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Coelum Astronomia 262 2023 Digitale

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La Luna di Giugno 2023

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Se la luna pienaPoi divieneÈ perché il bambinoDorme beneMa se sta piangendoLei se lo trastullaCala e poi si fa culla

traduzione di “Figlio della Luna” di Cano Andres,jose Maria

Iniziamo il mese con una Luna già quasi piena e fase quasi al 90% e all’11 giorno ben visibile a 18° sopra l’orizzonte alla sinistra, verso est quindi della costellazione della Vergine. Viaggerà sola, senza la compagnia degli oggetti più grandi del Sistema Solare ma già il giorno 2 dopo aver attraverso la costellazione della Lira, si avvicinerà ad Antares, regina della costellazione dello Scorpione.  La congiunzione con separazione 1,5° nord, inizierà già nelle prime ore della sera, quando la Luna sarà alta sull’orizzonte ma solo per 16 gradi. La situazione non migliorerà nella sera successiva, meglio cogliere quindi l’occasione, difficile ma spettacolare.

Fase Data Ore Sorge Culmina tramonta Diam. Apparente arcsec Distanza Terra in Km
Luna Piena 04/06 05:41 21:36 00:59 05:23 1877.1 385368
Ultimo Quarto 10/06 21:31 01:29 06:56 12:28 1932.2 369299
Luna Nuova 18/06 06:37 05:18 12:36 21:35 1800.4 396050
Primo Quarto 26/06 09:49 13:22 18:52 01:07 1799.9 399704

Il giorno successivo, il 4 la Luna oramai piena avrà abbandonato lo Scorpione per dirigersi verso il Sagittario. Nei giorni 7 e 8 la Luna in fase decrescente si avvicinerà a Plutone, tutto molto basso sull’orizzonte, non oltre i 10 gradi e forse qualcosa in più nella mattina del giorno successivo ma a quel punto gli oggetti saranno più separati.

Il giorno 10, con la Luna già all’ultimo quarto, fase 48% e 21° giorno, bella da osservare sarà la congiunzione con Saturno a partire alla mezzanotte circa, potremo approfittare di circa 3/4 ore di  osservazione prima del sorgere del Sole. Direzione sud est ed altezza massima circa 14° gradi.

In genere il giorno successivo offre sempre un’altra occasione per immortalare gli spettacoli, a discapito della vicinanza, che tende ad aumentare ma, come in questo caso, magari aggiungendo elementi. I’11 infatti la congiunzione fra Luna e Saturno si trasformerà in un triangolo con un vertice assai debole: Nettuno. Appuntamento nella notte, dalla mezzanotte fino all’alba.

Volete un evento davvero clamoroso da segnare sul calendario? Allora appuntatevi questa data: 14 giugno. L’appuntamento è all’incirca per le 02, notte o mattina molto presto se volete. Luna e Giove si avvicineranno sempre più fino ad andare in occultazione a Sole oramai alto. Avrete due ore di tempo per uno scatto d’effetto con Luna quasi nuova, una sottilissima falce del solo 10% di visibilità. Altezza massima raggiunta all’alba circa 19°. Una particolarità nella stessa inquadratura, poco prima dell’alba, il Sole sorge circa alle 05:30, entreranno Mercurio, Urano e Nettuno. Telescopio puntato ad Est nel  lembo di cielo compreso fra la Balena, i Pesci e l’Ariete. Niente da fare per lo scatto nella sera, i due astri tramonteranno ben prima del Sole.

Congiunzione Luna-Giove 14 giugno ore 04:30. Crediti: https://theskylive.com/

Saltiamo al 21 e 22 giugno subito dopo il tramonto per un altro splendido ballo a tre. Una sottilissima falce di Luna, questa volta crescente, con fase intorno al 10%, al secondo e terzo giorno, si affiancherà al duetto Marte-Venere, inizio delle osservazioni non prima delle 21, altezza 25° sull’orizzonte verso ovest.

Congiunzione Luna-Marte-Venere il 21 giugno ore 22:00 Roma – Crediti https://theskylive.com/

 

Congiunzione Luna-Marte-Venere il 22 Giugno ore 22:00 Roma. Crediti: https://theskylive.com/

Il 30 giugno, ben alta sull’orizzonte, 21°, la Luna oltre l’Ultimo quarta transiterà molto vicino ad Antares, occhi verso Sud già dalle prime ore della sera.

–  Ogni fenomeno lunare e rispettivi orari sono rapportati alla Città di Roma, dati rilevati tramite software “Stellarium” e dal sito http://www.marcomenichelli.it/luna.asp


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Le Comete di Giugno 2023

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LA SORPRESA C/2023 E1 ATLAS

osservabile molto alta in cielo non appena fa buio

C/2023 E1 ATLAS

Scoperta il primo marzo di quest’anno dal programma di ricerca ATLAS (AsteroidTerrestrial-Impact Last Alert System) è cresciuta più di quanto previsto, tanto che tra fine giugno ed inizio luglio potrebbe brillare di nona magnitudine. Un bel regalo dunque, in un periodo non certo ricco di spunti interessanti. Si muoverà dal Dragone verso l’Orsa Minore, risultando circumpolare per tutto il mese, osservabile molto alta in cielo non appena fa buio. Inizialmente la sua luminosità dovrebbe sfiorare l’undicesima magnitudine, per crescere poi piuttosto rapidamente fino sotto la decima, raggiungendo, come già detto, forse la nona grandezza a fine mese (perielio previsto il primo luglio). Nei primi due giorni di giugno la cometa transiterà a circa mezzo grado dalla luminosa galassia NGC 4236-1 (mag. 9,6).

La cartina della 2023 E1 ATLAS riporta la posizione della cometa per le ore 23.15 ore legale. Le stelle più deboli sono di 10ma magnitudine.

237P/LINEAR

Piuttosto deludente (la sua luminosità si attesterà attorno alla dodicesima magnitudine per tutto il mese) si muoverà nella porzione meridionale dell’Aquila. Sarà osservabile nelle migliori condizioninell’ultima parte della breve nottata di giugno, quando la troveremo piuttosto alta in cielo.

La cartina della 237P/LINEAR riporta la posizione della cometa per le ore 3.20 ore legale. Le stelle più deboli sono di 10ma magnitudine.

 


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Le Costellazioni di Giugno 2023

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COSTELLAZIONI DI GIUGNO 2023

Quando c’è una bella notte stellata, il signor Palomar dice:  – Devo andare a guardare le stelle -. Dice proprio: – Devo, – perchè odia gli sprechi e pensa che non sia giusto sprecare tutta quella quantità di stelle che gli viene messa a disposizione.

Palomar, I.Calvino

Il mese di giugno ci conduce verso l’estate, che farà il suo ingresso giorno 21 con il solstizio; ci aspettano serate in cui lasciarci travolgere dalla bellezza del cielo, cercare, osservare e fotografare la moltitudine di stelle e oggetti che brillano nel firmamento.

Tra le costellazioni che caratterizzano il mese di giugno spiccano quella di Ercole e del Boote,che con le loro stelle e le loro storie ci terranno con gli occhi incollati al cielo; ma attraverso i sentieri celesti ci imbatteremo anche in un piccolo diadema di stelle, la Corona Boreale.

COSTELLAZIONE DI ERCOLE

Posta tra il Boote e la Lira, quella di Ercole è una costellazione tipica dell’estate boreale, che culmina a mezzanotte verso metà giugno; per via della sua ampia estensione (1225 gradi quadrati) è classificata come la quinta più grande del firmamento.

Nonostante le sue vaste dimensioni, Ercole non vanta stelle particolarmente brillanti: la più luminosa è Beta Herculis, nota anche come Kornephoros, stella di magnitudine 2,78; vi è poi Zeta Herculis, nota anche come Ruticulus, una stella gialla di magnitudine 2.81 distante 35 anni luce da noi.

OGGETTI NON STELLARI IN ERCOLE

La costellazione contiene in compenso un gran numero di stelle doppie e stelle variabili, alcune osservabili già con piccoli strumenti e telescopi, come Alpha Herculis, detta anche Ras Algethi: si tratta di una stella doppia situata nella parte meridionale della costellazione di Ercole, la cui componente principale è una gigante rossa variabile di magnitudine 3.51.

La Costellazione di Ercole giace lontana dalla porzione di cielo attraversata dalla Via Lattea, in una regione priva di galassie luminose; tuttavia la costellazione ospita uno dei più conosciuti ammassi globulari: M13 o Ammasso Globulare di Ercole.

Si tratta dell’ammasso più luminoso dell’emisfero boreale, visibile già ad occhio nudo da luoghi bui, e più nitido e ben dettagliato se osservato rispettivamente con binocolo e telescopio. Con la sua magnitudine apparente pari a 5,8 l’ammasso contiene migliaia di stelle ed è uno degli oggetti più fotografati da dilettanti e professionisti.

L’Ammasso Globulare di Ercole rimane altresì famoso per il “messaggio Arecibo”: un messaggio radio trasmesso nello spazio dal radiotelescopio di Arecibo, a Porto Rico, (purtroppo ormai smantellato dopo gravi danneggiamenti ambientali) il 16 novembre 1974 e indirizzato verso M13, a 25 000 anni luce di distanza.

Presente nella costellazione anche l’ammasso globulare M92, meno facile da individuare rispetto ad M13, ma si può tentare con un binocolo 10×50, attraverso il quale l’ammasso apparecome una macchia biancastra diffusa, mentre con un telescopio da almeno 200mm di apertura sarà possibile risolverlo in stelle.

Nella costellazione di Ercole è situata una delle nebulose planetarie più grandi della nostra Via Lattea,  Abell 39, che possiede un diametro di ben 5 anni luce e la cui forma, circolare e trasparente, ricorda una bolla di sapone.

M13 immagine di Tommaso Stella PhotoCoelum
ABELL 39 di Poalo Zampolini PhotoCoelum

 

IL MITO DI ERCOLE

Quella di Ercole è certamente una delle figure più note della mitologia: la sua fama è legata alle 12 fatiche che l’eroe dovette affrontare e chi gli valsero la sua eterna gloria, di seguito citate:
Uccidere l’invulnerabile leone di Nemea e portare la sua pelle come trofeo;
Uccidere l’immortale idra di Lerna;
Catturare la cerva di Cerinea;
Catturare il cinghiale di Erimanto;
Ripulire in un giorno le stalle di Augia;
Disperdere gli uccelli del lago Stinfalo;
Catturare il toro di Creta;
Rubare le cavalle di Diomede;
Impossessarsi della cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni;
Rubare i buoi di Gerione;
Rubare i pomi d’oro del giardino delle Esperidi;
Portare vivo Cerbero, il cane a tre teste guardiano degli Inferi, a Micene.

Crediti Antonio del Pollaiolo Ercole e l’Idra

In origine i greci associavano alla figura di Ercole quella dell’Inginocchiato senza però attribuirgli un significato specifico; solo successivamente, in seguito alle 12 fatiche attribuite all’eroe, la figura venne ribattezzata con il nome che oggi conosciamo, e l’atto di inginocchiarsi è da ricondurre al riposo di Ercole dopo le sue gesta.

Ercole era venerato come simbolo di forza e abilità, ma anche come eroe generoso, che per il suo altruismo divenne esempio anche di grandezza morale oltre che fisica e proprio per queste sue virtù gli fu donato un posto sulla volta celeste.

Grazie alla mano di Ercole,
regna la Pace fra l’Aurora e il Vespero,
e nel luogo in cui il sole a mezzogiorno
nega le ombre ai corpi;
tutta la terra bagnata dal lungo circuito di Teti
è stata sottomessa dalla fatica di Alcide.
(Seneca, La follia di Ercole, 883-888)

Ma ad Ercole è legato anche un altro affascinante mito dove la protagonista è la nostra galassia, la Via Lattea: Ercole era figlio di Zeus e di Alcmena, una fanciulla, ennesima vittima degli inganni del padre degli dei: narra la mitologia che Zeus si trasformò nel marito della giovane per poterla possedere e proprio da questa unione nacque l’eroe mitologico, che però fu abbandonato dalla sua mamma.

Zeus teneva molto a quel figlio, per metà dio, e fece in modo che sua moglie Era lo trovasse e lo allattasse: accadde che Ercole fu preso in braccio da Era nel tentativo di attaccarlo al suo seno, ma il piccolo si mosse bruscamente (o fu Era stessa ad allontanarlo, secondo altre versioni) e lo schizzo di latte arrivò fino in cielo creando così il fiume di stelle che scorre sulla volta celeste e che dà vita alla Via Lattea.

LA COSTELLAZIONE DEL BOOTE

Nel cielo di giugno ci imbattiamo nella costellazione del Boote, facilmente individuabile con la sua forma di aquilone e soprattutto grazie alla sua stella alfa, Arturo(α Boo): si tratta della stella più luminosa della costellazione e la quarta più brillante del cielo notturno dopo Sirio, Canopo e α Centauri.

Arturo è una gigante rossa con un diametro di 35 milioni di km (circa 25 volte più grande della nostra stella) e la sua luminosità è 113 volte quella del Sole,ma se teniamo conto di tutte le bande dello spettro elettromagnetico, la sua luminosità totale arriva a circa 200 volte quella del Sole.

La stella è situata a una distanza di 36,7 anni luce da noi e, pur appartenendo all’emisfero boreale, la sua posizione 19° a nord dell’equatore celeste fa sì che Arturo sia visibile da ogni area popolata della Terra.

OGGETTI NON STELLARI NEL BOOTE

Nella costellazioni sono presenti stelle variabili come W Boötis, molto luminosa, e le stelle doppie ν1-ν2 Bootis e μ1-μ2 Bootis: la prima coppia è formata da una stella gigante arancione e una bianca; la seconda coppia è composta da due stelle bianco-giallastre.

Entrambe le coppie possono essere facilmente risolvibili anche con il solo utilizzo di un binocolo.

Da segnalare l’ammasso globulare NGC 5466, un oggetto del profondo cielo alla portata di telescopi anche amatoriali.

IMMAGINE NGC 5466 Globular Cluster Credit Esa/Hubble
IL BOOTE NELLA MITOLOGIA

Link di approfondimento https://www.coelum.com/coelum/archivio/articoli/lenigma-del-boote-che-tardi-tramonta

Nella mitologia greca la figura del Boote è strettamente legata a quella dell’Orsa Maggiore nella vicenda che vede coinvolta la ninfa Callisto, una bellissima fanciulla figlia del Re di Arcadia Licaone e ancella di Artemide.

Divenuta l’ennesimo oggetto del desiderio di Zeus, Callisto fu tramutata in orso dallo stesso padre degli Dei.

Le versioni della storia sono diverse, citiamo le due più note: la prima versione racconta che fu proprio Zeus a trasformare la giovane fanciulla in un’orsa per sottrarla alle ire di Era; mentre, la seconda versione, narra che fu Artemide a trasformare Callisto in orsa, per punizione, dopo aver scoperto lo stato di gravidanza della giovane ancella, votata alla castità.

La metamorfosi di Callisto avvenne dopo aver dato alla luce Arcade.

Questi, allevato da Artemide e dalle sue ancelle, venne a conoscenza della presenza di un orso nel bosco dove abitavano le ninfe, così si mise sulle sue tracce per ucciderlo.

Dopo averlo scovato, si preparò a colpire l’animale con una lancia, ignaro della sua vera identità.

Zeus, impietosito, fermò il tempo, trasformò sia l’orsa che Arcade in stelle e li collocò per sempre sulla volta celeste.

In cielo madre e figlio sono “vicini”poiché, prolungando la coda dell’Orsa, si arriva ad Arcade, ovvero Arturo. Il nome dell’astro significa appunto “inseguitore dell’Orsa”.

CORONA BOREALE

Posta tra le costellazioni di Ercole e del Boote brilla un piccolo gioiello fatto di stelle, che nel mese di giugno potremo provare a individuare nel cielo: la Corona Boreale.

Si tratta di una costellazione le cui stelle che la compongono sono disposte in maniera tale da ricordare la forma di una corona: Gemma (o Alphecca) è una stella binaria a eclissecon una magnitudine di 2,2 e distante dalla Terra 75 anni luce e rappresenta la stella alfa della costellazione.

Nusakan (Beta Corona Borealis) e Gamma Corona Borealis sono le altre due stelle più luminose della Corona Boreale.

La piccola costellazione non vanta un gran numero di oggetti non stellari, tranne che la presenza di alcune stelle variabili, osservabili anche con strumenti di piccole dimensioni, come la stella variabile supergigante gialla R Coronae Borealis.

Nella costellazione è presente anche un ammasso di galassie nominato Abell 2065,situato a un miliardo di anni luce dal nostro Sistema Solare, avente magnitudine 15.

LA CORONA BOREALE NELLA MITOLOGIA

Anche questa tiara di stelle è ricoperta da un velo mitologico: uno dei miti più noti fa riferimento alla corona come un regalo di nozze del dio Dionisio alla bella Arianna, figlia di Minosse, triste e sconsolata per essere stata lasciata, anzi proprio piantata in asso, dal suo promesso sposo Teseo sull’isola di Nasso (da qui si è spesso attribuita l’origine della locuzione “piantare in Nasso”).

Pare che il diadema donato alla giovane fanciulla si trasformò in una costellazione, dopo che il dio Efesto lo ebbe lanciato in cielo.

Mondi in miniatura – Asteroidi, Giugno 2023

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GLI ASTEROIDI DI GIUGNO

(11) Parthenope è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.400 giorni (3.83 anni) ad una distanza compresa tra le 2.21 e le 2.70 unità astronomiche (rispettivamente, 330.611.293 Km al perielio e 403.914.249 Km all’afelio). Deve il suo nome a Parthenope, una delle Sirene nella mitologia Greca che, si narra in una tarda leggenda, morì gettandosi in mare assieme alle sorelle per l’insensibilità del prode Ulisse al loro Canto. Scoperto da Annibale Gasparis l’11 Maggio 1850, questo grande asteroide (149 Kilometri di diametro) quest’anno sarà in opposizione il 5 di Giugno brillando di magnitudine 9.5.  Ipotizziamo di volerlo riprendere tra le notti del 4 e del 5 Giugno quando solcherà il cielo muovendosi di 0,61 secondi d’arco al minuto: Per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini, dovremo utilizzare dei tempi di esposizione non superiori ai 4/5 minuti. Al fine di ottenere invece la bella traccia che metta in risalto il movimento, dovremo poter esporre (od integrare) per un tempo più lungo e con 40 minuti di posa vedremo (11) Parthenope trasformarsi in una bella striscia luminosa di 24 secondi d’arco.

(39) Laetitia è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.680 giorni (4.60 anni) ad una distanza compresa tra le 2.46 e le 3.08 unità astronomiche (rispettivamente, 368.010.760 Km al perielio e 460.761.440 Km all’afelio). Deve il suo nome alla divinità Romana Laetitia, personificazione della gioia. Scoperto da Jean Chacornac l’8 Febbraio 1856, (39) Laetitia misura 179 Kilometri di diametro e quest’anno sarà in opposizione il 7 Giugno raggiungendo la magnitudine di 10.3. Il suo moto sarà di 0,55 secondi d’arco al minuto, quindi, utilizzando tempi di esposizione fino a 4/5 minuti manterremo l’oggetto di aspetto puntiforme. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (39) Laetitia trasformarsi in una bella striscia luminosa di 22 secondi d’arco.

Le rispettive posizioni di Parthenope e Laetitia il 6 giugno
https://www.spacereference.org/

(20) Massalia è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.370 giorni (3.75 anni) ad una distanza compresa tra le 2.06 e le 2.75 unità astronomiche (rispettivamente, 308.171.612 Km al perielio e 411.394.143 Km all’afelio). E’ il progenitore della famiglia di asteroidi Masssalia che popola le regioni interne della fascia principale. Scoperto da Annibale Gasparis il 19 Settembre 1852, questo grande asteroide (145 Km di diametro) raggiungerà l’opposizione il 16 Giugno, momento nel quale raggiungerà la decima magnitudine. Il suo moto sarà di 0,62 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini, anche in questo caso, potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 4/5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (20) Massalia trasformarsi in una bella striscia luminosa di 25 secondi d’arco.

Traiettoria di Massalia https://www.spacereference.org/

 

 


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Pianeti a colori…con gli occhi dei geologi

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Figura 4. Carta geologica globale di Venere. Crediti: Ivanov e Head (2011).

Da quando negli anni ’60, Eugene M. Shoemaker compilò la prima carta geologica ufficiale di una regione della Luna, stendendo così le basi della cartografia geologica da osservazioni remote (cioè da fotografie telescopiche), i geologi planetari (oggi considerati suoi “figli”) non si sono più dati pace. Ogni corpo planetario osservabile può e deve essere descritto attraverso una carta geologica. Ma a cosa serve una carta geologica planetaria e come può essere questa affidabile se non è corroborata da dati “sul campo”, come quelli acquisiti durante una tradizionale campagna geologica terrestre?

 

Cosa è una carta geologica planetaria?

Le carte geologiche planetarie sono indagini esplorative, in molti casi pionieristiche, di superfici extra-terrestri che hanno il fine di ricostruire l’evoluzione crostale degli oggetti in esame. La loro preparazione si basa principalmente sull’osservazione ed interpretazione di immagini tele-rilevate. Quando disponibili, anche altri dati come l’altimetria, l’analisi composizionale e prospezioni geofisiche possono intervenire in aiuto. Tuttavia, quello che Shoemaker ha insegnato all’alba dell’esplorazione spaziale (e dell’astrogeologia) è che, ad una scala di osservazione da regionale a globale, la sola disponibilità di fotografie da remoto è spesso sufficiente a capire l’ordine geologico degli eventi che hanno plasmato un pianeta.

Geologia planetaria 

Sulle superfici planetarie gli affioramenti rocciosi sono continui e sempre esposti: mai coperti da vegetazione, né rimodellati dall’azione antropica. Le tonalità di grigio (più precisamente l‘albedo) possono indicare una natura e/o un’età diversa dei terreni, mentre la densità di craterizzazione dà indicazioni più certe sull’età relativa delle unità osservate. Sappiamo infatti che più crateri sono presenti su un’area, più antica è la superficie osservata, cioè più a lungo è rimasta esposta al bombardamento dei detriti presenti nel Sistema Solare. Se un’area limitrofa invece è estremamente liscia e intatta, sicuramente è indice di rimodellamento recente, cioè il vecchio bombardamento è stato nascosto da un evento secondario e la “nuova” superficie è rimasta esposta meno tempo agli impatti, tra l’altro decrescenti dall’origine del Sistema ad oggi.

Figura 1: Porzione della Luna (Nord in alto) dal cratere Copernicus in alto a sinistra (diametro 90 km) sovrastante il Mare Insularum (terreni scuri e lisci), alle highlands immediatamente a est di esso (terreni chiari ed irregolari). Crediti: NASA LRO/ASU.

Si prenda il caso evidente degli scuri maria lunari contro le circostanti e più chiare terrae (o highlands) ed immaginiamoci di voler riassumere ciò che vediamo ad occhio nudo con due colori. Con l’aiuto di un telescopio noteremmo che i primi sono più lisci e meno craterizzati delle seconde, sicuramente più giovani.

Mappe geologiche dei pianeti

E noteremmo anche che, effettivamente, questi si sovrappongono stratigraficamente alle terrae e che, ci sono altre unità, come ad esempio gli ejecta di alcuni crateri, che si sovrappongono a loro volta ai maria. Il principio di sovrapposizione è universale. Ciò che sta sopra è più recente, ciò che sta sotto più antico. Così, per ogni oggetto significativo aggiungiamo un colore per tenere traccia dei rapporti di sovrapposizione individuati. Ecco, quindi, che i colori della nostra carta iniziano ad aumentare raccontandoci una storia e che le intersezioni tra i molteplici colori (cioè gli eventi) aiutano a sbrogliare la complessità della storia stessa o, per meglio dire, la riassumono. Tutte le carte geologiche sono un riassunto della storia evolutiva dell’area investigata e quelle planetarie, anche se solo attraverso l’interpretazione remota, non fanno eccezione. E’ così che Shoemaker definì per la prima volta le ere geocronologiche lunari ancora in uso oggi ed il suo lavoro risultò preparatorio anche per la pianificazione dei percorsi al suolo delle missioni Apollo.

Carta geologica del cratere Copernicus (Luna) compilata da Eugene M. Shoemaker nel 1960 e mai formalmente pubblicata, oggi considerata il prototipo di carta geologica (o fotogeologica) planetaria.

 

A partire dal questo numero Valentina Galluzzi ci accompagnerà nei meandri della Geologia Planetaria, disciplina che sta diventando sempre più interessante alla luce dei nuovi dati raccolti dalle molte missioni in orbita nel Sistema Solare. Per l’articolo completo pubblicato leggi Coelum 262 III bimestre 2023

Luna – Venere – Marte 23 e 24 maggio

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Crediti Theskylive.com

Occhi al tramonto la Luna e Venere si lasciano ammirare!

 

Il massimo della congiunzione in orario diurno con protagonisti questa volta la Luna in fase di 3,7 giorni e Venere che alle ore 14:09 del 23 Maggio (Italia centrale) si avvicineranno prospetticamente fino a 02°10’ ad un’altezza di +58° ma con l’ingombrante presenza del Sole che dominerà alla distanza di circa 45°. Come nei casi sopra citati risulterà di fondamentale importanza attuare ogni precauzione per evitare danni permanenti alla vista. Eppure eppure, anche nella sera potremo assistere ad uno spettacolo davvero romantico, con la falce di Luna che se non vicinissima al pianeta infuocato saprà regalare un scorcio in cui perdersi soprattutto se con un bel paesaggio a fare da contorno.

E poi, Castore e Polluce, dei Gemelli subito in alto, e leggermente a sinistra, sempre in alto, Marte. Occhi al cielo stasera finalmente sereno!

La Luna in fase di 4,8 giorni incontrerà il pianeta Marte alle ore 19:35 del 24 Maggio (Italia Centrale) ad un’altezza di +57° e con una separazione di circa 3°34’, mentre il Sole (altezza +8°) si starà avviando al tramonto previsto per le ore 20:30.

Luna – Marte Crediti: theskylive.com

Il 27 Maggio alle ore 02:10 congiunzione fra la Luna (in fase di 6,8 giorni) e Regolo, la stella Alfa Leonis, di magnitudine 1,40 situata nella costellazione del Leone mentre questi due oggetti saranno appena sotto l’orizzonte separati da circa 4°, essendo il nostro satellite ormai tramontato alle ore 02:00 (Italia centrale). Basterà pertanto anticipare leggermente l’eventuale osservazione considerando che Regolo tramonterà alle ore 01:50 mentre la Luna scenderà sotto l’orizzonte alle ore 02:00. Sempre il 27 la Luna sarà al primo quarto alle 17:22.

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Editoriale Coelum Astronomia 262 III bimestre

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Editoriale Coelum Astronomia 262 III bimestre

 

Oramai ne parlano tutti

l’Intelligenza Artificiale applicata alla creatività ha mandato in tilt il web e in crush la mente di milioni di umani e a giudicare dai toni è la fine, siamo sull’orlo dell’inevitabile baratro. Ma sarà o è davvero così?

Nel corso dell’ultimo meeting di Planit, Associazione dei Planetari Italiani che si è tenuto a Ravenna lo dal 14 al 16 aprile scorsi, il presidente, Dario Tiveron ha saputo offrire una sorprendente ma anche sconcertante presentazione delle reali potenzialità dell’impiego dell’Intelligenza Artificiale se sapiente utilizzata anche per la divulgazione e la didattica. Certo ci vuole un po’ di abilità non certo difficile da acquisire visto che i servizi che sull’AI si basano sono studiati proprio per concederne l’accesso al più alto numero di utilizzatori possibile. Microsoft con la recente integrazione di ChatGPT (il più famoso fra i servizi in AI oggi in distribuzione) ha in maniera eclatante reso evidenti le grandi aspettative che tutti i più grandi stakeholders del web ripongono in questa nuova tecnologia.

L’Intelligenza Artificiale si sa non è una novità, già da alcuni anni sono a disposizione migliaia se non milioni di studi sui molteplici modi in cui gli algoritmi di apprendimento possono potenziare gli strumenti di ricerca e quali innumerevoli vantaggi se ne possono trarre. Non vanno per esempio dimenticati gli impieghi anche nella ricerca astronomica che vede moli quasi infinite di dati offerti in pasto a nuovi software in grado di ricostruire evoluzioni di oggetti celesti, distribuzione statistica di materia e catalogazione sulla base di funzioni di autoapprendimento.

Andava tutto bene a dire il vero finché, ma c’era da aspettarselo, qualcuno non ha ipotizzato che l’Ai avrebbe potuto “costruire una nuova realtà”. Nuove immagini, nuove notizie, nuovi ragionamenti, nuove testimonianze tutte create da dati reali ma totalmente originali e frutto della fantasia. Ma di una fantasia a cui non si può associare un io, non una mente pensante, non una proprietà, solo una creazione che vaga senza appartenenza distribuibile all’infinito e rigenerata all’infinito.

Le problematiche che si paventano sono davvero immani, spaventano chiunque a tal punto che anche le più complesse e stringenti norme da poco varate da altolocati organismi internazionali per la regolamentazione della circolazione delle informazioni nel web, appaiono letteralmente come acqua fresca.

…….  ”

L’editoriale completo è pubblicato su Coelum Astronomia 262 III bimestre 2023

 

Speciale Studenti Universitari

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Notizia Flash: Scoperta una supernova in M101 pronti allo scatto!

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3) Immagine della SN2023ixf in M101 ripresa il giorno dopo la scoperta da Rolando Ligustri in remoto dagli Stati Uniti con un telescopio da 400mm F.3,75 posa di 300 secondi (20 maggio 12,20 TU).

ULTIM’ORA: SCOPERTA UNA SUPERNOVA NELLA GALASSIA GIRANDOLA CHE FAN BEN SPERARE PER SCATTI UNICI

Una nuova supernova molto interessante è stata scoperta in una delle più belle galassie a spirale del catalogo di Messier.
1) Immagine di scoperta della SN2023ixf in M101 ripresa da Koichi Itagaki.

Stiamo parlando di M101, conosciuta come la galassia Girandola situata nella costellazione dell’Orsa Maggiore a “soli” 21 milioni di anni luce di distanza.

A mettere a segno questa importante scoperta , nella notte del 19 maggio, è stato il solito ed incredibile giapponese Koichi Itagaki, che ormai ci ha abituato a queste fantastiche performance. Al momento della scoperta il nuovo oggetto mostrava una luminosità pari alla mag.+14,9 ed appena 5 ore più tardi, dall’Osservatorio del Roque de los Muchachos nelle Isole Canarie con il Liverpool Telescope di 2 metri, è stato ripreso lo spettro di conferma.

La SN2023ixf, questo il nome definitivo assegnato, è una supernova di tipo II molto giovane scoperta solo 1 o 2 giorni dopo l’esplosione. M101 ha un modulo di distanza di circa 29, pertanto se questa supernova fosse stata di tipo Ia avrebbe raggiunto la notevole mag.+10 (29-19=10) come accadde per la precedente supernova esplosa in questa galassia cioè la SN2011fe. In questo caso difficilmente sarà raggiunta questa luminosità, ma dovremmo ugualmente arrivare a circa una magnitudine più in basso (+11).

Le supernovae di tipo II sono però molto imprevedibili e lasciano aperti vari scenari.

La SN2023ixf sta infatti aumentando rapidamente di luminosità e due giorni dopo la scoperta ha già raggiunto la mag.+12 lasciando presagire grandi prospettive. Vedremo nei prossimi giorni, con l’ottenimento di nuovi spettri, come evolverà questa supernova e di quale tipo II si tratta. Intanto stanno venendo fuori varie prediscovery di fondamentale importanza.

2) Incremento di luminosità della SN2023ixf in M101 visibile in queste tre immagini riprese dall’astrofilo americano Patrick Wiggins.

M101 è infatti uno dei soggetti più fotogenici e quindi uno fra i più ripresi.

Controllate pertanto i vostri archivi, perché l’arrivo sul nostro pianeta della “prima luce” di questa supernova dovrebbe essere avvenuto nel giorno 18 maggio, abbiamo infatti immagini del 17 maggio dove la supernova non è visibile. Vi terremo informati sull’evolversi di questa importante supernova e suggeriamo di spendere un po’ del proprio tempo osservativo per immortalare questa luminosa supernova posta in una stupenda galassia a spirale.

4) Immagine della SN2023ixf in M101 ripresa il giorno dopo la scoperta dall’astrofilo francese Robert Cazilhac con un telescopio C14 da 35cm F.11 somma di 90 immagini da 10 secondi (20 maggio 22,15 TU).

CONSEGNATO E PRONTO PER LA SPEDIZIONE

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Emozionati! Ecco le copie di

COELVM ASTRONOMIA 262 III BIMESTRE 2023

appena consegnate dalla tipografia! 

 

COME PROMESSO spedizioni LUNEDì 21 MAGGIO!


📌📌IN VENDITA📌📌

Coelum Astronomia 262 anno XXV III/23

(bimestrale giugno/luglio)

+4 e con queste siamo a 112 pagine di PURA Astronomia!

 

BUON COMPLEANNO ALMA! 10 ANNI IN 10 SCATTI

Il telescopio ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) dell’ESO (European Southern Observatory o Osservatorio Europeo Australe, in italiano) compie i suoi primi dieci anni, durante i quali ci ha regalato scoperte rivoluzionarie ed emozioni crescenti.
Per festeggiarlo, abbiamo deciso di dedicargli dieci cartoline, una per ogni anno passato insieme. A cura di Anna Wolter, responsabile per l’Italia della rete di divulgazione scientifica dell’ESO, Roberto Volsa, Clementina Sasso e Giovanna Fabiola Valverde.

 

Complice il maltempo delle settimane appena trascorse e la mancanza di eventi spettacolari, gli scatti dal nostro territorio non sono stati molti. Approfittiamo per completare la galleria dando grande spazio a due testimonianze preziose giunte in redazione da ASTROFOLLI in giro per il mondo a caccia di eclissi! Due report emozionanti passo passo per raccontare i 59 secondi dell’eclissi totale e anulare in Australia del 20 aprile 2023.

Anteprima delle sei pagine dedicate all’eclissi di aprile con le testimonianze di Andrea Tomacelli e Anna Rendina, Alessandro De Benedectis

 

Cercando di districarsi nel quadro complesso di agenti che influenzano in maniera più o meno significativa la temperatura della nostra atmosfera, e quindi il clima della Terra, lo studio sostenuto dal team autore di questo articolo vuole concentrare l’attenzione sulla definizione di “Energia Totale Emessa dal Sole”, sulle difficoltà di determinarne le variazioni storiche e la stima del suo valore. Lo studio arriva dall’Università di Tor Vergata in collaborazione con il National Solar Observatory, Boulder (U.S.A).

Anteprima: 10 pagine dedicate all’influenza del Sole sulla terra e calcolo dell’Irradianza Solare

Nel numero 262 continua il racconto dell’Uomo e Universo che fa seguito gli articoli già pubblicati in Coelum n°261. Nella seconda ed ultima parte sono raccolte le due testimonianze affini per oggetto di riflessione: il TEMPO.
In nessuno dei due articoli, a cura di Nino Zanghì e Filippo Onoranti, troverete una verità o una conclusione ma entrambi suggeriscono spunti e passaggi non banali per seguire la ricerca lungo la strada della definizione corretta di TEMPO

Continuano le consuete rubriche a cura di Barbara Bubbi e le Meraviglie del Cosmo, Giuseppe Petricca per il catalogo Messier, Paola Giorgini per Hanc Marginis e Il Tratto Corsivo a cura di Stefano Marcellini.

Anteprima della rubrica le Meraviglie del Cosmo, con i suggerimenti osservativi di Cristian Fattinanzi

Cristian Fattinnanzi in vita da “Vita da Astrofilo” narra la sua esperienza da Autocostruttore e perchè, a suo parere, ogni astrofilo è a suo modo un vero autocostruttore!

Un’idea, uno sogno, un progetto e poi ti ritrovi all’ASI di fronte a Samantha Cristoforetti! Questo è ciò che è accaduto ad un gruppo di studenti e generosi insegnati che pensando ad un’attività formativa si sono trovati invece a realizzare una sonda per lo studio dei gas serra in grado di volare per ben due ore e raccogliere quanti più dati possibili. Tutto con le risorse scolastiche. Non c’è da meravigliarsi che l’Agenzia Spaziale Italiana abbia voluto conoscerli! INFINITY I è un progetto del Liceo Scientifico “E. Medi” di Montegiorgio (FM). Una traccia da seguire per professori volenterosi!

 

Ringraziamo ancora una volta Antonio Piras per il suo report dettagliato delle attività svolte dai rover su Marte: Bentornati su Marte! è l’appuntamento che in 6 pagine raccoglie tutto quello che c’è da sapere sul pianeta rosso e sulla sua rocciosa superficie.

a cura di Antonio Piras

Continuano in questo numero:
👉 Radioastronomia: la dott.ssa Silvia Casu di INAF ci accompagna alla scoperta dei misteriosi Fast Radio Burst, c’è ancora molto da capire sulla loro origine!

👉  Top10 Scenari perfetti: in ogni uscita un’esperta/o del proprio territorio ci guiderà alla scoperta dei luoghi migliori da cui immortalare scatti con panorami unici. Seconda ed ultima parte dedicata alla Sardegna, con Emanuele Atzeni.

👉 Torna su cartaceo la sezione dedicata alle Supernovae. Finalmente dopo tanta attesa una SN in un oggetto del catalogo Messier! Testi e immagini di Fabio Briganti e Riccardo Mancini.

👉 Nascono due nuovi appuntamenti più leggeri: AstroQuiz per mettersi alla prova sulle nostre conoscenze di Astronomia a cura di Francesco Veltri e AstroMiao, micio e razzo, amici di esplorazione da condividere con i più piccoli, un’idea di Laura Saba.

 

Facciamo il punto sui fatti più importanti delle ultime settimane grazie e Luca Nardi e sul X meeting della sezione Corpi Minori dell’UAI.

Sono davvero tanti i contenuti di questo numero, del resto in 112 pagine c’è spazio per tanta astronomia e, soprattutto TECNICA! Vi aspettano Simone Lochi con la sua personale sfida “Piccoli Setup per grandi Campi“, e lo ShaRA Team con gli scatti dell’impresa numero 4!

La sfida personale di Simone Lochi
ShaRA#4

Nel numero precedente abbiamo salutato la collaborazione degli autori della rubrica Sistema Solare ma non per questo gli approfondimenti sui pianeti nostri vicini sono terminati. Dal 262 arriva a Coelum la dott.ssa Valentina Galluzzi di INAF che ci parla di Geologia Planetaria ed in particolare delle basi della cartografia.

Non perdete il Cielo del Bimestre per tutti gli eventi dei prossimi due mesi. Nota Bene: il cielo del bimestre è un’ottima traccia da seguire per programmare le attività e le osservazioni con largo anticipo, completando il set di informazioni con i dettagli che verranno pubblicati di volta in volta sul sito in occasione dei fenomeni principali.

116 pagine in più questa volta si esagera!

In ultimo ma non di certo per importanza gli autori degli scatti più affascinanti 📸📸 e difficili le cui segnalazioni sono giunte alla nostra redazione e pubblicati in PHOTOCOELUM

GLI AUTORI DI QUESTO NUMERO

Stefano Antolini, Emanuele Atzeni, Francesco Badalotti, Luca Bertello, Fabio Briganti, Barbara Bubbi, Silvia Casu, Matteo Cantores, Serena Criscuoli, Cristian Fattinnanzi, Valentina Galluzzi, Paola Giorgini, Andrea Iorio, Marco Iozzi, Simone Lochi, Riccardo Mancini, Stefano Marcellini, Teresa Molinaro, Luca Nardi, Filippo Onoranti, Valentina Penza, Giuseppe Petricca, Antonio Piras, Claudio Pra, Alessandro Ravagnin, Clementina Sasso, Laura Saba, Andrea Vallorani, Giovanna Fabiola Vallorani, Francesco Veltri, Chiara Vitali, Roberto Volsa, Anna Wolter, Nino Zanghì.

SI RINGRAZIANO

Armando Mezzeo, Cristina Cellini, Lorenzo Montanari, Giacomo Pro’, Andrea Tomacelli e Anna Rendina, Alessandro De Benedectis

—->  Il numero sarà spedito con almeno 10 giorni di anticipo per compensare i tempi di consegna del servizio in abbonamento postale.

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Infinity-1 un progetto scolastico ed un sogno realizzato

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Liceo Scientifico “Enrico Medi” di Montegiorgio

“Infinity1 – Una sonda per lo studio dei gas serra presenti nella stratosfera”

 

Recentemente premiato presso la sede ASI alla presenza di Samantha Cristoforetti nel contest “Verso lo spazio con Samantha”, Infinity-1 è il progetto spaziale voluto dal Liceo Scientifico “Enrico Medi” di Montegiorgio (FM) e un prezioso esempio di didattica sperimentale.

A cura dei docenti dell’istituto, Ettore Antolini, prof. Andrea Vallorani, prof.ssa Chiara Vitali, il progetto ha coinvolto ben 19 studenti e ha condotto alla realizzazione, lancio e recupero di un pallone sonda volto a raccogliere alcuni dati dell’atmosfera e i gas serra in essa contenuti.

Il racconto dettagliato delle fasi di preparazione, progettazione, valutazione dei costi, valutazione del peso sostenibile, pressione e quantità di gas necessario, calcolo della traiettoria, calcolo del punto di rottura, sono passaggi coinvolgenti raccontati con dovizia senza mai annoiare rendendo partecipe il lettore dell’esperienza fino a sentirsi soddisfatto per il successo davvero meritato.

Ecco le parole degli autori:

“Precisiamo sin da subito che il progetto nasce come attività didattica per alunni di scuola superiore quindi gli obiettivi sono stati calibrati in modo da favorire la buona riuscita sia dell’attività sperimentale e di ricerca sia dell’aspetto didattico e di formazione personale dei discenti.

Figura 2 – Studenti al lavoro in una fase di preparazione del lancio

Progetti di questo tipo sono eccellenti laboratori di formazione in cui sperimentare il lavoro in team, l’applicazione del metodo scientifico, la creatività ed il pensiero logico. Per questo motivo le attività sono state pensate in modo da porre gli studenti di fronte a compiti di realtà altamente sfidanti per cercare di stimolarli a ideare le proprie strategie risolutive lavorando in squadra. In didattica, tutto ciò rappresenta un valore aggiunto in quanto permette di uscire dai binari classici dell’insegnamento e preparare al meglio lo studente anche su competenze trasversali e soft skill difficilmente potenziabili con un approccio tradizionale.

Ritornando agli obiettivi specifici del progetto, il tutto è nato dal desiderio di realizzare un’attività interdisciplinare che legasse i saperi umanistici con quelli scientifici. Il tema dell’infinito, che nel percorso liceale ritorna continuamente e viene studiato in quasi tutte le discipline, ci è sembrato sin da subito il filo conduttore ideale per costruire un lavoro in grado di coinvolgere ed emozionare gli studenti. Il concetto di infinito ci porta naturalmente ad alzare lo sguardo verso il cielo e poi oltre, verso gli spazi immensi dell’Universo. E per staccare i piedi da terra, non solo con l’immaginazione, si è pensato allora ad uno strumento ampiamente conosciuto ma al tempo stesso ancora affascinante quale è il pallone aerostatico. Documentandoci in Internet, ci siamo resi conto che sarebbe stata una soluzione alla nostra portata sia per il budget che per le capacità tecniche richieste.  All’emozione del volo bisognava però unire un valido esperimento scientifico ed è per questo che si è pensato di realizzare uno strumento in grado di eseguire delle misurazioni durante il percorso del pallone. Con il prezioso aiuto del prof. Ettore Antolini la scelta è ricaduta sulla misurazione dei gas serra presenti nell’atmosfera. Per gas serra si intendono tutti quei gas, sia naturali che di origine antropica, considerati responsabili dell’effetto serra. In particolare, si è scelto di misurare le concentrazioni di anidride carbonica (CO2), monossido di azoto (NO), biossido di azoto (N2O), metano (CH4) e di ozono (O3) a vari livelli di altitudine per poterli poi confrontare con i dati ufficiali pubblicati dal CNR e studiarne così la presenza in atmosfera e l’incidenza nel fenomeno del riscaldamento globale. Naturalmente l’obiettivo delle misurazioni è stato quello di raccogliere dati per uno studio didattico dell’argomento con la consapevolezza che essi provengono da una strumentazione non professionale e sono limitati nel tempo e nello spazio.

Per chi volesse visionarli, sono disponibili nel sito del progetto sottoforma di open-data. Li abbiamo condivisi con la speranza che possano essere di utilità anche per altri esperimenti scientifici, ad esempio come base di confronto per ulteriori rilevazioni…..”

“… La prima sfida da superare è stata quella di assemblare il tutto rimanendo nel peso limite di 800g (carico massimo che il modello di pallone è in grado di trasportare). In un primo prototipo di sonda, nonostante le dovute accortezze, abbiamo sforato la soglia di oltre 200g costringendoci a ripensare alle scelte fatte ed individuare le parti da eliminare. Decisione non semplice perché qualsiasi componente già inserito rivestiva un ruolo chiave. A malincuore, non potendo fare a meno dei dispositivi per le riprese e la localizzazione, si è presa la decisione di eliminare parte del circuito per la rilevazione dei gas serra. Dei previsti cinque sensori alla fine ne sono stati montati solo due (CO2 ed Ozono), gli altri tre, sebbene testati e pronti per l’installazione sono dovuti rimanere a terra.

Figura 6 – Gonfiaggio del pallone aerostatico

Si riporta, di seguito, la lista dei componenti alla fine montati e il relativo peso:

Sonda: involucro esterno 295 g
Sonda: tracker GPS con SIM dati per la geolocalizzazione 128 g
Sonda: circuito rilevazione gas serra, temperatura esterna ed umidità 120 g
Sonda: rilevatore di altitudine e temperatura interna 47 g
Sonda: action-cam e batterie supplementari 149 g
Paracadute 46 g
Corda con indice di resistenza di 230N 16 g

Peso totale 801 grammi.

…. ” continua su COELVM 262

 

“Per Desiderio” docu-film alla Normale di Pisa

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Appuntamento per il 27 maggio a Pisa per la prima proiezione di “Per-Desiderio”

Il progetto nasce dall’idea di Paola Tricomi, dottorata alla Normale di Pisa, e rappresenta un viaggio tra le immagini del cielo, da un punto di vista scientifico, fotografico e letterario. Un racconto che si snoda attraverso le interviste ai protagonisti, che si alternano portando in luce il loro rapporto con la volta celeste, esaminato da diverse prospettive.
Tra gli altri protagonisti troveremo l’Astrofotografa (e autrice di Coelum Astronomia) Teresa Molinaro, l’Astrofotografo Marco Meniero, l’Astronauta Luca Parmitano, il Professore Andrea Ferrara. La sceneggiatura è di Paola Tricomi, Andrea Orlando e Francesca Moscarella, il docufilm è stato prodotto da Ecoframes con il sostegno della Scuola Normale Superiore di Pisa, della Scuola Superiore di Catania e dell’Università degli Studi di Catania.

La prima di “Per desiderio” si terrà a Pisa, nella Sala Azzurra della Scuola Normale Superiore, in data 27 maggio alle ore 15, alla presenza della giornalista Rai Paola Severini, del Direttore della Normale di Pisa Luigi Ambrosio e dei docenti della scuola pisana Prof. Andrea Ferrara (ordinario di Astrofisica e Cosmologia) e Prof.ssa Ilaria Pavan (associato di Storia Contemporanea e delegata del rettore alle Pari Opportunità. Alla proiezione precederá, in data 23 maggio alle 16.30, l’inaugurazione di una mostra fotografica presso i locali della Torre del Conte Ugolino e del Chiostro della Scuola Normale di Pisa.

Saranno esposte le fotografie donate dai protagonisti del documentario: il gruppo di astrofisica e cosmologia della Scuola Normale Superiore (immagini tratte dal telescopio astronomico “James Webb”), l’astronauta Luca Parmitano (scattate durante le sue passeggiate nello spazio) e i fotografi Marco Meniero, Teresa Molinaro e Riccardo Agnello. La mostra sarà organizzata successivamente anche a Catania ed è un modo per avvicinare il pubblico spettatore al mondo dell’astrofotografia e dell’osservazione del cielo e accompagnarlo prima alla visione del film attraverso immagini mozzafiato ed esperienze sensoriali. Sarà un vero e proprio spazio culturale con letture di poesie e conferenze pubbliche sul tema del cielo e chi volesse, su prenotazione, potrà vivere un’esperienza di immersività con visore VR che permetterà l’osservazione delle stelle.
Per tutte le informazioni e prenotazione www.desidus.org.

News da Marte #16

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Bentornati su Marte!
In questo 16esimo appuntamento della rubrica vediamo le ultime notizie sulla missione del rover cinese Zhurong e le più recenti operazioni di Curiosity e Perseverance. Ne approfittiamo anche per un piccolo approfondimento tecnico di astrofotografia marziana. Si parte!

Zhurong ancora al buio
Alla fine di aprile è arrivata finalmente una comunicazione ufficiale dall’agenzia spaziale cinese CNSA sullo stato del suo primo rover ad operare sulla superficie di un altro pianeta, Zhurong, nell’ambito della missione Tianwen-1 (che include anche l’omonimo orbiter). Il silenzio era legato alla situazione incerta del robot, che non si è ancora risvegliato dallo stato di ibernazione in cui è stato programmato a maggio dello scorso anno. Ne ho parlato nella passata News da Marte #9.

La CNSA ha confermato, come del resto ipotizzato da alcuni mesi dalla comunità scientifica, i problemi di alimentazione del rover. È evidente che allo stato attuale non è ancora stata ottenuta una produzione di energia sufficiente ad alimentare i sistemi per uscire, in modo automatico, dall’ibernazione. La spiegazione più probabile è che grandi quantità di sabbia e polvere si siano accumulate sui pannelli. I tecnici cinesi mantengono tuttavia ancora un atteggiamento di fiducia sulla prosecuzione della missione grazie alle capacità del rover di resistere alle basse temperature.

Zhang Rongqiao, capo progettista della missione Tianwen-1, in una intervista al network asiatico CCTV ha snocciolato qualche numero: una copertura del 20% dei pannelli secondo i calcoli inizia a generare dei problemi di alimentazione; 30% richiede condizioni di illuminazione molto intensa per un risveglio; 40% di copertura significa missione fatalmente compromessa e rover destinato a non riprendere funzionalità. Il solstizio d’estate, previsto il 12 luglio, potrebbe essere quindi il termine ultimo per le speranze cinesi. Nel momento in cui il rover si risvegliasse sarebbe possibile intervenire con i comandi di movimentazione dei pannelli solari, liberandoli così dalle particelle di sabbia più grosse che non subiscono gli effetti di attrazione elettrostatica.

In questi mesi, nonostante il silenzio da parte dell’agenzia CNSA, la comunità scientifica mondiale ha avuto modo di dare una sbirciatina a Zhurong grazie alle immagini della camera HiRISE di Mars Reconnaissance Orbiter. A febbraio la NASA ha infatti diffuso una combinazione di foto riprese tra marzo 2022 e febbraio 2023.

Sequenza di immagini dell’area dove è fermo il rover Zhurong. NASA/JPL/University of Arizona

In queste immagini dal dettaglio impressionante distinguiamo con discreta chiarezza il rover Zhurong come un puntino di colore azzurro e persino l’ombra che proietta al suolo. E abbiamo così una conferma del fatto che, tra settembre e febbraio, il robot non si sia effettivamente mosso dalla posizione in cui è stato ibernato il 18 maggio 2023.

Un altro prelievo per Curiosity
Il mese di maggio, per il veterano dei rover, ha visto alcuni brevi spostamenti finalizzati all’avvicinamento ad alcune rocce interessanti che sono state battezzate Ekeni, Fazendinha e Sao Miguel. In questa fase le investigazioni scientifiche hanno coinvolto numerosi strumenti: le MastCam con i loro filtri a banda stretta; la ChemCam grazie al suo laser; MAHLI, camera macro montata sul braccio robotico; APXS, spettrometro a raggi-X simile a PIXL di Perseverance. Curiosity è stato comandato anche per eseguire delle panoramiche della zona come questa a 360° che vi presento composta da 141 singole immagini.

Panoramica di Curiosity del Sol 3815. NASAJPL-Caltech/Piras

Un’altra roccia, Ubajara, ha focalizzato le attenzioni dei geologi. Dopo alcuni Sol di osservazioni fotografiche aggiuntive, necessarie per capire la fattibilità di utilizzo del Dust Removal Tool, è stato possibile procedere con i piani di attività e svolgere un po’ di contact science.

Lo strumento DRT di Curiosity che consiste in una coppia di spazzole metalliche rotanti. NASA/JPL-Caltech
Curiosity impegnato nella pulizia della roccia Ubajara, Sol 3819 (5 maggio). NASA/JPL-Caltech
Abrasione superficiale completata come testimonia questa immagine ravvicinata della camera MAHLI montata sulla torretta multifunzione del rover, Sol 3819. NASA/JPL-Caltech

Le successive indagini su Ubajara hanno confermato la validità scientifica del target. Rispetto alla regione denominata Marker Band visitata alcuni mesi fa, ora Curiosity si trova alcune centinaia di metri più a sud e circa 25 metri più in alto rispetto all’ultimo prelievo di roccia eseguito nell’area Tapo Caparo

Nei Sol successivi Curiosity ha eseguito le consuete verifiche di precarico (pre-load test), appoggiando la punta del trapano su quattro punti della roccia da perforare. Questo viene fatto in modo da appurare che le forze a cui sono sottoposti la punta e il braccio rispettino le previsioni. Test di questo genere vengono talvolta eseguiti anche di notte perché le enormi escursioni termiche su Marte portano il rover a sperimentare notevoli dilatazioni e restringimenti, che possono aumentare gli stress a cui gli apparati meccanici sono sottoposti. La verifica notturna viene eseguita nell’eventualità che le operazioni si prolunghino e costringano il rover ad operare con il braccio dispiegato anche durante le ore di buio.

Nel Sol 3823 è arrivato il via libera per la perforazione di Ubajara, con l’operazione che è stata eseguita con successo il 9 maggio.

Successivamente Curiosity ha inserito parte del campione nello strumento CheMin per le prime analisi. È seguita una pausa nelle attività per iniziare a preparare le successive indagini con lo strumento più potente a bordo del rover, Sample Analysis at Mars (o SAM).

La doppia imboccatura dello strumento SAM fotografato nel Sol 3824. NASA/JPL-Caltech

Questo apparato consuma una grande quantità di energia, perciò il suo funzionamento deve essere inserito con alta priorità nel resto delle attività di Curiosity. È per questa ragione che il rover è fermo nella stessa posizione da alcune settimane, ma non è una novità quando si svolgono le attività di prelievo.

Gli ultimi aggiornamenti ci raccontano delle analisi del campione attualmente in corso, con alcune serie di fotografie volte a documentare l’oscuramento atmosferico da parte delle polveri, la ricerca di diavoli di polvere e l’osservazione di piccole variazioni nella sabbia attorno al rover per intuire direzione e forza dei venti.

Ancora abrasioni per Perseverance
Il più avanzato rover marziano continua le sue attività sul bordo del cratere Belva. Dopo l’abrasione Solva di cui vi ho raccontato nel precedente aggiornamento, Perseverance ha eseguito un’analoga operazione su una roccia 20 metri più a sud-ovest.

Possiamo osservare questa attività velocizzata di 100 volte, nella realtà è durata circa 10 minuti.

Fotografia della recente abrasione denominata Ozuel Falls, Sol 788 (9 maggio). NASA/JPL-Caltech

I geologi sono estremamente interessati agli esiti che daranno le analisi spettroscopiche di questa roccia appena esposta, e la ragione sono i grani di notevoli dimensioni (per confronto, il diametro dell’abrasione è di 5 cm).
I grani più grandi offrono maggiori opportunità di analisi della composizione minerale utilizzando strumenti come PIXL (Planetary Instrument for X-ray Lithochemistry) e SHERLOC (Scanning Habitable Environments with Raman & Luminescence for Organics & Chemicals). Questi strumenti forniscono informazioni sulla composizione chimica e minerale dei campioni. La dimensione dei grani è importante perché grani più grandi permettono una migliore risoluzione degli strumenti, facilitando così l’analisi della loro composizione.

Dal punto di vista geologico vale la pena soffermarsi sulla differenza tra grani polimineralici e monomineralici: i grani polimineralici sono composti da più di un minerale, mentre quelli monomineralici sono costituiti da un unico tipo di minerale. I grani polimineralici possono indicare la presenza di rocce di origine diversa nella zona di interesse, suggerendo la presenza di terreni di provenienza potenzialmente differenti.

Inoltre, i grani più grandi che sono polimineralici potrebbero conservare minerali che altrimenti non sarebbero sopravvissuti al trasporto sotto forma di grani individuali a causa delle loro dimensioni ridotte o della loro suscettibilità alla degradazione. Ecco spiegata l’importanza dello studio di Ozuel Falls.

Astrofotografia paesaggistica…da Marte
Scavando tra le recenti immagini di Perseverance ho trovato due coppie di immagini scattate dalle sue MastCam-Z. Il rover ha azionato sia la camera di sinistra che di destra, nel seguito dell’articolo farò riferimento solo alle immagini prodotte da quest’ultima ma il discorso si può applicare equivalentemente anche alle altre due immagini.

Immagini originali, Sol 785. NASA/JPL-Caltech

Si tratta di due lunghe esposizioni eseguite una di seguito all’altra durante la notte del Sol 785, quando in orario marziano era da poco passata la mezzanotte.

La luminosa scia di questi scatti è la luna maggiore di Marte, Phobos.
Visto che conosciamo con precisione la posizione di Perseverance e il momento dello scatto, possiamo provare a inserire questi dati in Stellarium e simulare la visuale risultante.

Data: 05/05/2023
Ora (corretta per il fuso orario italiano): 20:48:56
Coordinate: N 18° 26′ 44.52″ E 77° 27′ 2.87″
(in base alla vostra versione di Stellarium potrebbero essere già precaricate le coordinate di Perseverance. Visto che non siamo interessati a simulare particolari allineamenti possiamo trascurare di settare l’altitudine o una correzione per l’effettiva posizione del rover che dal momento dell’atterraggio si è spostato verso ovest di svariati km).

Con questi settaggi, qui corredati dalla simulazione del campo inquadrato dalla MastCam-Z a 26 mm di focale, otteniamo una fedele rappresentazione della visuale di Perseverance.

Le immagini risultano parecchio disturbate, sia da hot pixel che da numerose strisciature. Sono stato incuriosito da queste ultime, che sono orientate in due direzioni: verticali (numerosissime e parecchio intense) e, molto più deboli, oblique. Dal momento che nei minuti dello scatto il rover “guardava” molto vicino all’orizzonte (come documentato nei metadata delle immagini e confermato da Stellarium), l’angolo con cui le strisciature sono inclinate è compatibile con il movimento delle stelle alla latitudine di Perseverance.
Però le immagini sono inondate da rumore digitale, c’è un modo per provare a ridurlo?
Sì!

Mentre i due frame di cui sopra sono stati scattati con il filtro RGB della MastCam-Z, un terzo fotogramma è stato acquisito, pochi minuti prima, con il filtro solare ND5 con una trasmissibilità di solo lo 0.001%. Abbiamo così a disposizione quello che nel gergo fotografico si chiama dark frame: un’immagine che non presenta fonti luminose ma esclusivamente il disturbo digitale del sensore di acquisizione. Il dark frame viene matematicamente sottratto ai fotogrammi con informazione (i light frame) per migliorare l’immagine risultante.

Dark frame della MastCam-Z. NASA/JPL-Caltech

Ho potuto così combinare i due light frame e il singolo dark frame, una rapida sistemata ai livelli (ma non sono certo un elaboratore esperto) ed ecco a voi il risultato.

Phobos e startrail! NASA/JPL-Caltech/Piras

Uno startrail dalla superficie di Marte. C’è ancora un po’ di rumore residuo ma l’immagine è impressionante. Per aiutarci nel riconoscimento delle stelle ci viene ancora una volta in soccorso Stellarium che ci dà una mano a orientarci in questa regione di cielo a metà tra la costellazione di Orione e quella del Toro, rappresentate degnamente dalle loro alpha: Betelgeuse e Aldebaran. Perseverance si trova nell’emisfero nord di Marte, quindi ogni astrofilo sa riconoscere in quest’immagine un campo stellare che va a tramontare verso ovest.

Ritroviamo il profilo dell’orizzonte marziano nelle foto diurne della regione, in particolare in un’immagine scattata con la Right NavCam il giorno prima dell’osservazione di Phobos.

Right NavCam, Sol 784. NASA/JPL-Caltech/Piras

L’ultima considerazione sulla foto dello startrail riguarda le scie delle stelle e di Phobos, estremamente diverse tra loro in lunghezza.

Mentre le scie stellari sono dovute unicamente alla rotazione apparente del cielo, la scia di Phobos è invece dominata in massima parte dalla sua velocità orbitale attorno a Marte. La piccola luna compie un’orbita in meno di 8 ore, con il risultato che si sposta verso est molto più rapidamente della rotazione del cielo verso ovest: nel corso della lunga esposizione di Perseverance le scie delle stelle si disegnavano verso il basso mentre quella di Phobos si allungava verso l’alto.

Chiudo questo lungo articolo con un piccolo test per veri nerd dell’astronomia: provare a stimare la durata dell’esposizione delle due foto di Perseverance.
L’unico dato tecnico che dovrebbe servirvi riguarda il campo inquadrato della foto, che alla focale di 26 mm è pari a 25.6° x 19.2°. Suggerimento: servitevi delle immagini originali che metto a disposizione qui sotto, e occhio alla risoluzione.

Se avete piacere di cimentarvi nel calcolo, lasciate un commento nell’articolo o sui social con la vostra risposta. Vi darò la soluzione nel prossimo appuntamento di questa rubrica. Avviso: non usate i timestamp delle foto, in questo caso sono parecchio inaffidabili. E non vale usare Stellarium!
Le immagini originali (con cui vi incoraggio anche a provare delle rielaborazioni personali per ottenere dei risultati migliori dei miei) sono le seguenti:

https://mars.nasa.gov/mars2020-raw-images/pub/ods/surface/sol/00785/ids/edr/browse/zcam/ZR7_0785_0736583513_456ECM_N0390926ZCAM01071_0260LMJ02.png

https://mars.nasa.gov/mars2020-raw-images/pub/ods/surface/sol/00785/ids/edr/browse/zcam/ZR0_0785_0736583638_456ECM_N0390926ZCAM01071_0260LMJ02.png

https://mars.nasa.gov/mars2020-raw-images/pub/ods/surface/sol/00785/ids/edr/browse/zcam/ZR0_0785_0736583778_456ECM_N0390926ZCAM01071_0260LMJ02.png

Anche per oggi è tutto da Marte, alla prossima!

IL SOLE VARIABILE E L’UOMO: STORIA DI UNA LUNGA CONVIVENZA

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Composizione dell’irradianza solare totale dal 1978 al 2014, realizzata dalla NASA in collaborazione con il“National Institute of Standards and Technology” (NIST). Credits: Greg Kopp, LASP, University of Colorado / NASA

IL SOLE VARIABILE E L’UOMO:

STORIA DI UNA LUNGA CONVIVENZA

di Valentina Penza, Francesco Berrilli, Luca Bertello, Matteo Cantoresi e Serena Criscuoli

Cercando di districarsi nel quadro complesso di agenti che influenzano in maniera più o meno significativa la temperatura della nostra atmosfera, e quindi il clima della Terra, lo studio sostenuto dal team autore di questo articolo vuole concentrare l’attenzione sulla definizione di “Energia Totale Emessa dal Sole”, sulle difficoltà di determinarne le variazioni storiche e la stima del suo valore.

Nell’approfondimento di oltre 10 pagine pubblicato in COELVM 262 gli autori introducono la Storia dello studio del Sole ed in particolare della sua Irradianza, cioè lo specifico agente che influenza in maniera diretta il Clima della nostra Terra, tuttavia c’è indubbiamente molta incertezza ed è proprio in un simile ambiente che proliferano le speculazioni che si ripercuotono anche sulla percezione del Climate Change.

Lo studio degli astronomi dell’Università di Tor Vergata insieme ad un team statunitense fissa un ennesimo mattoncino per costruire una teoria completa ed inattaccabile.

Nelle righe a seguire una preview dell’approfondimento disponibile in COELVM ora in distribuzione.

  1. Il Sole ed il clima terrestre

Il sistema climatico terrestre è un sistema dinamico tra i più complessi da studiare, in quanto le componenti che costituiscono il pianeta sono differenti in composizione e stato (atmosfera, idrosfera, criosfera, litosfera) ed interagiscono fra loro. Inoltre, ad esse si aggiunge la cosiddetta “quinta sfera”, rappresentata dalla vita organica (biosfera) che a sua volta modifica ed altera le precedenti sia in maniera che possiamo definire “naturale” (pensiamo ad esempio alla fotosintesi clorofilliana) che attraverso forzanti antropogeniche, come l’immissione di origine industriale di gas serra e lo sfruttamento intensivo del suolo.

A queste dinamiche, che potremmo definire interne, si sommano influenze esterne come le eruzioni vulcaniche e la variabilità dell’emissione di solare. In realtà, all’emissione totale di una stella si attribuisce generalmente il ruolo principale nella definizione di “zona di abitabilità” di un sistema planetario, ovvero l’area intorno ad una stella dove esistono le condizioni sulla superficie di un pianeta orbitante per la presenza acqua liquida. È quindi evidente come tale quantità, in qualità di sorgente di energia primaria, rivesta un’importanza determinante nel forgiare le caratteristiche climatiche di un pianeta.

Questa immagine mostra una spettacolare macchia solare con la Terra artificiosamente posizionata accanto per dare idea della scala di misura. L’immagine fu acquisita con lo strumento CRISP del telescopio solare svedese sull’isola La Palma in Spagna. Credits: Vasco Henriques, Dan Kiselman (ISP/Stockholm)

La Terra è stata soggetta da sempre a cambiamenti climatici su tempi scala molto lunghi e precedenti a quelli in cui l’attività umana possa aver giocato un ruolo importante, dovuti a variazioni del bilancio energetico del pianeta tra radiazione in entrata ed in uscita. Per ognuno di essi, da quelli più estremi come le ere glaciali a quelli più locali, come il cosiddetto periodo caldo medioevale o la piccola era glaciale del XVII secolo, le cause vanno ricercate in maniera puntuale e specifica.

Trattandosi di una questione di “bilancio energetico”, i meccanismi principali chiamati in causa sono fondamentalmente tre:

  • il cambiamento della radiazione solare in entrata (ad esempio per modifiche dell’orbita terrestre o del Sole stesso);
  • il cambiamento della cosiddetta “albedo”, ossia della frazione di radiazione solare riflessa (ad esempio per cambiamenti della copertura di nubi, della quantità di particelle di aerosol o della copertura di terraferma);
  • alterazione della percentuale di radiazione a lunghezza d’onda maggiori, come quelle infrarosse, riemesse nello spazio (ad esempio per cambiamenti di concentrazioni di gas serra nell’atmosfera).

A questo si aggiungono effetti locali, come la ridistribuzione del calore dovuta ai venti ed alle correnti oceaniche o fenomeni estremi come grandi eruzioni di vulcani o impatti di asteroidi.

Tutti questi fenomeni contribuiscono – insieme od alternativamente – a spiegare il susseguirsi di periodi climatici differenti sulla Terra, a partire dalle ere glaciali che sembrano presentare cicli sufficientemente regolari con forte correlazione alle variazioni dei parametri orbitali terrestri (i cosiddetti cicli di Milankovich). L’orbita terrestre può influenzare l’apporto di energia solare alla superficie attraverso la variazione di tre caratteristiche principali: l’eccentricità (ossia il valore di schiacciamento dell’ellissi orbitale), l’obliquità (cioè l’angolo formato dall’asse di rotazione terrestre rispetto al piano su cui giace il moto orbitale, detto eclittica) e la precessione (il fenomeno per il quale l’asse terrestre stesso subisce un movimento rotatorio rispetto alle stelle fisse).

In realtà una spiegazione esaustiva dell’intero fenomeno è ancora un’area molto attiva della ricerca scientifica, in quanto entrano in gioco processi fisici non lineari che possono amplificare – o per contro attutire – l’effetto di tali variazioni. Ad esempio, un periodo di glaciazione può risultare amplificato dalla conseguente diminuzione di concentrazione di anidride carbonica oppure dall’aumento di albedo dovuto alla crescita di frazione di area coperta da ghiacci. Secondo un’affascinante ipotesi del geologo Joseph Kirschvink, è possibile che la Terra abbia attraversato un periodo – tra i 590 e i 900 milioni di anni fa – in cui fosse completamente ricoperta di ghiacci. A tale fenomeno è stato dato il colorito nome di “Snowball Earth” (Terra a palla di neve). Essa sembrerebbe una situazione anche priva di “via di uscita”; si suppone che la “scappatoia” sia stata fornita da fortissime eruzioni vulcaniche che hanno re-immesso nell’atmosfera sufficienti gas serra da consentire lo scioglimento dei ghiacci.

Il ruolo dell’anidride carbonica, e dei gas serra in generale, è dirimente anche nei periodi più caldi, durante i quali, ad esempio, i geologi hanno traccia che la Terra fosse completamente priva di ghiacciai e che coincidono con quelli in cui i livelli di anidride carbonica erano più alti.

In questo complicatissimo quadro, s’inserisce l’ulteriore fattore della variabilità intrinseca dell’energia emessa dal Sole. Anche trascurando tutti i fenomeni legati all’attività magnetica della nostra stella, il Sole…. ”

Per ricevere la copia della rivista Coelum Astronomia n°262 III bimestre 2023

Il Team ShaRA colpisce ancora!

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Immagine finale di GUM14/15 ottenuta dalla fusione dei singoli contributi Crediti @ShaRATeam

ShaRA#4 (part I)

Proposta 1: Bubbles&Bubble

by Alessandro Ravagnin, Andrea Iorio &ShaRA Team

Continua il lavoro frenetico del team ShaRA che in questi mesi ci stupisce con produzioni eccezionali. A fare la differenza la modalità “squadra” e la capacità di lavorare coordinati, dalla scelta di ambiziosi soggetti alla composizione finale pesata in base all’impegno di ciascuno e dei voti. Insomma un complesso e delicato meccanismo ma che rappresenta per un unico in Italia.

Coelum ha scelto di collezionare i successi di ShaRA team dedicando uno spazio fisso. Se avete perso le puntate precedenti le trovate in Coelum 258 e Coelum 261

Nuovo e difficilissimo target per questa nuova puntata: GUM14/15 ma la sfida è stata accolta con entusiasmo e in home di questo articolo trovate il risultato frutto delle composizione dei contributi pesati di tutti i membri (le singole elaborazioni sono disponibili in Coelum 262 )

Serendipità: una bolla inaspettata

Durante l’elaborazione dei dati, il Team ha notato la presenza di un oggetto nel campo ripreso dal T5 (un RH200mm f//2) durante la sessione su GUM14/15. Un oggetto molto piccolo ma tuttavia decisamente evidente nella periferia del campo inquadrato con la forma tipica di una nebulosa planetaria, dagli accesi colori rossi e verdi. Abbiamo subito cercato nei cataloghi amatoriali tracce di questo oggetto ma, non trovando assolutamente niente, siamo passati agli archivi degli scatti ma anche qui con poco successo, se non nelle riprese a largo campo fatte su GUM14.

L’oggetto misterioso Crediti: Shara Team

 

A seguire abbiamo iniziato le ricerche nei database astronomici che si son concluse grazie all’archivio SDSS (Sloan Digital Sky Survey), così finalmente avevamo il codice del nostro oggetto ed una pagina di un vecchio catalogo cartaceo che ne descriveva le principali caratteristiche. Si tratta di ….

⁉⁉⁉ La soluzione del mistero a pagina 38 di Coelum Astronomia 262 III bimestre 2023

 

 

AstroFOLLI a caccia di Eclissi – 1° parte

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Composizione artistica eclissi 20 aprile 2023 di Andrea Tomacelli e Anna Rendina

Eclissi di Sole Ibrida del 20 aprile – folli in azione

di Andrea Tomacelli e Anna Rendina

 

Lo scorso 20 aprile si è aperto il sipario sull’eclisse di Sole totale. Fascia di Terra interessata: Australia e buona parte dell’oceano, non proprio un’eclissi fortunata per le osservazioni.

Quasi subito si sono diffusi nel web i primi scatti ad opera di entusiasti appassionati stranieri o facilitati a raggiungere il posto “migliore”. Non ci aspettavamo di ricevere in redazione gli scatti di quelli che abbiamo definito AstroFolli italiani, capaci di partire dall’Italia con nello zaino la strumentazione per immortalare quei pochi secondi. In PhotoCoelum del numero 262 è pubblicata la cronostoria completa di ben due testimonianze.

Nelle righe a seguire alcuni scatti e parte delle parole che li hanno accompagnati scritti da Andrea Tomacelli e Anna Rendina, che ringraziamo per la vivacità trasmessa anche con scatti diciamo più creativi!

Combinazione di 11 foto della durata dell’eclissi
Canon EOS 600D + Tamron 70-300 + Astrosolar
Crediti: Andrea Tomacelli e Anna Rendina

 

“Cinque aerei, due treni, 2800km in auto valgono 58 secondi? Stiamo parlando dell’eclissi di Sole che si è verificata lo scorso 20 aprile. …..

…..

La scelta su cosa vedere, eclissi anulare o totale, però, è stata obbligata dalle uniche terre emerse interessate dal cono d’ombra: l’Indonesia orientale, l’isola di Timor Est e la piccola cittadina di Exmouth posta nella penisola nord occidentale dell’Australia. Così alla fine la scelta è stata facile: visto che l’anularità si sarebbe verificata in pieno oceano indiano, abbiamo optato per quel piccolo lembo di terra, casa di canguri ed emù, bagnato dall’oceano indiano e protetto dalla barriera corallina. Dopo un po’ di indecisione iniziale per un viaggio così lungo mia moglie ed io decidiamo di partire.

La prima domanda a cui rispondere in fase di preparazione è stata: quale strumentazione ci portiamo per vederla? L’ideale sarebbe stato il telescopio, ma essendo un viaggio di molti giorni con biglietti in economy class il compromesso è stato inevitabilmente drastico fra il necessario per sopravvivere quindici giorni in zone isolate e recondite e gli strumenti. Perciò, dopo una dolorosissima cernita siamo partiti con un binocolo 20×60, un monocolo zoom 20×60, una Canon 600D, una Canon M50 mark II e tutti gli obiettivi che sono entrati in zaino perché dopotutto vai a vedere l’eclissi, ma c’è anche una parte di continente da visitare!

Partiti da Firenze in treno fino a Roma e poi dritti da Fiumicino a Perth con una piccola sosta a Dubai per sgranchire le gambe. Alla dogana mi chiedono di aprire lo zaino, senza battere ciglio e sfoggiando il mio miglior sorriso con sguardo ammiccante apro lo zaino, alla vista di fotocamere, binocoli, batterie, scotch, obiettivi e diavolerie varie ed eventuali l’addetto alla sicurezza comincia a ridere ed esclama: ”Eclipse?” e allora, fiero, esclamo: ”Yeah”. Ed è proprio nella terra degli Emiri che ho cominciato a pensare che in quell’armadio che definivo “zaino” avevamo messo troppa roba ma che forse, in fondo, non eravamo gli unici a fare quella folle traversata: non eravamo soli.”….

Totalità Canon EOS 600D f/5.6 1/30sec iso100 300mm di Andrea Tomacelli e Anna Rendina

 

Il racconto, con tutte le immagini dell’eclissi, continua su Coelum Astronomia n°262 III bimestre 2023

ALMA compie 10 anni. Buon compleanno!

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Il telescopio ALMA dell’ESO compie già 10 anni

Uno dei doveri di una rivista di settore è scandire il tempo. Tenere il conto degli avanzamenti, riportare l’attenzione su strumenti ed eccellenze, dare voce e visibilità alla collaborazione e alla coesione internazionale, fissare i mattoni su cui poi si baseranno nuove e sensazionali scoperte. Le notizie poi, quelle davvero importanti su scoperte o ricerche capaci di condizionare il corso della storia, arrivano ed arriveranno, ma tutto il processo è molto più lento e serio di quanto il web non voglia farci credere.

10 anni di collaborazioni, prestigio, eccellenze, cooperazione: ALMA è tutto questo ed ogni appassionato di astronomia dovrebbe subire il suo fascino, uno strumento immenso.

Il telescopio ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) dell’ESO (European Southern Observatory o Osservatorio Europeo Australe, in italiano) compie i suoi primi dieci anni, durante i quali ha regalato scoperte rivoluzionarie ed emozioni crescenti. Per festeggiarlo, gli autori dell’articolo hanno deciso di dedicargli dieci cartoline, una per ogni anno passato insieme.

Siete pronti per il viaggio?

Cos’é ALMA

ALMA è il più grande progetto in campo astronomico attualmente esistente: opera nella banda millimetrica e sub-millimetrica e si trova sull’altopiano di Chajnantor, nel deserto cileno di Atacama, a un’altezza di circa 5.000 m sul livello del mare.

L’altopiano in cui si trova ALMA a 5000 metri sul livello del mare.

È una collaborazione internazionale tra l’ESO, la statunitense National Science Foundation (NSF) e il National Institute of Natural Science (NINS) del Giappone; i quali a loro volta cooperano con il Cile che ospita il radiotelescopio formando il Joint ALMA Observatory (JOA).

Sull’altopiano di Chajnantor si trovano le antenne e le strutture operative note come Array Operation Site (AOS), mentre a 2.900 metri, una quota dove risulta meno difficoltoso lavorare, si trovano tutte le strutture di supporto, note come Operation Support Facility (OSF), dedicate al personale non coinvolto fisicamente con il radiotelescopio. I dati raccolti ed elaborati a Chajnantor vengono inoltrati a Santiago del Cile dove sono immagazzinati nel database centrale per essere poi inviati ai centri regionali, sparsi nelle varie sedi del mondo: gli ALMA Regional Center (ARC); è da qui che il ricercatore inizia il suo lavoro per trasformare i bit raccolti da ALMA in risultati utili alla nostra conoscenza dell’Universo.

Il radiotelescopio è composto da un insieme di 66 antenne paraboliche, disposte su un territorio vasto fino a 16 km, sfruttando l’interferometria per ottenere immagini di gran lunga più definite di quelle realizzabili con una singola antenna.

Il campo di indagine di ALMA non è visibile ad occhio nudo: la banda millimetrica e sub-millimetrica, confinante con la banda radio da una parte e quella infrarossa dall’altra dello spettro elettromagnetico, quell’intervallo dello spettro in cui si osservano regioni dell’Universo altrimenti oscurate da polveri. ALMA infatti è progettato proprio per indagare il Cosmo e la sua evoluzione di oltre 13 miliardi di anni, catturare i dettagli delle regioni di formazione planetaria, ricercare gli ingredienti della vita in regioni lontane dal Sistema Solare, identificare la struttura delle galassie e la distribuzione delle molecole in nubi in esse contenute, tutti oggetti troppo freddi per essere osservati nella banda della luce visibile.

La nascita di ALMA

Le origini di ALMA risalgono agli ultimi decenni del XX secolo, quando la comunità scientifica matura la necessità di costruire un potente radiotelescopio, dalle caratteristiche paragonabili a quelle che conosciamo oggi, in grado di osservare nella banda millimetrica e submillimetrica.

Tre istituzioni, l’ESO, l’NRAO e l’NAOJ mettono sul tavolo ciascuno un progetto ambizioso, diverso per la dimensione delle parabole e per il loro numero. Per fortuna si comprende presto l’estrema difficoltà, se non addirittura l’utopia, di realizzare le singole proposte senza una collaborazione: prevale dunque l’idea di unificare gli sforzi.
La scelta del sito è uno dei primi problemi da affrontare: la necessità di avere un clima estremamente secco pone un vincolo stringente, così come la disponibilità di una superficie estesa e piana su cui disporre le numerose antenne. Si escludono dunque luoghi come il Nuovo Messico (USA), Mauna Kea (Hawaii, USA) e il Plateau de Bure (Francia). Viene in aiuto l’esperienza dell’ESO in Cile: le condizioni uniche del Deserto di Atacama sono le più favorevoli all’impresa.

Antennas of the Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), on the Chajnantor Plateau in the Chilean Andes. The Large and Small Magellanic Clouds, two companion galaxies to our own Milky Way galaxy, can be seen as bright smudges in the night sky, in the centre of the photograph.

Le misure con palloni sonda nei dintorni di San Pedro de Atacama, nel 1995, confermano che l’altopiano di Chajnantor è perfetto in ogni senso. La strada è segnata! Nel 1999 l’ESO e l’NRAO firmano un primo memorandum, poi condiviso anche dall’NAOJ due anni dopo; rapidamente si giunge alla posa della prima pietra nel 2003.

I lavori di costruzione non sono affatto facili: le condizioni tanto perfette per le osservazioni si rivelano altrettanto difficili per le operazioni di costruzione e trasporto del materiale. La mancanza di ossigeno, in particolare, rappresenta la causa delle principali complicazioni per le maestranze impegnate durante l’intero periodo di costruzione di ALMA.

La prima luce di ALMA risale al 2011 e immortala due galassie interagenti note come “Antenne” (guarda caso!) usando le prime 16 delle attuali 66 parabole. L’inaugurazione ufficiale risale al 17 marzo 2013: nel 2023 dunque festeggiamo i primi 10 anni di attività.

Le Antenne

……. —–> tutte le cartoline sulla storia, il presente e i futuro di ALMA sono su Coelum Astronomia n° 262 III bimestre 2023

Si ringraziano:

Roberto Volsa: Fisico e consulente informatico, appassionato divulgatore, collabora alla gestione dei canali social di ESO Italy
Clementina Sasso: Ricercatrice INAF, si occupa di fisica solare, coordinatrice del gruppo di gestione dei canali social di ESO Italy
Giovanna Fabiola Valverde: Specialista in comunicazione digitale per la ricerca, collabora alla gestione dei canali social di ESO Italy
Anna Wolter: Ricercatrice INAF, si occupa di osservazioni multibanda, responsabile per l’Italia della rete di divulgazione scientifica dell’ESO.

Juno missione gioviana si avvicina a Io

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Immagine raccolta da JunoCam di Io il 1 marzo 2023. Al momento del più stretto avvicinamento, Juno era a circa 51.500 chilometri da Io. Crediti NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS e Kevin M. Gill (CC BY)

La missione Juno della NASA si avvicina alla luna di Giove, Io

Le missioni spaziali durano anni e capita che per mesi non se ne senta più parlare. La fase di lancio è sempre fonte di attenzione, poi c’è il viaggio, nel buio e nel freddo dello spazio fra pianeti e satelliti. Durante quei giorni i team continuano a lavorare a prepararsi per l’arrivo, misurare costantemente la traiettoria e scattare immagini delle fasi di avvicinamento.

Così, fra un trasferimento da un satellite di Giove e l’altro, la sonda Juno a cui abbiamo dedicato il primo numero 254 del nuovo percorso di Coelum, resta in silenzio nelle cronache per poi riapparire ogni tanto con dei brevi aggiornamenti, in attesa dei momenti più caldi della missione.

La navicella spaziale Juno della NASA in questi giorni sta sorvolando la luna vulcanica di Giove, e poco dopo tornerà al gigante. Il sorvolo della luna gioviana sarà il più vicino fino ad oggi, a un’altitudine di circa 35.500 chilometri. Nel frattempo, già al terzo anno della missione, approfitterà per avvicinarsi e studiare anche gli anelli del gigante in cui risiedono altre lune.

Ad oggi, Juno ha effettuato 50 sorvoli di Giove e ha anche raccolto dati durante incontri ravvicinati con tre delle quattro lune galileiane: i mondi ghiacciati Europa e Ganimede e l’infuocata Io.

“Io è il corpo celeste più vulcanico che conosciamo nel nostro sistema solare”, ha dichiarato Scott Bolton, investigatore principale di Juno del Southwest Research Institute di San Antonio. “Osservandolo nel tempo su più passaggi, possiamo annotare come variano i vulcani: quanto spesso eruttano, quanto sono luminosi e caldi, se sono collegati da canali o da solitari e se la forma del flusso di lava cambia.”

Poco più grande della Luna, Io è un mondo in costante tormento stirato dalla gravità del suo enorme pianeta ma anche dall’effetto delle altre lune Europa e Ganimede.

Juno nasce per studiare Giove tuttavia nel corso dei mesi, anche se il sospetto era già maturato in fase di progettazione, oggi si dimostra estremamente potente ed utile anche per raccogliere dati sulle lune del pianeta. Facendo lavorare insieme JunoCam, il JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper), l’SRU (Stellar Reference Unit) e l’MWR (Microwave Radiometer) della navicella approfitterà dell’avvicinamento per studiare i vulcani di Io e il modo in cui le eruzioni vulcaniche interagiscono con la potente magnetosfera e le aurore di Giove.

La missione Juno della NASA si avvicina alla luna di Giove, Io
Scatti infrarossi dell’attività vulcanica della luna di Giove Io raccolte dallo strumento JIRAM (Jovian Infrared Auroral Mapper) a bordo della navicella spaziale Juno della NASA durante un sorvolo della luna il 16 ottobre 2021. Credito: NASA/JPL-Caltech/SwRI/ASI /INAF/JIRAM

“Stiamo entrando in un’altra parte straordinaria della missione di Juno in relazione ad Io”, ha detto Bolton. “Partendo dal questo 51° sorvolo, con i successivi previsti a luglio e ottobre e poi ancora dicembre e febbraio del prossimo anno, finiremo per volare a 1.500 chilometri dalla sua superficie. Tutti voli ravvicinati che forniranno viste spettacolari dell’attività vulcanica di questa incredibile luna . I dati saranno sorprendenti.”

Un “mezzo secolo” su Giove

Alcuni dati sulle straordinarie performance di Juno. Durante i suoi passaggi ravvicinati ha sfrecciato sopra le cime delle nuvole del pianeta, fino a circa 3.400 chilometri.

Juno è in orbita attorno a Giove da oltre 2.505 giorni terrestri e ha volato per oltre 820 milioni di chilometri. Il veicolo spaziale è arrivato su Giove il 4 luglio 2016. Il primo sorvolo scientifico è avvenuto 53 giorni dopo e il veicolo spaziale ha continuato con quel periodo orbitale fino al suo sorvolo di Ganimede il 7 giugno 2021, per poi ridurlo a 43 giorni. Il sorvolo di Europa del 29 settembre 2022 ha ridotto il periodo orbitale a 38 giorni. Dopo i prossimi due passaggi ravvicinati di Io, il 16 maggio e il 31 luglio, il periodo orbitale di Giunone rimarrà fisso a 32 giorni.

Fonte: NASA

Piccoli Setup per Grandi Campi

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Dettaglio del sistema cinghia/puleggia. Crediti Simone Lochi

Nella sezione Astrofotografia di Coelum Astronomia in ogni uscita sono trattati temi tecnici specifici per gli appassionati di astronomia che amano dedicarsi alle riprese e alla fotografia del cielo notturno.

Per ogni problema tecnico o esigenza la testimonianza di un esperto fornisce suggerimenti e spunti per integrare creatività e abilità alla ricerca delle soluzioni più performanti.

Per il numero 262 ospitiamo con piacere una di queste narrazioni a cura di Simone Lochi, fervente e attivo astrofotografo sempre ad accogliere nuove sfide da superare.

Nel testo l’autore sperimenta soluzioni mini ingegneristiche assolutamente efficaci per affrontare con la propria attrezzatura la fotografia a grande campo, potenziando gli strumenti con applicazioni costruite ad hoc.

Di seguito l’introduzione all’articolo la cui versione completa è pubblicata in Coelum 262 III bimestre 2023.

PICCOLI SETUP PER GRANDI CAMPI Guida alla creazione

Sono sempre stato affascinato dalle grandi nubi molecolari del catalogo di Bernard che permeano la nostra galassia di cui si trovano spesso immagini online. Mi incuriosisce in particolare tutto il complesso nebulare della costellazione del Toro le cui riprese a largo campo invece sono rare. Farsi un’idea generale di tutta l’area compresa tra le Pleiadi e le stelle Nath ed Aldebaran non è semplice e mi sono sempre domandato  quali macro forme e strutture avesse quella iper-nube così vasta da contenere più oggetti di Barnard. Anche lo stesso ammasso delle Pleiadi è avvolto da questa tenue nebulosità che brilla illuminata dal chiarore delle stelle stesse. Con una ricerca approfondita alla fine sono riuscito a trovare delle riprese abbastanza ampie in grado di suggerire la forma della  “Taurus Molecular Cloud” dove collocare le nubi di Barnard che avrei ripreso col mio Newton da 800 mm di focale. Ma oramai nel mio cervello era partito un trip intergalattico che attraversava, in un turbinio di banchi di polveri e la luce di grosse nebulose spazzate e ionizzate da poderosi venti solari, la vastità di quel che avrei potuto riprendere abbinando una buona camera ad un obbiettivo fotografico dalla corta focale. Oramai l’Enterprise era partita e non la potevo fermare. Volevo un setup in grado di riprendere intere costellazioni o quantomeno una buona porzione di esse e lo avrei costruito!

Il Setup finale raggiunto dall’autore per gli scatti ad ampio campo. Crediti Simone Lochi

 

STUDIO DEI COMPONENTI.

Ho iniziato quindi a pensare più seriamente a come poter realizzare un astrografo compatto e probabilmente sarebbe stata un’operazione  abbastanza abbordabile se avessi seguito i passi delle molte persone che in passato si sono già cimentate nell’impresa. Il passaggio sostanziale è semplice: modificare cioè la vecchia reflex e piazzarla su un semplice astro-inseguitore. Tuttavia il sensore della mia reflex oramai datato avrebbe prodotto troppo rumore e se avessi voluto riprendere solo le macro-aree di idrogeno forse sarebbe bastata, ma desideravo fare un passo in più, volevo una configurazione strumentale altamente performante ed abbastanza piccola da essere maneggevole nel trasporto lontano dall’inquinamento luminoso per ottenere in una sola notte d’integrazione, immagini così pulite da rivelare anche le nubi più tenui.

Ho deciso per cui di optare per la mia solita camera astronomica, ASI 294 MC PRO, che abbinata alla focale di 85 mm di un obiettivo Samyang 1.4 interamente manuale avrebbe inquadrato un campo di 12,5° x 8,5°. Un area talmente vasta da contenere in un unico scatto parte della costellazione di Orione con le sue principali nebulose oppure la regione di Rho Ophiuchi vicina allo Scorpione o, appunto, la Taurus Molecular Cloud, quest’ultima tra i miei soggetti maggiormente desiderati.

Per connettere la camera all’obiettivo ho sfruttato un adattatore ZWO dedicato di cui ero già in possesso; perfetto per lo scopo anche perché esso possiede un filetto interno, comodissimo per installare dei filtri in cella da 2”, alternando in pratica un filtro anti inquinamento luminoso ad un filtro dual band per isolare meglio le nebulose di idrogeno ionizzato.

Assemblato il core ho poi fissato tutto su una barra vixen style mediante due anelli ZWO per camere da 78 mm di diametro. Gli anelli, venduti separatamente, oltre alla camera sostengono benissimo anche la parte frontale dell’obiettivo avendo all’incirca lo stesso diametro. Con spessori in gomma o in ferro si possono agevolmente adattare anche anelli di altri tipi che non abbiano esattamente le stesse misure della lente.

In pratica con pochi passaggi ero già pronto per iniziare le mie riprese ma puntavo ad un setup ancora più completo ed in grado di garantirmi il controllo totale di ogni aspetto in fase di ripresa con la possibilità di un’automatizzazione totale.

Vista laterale del blocco ripresa: a sinistra l’obiettivo ZWO, in basso il focheggiatore a destra una maniglia di supporto per la movimentazione. Crediti Simone Lochi

—– fine anteprima

La premessa dell’articolo di Simone Lochi termina qui, con le premesse per un lavoro di autocostruzione che si è rivelato utile anche se da ottimizzare soprattutto nelle ottiche. I dettagli degli elaboratori e le valutazioni finali sono nell’articolo completo pubblicato in Coelum 262 III bimestre 2023

Il fotomontaggio in Astrofotografia ha dei limiti?

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Crediti e copyright: Amr Abdulwahab

Qualche giorno fa, esattamente il 10 maggio, il sito APOD Astronomy Picture of the Day ha scelto come immagine rappresentativa quella dell’autore Amr Abdulwahab, eccola senza le label.

Image Credit & Copyright: Amr Abdulwahab

Si tratta, come dichiarato nella didascalia ufficiale  https://apod.nasa.gov/apod/ap230510.html  di un fotomontaggio complesso che ha richiesto diversi giorni di ripresa, addirittura settimane, dei singoli soggetti dello scatto: l’uomo in abiti tradizionali, il paesaggio desertico ed infine il cielo. Soggetti poi sapientemente scontornati e rimontati in un’unica ammaliante immagine, che, come di consueto accade con le immagini APOD ha fatto velocemente il giro del web ricevendo un numero difficilmente quantificabile di like.

Il sito APOD opera dal 16 giugno 1995 e sin dall’inizio i suoi fondatori hanno scelto di pubblicare non solo scatti reali ma anche immagini artistiche accompagnate da una spiegazione. La pagina principale di APOD è ospitata su sito NASA anche se quest’ultima non è ufficialmente coinvolta nella scelta dei contenuti.

La scelta di pubblicare immagini elaborate quindi non è una novità e neanche un “falso ideologico” ma invece una tradizione consolidata che negli scorsi decenni è stata assolutamente tollerata anche dai tantissimi astrofotografi che al pari di  autori più creativi, hanno sempre inviato i propri scatti, il termine “scatto” questa volta è giusto, alla redazione nella speranza di vederla scelta e pubblicata. Insomma aggiudicarsi un APOD è da sempre motivo di vanto, anche per molti astrofotografi italiani.

Sembrerebbe tutto nella norma, eppure questa volta “qualcuno ha protestato”. La scelta del 10 maggio scorso infatti ha suscitato, proprio nel web, e in alcuni social, un dibattito, i cui toni seppur caldi restano civili e colgono l’occasione per sollevare una questione di opportunità o di etica.

Trascorso qualche anno dalla nascita dei social, a tutti, non solo ai professionisti, è balzato agli occhi il proliferare di immagini a tema astronomico, e a molti non è certo sfuggito il notevole successo, espresso in termini di interazioni, che esse sono in grado di suscitare. Un coinvolgimento spontaneo che può aver fatto gola a chi è abbastanza sensibile alla visibilità.

Di seguito un’altra immagine il cui post ha raccolto oltre 10k like.

Crediti: Rami Ammoun

 

Insomma la prassi di “ritoccare” gli scatti del deepsky o del Sistema Solare non è assolutamente una pratica inusuale. Ogni appassionato è in grado, con alcuni semplici click su programmi di fotoritocco di “migliorare” l’aspetto di una ripresa. Sono nati addirittura software specifici proprio per sbrigare al meglio questo passaggio e online, come anche nella pagine di Coelum, non sono mancati i tutorial correlati da tanti suggerimenti utili.

C’è da chiedersi allora come mai oggi si sia alzato un rumoroso brusio di fondo.

La sensazione sembrerebbe essere quella di un “overdose” di immagini di effetto. Quasi che il numero delle immagini artistiche fosse divenuto così insostenibilmente enorme da aver eclissato quelle reali. Insomma gli scatti più difficili raccolti con molte ore di fatica rischiano di finire nel dimenticatoio perchè banalmente meno interessanti di grafiche create al pc. E se poi a crearle fosse addirittura l’intelligenza artificiale?

La domanda che volendo ci si potrebbe porre è, tornando al titolo di questo post: esiste un limite all’elaborazione? Un confine in grado di definire uno scatto come accettabile?  

In una uggiosa domenica di primavera, ci piacerebbe chiedere ai lettori di Coelum il proprio parere. Per partecipare o contribuire abbiamo messo a disposizione un modulo google disponibile a questo link https://forms.gle/19kiNKnuCGSi3Rch6

La Redazione di Coelum Astronomia

UNIVERSO IN FORTEZZA

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 UNIVERSO IN FORTEZZA

dal 26 al 28 maggio – Livorno

Prima edizione del festival di astronomia

Dal 26 al 28 maggio, in Fortezza Nuova, si terrà “Universo in Fortezza”, prima edizione del festival di astronomia. Organizzato dall’A.L.S.A., Associazione livornese scienze astronomiche attiva sul territorio da oltre trent’anni, l’evento si presenta come un contenitore divulgativo a tema astronomico per appassionati e non, adatto a tutte le età.

Con focus dedicati alle donne nell’astronomia, al suo interno si svolgeranno una mostra di astrofotografia, laboratori, conferenze, serate osservative con telescopi, proiezioni e videoproiezioni dell’universo, un’esposizione di meridiane e orologi solari. Una straordinaria opportunità di approfondire un settore tutt’altro che ordinario lasciandosi guidare dagli esperti e da strumentazioni tecnologiche. Patrocinata dal Comune di Livorno e dal Museo di storia naturale del Mediterraneo, la manifestazione godrà della partecipazione di importanti enti, come l’Osservatorio gravitazionale europeo EGO-Virgo, insignito del premio Nobel per la fisica nel 2017 per aver contribuito alla scoperta delle onde gravitazionali, l’azienda aerospaziale Kayser Italia, specializzata nella ricerca scientifica e tecnologica a bordo di piattaforme spaziali, l’Ordine degli architetti di Livorno, la rivista Coelum, il progetto didattico ABCirco, @TOMOS-podcast e come media partner PuntoRadio.

“Questa manifestazione di astronomia costituisce una novità nel territorio livornese e si colloca all’interno di un percorso divulgativo della astronomia e della scienza in generale, che rientra nello statuto A.L.S.A.” affermano gli organizzatori Alessio Biondi, Daniele Righetti e Massimo Del Greco. E proseguono: “Da sempre l’umanità si interroga sul proprio posto all’interno dell’Universo e l’astronomia accende passione e curiosità in persone di ogni età e cultura. La meraviglia che genera in noi il cielo stellato e la bellezza affascinante dell’universo farà da guida in questo festival”.

La mostra di astrofotografia

In esposizione, per tutta la durata del festival nella Sala degli archi, circa 50 fotografie astronomiche in grande formato scattate dai soci A.L.S.A. ai cieli livornesi condurranno il visitatore in un viaggio tra i corpi celesti più belli e visibili durante le quattro stagioni. Si tratta di un continuum con la mostra “Immagini dall’Universo”, che nell’ottobre 2022 ha registrato presso il Museo di storia del Mediterraneo di Livorno un successo di presenze.

Le conferenze

Fiore all’occhiello del festival saranno le conferenze previste per tutti e tre i giorni, che vedranno prestigiose testimonianze di scienziati e astrofili. Un’occasione per i fruitori di entrare in contatto con tematiche astronomiche da più punti di vista: scientifico, tecnologico, architettonico, artistico.

A inaugurare il percorso, venerdì 26 alle ore 18:00, saranno gli ospiti e le autorità prima di un aperitivo a buffet. Alle 21:00, Massimo Carpinelli, direttore dell’Osservatorio gravitazionale europeo e professore all’Università di Milano Bicocca e Maria Felicia De Laurentis, vice coordinatrice del progetto EHT e professoressa all’Università Federico II di Napoli, saranno moderati dalla giornalista scientifica Letizia Davoli nell’incontro dal titolo: “Esplorare i confini dell’Universo”.

Per la giornata di sabato 27 sono previste quattro conferenze. Si parte alle 19:00 con “Uomo e Universo, l’astronomia che cerca risposte” con Molisella Lattanzi, direttrice del mensile di divulgazione astronomica a diffusione nazionale Coelum Astronomia. Alle 19:45 sarà dedicato uno spazio alle “Donne nell’astronomia” con l’astrofisica Valentina Luridiana che racconterà le sue esperienze dalle Canarie al Messico e alle 21:00 a “La missione ESA Plato: alla ricerca di esopianeti analoghi e gemelli terrestri”, con il ricercatore Mauro Focardi (INAF Firenze) e Carlo Del Vecchio Blanco (Kayser Italia). Il ciclo si concluderà alle 21:45 con l’incontro “Donne in ascolto del Cosmo“, moderato da Vincenzo Napolano, responsabile della comunicazione di EGO-Virgo, con protagoniste Pia Astone, Università La Sapienza di Roma e Istituto nazionale di fisica nucleare e Julia Casanueva, scienziata EGO-Virgo.

Le conferenze di domenica 28 inizieranno alle 18:15 con l’Ordine degli Architetti di Livorno: Jacopo Morganti presenterà “Fabrica Progetti: 10 modi in cui la luna cerca di ucciderti”, seguirà Luca Barontini con “Eutropia Architettura. L’utopia della realtà: una città di fondazione su Marte”. Alle 19.00 sarà la volta di “Forza di Gravità e Giocoleria” con Francesco Boni, giocoliere, equilibrista e fondatore del progetto ABCirco  che illustrerà la teoria alla base dell’alternanza temporale dei lanci e delle prese. Alle 19:45 ci sarà il terzo appuntamento dedicato a “Le Donne nell’astronomia”, con Gloria Andreuzzi in diretta dalle Canarie, alla ricerca dei pianeti extrasolari. La serata proseguirà con “Virgo e le onde gravitazionali”, prevista per le 21:00 e tenuta da Valerio Boschi dell’Istituto nazionale di fisica nucleare. Alle 21:45 avrà luogo la conferenza di chiusura: “Alla scoperta della natura degli esopianeti con la missione Ariel”, condotta dai relatori Emanuele Pace (INAF, UniFi) e Alessandra Tortora (Kayser Italia).

Le serate al telescopio

“Se le stelle, anziché brillare continuamente sopra le nostre teste, fossero visibili solo da un particolare luogo del pianeta, tutti vorrebbero andarci per assistere allo spettacolo”. Margherita Hack – Notte di Stelle, 2010.

A completare la proposta divulgativa, nello spazio all’aperto della collinetta l’A.L.S.A. metterà a disposizione ogni giorno i suoi telescopi per osservare il sole, la luna e i pianeti. Il pubblico, guidato dagli associati, potrà partecipare o assistere comodamente seduto alle proiezioni sullo schermo collocato nel prato antistante.

Meridiane e orologi solari

Una sezione del festival sarà curata dal Professore Sebastiano Trovato, punto di riferimento italiano per la gnomica, che mostrerà al pubblico la costruzione pratica di meridiane e di orologi solari e le sue connessioni con la pittura, l’arte incisoria dell’acquaforte e la scultura.

Orari

Venerdì 26 maggio H 18:00-24:00
Sabato 27 maggio H 10:00-24:00
Domenica 28 maggio H:00-24:00
Download immagini: https://bit.ly/3pvsHKu
Info: www.alsaweb.itFB: ALSALivorno

La Redazione di Coelum Astronomia ringrazia l’associazione AlsaWeb per l’invito. L’intervento della dir. Lattanzi è previsto per Sabato 27 maggio ore 19:00 

Le congiunzioni all’alba di metà maggio

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Congiunzioni all'alba di metà maggio CREDITI: https://theskylive.com/

Periodo davvero in sordina per l’Astronomia italiana amatoriale, vuoi la mancanza di eventi davvero accattivanti da immortalare, vuoi il cattivo tempo che sembra ancora imperversare sullo stivale ancora per alcuni giorni.

Nel box in alto richiamiamo l’attenzione sulla configurazione presa dagli oggetti più luminosi del nostro cielo per i prossimi giorni, da oggi, 12 maggio fino a circa il 16.

Nonostante molto bassi sull’orizzonte e nelle ultime ore della notte, guardando verso est poco prima dell’alba la Luna, sarà in compagnia dei pianeti gassosi maggiori, Saturno prima e Giove poi.

La Luna sarà in fase calante passando dall’ultimo quarto, visibilità al 50%, fino alla fase nuova prevista per il 19. Il giorno 16 una bella falce sarà individuabile non molto lontana da Giove.

Meteo permettendo qualcuno potrebbe tentare uno scatto con le prime luci dell’alba sullo sfondo ma, se così non fosse, i tanti appassionati sapranno sapientemente approfittare di questo per programmare ancor più minuziosamente le sezioni di osservazione del periodo estivo.

E’ proprio il caso di augurare.. cieli sereni!

PREVENDITA: Coelum Astronomia 262 anno XXV III/23

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📌📌IN PREVENDITA📌📌

Coelum Astronomia 262 anno XXV III/23

(bimestrale giugno/luglio)

+4 e con queste siamo a 112 pagine di PURA Astronomia!

 

BUON COMPLEANNO ALMA! 10 ANNI IN 10 SCATTI

Il telescopio ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) dell’ESO (European Southern Observatory o Osservatorio Europeo Australe, in italiano) compie i suoi primi dieci anni, durante i quali ci ha regalato scoperte rivoluzionarie ed emozioni crescenti.
Per festeggiarlo, abbiamo deciso di dedicargli dieci cartoline, una per ogni anno passato insieme. A cura di Anna Wolter, responsabile per l’Italia della rete di divulgazione scientifica dell’ESO, Roberto Volsa, Clementina Sasso e Giovanna Fabiola Valverde.

 

Complice il maltempo delle settimane appena trascorse e la mancanza di eventi spettacolari, gli scatti dal nostro territorio non sono stati molti. Approfittiamo per completare la galleria dando grande spazio a due testimonianze preziose giunte in redazione da ASTROFOLLI in giro per il mondo a caccia di eclissi! Due report emozionanti passo passo per raccontare i 59 secondi dell’eclissi totale e anulare in Australia del 20 aprile 2023.

Anteprima delle sei pagine dedicate all’eclissi di aprile con le testimonianze di Andrea Tomacelli e Anna Rendina, Alessandro De Benedectis

 

Cercando di districarsi nel quadro complesso di agenti che influenzano in maniera più o meno significativa la temperatura della nostra atmosfera, e quindi il clima della Terra, lo studio sostenuto dal team autore di questo articolo vuole concentrare l’attenzione sulla definizione di “Energia Totale Emessa dal Sole”, sulle difficoltà di determinarne le variazioni storiche e la stima del suo valore. Lo studio arriva dall’Università di Tor Vergata in collaborazione con il National Solar Observatory, Boulder (U.S.A).

Anteprima: 10 pagine dedicate all’influenza del Sole sulla terra e calcolo dell’Irradianza Solare

Nel numero 262 continua il racconto dell’Uomo e Universo che fa seguito gli articoli già pubblicati in Coelum n°261. Nella seconda ed ultima parte sono raccolte le due testimonianze affini per oggetto di riflessione: il TEMPO.
In nessuno dei due articoli, a cura di Nino Zanghì e Filippo Onoranti, troverete una verità o una conclusione ma entrambi suggeriscono spunti e passaggi non banali per seguire la ricerca lungo la strada della definizione corretta di TEMPO

Continuano le consuete rubriche a cura di Barbara Bubbi e le Meraviglie del Cosmo, Giuseppe Petricca per il catalogo Messier, Paola Giorgini per Hanc Marginis e Il Tratto Corsivo a cura di Stefano Marcellini.

Anteprima della rubrica le Meraviglie del Cosmo, con i suggerimenti osservativi di Cristian Fattinanzi

Cristian Fattinnanzi in vita da “Vita da Astrofilo” narra la sua esperienza da Autocostruttore e perchè, a suo parere, ogni astrofilo è a suo modo un vero autocostruttore!

Un’idea, uno sogno, un progetto e poi ti ritrovi all’ASI di fronte a Samantha Cristoforetti! Questo è ciò che è accaduto ad un gruppo di studenti e generosi insegnati che pensando ad un’attività formativa si sono trovati invece a realizzare una sonda per lo studio dei gas serra in grado di volare per ben due ore e raccogliere quanti più dati possibili. Tutto con le risorse scolastiche. Non c’è da meravigliarsi che l’Agenzia Spaziale Italiana abbia voluto conoscerli! INFINITY I è un progetto del Liceo Scientifico “E. Medi” di Montegiorgio (FM). Una traccia da seguire per professori volenterosi!

 

Ringraziamo ancora una volta Antonio Piras per il suo report dettagliato delle attività svolte dai rover su Marte: Bentornati su Marte! è l’appuntamento che in 6 pagine raccoglie tutto quello che c’è da sapere sul pianeta rosso e sulla sua rocciosa superficie.

a cura di Antonio Piras

Continuano in questo numero:
👉 Radioastronomia: la dott.ssa Silvia Casu di INAF ci accompagna alla scoperta dei misteriosi Fast Radio Burst, c’è ancora molto da capire sulla loro origine!

👉  Top10 Scenari perfetti: in ogni uscita un’esperta/o del proprio territorio ci guiderà alla scoperta dei luoghi migliori da cui immortalare scatti con panorami unici. Seconda ed ultima parte dedicata alla Sardegna, con Emanuele Atzeni.

👉 Torna su cartaceo la sezione dedicata alle Supernovae. Finalmente dopo tanta attesa una SN in un oggetto del catalogo Messier! Testi e immagini di Fabio Briganti e Riccardo Mancini.

👉 Nascono due nuovi appuntamenti più leggeri: AstroQuiz per mettersi alla prova sulle nostre conoscenze di Astronomia a cura di Francesco Veltri e AstroMiao, micio e razzo, amici di esplorazione da condividere con i più piccoli, un’idea di Laura Saba.

 

Facciamo il punto sui fatti più importanti delle ultime settimane grazie e Luca Nardi e sul X meeting della sezione Corpi Minori dell’UAI.

Sono davvero tanti i contenuti di questo numero, del resto in 112 pagine c’è spazio per tanta astronomia e, soprattutto TECNICA! Vi aspettano Simone Lochi con la sua personale sfida “Piccoli Setup per grandi Campi“, e lo ShaRA Team con gli scatti dell’impresa numero 4!

La sfida personale di Simone Lochi
ShaRA#4

Nel numero precedente abbiamo salutato la collaborazione degli autori della rubrica Sistema Solare ma non per questo gli approfondimenti sui pianeti nostri vicini sono terminati. Dal 262 arriva a Coelum la dott.ssa Valentina Galluzzi di INAF che ci parla di Geologia Planetaria ed in particolare delle basi della cartografia.

Non perdete il Cielo del Bimestre per tutti gli eventi dei prossimi due mesi. Nota Bene: il cielo del bimestre è un’ottima traccia da seguire per programmare le attività e le osservazioni con largo anticipo, completando il set di informazioni con i dettagli che verranno pubblicati di volta in volta sul sito in occasione dei fenomeni principali.

116 pagine in più questa volta si esagera!

In ultimo ma non di certo per importanza gli autori degli scatti più affascinanti 📸📸 e difficili le cui segnalazioni sono giunte alla nostra redazione e pubblicati in PHOTOCOELUM

GLI AUTORI DI QUESTO NUMERO

Stefano Antolini, Emanuele Atzeni, Francesco Badalotti, Luca Bertello, Fabio Briganti, Barbara Bubbi, Silvia Casu, Matteo Cantores, Serena Criscuoli, Cristian Fattinnanzi, Valentina Galluzzi, Paola Giorgini, Andrea Iorio, Marco Iozzi, Simone Lochi, Riccardo Mancini, Stefano Marcellini, Teresa Molinaro, Luca Nardi, Filippo Onoranti, Valentina Penza, Giuseppe Petricca, Antonio Piras, Claudio Pra, Alessandro Ravagnin, Clementina Sasso, Laura Saba, Andrea Vallorani, Giovanna Fabiola Vallorani, Francesco Veltri, Chiara Vitali, Roberto Volsa, Anna Wolter, Nino Zanghì.

SI RINGRAZIANO

Armando Mezzeo, Cristina Cellini, Lorenzo Montanari, Giacomo Pro’, Andrea Tomacelli e Anna Rendina, Alessandro De Benedectis

—->  Il numero sarà spedito con almeno 10 giorni di anticipo per compensare i tempi di consegna del servizio in abbonamento postale.

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GJ 1214 b “comandante ci siamo”

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Raffigurazione artistica di pianeta GJ 1214 b Crediti: NASA/JPL-Caltech/R. Ferito (IPAC)

Ennesima prova di forza del James Webb Telescope, se mai ne avessi ancora bisogno.

Nuove riprese e di conseguenza nuove informazioni per l’esopianeta GJ 1214 b. Già il nome fa pensare a quando a bordo di un’astronave sentiremo il primo ufficiale annunciare “comandante siamo nei pressi del pianeta GJ 1214 b, destinazione raggiunta”. I nomi in codice di pianeti lontani e sconosciuti rievocano sempre un linguaggio più tecnico tipico degli anni settanta.

Tornando a noi, Webb dicevamo colpisce ancora. La particolarità di questo pianeta è la sua alta capacità di riflessione che lo rende individuabile anche se sito al di fuori del Sistema Solare.

“Il pianeta è totalmente ricoperto da una sorta di foschia o strato di nuvole”, ha detto Eliza Kempton, ricercatrice presso l’Università del Maryland e autrice principale di un nuovo articolo, pubblicato su Nature, sul pianeta.

Per penetrare una barriera così spessa, il team di ricerca ha colto l’occasione con un nuovo approccio: oltre a effettuare l’osservazione standard – catturando la luce della stella ospite che è filtrata attraverso l’atmosfera del pianeta – hanno seguito GJ 1214 b attraverso quasi tutta la sua orbita attorno la stella.

“La capacità di ottenere un’orbita completa è stata davvero fondamentale per capire come il pianeta distribuisce il calore dal lato diurno al lato notturno”, ha detto Kempton. “C’è molto contrasto tra il giorno e la notte. Il lato notturno è più freddo di quello diurno. In effetti, le temperature sono passate da da 279 a 165 gradi Celsius”.

Questi dati fanno del pianeta un oggetto piuttosto freddo rispetto alle aspettative vista la sua vicinanza alla stella, tuttavia ciò potrebbe essere dovuto alla forte capacità di riflessione proprio del pianeta.

In ultimo, il punto cruciale, la presenza di acqua, improbabile ma non da escludere.

Fonte NASA

I resti mortali delle prime stelle

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Immagine artistica di una nube di gas distante che contiene diversi elementi chimici. Crediti: ESO/L. Calçada, M. Kornmesser

Lontano lontano nel tempo, agli albori dell’universo, nacquero le prime stelle. Oggi, come antichi testimoni di una epoca passata, esse ci raccontano la loro storia come fiaccole fatue mormoranti.

Le prime stelle oggi sono deboli e lontane per essere rilevate direttamente, ma ancora, i loro resti gassosi, sono in grado di assorbire la luce delle galassie lontane. E’ come se le antiche vestigia di antichi eroi ci stessero segnalando la loro presenza attraverso il baluginio delle leggendarie armature, sfoggiando con orgoglio la blasonata essenza. Esse portano con sé, infatti, un’impronta chimica distintiva lasciata dall’Universo primordiale.

Gli astronomi sono riusciti a fare un passo indietro nella storia, individuando tre nubi di gas simili, da cui si formarono queste stelle, un paio di centinaia di milioni di anni dopo che l’Universo ebbe inizio.

Esse ebbero origine da nubi composte solamente da idrogeno ed elio con qualche spolverata di litio ed erano molto più massicce delle stelle moderne. Secondo le simulazioni, una singola stella potrebbe equivalere a decine o addirittura centinaia di Soli. La loro mole e l’estrema luminosità gli fecero vivere una vita breve prima di arrivare alla fine. Tuttavia, le prime supernove riuscirono a malapena ad esplodere. Erano deboli e non riuscirono ad espellere tutti i loro strati esterni. In particolare, i gusci più interni, quelli che contenevano gli elementi più pesanti come il ferro, tendevano a ricadere in basso. Questa incapacità di proiettare all’esterno materiale pesante le tramutò in efficaci arricchenti dell’ambiente circostante di carbonio e altri elementi leggeri, gli altri, quelli pesanti, rimasero al loro posto. Di conseguenza la generazione successiva di astri apparve povera di ferro, proprio come la precedente, ma più ricca di carbonio, ossigeno, magnesio, alluminio e silicio.

Diagramma che illustra come gli astronomi possono analizzare la composizione chimica di nubi di gas distanti usando la luce di un oggetto di fondo (come un quasar) come un faro. Crediti: ESO / L. Calçada

Un’impronta digitale che è stata rilevata, dagli astronomi, in molte stelle, fin dai primi anni 1990, all’interno dell’alone della Via Lattea. Come resti leggeri e longevi di un’era passata. E, sulla base della loro esistenza, gli astronomi ritengono che nell’Universo primordiale dovessero esistere nubi con composizione chimica simile.

Ma le nubi sottili e isolate avevano meno probabilità di formare generazioni stellari successive. In questo modo, le firme chimiche delle prime stelle sono rimaste intonse.

L’opportunità di rivelarle è stata offerta da alcuni quasar che, grazie alla potenza del Very Large Telescope dell’Osservatorio Europeo Australe in Cile, hanno assolto il compito di fari nella notte. La loro luce si proietta in tutto l’Universo e qualsiasi nuvola intermedia agisce come una nebbia di fronte ad un proiettore, oscurando la sua luce a determinate lunghezze d’onda.

Le analisi della NASA hanno rivelato che da uno campione di 37 nuvole, 12 erano povere di ferro e di esse tre erano anche relativamente ricche di carbonio e altri elementi leggeri, tutte risalenti a meno di 2 miliardi di anni dopo il Big Bang e con una composizione chimica simile alle stelle di piccola massa nell’alone della Via Lattea. Anche se da molto lontano sappiamo che le nubi individuate contengono i resti delle antiche stelle di prima generazione.

Cintura di asteroidi di Fomalhaut – Webb Telescope

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Immagine del disco di detriti polverosi che circonda la giovane stella Fomalhaut proviene dal Mid-Infrared Instrument (MIRI) di Webb. Rivela tre cinture nidificate che si estendono fino a 23 miliardi di chilometri dalla stella. Le cinture interne non erano mai state rivelate prima. Crediti: NASA, ESA, CSA, A. Gáspár (Università dell'Arizona). Elaborazione immagini: A. Pagan (STScI)

Nuova immagine sorprendente ripresa dal Webb, a distanza di mesi dalla messa in opera del prodigio JWST c’è da chiedersi se smetteremo mai di stupirci e se la comunità scientifica riuscirà a star dietro alle molteplici scoperte.

Gli astronomi hanno utilizzato il telescopio spaziale James Webb della NASA per visualizzare la polvere calda attorno a una giovane stella vicina, Fomalhaut, al fine di studiare la prima cintura di asteroidi mai vista al di fuori del nostro Sistema Solare in luce infrarossa.

Obiettivo quindi: studiare altre fasce di Asteroidi oltre alle due già note di fra Marte e Giove e Kuiper.

Ma ad accoglierli una sorpresa, le strutture polverose sono molto più complesse delle di ciò che ci si potesse aspettare. Intorno alla stella complessivamente, ci sono tre cinture nidificate che si estendono fino a 23 miliardi di chilometri dalla stella; circa distanza della Terra dal Sole. Così la scala della fascia più esterna diventa circa il doppio della scala della fascia di Kuiper mentre le cinture interne non erano mai state viste prima.

Le cinture circondano la giovane stella calda, che può essere vista ad occhio nudo come la stella più luminosa della costellazione australe dei Pesci Austrinus, forse per questo il nome della stella non risulta molto familiare agli abitanti dell’emisfero boreale. Le fasce polverose sono i detriti delle collisioni di corpi più grandi. “Descriverei Fomalhaut come l’archetipo dei dischi di detriti trovati altrove nella nostra galassia, perché ha componenti simili a quelli che abbiamo nel nostro sistema planetario”, ha detto András Gáspár dell’Università dell’Arizona a Tucson e autore principale di un nuovo articolo nel descrivere i risultati. “Osservando gli schemi in questi anelli, possiamo effettivamente iniziare a fare un piccolo schizzo di come dovrebbe essere un sistema planetario e individuare pianeti sospetti”.

Il telescopio spaziale Hubble e l’Osservatorio spaziale Herschel, così come l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), hanno precedentemente acquisito immagini nitide della fascia più esterna. Tuttavia, nessuno di loro era riuscito ad identifica alcuna struttura al suo interno prima ovviamente dell’arrivo di Webb che invece nell’infrarosso riesce ad arrivare molto oltre. “Dove Webb eccelle davvero è nella risoluzione del bagliore termico della polvere in quelle regioni interne. “, ha detto Schuyler Wolff, un altro membro del team dell’Università dell’Arizona.

Le etichette a sinistra indicano le singole caratteristiche. A destra è evidenziata una grande nuvola di polvere e i pullout la mostrano in due lunghezze d’onda infrarosse: 23 e 25,5 micron.
Crediti: NASA, ESA, CSA, A. Gáspár (Università dell’Arizona). Elaborazione immagini: A. Pagan (STScI)

Hubble, ALMA e Webb stanno collaborando per assemblare una visione olistica dei dischi di detriti attorno a un certo numero di stelle. “Con Hubble e ALMA, siamo stati in grado di immaginare un gruppo di analoghi della fascia di Kuiper e abbiamo imparato molto su come si formano e si evolvono i dischi esterni”, ha affermato Wolff. “Ma abbiamo bisogno di Webb per permetterci di immaginare una dozzina di cinture di asteroidi altrove. Possiamo imparare tanto sulle regioni calde interne di questi dischi quanto Hubble e ALMA ci hanno insegnato sulle regioni esterne più fredde».

Queste cinture molto probabilmente sono scolpite dalle forze gravitazionali prodotte da pianeti invisibili. Allo stesso modo, all’interno del nostro Sistema Solare Giove circonda la fascia degli asteroidi, il bordo interno della fascia di Kuiper è scolpito da Nettuno e il bordo esterno potrebbe essere guidato da corpi non ancora visti al di là di esso. Più nozioni apprenderemo con Webb più potremo applicare le stesse alla comprensione del nostro.

L’anello di polvere di Fomalhaut è stato scoperto nel 1983 durante le osservazioni effettuate dall’Infrared Astronomical Satellite (IRAS) della NASA. L’esistenza dell’anello è stata anche dedotta da osservazioni precedenti e di lunghezza d’onda più lunga utilizzando telescopi submillimetrici su Mauna Kea, Hawaii, il telescopio spaziale Spitzer della NASA e l’Osservatorio submillimetrico di Caltech.

Senza esagerare con l’enfasi ma ponendo la dovuta domanda George Rieke si chiede: “dove sono i pianeti?”, responsabile scientifico statunitense per il Mid-Infrared Instrument (MIRI) di Webb, che ha effettuato queste osservazioni.

Webb ha anche immaginato ciò che Gáspár chiama “la grande nuvola di polvere”, che potrebbe essere la prova di una collisione avvenuta nell’anello esterno tra due corpi protoplanetari. Un’interpretazione in linea con le evidenze sperimentali rispetto a quella dedotta grazie alle riprese di Hubble del 2008 con le quali si ipotizzò la presenza di un pianeta.

L’idea di un disco protoplanetario attorno a una stella risale alla fine del 1700, quando gli astronomi Immanuel Kant e Pierre-Simon Laplace svilupparono indipendentemente la teoria secondo cui il Sole e i pianeti si formarono da una nube di gas rotante che collassò e si appiattì a causa della gravità.

Link al comunicato originale in pdf https://arxiv.org/pdf/2305.03789.pdf

20a SCUOLA ESTIVA DI ASTRONOMIA A SAINT-BARTHÉLEMY

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20a SCUOLA ESTIVA DI ASTRONOMIA A SAINT-BARTHÉLEMY

BUCHI NERI E ASTROFISICA ESTREMA

Da lunedì 10 a venerdì 14 luglio 2023

   

La Scuola estiva di astronomia a Saint-Barthélemy compie 20 anni!

La Fondazione Clément Fillietroz-ONLUS, che gestisce l’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta (OAVdA) e il Planetario di Lignan, organizza la Scuola estiva di astronomia a Saint-Barthélemy, corso residenziale aperto a tutte le persone desiderose di approfondire le proprie conoscenze in ambito astronomico: docenti, studenti, astrofili, appassionati, semplici curiosi.

La ventesima edizione, in programma da lunedì 10 a venerdì 14 luglio 2023, è dedicata all’affascinante tema dei buchi neri e dell’astrofisica estrema. Che cosa sono i buchi neri? Come si studia ciò che, per definizione, non si può vedere? Sono davvero portali per altre dimensioni? Se ci inghiottissero, sopravviveremmo? E possiamo escludere di vivere dentro a un buco nero? Durante la Scuola estiva cercheremo di rispondere a queste e altre domande.

Il programma propone 36,5 ore complessive di attività tra test di ingresso e uscita, lezioni frontali in presenza, interventi in remoto, attività pratiche, esercizi, spettacoli al Planetario di Lignan, osservazioni del cielo a occhio nudo e con i telescopi nel primo Starlight Stellar Park in Italia riconosciuto dall’UNESCO.

In particolare, utilizzando il telescopio riflettore AG Optical Systems di 500 mm di apertura f/6,7 in configurazione Dall-Kirkham su montatura 10Micron GM3000 HPS, equipaggiato con una camera CCD di acquisizione Moravian G4 16000, i partecipanti riprenderanno galassie lontane che nelle loro regioni centrali nascondono buchi neri supermassicci. La strumentazione è stata acquisita nell’ambito del Progetto transfrontaliero Interreg ALCOTRA n. 1720 “EXO/ECO – Esopianeti – Ecosostenibilità – Il cielo e le stelle delle Alpi, patrimonio immateriale dell’Europa”, concluso a settembre 2020.

Gli incontri si svolgeranno a Lignan, frazione montana del Comune di Nus, a oltre 1.600 m di quota. Gli interessati possono iscriversi all’intero corso oppure alle singole giornate. L’iscrizione comprende la documentazione di benvenuto e la cartella digitale con i file concessi dai relatori.

Non sono richiesti prerequisiti specifici di fisica o di matematica, tranne…tanta curiosità nei confronti del cosmo! In particolare, i docenti scolastici incontreranno elementi utili per l’aggiornamento e la formazione, mentre studentesse e studenti di scuola secondaria di 2° grado riceveranno spunti per l’orientamento del proprio percorso di studi e professionale.

Per l’accoglienza i partecipanti possono rivolgersi all’Ostello per la gioventù di Lignan, allo Chalet Saint-Barthélemy Hotel, alla Locanda La Barma, all’Osteria del Passet e al Rifugio Magià. Le strutture sono indipendenti dalla Fondazione Clément Fillietroz-ONLUS e vanno contattate in maniera autonoma, ai recapiti indicati nell’appendice del presente documento.

La Scuola estiva è un’occasione imperdibile di approfondimento sulle ultime novità in tema di cielo, spazio e non solo, dalla viva voce dei protagonisti del campo.

Vi aspettiamo numerosi alla Scuola estiva di astronomia a Saint-Barthélemy!

(2° annuncio – aggiornato al 12 aprile 2023)

Modalità di partecipazione

Per scaricare il programma completo (pdf) e la scheda di iscrizione (docx):

https://www.oavda.it/eventi/scuola-estiva-2023-buchi-neri

Conferma sperimentale per l’ipotesi di fine della Terra

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Migliaia di osservazioni di stelle negli anni hanno rafforzato la teoria secondo cui, nella fase conclusiva della vita di una stella simile al nostro Sole, essa è destinata ad espandersi fino a inghiottire la Terra e i pianeti più interni del Sistema Solare.

Nonostante le conferme ci trovavamo tuttavia difronte ancora ad una teoria, sino ad oggi, quando un comunicato ricevuto dal NOIRLab annuncia che gli astronomi hanno direttamente osservato il fenomeno individuando un esopianeta proprio nella fase della caduta nella propria stella.

Studiando innumerevoli stelle in vari stadi della loro evoluzione, gli astronomi sono stati in grado di mettere insieme una comprensione del ciclo di vita delle stelle e di come interagiscono con i loro sistemi planetari circostanti man mano che invecchiano. Questa ricerca conferma che quando una stella simile al Sole si avvicina alla fine della sua vita, si espande ovunque da 100 a 1000 volte la sua dimensione originale, fino a inghiottire i pianeti interni del sistema. Si stima che tali eventi si verifichino solo poche volte all’anno in tutta la Via Lattea. Sebbene le osservazioni passate abbiano confermato le conseguenze degli inghiottimenti planetari, gli astronomi non ne hanno mai colto uno sul fatto, fino ad ora.

Con la potenza del Gemini South Adaptive Optics Imager ( GSAOI ) su Gemini South, gestito dal NOIRLab della NSF, gli astronomi hanno osservato la prima prova diretta di una stella morente che si espande per inghiottire uno dei suoi pianeti. La traccia dell’evento è stata trovata in un’esplosione rivelatrice “lunga e a bassa energia” da una stella nella Via Lattea a circa 13.000 anni luce dalla Terra. Uno sviluppo catastrofico che probabilmente presagisce il destino finale di Mercurio, Venere e Terra quando il nostro Sole inizierà la sua agonia in circa cinque miliardi di anni.

“Queste osservazioni forniscono una nuova prospettiva per trovare e studiare i miliardi di stelle nella nostra Via Lattea che hanno già consumato i loro pianeti”, afferma Ryan Lau, astronomo di NOIRLab e coautore di questo studio, pubblicato sulla rivista Nature .

Per la maggior parte della sua vita, una stella simile al Sole fonde l’idrogeno in elio nel suo nucleo caldo e denso, che consente alla stella di respingere il peso schiacciante dei suoi strati esterni. Quando l’idrogeno nel nucleo si esaurisce, la stella inizia a fondere l’elio in carbonio e la fusione dell’idrogeno migra verso gli strati esterni della stella, provocandone l’espansione e trasformando la stella simile al Sole in una gigante rossa .

Una tale trasformazione, tuttavia, è una cattiva notizia per tutti i pianeti del sistema interno. Quando la superficie della stella infatti espandendosi finirà per inghiottire uno dei suoi pianeti, l’interazione scatenerebbe una spettacolare esplosione di energia e materia. Processo che mettere un freno alla velocità orbitale del pianeta, facendolo precipitare nella stella stessa.

I primi indizi di questo evento sono stati scoperti nelle immagini ottiche della Zwicky Transient Facility o come siamo soliti conoscerlo ZTF. La copertura infrarossa d’archivio del Near-Earth Object Wide-field Infrared Survey Explorer ( NEOWISE ) della NASA, che è in grado di scrutare ambienti polverosi alla ricerca di esplosioni e altri eventi transitori, ha poi confermato l’evento denominandolo ZTF SLRN-2020.

Distinguere un’esplosione di inghiottimento planetario da altri tipi di esplosioni, come eventi di tipo brillamento solare ed espulsioni di massa coronale, è difficile e richiede osservazioni ad alta risoluzione.

Fonte originale: https://www.nature.com/articles/s41586-023-05842-x

AI per mappare la Luna

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Gli scienziati hanno utilizzato il Segment Anything Model di META per creare una nuova tecnica per rilevare i crateri planetari, che potrebbe essere utilizzata nelle future missioni spaziali. Credito: Unsplash/CC0 Dominio pubblico
Una nuova tecnica per rilevare i crateri planetari che consentirà agli scienziati di mappare accuratamente le superfici dei pianeti utilizzando diversi tipi di dati potrebbe essere utilizzata nelle future missioni spaziali.

 

Un team di ricercatori dell’Università di Aberdeen ha sviluppato un nuovo algoritmo universale di rilevamento dei crateri (CDA) utilizzando il Segment Anything Model (SAM) di META AI.

SAM, rilasciato all’inizio di questo mese, è un nuovo modello di intelligenza artificiale in grado di “ritagliare” automaticamente qualsiasi oggetto in qualsiasi immagine.

La tecnologia ha consentito al team di mappare meccanicamente i crateri invece di procedere manualmente, un processo quest’ultimo che richiede tempo moltissimo tempo. Mentre, contemporaneamente con il nuovo sistema si possono usare diversi tipi di dati così da ottenere una caratterizzazione della superficie più accurata e flessibile.

Un tecnica per altro riproducibile su qualsiasi oggetto del Sistema Solare e che potrebbe aiutare a identificare siti di atterraggio per missioni robotiche o umane oppure per la navigazione automatica basata su osservazioni del terreno.

Il dottor Iraklis Giannakis, della School of Geosciences dell’Università, ha guidato la ricerca in collaborazione con altri colleghi dell’ateneo e una prestampa dei risultati è stata pubblicata su arXiv .

Il dottor Giannakis ha dichiarato: “Il rilevamento dei crateri è un compito cruciale nella scienza planetaria che ci consente di comprendere meglio la geologia, la storia e l’evoluzione dei corpi celesti come Marte, la Luna e altri pianeti”.

“Il nostro approccio CDA universale sfrutta la potenza di SAM per rilevare automaticamente i crateri con elevata precisione ed efficienza, riducendo la necessità di identificazione manuale”.

“Con le sue avanzate capacità di segmentazione, SAM ha dimostrato di essere un punto di svolta per CDA, consentendoci di identificare con precisione crateri di varie dimensioni, forme e orientamenti, anche in condizioni di terreno difficili”.

Si tratta quindi di un nuovo sviluppo per le scienze planetarie.

Mappando automaticamente i crateri, gli scienziati possono studiarne la distribuzione, le dimensioni e la morfologia per comprendere meglio la superficie planetaria e la sua evoluzione nel tempo. Ciò può aiutare a scoprire la storia geologica, i processi superficiali e la potenziale abitabilità di un pianeta o di una luna.

Articolo originale: DOI: 10.48550/arxiv.2304.07764

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News da Marte #15

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Bentornati su Marte! Oggi abbiamo parecchia carne al fuoco con aggiornamenti da terra, dall’aria e dallo spazio. Iniziamo con questi ultimi.

Non solo MRO
In questa rubrica vediamo spesso immagini e resoconti del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA, ma ci sono numerosi altri satelliti artificiali attorno a Marte.
Per esempio quello degli Emirati Arabi Uniti che con la sonda Hope (traduzione in inglese dall’arabo Misbar Al-Ama) sono entrati in orbita attorno al pianeta rosso per la prima volta nel febbraio 2021.

Dal momento della stabilizzazione dell’orbita per gli scopi di missione Hope ha percorso una traiettoria che la vedeva muoversi tra 44.000 e 22.000 km dalla superficie del pianeta. A febbraio è stato annunciato che la sonda avrebbe eseguito un’accensione dei suoi propulsori per raggiungere una nuova orbita di 43.000 x 20.000 km con inclinazione di 25° (tramite una manovra nota come ‘trasferimento orbitale alla Lambert’).

Da questa nuova orbita Hope, il 10 marzo, ha avuto l’occasione di eseguire un primo sorvolo estremamente ravvicinato di Deimos, la luna minore di Marte, e riprenderla da un punto di vista inedito a circa 100 km di distanza.

La luna Deimos con lo sfondo di Marte in questa immagine composita. Crediti: Emirates Mars Mission

È stata rilasciata anche la breve sequenza video con l’intero sorvolo della sonda alla piccola luna irregolare (appena 12.4 km di lunghezza).

Sorvolo di Hope. Crediti: Emirates Mars Mission

La particolarità di questa osservazione è legata alla traiettoria molto alta della sonda che consente di osservare il lato “lontano” di Deimos nonostante l’orbita di quest’ultimo abbia un raggio di circa 23.500 km. Il satellite, come la nostra Luna, è bloccato marealmente rispetto al suo pianeta, al quale rivolge sempre lo stesso lato.
Dal punto di vista scientifico Hope ha già prodotto dei risultati interessanti grazie alle osservazioni eseguite con i suoi tre strumenti che hanno eseguito rilevazioni ottiche che spaziano dall’infrarosso all’ultravioletto estremo.

Le caratteristiche spettrali di Deimos, relativamente piatte e prive dei picchi tipici dei meteoriti ricchi di carbonio, sembrano indicare che il satellite si sia formato dagli stessi materiali di cui è composto Marte. Apparentemente escludendo quindi la teoria per cui Deimos sia un asteroide catturato dalla gravità marziana.

Sempre a proposito di satelliti, risale a luglio dell’anno scorso l’incontro ravvicinato con l’altra luna di Marte stavolta però da parte di Tianwen 1, l’orbiter cinese che sta svolgendo osservazioni del pianeta e ha supportato del comunicazioni del rover Zhurong.
Phobos è stata osservata dalla distanza di 5.100 km con la camera ad alta risoluzione HiRIC montata su un apparato ottico con focale di 4640 mm.

Ripresa di Phobos da parte di Tianwen 1. Crediti: CNSA/PEC

Questa non è stata l’unica immagine molto suggestiva prodotta dalla missione cinese, che a inizio 2022 aveva stupito con la diffusione di un autoscatto decisamente particolare.

Selfie di Tianwen 1. Crediti: CNSA/PEC

Grazie al rilascio di una piccola camera, che comunicava con la sonda madre tramite wifi, abbiamo questa incredibile immagine di Tianwen 1 che sorvola il polo nord di Marte. In evidenza i pannelli solari, la grande antenna per le comunicazioni verso la Terra e le più piccole antenne per rilevazioni scientifiche.

Un nuovo software per Curiosity
La prima settimana di aprile ha visto il caricamento a lungo atteso di un grande aggiornamento per il computer del rover: nel corso di 5 Sol sono state applicate ben 180 patch.

Tra i tanti miglioramenti minori c’è una semplificazione dei messaggi di risposta generati da Curiosity, nonché una revisione di grandi porzioni di codice che avevano visto l’accumularsi di tante vecchie correzioni derivate dai primi update risalenti addirittura al 2012. Ci sono in particolare due aggiornamenti corposi e interessanti che allungheranno la vita operativa del rover.

Il primo di essi potenzia le abilità di Curiosity di fare più cose contemporaneamente. A differenza del suo giovane cugino Perseverance, che dispone di un computer dedicato per gestire la navigazione automatica, Curiosity è limitato in questa attività dalla sua scarsa potenza di calcolo. Non potendo analizzare rapidamente il terreno circostante fotografato dalle camere di navigazione, era costretto ad avanzare molto lentamente. Gli spostamenti automatici erano intervallati da pause di interi minuti nel corso delle quali il suo cervello elettronico processava le immagini per decidere il successivo, breve, avanzamento da compiere. Una parte del recente aggiornamento ottimizza enormemente il modo in cui Curiosity potrà processare le immagini impiegate durante la navigazione, facendo sì che le pause per l’elaborazione durino solo pochi secondi. Questo si tradurrà in spostamenti più rapidi, un minore consumo energetico e, sul lungo periodo, una vita più lunga per il rover. La potenza prodotta dal generatore di Curiosity sta calando in modo lento ma inesorabile, perciò tecnici e ingegneri sono sempre alla ricerca di modi nuovi per sfruttare al meglio l’energia a disposizione.

Il secondo importante aggiornamento aiuterà Curiosity a preservare le sue ruote. Grazie a due nuovi comandi a disposizione dei piloti del rover si potranno ottimizzare i percorsi che richiedono a Curiosity di sterzare nel suo percorso, riducendo l’azione di curvatura delle ruote e la conseguente usura a loro carico.

È dal 2013 che osserviamo le rocce marziane assestare i loro colpi alle ruote di Curiosity. I progettisti non si attendevano terreni così estremi come quelli che il rover si è effettivamente trovato a dover attraversare, con il tenero alluminio che sta soffrendo le rocce più appuntite.

Foto di Curiosity del 27 gennaio 2022, che disastro! NASA/JPL-Caltech/MSSS

Le primissime contromisure sono state le più semplici: cercare di evitare, finché possibile, i passaggi più pericolosi. In aggiunta a questa strategia è stato inserito un controllo di routine delle ruote ogni circa 500 metri per tenere sotto controllo i danni.

Da giugno 2017 il rover poteva contare su un nuovo algoritmo descrivibile come un “controllo di trazione”. Quando il robot si sposta su un terreno pianeggiante le sei ruote girano tutte alla stessa velocità, ma quando una di esse incontra un ostacolo le altre due dello stesso lato rischiano di iniziare a scivolare. Questa perdita di trazione diventa problematica nel passaggio su rocce appuntite o incassate. Quando ciò accade, le ruote anteriori tirano quella bloccata verso le rocce e le posteriori la spingono contro. In questi casi la ruota che si trova sull’ostacolo sperimenta forze maggiori che rischiano di portare a crepe o vere e proprie forature. L’algoritmo di controllo della trazione utilizza dati in tempo reale dai sensori per regolare la velocità di ogni ruota riducendo la pressione dalle rocce. Il software misura le modifiche al sistema di sospensione per capire i punti di contatto di ciascuna ruota, calcolando la velocità corretta per evitare lo slittamento.

Gli ottimi risultati ottenuti da questo aggiornamento avevano portato al diradamento delle sessioni di verifica delle ruote, che vengono attualmente eseguite a intervalli di un chilometro.

Ingenuity fa 50 (e 51)
A oltre due anni dal giorno in cui ha toccato il suolo di Marte, Ingenuity vola ancora e ha messo a segno due nuove attività.
La prima di esse, eseguita il 13 aprile, è stata un volo particolarmente significativo: il numero 50! Peraltro non è stata un’attività affatto banale in quanto l’elicottero ha frantumato un altro dei suoi innumerevoli record. Stavolta si è sollevato dal suolo per ben 18 metri, due in più di quelli toccati nel precedente spostamento.

I dati tecnici raccontano una movimentazione di 322 metri in 145.7 secondi. Ingenuity tiene il passo con il rover Perseverance sebbene, al momento, le sue potenzialità di ricognitore sembra non siano realmente sfruttate. Questo ci è suggerito dal fatto che pochissime immagini dei voli stanno venendo scaricate. Potremmo quindi dedurre che la regione esplorata è già nota con sufficiente dettaglio dalle immagini satellitari, e queste bastano per tracciare i percorsi di spostamento via terra.

Nei Sol del 50esimo volo i due robot si stavano spostando sul bordo del cratere Belva (visibile nell’immagine satellitare) diretti indicativamente verso nord-ovest.

Volo 50 e posizioni dei due robot nel Sol 766. NASA/JPL-Caltech/Piras

Come detto, non sono molte le immagini dei voli scaricate e disponibili. In particolare, per il 50esimo, solo 17 frame sono stati al momento recuperati. Li ho allineati nel video che segue con il quale riusciamo a osservare circa 90 secondi dei 146 complessivi del volo. Il tutto è mostrato a una velocità 5 volte quella reale.

Nei tre Sol successivi Perseverance si è spostato complessivamente di 450 metri facendosi vicinissimo al suo collega esploratore.
Così il 16 aprile, da appena 23 metri di distanza, ci ha potuto regalare questa splendida immagine di Ingenuity.

Un po’ impolverato ma in ottima forma! Ingenuity ripreso da Perseverance il 16 aprile. NASA/JPL-Caltech/Piras

Un ottimo modo per salutare e ringraziare Ingenuity che, il 19 aprile, ha festeggiato il suo secondo compleanno (terrestre…) di lavoro su Marte: in quel giorno del 2021 si sollevava per la prima volta nell’atmosfera del pianeta rosso. In quei 39.1 secondi l’umanità rendeva possibile il volo controllato su un altro pianeta, un momento storico tanto quanto il primo volo dei fratelli Wright il 17 dicembre 1903. Infatti, non casualmente, un frammento del tessuto che costituiva le ali del Wright Flyer è stato portato su Marte e si trova attualmente sotto il pannello solare dell’elicotterino.

Arriviamo così al 22 aprile, Sol 772, data del 51esimo e al momento ultimo volo confermato di Ingenuity.

Percorso del volo 51 e rispettive posizioni di rover ed elicottero. NASA/JPL-Caltech/Piras

In 137 secondi l’elicotterino si è spostato verso ovest di 188 metri, con un percorso a zig-zag che è probabilmente servito a eseguire alcune ricognizioni fotografiche. L’ipotesi è d’obbligo perché ancora meno immagini sono disponibili di questo volo. 10 fotogrammi ci consentono di ricostruire la sequenza di atterraggio, qui mostrata in tempo reale.

 

Una sola foto a colori è stata sinora resa disponibile, ma è senza dubbio una delle più belle mai scattate da Ingenuity. Pur elaborata in modo intenso per esaltarne i dettagli, ve la propongo a risoluzione originale (clic sull’immagine per il formato pieno).

Foto della camera RTE di Ingenuity scattata nel corso del volo 51. NASA/JPL-Caltech/Piras

Evidentissima, poco scostata dal centro dell’immagine, l’ombra proiettata dall’elicottero stesso. Risulta circondata da un alone luminoso, conseguenza del fenomeno ottico descritto con vari nomi tra cui opposition surge o effetto Seeliger. Vi rimando alle relative pagine Wikipedia per una migliore comprensione di questo affascinante gioco di luce.
In alto a sinistra una gradita sorpresa: Perseverance! È solo la seconda volta che Ingenuity riesce a fotografare il rover, la prima era stata in occasione del terzo volo il 27 aprile 2021. Si riescono anche a scorgere le tracce scure lasciate dalle sue ruote durante gli spostamenti dei precedenti Sol.
In basso al centro un frammento dello stadio EDL con cui rover ed elicottero sono atterrati su Marte oltre due anni fa. Molti detriti simili sono stati sparpagliati dal vento nella pianura del cratere Jezero, è la prima volta che uno di essi viene documentato così lontano dalla zona di atterraggio e a quota così elevata.

Alcuni dettagli dall’immagine scattata da Ingenuity. NASA/JPL-Caltech/Piras

In ultimo, ma non per importanza, un particolare così grande che potrebbe sfuggire all’osservazione: il grande cratere Belva che copre buona parte della porzione superiore dell’immagine con i suoi 900 metri di diametro.

Immagini e attività di Perseverance
Chiudiamo questo aggiornamento da Marte con il rover di Mars 2020. In queste settimane Perseverance sta esplorando e documentando per noi il versante occidentale del cratere più volte menzionato. Con una colossale sequenza di foto scattate dalle MastCam-Z possiamo immergerci quasi a 180° nei panorami di questa regione. Provo a mostrarveli con un mosaico da 225 Megapixel costituito da 226 singoli scatti (clic per la versione parzialmente ridotta ma comunque ad altissima risoluzione).

Il cratere Belva visto da Perseverance con la Right MastCam-Z, Sol 772. NASA/JPL-Caltech/Piras

Le ultime foto che abbiamo ricevuto da Perseverance sono del Sol 777, 28 aprile, e riguardano un’attività di abrasione su una roccia non lontana dal punto da cui ha scattato il panorama (per la precisione 114 metri più a nord).
Non è detto che a questa attività faccia seguito un prelievo, perché come abbiamo visto le fiale a disposizione sono limitate. I target scientifici dovranno quindi essere selezionati con grande rigore per disporre di una varietà quanto più possibile eterogenea di campioni.

Vediamo con due immagini e un breve video come si sia svolta questa attività nell’arco di due Sol. L’operazione di abrasione è durata 20 minuti, nel video è documentata a velocità 100x grazie alla sequenza di foto della Front HazCam Left A.

Left NavCam, Sol 775. NASA/JPL-Caltech/Piras

Left NavCam, Sol 777. NASA/JPL-Caltech/Piras

Anche per oggi è tutto da Marte, alla prossima!

Librazioni di Maggio 2023

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Come promesso ecco le librazioni del mese di Maggio.

Librazioni di Maggio

(In ordine di calendario, per i dettagli vedere le rispettive immagini).

Si precisa che, per ovvi motivi, non vengono indicati i giorni in cui i punti di massima Librazione si discostano dalla superficie lunare illuminata dal Sole.

Librazioni Regione Nordovest – Nord:

  • 06 Maggio. Fase calante 15,80 giorni – Librazione ovest crateri Struve, Russel
  • 07 Maggio. Fase calante 16,80 giorni – Librazione ovest Sinus Iridum
  • 08 Maggio. Fase calante 17,88 giorni – Librazione cratere Xenophanes
  • 09 Maggio. Fase calante 18,92 giorni – Librazione nord cratere Pythagoras
  • 10 Maggio. Fase calante 19,80 giorni – Librazione Regione Polare Nord
  • 11 Maggio. Fase calante 20,84 giorni – Librazione Regione Polare Nord

Librazioni Regione Sudest-Sud

  • 22 Maggio. Fase crescente 03,19 giorni – Librazione sudest cratere Helmholtz
  • 23 Maggio. Fase crescente 04,14 giorni – Librazione sudest cratere Boguslawsky
  • 24 Maggio. Fase crescente 05,19 giorni – Librazione Regione Polare Sud

Note:

– Immagini “Librazioni “: Su immagini tratte dal globo di “Virtual Moon Atlas”.

–  Dati e visibilità delle strutture lunari: Software “Stellarium” e “Virtual Moon Atlas”.

–  Ogni fenomeno lunare e rispettivi orari sono rapportati alla Città di Roma, dati rilevati tramite software “Stellarium” e dal sito http://www.marcomenichelli.it/luna.asp


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Il Cielo di Maggio 2023

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Ci siamo! La stagione calda è alle porte e via con le osservazioni!

Le costellazioni da seguire e in cui perdersi alla caccia degli oggetti del profondo cielo saranno il Leone seppur solo in prima serata, il Drago e la Chioma di Berenice.

Per approfondire Le Costellazioni di Maggio 2023 a cura di Teresa Molinaro

I principali eventi di Maggio 2023

Data Orario Oggetto/i Evento
02/05/2023 00:19:15 Mercurio Congiunzione Inferiore
04/05/2023 02:32:17 Luna-Spica Congiunzione
04/05/2023 12:09:15 Mercurio Nodo Discendente
04/05/2023 22:56:30 Luna Nodo Discendente
05/05/2023 18:33:59 Luna Piena
06/05/2023 00:54:45 Massimo Acquaridi
07/05/2023 14:10:18 Luna-Antares Congiunzione
09/05/2023 22:26:31 Urano-Sole Congiunzione
10/05/2023 21:14:14 Marte-Polluce Congiunzione
11/05/2023 05:57:25 Luna Perigeo
12/05/2023 15:28:14 Luna Ultimo Quarto
13/05/2023 14:05:37 Luna-Saturno Congiunzione
14/05/2023 20:09:41 Mercurio Afelio
15/05/2023 02:24:44 Luna-Nettuno Congiunzione
15/05/2023 04:24:11 Mercurio Stazionario Moto Diretto
17/05/2023 14:15:42 Luna-Giove Congiunzione
17/05/2023 20:35:58 Luna Nodo Ascendente
18/05/2023 02:34:40 Luna-Mercurio Congiunzione
19/05/2023 01:22:12 Luna-Urano Congiunzione
19/05/2023 16:53:09 Luna Nuova
19/05/2023 19:26:47 Luna-Pleiadi Congiunzione
23/05/2023 13:10:07 Luna-Venere Congiunzione
24/05/2023 03:15:18 Luna-Polluce Congiunzione
24/05/2023 18:32:47 Luna-Marte Congiunzione
25/05/2023 04:44:33 Luna-Presepe Congiunzione
26/05/2023 02:38:40 Luna Apogeo
27/05/2023 01:09:05 Luna-Regolo Congiunzione
27/05/2023 16:22:02 Luna Primo Quarto
29/05/2023 06:19:06 Mercurio Massima Elongazione Ovest
30/05/2023 17:21:49 Venere-Polluce Congiunzione
31/05/2023 00:26:24 Marte Afelio
31/05/2023 11:41:33 Luna-Spica Congiunzione

Tutte le effemeridi del mese di Maggio 2023 sono disponibili in file csv

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Mercurio

01/05 Sorge: h 05:07 Tramonta: h 19:11

31/05 Sorge: h 03:40 Tramonta: h 17:22

Il mese di  maggio si apre per Mercurio con una bella congiunzione inferiore, il piccolo pianeta eclisserà il Sole in maniera parziale per quasi tutto il giorno. Uscirà dalla traiettoria praticamente già a sera inoltrata continuando quindi il suo cammino di anticipazione verso ovest già fino ad arrivare alla massima elongazione intorno alla fine del mese, il 29 per esattezza. Tentativi di ripresa solo all’alba ma attenzione, Mercurio sarà molto basso sull’orizzonte e concederà solo poco meno di un’ora per le riprese. Continua il cammino di avvicinamento a Giove.

Venere

01/05 Sorge: h 07:17 Tramonta: h 22:50

31/05 Sorge: h 07:49 Tramonta: h 23:02

Venere protagonista del mese di Marzo nel mese di Maggio non offrirà grandi spettacoli pur rimanendo alto nel cielo sempre nelle costellazione dei Gemelli quando intorno al finire del mese si troverà nei pressi di Castore e Polluce e in congiunzione con quest’ultima il 30. Continua il suo cammino di avvicinamento a Marte ma bisognerà aspettare ancora il mese di Giugno per apprezzarne la proiezione.

Marte

01/05 Sorge: h 09:21 Tramonta: h 00:35

31/05 Sorge: h 08:51 Tramonta: h 23:31

Il tragitto di Marte attraverso la costellazione dei Gemelli piuttosto tranquillo e privo di eventi degli di nota si arricchirà lievemente avvicinandosi a Polluce, stiamo comunque parlando di circa 7-8 gradi di distanza, ancora eccessivi per una vero spettacolo. Da segnalare il 31 Marte si troverà all’afelio, il punto più distante dal Sole durante le sua rivoluzione.

Giove

01/05 Sorge: h 04:37 Tramonta: h 17:49

31/05 Sorge: h 02:57 Tramonta: h 16:26

Dopo la congiunzione con il Sole del mese scorso Giove si dispone alla destra della stella, in direzione Giove anticipandone il sorgere e segnando definitivamente  la chiusura della finestra di osservazione nelle ore serali. Nei mesi a venire giove sarà osservabile sempre più facilmente nelle tarde ore notturne, inizialmente solo poco prima dell’alba per poi rendersi meglio disponibile. Alla fine del mese di Maggio il pianeta avrà anticipato il sorgere del Sole di circa un’ora e mezzo, apparendo sull’orizzonte ad Est intorno alla 4 del mattino.

Saturno

01/05 Sorge: h 02:42 Tramonta: h 13:28

31/05 Sorge: h 00:49 Tramonta: h 11:38

Come nel mese precedente Saturno che oramai ha anticipato la sua levata a poco dopo la mezzanotte nel finire del mese, un orario accettabile. Nel frattempo il giorno 13 Saturno e la Luna proveranno a ripetere lo spettacolo del mese precedente, avvicinandosi poco dopo il sorgere dei entrambi gli astri, più o meno, dopo le ore 03:00, stiamo parlando però già di 8° di distanza circa.

Urano

01/05 Sorge: h 05:32 Tramonta: h 19:44

31/05 Sorge: h 03:39 Tramonta: h 17:55

Nel mese di Maggio vedremo la posizione del pianeta spostarsi da Est del Sole ad Ovest dopo aver superato la congiunzione prevista per il giorno 9. Da questo giorno in poi il pianeta non sarà più visibile al tramonto ma dovremo volgere lo sguardo verso Est all’alba tanto che il giorno 19 si presenterà al mattino circa 30 minuti prima del Sole accompagnato da una invisibile Luna Nuova. Il Sole non sarà ancora sorto ma la luce dell’alba sarà dominante.

Nettuno

01/05 Sorge: h 03:31 Tramonta: h 15:18

31/05 Sorge: h 01:34 Tramonta: h 13:23

Rispetto al mese precedente per il pianeta più lontano del nostro Sistema Solare le condizioni di osservazione saranno migliorate grazie ad un sorgere sempre più in anticipo rispetto al Sole. Il pianeta sarà disponibile già a fine mese intorno all’01:30 di notte e il giorno e il 15 metterà a disposizione dei più volenterosi qualche ora prima dell’alba per una interessante congiunzione con una ancora piccola falce di Luna.

LUNA

La luna di maggio inizia con un crescendo. Al tramonto del Sole, poco dopo le 19 la Luna con diametro apparente di 32’ e magnitudine -11.29 si mostrerà a sud est ad un’altezza di 44° sull’orizzonte. Troppo forte ancora la luce del tramonto per delle belle osservazioni dovremo aspettare ancora qualche ora, almeno un paio per osservare i dettagli del nostro satellite. La porzione di superficie illuminata sarà pari a circa lo 0,84%. Avremo tutta la notte per osservare il nostro satellite che tramonterà subito dopo le 4:00 del mattino successivo. Lo stesso giorno la Luna sorgerà alle 20:23 3d avremo tutta la notte, fin oltre alle 4 del mattino per seguirla.

Nel crescere fino al plenilunio del 5 maggio, il giorno 4 maggio la Luna in fase di 13,1 giorni e Spica (Stella Alfa Virginis, mag. 1,04 nella costellazione della Vergine) alle ore 03:34 del 4 Maggio (Italia centrale) ad un’altezza di +17° mentre i due corpi avranno una separazione prospettica di 2°12’.

Non perderti l’articolo: Luna di Maggio 2023

COMETE

unico bersaglio 237P/LINEAR

Per approfondire: le comete di Maggio 2023 a cura di Claudio Pra

ASTEROIDI

Per Maggio ci aspettano in opposizione (44) Nysa e (67) Asia
Trovi tutto qui: Mondi in miniatura – Asteroidi, Maggio 2023 a cura di Marco Iozzi

TRANSITI NOTEVOLI ISS

La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il primo mese della Primavera, auspicando come sempre in cieli sereni.

Non perdere la rubrica Transiti notevoli ISS per il mese di Maggio 2023 a cura di Giuseppe Petricca

SUPERNOVAE – AGGIORNAMENTI

Leggi tutti gli aggiornamenti sulle ultime Supernovae scoperte nell’articolo a cura di Fabio Briganti e Riccardo Mancini

Cieli sereni a tutti!


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La Luna di Maggio 2023

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E la luna bussò alle porte del buio
“Fammi entrare”, lui rispose di no
E la luna bussò dove c’era il silenzio
Ma una voce sguaiata disse “Non è più tempo”
Quindi spalancò le finestre del vento e se ne andò
A cercare un po’ più in là
Qualche cosa da fare
Dopo avere pianto un po’
Per un altro no, per un altro no
Che le disse il mare

di Bruno Mario Lavezzi / Daniele Pace / Oscar Avogadro

La luna di maggio inizia con un crescendo. Al tramonto del Sole, poco dopo le 19 la Luna con diametro apparente di 32’ e magnitudine -11.29 si mostrerà a sud est ad un’altezza di 44° sull’orizzonte. Troppo forte ancora la luce del tramonto per delle belle osservazioni dovremo aspettare ancora qualche ora, almeno un paio per osservare i dettagli del nostro satellite. La porzione di superficie illuminata sarà pari a circa lo 0,84%. Avremo tutta la notte per osservare il nostro satellite che tramonterà subito dopo le 4:00 del mattino successivo. Lo stesso giorno la Luna sorgerà alle 20:23 3d avremo tutta la notte, fin oltre alle 4 del mattino per seguirla.

Nel crescere fino al plenilunio del 5 maggio, il giorno 4 maggio la Luna in fase di 13,1 giorni e Spica (Stella Alfa Virginis, mag. 1,04 nella costellazione della Vergine) alle ore 03:34 del 4 Maggio (Italia centrale) ad un’altezza di +17° mentre i due corpi avranno una separazione prospettica di 2°12’.

La Luna piena, come già anticipato arriverà il giorno 5 alle 19:34 quando sarà ancora sotto l’orizzonte ma comunque da li a breve, alle 20 3 23 infatti la vedremo spuntare ad Est e potremo ammirarla fino alla mattina successiva ben dopo le 5. Alle 21 la magnitudine darà di -12,64.

Inizia quindi la fase di discesa che ci condurrà fino all’ultimo quarto il 12 maggio alle ore 16:28, attenzione durante questi giorni la Luna ritarderà sempre di più il suo sorgere tanto che proprio il 12 non sarà visibile prima delle 02 e 40 del mattino successivo. Insomma sempre più complicato riprenderne i dettagli di superficie. Non dimentichiamo infatti che le notti si stanno accorciando e per il 13 il sorgere del Sole è previsto già alla 05:52. Per chi volesse provare la luminosità sarà di soli -9.72. Frazione illuminata 0.43%

Il nostro satellite in fase di 24,8 giorni ed il pianeta Nettuno si avvicineranno prospetticamente fino ad una separazione di 2°12’ la notte del 15 Maggio alle ore 03:27 (Italia centrale) ma in quel momento saranno a -4°41’ sotto l’orizzonte. Per osservare questa congiunzione basterà attendere alle ore 03:50 il sorgere della Luna.

Il 17 Maggio potremo assistere ad una spettacolare occultazione in orario diurno fra la Luna in fase di 27,4 giorni ed il pianeta Giove ad un’altezza di +20° circa. Dall’Italia Centrale l’occultazione avrà inizio alle ore 12:14 quando Giove si porterà lentamente dietro alla Luna mentre alle ore 16:14 il gigante gassoso apparirà quasi completamente occultato dal nostro satellite. Purtroppo l’egresso di Giove dall’occultazione avverrà mentre la Luna si appresterà a tramontare, infatti alle ore 18:14 questa scenderà sotto l’orizzonte. Notare che su tutto veglierà il pianeta Mercurio alla distanza di circa 6°. Anche in questo caso sarà importante considerare che il Sole si troverà alla distanza circa 26° attuando ogni precauzione al fine di prevenire danni permanenti alla propria vista. L’applicazione di un filtro IR Pass sull’oculare o sulla camera di acquisizione contribuirà a scurire il fondo cielo facilitando l’individuazione di Luna e Giove.

Siamo quindi alla Luna Nuova il 19 maggio alle ore 17:53 già tramontata ma comunque nelle ore precedenti troppo vicina al Sole.

Ancora una congiunzione in orario diurno con protagonisti questa volta la Luna in fase di 3,7 giorni e Venere che alle ore 14:09 del 23 Maggio (Italia centrale) si avvicineranno prospetticamente fino a 02°10’ ad un’altezza di +58° ma con l’ingombrante presenza del Sole che dominerà alla distanza di circa 45°. Come nei casi sopra citati risulterà di fondamentale importanza attuare ogni precauzione per evitare danni permanenti alla vista.

La Luna in fase di 4,8 giorni incontrerà il pianeta Marte alle ore 19:35 del 24 Maggio (Italia Centrale) ad un’altezza di +57° e con una separazione di circa 3°34’, mentre il Sole (altezza +8°) si starà avviando al tramonto previsto per le ore 20:30.

Il 27 Maggio alle ore 02:10 congiunzione fra la Luna (in fase di 6,8 giorni) e Regolo, la stella Alfa Leonis, di magnitudine 1,40 situata nella costellazione del Leone mentre questi due oggetti saranno appena sotto l’orizzonte separati da circa 4°, essendo il nostro satellite ormai tramontato alle ore 02:00 (Italia centrale). Basterà pertanto anticipare leggermente l’eventuale osservazione considerando che Regolo tramonterà alle ore 01:50 mentre la Luna scenderà sotto l’orizzonte alle ore 02:00. Sempre il 27 la Luna sarà al primo quarto alle 17:22.

Le librazioni di Maggio saranno pubblicate con qualche giorno di ritardo.

–  Dati e visibilità delle strutture lunari: Software “Stellarium” e “Virtual Moon Atlas”.

–  Ogni fenomeno lunare e rispettivi orari sono rapportati alla Città di Roma, dati rilevati tramite software “Stellarium” e dal sito http://www.marcomenichelli.it/luna.asp


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Mondi in miniatura – Asteroidi, Maggio 2023

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GLI ASTEROIDI DI MAGGIO

(44) Nysa è asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.380 giorni (3.78 anni) ad una distanza compresa tra le 2.06 e le 2.78 unità astronomiche (rispettivamente, 308.171.614 Km al perielio e 415.882.081 Km all’afelio).

Deve il suo nome alla mitica montagna di Nysa alle cui Ninfe fu affidato il compito di allevare il piccolo Dioniso. Scoperto dall’astronomo Hermann Goldschmidt il 27 Maggio 1857, questo grande asteoride é il membro principale della famiglia Nysa ed è stato oggetto di studio da parte della missione Hayabusa nel 2003 e della missione Dawn nel 2018. (44) Nysa sarà in opposizione il 21 di Maggio, momento nel quale raggiungerà la magnitudine 10.3. Il suo moto sarà di 0,63 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (44) Nysa trasformarsi in una bella striscia luminosa di 25 secondi d’arco.

https://www.spacereference.org/

(67) Asia è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.380 giorni (3.78 anni) ad una distanza compresa tra le 1.97 e le 2.87 unità astronomiche (rispettivamente, 294.707.805 Km al perielio e 429.345.889 Km all’afelio). Scoperto da  Norman Robert Pogson il 17 Aprile 1861, fu così battezzato in quanto primo asteroide ad essere scoperto dal continente Asiatico. (67) Asia sarà in opposizione 26 di Maggio quando raggiungerà magnitudine 11.  Il suo moto sarà di 0,63 secondi d’arco al minuto, quindi per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini, anche in questo caso potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (67) Asia trasformarsi in una bella striscia luminosa di 25 secondi d’arco.

https://www.spacereference.org/

Marzo Iozzi è membri di GRAM Gruppo Astrofili Montelupo Fiorentino


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SUPERNOVAE: aggiornamenti Maggio 2023

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RUBRICA SUPERNOVAE COELUM   N. 110

 

Questo 2023 sembra essere, senza ombra di dubbio, l’anno degli astrofili cinesi del programma XOSS capitanati da Xing Gao.

In questi primi quattro mesi hanno messo a segno ben 10 scoperte di supernovae, riuscendo ad eludere lo strapotere dei programmi professionali di ricerca supernovae. Anche se si tratta di transiente molto deboli ed ubicati in anonime galassie, con queste nuove scoperte il team di XOSS raggiunge quota 76 e si posiziona al settimo posto della Top Ten mondiale scavalcando il nostro Emiliano Mazzoni a quota 70, l’astrofilo inglese Mark Armstrong fermo da anni a quota 73 e raggiungendo anche il principale scopritore italiano di supernovae, il nostro Fabrizio Ciabattari, appunto a quota 76, che purtroppo molto presto sarà scalzato dalla settima posizione.

Nei mesi precedenti non abbiamo analizzato le supernovae cinesi perché come abbiamo detto erano “esteticamente” di poco interesse, però questo mese vogliamo soffermare la nostra attenzione sulla loro scoperta della SN2023eoc perché posizionata in un interessante campo ricco di galassie.

 

1) Immagine della SN2023eoc ripresa dall’astrofilo francese Robert Cazilhac con un telescopio C14 da 35cm F.11 somma di 250 immagini da 10 secondi.

Questa supernova è stato individuata a mag.+17,4 la notte del 4 aprile in un’anonima galassia posta nella costellazione del Drago a circa 480 milioni di anni luce di distanza. Questa piccola galassia anonima è situata molto vicino (ad Est) ad un interessante galassia denominata NGC6090, che ricorda come aspetto la coppia di galassie conosciute come Antenne Galaxies o Arp 244 dal famoso catalogo di galassie interagenti e pecuniari redatto 1966 dall’astronomo statunitense Halton Arp. NGC6090 è costituita da due galassie interagenti poste a circa 410 milioni di distanza, che stranamente Halton Arp non ha inserito nel suo catalogo, che comprende ben 338 galassie peculiari. Ad Ovest della galassia ospite abbiamo invece la galassia ellittica PGC57421 posta alla solita distanza (410 milioni di anni luce) di NGC6090 con la quale forse in passato ha interagito a livello gravitazionale. A completare queste interessante ed esteticamente piacevole quadretto, troviamo la galassia a spirale UGC10261 posta ad Ovest della galassia PGC57421. La vicinanza di UGC10261 alle altre due galassie è in realtà solo prospettica, perché UGC10261 si trova posizionata molto più distante a circa 870 milioni di anni luce.

Stessa immagine della SN2023eoc ripresa dall’astrofilo francese Robert Cazilhac con evidenziati i nomi delle tre galassie principali presenti nel campo di ripresa

Apparentemente le tre galassie principali di questo campo si assomigliano come diametro angolare: NGC6090 ha un diametro di circa 50.000 anni luce, PGC57421 ha un diametro di circa 40.000 anni luce, invece UGC10261, che è posta molto più lontana, è una grande galassia, un “mostro” di circa 300.000 anni luce di diametro, circa tre volte la nostra Via Lattea.

Bella immagine a colori delle tre galassie NGC6090 – PGC57421 – UGC10261 ripresa nel 2015 dall’astrofilo americano Rick J. con un telescopio LX200R da 35cm F.10 e CCD STL-11000XM. Tempi di posa: L=10×4 minuti, RG=2×10 minuti, B=4×10 minuti

Dopo esserci soffermati sulla descrizione di questo campo di galassie, torniamo alla supernova cinese il cui spettro è stato ottenuto nella notte del 7 aprile dagli astronomi cinesi del Yunnan Observatory, con il Lijiang Telescope da 2,4 metri.

3) Xing Gao all’interno dell’Osservatorio Xingming

La SN2023eoc è una giovane supernova di tipo Ia, scoperta circa 9 giorni prima del massimo di luminosità, con i gas eiettati dall’esplosione che viaggiano ad una velocità di circa 17.000 km/s. La supernova è infatti aumentata di luminosità fino a raggiungere il massimo a mag.+16 intorno alla metà di aprile. Abbiamo quindi la possibilità di riprendere un bel trittico di galassie, di svariate morfologie, con una relativamente brillante supernova che sovrasta di gran lunga in luminosità la piccola galassia anonima che la ospita.

Trovi tutti gli eventi osservabili e dell’ultimo mese nella sezione: Il Cielo del Mese


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Le Costellazioni di Maggio 2023

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Se tu vuoi bene a un fiore che sta in una stella, è dolce, la notte, guardare il cielo. Tutte le stelle sono fiorite.

“Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry

Nelle sere di primavera c’è tutta l’attesa del cielo d’estate: sulla volta celeste, nel mese di maggio, è un fiorire di costellazioni note che, una dopo l’altra, possiamo cogliere con i nostri occhi e immortalare con gli strumenti a nostra disposizione.

Prima però di dare di accogliere gli asterismi che ci accompagneranno nelle notti più calde, vogliamo salutare all’orizzonte, oramai verso ovest la ricca costellazione del Leone.

Tra la debole costellazione del Cancro e quella della Vergine si trova il Leone, figura celeste che tramontando sempre prima sta lasciando il passo alle costellazioni più autunnali.

Nei primi giorni del mese di maggio tuttavia, già dalle prime ore della sera, Leo sarà visibile proprio a Sud, per riconoscere sarà sufficiente trovare la tipica forma trapezoidale che la identifica, di cui la stella Regolo (alfa Leonis) costituisce uno dei suoi vertici (quello orientato a Sud-Ovest).

Regolo è un sistema stellare composto da quattro stelle divise in due coppie; con la sua magnitudine +1,40 è la ventunesima stella più luminosa del cielo notturno. Dista circa 79 anni luce da noi e la sua vicinanza all’Equatore celeste fa sì che possa essere osservata da tutte le aree popolate della Terra.

Con il suo colore bianco-azzurro, Regolo è facilmente individuabile nelle serate primaverili: insieme ad altre stelle della costellazione del Leone, alfa Leonis va a comporre un asterismo chiamato Falce.

Si tratta di un asterismo molto brillante noto anche come Falce Leonina, la cui forma richiama appunto quella dell’oggetto di cui porta il nome.

Il vertice Sud-Orientale della figura del Leone è costituito dalla stella Denebola, che rappresenta la coda dell’animale: è una delle stelle più vicine a noi, trovandosi a 36 anni luce di distanza; con la sua luce bianca è circa 17 volte più luminosa del Sole.

Denebola è una stella variabile della tipologia Delta Scuti, con una luminosità che varia leggermente nel giro di poche ore.

Da studi cinematici risulta che Denebola potrebbe essere una componente di un’associazione stellare di cui fanno parte anche Alpha Pictoris, Beta Canis Minoris e l’ammasso aperto IC 2391.

GLI OGGETTI DEL PROFONDO CIELO NELLA COSTELLAZIONE DEL LEONE

La costellazione del Leone ospita diversi oggetti non stellari come le galassie M65, M66, M105 e NGC 2903. Quest’ultima, oltre ad essere una galassia a spirale barrata, è anche l’oggetto più brillante della costellazione. Inoltre, visibile anche attraverso un piccolo telescopio, vi è la grande galassia ellittica NGC 3607.

Le Galassie M66, M65 e NGC 3628  formano il Tripletto del Leone, che si trova a 35 milioni di anni luce dalla Terra.

Tripletto ripreso da Salvo Lauricella

Entro i confini della costellazione sono stati scoperti anche diversi sistemi planetari: attorno alla nana rossa Gliese 436, posta a 33 anni luce dal Sole, orbita un pianeta la cui massa è simile a quella di Nettuno; vi è poi la stella HD 102272 attorno alla quale orbitano due pianeti di tipo gioviano.

LEONE NELLA MITOLOGIA

Nota già ai tempi dei Babilonesi per la sua identificazione con il Sole, poiché ospitava il Solstizio d’Estate, la costellazione del Leone è mitologicamente legata alla figura di Ercole.

Secondo il mito, la dea Era possedeva un famelico leone che tormentava il popolo di Nemea. Il leone, dotato di una spessa e invulnerabile pelliccia, sembrava essere immune a qualsiasi arma.

Leone ed Ercole Crediti: MARCO ANTONIO PRESTINARI

Nell’impresa di cacciarlo e ucciderlo vi riuscì solamente Ercole, che dopo aver sconfitto la feroce bestia, la scuoiò, indossando da quel momento la pelliccia impenetrabile del leone. La fierezza dell’animale fu tramutata in stelle da Zeus, che collocò la sua figura sulla volta celeste.

LA CHIOMA DI BERENICE

Tra la costellazione del Leone e quella del Boote vi è una piccola costellazione piena di significato mitologico: la Chioma di Berenice.

“Qui la deami pose, tra le antiche, stella nuova. Della Vergine e del fiero Leone tocco gli astri, nei pressi di Callisto Licaonia volgo al tramonto, dirigendo il corso dinanzi al lento Boote, che si immerge nell’Oceano profondo, a stento tardi”.

Nella poesia di Catullo (carme 66) è sostanzialmente racchiusa la mappa stellare per individuare la Chioma di Berenice che, esprimendosi in prima persona, ci guida tra le costellazioni del Leone e del Boote passando per quella della Vergine per trovare finalmente gli astri che la compongono.

La costellazione non spicca di certo per luminosità poiché molte delle stelle che costituiscono l’oggetto sono membri di un ammasso aperto, uno dei più vicini a noi posto a soli 250 anni luce: si tratta di Mel 111 o Ammasso della Chioma di Berenice, oggetto visibile al meglio soprattutto attraverso un binocolo, il cui oculare è in grado di contenere meglio la visuale delle poche stelle che compongono l’ammasso.

Le sue stelle principali sono Diadem(α Comae Berenices), la seconda stella più luminosa della costellazione e β Comae Berenices: la prima è una stella binaria di magnitudine +4,32 che si trova a 60 anni luce di distanza dal sistema solare mentre la seconda, molto simile al nostro Sole, ha una magnitudine apparente 4,23.

Vi è infine la stella binaria Al Dafirah, che dall’arabo significa “treccia”.

OGGETTI NON STELLARI NELLA CHIOMA DI BERENICE

Uno degli oggetti deep sky più interessanti e amati dagli astrofili è sicuramente NGC 4565, nota come Galassia Ago: si tratta di una galassia a spirale distante circa 52 milioni di anni luce che ha la caratteristica di mostrarsi di taglio, favorendo così una dettagliata osservazione del suo nucleo e restituendoci delle immagini spettacolari attraverso le adeguate strumentazioni.

NGC4565 Galassia Ago Crediti Massimiliano Zulian latorredelsole.it

Un nuovo straordinario lavoro di Paolo Palma, inerente proprio alle costellazioni del Leone e della Chioma di Berenice, riguarda la realizzazione di due mosaici che presentano tutte le stelle fino alla sesta magnitudine riportate da Stellarium, più la debole e rossa R Leonis  per un totale di 120 astri.

Mosaico Chioma di Berenice e Leone Crediti Paolo Palma

 

CHIOMA DI BERENICE NELLA MITOLOGIA

Regina cirenaica di splendida bellezza, Berenice era la moglie del re egizio Tolomeo III: ella consacrò la sua fluente chioma, come pegno d’amore, alla dea Afrodite, affinché favorisse il ritorno di suo marito sano e salvo dalla guerra. Quando questi tornò trionfante e tutto intero, per la bella regina non restò altro che mantenere fede alla sua promessa: Berenice agghindò così i suoi capelli in un raccolto che poi tagliò e portò al tempio dedicato ad Afrodite.

Ma il giorno dopo di quel pegno d’amore non vi era traccia, qualcuno lo aveva trafugato e i sovrani andarono su tutte le furie: a calmare gli animi e a fare chiarezza intervenne Conone di Samo, un matematicoe astronomo dell’epoca il quale cercò di tranquillizzare i sovrani asserendo di aver trovato lui la chioma della regina, ma in un posto speciale, ovvero sulla volta celeste trasformata in luminose stelle.

Berenice CREDITI Rosalba Carriera

 

COSTELLAZIONE DEL DRAGO

Tra le costellazioni visibili durante il mese di maggio c’è quella circumpolare del Drago: si tratta di una figura situata tra l’Orsa Maggiore, l’Orsa Minore e Cefeo e risulta essere una delle più estese della volta celeste.

La parte immediatamente visibile della  costellazione è il quadrato dato dalle stelle che ne formano la testa, le cui due più brillanti sono Eltanin e Rastaban, rispettivamente Gamma Draconis e β Draconis; quest’ultima deriva dall’arabo (Al Rās al Thuʽbān) e significa “la testa del serpente”.

Il Drago non spicca certo per grande luminosità, in compenso vanta un buon numero di stelle doppie come ν Draconis e ο Draconis, risolvibili già con un discreto telescopio.

OGGETTI NON STELLARI

Proiettata nella costellazione del Drago vi è la nebulosa planetaria NGC 6543, detta anche Nebulosa Occhio di Gatto, scoperta da William Herschel nel 1786, la cui struttura è stata scandagliata dal Telescopio Spaziale Hubble, rivelando dettagli interessanti.

IL DRAGO NELLA MITOLOGIA

Il Drago trova riferimenti sia negli antichi popoli Sumeri e Babilonesi che nella mitologia greca, dove veniva configurato con Ladone, il guardiano delle mele d’oro.

Tutto ebbe inizio con il matrimonio di Giove e Giunone, i quali ricevettero come regalo di nozze dalla dea Gea (la Terra) un albero speciale, in grado di produrre mele d’oro.

Giunone lo fece piantare in giardino, ma l’albero era così prezioso che serviva qualcuno che lo sorvegliasse: così Giunone incaricò un terribile mostro, Ladone, con sembianze metà di donna e metà di serpente.

E qui entra in scena Ercole che venne convocato dal re di Micene, Euriseo, il quale gli affidò il compito di uccidere il mostro e trafugare l’albero dal giardino di Giunone; l’eroe prese alla lettera l’incarico e, giunto nel giardino e individuato il temibile mostro, scagliò una delle sue fatali frecce contro Ladone, che stramazzò a terra esanime.

Il Drago venne posto in cielo in ricordo di quell’impresa e fu sistemato attorno all’albero dai frutti d’oro, rappresentato dall’asse terrestre.

Per maggio è tutto, appuntamento al prossimo mese!

Segui gli eventi del mese in Il Cielo del Mese

Transiti ISS notevoli per il mese di Maggio 2023

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La ISSStazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante l’ultimo mese della primavera, auspicando come sempre in cieli sereni.

Il mese di maggio si presenta molto più interessante per i transiti, occhio agli appuntamenti di metà mese e del 29 particolarmente favorevoli per l’osservazione.

 

11 Maggio

Si inizierà il giorno 11 Maggio, dalle 05:10verso ONO alle 05:20 verso SE. Visibilità perfetta da tutta Italia, con magnitudine di picco a -3.8. Uno dei migliori transiti mattutini del mese, meteo permettendo.

12 Maggio

Si replica il 12 Maggio, dalle 04:20 alle 04:31, osservando da NO ad ESE. La ISS sarà ben visibile dal Centro Nord e regioni Adriatiche con una magnitudine massima si attesterà su un valore di -3.4.

Un altro transito notevole si avrà alla sera del 12 Maggio, dalle 22:39 verso OSO alle 22:46 verso ESE. Visibilità migliore dal Centro Nord Italia con magnitudine di picco a -3.4.

13 Maggio

Ancora al 13 Maggio, nuovamente di sera, dalle 21:50 in direzione SO alle 22:01 in direzione NE. Questo sarà un nuovo transito ottimale per tutta Italia. Magnitudine massima di -3.9 per il miglior transito serale del mese.

14 Maggio

Il giorno dopo,14 Maggio, dalle 04:19 alle 04:29, da ONO a SE, avremo un nuovo transito apprezzabile principalmente dalle isole maggiori e dall’occidente italiano. Magnitudine massima a -3.7.

Sempre il 14 maggio, ma alla sera, dalle 21:01 alle 21:11, da SO ad ENE, nuovo transito notevole osservabile al meglio dal Sud Italia. Magnitudine di picco a -3.5.

16 Maggio

Il 16 Maggio, da OSO a NE, dalle 20:58 alle 21:09, la ISS attraverserà il cielo di tutta la nazione con una magnitudine massima di -3.4.

26 Maggio

Saltando di dieci giorni, al 26 Maggio, avremo un transito parziale dalle 22:25 alle 22:31, da NO ad E. Visibilità migliore dal Centro e dal Nord, con magnitudine massima a -3.5.

28 Maggio

Alla sera 28 Maggio, dalle 22:22 verso ONO alle 22:28 verso S, visibile al meglio dalle isole maggiori, un nuovo transito della Stazione Spaziale, con magnitudine massima a -3.4. Se osservata dal Centro, la ISS sarà vicina al pianeta Venere, basso all’orizzonte occidentale.

29 Maggio

L’ultimo transito notevole del mese sarà nuovamente perfetto per tutto il paese, il 29 Maggio. Dalle 21:32 alle 21:40, da NO aSE. Magnitudine di picco a -3.8 per il secondo miglior transito serale del mese.

N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.


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Prima immagine di un buco nero che espelle un potente getto

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Per la prima volta alcuni astronomi hanno osservato, nella stessa immagine, l'ombra del buco nero al centro della galassia Messier 87 (M87) e il potente getto da esso espulso. Le osservazioni sono state effettuate nel 2018 con i telescopi del GMVA (Global Millimeter VLBI Array), di ALMA ('Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), di cui l'ESO è partner, e del GLT (Greenland Telescope). Grazie a questa nuova immagine, gli astronomi possono capire meglio come riescano i buchi neri a lanciare getti così energetici.

La maggior parte delle galassie ospita nel proprio centro un buco nero supermassiccio. Si sa che i buchi neri inghiottono la materia nelle loro immediate vicinanze, ma essi possono anche lanciare potenti getti di materia che si estendono ben oltre la dimensione della galassia che li ospita. Capire come i buchi neri possano creare getti così enormi è un problema ormai annoso. “Sappiamo che i getti vengono espulsi dalla regione che circonda i buchi neri“, afferma Ru-Sen Lu dell’Osservatorio Astronomico di Shanghai in Cina, “ma non comprendiamo ancora del tutto come ciò effettivamente avvenga. Per studiarlo direttamente, dobbiamo osservare l’origine del getto il più vicino possibile al buco nero”.

La nuova immagine pubblicata oggi mostra esattamente questo per la prima volta: come la base del getto si connette con la materia che ruota intorno a un buco nero supermassiccio. L’oggetto osservato è la galassia M87, ubicata a 55 milioni di anni luce di distanza, nel nostro quartiere in senso cosmico, e ospite di un buco nero 6,5 miliardi di volte più massiccio del Sole. Osservazioni precedenti erano riuscite a fotografare separatamente la regione vicina al buco nero e il getto, ma questa è la prima volta che entrambe le strutture sono state osservate insieme. “Questa nuova immagine completa il quadro mostrando contemporaneamente la regione intorno al buco nero e il getto“, aggiunge Jae-Young Kim del Max-Planck-Institut für Radioastronomie in Germania.

L’immagine è stata ottenuta con GMVA, ALMA e GLT, che formano una rete di radiotelescopi sparsi in tutto il mondo in grado di lavorare insieme come un telescopio virtuale delle dimensioni della Terra. Una rete così grande può distinguere dettagli minutissimi nella regione attorno al buco nero di M87.

La nuova immagine mostra il getto che emerge dalla vicinanza del buco nero, così come quella che gli scienziati chiamano l’ombra del buco nero. Mentre la materia orbita intorno al buco nero, si riscalda ed emette luce. Il buco nero distorce e cattura parte di questa luce, creando una struttura ad anello intorno al buco nero visibile dalla Terra. La zona scura al centro dell’anello è l’ombra del buco nero, ripresa per la prima volta dall’EHT (Event Horizon Telescope o Telescopio dell’Orizzonte degli Eventi) nel 2017. Sia questa nuova immagine che quella di EHT combinano i dati ottenuti da diversi radiotelescopi in tutto il mondo, ma l’immagine pubblicata oggi mostra la luce radio emessa a una lunghezza d’onda maggiore di quella di EHT: 3,5 mm invece di 1,3 mm. “A questa lunghezza d’onda, possiamo vedere come il getto emerge dall’anello di emissione intorno al buco nero supermassiccio centrale“, conferma Thomas Krichbaum del Max-Planck-Institut für Radioastronomie.

La dimensione dell’anello come osservata dalla rete GMVA è circa il 50% più grande rispetto all’immagine dell’EHT. “Per comprendere l’origine fisica di questo anello più grande e più spesso, abbiamo dovuto utilizzare simulazioni numeriche per verificare diversi scenari“, spiega Keiichi Asada dell’Academia Sinica di Taiwan. I risultati suggeriscono che la nuova immagine riveli una maggior quantità di materiale in caduta verso il buco nero rispetto a quanto sia osservabile con l’EHT.

Queste nuove osservazioni del buco nero di M87 sono state condotte nel 2018 con il GMVA, formato da 14 radiotelescopi in Europa e Nord America. Inoltre, altre due strutture sono state collegate al GMVA: il Greenland Telescope e ALMA, di cui l’ESO è partner. ALMA è costituito da 66 antenne ubicate nel deserto cileno di Atacama e ha svolto un ruolo chiave in queste osservazioni. I dati raccolti da questi telescopi sparsi in tutto il mondo vengono combinati utilizzando una tecnica chiamata interferometria, che sincronizza i segnali presi da ogni singola struttura. Ma per catturare adeguatamente la vera forma di un oggetto astronomico è importante che i telescopi siano ben distribuiti su tutta la Terra. I telescopi di GMVA sono per lo più allineati da est a ovest, quindi l’aggiunta di ALMA nell’emisfero australe si è rivelata essenziale per catturare l’immagine del getto e dell’ombra del buco nero di M87. “Grazie all’ubicazione e alla sensibilità di ALMA, abbiamo potuto rivelare l’ombra del buco nero e nello stesso tempo vedere più in profondità l’emissione del getto“, spiega Lu.

Le prossime osservazioni con questa rete di telescopi continueranno a svelarci come i buchi neri supermassicci possano lanciare potenti getti. “Abbiamo in programma di osservare la regione intorno al buco nero al centro di M87 a diverse lunghezze d’onda nella banda radio per studiare ulteriormente l’emissione del getto“, racconta Eduardo Ros del Max-Planck-Institut für Radioastronomie. Le osservazioni simultanee dovrebbero permettere al gruppo di lavoro di districare i complicati processi che avvengono vicino al buco nero supermassiccio. “I prossimi anni saranno entusiasmanti, poiché potremo imparare di più su ciò che accade nei pressi di una delle regioni più misteriose dell’Universo“, conclude Ros.

Notizia originale: https://www.eso.org/public/italy/news/eso2305/

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