Così come la Fenice che risorge dalle ceneri… È questa la metafora usata dagli autori di uno studio pubblicato dalla rivista Nature relativa all’ammasso di galassie Phoenix, le cui caratteristiche stanno infrangendo diversi “record” cosmici. Il primo e il più importante è che al centro di questo imponente ammasso di galassie, distante quasi sei miliardi di anni luce dalla Terra e chiamato Phoenix (Fenice) dal nome della costellazione che caratterizza la parte di cielo dove si trova, è in atto un’intensa attività di formazione stellare. Il che contraddice quello che gli astrofisici e gli astronomi hanno fin qui ritenuto e cioè che la parte centrale degli ammassi di galassie fosse “dormiente”, fatta di stelle e galassie antiche, senza il vigore necessario a dare vita ad una intensa attività di formazione stellare. E invece il tasso di formazione stellare al centro di questo ammasso è pari a venti volte quello registrato in altri ammassi di galassie e appena la metà di quelli più intensi rilevati. Non solo, ma Phoenix, come ha registrato il satellite della NASA Chandra, è un potente produttore di raggi x e la velocità di raffreddamento del gas caldo nelle regioni centrali dell’ammasso è la maggiore mai registrata. “La parte centrale di questo ammasso – dice Michael McDonald del MIT e autore dell’articolo – sembra essere tornata alla vita, così come la Fenice risorge dalle sue ceneri”.
Secondo gli studiosi, il buco nero al centro dell’ammasso di galassie, producendo continui e potenti getti, immetterebbe energia nel sistema, rallentando così il processo di raffreddamento del gas, come è stato riscontrato nell’ammasso di galassie Perseo. Ma nel caso di Phoenix, il satellite Chandra ha rilevato una discontinuità nella produzione dei getti, permettendo al gas di raffreddarsi assai più velocemente, così da dar vita ad una intensa attività di formazione stellare. “Phoenix ha un’elevata emissione di raggi X dal suo centro, così intensa che l’intero ammasso è il più “luminoso” mai osservato”, aggiunge Bradford Benson del Kavli Institute for Cosmological Physic all’Università di Chicago. “Questo ha immediatamente destato il nostro interesse perché significava che gas freddo si stava condensando al centro dell’ammasso”.
Sono stati necessari mesi di verifiche dei dati provenienti da otto diversi strumenti e istituti per avere la conferma che fosse in atto una intensa attività di formazione stellare, ma i risultati ora aprono a nuove strade nello studio di come nascano e si evolvano le galassie.
La sera del 22 agosto uno spicchio di Luna raggiungerà (a una decina di gradi verso ovest) e supererà sull’orizzonte ovest il trio di oggetti Saturno (m = +0.8), Marte (+1,2)e Spica(alfa Virginis, +1,0) formando un bel quadrilatero.
L’allineamento del 14 agosto, infatti, si sarà ormai scomposto a causa del veloce moto proprio di Marte.
L’idea gli è venuta guardando la tv. È talmente poco ortodossa che l’inventore è il primo a mostrarsi perplesso. Ma i dati, pur con le dovute incertezze, sembrano dargli ragione. E la richiesta di brevetto è stata prontamente depositata. Per che cosa? Semplice: un dispositivo in grado di prevedere, con significativo anticipo, l’arrivo di una tempesta solare.
Tutto ha inizio nel salotto di una casa nella zona ovest di Lafayette, Indiana, a un’ora di strada da Indianapolis. Siamo nel 2006, e Jere Jenkins, ingegnere nucleare nonché direttore del laboratorio sulle radiazioni della School of Nuclear Engineering della locale Purdue University, è lì davanti al televisore a seguire gli astronauti che armeggiano all’esterno alla Stazione spaziale. Ad aumentare l’inquietudine per un’attività spaziale già di per sé rischiosa, com’è quella extraveicolare, arriva la notizia d’un brillamento solare: una violenta eruzione di materia che dalla nostra stella si propaga nello spazio circostante, mettendo potenzialmente a rischio i satelliti artificiali, le centrali elettriche e chiunque non si trovi al riparo dell’ombrello magnetico protettivo che avvolge il nostro pianeta. Come, appunto, gli astronauti che stanno volteggiando lassù in assenza di gravità.
Jenkins ha un’illuminazione: non è che il brillamento abbia lasciato qualche traccia anche nei miei strumenti di lavoro, si chiede? Corre in laboratorio a controllare, e l’intuizione si rivela esatta. Un detector che misura la velocità di decadimento di materiali radioattivi ha in effetti registrato una leggera accelerazione. Non solo: la variazione sembra essere precedente al brillamento. E anche di parecchie ore: 39, per l’esattezza. Se confermata, la scoperta potrebbe avere importanti ricadute pratiche, visto che un anticipo così significativo permetterebbe ai gestori dei satelliti, delle linee di comunicazione e delle reti elettriche di mettere in atto tutta una serie di misure preventive per limitare al massimo gli eventuali danni d’una tempesta solare.
L’ipotesi dei ricercatori è che, ad accelerare il tasso di decadimento del manganese-54 (il radioisotopo utilizzato, insieme al cloro-36, nell’esperimento della Purdue University) in cromo-54, siano i neutrini. Ma c’è un problema. Anzi due. Primo, i neutrini, dotati di energia e massa pressoché trascurabili, in teoria dovrebbero interagire poco o nulla con la materia che incontrano. Secondo, la costante di decadimento di un determinato isotopo è, per l’appunto, una costante: i processi esterni non dovrebbero essere in grado di alterarla. «In altre parole, stiamo dicendo che qualcosa che non interagisce con nulla sta alterando qualcosa che non può essere alterato», ammette Jenkins. «A modificare il tasso di decadimento potrebbero essere i neutrini, o forse una particella sconosciuta».
Per nulla scoraggiati dalle imbarazzanti premesse, Jenkins e colleghi, dal 2006 a oggi, in occasione di 10 brillamenti solari, hanno analizzato i dati registrati dal loro detector. E l’anomalia ha continuato a ripetersi. Inoltre, hanno osservato una variazione sincrona con l’avvicinamento e l’allontanamento annuale della Terra rispetto al Sole, anch’essa coerente con l’ipotesi dell’influenza dei neutrini sul tasso di decadimento. «Quando la Terra si trova più lontana», osserva infatti Jenkins, «abbiamo meno neutrini solari, e il tasso di decadimento è un po’ più lento. Quando invece siamo più vicini, ci sono più neutrini, e il decadimento diventa un po’ più veloce». Insomma, se confermato da ulteriori dati, il metodo basato sulla variazione del decadimento radioattivo potrebbe rappresentare un contributo decisivo nel campo delle previsioni meteorologiche spaziali.
Il commento dell’esperto
«Obiettivo primario della Meteorologia dello Spazio», spiega Mauro Messerotti, esperto di fisica solare e relazioni Sole-Terra dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste, «è la previsione dei fenomeni fisici che hanno impatto sui sistemi biologici e tecnologici sia sulla Terra che sui pianeti del nostro Sistema Solare, molti dei quali oggi e in futuro interessati da esplorazioni con sonde automatiche soggette ad effetti in grado di causarne malfunzionamenti. Le tempeste spaziali sono infatti perturbazioni dell’ambiente interplanetario e, su larga scala, eliosferico, che hanno origine sul Sole a seguito di intensi brillamenti solari e dell’eruzione di protuberanze e che accelerano nello spazio le Eiezioni di Massa dalla Corona (CME, Coronal Mass Ejection), fenomeno principe alla base di intense tempeste spaziali».
«Le osservazioni, le conoscenze fisiche e la modellistica attuali limitano», sottolinea Messerotti, «le possibilità di previsione a lungo termine circa l’accadimento di questi fenomeni: l’emissione elettromagnetica (Raggi X, EUV, UV e radio) associata ad un brillamento viene osservata quando giunge sulla Terra dopo circa otto minuti dall’emissione sul Sole, le particelle più energetiche sono rilevate dopo qualche decina di minuti, mentre le CME arrivano sulla Terra in decine di ore. Le tecniche di mitigazione degli impatti sono tanto più efficaci quanto maggiore è la tempestività della loro attuazione, insufficiente nel caso dei lampi di radiazione elettromagnetica e delle particelle più energetiche, appena sufficiente per le CME».
«Poter quindi disporre di un sistema di previsione dei brillamenti basato sull’osservazione di un fenomeno precursore, che fosse in grado di fornire un’indicazione del possibile accadimento con buona affidabilità e con buon anticipo temporale, costituirebbe un enorme progresso per la Meteorologia dello Spazio e, in particolare, per la preparazione connessa con la minimizzazione degli effetti negativi. D’altra parte è tutt’altro che semplice validare una tecnica di questo tipo», avverte Messerotti, «che deve essere caratterizzata in base al minimo numero di “falsi positivi” tenendo conto della grande varietà di brillamenti e, soprattutto, della loro potenziale “geoefficacia” (capacità di generare effetti sulla Terra), fattore ancora tutt’altro che chiarito e che solo osservazioni dettagliate a lunghissimo termine del Sole potranno focalizzare meglio».
«Il metodo basato sull’analisi del tasso di decadimento di radioisotopi specifici sembra senz’altro essere promettente, ma, come gli autori stessi sottolineano», conclude Messerotti, «richiede una lunga e complessa serie di osservazioni in prossimità del massimo solare, più ricco di brillamenti energetici, per trovare una conferma quale metodo di previsione dei brillamenti candidato a divenire uno strumento operativo».
Per saperne di più:
Leggi sull’edizione online di Astroparticle Physics l’articolo “Additional experimental evidence for a solar influence on nuclear decay rates“, di Jere H. Jenkins, Kevin R. Herminghuysen, Thomas E. Blue, Ephraim Fischbach, Daniel Javorsek II, Andrew C. Kauffman, Daniel W. Mundy, Peter A. Sturrock e Joseph W. Talnagi
La sera del 14 agosto, a partire dalle 20:30, aiutandosi con un binocolo si dovrebbe riuscire a discernere facilmente sull’orizzonte ovest la congiunzione tra Saturno (mag. +0,7), Marte (+1,1) e Spica (alfa Virginis, +1,0); con il pianetarosso che, movendosi più velocemente degli altri verso est, perfezionerà proprio in quella data un preciso allineamento verticale con gli altri due oggetti. La congiunzione misurerà circa 4,3° e si adatterà perfettamente al campo di un comune binocolo. A quell’ora, i tre oggetti saranno ancora abbastanza alti sull’orizzonte (circa +20°), ma converrà aspettare ancora una mezz’ora per avere un maggior contrasto per via del cielo ancora abbastanza chiaro.
ATTENZIONE: La scadenza del concorso è stata posticipata al 15 novembre 2012
REGOLAMENTO Concorso Fotografico Estate 2012
· La partecipazione al Concorso è gratuita.
· I partecipanti sono chiamati ad inviare le opere fotografiche entro il 15 ottobre 2012 all’indirizzo concorsi@coelum.com
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Disposizioni generali
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La mattina del 14 agosto, se sarete ancora in piedi a caccia di stelle cadenti (vediPerseidi 2012) attorno alle 3:30 potrete vedere una sottile falce di Luna sorgere accompagnandosi alla brillante Venere (magnitudine -4,3), distante 3,5°.
Quest’anno lo sciame meteorico delle Perseidi potrà essere osservato in condizioni discretamente favorevoli, almeno per quanto concerne il disturbo lunare. La Luna, infatti, sorgerà proprio nelle primissime ore della notte del 12-13 agosto, ma in forma di falce dal chiarore abbastanza contenuto (l’anno scorso la Luna era piena).
Il massimo teorico dello sciame è purtroppo previsto (ma non c’è molto accordo tra le varie fonti) intorno alle 15:00 del 13 agosto, in pieno giorno, così che quest’anno saranno favorite le regioni dell’estremo oriente e della costa ovest americana.
Alle nostre longitudini non ci resterà che osservare la notte tra il 12 e il 13 agosto, tirando preferibilmente mattina e sperando di riuscire a cogliere un picco secondario o qualche luminoso bolide tra quelli di solito associati allo sciame.
Le previsioni – dopo un’analisi dei residui cometari della Swift-Tuttle (la cometa da cui si è originato lo sciame) che ha escluso che la Terra possa attraversare quest’anno delle nubi particolarmente dense di meteoroidi – parlano di uno ZHR pari a 100, e quindi del tutto normale.
Il segreto per godersi davvero lo spettacolo sarà come sempre quello di uscire dalle città e di osservare da luoghi veramente bui.
11.08: Serata sotto le stelle: osservazione delle stelle cadenti e delle costellazioni del cielo tra mitologia e scienza. Al telescopio: osservazione del pianeta Saturno.
Per info: cell. 3468699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it
Se non è già nello spazio interstellare, poco ci manca. Sono momenti entusiasmanti per il team della sonda Voyager 1 della Nasa, lanciata nel 1977 e ormai giunta alla distanza di 18 miliardi di chilmetri dal Sole, ai limiti estremi del sistema solare. Negli ultimi sette anni la sonda ha esplorato lo strato più esterno della bolla di particelle cariche intorno al Sole. In un solo giorno, lo scorso 28 luglio, la sonda ha rilevato un aumento del cinque per cento nel livello dei raggi cosmici ad alta energia, provenienti dall’esterno del nostro Sistema Solare. Nello stesso giorno, i dati hanno anche mostrato come le particelle di bassa energia prvenienti dall’interno del nostr sistema sia scesa della metà, anche se nel giro di tre giorni i livelli si sono riportati a quelli precedenti.
Un altro segnale di cambiamento che gli scienziati tentano di analizzare è quello della direzione del campo magnetico, i cui dati saranno esaminati nei prossimi mesi. Secondo gli studiosi, quando tutti e tre questi segnali cambieranno in modo permanente, vorrà dire che Voyager sarà nelo spazio interstellare, quindi ufficialmente fuori dal sistema solare. “Siamo certamente in una nuova regione ai margini del Sistema Solare in cui le cose stanno cambiando rapidamente. Ma non siamo ancora in grado di dire che Voyager 1 sia entrato nello spazio interstellare” spiega Edward Stone, scienziato del progetto Voyager presso il California Institute of Technology di Pasadena, California.
I livelli delle particelle ad alta energia rilevati da Voyager sono in crescita da anni, ma sono mai stati alti come ora. Di contro, i livelli delle particelle a bassa energia sono diminuiti negli ultimi due anni e gli scienziati prevedono che scenderanno vicino allo zero quando Voyager 1 passerà finalmente nello spazio interstellare. “I dati sull’aumento e la diminuzione dell’energia sono più chiari di quanto lo erano prima” ha dichiarato Stone “Ma stanno cambiando in un modo che non ci aspettavamo, Voyager ci ha sempre sopreso con nuove scoperte”.
Voyager 1 è stato lanciato il 5 settembre del 1977 ed è ad una distanza di 18 miliardi di kilometri dal Sole, mentre il suo compagno Voyager 2, lanciato il 20 agosto del 1970, si trova a 15 miliardi di kilometri.
“Le nostre due sonde sono forti e sane, nonostante l’avvicinarsi del 35° anniversario del loro lancio” ha detto Suzanne Dodd, responsabile del progetto Voyager del Jet Propulsion Laboratory della Nasa, Pasadena. “Sappiamo che raggiungeranno lo spazio interstellare. Dobbiamo solo aspettare.”
10.08: “Breve introduzione al fenomeno delle stelle cadenti (meteore) e in particolare allo sciame delle Perseidi.”
A seguire osservazione della pioggia meteorica delle Perseidi
Per informazioni, costi e prenotazioni:
Tel. 339-2929524., E-mail: info@saitpuglia.it
10-12 agosto: Le Notti delle Stelle. Il più atteso appuntamento dell’estate astronomica durante il quale le associazioni astrofile proporranno una o più serate dedicate all’osservazione delle Perseidi.
L’iniziativa è abbinata a “Calici di Stelle” manifestazione enogastronomica promossa il 10 agosto dall’Associazione Nazionale Città del Vino.
http://divulgazione.uai.it/index.php/Calici_di_stelle
Organizzato dal Parco Nazionale della Sila in collaborazione con l’Associazione Star Freedom ci saranno tre giornate di spettacoli al planetario di cui una serata osservativa in località Lorica presso il Camping Lago Arvo ed una serata osservativa in località Villaggio Mancuso presso il Centro Visite Antonio Garcea. Programma:
– Mercoledì 8 e Giovedì 9 Agosto
L’ambiente naturale e il cielo ore 17.00
Un anno di costellazioni tra mitologia e leggende ore 18.30
In viaggio nel sistema solare ore 21.30
Alla scoperta delle bellezze del cosmo ore 23.00
– Venerdì 10 Agosto
Un anno di costellazioni tra mitologia e leggende ore 15.30
L’ambiente naturale e il cielo ore 16.45
Un viaggio nel sistema solare e uno sguardo alle bellezze del cosmo ore 18.00
Le serate osservative con i telescopi avranno la durata di tre ore e mezza e si svolgeranno venerdì 10 Agosto (lungo lago di Lorica) alle ore 21.15 e sabato 11 Agosto (Villaggio Mancuso) alle ore 21.15.
9 agosto: Le Lacrime di San Lorenzo presso Duomo di San Lorenzo. Osservatorio Astronomico del Righi. Visita guidata della cattedrale di San Lorenzo e osservazione del cielo. La tradizione e l’astronomia si intrecciano in un percorso altamente suggestivo che dalla Cattedrale e dal Chiostro di San Lorenzo.
http://www.osservatoriorighi.it/
Il rover“Curiosity” posatosi oggi sulla superficie marziana porta con se anche tante curiosità e gossip, che da sole basterebbero per un romanzo o un film, vediamone alcune.
Il nome del rover è stato ideato da una giovanissima studentessa di 12 anni del Kansas che ha suggerito il nome Curiosity in un concorso fra le scuole americane. Il vero nome del “trattorino” è Mars Science Laboratory.
Un pezzo di Italia (e di Torino) su Marte: il rover ha portato sul Pianeta Rosso un chip che contiene l’autoritratto di Leonardo Da Vinci e il Codice del Volo, il testo nel quale Leonardo descrive il volo degli uccelli e la sua Macchina volante, considerato il fondamento della storia del volo. L’iniziativa si deve all’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), al Tg della Rai Leonardo e della sua conduttrice Silvia Rosa Brusin, e al Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa.
Curiosity è una delle macchine più grandi, pesanti e complesse mai lanciate nello spazio: lungo 3 metri e pesa circa 900 kg, di cui 80 kg in strumenti scientifici (in paragone i rover Spirit e Opportunity pesano 174 kg, di cui 6.8 kg in strumenti).
La durata stimata della vita di Curiosity è di 1 anno marziano, pari a 687 giorni terrestri.
La sonda e Marte (al momento in cui scriviamo) sono distanti 1,651 Unità Astronomiche (l’Unità astronomica è la distanza Terra-Sole). Dunque circa 247 milioni di chilometri.
Il segnale radio con le immagini impiega 13 minuti e 46 secondi per raggiungere il nostro pianeta alla velocità della luce (circa 300.000 km al secondo).
Il rover Curiosity può viaggiare sulla superficie di Marte alla velocità di 30 metri all’ora (con velocità massima di 90 metri all’ora) Durante i due anni di missione, viaggerà almeno per 6 km.
E per chi si fosse persa la diretta di questa mattina con il Jet Propulsion Laboratory della Nasa ecco come hanno vissuto i primi momenti di commozione tecnici e scienziati presenti e la prima foto del suolo marziano in diretta.
È arrivato e sta bene. Uscito indenne da quei famosi “sette minuti di terrore” di cui aveva parlato la NASA, il rover Curiosity è regolarmente approdato su Marte alle 7 e 31 ora italiana, ed è ora pronto a iniziare la sua esplorazione.
Tutto si è svolto secondo i piani, con la separazione del rover dal vettore alle 7 e 15 circa, l’entrata nell’atmosfera dieci minuti dopo, e poi la rapida discesa verso il punto prescelto, rallentata e guidata da un paracadute; infine, a pochi metri dal suolo, l’accensione dei razzi che hanno guidato l’avvicinamento alla superficie. Negli ultimi secondi il rover è stato letteralmente depositato sul suolo marziano con un sistema mai utilizzato prima, lo Sky Crane, in cui il rover è stato calato dolcemente dal modulo di discesa grazie a cavi di nylon, tagliati appena avvenuto il contatto con il terreno.
Verso le 2:00 del 12 agosto, sull’orizzonte est la Luna avvicinerà Giove da sudest fino a una distanza osservabile di 2,5°; il tutto avverrà sullo sfondo della costellazione del Toro pochi gradi a est di Aldebaran e delle Iadi.
A quell’ora il pianeta sarà alto 9 gradi sull’orizzonte locale e la Luna +7°, ma tutta la scena potrà essere seguita per alcune ore fino alle prime luci dell’alba.
07.08: “Dalle Galassie al nostro Universo: morfologia delle galassie e struttura a grande scala del nostro Universo.
Nascita ed evoluzione dell’Universo.”
Per informazioni, costi e prenotazioni:
Tel. 339-2929524., E-mail: info@saitpuglia.it
5 e 6 agosto: Escursioni in montagna a Pian dell’armà (PV) per l’osservazione degli astri
Informazioni GAR: 380 3124156 e 333 2178016
E-mail: info@astrofilirozzano.it
www.astrofilirozzano.it
4 e 5 agosto: serata di osservazione pubblica (apertura diurna).
Per i dettagli consultare il sito.
Camigliano (LU), prato antistante Villa Bruguier.
Partecipazione gratuita.
Per informazioni: Tel 3280976491
astrofili_lariani@virgilio.it
www.astrofililariani.org
A luglio il Planetario e Osservatorio Astronomico di Cà del Monte vi aspetta con le consuete spettacolari osservazioni del Sole (ogni domenica) e della volta celeste notturna (ogni venerdì e sabato sera a caccia di galassie, nebulose e ammassi stellari, mentre continua a dare spettacolo il pianeta Saturno!).
Sono disponibili le nuove tessere a 50 euro (Astrotessera) e a 60 euro (Cosmotessera), valide fino a fine 2012!
Sono sempre in offerta i gadget, le carte stellari, gli astrolabi, gli atlanti del cielo e un libro per raccontare l’astronomia ai bambini disponibili presso il nostro AstroShop, aperto in occasione di ogni pomeriggio o serata di attività in struttura. Potete anche prenotarli contattandoci telefonicamente o per email (327 7672984 – osservatorio@osservatoriocadelmonte.it).
Sostenete l’Osservatorio ed entrate gratuitamente per tutto il 2012!
Con Cosmotessera o Astrotessera godrete di vantaggiosissimi sconti e l’Osservatorio potrà aprire con continuità e attività sempre nuove. Qui per più informazioni
29 Luglio 2012, ore 16:00 – NATURA – Escursione naturalistica e fossilifera e Osservazione del Sole
* con possibilità di trekking a cavallo
Escursione naturalistica e fossilifera Nel rigoglio estivo della natura, una piacevole, salutare e stimolante escursione naturalistica e fossilifera nei pressi dell’Osservatorio, tra reperti antichi, erbe e fiori di stagione. Torna così l’appuntamento dedicato alla conoscenza delle specificità naturalistiche della zona circostante l’Osservatorio: una passeggiata adatta a tutti …
A luglio il Planetario e Osservatorio Astronomico di Cà del Monte vi aspetta con le consuete spettacolari osservazioni del Sole (ogni domenica) e della volta celeste notturna (ogni venerdì e sabato sera a caccia di galassie, nebulose e ammassi stellari, mentre continua a dare spettacolo il pianeta Saturno!).
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28 Luglio 2012, ore 21:30 – MAYA – Archeoastronomia: Il cielo degli antichi (Mesoamerica I) e Osservazione notturna.
* con possibilità di trekking notturno a cavallo
Archeoastronomia: Il cielo degli antichi (Mesoamerica I). Proseguono gli appuntamenti dedicati alla conoscenza dei cieli perduti, l’astronomia dei popoli del passato, per i quali il rapporto con il cielo era parte integrante della concezione del Mondo e della vita quotidiana. La serata fa tappa in centro…
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