comete nel box qui in basso.

EFFEMERIDI di DICEMBRE

relative agli oggetti descritti in Coelum n.176

A dicembre subito dopo il tramonto (o per i mattinieri prima dell’alba) cerchiamo vicino a beta Boote, la cometa C/2013 R1 (Lovejoy) che, se continuerà ad essere più luminosa del previsto, sarà visibile anche ad occhio nudo… La vedremo attraversare il Boote per finire poi nella costellazione dell’Ercole, con una magnitudine prevista che varierà dalla +5,6 alla +6,7 e, se sarà attiva come nei mesi scorsi, avrà una superba coda di ioni.

Dal 12 al 16 dicembre passerà 6° a sud dall’ammasso globulare M13, per poi abbassersi sempre più (il perielio è previsto per il 22 dicembre) e osservarla diventerà sempre più difficile.

Alta nel cielo ed osservabile per buona parte della notte, potremo anche cercare nel Pegaso la cometa 154P (Brewington), che, con una magnitudine vicino alla nona, sarà un oggetto facile anche per un binocolo. Dal 12 al 16 dicembre si troverà a circa due gradi di distanza dall’alfa del Pegaso.

Per le comete più deboli, infine, rimandiamo gli interessati ai siti:
•    www.aerith.net/index.html
•    http://kometen.fg-vds.de/fgk_ hpe.htm

Rubrica Comete di Rolando Ligustri presente a pagina 31 di Coelum n.176.

Al Planetario di Ravenna

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09.12, ore 10:30: Osservazione del sole.

Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet/index.html – www.arar.it

La relazione Gutiérrez

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Tutta la storia che sto per raccontarvi è cominciata questa estate. Anzi, dovrei dire che ha avuto il suo epilogo questa estate, ma non precorriamo.
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Avendo la necessità di scrivere per una rivista argentina un breve articolo sulla vicenda del declassamento di Plutone, appena dopo la Risoluzione emessa dall’assemblea IAU ho cominciato a scartabellare nel mio archivio cartaceo alla ricerca di alcuni dati necessari per sostenere le necessarie argomentazioni.
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Devo premettere che da quando mi sono trasferito in Europa, 13 anni fa, non poca parte di tutto il materiale documentale che mi porto dietro (dispense, articoli, corrispondenza) non è mai uscito dagli scatoloni che lo contenevano alla partenza, e pertanto nel corso della ricerca ho dovuto riesumare faldoni a cui non avevo più messo mano da un sacco di tempo. Fatto sta, che dal mucchio “Sistema Solare”, ad un certo punto è uscita una grande busta gialla che riportava sul frontespizio la scritta battuta a macchina che potete vedere in basso.
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In alto, l’intestazione della busta che mi fu consegnata da Padre Gutiérrez, con la previsione sulla distanza del “decimo pianeta” e l’avvertimento di “aprire solo dopo la sua scoperta”.
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Il vederla e il ricordare tutta la vicenda è stato solo un attimo.
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A quel tempo, erano i primi mesi del 1993, lavoravo in Argentina presso l’Osservatorio Astronomico di Cordoba, dove alla Stazione Astrofisica di Bosque Alegre conducevo da tempo delle ricerche di fotometria su Plutone. Forse proprio per questo indirizzo dei miei studi, il direttore Gustavo J. Carranza mi chiese un giorno di ricevere e “di ascoltare pazientemente” – ricordo ancora queste esatte parole – ciò che aveva da dirmi un suo caro amico, tale Padre Jeremías Gutiérrez.

Cosa che avvenne pochi giorni dopo, quando nel mio ufficio vidi entrare un vecchio prete che, dopo i convenevoli, subito si affrettò ad aprire sulla scrivania una pesante borsa nera. Avvertito dai sottintesi del direttore, ero già rassegnato a sostenere una lunga e noiosa conversazione di chissà quale natura, e rimasi quindi sorpreso nel sentire padre Gutiérrez rivolgermi queste poche e sbrigative parole:
«Dottor Chavez, il suo tempo è prezioso. Le dirò soltanto che per gran parte della mia vita privata mi sono interessato di astronomia. Questa busta contiene una breve memoria sulla regolarità delle distanze dei pianeti, ma non le chiedo di leggerla e di darmi un parere. Voglio che lei la conservi fino a quando verrà scoperto il decimo pianeta, della cui esistenza non dubito. Quando arriverà quel momento, se vorrà accetterà l’accordo che le propongo, lei aprirà la busta e mi darà ragione o torto sulla giustezza della previsione che ho indicato sul davanti, e sulla plausibilità del metodo esposto all’interno.»
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Non ricordo più che cosa obiettai nel tentativo di non accettare. Probabilmente mi difesi dicendo che stavo per partire per l’Europa, ma a quanto pare senza alcun risultato, perché un minuto dopo Padre Gutiérrez aveva già lasciato la stanza e io mi ritrovavo perplesso a rigirami tra le mani la grande busta gialla.
Restai colpito dalla forma quasi solenne e testamentaria, lo confesso, ma in sostanza giudicai la cosa come uno dei tanti episodi in cui gli astronomi professionisti vengono chiamati a dare il loro parere su “decisive scoperte” effettuate dai dilettanti su un tema così scontato come quello della regolarità nella spaziatura delle orbite planetarie. Cosi, presi la busta, l’imbucai nell’archivio “pianeti”, e non ci pensai più.
E la cosa non mi tornò alla mente nemmeno quando Michael Brown, 12 anni dopo, scoprì il KBO 2003 UB313 (ora chiamato Eris), più grande di Plutone e da molti definito come “Il decimo pianeta”.
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Tornando ai giorni nostri, il giorno del ritrovamento passai tutta la sera a leggermi il documento di Padre Gutiérrez, forse più per un certo senso di colpa che per reale curiosità, e naturalmente mi precipitai a confrontare la sua previsione scritta sulla busta (74,5 UA) con la distanza media di Eris, ammesso che questi potesse essere considerato il decimo pianeta. Il dato, purtroppo non collimava: 74,5 contro 67,7 UA. E dunque?
Proseguendo nella lettura, le cose cominciarono però a chiarirsi.
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’Lo schema in alto può aiutare la comprensione dell'idea di partenza di Padre Gutiérrez. Ogni pianeta riporta in alto la sua distanza dal Sole in unità astronomiche. Moltiplicando tra loro le distanze delle coppie di pianeti simmetriche rispetto a Giove, si ottengono dei valori abbastanza costanti. La distanza di Giove, ritenuto il corpo centrale della successione, è moltiplicata per se stessa, la distanza assegnata agli asteroidi è quella media dell'estensione della fascia, mentre è incognita quella dell'ipotetico X° pianeta. I dati delle distanze (come i parametri orbitali e i valori delle masse citati più avanti nel testo) sono quelli riportati da Gutièrrez nella sua memoria: datati al 1960, January 1,5 e tratti dalle Fundamental Ephemerides dell'Astronomical Almanac.
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In pratica (cerco di farla più breve possibile) Gutiérrez era partito dal fatto, già noto, che i prodotti delle distanze medie di coppie di pianeti simmetriche rispetto a Giove sono grosso modo costanti. Mi spiego meglio con lo schema in alto.
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La cosa, per quanto curiosa, è giustificata dal fatto che le distanze dei pianeti sono descritte sia pure in modo approssimativo da una progressione geometrica (vedi la “legge” di Bode), e in una qualsiasi serie geometrica il prodotto dei termini simmetrici rispetto ad un termine dato è sempre costante. Ad esempio, nella serie:
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2    4    8.... 16 32 64128

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il prodotto delle coppie 2×128, 4×64, 8×32, 16×16 è sempre uguale a 256.
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Padre Gutiérrez nota però che nei prodotti delle distanze, le coppie a valore più basso (quelle più si discostano dall’ipotetica costante) sono quelle formate da pianeti che possiedono eccentricità orbitali elevate e/o le masse più cospicue. E dopo una quantità di calcoli basati per la massima parte su procedimenti euristici arriva al concetto di “distanza corretta”, secondo il quale la distanze media “a” di ogni pianeta dev’essere corretta in funzione dell’eccentricità “e” e della massa “m”, in questo modo:
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(1)
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dove a’ è la “distanza corretta”, m/M è il rapporto tra la massa del pianeta e quella del Sole, e k è una costante di proporzionalità che vale 48. Applicando tale impostazione alla successione delle distanze, Gutiérrez ottiene i risultati evidenziati in rosso nella tabella in basso (se il lettore desidera verificare, si aiuti con i dati elencati).
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Con questi valori, i prodotti delle distanze corrette di ogni coppia di pianeti diventano:
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Mercurio – X°  ?
Venere – Plutone  30,336
Terra – Nettuno  30,329
Marte – Urano  30,325
Asteroidi – Saturno  ?
Giove – Giove  30,325
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Come si può vedere, tramite la correzione la costanza dei prodotti diventa veramente notevole! Assumendo poi che la costante 30,325 del corpo centrale (Giove) debba valere anche per quelle coppie dove uno dei valori della distanza è indefinito (Asteroidi) o ignoto (X°), Gutiérrez deduce che per la fascia degli asteroidi questo valore debba essere:
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.e per l’eventuale decimo pianeta X°:
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..
Ecco dunque il significato di quel valore di 74,5 UA scritto sul frontespizio della busta. Si trattava della “distanza corretta” prevista da Gutiérrez per l’ipotetico decimo pianeta, e non della sua distanza media!
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A questo punto della lettura – i lettori avranno già capito – serviva una controprova, e assumendo che Eris potesse essere davvero il “decimo pianeta”, ho rifatto i calcoli introducendo nella formula (1) i valori della distanza media (67,71 UA) e dell’eccentricità orbitale (0,4416) 0dell’oggetto scoperto da Brown (la correzione della massa è trascurabile), ottenendo (invito i lettori a rifare  il calcolo):
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X° (Eris) = 74,54
..
L’identico valore previsto da Padre Gutiérrez!

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Questa è la sostanza della memoria ricevuta in eredità, anche se nelle pagine dattiloscritte di Padre Gutiérrez c’è molto di più a commento della scoperta di questa singolare e affascinante relazione. Se la propongo all’attenzione dei lettori e di quanti si occupano di tale argomento (storicamente fondato sulle ipotesi di Titius-Bode e poi sviluppato in centinaia di varianti da autori successivi) è per riparare a un debito personale con l’Autore e per la convinzione che possa essere di un qualche interesse “cosmogonico”, almeno a livello speculativo, nel discutere lo status planetario o meno di Plutone e di Eris.
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Naturalmente, la relazione di Gutiérrez non è priva di limiti e di ambiguità (del resto, alcune già individuate dallo stesso autore). Nell’impossibilità di trattare l’argomento in questa sede, preferisco lasciare aperta la discussione a chiunque vorrà commentare questo mio scritto per confortare o per sottolineare i punti deboli della congettura.
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Per non lasciare la storia a metà, vorrei anche aggiungere che dopo la lettura della memoria ho cercato di mettermi in contatto con Padre Gutiérrez, ma il suo recapito telefonico di Cordoba non era più attivo. Una serie di messaggi email con l’Istituto Dalmacio Vélez, dove insegnava al tempo, mi ha purtroppo confermato la sua scomparsa, avvenuta nel 1999 all’età di 83 anni.
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Altri articoli pubblicati sull’argomento

  • Le leggi empiriche delle distanze planetarie di G. Silva, Coelum n. 11
  • La “Legge” di Titius e Bode di C. Elidoro, Coelum n. 49
  • Sulle distanze dei Pianeti dal Sole di M. Crenna, Coelum n. 72

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L’articolo è stato pubblicato su Coelum n. 102 – Gennaio 2007

Asteroidi – Davida e Ornamenta Due storie si incrociano nel Toro

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cartina asteroidi 176
Il percorso apparente di Ornamenta e Davida durante il mese di dicembre. Ambedue gli asteroidi saranno nel Toro e si muoveranno in direzione delle Iadi.
cartina asteroidi 176
Il percorso apparente di Ornamenta e Davida durante il mese di dicembre. Ambedue gli asteroidi saranno nel Toro e si muoveranno in direzione delle Iadi.

EFFEMERIDI di DICEMBRE

relative agli oggetti descritti in Coelum n.176

La storia di Davida è nota: il pianetino fu trovato il 30 maggio 1903 dall’astronomo americano Raymond Smith Dugan (1878-1940) – allora assistente del famoso Max Wolf presso l’Osservatorio di Heidelberg – e dedicato all’amico astronomo David Peck Todd (1855-1939). In quell’epoca, le dimensioni dei pianetini che si andavano trovando (la massima parte per via fotografica) avevano dimensioni sempre più ridotte. Ma quando, parecchi anni dopo, si riuscì a misurarne il diametro ci si accorse che Davida era un vero e proprio gigante. Tant’è vero che oggi è considerato il settimo asteroide per massa e dimensioni (360 x 300 x 230 km), penalizzato però da un’albedo e da un’orbita grandicella, che non gli consentono di brillare quanto meriterebbe. Anche nelle sue migliori opposizioni, infatti, Davida riesce a malapena a scendere sotto le 1,6 UA e a brillare al massimo di mag. +9,6. Comunque, sebbene l’opposizione di quest’anno non sia delle migliori (soltanto nel 2030 ci sarà quella “super”), Davida arriverà il 3 dicembre a una distanza minima di 1,629 UA, e alla magnitudine di +9,8… Davvero niente male!asteroidi-tabella
Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, nell’articolo tratto dalla Rubrica Asteroidi di Talib Kadori presente a pagina 70 di Coelum n.173.

Supernovae – approfondimento a Coelum 176

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La supernova SN2013fw in NGC 7042
Questo mese, per motivi di spazio, la rubrica Supernovae curata da Fabio Briganti e Riccardo Mancini dell’Italian Supernovae Search Project viene pubblicata esclusivamente online. Buona lettura!
La supernova SN2013fw in NGC 7042

Questo autunno 2013 continua a mostrarsi avaro nei confronti dei ricercatori di supernovae italiani, rimasti ancora senza nuove scoperte. Dobbiamo pertanto focalizzare la nostra attenzione sulla più luminosa supernova di questo periodo scoperta da due bravi astrofili cinesi che in questi ultimi anni, in oriente, stanno rivaleggiando alla pari con i più esperti astrofili giapponesi. Stiamo parlando della SN2013fw scoperta il 22 ottobre da Zhangwei Jin e Xing Gao nella galassia a spirale barrata NGC7042 posta in Pegaso al confine con le piccole costellazioni del Delfino e del Cavallino e distante circa 240 milioni di anni luce.

La supernova è stata individuata quando brillava di mag. +17,1 e nei giorni seguenti la sua luminosità è andata aumentando, a conferma che la scoperta era avvenuta prima del massimo. Lo spettro infatti, ripreso il 24 ottobre con il Faulkes Telescope North di 2 metri del Haleakala Observatory posto nelle Isole Hawaii, ha permesso di classificare la supernova di tipo Ia scoperta due settimane prima del massimo di luminosità ed ha evidenziato una particolarità: i gas espulsi da questa supernova dopo l’esplosione si espandono ad un’altissima velocità. Nella prima settimana di novembre la supernova ha raggiunto il picco di luminosità intorno alla mag. +14,8 ed è perciò un facile oggetto da seguire in prima serata alto nel cielo.

Vogliamo poi puntare l’attenzione su un’altra supernova alla quale, al momento in cui scriviamo, non è stata ancora assegnata la sigla ufficiale. Si tratta di una supernova scoperta il 30 ottobre nella piccola galassia PGC61330 dai canadesi Dave Lane, Nathan Gray e Paul Gray. La galassia ospite è posta nella costellazione del Drago a circa 610 milioni di anni luce di distanza e posizionata a soli 20° dal polo, perciò circumpolare e visibile tutta la notte.

in PGC 61330

La supernova al momento della scoperta mostrava una luminosità intorno alla mag.+18 e nei giorni seguenti ha raggiunto la mag.+17. Il transiente è quindi un oggetto poco notevole ed anche la galassia ospite non è poi molto fotogenica, però questa supernova è degna di nota perché detiene un particolare primato: Nathan Gray è infatti il più giovane scopritore di supernove di tutti i tempi avendo solo 10 anni di età! Record strappato per soli 33 giorni alla sorella Kathryn Aurora Gray che scoprì a sua volta la SN2010lt, anche lei all’età di soli 10 anni.

Leggendo queste righe chi non si interessa di supernovae potrebbe pensare che scoprire una supernova sia un gioco da ragazzi, ma in realtà non è assolutamente così. Ci viene il sospetto che papà Paul, che vanta al suo attivo la scoperta di 5 supernovae, abbia influenzato in maniera determinante l’esito delle scoperte dei suoi due figli, ma preferiamo invece pensare a questa famiglia canadese come a qualcosa di unico nel panorama mondiale della ricerca supernovae amatoriale.

La crescita esplosiva di una giovane stella

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Il grafico mostra la giovane protostella nel centro circondata da nubi di gas e polveri. In rosso l’emissione della molecola organica metanolo, rilevata attorno al centro. In blu la distribuzione della molecola HCO+ che mostra chiaramente un’estesa struttura ad anello. Il cerchio giallo più interno indica dove attualmente la temperatura sia maggiore di 100 gradi sopra lo zero assoluto (-173 C); il cerchio più esterno indica dove c’era la stessa temperatura quando la stella era cento volte più brillante. Crediti: Jes Jørgensen (Niels Bohr Institute)
Il grafico mostra la giovane protostella nel centro circondata da nubi di gas e polveri. In rosso l’emissione della molecola organica metanolo, rilevata attorno al centro. In blu la distribuzione della molecola HCO+ che mostra chiaramente un’estesa struttura ad anello. Il cerchio giallo più interno indica dove attualmente la temperatura sia maggiore di 100 gradi sopra lo zero assoluto (-173 C); il cerchio più esterno indica dove c’era la stessa temperatura quando la stella era cento volte più brillante. Crediti: Jes Jørgensen (Niels Bohr Institute)

Quella di protostella può essere considerata la fase embrionale nello sviluppo di una stella. Una fase di veloce crescita conseguente al collasso gravitazionale di gigantesche nubi di gas e polvere, un tumultuoso addensamento che precede la vera e propria accensione dell’astro, ovvero l’innesco delle reazioni termonucleari di fusione dell’idrogeno nel nucleo stellare.

Una crescita particolarmente vivace ed esplosiva ha contraddistinto IRAS 15398-3359, una protostella di massa ridotta che si è andata formando negli ultimi 100.000 anni all’interno della Via Lattea. Secondo un gruppo di ricerca a guida danese che l’ha studiata con il radiotelescopio ALMA dell’ESO in Cile, questa giovane stella è stata, nelle fasi iniziali del suo sviluppo, circa 100 volte più luminosa di quanto lo sia adesso. Lo studio è in via di pubblicazione sulla rivista Astrophysical Journal Letters.

“Abbiamo studiato la chimica del gas e della polvere che circondano la protostella”, spiega Jes Jørgensen dell’Istituto Niels Bohr all’Università di Copenaghen, leader della ricerca. “In questa densa nube si svolgono reazioni chimiche che portano alla formazione di varie molecole organiche complesse, compreso il metanolo. Ci aspettiamo di trovare queste molecole vicino alla stella, ma per una di esse abbiamo invece osservato una disposizione ad anello: qualcosa ha rimosso una specifica molecola, HCO+, da una vasta area attorno alla protostella.”

Jørgensen e colleghi ritengono che la scomparsa della molecola HCO+ sia da addebitare al vapore d’acqua, prodotto durante il processo di formazione stellare attraverso il riscaldamento del ghiaccio presente sui granelli di polvere. Seguendo poi le tracce della molecola mancante si possono conoscere i traumi che la stella ha incontrato nella sua crescita.

“Dalle dimensioni dell’area in cui la molecola HCO+ è stata dissolta dal vapore d’acqua possiamo calcolare quanto brillante sia stata la giovane stella – prosegue Jørgensen . E quello che salta fuori è che tale area è parecchio più grande di quanto ci si aspetterebbe rispetto alla luminosità attuale della stella: la protostella è stata fino a 100 volte più brillante di quanto lo sia la stella ora. Inoltre, dalla chimica implicata possiamo anche affermare che questo cambiamento è avvenuto negli ultimi 100-1000 anni, pochissimo tempo fa dal punto di vista astronomico.”

I ricercatori ritengono che non si sia trattato necessariamente di una singola esplosione di luce e calore, ma di un fenomeno che si può essere ripetuto diverse volte durante il processo di formazione stellare. Fenomeno che è interessante comprendere anche perché può avere un’influenza decisiva sull’abbondanza delle molecole organiche complesse che, in uno stadio successivo dell’evoluzione stellare, saranno incorporate nei sistemi planetari. Ma al momento non sappiamo se queste “eruzioni” siano un fenomeno comune tra le protostelle, oppure se IRAS 15398-3359 costituisca una notevolissima eccezione.

Il Cielo del Mese – Il Cielo di Dicembre

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EFFEMERIDI di DICEMBRE

relative agli oggetti descritti in Coelum n.176

Arriva dicembre, e si apre ufficialmente la stagione in cui il cielo offre agli osservatori la parte più spettacolare di quanto è possibile vedere dal nostro emisfero, ovvero quel complesso di costellazioni che ha per centro la grande figura di Orione. Verso la metà del mese, alle 22:30, la figura del “cacciatore” sarà ancora defilata verso sudest, mentre saranno già in meridiano il Toro, con un luminosissimo Giove in opposizione, e più in basso l’anonimo Eridano. A ponente scenderanno lentamente gli asterismi che qualche mese fa erano allo zenit (Pegaso e Cigno su tutti), mentre ad est si preannunceranno già il Cancro e il Leone, con lo zenit attraversato dal Perseo. Un paio di ore dopo sorgerà anche Boote, mentre staranno già scendendo ad ovest la Balena, i Pesci e Andromeda.

All’inizio di dicembre il Sole si troverà nella costellazione zodiacale dell’Ofiuco e passerà in quella del Sagittario il giorno 17. Sempre più bassa e immersa nella foschia, la nostra stella raggiungerà in questo periodo, più precisamente il giorno 21, la minima altezza sull’orizzonte al momento del passaggio in meridiano (+24,5°). Sarà questo il giorno del Solstizio invernale (dal latino “solstitium”, che significa “Sole immobile”, stazionario, per il fatto che la sua apparente caduta in altezza sembra progressivamente arrestarsi). Da questo momento in poi avrà inizio nel nostro emisfero l’inverno astronomico.

Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione di Sole, Luna e pianeti, con tutte le immagini, nella Rubrica Il cielo di novembre di Luigi Becchi e Remondino Chavez presente a pagina 58 di Coelum n.176.

Associazione Astrofili Centesi

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06.12: “Favole dal cielo: le costellazioni invernali e i loro miti”. Al telescopio: Luna, Giove, Andromeda
e il doppio ammasso in Perseo.

Per info: 346.8699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

ASTROINIZIATIVE UAI Unione Astrofili Italiani

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