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Le Fabbriche del Cielo 26° edizione di Futuro Remoto Città della Scienza di Napoli

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“Quattro serate di scienza, cultura e divertimento”, sono calendarizzate nelle sere di venerdì 5, 12, 19 e 26 ottobre: ciascun appuntamento di divulgazione scientifica, ciascun incontro con una personalità del mondo della cultura, è accompagnato da momenti di spettacolo e di intrattenimento. Tra gli appuntamenti già in programma, l’incontro con un astronauta, e con Paolo De Bernardis e Telmo Pievani.

Programma e informazioni:
tel. 081.24.200.24 – idis@cittadellascienza.it
www.cittadellascienza.it

In mezzo scorre il fiume

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L’immagine ripresa da Curiosity (NASA/JPL-Caltech/MSSS)

Questa volta non c’è dubbio. Quello che il rover della NASA “Curiosity” ha fotografato su Marte è proprio ciò che resta del letto di un corso d’acqua, che un tempo scorreva impetuoso sulla superficie del pianeta. Non è la prima dimostrazione in assoluto della presenza di acqua su Marte, ma una struttura di questo tipo non si era mai osservata direttamente.

“Dalla conformazione dell’avvallamento, possiamo ipotizzare che l’acqua scorresse alla velocità di circa un metro al secondo, con una profondità che arriverebbe tra la caviglia e l’anca di una persona” spiega il co-investigator di Curiosity William Dietrich dell’Università della California a Berkeley. “Ci sono decine di studi sui canali scavati dall’acqua su Marte, e molte ipotesi diverse su cosa scorresse al loro intero. Ma questa è la prima volta che si passa dalla speculazione sulle dimensioni di un corso d’acqua alla sua osservazione diretta”.

Il sito della scoperta si trova fra la parte nord del cratere Gale e la base del Monte Sharp, che sorge all’interno del cratere stesso.

Per saperne di più:

Osservatorio Astronomico Naturalistico di Casasco

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30.09, 15:00: Osservazione del Sole.

Per informazioni: info@astroambiente.org
www.astroambiente.org

Al Planetario di Ravenna

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30.09, ore 10:30: Osservazione del Sole (cielo permettendo, giardini pubblici).

La prenotazione è sempre consigliata.
Per info: tel. 0544-62534 – E-mail info@arar.it
www.racine.ra.it/planet/index.html – www.arar.it

Astrofili Alta Vadera, Peccioli… e intorno l’Universo

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Dal 1 ottobre miniconferenze, mostra di fotografia astronomica e di astrofilatelia, osservazioni pubbliche e appuntamenti con le scuole a richiesta, presso la Sala Conferenze del Centro polivalente e Centro Astronomico di Libbiano, frazione del Comune di Peccioli.

Per informazioni sulle attivita’ della AAAV:
www.astrofilialtavadera.it

Unione Astrofili Bresciani Lumezzane (Brescia)

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30.09 , ore 16:30: “Le due principesse” spettacolo
al Planetario di Lumezzane

Gruppo Astrofili Rozzano

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29.09: “E la vita su Marte?” di Orden Ascari e Luigi
Folcini.

Informazioni GAR: 380 3124156 e 333 2178016
E-mail: info@astrofilirozzano.it
www.astrofilirozzano.it

Le Fabbriche del Cielo 26° edizione di Futuro Remoto Città della Scienza di Napoli

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Contributo alla 63° edizione dello I.A.C. International Astronautical Congress, il più importante avvenimento mondiale nel settore aerospaziale che si terrà dall’1 al 5 ottobre alla Mostra d’Oltremare di Napoli e vedrà la presenza di circa 5.000 delegati in rappresentanza di quasi 100 paesi. Futuro Remoto 2012 offre l’occasione per compiere un viaggio tra reale e fantastico in una dimensione, quella dello Spazio: audiovisivi, show multimediali, exhibit interattivi coinvolgeranno visitatori di tutte le età in una fantastica avventura. L’allestimento proporrà un percorso multisensoriale, una vera e propria passeggiata interattiva, in cui si susseguiranno videoinstallazioni che inviteranno il visitatore a toccare con mano i misteri dello Spazio e dell’Aerospazio. Partendo dall’evoluzione cosmologica dell’Universo, la mostra ci offrirà un viaggio affascinante verso le nuove frontiere dello Spazio e dello sviluppo dell’industria spaziale.

Programma e informazioni:
tel. 081.24.200.24 – idis@cittadellascienza.it
www.cittadellascienza.it

Al Planetario di Ravenna

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30.09, dalle 10:00 alle 19:00: “Bimba Mia, Bimbo Mio – Festa del ritorno a scuola” Spettacoli, laboratori e incontri. Ingresso offerta libera.

La prenotazione è sempre consigliata.
Per info: tel. 0544-62534 – E-mail info@arar.it
www.racine.ra.it/planet/index.html – www.arar.it

L’enigma delle esplosioni solari

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Simulazione al computer del Sole (la sfera rossa) e le linee del suo campo magnetico (in arancio e blu). Il dettaglio mostra l'emergere del campo magnetico sulla superficie, e l'emissione X associata (Cooper Downs, Predictive Science, Inc).

Simulazione al computer del Sole (la sfera rossa) e le linee del suo campo magnetico (in arancio e blu). Il dettaglio mostra l'emergere del campo magnetico sulla superficie, e l'emissione X associata (Cooper Downs, Predictive Science, Inc).

Sono decenni che i fisici solari ci si accapigliano: da cosa sono causate le “espulsioni di massa coronale”, le violente esplosioni che proiettano plasma al di fuori della corona solare e possono causare tra l’altro pesanti effetti su sistemi terrestri come i satelliti artificiali o le reti elettriche e di comunicazioni? Uno studio su Nature Physics prova a rispondere, utilizzando un modello al computer per spiegare come i processi magnetici che avvengono all’interno del Sole possano dare luogo ai violenti fenomeni che avvengono nella corona. “Grazie a questo tipo di simulazione al computer riusciamo a capire come invisibili intrecci di campi magnetici emergano dal di sotto della superficie del Sole e si propaghino attraverso lo spazio interplanetario, fino a raggiungere la Terra” spiega Noé Lugaz dell’Institute for the Study of Earth, Oceans, and Space dell’Università del New Hampshire, uno degli autori dello studio. Oltre a dimostrare il legame fra attività magnetica del Sole e espulsioni di massa coronale, lo studio potrebbe fornire degli strumenti per prevedere con qualche anticipo questo tipo di fenomeni (in particolare l’emissione di raggi X che di solito li accompagna), in questo modo limitando i danni che possono portare ai satelliti, alle reti di comunicazioni, e agli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale.

Alessandro Bemporad, dell’Osservatorio Astrofisico di Torino dell’INAF, commenta così il contributo di questa ricerca alla comprensione della fisica solare. “Questo lavoro affronta il problema tutt’ora aperto dell’origine delle tempeste solari utilizzando una nuova strategia. E’ infatti fondamentale capire come l’energia magnetica alla base delle eruzioni solari emerga dalle regioni al di sotto della fotosfera per essere poi immagazzinata nella corona ed infine rilasciata”. Il problema di simulare le enormi variazioni di pressione del plasma mentre si sposta dalle regioni sub-fotosferiche alla corona sembrava insormontabile. “Questo lavoro risolve brillantemente il problema costruendo un codice numerico che si occupa di far ‘dialogare’ tra loro la simulazione del plasma sub-fotosferico con quella del plasma coronale. In particolare si dimostra qui per la prima volta che il campo magnetico trasportato infine dalla tempesta solare risulta dall’ “interazione” tra il campo sub-fotosferico emergente ed il sovrastante campo coronale pre-esistente”.

Questo tipo di approccio ha però i suoi limiti, nota Bemporad: “Si tratta comunque di una simulazione magneto-idrodinamica in cui il fondamentale processo della riconnessione magnetica viene innescato “ad hoc”, numericamente: resta ancora molta strada da fare prima di comprendere del tutto l’origine delle tempeste solari”.

Associazione Astrofili Centesi

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28.09: “La Luna: alla scoperta del nostro satellite”.
Al telescopio: osservazione del pianeta Urano.

Per info: cell. 3468699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

ASTROINIZIATIVE UAI Unione Astrofili Italiani

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Settembre: ICARA 2012 – IX Congresso Italiano di Radioastronomia Amatoriale. Organizzato dalla Sezione di Ricerca Radioastronomia UAI e da IARA – Italian Amateur Radio Astronomy, l’appuntamento più atteso per tutti i radioastrofili italiani, quest’anno presso i Radiotelescopi INAF-IRA di Medicina (BO).
http://radioastronomia.uai.it
http://www.iaragroup.org
Settembre: XVIII Seminario Nazionale di Gnomonica a Chatillon (AO) L’appuntamento biennale degli appassionati di quadranti solari.
http://quadrantisolari.uai.it
27-30 settembre: XLV Congresso dell’Unione Astrofili Italiani a Frascati (RM) Il più importante appuntamento dell’astrofilia italiana: quattro giorni di conferenze e di condivisione esperienze formative alla presenza di importanti personaggi del mondo della cultura astronomica nazionale ed internazionale, quest’anno insieme ad Astronomix 2012, fiera-esposizione dell’astronomia. Organizzazione a cura
dell’Associazione Tuscolana di Astronomia. Il 28 settembre si svolgerà anche la Notte Europea
dei Ricercatori 2012 promossa dall’Associazione Frascati Scienza.

www.ataonweb.it • http://congresso.uai.it
www.uai.it

Al Planetario di Ravenna

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25.09: “La nascita delle costellazioni antiche” di
Agostino Galegati.

La prenotazione è sempre consigliata.
Per info: tel. 0544-62534 – E-mail info@arar.it
www.racine.ra.it/planet/index.html – www.arar.it

Una galassia lontanissima

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Immagine a colori dell'ammasso di galassie MACS1149+2223. La sua enorme forza di attrazione gravitazionale agisce come una 'lente cosmica' che ingrandisce la galassia estremamente distante posta dietro di esso (evidenziata nel riquadro in alto a destra). Crediti: The CLASH team / The Space Telescope Science Institute
Immagine a colori dell'ammasso di galassie MACS1149+2223. La sua enorme forza di attrazione gravitazionale agisce come una 'lente cosmica' che ingrandisce la galassia estremamente distante posta dietro di esso (evidenziata nel riquadro in alto a destra). Crediti: The CLASH team / The Space Telescope Science Institute

La sua luce ha fatto un viaggio lungo quasi quanto l’età del nostro universo. E probabilmente non saremmo riusciti a captarla se a frapporsi tra lei e i nostri telescopi non ci fosse stato un ammasso di galassie, denominato MACS1149+2223. L’antichissima galassia, distante 13,2 miliardi di anni luce è stata scoperta da un team di ricercatori che collaborano al progetto di ricerca CLASH (Cluster Lensing And Supernova survey with Hubble) e a cui partecipano astronomi INAF attraverso due programmi PRIN coordinati da Massimo Meneghetti (INAF – Osservatorio Astronomico di Bologna) e da Mario Nonino (INAF – Osservatorio Astronomico di Trieste). Le riprese combinate dei telescopi spaziali Hubble e Spitzer l’hanno stanata, sfruttando anche il fenomeno della lente gravitazionale forte. Un effetto predetto dalla Teoria della Relatività Generale di Einstein, secondo cui la materia contenuta nelle strutture cosmiche è in grado di curvare la traiettoria di fotoni provenienti da sorgenti più lontane.

L’ammasso MACS1149+2223, che possiede una massa di circa 2,5 milioni di miliardi di volte quella del Sole, si è trasformato così in un vero e proprio telescopio gravitazionale, permettendo di focalizzare la tenue luce proveniente da una galassia molto più distante che si trova lungo la nostra linea di vista, amplificandola di ben 15 volte e permettendo così agli strumenti dei telescopi spaziali Hubble e Spitzer di individuarla.

La scelta di osservare e studiare gli effetti della Relatività Generale in corrispondenza degli ammassi di galassie non è casuale. Tanto più grande è la massa, tanto maggiore è l’effetto di lente gravitazionale. E quando si parla di grande massa, i gruppi di galassie come MACS1149+2223 non temono confronti, visto che possono contenere fino a diversi milioni di miliardi di masse solari. Si tratta quindi delle più potenti lenti gravitazionali osservabili in cielo, che a volte producono delle forti distorsioni nelle immagini di galassie lontane, producendo archi gravitazionali o, in altri casi,  gruppi di immagini multiple.  “Quando vengono osservate queste distorsioni, esse possono essere utilizzate per capire come è distribuita la materia nella lente” sottolinea Massimo Meneghetti. “Tuttavia il lensing gravitazionale è importante anche per un altro motivo: amplifica sorgenti lontane ed intrinsecamente molto deboli, rendendole più facilmente osservabili. Ciò è dovuto al fatto che la lente modifica la forma intrinseca dalla sorgente e l’area che essa occupa in cielo ma mantiene inalterata l’energia ricevuta per unità di superficie e per unità di tempo. Gli ammassi di galassie possono quindi essere usati come efficienti strumenti che la natura ci mette a disposizione per esplorare l’universo lontano”.

Ma la scoperta di questo oggetto celeste così remoto, riportata in un articolo pubblicato nell’ultimo numero della rivista Nature, è di grande utilità anche per ottenere nuove informazioni su una fase nell’evoluzione dell’universo tanto importante quanto ancora poco conosciuta, che prende il nome di Età Oscura (Cosmic Dark Age). Una fase in cui l’universo era avvolto da una nebbia di idrogeno neutro, in grado di assorbire la radiazione luminosa.  L’Età Oscura si concluse quando si formarono le prime stelle e la loro intensa radiazione ultravioletta rese lentamente trasparente la nebbia, tra 150 e 800 milioni di anni dopo il Big Bang, permettendo così alla luce delle stelle di propagarsi nel cosmo e arrivare, dopo un lunghissimo viaggio, fino a noi.

“Quella presentata nel nostro lavoro è la più convincente osservazione di una galassia a distanze così elevate (circa 13,2 miliardi di anni luce) fatta fino ad oggi” commenta Mario Nonino. “La scoperta di una galassia, che sulla base delle nostre osservazioni è stata scorta quando l’universo è verso la fine dalla cosiddetta Cosmic Dark Age, mostra come l’approccio di sfruttare l’amplificazione degli ammassi sia estremamente efficiente per osservare l’universo primordiale. Questo metodo potrà essere ulteriormente sfruttato per ottenere osservazioni più dettagliate sia con telescopi attuali, come ALMA, che con quelli di prossima generazione come l’europeo E-ELT (European Extremely Large Telescope) e il JWST (James Webb Space Telescope), il successore di Hubble”.

Per saperne di più:

Il comunicato stampa INAF

Gruppo Astrofili Rozzano

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22.09: “Il Sistema Solare: Caso unico?” di Ferdinando
Guazzotti e Filippo Di Salvo.

Informazioni GAR: 380 3124156 e 333 2178016
E-mail: info@astrofilirozzano.it
www.astrofilirozzano.it

Gruppo Astrofili Rozzano

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Escursioni in montagna, a Pian dell’armà (PV), per l’osservazione degli astri venerdì e sabato:
23/24 settembre .

Informazioni GAR: 380 3124156 e 333 2178016
E-mail: info@astrofilirozzano.it
www.astrofilirozzano.it

Osservatorio Astronomico Naturalistico di Casasco

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22.09, 21:00: Il cielo d’autunno.

Per informazioni: info@astroambiente.org
www.astroambiente.org

INTERNATIONAL OBSERVE THE MOON NIGHT Under the Same Moon

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22.09 : La meravigliosa avventura che già nelle edizioni del 2010 e 2011 ha portato tutto il mondo a osservare la Luna nella stessa serata, viene riproposta anche quest’anno. L’INAF e l’UAI uniscono nuovamente il loro impegno per promuovere sul territorio nazionale il Moonwatch Party in occasione della “In.Om.N.” (International Observe the Moon Night). Ovvero, migliaia di postazioni osservative in decine di paesi di tutto il mondo allestite per osservare la Luna nella stessa serata. Un’opportunità per le associazioni di astrofili per proporre osservazioni dedicate al nostro satellite naturale: la genesi e le caratteristiche fisiche, le missioni spaziali,
la mitologia, la poesia, la musica e le diverse espressioni artistiche ispirate a Selene. Il tema dell’edizione 2012 sarà : “The Solar-Lunar Connection”.

http://divulgazione.uai.it/index.php/Moonwatch
http://www.media.inaf.it/moonnight/
http://observethemoonnight.org/

Nuova vita per l’Unità Astronomica

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Poco meno di 150 milioni di chilometri ci separano dal Sole, e questo è un dato da tempo assodato. Ma dopo la XXVIII Assemblea Generale dell’International Astronomical Union (IAU), tenutasi a Pechino (Cina) lo scorso agosto, gli astronomi di tutto il mondo hanno rivisto leggermente il valore di questa distanza, un’unità di misura molto usata in astronomia, appunto l’unità astronomica (UA): il nuovo valore è di 149.597.870.700 metri, niente di più, niente di meno.

Con la precisazione di questa distanza, si è conclusa una diatriba scientifica che durava ormai da secoli, sin dal lontano 1672,quando l’astronomo italiano Giovanni Cassini misurò la distanza Terra-Sole, grazie alla collaborazione del suo collega Jean Richer. I due osservarono Marte da due posizioni diverse, e misurando la parallasse, o differenza angolare, tra le due osservaioni calcolarono indirettamente la distanza della Terra dal Sole.

Nel corso dei secoli, grazie all’evolversi delle strumentazioni, le osservazioni e le misurazioni si fecero più accurate, ma fino alla metà del secolo scorso il metodo della parallasse era l’unico possibile per le misurazioni all’interno del Sistema solare. Con il passare del tempo la misura divenne più precisa (coinvolgendo anche il calcolo della massa della nostra stella madre), ma l’avvento delle teorie di Einstein, che implicano che il tempo-spazio è relativo e dipende dalla posizione dell’osservatore e che inoltre il Sole, irraggiando energia, perde massa, complicarono i calcoli. L’ultima definizione ufficiale della UA era “il raggio di una orbita Newtoniana circolare, non perturbata descritta attorno al Sole da una particella di massa infinitesima, che si muova mediamente di  0,01720209895 radianti al giorno (o costante di Gauss).

La nuova definizione è finalmente assoluta, espressa nel sistema metrico decimale e non dipendente dalla massa del Sole. Il metro è infatti a sua volta definito come la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un 299.792,458mo di secondo.

Gruppo Amici del Cielo

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21.09: “La sonda Cassini: il nostro occhio su Saturno” di Dino Pezzella.

Per informazioni sulle attività del gruppo:
didattica@amicidelcielo.it
www.amicidelcielo.it

Inaugurazione del Centro Astronomico Giuliano Vanin – Feltre

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22 settembre 2012

Inaugurazione del Centro Astronomico Giuliano Vanin dell’Associazione Astronomica Feltrina Rheticus a Feltre, in frazione Arson, via Arson 1

Per le indicazioni stradali potete consultare il sito: www.rheticus.it dove potrete trovare anche una ricca documentazione fotografica inerente i vari passi della costruzione

Programma:

  • ore 18: presentazione della struttura e saluto delle autorità
  • ore 19: rinfresco con prodotti locali
  • ore 20: osservazioni astronomiche (telescopi principali da 36 e 64 cm di diametro) e  dimostrazioni al planetario (cupola da otto metri di diametro)

Vi attendiamo numerosi!

www.rheticus.it

Pianeti da mille e una stella

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Quanto sembrano lontani i tempi in cui gli astronomi si chiedevano se esistessero davvero pianeti al di fuori del sistema solare. Ormai non passa quasi settimana senza che, in qualche angolo sperduto della nostra galassia, si scopra almeno un nuovo pianeta, e a fare notizia sono quelli dotati di qualche particolarità che li stacca dal gruppo. E’ il caso della scoperta di un gruppo di astronomi finanziati dalla NASA, i quali hanno trovato per la prima volta dei giovani pianeti extrasolari, forse i più giovani scovati fin’ora, orbitanti attorno a un ammasso di stelle simili al Sole.

E’ la prima prova diretta che i pianeti possono formarsi anche in ambienti ad alta densità stellare.

Nell’ammasso stellare Beehive, chiamato anche Presepe (al centro della costellazione del Cancro e a 550 anni luce dalla Terra) orbitano questi due hot Jupiters (detti anche gioviani caldi), vale a dire pianeti enormi, gassosi e caldi che gravitano a distanze ravvicinate rispetto alle loro stelle madri. Questi giovani pianeti sono stati battezzati Pr0201b e Pr0211b (la lettera “b” è la convenzione per denominare i pianeti). Ogni pianeta attira circa 1000 stelle, tutte con una simile composizione chimica.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Astrophysical Journal Letters. “Stiamo rilevando pianeti in ambienti diversi ed estremi come quello di questo ammasso vicino a noi”, ha affermato Mario R. Perez, padre della scoperta. “La nostra galassia – ha detto – contiene più di 1.000 di questi ammassi aperti, che potenzialmente possono presentare le condizioni fisiche per ospitare molti altri di questi due pianeti giganti”.

Sam Quinn della Georgia State University di Atlanta è l’autore principale dello studio, effettuato grazie a un telescopio Tillinghast di 1,5 metri presso l’Osservatorio Fred Lawrence Whipple Observatory in Arizona. Il metodo usato dai ricercatori è la misura della lieve oscillazione gravitazionale che i pianeti orbitanti inducono sulle loro stelle madri.

La scoperta aiuterà gli esperti a capire come fanno i pianeti gioviani caldi a finire così vicini alle loro stelle. La gran parte delle teorie sostengono che questi mondi si formano lontano dalle loro stelle per poi essere attirati dalla forza gravitazionale in un’orbita più stretta.

Una cosa è certa: questi pianeti sono sicuramente inospitali alla vita, soprattutto a causa delle alte temperature, ma il cielo sopra di loro è molto più stellato rispetto a quello che possiamo osservare dalla Terra.

Al Planetario di Ravenna

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18.09: “Viaggio dal Polo all’equatore” di C.Balella.

La prenotazione è sempre consigliata.
Per info: tel. 0544-62534 – E-mail info@arar.it
www.racine.ra.it/planet/index.html – www.arar.it

Unione Astrofili Bresciani Lumezzane (Brescia)

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Si svolgerà con cadenza settimanale dal 18 ottobre al 20 dicembre, le lezioni teoriche al Museo avranno luogo nelle serate del giovedì fino a dicembre. Le lezioni pratiche si svolgono a Lumezzane. La partecipazione è libera e gratuita.

Per info: tel. 348 5648190.

Unione Astrofili Bresciani Lumezzane (Brescia)

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Si svolgerà con cadenza settimanale dal 18 ottobre al 20 dicembre, le lezioni teoriche al Museo avranno luogo nelle serate del giovedì fino a dicembre. Le lezioni pratiche si svolgono a Lumezzane. La partecipazione è libera e gratuita.

Per info: tel. 348 5648190.
E-mail: osservatorio@serafinozani.it www.astrofilibresciani.
it

Nevicate di ghiaccio secco su Marte

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La nuvola di anidride carbonica sul polo sud di Marte nell'immagine di MRO (NASA/JPL-Caltech)

La nuvola di anidride carbonica sul polo sud di Marte nell'immagine di MRO (NASA/JPL-Caltech)

Dalle nostre parti, sulla Terra, si usa per conservare i cibi, raffreddare i processori dei supercomputer e per creare effetti scenografici in molti spettacoli. Ma su Marte, il ghiaccio secco (o meglio, anidride carbonica allo stato solido), crea vere e proprie nevicate. Lo ha scoperto la sonda Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) della NASA, individuando il primo esempio conosciuto di neve di anidride carbonica nel Sistema Solare.

In un articolo pubblicato su Journal of Geophysical Research, Paul Hayne del NASA Jet Propulsion Laboratory di Pasadena e i suoi colleghi descrivono una nuvola di anidride carbonica congelata, osservata nel 2006/7 nei pressi del polo sud del Pianeta Rosso, in quella che da quelle parti è la stagione invernale. Hayne e i suoi colleghi hanno analizzato i dati ricavati dal Mars Climate Sounder, uno dei sei strumenti di MRO, che rileva le emissioni in nove lunghezze d’onda tra il visibile e l’infrarosso. I dati hanno fornito informazioni su temperature, grandezza e concentrazione delle particelle presenti nella nuvola. Hanno così concluso di trovarsi di fronte a una nuvola di anidride carbonica allo stato solido, persistente e del diametro di circa 500 km sul polo, più altre nuvole più piccole e di vita più breve a latitudini tra i 70 e gli 80 gradi sud. “Siamo sicuri che si tratti di anidride carbonica, e che i fiocchi siano abbastanza grandi da causare precipitazioni e l’accumulo di neve sulla superficie” spiega Hayne.

L’anidride carbonica congela e solidifica a temperature inferiore ai 125 gradi Celsius. Il polo sud è l’unica zona di Marte dove l’anidride cabonica congelata si trova per tutto l’anno marziano, e ci si è sempre chiesti da dove venga: se dal precipitazioni atmosferiche, o dal congelamento di quella già presente sulla superficie. Questo studio dimostra che almeno sulla sommità della calotta polare le precipitazioni sono la fonte più importante.


Unione Astrofili Bresciani Lumezzane (Brescia)

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16.09, ore 15:00: Osservazioni solari e “Caccia al tesoro” presso la Specola Cidnea.

Un lampo su Giove

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Il flash luminoso su Giove ripreso da George Hall

Il flash luminoso su Giove ripreso da George Hall

Anche i dilettanti o gli appassionati possono lasciare un segno nello studio dei cieli, ed è sempre più la comunicazione digitale a fare la differenza. Lo dimostra quanto accaduto all’astrofilo Dan Peterson di Racine nel Wisconsin, che il 10 settembre ha avvistato con un telescopio un flash luminoso vicino all’equatore di Giove (quasi sicuramente l’impatto di un asteroide o di una cometa), segnalando l’evento all’intera comunità e permettendo agli astronomi professionisti di rivolgere in tempo reale i loro strumenti sul pianeta.

Non avendo catturato l’evento con una telecamera, Peterson ha inviato via email agli astronomi una descrizione dettagliata di ciò che aveva visto. Nella stessa notte l’astrofotografo George Hall di Dallas stava filmando Giove con un piccolo telescopio e una webcam: “Se Peterson non avesse avvistato l’evento e non lo avesse segnalato, non avrei rivisto in dettaglio i miei video per individuare l’impatto” ha spiegato Hall  alla rivista New Scientist. Il fotografo dei cieli è riuscito, infatti, a catturare un video di quattro secondi di un lampo luminoso sul lato orientale di Giove.

Secondo gli astronomi, molto probabilmente l’evento è stato causato dall’impatto di una cometa o di un asteroide su Giove. Grazie all’aumento delle osservazioni, negli ultimi tre anni su questo pianeta sono stati avvistati quattro impatti.

Per gli astronomi professionisti è spesso prezioso poter contare anche sugli “occhi” dei dilettanti che seguono le vicende di Giove o altri pianeti, soprattutto da quando Internet permette dai far circolare le informazioni così rapidamente. “Non è che su Giove questi eventi siano diventati più frequenti” ha spiegato Franck Marchis del SETI Institute di Mountain View, in California “È solo che adesso gli astronomi dilettanti hanno la capacità di individuarli. Noi non possiamo osservare il pianeta continuamente.”

Vedere in tempo reale l’impatto e studiare le cicatrici lasciate su Giove darà agli scienziati spiegazioni uniche sulle proprietà atmosferiche del gigante gassoso. Questo tipo di eventi potrà fornire agli astronomi maggiori elementi sullo studio delle collisioni tra asteroidi, dando un quadro più preciso delle dimensioni e del numero degli oggetti di questo tipo che affollano il Sistema Solare. Gli impatti ripresi su Giove contribuiranno a redigere il primo censimento accurato dei corpi con 100 metri di diametro e di quelli più piccoli nella parte esterna del Sistema Solare.

“La recente ondata di impatti mette in evidenza il ruolo di Giove come “spazzino cosmico”, che con la sua attrazione gravitazionale sgombera il sistema solare dai detriti che altrimenti potrebbero colpire la Terra” dice Glenn Orton del NASA Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, in California.

In questi giorni i telescopi saranno puntati sul pianeta per verificare se l’impatto abbia lasciato o meno delle cicatrici. In tal caso gli astronomi potrebbero decidere di utilizzare il telescopio Hubble per determinare la traiettoria dell’oggetto e la profondità di penetrazione nell’atmosfera di Giove.

Congiunzione tra Marte e Luna

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Congiunzione tra Marte e Luna

Congiunzione tra Marte e LunaSe le condizioni meteo lo permetteranno, regalandoci un cielo limpido adatto all’osservazione di oggetti bassi sull’orizzonte, la sera del 19 si potrà assistere a una bella congiunzione tra Marte e Luna.

L’ora indicata è quella che offre il miglior compromesso tra altezza sull’orizzonte (+10°) e luminosità del cielo (altezza del Sole di –10°).

Gruppo Astrofili Rozzano

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15.09: “Sul setup fotografico” di Vittorio Suma.

Informazioni GAR: 380 3124156 e 333 2178016
E-mail: info@astrofilirozzano.it
www.astrofilirozzano.it

Gruppo Astrofili Lariani

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Serate di Osservazione pubblica: 15 settembre

Per informazioni: Tel 3280976491.
astrofili_lariani@virgilio.it
www.astrofililariani.org

Osservatorio Astronomico Naturalistico di Casasco

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16.09, 15:00: Osservazione del Sole.

Per informazioni: info@astroambiente.org
www.astroambiente.org

Il mese della Scienza BIBLioTECA CIVICA “Lino Penati” Via Fatebenefratelli – Milano

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15.11: “I rischi naturali” di Giovanni Grieco.

INFO: BIBLIOTECA CIVICA (02 9278300)
www.astrofilicernusco.org

La nebulosa a forma di matita

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Credit: ESO

Nonostante la tranquilla bellezza di una notte stellata, l’Universo non è per nulla un lungo tranquillo. Le stelle nascono e muoiono in un ciclo incessante, e a volte la morte di una stella può creare una visone d’ineguagliabile bellezza quando il materiale lanciato nello spazio forma strane strutture.

Credit: ESO

Questa nuova immagine del WFI (Wide Field Imager), montato sul telescopio MPG/ESO da 2,2 metri all’Osservatorio dell’ESO di La Silla in Cile, mostra la Nebulosa Matita su uno sfondo ricco di stelle. Questa nube dalla forma strana, nota anche come NGC 2736, è un piccolo pezzo di un resto di supernova nella costellazione australe della Vela. I filamenti luminosi sono stati prodotti dalla morte violenta di una stella avvenuta circa 11000 anni fa. La parte più brillante sembra una matita, da cui il nome, ma l’intera struttura sembra piuttosto la tradizionale scopa di una strega.

Il resto di supernova della Vela è un guscio di gas in espansione che trae origine dalla supernova. All’inizio l’onda d’urto si muoveva a milioni di chilometri all’ora, ma espandendosi nello spazio ha incontrato il gas tra le stelle che l’ha rallentata notevolmente e ha creato veli di nubi dalle forme contorte. La nebulosa Matita è la parte più brillante di questo enorme guscio.

Questa nuova immagine mostra grandi ciuffi filamentosi, piccoli grumi di gas e zone di gas diffuso. L’aspetto luminoso della nebulosa dipende dalle regioni di gas denso colpite dall’onda d’urto prodotta dalla supernova. Spazzando via il gas interstellare lo ha riscaldato a milioni di gradi; successivamente il gas si è raffreddato e produce ancora la debole luminosità catturata in questa immagine.

Osservando i diversi colori della nebulosa, gli astronomi sono stati in grado di realizzare la mappa della temperatura del gas. Alcune regioni sono ancora così calde che l’emissione è dominata dagli atomi di ossigeno ionizzato, in blu nell’immagine. Altre zone più fredde appaiono in rosso, a causa dell’emissione dell’idrogeno.

La Nebulosa Matita ha una dimensione di circa 0,75 anni luce e si muove nel mezzo interstellare alla velocità di circa 650 000 chilometri all’ora. La sorprendente conseguenza è che, anche alla ragguardevole distanza di quasi 800 anni luce dalla Terra, la sua posizione rispetto alle stelle di fondo cambia nel corso di una vita umana. Anche dopo 11000 anni l’esplosione di una supernova sta modificando l’aspetto del cielo notturno.


I greatest hits di Dawn

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Immagine creata con con le ultime sequenze prese dalla Dawn mentre osserva il Polo Nord di Vesta, durante lallontanamento. Credit:NASA/JPL-Caltech/ UCLA/MPS/DLR/IDA

Immagine creata con con le ultime sequenze prese dalla Dawn del Polo Nord di Vesta. Credit:NASA/JPL-Caltech/ UCLA/MPS/DLR/IDA

Il 5 settembre, dopo quasi un anno di flyby, la missione Dawn della NASA ha lasciato l’orbita dell’asteroide Vesta. Prossimo obiettivo l’asteroide Cerere, che raggiungerà nel 2015. Per l’occasione scienziati, ricercatori e molti membri del team si sono dati appuntamento virtuale sui social media per festeggiare la partenza, in un evento chiamato “Hasta la Vesta”. E per la gioia degli appassionati, hanno realizzato e pubblicato un filmato con i greatest hits, i risultati più notevoli (almeno dal punto di vista dello spettacolo) di quest’anno di studi e osservazioni.

Scorriamo la classifica e vediamo, uno per uno, questi greatest hits annunciati nel filmato realizzato dal JPL.



Risultato 1)

Dawn è il primo veicolo spaziale ad aver orbitato intorno a un oggetto della fascia principale. Potrebbe sembrare una manovra scontata, ma davvero non lo è. Il campo gravitazionale di un oggetto così piccolo e irregolare come un asteroide comporta non poche difficoltà di avvicinamento e di manovra, soprattutto per un viaggio molto avventuroso, con distanze di avvicinamento minime e della durata di quasi un anno.

Risultato 2)

Vesta si è rivelata molto più simile a un pianeta che a un asteroide fornendo la prova finale di quanto sia interessante studiare questi oggetti, veri e propri rimasugli del processo di formazione del sistema solare.

Risultato 3)

Vesta ha una struttura interna stratificata e un nucleo ferroso. Il risultato è stato ottenuto confrontando il campo gravitazionale che Vesta esercita sullo spacecraft con la forma irregolare dell’asteroide. Il team ha dedotto che nel passato di Vesta devono esserci state delle fasi in cui il suo interno non era roccioso ma completamente fuso, per poi solidificarsi nella struttura attuale.

Risultato 4)

La superficie di Vesta ha rivelato una struttura molto irregolare con una montagna alta tre volte l’Everst e due impressionanti crateri nell’emisfero sud, Venenia e Rheasilvia. Con i suoi quasi 500 km di diametro, Rheasilvia è  uno dei più grandi crateri di tutto il sistema solare. Queste strutture sono collegate alla storia evolutiva dell’asteroide e del sistema solare stesso, essendo stati causati da due catastrofici impatti avvenuti rispettivamente circa 2 miliardi e 1 miliardo di anni fa.

Risultato 5)

Vesta presenta delle onde che corrono tutte intorno al suo equatore, come un mare agitato che si sia ghiacciato all’improvviso, mentre onde concentriche causate da un impatto ne percorrevano la superficie. La causa di queste (peraltro bellissime) strutture è sempre legata alla violenta storia evolutiva dell’asteroide.

Questo è tutto, per ora, almeno nel video della NASA. Ma la storia  ovviamente non finisce qui e c’è molto di più, dietro ai magnifici sorvoli e alle manovre presentate nel video, come già testimoniano le molte scoperte pubblicate recentemente su Science, anche grazie allo strumento italiano VIR, che ha fatto parlare e continuerà a far parlare di sé. Inoltre, come sempre, bisogna tenere a mente che le modalità e i tempi della ricerca scientifica non sono rapidissimi. I dati raccolti nello scorso anno verranno studiati e analizzati nei prossimi mesi ed anni e daranno vita a domande, ipotesi e teorie. L’appuntamento è fissato per le prossime pubblicazioni riguardanti la missione Dawn.

Gruppo Amici del Cielo

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14/15.09, 20:30: Osservazione al Lago di Alserio.

Per informazioni sulle attività del gruppo:
didattica@amicidelcielo.it
www.amicidelcielo.it

La Luna avvicina Venere

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la Luna avvicina Venere

la Luna avvicina VenereQuattro giorni dopo la congiunzione della Luna con Giove, ma a un orario molto più scomodo, la Luna ridotta a uno spicchio sottile raggiungerà nel Cancro uno spettacolare pianeta Venere, che avvicinerà fino a una distanza di circa 6°. I due oggetti saranno facilmente visibili sull’orizzonte di est-nordest, e con l’aiuto di un binocolo sarà possibile scoprire anche la presenza dell’ammasso aperto del Presepe, 3° a nordest di Venere.

Al Planetario di Ravenna

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11.09: “I pianeti nani” di Massimo Beretti.

La prenotazione è sempre consigliata.
Per info: tel. 0544-62534 – E-mail info@arar.it
www.racine.ra.it/planet/index.html – www.arar.it

Nei ghiacci la storia del clima di Marte

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Sulla Terra, i ghiacciai polari rappresentano l’ultima frontiera nello studio della storia climatica del nostro pianeta. L’analisi di campioni di ghiaccio prelevati in profondità permette infatti di capire ad esempio come siano variati temperatura e composizione chimica dell’atmosfera nelle ultime centinaia di migliaia di anni.

Seguendo questa metodologia, anche gli scienziati che studiano Marte stanno provando a ‘leggere’ le informazioni sulla storia del clima del Pianeta rosso conservate tra i ghiacci delle sue spesse calotte polari. In questo caso non è certo possibile effettuare delle perforazioni e analisi come in Antartide o in Groenlandia, ma bisogna accontentarsi delle numerose immagini ad alta risoluzione raccolte negli anni dalle missioni di esplorazione di Marte. Fondamentali in questo tipo di ricerca sono quelle che mettono in evidenza, in alcune particolari zone come dirupi e pendii, una netta stratificazione di ghiaccio e polveri. I differenti spessori e le differenti concentrazioni di materiale sarebbero direttamente correlate a sensibili cambiamenti nel clima del pianeta. Per gli scienziati i responsabili principali di tali sbalzi sarebbero le variazioni di inclinazione dell’asse di rotazione sperimentate nel tempo da Marte, che avrebbero determinato notevoli cambiamenti nella sua insolazione.

Trovare però una correlazione tra il flusso di radiazione solare e gli strati osservati tra i ghiacci marziani è  un lavoro assai complesso e ancora con molti margini di incertezza. Ora però uno studio guidato da Christine Hvidberg, ricercatrice presso il Niels Bohr Institute dell’Università di Copenaghen e pubblicato sulla rivista Icarus, apre un nuovo capitolo in questo settore. “Noi siamo andati in una direzione completamente diversa rispetto alle linee di ricerca finora utilizzate” spiega la Hvidberg. “Abbiamo sviluppato un modello teorico di come si formano gli strati di ghiaccio e polveri sulla base di processi fisici fondamentali e i suoi risultati evidenziano l’esistenza di una correlazione tra l’accumulo di ghiaccio e polvere con l’intensità dell’irraggiamento solare”.

E la simulazione non solo conferma questa relazione, ma è in grado di riprodurre piuttosto accuratamente la distribuzione degli strati ghiacciati che sono stati rilevati dalle immagini satellitari ad alta risoluzione nella calotta del polo nord di Marte. ”Il modello è in grado di ricostruire la storia dei ghiacci del nord di Marte fino a una profondità di 500 metri, pari a circa 1 milione di anni, indicando un tasso di accumulo medio di ghiaccio e polvere di 0,55 mm all’anno” prosegue la ricercatrice . “La simulazione mette in relazione i singoli strati ai periodi di massimo irraggiamento solare e siamo così in grado di ricostruire la storia del clima di questa regione nell’arco di un milione di anni “.

Per saperne di più:

  • l’articolo Reading the climate record of the Martian polar layered deposits pubblicato sulla rivista Icarus

Astronomia in piazza

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Astronomia in Piazza

Astronomia in Piazza

Nel caldo afoso del mese di luglio, la cittadina di Rivoli (TO), con il contributo di diversi commercianti, ha organizzato un’iniziativa interessante denominata Rivol “in”centro, che ha visto per ben tre week end piacevoli esperimenti (microscopia, fimo – pasta modellante – e astronomia) svolgersi in una piccola, ma ben gremita, piazzetta di un centro commerciale.

L’avventura di chi scrive si è svolta all’interno di un planetario itinerante (gonfiabile), messo a disposizione da Centro Giochi Educativo, dotato di un buon proiettore (Star Theatre formito da Natura & Co.) che ha reso davvero un bello spettacolo, proiettando una volta stellata con tanto di Via Lattea e galassia di Andromeda, visibile come una tenue chiazzetta nebulosa …

Planetario ItineranteNonostante il caldo abbastanza fastidioso, particolarmente presente all’interno del “pallone”, chi scrive ha sempre intrattenuto un buon numero di persone (15/20 per volta tra adulti e bambini) che rendevano la cupola gonfiata, un temporaneo “tempio” dedicato all’astronomia! All’esterno, in bella mostra, alcuni poster della rivista Coelum Astronomia, che ha patrocinato le conferenze, ben ammirati dalla gente (senza contare alcuni numeri della medesima letteralmente evaporati!) che attendeva il proprio turno per entrare e partecipare allo spettacolo, consistente in una chiacchierata di circa 15’.

Nelle serate dedicate alla divulgazione della “scienza del Cielo” mi sono accorto di come alcuni problemi, ben conosciuti e molto sentiti da noi appassionati, siano del tutto ignorati dalla stragrande maggioranza della gente. Le mie lezioni iniziavano con una spiegazione (e dimostrazione annessa, consistente in una torcia che illuminava l’interno della cupola) del problema legato all’inquinamento luminoso. La gente ha sempre risposto con indignazione, una volta appreso che qualcuno (in nome di chissà quale “civiltà della luce”) ci ruba sistematicamente e spietatamente il cielo stellato, sprecando energia perdippiù !

Grande l’emozione suscitata nell’apprendere le distanze e le dimensioni delle stelle (in special modo i due milioni e passa di anni luce che ci separano dalla M31), ma ancor più incantevole è stato ammirare la stella Vega, al di fuori della cupola, “dal vivo”, dopo averla vista in proiezione: c’era gente che letteralmente urlava “ecco Vega”!

In sostanza è stata una bella esperienza, che mi ha fatto capire come risieda in noi appassionati la responsabilità di presentare la nostra bella scienza al pubblico, a testimonianza dell’incantevole e struggente bellezza della “seconda metà del paesaggio”.

Astronomia in Piazza

Appuntamento a dopo le vacanze estive, al “Luna party”  la sera del 20 ottobre sempre nello stesso luogo!

Salvatore Albano

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