a S. Maria di Sala nel giardino e interni della settecentesca Villa Farsetti
dal 10 al 17 marzo 2013
ORGANIZZAZIONE:
GRUPPO ASTROFILI SALESE “ G. GALILEI ”
Una mostra, unica nel suo genere, in tutto il territorio del Veneto, sia per spazio espositivo che per la cura degli argomenti trattati che ampiamente giustifica il prezzo del biglietto e abbondantemente ripaga il visitatore con un minimo di curiosità e soddisfa anche gli scettici.
Grande soddisfazione perché anche quest’anno oltre 1500 studenti delle scuole del Veneto, Elementari, Medie e Superiori si sono prenotati.
Ospite d’eccezione per i visitatori della mostra l’astronauta ing. Paolo Nespoli sabato 16 marzo 2013 alle ore 16.00parlerà in Sala Teatro della sua “avventura spaziale” e del libro “Dall’alto i problemi sembrano più piccoli”.
Inaugurazione mostra:Sabato 9 marzo ore 16.00 con la partecipazione delle autorità locali: il Sindaco di Santa Maria di Sala Nicola Fragomeni il prof. Piero Martin docente di Fisica sperimentale all’Università di Padova, il ViceSindaco dott. Alessandro Arpi e l’Assessore alle associazioni arch. Enrico Merlo.
Orari di apertura:
Domenica10 marzodalle ore 9.00 alle ore 20.00 per il pubblico.
Da lunedì 11 marzo a venerdì 16 marzo visite guidate per le scolaresche delle scuole elementari, medie e superiori dalle ore 8.30 alle ore 13.00; oltre 1500 gli studenti prenotati.
Sabato 16 e Domenica17 dalle ore 9.00 alle ore 20.00
Sezioni da visitare:
Planetario della capienza di 50 persone circa;
Simulazione della missione spaziale Apollo11;
Ricostruzione del Sistema Solare in scala di riduzione 1:100 milioni e uno in scala 1:30 miliardi;
Osservazione con telescopi, in sicurezza, delle macchie e protuberanze solari;
Pendolo di Foucault con dimostrazione della rotazione terrestre;
Mostra del libro scientifico e pubblicistica specializzata;
Mostra degli strumenti di osservazione astronomica, telescopi riflettori e rifrattori;
Mostra fotografica di alcune zone particolarmente interessanti del cielo notturno;
Immagini e suoni dallo spazio;
Ricostruzione del Sistema Solare con il movimento relativo dei primi 4 pianeti;
Sistema Terra – Luna in movimento: fasi lunari, eclissi, ecc.;
Gigantografia della Luna con indicate le zone delle missioni lunari;
Mostra laboratorio di esperimenti di Fisica;
Ricostruzione tridimensionale del Carro Maggiore;
I messaggi della Luce;
Caratteristiche fisiche e “Mitologiche” delle costellazioni dello zodiaco e altre;
Precessione degli equinozi con modellini in movimento che la illustrano;
Bilance e forza di gravità;
Nube di Oort e fascia di Kuiper con video dimostrazione;
Fedele ricostruzione del telescopio di Galileo Galilei;
Momenti di vita e risultati della ricerca astronomica del Gruppo Astrofili Salese
Telescopio Newton Cassegrain da 300mm autocostruito rinnovato e aggiornato.
Esiste una particolare classe di oggetti presenti nella nostra galassia ed anche in altre galassie esterne alla nostra, che ad una prima analisi possono essere scambiati per supernovae classiche. Ad un attento esame invece mostrano sostanziali differenze da esse, legate principalmente alle caratteristiche dello spettro e soprattutto alla luminosità assoluta assai più bassa di quella media di supernovae anche di tipo II (Magnitudine Assoluta di circa -12, contro i -16, -17 delle supernovae di tipo II). Per tali motivi gli oggetti in questione vengono anche denominati “Supernovae Impostor”.
Studi abbastanza recenti hanno dimostrato che tali fenomeni sono generati da una particolare classe di stelle, le cosiddette LBV (Luminous Blue Variable). Il prototipo, nelle vicinanze della nostra galassia, è rappresentato dalla variabile S Doradus, una delle stelle più luminose della Grande Nube di Magellano; altre due stelle LBV altrettanto note sono Eta Carinae e P Cygni.
Le stelle supergiganti o ipergiganti con masse da 50 fino a 140-150 masse solari, passano una breve fase della loro esistenza (pare della durata di circa 40.000 anni) sotto forma di LBV. In fase di riposo sono di classe spettrale B e spettro con presenza di insolite righe di emissione. Nel diagramma HR si trovano in una zona in cui le meno luminose hanno una temperatura superficiale di circa 10.000K ed una luminosità circa 250.000 quella del Sole, mentre le più luminose hanno una temperatura di circa 25.000K ed una luminosità che può arrivare anche a più di un milione di volte quella solare; ciò le rende stelle tra le più luminose in assoluto.
Nella fase LBV tali stelle pulsano in modo irregolare, disperdendo nello spazio una buona parte degli strati esterni. Tale materiale va a formare una vera e propria nebulosa attorno a tali stelle. Un classico esempio in tal senso è rappresentato dalla nebulosa di Eta Carinae.
S Doradus al centro. Credit: ESO
Un oggetto assai studiato e’ S Doradus che si trova nella costellazione australe del Dorado.
E’ una stella variabile la cui luminosità varia in modo erratico tra le magnitudini 8,6 e 11,7, ed e’ il prototipo di una classe di oggetti noti appunto come “variabili di tipo S Doradus”.
Trattasi di una stella ipergigante di classe spettrale A0eq con massa 45 volte quella solare, raggio variabile da 100 a 380 Rs, temperatura variabile tra 9000 e 20.000 K, luminosità di circa 1.000.000 di volte quella solare.
S Doradus è una delle stelle più luminose della Grande Nube di Magellano ed una delle più luminose conosciute (in alcune misurazioni supera la magnitudine assoluta -10), anche se non è visibile ad occhio nudo, trovandosi a grande distanza da noi.
Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che S Doradus sia anche una stella binaria, ma per ora non ci sono dati certi che possano confermare questa ipotesi. E’ invece sicuramente un oggetto LBV, soggetto a periodici e repentini aumenti di luminosità.
La stella si trova all’interno di una vasta e luminosa nebulosità nota come Nebulosa della Carena (NGC3372 o Nebulosa Buco della Serratura) ed è circondata da un inviluppo, eruttato dalla stella stessa, che prende il nome di Nebulosa Omuncolo. L’Omuncolo è una nebula di recentissima formazione, essendosi formata nel diciannovesimo secolo da un’eruzione gigante di Eta Carine; in tale occasione la stelle divenne l’astro più brillante del firmamento. Data la sua massa ed i fenomeni di instabilità manifestati, gli astronomi ritengono che la stella esploderà in supernova o addirittura ipernova entro qualche migliaio di anni.
Osservazioni recenti sembrano indicare che Eta Carinae sia in realtà una stella binaria, con una compagna non troppo vicina che le orbita attorno in 5,52 anni.
Un’immagine ripresa lo scorso 8 ottobre (con telescopio di 6") dall’amatore australiano Joseph Brimacombe in cui LVB 2009ip brilla di mag. +13,5. L’oggetto, esploso nell’agosto del 2009 e inizialmente scambiato per una supernova, si è improvvisamente riacceso lo scorso luglio in un outburst che lo ha portato ad un continuo incremento di luminosità, tanto da renderne importante il monitoraggio continuo, anche da parte della comunità degli amatori.
In galassie esterne alla nostra si conoscono una ventina di oggetti LBV; per nessuno di essi si ha la certezza che si sia trasformato in una vera e propria supernova. In particolare uno dei più interessanti e studiati degli ultimi anni è 2009ip che come vedremo, pone non pochi interrogativi alla comunità scientifica internazionale.
La galassia che ospita l’oggetto 2009ip è la ngc7259, una spirale posta a circa 80 milioni di anni luce da noi, osservata per la prima volta nel 1834 dall’astronomo John Herschel. La bella spirale è posta nella costellazione dei Pesci Australi, con declinazione di -29° e posizionata a circa sette gradi a ovest della stella Fomalhaut. A nord della galassia sono presenti due piccole galassie satelliti, la PGC735447 e la PGC735575 ed alla sua sinistra è presente la galassia a forma di sigaro PGC68726.
La storia di 2009ip inizia il 26 Agosto 2009 quando l’oggetto viene scoperto dal CHASE CHilean Automatic Supernovas sErch che opera nello stupendo complesso di Cerro Tololo a 2200 metri di altitudine sulle Ande cilene.
La debole stellina di magnitudine 17,9 fece subito pensare ad una supernova scoperta prima del massimo; ci si aspettò quindi un repentino aumento della luminosità apparente. Passarono pochi giorni e invece la luminosità diminuì stranamente alla magnitudine +18,3.
I dubbi sull’oggetto si dissolsero la notte del 1 Settembre 2009 quando, con il telescopio Magellan da 6,5m di Las Campanas in Cile, venne ripreso uno spettro che evidenziò che si trattava di una Luminous Blue Variable in outburst, eravamo perciò di fronte ad un Supernova Impostor.
L’oggetto oscillò fra la magnitudine +18,5 e la +20,5 per tutto il mese di Settembre 2009 e poi scomparve oltre la magnitudine +21 in Ottobre.
Nel Luglio del 2010 mostrò una nuova impennata di luminosità riportandosi nuovamente intorno alla magnitudine +17,5 ma il mese seguente era già tornata oltre la ventesima magnitudine.
Altre simili oscillazioni di magnitudine sono state registrare anche nell’autunno 2011 da un team di astronomi di Asiago.
Il 24 Luglio 2012 il Catalina Real-Time Transient Survey, riprendendo la galassia, si accorge che 2009ip era ricomparso aumentando la sua luminosità sotto la magnitudine +19. In Agosto 2012 continuò ad aumentare fino alla magnitudine +17,5. Ed infine tra il 22 ed il 24 Settembre 2012 una nuova imponente esplosione portò l’oggetto a raggiungere nel giro di due settimane la notevole magnitudine di +13,5. Queste esplosioni ricorrenti, comuni a questo tipo di oggetti, sono causate da un fenomeno che e’ chiamato “instabilita’ pulsazionale di coppia”. Ad alte temperature, le reazioni all’interno della stella (di massa iniziale da 90 a 140 masse solari) producono coppie elettrone-positroni che destabilizzano la stella inducendo esplosioni locali con cui la stella si libera di porzioni elevate dell’inviluppo di idrogeno. Episodi di questo genere si possono verificare più volte fino a rimuovere completamente l’inviluppo di idrogeno e la stella (di massa residua di circa 40 masse solari) esplode come una normale core-collapse supernova.
In effetti, dalle dettagliate, recenti survey dell’oggetto e dai nuovi spettri ottenuti sembrerebbe che la LVB 2009ip si sia trasformata in una rara supernova di tipo IIn.
La 2009ip è seguita in modo continuativo da 3-4 anni anche dall’astronomo Andrea Pastorello e dal team dell’osservatorio di Asiago. I loro studi, suffragati da approfondite indagini fotometriche e spettroscopiche, li hanno portati ad ipotizzare che ad oggi l’esplosione di supernova non si sia ancora verificata e che quindi la stella sia ancora in fase di LBV, anche se vicinissima nel trasformarsi in supernova. Ad avvalorare questa tesi vi è un recentissimo, nuovo outburst, verificatosi i primi giorni di novembre, che ha portato la stella ad aumentare nuovamente la sua luminosità. Il fenomeno è risultato completamente inaspettato in quanto la variazione fotometrica della stella, da inizi ottobre ad oggi, pareva rappresentare la classica curva di luce di una supernova in fase discendente.
Come è evidente, la complessità dei fenomeni connessi a questa classe di oggetti sono ben lungi dall’essere compresi in modo univoco; le ipotesi che prevedono la loro evoluzione possono essere tutte valide.
Se è vera l’ipotesi del team di Asiago la domanda è: quando il “brutto anatroccolo” si trasformerà in “cigno”?
Usando il Very Large Telescope dell’ESO gli astronomi hanno scoperto quello che potrebbe essere un protopianeta ancora “incubato” in un disco di gas e polvere stellare.
Il team internazionale di ricercatori guidato da Sascha Quanz (ETH Zurich – Svizzera) ha studiato questo disco di gas che circonda la giovane stella HD 100546, a 335 anni luce dalla Terra. A sorprenderli è stato il fatto di scoprire che molto probabilmente si tratta di un pianeta in via di formazione: se così fosse sarebbe un pianeta gigante, vale a dire un pianeta gassoso come Giove. Il neo-pianeta orbita sei volte ad una distanza pari a circa sei volte quella della Terra dal Sole.
«Sarebbe la prima volta che gli scienziati possono studiare realmente la nascita di un pianeta dalla A alla Z», senza ricorrere a simulazioni al computer, ha detto Quanz.
Il candidato pianeta intorno a HD 100546 è stato rivelato come una piccola macchia nel disco circumstellare, grazie allo strumento NACO ad ottica adattiva montato sul VLT dell’ESO, in combinazione con tecniche pionieristiche di analisi dati. Le osservazioni sono state fatte con il coronografo di NACO, che opera nel vicino infrarosso e occulta la luce brillante proveniente dalla stella nella posizione del candidato protopianeta (immagine a destra). Alcune strutture nel disco di polvere circumstellare, probabilmente causate dall’interazione tra il pianeta e il disco, sono state individuate nella zona del possibile protopianeta. Inoltre ci sono indicazioni che i dintorni del protopianeta possano essere riscaldati dal processo di formazione.
«La ricerca di nuovi esopianeti è una delle frontiere più interessanti dell’astronomia – ha detto Asam Amara, membro del team di ricercatori – ed è possibili ottenere immagini del genere solo grazie alle nuove strumentazioni e tecnologie sviluppate nella ricerca cosmologica».
Anche se il protopianeta è la spiegazione più probabile di questa osservazione, sono necessarie ulteriori osservazioni più approfondite per confermare l’esistenza del pianeta e scartare altri scenari plausibili. Tra le altre spiegazioni è possibile, anche se improbabile, che il segnale rivelato possa provenire da una sorgente di fondo. È anche possibile che il nuovo oggetto possa essere non un protopianeta ma un pianeta completamente formato che è stato espluso dalla sua orbita originale vicino alla stella. Se si confermerà che il nuovo oggetto intorno a HD 100546 è un pianeta in formazione avvolto nel disco di gas e polvere della stella madre, questo diventerà un laboratorio unico in cui studiare il processo di formazione di un nuovo sistema planetario.
Il venerdì alle ore 21:00, il sabato alle ore 17:30 e 21:00, la domenica alle ore 16:00 e 17:30. Per il programma di marzo consultare il sito del Planetario.
Per informazioni e prenotazioni: Tel. 049.773677
info@planetariopadova.it
www.planetariopadova.it
Aspettavamo questa “grande cometa” da mesi, e adesso, proprio in dirittura, sembra che ci ritroveremo ad osservare soltanto una bella cometa, però incapace di avere la meglio sulla luce del crepuscolo… Sarà proprio così? O per una volta l’astronomo resterà doppiamente sorpreso?
Nell’incertezza, abbiamo comunque deciso di fare finta di niente, e di mettere in cantiere lo stesso articolo che avevamo in mente quando le notizie “infauste” sul dimagrimento della Pan-STARRS non erano ancora arrivate. Un articolo doppio, per la precisione, con la prima parte dedicata all’osservazione visuale e la seconda a quella fotografica. Mal che vada avremo fatto esperienza per l’arrivo di fine anno della ISON…[tratto da Coelum 168 di marzo 2013]
Il nostro “calendario dell’avvento” inizia il 7 marzo, probabilmente il primo giorno utile per vedere la cometa alle nostre latitudini. La figura illustra la posizione della cometa al momento del tramonto del Sole (situato in corrispondenza del dischetto giallo, non in scala), con il cielo quindi ancora quasi chiaro.
E’ ovvio che aspettando qualche decina di minuti si potrà avere più contrasto, ma è altrettanto ovvio che la cometa si vedrà ancora più vicino all’orizzonte.
Lasciamo quindi al lettore la scelta del momento, del miglior compromesso tra luminosità del fondo cielo e l’altezza della cometa. La sera del 7 marzo, Pan-STARRS e Sole tramonteranno praticamente nello stesso momento, per cui la visibilità della cometa dipenderà soltanto dalla sua luminosità: al di sopra della magnitudine zero ci saranno poche possibilità di riuscire a scorgerla.
Continuate a seguire con noi l’evoluzione della Pan-STARRS attraverso gli aggiornamenti, le immagini e i dettagli che pubblicheremo, quasi giorno per giorno, proprio dal 7 marzo in poi nella sezione Cielo del mese oppure, assieme ad articoli di approfondimento e interviste agli esperti a cura di Claudio Pra e Marco Bastoni, su Coelum 168 di marzo ora in edicola e in versione digitale online.
01.03: “Le supersupernove”. Conferenza seguita da osservazioni astronomiche.
Presso il Museo di Scienze Naturali, via Ozanam, 4 Brescia. Inizio ore 20:30
Per info: tel. 348 5648190.
E-mail: osservatorio@serafinozani.it
www.astrofilibresciani.it
Un anno movimentato questo 2013, tra asteroidi, meteore e comete. Parlando proprio di quest’ultime, alcuni astronomi ritengono ora ci sia una remota possibilità che una cometa colpisca o sfiori il pianeta Marte nel 2014. Gli esperti stanno ancora determinando la traiettoria della cometa chiamata C/2013 A1. Anche se non ci sarà un impatto, l’incontro con il pianeta rosso si potrà vedere abbastanza bene da Terra: su Marte probabilmente potrà essere osservata con una magnitudine di -4.
Il corpo celeste ghiacciato è stato avvistato per la prima volta in Australia, dall’Osservatorio Siding Spring in New South Wales, dal cometologo Robert McNaught. Non appena è stata individuata, gli astronomi del Catalina Sky Survey in Arizona hanno ricontrollato le loro osservazioni precedenti, trovando una prima immagine risalente all’8 dicembre 2012. Ormai sono passati 74 giorni dal primo avvistamento, e secondo i calcoli di alcuni astrofili ed esperti di comete, la traiettoria della cometa incrocerà l’orbita di Marte il 19 ottobre 2014.
Ma quanto si avvicinerà al pianeta? Secondo i primi calcoli, non più di 109 mila chilometri di distanza. Ma 74 giorni di osservazione sono ancora troppo pochi per stabilire con precisione l’avvicinamento massimo, da qui a 20 mesi. La cometa C/2013 A1 potrebbe passare a una distanza di sicurezza di 0.008 AU (1 milione di chilometri). Ma potrebbe anche, all’altro estremo, trovarsi in rotta di collisione con Marte,
Dato che è una cometa iperbolica e si sposta in un’orbita retrograda, la sua velocità rispetto al pianeta sarà molto elevata: viaggerà a circa 56 chilometri al secondo. In base alla stima attuale della magnitudine assoluta del nucleo (che indicherebbe un diametro del corpo fino a 50 km), l’energia liberata da un impatto sarebbe equivalente a 2×1010 megatoni: un impatto di questa portata potrebbe lasciare un cratere di 500 chilometri di diametro e 2 chilometri di profondità. E sarebbe uno spettacolo straordinario, visto da Terra.
percorso apparente in febbraio di Irene e Edisona, due asteroidi che si muoveranno di conserva, distanziati di un paio di gradi, nella regione di confine tra Chioma di Berenice e Vergine. Il 22 marzo Irene raggiungerà il massimo avvicinamento alla Terra del periodo 1934-2088, e lo festeggerà transitando sulla galassia ellittica M100. Anche il piccolo Edisona si produrrà in due transiti su galassie del catalogo Messier.
Il percorso apparente in febbraio di Irene e Edisona, due asteroidi che si muoveranno di conserva, distanziati di un paio di gradi, nella regione di confine tra Chioma di Berenice e Vergine. Il 22 marzo Irene raggiungerà il massimo avvicinamento alla Terra del periodo 1934-2088, e lo festeggerà transitando sulla galassia ellittica M100. Anche il piccolo Edisona si produrrà in due transiti su galassie del catalogo Messier.
Mentre scrivo mancano ancora un paio di settimane al passaggio di 2012 DA14, il piccolo asteroide (vedi Coelum n. 167) che in febbraio farà ovviamente molto più notizia dell’incedere tranquillo di Nausikaa
e Cybele, i due pianetini di cui vi ho parlato nello scorso numero. Dal mio punto di vista temporale la montagnola sfiorerà il nostro pianeta tra una quindicina di giorni, e di questo, come delle circostanze dell’evento, posso parlare senza alcuna incertezza, se non quella legata alle condizioni meteo; perché gli asteroidi questo hanno di bello rispetto alle comete: che rispettano alla lettera le previsioni sulla loro luminosità. Per cui – senza ombra di dubbio – se il tempo sarà stato bello voi lettori avrete avuto il modo di seguire uno dei più veloci attraversamenti del cielo da parte di un oggetto tanto luminoso da poter essere osservato anche con un binocolo. Per tornare agli asteroidi “seri”, in marzo saranno sei gli oggetti in opposizione a scendere sotto la undicesima magnitudine; di questi, solo 3 – Eunomia, Amphitrite e Irene – scenderanno sotto la mag. +10, e solo uno – Irene – addirittura sotto la +9… Eh sì, perché il pianetino (14) Irene, come già vi avevo anticipato il mese scorso, in marzo si produrrà in un avvicinamento da record, impossibile da trascurare.
Tanto per dare una ripassatina, sarà bene ricordare che (14) Irene è il quarto asteroide scoperto (su un totale di dieci) dall’inglese John Russell Hind (1823-1895) presso l’osservatorio privato che un tempo sorgeva in Regent’s Park, a Londra.
Nella tabella vengono forniti i dati di sorgere, transito e relativa altezza sull’orizzonte, e del tramonto dell'oggetto; quindi luminosità, distanza dalla Terra, elongazione rispetto al Sole, coordinate equatoriali calcolate per le ore 00:00 TMEC e costellazione. Gli istanti sono in TMEC (TU+1 fino alle ore 02:00 del 31 marzo, quindi TU+2) e calcolati per una località situata a 12° di longitudine Est, 42° di latitudine Nord.
Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, nell’articolo tratto dalla Rubrica Asteroidi di Talib Kadori presente a pagina 70 di Coelum n.168.
01.03: “Il guerriero stellare: tra le bellezze e i miti della costellazione di Orione”. Al telescopio: Giove e la Luna calante.
Per info: cell. 3468699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it
La cartina di questo mese è centrata su quella parte della costellazione del Leone che viene anche comunemente chiamata “la falce”, o “il falcetto” e che di fatto rappresenta la testa del mitico animale. Proprio in questa regione si trovano i due oggetti descritti nel testo: una bella e luminosa galassia singola (NGC 2903) e una coppia di galassie in interazione gravitazionale (NGC 3226 e NGC 3227).
La cartina di questo mese è centrata su quella parte della costellazione del Leone che viene anche comunemente chiamata “la falce”, o “il falcetto” e che di fatto rappresenta la testa del mitico animale. Proprio in questa regione si trovano i due oggetti descritti nel testo: una bella e luminosa galassia singola (NGC 2903) e una coppia di galassie in interazione gravitazionale (NGC 3226 e NGC 3227).
Se Orione è considerata da tutti la costellazione invernale per eccellenza, il Leone rappresenta sicuramente il ritorno dei cieli primaverili popolati dai grandi ammassi di galassie. Tra queste, abbiamo scelto quella che è considerata da qualcuno “la più bella delle galassie non-Messier del cielo boreale”; nonché una magnifica coppia interagente nascosta nella luce della stella gamma Leonis. NGC 2903 – La prima scelta di questo mese è rappresentata dalla galassia a spirale NGC 2903, facilmente rintracciabile 1,45° a sud di lambda Leonis (mag. +4,3), stella situata appena a est della “falce” che identifica il muso e la criniera del Leone. Si tratta di un oggetto davvero considerevole… Con una magnitudine integrata di +9,0 risulta infatti alla portata del telescopio più modesto e anche al binocolo si mostra come una chiazza chiaramente elongata. Fu scoperto da W. Herschel il 16 novembre del 1784 che, come riportato dall’ammiraglio Smyth nel suo “Cycle of Celestial Objects”, credette di aver
individuato non uno ma due oggetti: «…una nebulosa doppia, ognuna delle quale sembra possedere una simile regione nucleare, con due apparenti nebulosità che si compenetrano». In effetti, non è ancora ben chiaro se si trattò di una svista… Herschel identificò sul disco della galassia anche una regione brillante, che nel New General Catalogue fu registrata con la sigla NGC 2905, e molti pensano che potrebbe essere stato questo secondo punto di luce ad aver convinto l’astronomo anglo-tedesco della duplicità dell’oggetto. Un’ipotesi confermata dal fatto che quando Lord Rosse, il 5 marzo 1848, riuscì con il suo grande riflettore da 1,8 metri a scoprire la sua struttura a spirale, lasciò un disegno in cui la regione di formazione stellare è segnata in modo ben evidente, anche se comunque non paragonabile per splendore al nucleo di NGC 2903.
Per approfondire leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, i cenni storici, le immagini e le mappe dettagliate, nell’articolo tratto dalla Rubrica Nel Cielo di Salvatore Albano presente a pagina 58 diCoelum n. 168.
Una Costellazione sopra di Noi – Ogni primo venerdì del mese, Giorgio Bianciardi (vicepresidente UAI) vi condurrà in un viaggio attorno a una costellazione del periodo. Osservazioni in diretta con approfondimenti dal vivo.
Il venerdì alle ore 21:00, il sabato alle ore 17:30 e 21:00, la domenica alle ore 16:00 e 17:30. Per il programma di marzo consultare il sito del Planetario.
Per informazioni e prenotazioni: Tel. 049.773677
info@planetariopadova.it
www.planetariopadova.it
01.02: “Il Cielo e il Planetario”. Osservazione del cielo invernale all’esterno del Centro Civico Borella.
In caso di maltempo proiezione del planetario.
Per info: tel. 328/0976491
info@astrofililariani.org
www.astrofililariani.org
25.02: “Serata della LUNA”. Osservazione e fotografia della LUNA PIENA, presso Parcheggio prolungamento piazzale E. Ferrari a Cascina.
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736 domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it Simone Pertici: Cell: 329-6116984 simone.pertici@domenicoantonacci.it www.astrofilicascinesi.it
Observations Tending to Investigate the Nature of the Sun, in Order to Find the Causes or Symptoms of Its Variable Emission of Light and Heat; with Remarks on the Use That May Possibly Be drawn from Solar Observations. (January 1, 1800)
Observations Tending to Investigate the Nature of the Sun, in Order to Find the Causes or Symptoms of Its Variable Emission of Light and Heat; with Remarks on the Use That May Possibly Be drawn from Solar Observations. Herschel, W Abstracts of the Papers Printed in the Philosophical Transactions of the Royal Society of London (1800-1843). 1800-01-01. 1:49–52
L’immagine combina gli scatti di due strumenti NASA installati su Solar Dynamics Observatory (SDO): Helioseismic and Magnetic Imager (HMI)e l’ Advanced Imaging Assembly (AIA). CREDIT: NASA / SDO / AIA / HMI / Goddard Space Flight Center
L’immagine combina gli scatti di due strumenti NASA installati su Solar Dynamics Observatory (SDO): Helioseismic and Magnetic Imager (HMI)e l’ Advanced Imaging Assembly (AIA). CREDIT: NASA / SDO / AIA / HMI / Goddard Space Flight Center
Che il Sole sia un astro turbolento lo sappiamo bene, ma gli eventi che si verificano sulla sua superficie possono essere molto diversi. Alcuni sono costituiti da un “semplice” brillamento solare; altri mostrano un’espulsione aggiuntiva di materiale solare e prendono il nome di espulsioni di massa coronale (CME Coronal Mass Ejections); altri ancora producono una pioggia coronale, dovuta a strutture messe in movimento dalle variazioni nei campi magnetici che circondano il Sole.
Il 19 luglio 2012 (ma l’analisi dei dati relativi e il filmato che li rappresenta arrivano solo ora) un eruzione solare ha prodotto tutti e tre gli eventi, ed è stata catturata dalla sonda della NASA SDO (Solar Dynamics Observatory). Un brillamento solare moderatamente potente è esploso sulla parte in basso a destra del sole, provocando l’invio di luce e radiazioni; lo ha seguito un’espulsione di massa coronale diretta verso lo spazio esterno, con una conseguente pioggia coronale causata dai campi magnetici del Sole.
Nel corso del giorno successivo all’eruzione, il plasma incandescente si è raffreddato e condensato lungo i forti campi magnetici della regione solare. Questi campi magnetici sono invisibili, ma il plasma raffreddatosi è costretto a muoversi lungo le loro linee, mostrandone brillantemente i contorni a una lunghezza d’onda ultravioletta di 304 Angstrom, che evidenzia un materiale ad una temperatura di circa 50.000 Kelvin. Quindi il plasma agisce come un tracciante, aiutando gli scienziati ad osservare e studiare “la danza” dei campi magnetici sul sole. In alcuni settori sembra che i campi rientrino lentamente verso la superficie solare.
Abstract: The database of Prof. Rogers (1887), which includes wheat prices in England in the Middle Ages, was used to search for a possible influence of solar activity on the wheat market. We present a conceptual model of possible modes for sensitivity of wheat prices to weather conditions, caused by solar cycle variations, and compare expected price fluctuations with price variations recorded in medieval England.
We compared statistical properties of the intervals between wheat price bursts during years 1249-1703 with statistical properties of the intervals between minimums of solar cycles during years 1700-2000. We show that statistical properties of these two samples are similar, both for characteristics of the distributions and for histograms of the distributions. We analyze a direct link between wheat prices and solar activity in the 17th Century, for which wheat prices and solar activity data (derived from 10Be isotope) are available. We show that for all 10 time moments of the solar activity minimums the observed prices were higher than prices for the correspondent time moments of maximal solar activity (100% sign correlation, on a significance level < 0.2%). We consider these results as a direct evidence of the causal connection between wheat prices bursts and solar activity.
23.02: Le Comete Un viaggio sui corpi più affascinanti del Sistema Solare a cura di ARA – Associazione Romana Astrofili. Presso l’Osservatorio
Astronomico Virginio Cesarini – Frasso Sabino (RI).
http://ara.roma.it/divulgazione-didattica/aperture-pubbliche
Questa composizione di 72 immagini radar dell’asteroide 2012 DA14 è stata creata utilizzando i dati dell’antenna da 70 metri del Deep Space Network della NASA (Goldstone, Calif). I dati sono stati raccolti nella notte tra il 15 e il 16 febbraio, 2013, dopo che l’asteroide aveva superato il punto di massimo avvicinamento alla Terra e si apprestava ad uscire dal sistema Luna-Terra. Durante le osservazioni la distanza tra Terra e asteroide è passata da 120 mila a 314 mila chilometri, la risoluzione delle immagini è di 4 metri per pixel.
Il venerdì alle ore 21:00, il sabato alle ore 17:30 e 21:00, la domenica alle ore 16:00 e 17:30. Per il programma di febbraio consultare il sito del Planetario.
Per informazioni e prenotazioni: tel. 049 773677
E-mail: info@planetariopadova.it
Web: www.planetariopadova.it
22.02: “Tempeste spaziali: che tempo fa nello spazio”. Al telescopio: Luna e Giove.
Per info: cell. 3468699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it
22.02, ore 21:00: “Come comunicare con la Stazione Spazia- le” a cura di Gianpietro Ferrario.
Dopo le conferenza, meteo permettendo, si potranno osservare gli oggetti del cielo con i telescopi del Gruppo. Per info: Tel. 0341 367 584
www.deepspace.it
La BBC riferisce il ritrovamento di alcuni piccoli pezzi del meteorite caduto venerdì in Russia (foto qui accanto). I frammenti sono stati trovati intorno a un lago ghiacciato nelle vicinanze di Cherbakul, nel quale era stato visto un cratere largo circa sei metri. Il meteorite sarebbe composto per il 10% da ferro e sarebbe una normale condrite. I danni stimati ammontano a circa 33 milioni di dollari, principalmente per la rottura di circa 200.000 metri quadri di vetri.
Il boato generato dall’attraversamento dell’atmosfera e dalla disintegrazione esplosiva della meteora è stato captato letteralmente in mezzo mondo, nella gamma degli infrasuoni (da 20 a 0,01 hertz), da undici elementi della rete di 45 sensori gestita dal CTBTO (Comprehensive Nuclear Test Ban Treaty Organization), un ente che utilizza questi sensori per rilevare e localizzare eventuali detonazioni nucleari e altri fenomeni esplosivi nell’atmosfera.
Credit: Denis Panteleev
La scia della meteora è stata osservata anche dal satellite cinese FY-2D e dal satellite giapponese MTSAT-2. In questo articolo del CIMSS Satellite Blog trovate ottime immagini e animazioni di queste osservazioni. Una delle immagini è stata elaborata da Discover Magazine per evidenziare la scia.
Sempre Discover Magazine fa un po’ di conti su quanto spendiamo per difenderci contro questi rischi: praticamente nulla. Gli Stati Uniti, per esempio, vi investono circa un milionesimo del budget federale.
La mappa di Mercurio recentemente realizzata dalla missione Messenger. Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington
Poco meno di 2 anni di osservazioni, oltre 160mila immagini a partire da questo primo scatto, per realizzare una mappa che copre la quasi totalità (il 99%) della superficie di Mercurio e fornisce importanti informazioni sulla composizione e sulla storia geologica del pianeta. Questo e molto altro, messo a disposizione online – e per i più tecnologici in una App – dal team della missione Messenger.
La mappa di Mercurio recentemente realizzata dalla missione Messenger. Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington
L’immagine di oggi è un fotogramma del filmato recentemente distribuito dalla NASA, in cui si può osservare la più aggiornata mappa della superficie di Mercurio realizzata finora, frutto delle fatiche della sonda Messenger, la prima missione ad orbitare intorno al misterioso pianeta e a identificare la presenza di ghiaccio d’acqua al Polo. La mappa copre il 99% della superficie con una risoluzione maggiore di 1 km per pixel ed è stata ottenuta dalla Wide Angle Camera (WAC), combinando immagini ottenute con otto diversi filtri.
I colori della mappa non sono realistici ma rappresentano la diversa riflettanza, nei vari punti, delle rocce del pianeta, una caratteristica fondamentale che indica quanto il materiale sia in grado di riflettere la luce che lo colpisce. Questa caratteristica dipende contemporaneamente dalla composizione del materiale e da quanto tempo il materiale stesso sia rimasto esposto in superficie, subendo per tempi più o meno lunghi i processi che ne causano l’annerimento. In altre parole, i falsi colori della mappa permettono di identificare rocce con diverse composizioni e con diverse storie geologiche.
Guardando l’immagine, in celeste chiarissimo o in bianco, è possibile identificare i raggi che si estendono intorno ai crateri più giovani, formati dal materiale “sparato” sulla superficie durante gli impatti più recenti. In celeste più scuro fino al blu, aree note come materiale “low-reflectance”, zone ricche in minerali dall’aspetto scuro ed opaco. Le aree marroni scuro sono immaginabili come vaste pianure formate da colate fluide di lava durante le eruzioni vulcaniche più lente, mentre le macchie di piccole dimensioni e di colore più aranciato che punteggiano la superficie, possono essere assimilate a eruzioni vulcaniche più esplosive. Infine, la grande macchia al centro verso l’alto del disco del pianeta, altro non è che l’enorme bacino da impatto Caloris, una delle zone più note e studiate del pianeta Mercurio, con la sua superficie interna pianeggiante, ricoperta da materiale vulcanico di recente formazione (link).
Per chi volesse seguire da vicino i prossimi step di questa missione, che si avvicina alla conclusione del suo secondo e ultimo anno di attività previsto finora, la NASA mette a disposizione vari strumenti online come una mappa interattiva per esplorare la superficie del pianeta o una APP, che permette di ricevere gli ultimi dati da Mercurio sul proprio cellulare.
Grafico del passaggio dell'asteroide 2012 DA14, il 15.02.2013. Cortesia: NASA/JPL-Caltech
Il passaggio ravvicinato del NEO (Near Earth Object) 2012 DA14, si è svolto come previsto: alle 20:25 (ora italiana) l’asteroide è transitato a quota 27 600 km, all’interno dunque dell’orbita geostazionaria dei satelliti per le telecomunicazioni, che orbitano a poco meno di 36 mila km di altezza.
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Rispettate pure le previsioni sulla sua non pericolosità anche se, come abbiamo scritto ieri, la coincidenza con il drammatico evento verificatosi ieri in Russia, aveva creato non poche preoccupazioni. Appurato, invece, che i due oggetti seguivano traiettorie indipendenti e notevolmente diverse, si è potuto tirare un sospiro di sollievo e seguire con serenità il flyby del roccione celeste con la Terra.
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Innumerevoli le testimonianze di chi ha potuto – non penalizzato dal meteo – registrare il passaggio… dagli amatori di tutto il mondo agli Istituti professionali, alla NASA, non c’è che l’imbarazzo della scelta.
Dall’Italia ad esempio, giunge l’importante testimonianza del CASt (Circolo Astrofili Talmassons – UD) che ha ripreso l’intero transito dell’asteroide e del suo successivo allontanamento, montando un’ottima sequenza animata delle varie fasi.
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Ernesto Guido, dell’Osservatorio di Remanzacco (UD), ha invece seguito l’evento dall’emisfero australe tramite iTelescope.net del Siding Spring Observatory (Australia) riprendendo con N. Howes 2012 DA14 già alle 18:40 (ora italiana).
Cortesia E. Guido/N. Howes/Remanzacco Observatory
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Anche questa bellissima immagine targata NASA è stata ripresa dal telescopio (rifrattore 3″ + camera CCD a colori) del Siding Spring Observatory in Australia del network iTelescope.net. Mostra 2012 DA14 mentre transita sulla nebulosa Eta Carinae. La traccia del NEO è evidenziata dal rettangolo bianco.
19.02: “Sirio, la stella magica dei Dogon” di Massimo Berretti.
Per info: tel. 0544-62534 – E-mail info@arar.it
www.racine.ra.it/planet/index.html – www.arar.it
un'immagine del satellite Meteosat-10 che mostra la scia della meteora e l'ho allineata con Google Maps. La lettera A indica la città di Celyabinks. La scia risulta lunga circa 320 chilometri. Credit: Paolo Attivissimo
Un'immagine del satellite Meteosat-10 che mostra la scia della meteora allineata con Google Maps da Paolo Attivissimo (http://attivissimo.blogspot.ch/). La lettera A indica la città di Celyabinks. La scia risulta lunga circa 320 chilometri. Credit: Paolo Attivissimo
Questa mattina una meteora è esplosa nei cieli diurni al disopra di Chelyabinsk, in Russia. Secondo la CNN, centinaia di persone sono rimaste ferite, per la maggior parte dai frammenti di vetro delle finestre infrante dall’onda d’urto dell’esplosione.
È naturale chiedersi se questo evento abbia qualche relazione con il flyby odierno dell’asteroide 2012 DA14, ma la NASA ha rilasciato la seguente dichiarazione:
“La traiettoria del bolide russo era significativamente diversa da quella dell’asteroide 2012 DA14, cosa che lo rende un oggetto completamente estraneo. La raccolta delle informazioni è ancora in corso e le analisi sono ancora incomplete. Nel video della meteora, la si vede passare da sinistra a destra di fronte al Sole che sorge, il che significa che era in viaggio da nord a sud, mentre la traiettoria dell’asteroide DA14 è opposta, da sud a nord.”
I video dell’evento possono essere trovati qui e qui. In molti dei video si può sentire il suono delle finestre che vanno in frantumi quando l’onda d’urto raggiunge il suolo. Gli spettatori gridano in russo mentre ovunque suonano allarmi e sirene.
Rimanete sintonizzati per gli aggiornamenti!
RUSSIAN METEOR INJURES HUNDREDS: This morning, a meteor exploded in the daytime skies above Chelyabinsk, Russia. According to CNN, hundreds of people were injured, mainly from the glass fragments of windows shattered by shock waves from the explosion. It is natural to wonder if this event has any connection to today’s record-setting flyby of asteroid 2012 DA14. NASA has issued the following statement:
“The trajectory of the Russian meteorite was significantly different than the trajectory of the asteroid 2012 DA14, making it a completely unrelated object. Information is still being collected about the Russian meteorite and analysis is preliminary at this point. In videos of the meteor, it is seen to pass from left to right in front of the rising sun, which means it was traveling from north to south. Asteroid DA14’s trajectory is in the opposite direction, from south to north.”
Videos of the event may be found here and here. In many of the videos you can hear the sound of windows shattering as the meteor’s loud shock wave reaches the ground. Onlookers cry out in Russian as alarms and sirens sound in the background. Stay tuned for updates! http://spaceweather.com/
Secondo l’agenzia di stampa russa Interfax, una devastante pioggia di meteoriti verificatasi alle 9.20 locali (le 4.20 italiane) di stamane avrebbe provocato ingenti danni e centinaia di feriti in almeno sei città nella regione degli Urali e nella Russia centrale.
Gli abitanti di Satka, nella regione di Chelyabinsk, riferiscono di bolidi, esplosioni in serie e scie di fumo nel cielo, mentre le autorità locali parlano di almeno 400 feriti con tre persone in gravi condizioni, in gran parte più per la rottura dei vetri dovuta all’onda d’urto dell’esplosione, anche se sono numerose le segnalazioni di danni dovuti alla caduta di frammenti a terra.
Nell’intera regione sono in corso ispezioni per valutare la gravità dei danni a persone e cose, mentre non sembrano destare preoccupazioni le centrali nucleari presenti nella zona.
Tanti i video caricati su youtube, in questo l’intera ripresa dello spettacolare avvistamento:
In attesa di maggiori informazioni sulla natura dell’oggetto esploso sui cieli della Russia, non è ancora infatti ben chiaro se si sia trattato di un singolo oggetto, possiamo comunque escludere con buona certezza una correlazione con il passaggio dell’asteroide 2012 DA14che sorvolerà i nostri cieli questa sera dalle 21.
Risorse in rete:
Su Bad Astronomy una raccolta dei primi video dell’esplosione, e degli effetti che ha causato, che stanno girando in rete ma, come Phil Plait stesso dice, attenzione ai fake, ne stanno già girando parecchi!
Fig. 1. Passaggio ravvicinato dell’asteroide 2012 DA14, proiettato sul piano dell’eclittica. I dischetti blu rappresentano le posizioni effettive che l’asteroide avrà rispetto alla Terra, e la loro incertezza, nella scala del grafico, è inferiore al diametro dei dischetti stessi. Il moto relativo alla Terra ha una grossa componente perpendicolare al piano dell’eclittica: l’asteroide “entra nel foglio” dal basso, ovvero da Sud (dischetti grigi) e passa a Nord del piano (dischetti blu). E’ da notare che, rispetto al Sole, l’asteroide viaggia quasi di concerto con la Terra (freccia corta orientata in diagonale verso sinistra nella figura) e, passando “davanti” ad essa, viene rallentato dalla sua attrazione gravitazionale (deflessione verso destra) da cui deriva la notevole contrazione dell’orbita (vedi Fig. 2). I dischetti verdi e rossi rappresentano l’incertezza sulla posizione dell’asteroide (ovvero la distribuzione delle posizioni possibili alle 19:30 del 15/2) così come ricavabile dalle osservazioni disponibili al 16 Marzo 2012 e al 12 Maggio 2012. Come si vede le recentissime osservazioni del 9-11 Gennaio 2013 hanno drasticamente ridotto il margine di incertezza.
AGGIORNAMENTO
del 14/2/13
Confermati i dati orbitali entro i limiti dell’amplificazione dell’errore angolare dovuta alla vicinanza (a una distanza di 30 mila km diventa di 6 secondi d’arco).
La minima distanza geocentrica del passaggio sarà di 34051 km, con una incertezza al massimo di un paio di km.
In seguito al “flyby” l’eccentricità passerà da 0,1087 a 0,0899 e il semiasse maggiore da 1,0023 UA a 0,9099 UA.
Per chi volesse seguirlo in streaming ci segnalano la diretta del Barkeret Observatory in Israele, a partire dalle ore 20:00 italiane di domani 15 febbraio.
Indice dei contenuti
Un incontro davvero ravvicinato …
…è quello che ci aspetta il prossimo 15 Febbraio con un piccolo asteroide (40-50 metri di diametro, e quindi ben lontano dalle dimensioni di un eventuale “Armageddon” e da catastrofistiche previsioni di fine del mondo), che passerà ad una distanza dalla superficie di 27700 km, ad una velocità (relativa alla Terra) di 7,8 km/s.
Il “sasso” è designato con la sigla 2012 DA14, e sarebbe abbastanza insignificante se non fosse che a suo modo batte un record. Il suo incontro con la Terra è infatti il più ravvicinato che sia mai stato previsto in anticipo, per un oggetto di dimensioni uguali o superiori, un passaggio che, ad una magnitudine visuale prossima a 8, sarà abbastanza facilmente osservabile dai nostri cieli (meteo permettendo) anche con un normale binocolo.
Il piccolo NEO è stato scoperto nella notte fra il 22 e il 23 Febbraio 2012, dal riflettore di 0.45 m dell’osservatorio semi-amatoriale di La Sagra, in Andalusia, dedicato prevalentemente alla ricerca di corpi minori del Sistema Solare (comete e NEO) e operante automaticamente in controllo remoto. In quel momento l’oggetto presentava una magnitudine visuale di 18.8, ed erano passati pochi giorni dal suo massimo avvicinamento alla Terra, avvenuto il 16 Febbraio, ad una distanza di 2,6 milioni di km. L’asteroide è stato seguito fino al 12 Maggio 2012 (ultima osservazione effettuata da Mauna Kea, ad una debolissima magnitudine 23.8), e poi “riacciuffato” sette mesi dopo, il 9 Gennaio scorso.
Il percorso apparente dell’asteroide 2012 DA14 nel cielo di una località posta nei pressi di Roma. Dall’Italia il velocissimo transito (l’oggetto si muoverà al momento del massimo avvicinamento con una velocità angolare di circa 45 primi d’arco al minuto!) si potrà osservare a partire dalle 21:00. In quel momento l’asteroide disterà dall’osservatore circa 35350 km e la sua luminosità sarà prossima alla mag. +7,7, ancora alla portata di un buon binocolo. Alle 22:00 la distanza sarà salita a 48 000 km e la luminosità sarà scesa a +8,6. Ovviamente questa mappa non ha la risoluzione sufficiente per permettere all’osservatore visuale di identificare il pianetino in un cielo (speriamo) pieno di stelle di sfondo. Bisognerà dunque avvalersi di cartine a più grande scala, magari realizzate con un planetario software, oppure di precise coordinate equatoriali per programmare l’osservazione.
Già all’inizio, dopo meno di una settimana di osservazioni era chiaro che l’asteroide avrebbe avuto un incontro ravvicinato con la Terra un anno dopo, il 13 Febbraio 2013, ad una distanza geocentrica più probabile di circa 60.000 km, ma con un intervallo di incertezza ampio circa 200.000 km. Un impatto con la Terra poteva tuttavia essere categoricamente escluso, e questo ci porta ad una domanda intrigante: come mai, pur con un intervallo di incertezza così ampio, si poteva escludere un avvicinamento a meno di 27.000 km di distanza geocentrica?
Intanto occorre tener presente che l’incertezza nella previsione della traiettoria di un corpo celeste deriva dal fatto che le misure astrometriche (come qualsiasi misura sperimentale) non sono mai “esatte”, ma contengono sempre un sia pur piccolo margine di errore, errore che naturalmente si trasmette alla determinazione dei parametri orbitali e si propaga poi nel tempo alle previsioni della traiettoria futura. Si ha quindi che la posizione che prevedibilmente l’oggetto occuperà ad un dato istante nel futuro non è rappresentata da un punto ben definito, ma piuttosto da un insieme di posizioni possibili, distribuite in una regione di spazio tanto più ampia quanto maggiore è l’incertezza.
Ora, l’aspetto interessante della questione sta nel fatto che solitamente questo insieme di posizioni possibili non è distribuito a forma di nuvola, come può apparire uno sciame di api attorno ad un alveare o uno stormo di storni in un crepuscolo autunnale, ma è piuttosto sgranato in un filare, come una colonna di formiche in marcia lungo il sentiero che unisce due formicai. L’incertezza è quindi quasi interamente “monodimensionale”, e distribuita longitudinalmente lungo l’orbita, con un margine di errore trasversale di gran lunga inferiore. Ciò deriva dal fatto (vedi articolo “L’eventuale impatto di Apophis”, Coelum n. 134, dicembre 2009) che, mentre piccoli errori negli altri elementi geometrici comportano solo piccole incertezze di posizione oscillanti periodicamente, una incertezza nel semiasse maggiore (il raggio medio dell’orbita) comporta una incertezza nel periodo orbitale, e questo significa una divaricazione continua e progressiva delle diverse posizioni possibili lungo l’orbita. Ne discende quindi che, se il “filare” delle posizioni possibili (lungo magari centinaia di migliaia di chilometri, ma largo solo poche decine o centinaia di km) non interseca nello spazio l’orbita della Terra, ecco che si può avere la certezza che non vi sarà alcun impatto, malgrado l’incontro avvenga ad una distanza molto inferiore alla lunghezza del filare stesso.
Fig. 1. (cliccare per ingrandire l'immagine) Passaggio ravvicinato dell’asteroide 2012 DA14, proiettato sul piano dell’eclittica. I dischetti blu rappresentano le posizioni effettive che l’asteroide avrà rispetto alla Terra, e la loro incertezza, nella scala del grafico, è inferiore al diametro dei dischetti stessi. Il moto relativo alla Terra ha una grossa componente perpendicolare al piano dell’eclittica: l’asteroide “entra nel foglio” dal basso, ovvero da Sud (dischetti grigi) e passa a Nord del piano (dischetti blu). E’ da notare che, rispetto al Sole, l’asteroide viaggia quasi di concerto con la Terra (freccia corta orientata in diagonale verso sinistra nella figura) e, passando “davanti” ad essa, viene rallentato dalla sua attrazione gravitazionale (deflessione verso destra) da cui deriva la notevole contrazione dell’orbita (vedi Fig. 2). I dischetti verdi e rossi rappresentano l’incertezza sulla posizione dell’asteroide (ovvero la distribuzione delle posizioni possibili alle 19:30 del 15/2) così come ricavabile dalle osservazioni disponibili al 16 Marzo 2012 e al 12 Maggio 2012. Come si vede le recentissime osservazioni del 9-11 Gennaio 2013 hanno drasticamente ridotto il margine di incertezza.
Naturalmente il margine di incertezza si riduce progressivamente man mano che aumenta l’estensione temporale delle osservazioni astrometriche, tanto di più quanto più vicina è l’epoca della previsione a quella delle ultime osservazioni disponibili.
Ciò è ben rappresentato dalla Fig. 1, che mostra le posizioni possibili dell’asteroide al momento dell’incontro del 15 Febbraio 2013, così come erano prevedibili rispettivamente al 16 Marzo 2012 (verde), al 12 Maggio 2012 (rosso), e infine dopo il “ricupero” del 9-11 Gennaio 2013 (blu).
Le ultime osservazioni hanno ristretto il margine di incertezza di oltre 100 volte, e in più hanno consentito di escludere totalmente il labile rischio (probabilità stimata 1/25.000) di un impatto successivo, che avrebbe potuto verificarsi 13 anni dopo, il 15 Febbraio 2026. Le ulteriori osservazioni che saranno fatte in concomitanza e successivamente al passaggio ravvicinato consentiranno di definire l’orbita con estrema precisione, almeno fino al prossimo incontro, che avverrà il 15 Febbraio 2046, anche in questo caso senza alcun rischio di impatto.
Nel frattempo vale la pena osservare il clamoroso cambiamento di “famiglia” che l’incontro di questo mese provocherà al nostro NEO, che si troverà costretto dal “flyby” a passare dalla famiglia degli Apollo a quella degli Aten, un cambiamento inverso a quello che subirà Apophis a seguito dell’incontro del 13 Aprile 2029. Infatti, nel suo percorso rispetto al Sole, 2012 DA14 si troverà a passare “davanti” alla Terra (vedi ancora Fig. 1, traccia blu), e sarà quindi “frenato” dalla sua attrazione gravitazionale. Per conseguenza subirà una drastica contrazione dell’orbita, il cui semiasse maggiore passerà di colpo da 1,002 U.A. a 0,910 U.A. con la distanza perielica che passerà da 0,893 U.A. a 0,828 U.A. (Fig. 2).
Fig. 2. Rappresentazioni prospettiche dell’orbita dell’asteroide 2012 DA14 rispetto a quella della Terra prima e dopo l’imminente incontro del 15 Febbraio 2013. I dischetti tracciati sulle orbite servono a dare l’idea della profondità (cliccare per ingrandire le immagini).
Ma veniamo ora agli aspetti osservativi
La minima distanza sarà raggiunta alle 19:25 T.U., e la posizione geografica più favorevole all’osservazione è rappresentata dal Sud-Est asiatico, dall’Indonesia e dal Nord dell’Australia, mentre per noi in Italia l’asteroide sarà al di sopra dell’orizzonte solo a partire dalle ore 20:45 (tempo civile) quando si troverà già in fase di allontanamento.
Fig. 3. Traccia del percorso sulla volta celeste dell’asteroide 2012 DA14, come visibile da una località dell’Italia centrale (Pistoia), nelle ore immediatamente successive al passaggio ravvicinato (cliccare per ingrandire'immagine).
Il debole puntino luminoso apparirà sopra l’orizzonte verso Est, spostandosi rapidamente verso Nord, in direzione dell’Orsa Maggiore, passando intorno alle 22:30 (l’ora esatta dipende dalla località) circa a metà strada fra le stelle δ (Megrez) e ε (Alioth) e diminuendo progressivamente di luminosità (Fig. 3).
In sé e per sé, niente di speciale, ma se si pensa al fiume di inchiostro virtuale che è stato versato (oltre 500.000 le pagine internet che ne hanno parlato), al lavoro osservativo e computazionale che lo ha riguardato e lo riguarderà nei prossimi giorni, e all’idea che lassù c’è una bella roccia che ci sta facendo visita, prima di sparire nello spazio per i prossimi 33 anni, in quel puntolino luminoso anche i più freddi fra di noi un po’ di fascino riusciranno a trovarlo.
Di seguito le coordinate equatoriali di DA14 calcolate a intervalli di 5 minuti nell’arco di 3 ore, dalle 20:50 alle 23:55 TMEC del 15 febbraio. Sono dati anche azimut, altezza, magnitudine e distanza da un osservatore posto a 42N, 12E.
Ricostruzione dell’impatto da cui avrebbe avuto origine il cratere Rheasilvia su Vesta (credit: M. Jutzi)
Ricostruzione dell’impatto da cui avrebbe avuto origine il cratere Rheasilvia su Vesta (credit: M. Jutzi)
Altro capitolo, su Nature di questa settimana, della biografia di Vesta. Da quando la sonda DAWN della NASA ha osservato da vicino questo asteroide (ormai promosso a vero e proprio protopianeta) nell’estate del 2011, i planetologi si danno da fare per ricostruire nei dettagli composizione ed evoluzione di questo corpo celeste, considerato tra i più antichi del sistema solare e quindi una vera miniera di informazioni sulla sua storia.
Questa volta, Martin Jutzi dell’Università di Berna e i suoi colleghi ci raccontano un momento chiave della storia di Vesta, quello in cui la sua parte meridionale fu colpita violentemente da…non uno, come si pensava inizialmente, ma due violentissimi impatti, di cui il pianeta porta ancora evidenti le cicatrici.
Le prime analisi delle immagini della sonda Dawn avevano mostrato un grande cratere nella parte sud di Vesta. Tuttavia, quando gli astronomi avevano provato a simulare al computer l’impatto di un asteroide più piccolo su quel punto di Vesta, per quanto manipolassero i vari parametri (dimensioni e velocità dell’”intruso”, composizione geologica e così via) non c’era verso di ottenere risultati che combaciassero con la topologia superficiale effettivamente osservata da Dawn. Distribuzione dei rilievi e conformazione complessiva del pianeta non tornavano. Finché…finché un’analisi più approfondita dei dati di Dawn non ha rivelato che in realtà, presso il Polo Sud di Vesta, ci sono due crateri sovrapposti ma distinti: li hanno chiamati Veneneia (il più antico) e Rheasilvia (il più recente). Due crateri vuol dire due impatti, e infatti finalmente il modello costruito da Jutzi e colleghi, basato proprio sull’ipotesi di due impatti successivi, “predice” correttamente la forma di Vesta (che da sferico, come doveva essere prima degli impatti, diventò irregolare come è oggi) e la sua topografia. La simulazione usata dai ricercatori americani prevede, per la formazione di Veneneia, l’impatto di un corpo di circa 550 km di diametro, non in rotazione al momento dell’impatto e caduto su Vesta alla velocità di 5,4 km al secondo. E per Rheasilvia un “proiettile” da 66 km, questa volta in rotazione su se stesso.
La simulazione però apre nuove domande. Come detto, predice esattamente la topografia di Vesta, ma (partendo dall’ipotesi che Vesta sia un vero protopianeta, con una struttura differenziata in nucleo, mantello e crosta) finisce con una composizione della superficie del pianeta molto diversa da quella effettivamente osservata da Dawn. In particolare, vorrebbe che i due impatti avessero “sparso” sulle aree circostanti rocce ricche di un minerale chiamato olivina. Che invece non si vede. Tre le spiegazioni possibili: che l’olivina ci sia, ma le tecniche spettroscopiche usate dalla missione Dawn non siano in grado di rilevarla; che Vesta abbia una crosta spessa oltre 100 km e molto composita, per cui i due impatti avrebbero sollevato rocce dalla composizione più varia, anziché le sole olivine. Oppure, terza possibilità, che collisioni precedenti avessero già “rimescolato” gli strati più esterni dell’asteroide al momento della formazione di quei due crateri. Toccherà ancora a nuove elaborazioni dei dati di Dawn provare a rispondere.
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