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Le Comete di Maggio 2023

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IN ATTESA DI TEMPI MIGLIORI

Fase di stanca per quanto riguarda le comete. Dopo un inverno “frizzante” la primavera non porta infatti in dote nessun oggetto almeno discretamente luminoso. Occorre quindi accontentarsi di quel poco che passa il cielo di questo periodo.

 

237P/LINEAR

La cometa protagonista di maggio, appartenente alla famiglia delle gioviane, fu scoperta giusto ventuno anni fa (nel maggio del 2002) dal programma di ricerca LINEAR (Lincoln Near-Earth Asteroid Research) e fu scambiata per un asteroide. Solo successive osservazioni a distanza di qualche anno da parte del telescopio spaziale WISE ne rivelarono la vera identità. Sulla carta è l’oggetto più luminoso del mese. Scrivo “sulla carta” perché in aprile è risultata meno brillante del previsto, il che pone qualche dubbio rispetto alla luminosità preventivata che indica un valore di punta compreso tra la decima e l’undicesima grandezza. Staremo a vedere, anzi ad osservare la sua evoluzione mentre si muoverà tra il Sagittario e l’Aquila, osservabile in piena notte ad un’altezza discreta ma non eccessiva sull’orizzonte. Da annotarsi le date del 6 e 7 maggio, quando passerà a meno di mezzo grado dalla piccola nebulosa planetaria NGC 6818 e a circa un grado dalla galassia nana NGC 6822.

La cartina riporta la posizione della 237P/Linear alle 3.00 ora legale. Le stelle più deboli sono di undicesima magnitudine.

 


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Prima ricerca per il SuperBIT

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La Nebulosa Tarantola ripresa dal Super Pressure Balloon Imaging Telescope (SuperBIT). Crediti: NASA/SuperBIT

Il Super-pressure Balloon-borne Imaging Telescope (SuperBIT) è un telescopio altamente stabilizzato e ad alta risoluzione che opera nella stratosfera tramite il sistema Super-pressure Balloon (SPB) della NASA. A 40 km di altitudine sul livello del mare, il pallone delle dimensioni di uno stadio di calcio trasporta SuperBIT in un ambiente suborbitale al di sopra del 99,2% dell’atmosfera terrestre per ottenere immagini di qualità spaziale.

Il pallone a super pressione della NASA è completamente gonfiato e pronto per il decollo dall’aeroporto di Wānaka, in Nuova Zelanda, nel 2017.

Come strumento di ricerca, l’obiettivo scientifico principale di SuperBIT è fornire informazioni sulla distribuzione della materia oscura negli ammassi di galassie e in tutta la struttura su larga scala dell’Universo. Come dimostrato da numerosi voli di prova, i dati del sondaggio generati da SuperBIT dovrebbero avere una qualità e un’efficienza di raccolta dei dati simili a quelli del telescopio spaziale Hubble, integrando al contempo i sondaggi di altri osservatori emergenti come il James Webb Space Telescope (JWST), l’ Osservatorio Vera C. Rubin e il telescopio spaziale romano Nancy Grace (precedentemente WFIRST).

SuperBIT a settembre 2019 in preparazione per il lancio. Crediti: Steven Benton, Princeton University

SuperBIT è un telescopio da 0,5 m, ad ampio campo, a diffrazione limitata, che opera all’interno della stratosfera per ottenere condizioni operative e prestazioni simili allo spazio. Con la sensibilità ottica dal vicino infrarosso (900 nm) al vicino ultravioletto (300 nm), SuperBIT mira a effettuare misurazioni precise di lenti gravitazionali deboli di ammassi di galassie al fine di dedurre la presenza e la relativa quantità di materia oscura in questi ammassi come anche la struttura su larga scala dell’Universo.

Per ottenere misurazioni di alta precisione da un ambiente in mongolfiera SuperBIT stabilizza il suo telescopio con una precisione inferiore al secondo d’arco (simile a una Steadicam a tre gradi di libertà) mentre l’ottica sofisticata stabilizza ulteriormente la fotocamera SuperBIT a < 50 milli-secondi d’arco. Un’utile analogia per questo livello di stabilità consiste nell’infilare un ago in cima alla CN Tower dall’isola centrale di Toronto (a circa 2,5 km di distanza) e impedire al filo di toccare i lati dell’ago per un massimo di 60 minuti. Questo livello di precisione, unito all’ottica a diffrazione limitata e a un ampio campo visivo di 0,5 gradi, consente a SuperBIT di intraprendere rilevamenti astronomici con una cadenza e una qualità che rivaleggia con il telescopio spaziale Hubble. In questo senso, uno degli obiettivi generali di sviluppo scientifico e tecnologico di SuperBIT è rendere le piattaforme astronomiche suborbitali accessibili alla comunità astronomica a una frazione del costo di un’equivalente piattaforma spaziale.

La Nebulosa Tarantola ripresa dal Super Pressure Balloon Imaging Telescope (SuperBIT). Crediti: NASA/SuperBIT

A pochi giorni dal suo volo del 16 aprile 2023, da Wānaka, in Nuova Zelanda, il SuperBIT ha catturato le sue prime immagini della Nebulosa Tarantola e delle Galassie Antenne.

La Nebulosa Tarantola è una grande regione di formazione stellare di idrogeno gassoso ionizzato che si trova a 161.000 anni luce dalla Terra nella Grande Nube di Magellano, e le sue turbolente nubi di gas e polvere sembrano turbinare tra le luminose stelle appena formate. La Nebulosa Tarantola è stata precedentemente catturata sia dal telescopio spaziale Hubble che dal telescopio spaziale James Webb.

Le Galassie Antennae riprese dal Super Pressure Balloon Imaging Telescope (SuperBIT). Crediti: NASA/SuperBIT

Le galassie Antenne, catalogate come NGC 4038 e NGC 4039, sono due grandi galassie che si scontrano a 60 milioni di anni luce di distanza verso la costellazione meridionale del Corvo. Le galassie sono state precedentemente catturate dal telescopio spaziale Hubble , dall’osservatorio a raggi X Chandra e dal telescopio spaziale Spitzer, ora in pensione. Un’immagine composita delle galassie combina i dati presi da tutti e tre i telescopi.

Le prime immagini di ricerca di SuperBIT di questo volo sono state rilasciate dalla Durham University qui . Il team SuperBIT è una collaborazione tra la NASA; Università di Durham, Regno Unito; l’Università di Toronto, Canada; e l’Università di Princeton nel New Jersey.

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Non solo gravità: Effetto Yarkovsky e Effetto YORP per gli asteroidi

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Proprio come il pomeriggio è la parte più calda della giornata sulla Terra, la roccia spaziale sviluppa una regione calda che irradia luce infrarossa nella sua quantità massima durante il pomeriggio sull'asteroide. Quella radiazione infrarossa in uscita fornisce una spinta delicata ma decisa simile a un getto all'asteroide. La direzione della rotazione dell'asteroide determina se "pomeriggio" è avanti o indietro rispetto alla sua direzione di movimento. Se il punto caldo è in avanti rispetto alla direzione del movimento, la spinta a infrarossi rallenterà la velocità orbitale dell'asteroide e se il punto caldo è all'indietro rispetto alla direzione del movimento, accelererà il movimento orbitale. Questo effetto, nel tempo, può apportare un cambiamento significativo nell'orbita. Questo è chiamato Effetto Yarkovsky, dal nome dell'ingegnere che per primo lo identificò. Credito: A. Angelich, NRAO/AUI/NSF

Sebbene la gravità sia di gran lunga la forza dominante che influenza il movimento degli asteroidi nello spazio, esistono anche altre forze che esercitano un effetto misurabile sulle loro traiettorie. Nel complesso queste forze non gravitazionali sono relativamente piccole rispetto agli effetti della gravità, ma essendo esercitate per lunghi periodi di tempo possono avere un’influenza significativa: ad esempio, la forza esercitata dalla luce solare su di una superficie, nota come pressione della radiazione solare, nel tempo può far deviare un asteroide dal suo percorso.

Una delle più importanti tra le forze non gravitazionali è il cosiddetto effetto Yarkovsky.

L’effetto Yarkovsky è una forza di radiazione termica che deriva dal riscaldamento irregolare della superficie di un asteroide da parte del Sole. Mentre un asteroide ruota, un lato è rivolto verso il Sole, e questo lato si riscalda, mentre l’altro si raffredda. Questo riscaldamento irregolare crea un gradiente di temperatura sulla superficie dell’asteroide, che provoca l’emissione di radiazione termica dal lato riscaldato, impartendo una piccola quantità di spinta nella direzione opposta, con la direzione della spinta che dipende dall’asse di rotazione del corpo e dalla sua posizione nell’orbita.

L’effetto Yarkovsky è particolarmente importante per asteroidi e comete, poiché la loro massa ridotta comporta che l’effetto, benchè minimo, abbia un impatto significativo sul loro movimento.

Altre forze non gravitazionali includono l’effetto YORP, che nasce dall’interazione tra la rotazione di un asteroide, la sua forma, e il vento solare, che è un flusso di particelle cariche emesse dal Sole.

L’effetto YORP è un fenomeno che si verifica in piccoli asteroidi, con YORP che sta per “Yarkovsky–O’Keefe–Radzievskii–Paddack”, i cognomi dei quattro scienziati che per primi descrissero l’effetto nel 2003.

Mentre un asteroide ruota su se stesso, diverse parti della sua superficie si riscaldano e si raffreddano a velocità diverse a causa delle variazioni dell’angolo e dell’intensità della luce solare che colpisce la superficie irregolare del pianetino. Questo crea un gradiente di temperatura, che a sua volta crea una coppia, piccola ma misurabile, sull’asteroide.

Figure a e b che mostrano la spinta indotta diurnamente e stagionalmente, rispettivamente, dall’effetto Yarkovsky ed effetto Yorp Credit: University of Arizona

Se l’asteroide sta ruotando in una particolare direzione, questa coppia può fargli accelerare o rallentare la sua rotazione, a seconda dell’orientamento del gradiente di temperatura. Questo cambiamento nella velocità di rotazione può modificare la traiettoria dell’asteroide nel tempo, portando a una deriva nella sua posizione, così come può portare ad una redistribuzione del materiale sulla sua superficie e, in casi estremi, alla disgregazione parziale del pianetino.

Nel complesso, le forze non gravitazionali sono un fattore importante da considerare quando si studiano le dinamiche a lungo termine dei corpi minori nel nostro sistema solare, in quanto possono avere implicazioni significative per le loro orbite, la cui variazione, come adesso sappiamo, può comportare potenziali rischi di impatto con altri corpi, incluso il nostro pianeta Terra.

 

StarShip: la strada verso una nuova era

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Il 20 aprile 2023 è stata una giornata storica per la SpaceX e per l’esplorazione spaziale. Per la prima volta, la Starship, il veicolo spaziale progettato per portare carichi ed equipaggi sulla Luna, su Marte e anche oltre, ha effettuato un lancio di prova dal sito di Boca Chica, in Texas. Il razzo, alto 50 metri e dotato di sei motori Raptor, ha raggiunto un’altitudine di circa 35 chilometri, fino a velocità superiori ai 1500 km/h, uno spettacolo entusiasmante e un’ascesa vertiginosa.

Il momento del lancio

Le riprese dalle numerose telecamere hanno tuttavia evidenziato che ben 6 dei 35 motori del Booster hanno presentato anomalie, risultando addirittura spenti dalle riprese delle telecamere. Un mal funzionamento che non poteva non avere conseguenze sul proseguimento della missione.

Motori spenti

All’altezza di circa 35 km infatti, poco prima della separazione dello stadio uno (il distaccamento della navicella dal booster) il razzo, già in posizione quasi orizzontale ha iniziato a una serie di manovre non previste compiendo addirittura dei giri su se stesso.

Traiettoria irregolare

Un minuto è trascorso da quando la missione è sembrata subito compromessa fino a quando i direttori di volo hanno deciso di abbandonare la missione innescando l’esplosione del razzo che in quel momento, dopo circa 4 minuti di test ed alla velocità di oltre 2000 km/h, stava pericolosamente dirigendosi verso terra.

L’esplosione è stata innescata proprio per evitare incidenti in caso di caduta libera al suolo.

Il momento dell’esplosione

Il test è stato di fatto un successo. Fino ad ora la SpaceX aveva testato la capacità solo della navicella di atterrare con successo in maniera verticale senza quindi il distruggersi nell’atmosfera, elemento chiave alla base del progetto infatti è il riutilizzo della navicella che consente di abbattere i costi. Il lancio avvenuto senza esplosione sula rampa e fino a raggiungere quasi all’altezza della messa in orbita è stato perfetto ed ha consentito la raccolta dei dati necessari per la messa a punto del programma fino al prossimo lancio destinato a portare StarShip in orbita in maniera sicura.

Ricordiamo che la StarShip è progettata per portare in orbita un equipaggio di almeno 100 persone e raggiungere Marte in maniera sicura. Quando la StarShip diverrà operativa a tutti gli effetti saremo di fronte a nuove potenzialità per l’esplorazione spaziale, una nuova era sta per iniziare.

 

Eclissi di Sole Ibrida: le testimonianze

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Gli spettatori di Australia e Indonesia restano senza parole.

Il 20 aprile 2023 si è verificato un fenomeno astronomico molto raro: un’eclissi solare ibrida, che ha mostrato sia la fase totale che quella anulare a seconda del luogo di osservazione. Questo tipo di eclissi si produce quando la Luna si trova in una posizione tale da avere la stessa dimensione apparente del Sole, visto dalla Terra. L’ombra della Luna proiettata sul nostro pianeta ha creato uno spettacolo suggestivo, visibile soprattutto da Timor Est, Australia e Indonesia.

L’eclissi è iniziata alle 01:34 GMT (Greenwich Mean Time), ovvero le 3:34 ora italiana, e ha avuto una durata di circa cinque ore e mezza. La fase totale è durata poco più di un minuto e ha raggiunto il massimo alle 03:17 GMT. La fase anulare, invece, ha mostrato l’effetto dell’anello di fuoco, ovvero la parte esterna del Sole non coperta dalla Luna.

Meteo perfetto, nessuna nuvola, peccato che il luogo ideale fosse in acqua!

Il percorso seguito dall’eclisse

Credit: https://earthsky.org/

Per chi non ha potuto assistere dal vivo a questo evento eccezionale, sono disponibili in rete alcuni scatti che ne immortalano la bellezza. Ecco alcune testimonianze:

L’astronomo della NASA Henry Throop era tra quelli di Exmouth che applaudivano ad alta voce nell’oscurità.

“Non è incredibile? È così fantastico. È stato strabiliante. Era così nitido ed era così luminoso. Si poteva vedere la corona attorno al sole lì”, ha detto il residente di Washington visibilmente eccitato.

“È durato solo un minuto, ma è sembrato davvero tanto tempo. Non c’è nient’altro che puoi vedere che assomigli a questo. È stato semplicemente fantastico. Spettacolare. E poi potevi vedere Giove e Mercurio  durante il giorno, persino vedere Mercurio è piuttosto raro. Quindi è stato semplicemente fantastico”, ha aggiunto Throop.

Aaron Bunch/Immagine AAP tramite AP
Credito: AP Photo/Lorenio L.Pereira

 

Credito: Aaron Bunch/Immagine AAP tramite AP
Credito: AP Photo/Tatan Syuflana
Credito: AP Photo/Tatan Syuflana

Queste immagini testimoniano la magia di un fenomeno che si ripete solo poche volte ogni secolo e che ci ricorda la meraviglia dell’universo in cui viviamo.

Nasce HARP Science Citizen per ascoltare lo spazio

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Nel 2007, la NASA ha lanciato cinque satelliti come parte della missione Time History of Events and Macroscale Interactions during Substorms, o THEMIS. Distribuito attraverso la magnetosfera, il veicolo spaziale THEMIS ha studiato come il plasma e l'energia che si muovono attraverso l'ambiente terrestre innescano diversi tipi di aurore (aurora boreale e australe). Nel 2010, due veicoli spaziali sono stati riassegnati per studiare l'ambiente della Luna, ma gli altri tre continuano a studiare la magnetosfera e le aurore terrestri. Credito: NASA/Goddard Space Flight Center Conceptual Image Lab

Il progetto HARP è un’iniziativa di citizen science che permette di ascoltare i suoni dello spazio generati dalle onde elettromagnetiche che si propagano nel plasma interplanetario. Queste onde sono normalmente inaudibili per l’orecchio umano, ma grazie a un processo di conversione chiamato audificazione, possono essere trasformate in suoni udibili.

L’ambiente magnetico terrestre è pieno di una sinfonia di suoni che non possiamo sentire. In tutto il nostro pianeta, le onde a frequenza ultrabassa compongono un’operetta cacofonica che ritrae la drammatica relazione tra la Terra e il sole.

Ora, un nuovo progetto di citizen science chiamato HARP – o Heliophysics Audified: Resonances in Plasmas – ha trasformato quelle onde un tempo sconosciute in fischi, scricchiolii e sibili udibili.

“Ciò che mi entusiasma di più del progetto HARP è la capacità dei cittadini scienziati di fare nuove scoperte nella ricerca eliofisica attraverso l’analisi audio”, ha affermato il ricercatore principale del progetto, Michael Hartinger, eliofisico presso lo Space Science Institute in Colorado. “Abbiamo bisogno del loro aiuto per comprendere schemi complessi nell’ambiente spaziale vicino alla Terra”.

Tra la Terra e il Sole, lo spazio non è veramente vuoto, ma è pieno di una zuppa di particelle cariche chiamate plasma. Questo plasma proviene dal Sole, espulso in un flusso costante chiamato vento solare e sporadicamente esploso in eruzioni solari. Quando questo plasma solare colpisce la Terra, fa vibrare le linee del campo magnetico e il plasma attorno alla Terra come le corde pizzicate di un’arpa, producendo onde a frequenza ultrabassa.

Nel 2007, la NASA ha lanciato cinque satelliti per volare attraverso l'”arpa” magnetica della Terra, la sua magnetosfera, come parte della missione THEMIS (Time History of Events and Macroscale Interactions during Substorms). Da allora, THEMIS ha raccolto una grande quantità di informazioni sulle onde del plasma attraverso la magnetosfera terrestre.

“THEMIS può campionare l’intera arpa”, ha detto Hartinger, “ed è là fuori da molto tempo, quindi ha raccolto molti dati”.

Tuttavia, le frequenze delle onde misurate da THEMIS sono troppo basse per essere udite dalle nostre orecchie. Quindi il team HARP li ha velocizzati per convertirli in onde sonore. Utilizzando uno strumento interattivo sviluppato dal team, puoi ascoltare queste onde e individuare le caratteristiche interessanti che senti nei suoni.

Il progetto HARP è stato lanciato da NASA nel 2023 e si basa sui dati raccolti dalle sonde spaziali STEREO, che orbitano intorno al Sole. Chiunque può partecipare al progetto HARP, ascoltando i suoni dello spazio e annotando le loro caratteristiche e le loro possibili fonti. Il progetto HARP ha lo scopo di coinvolgere il pubblico nella scienza eliofisica e di contribuire alla comprensione dei fenomeni spaziali che influenzano il clima spaziale e la vita sulla Terra.

Spirale del cielo dell’Alaska – evento raro ma spiegabile

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In questa foto fornita da Christopher Hayden, una spirale azzurra simile a una galassia appare per alcuni minuti in mezzo all'aurora nei cieli dell'Alaska vicino a Fairbanks, sabato 15 aprile 2023. La spirale si è formata quando il carburante in eccesso che era stato rilasciato da un razzo SpaceX lanciato dalla California circa tre ore prima si è trasformato in ghiaccio, quindi il vapore acqueo ha riflesso la luce solare nell'atmosfera superiore. Credito: Christopher Hayden tramite Associated Press

La spirale che ha illuminato il cielo dell’Alaska sabato mattina 15 aprile 2023 è stata causata dal rilascio di carburante da parte di un razzo Falcon 9 della SpaceX, impegnato a portare in orbita diversi satelliti. Il carburante, ha reagito con l’atmosfera terrestre gelando e creando una scia luminosa e colorata che ha assunto la forma di una spirale.

La spirale è stata visibile per diversi minuti in un’ampia area dell’Alaska, tra cui Anchorage, Fairbanks e Juneau. Molti testimoni hanno immortalato il fenomeno con le loro fotocamere e smartphone, condividendo le immagini sui social media. Alcuni hanno pensato si trattasse di un’aurora boreale, altri di un’esplosione nucleare o di un segnale extraterrestre.

In realtà, la spiegazione è più semplice e scientifica. Il razzo Falcon 9, dopo aver raggiunto l’orbita e aver sganciato il modulo Dragon con il carico utile per la ISS, ha eseguito una manovra di deorbitazione per rientrare nell’atmosfera e autodistruggersi. Durante questa fase, ha rilasciato il carburante residuo per ridurre il peso e la velocità. Il carburante ha formato una nube che ha riflesso la luce solare, creando l’effetto visivo della spirale.

Questo tipo di fenomeno non è nuovo e si verifica occasionalmente quando i razzi rilasciano il carburante in orbita. Ad esempio, nel 2009 una spirale simile fu vista nei cieli della Norvegia, causata dal lancio di un missile russo Bulava. Anche in quel caso, ci furono molte speculazioni e teorie alternative sull’origine della spirale.

Qui a seguire un altro scatto questa volta immortalato da Mauna Kea alle Hawaii

Questa immagine tratta dal video fornito dal NAOJ e Asahi Shimbun, mostra una spirale che vortica nel cielo notturno dal Mauna Kea, la montagna più alta delle Hawaii. I ricercatori ritengono che mostri i postumi del lancio di un razzo SpaceX quando il razzo Falcon 9 dell’azienda ha inviato in orbita un satellite GPS. Le immagini sono state catturate il 18 gennaio 2023 da una telecamera al vertice del Mauna Kea fuori dal telescopio Subaru dell’Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone. Credito: NAOJ e Asahi Shimbun tramite AP

 

StarShip ammiraglia SpaceX alla prova lancio

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SpaceX, la società spaziale fondata da Elon Musk, sta per compiere un passo storico nella sua ambiziosa missione di portare l’umanità su Marte. Il 20 aprile, infatti, è previsto il primo test di volo della navicella STARSHIP in cima al razzo Super Heavy, il vettore più potente mai realizzato. Se tutto andrà bene, si tratterà della prima dimostrazione della capacità di SpaceX di lanciare e riportare a terra un veicolo spaziale completamente riutilizzabile e in grado di trasportare fino a 100 persone o 100 tonnellate di carico utile nello spazio profondo.

Il progetto Starship nasce dall’idea di Elon Musk di creare un sistema di trasporto interplanetario che possa rendere l’umanità una specie multiplanetaria.

L’obiettivo finale è quello di stabilire una colonia permanente su Marte, ma anche di esplorare altri mondi del Sistema Solare, come la Luna o le lune di Giove e Saturno. Per fare questo, SpaceX ha progettato una navicella spaziale versatile e modulare, che possa adattarsi a diverse missioni e destinazioni. Starship è composta da due elementi principali: il razzo Super Heavy, che fornisce la spinta necessaria per uscire dall’atmosfera terrestre, e la navicella Starship vera e propria, che ospita l’equipaggio e il carico utile.

Il razzo Super Heavy è alto circa 70 metri e ha un diametro di 9 metri. È dotato di 28 motori Raptor, i più avanzati al mondo, che possono generare una spinta totale di oltre 70 meganewton. Il razzo è in grado di sollevare circa 3.000 tonnellate al decollo e può essere riutilizzato più volte, atterrando verticalmente su una piattaforma apposita.

StarShip componente razzo. Crediti SpaceX

 

La navicella Starship è alta circa 50 metri e ha lo stesso diametro del razzo. È dotata di sei motori Raptor, tre per il volo atmosferico e tre per il volo spaziale. La navicella ha una capacità di 1.000 metri cubi, suddivisi in diversi compartimenti per l’equipaggio, il carico utile, i serbatoi e i sistemi di bordo. La navicella può anche essere configurata in diversi modi a seconda della missione: può trasportare passeggeri, satelliti, sonde, rover o materiali per la costruzione di basi spaziali. La navicella è anch’essa completamente riutilizzabile e può atterrare verticalmente su qualsiasi superficie solida.

StarShip navicella. Crediti: SpaceX

Il test del 19 aprile sarà il primo tentativo di lanciare e recuperare sia il razzo che la navicella. In precedenza, SpaceX aveva già condotto alcuni test con prototipi della sola navicella Starship, raggiungendo altitudini massime di circa 12 chilometri e dimostrando la capacità di controllare l’assetto durante la discesa. Tuttavia, nessuno dei prototest era riuscito ad atterrare intatto a causa di problemi tecnici o errori umani. Il test del 19 aprile sarà quindi una sfida molto più impegnativa e rischiosa, ma anche molto più significativa per il futuro del progetto Starship.

Se il test avrà successo, SpaceX avrà dimostrato al mondo che il suo sistema di trasporto interplanetario è fattibile e affidabile. Questo aprirà la strada a una serie di missioni sempre più ambiziose e importanti per la scienza e l’esplorazione spaziale. Tra queste anche il viaggio di ArtemisIII e il ritorno dell’Umanità sulla Luna.

Se il lancio avrà successo e StarShip fosse completamente riutilizzabile passeremo da costi di 10 milioni di euro circa per kilogrammo di peso in orbita a 100 euro. Decisamente un risparmio notevole.

Il lancio di Starship è ora previsto per il 20 aprile alle 14:00 BST (+1 ora in anticipo, UTC+01), 8:00 CT/ 9:00 ET/ 6:00 PT. La diretta streaming di SpaceX inizierà 45 minuti prima dell’orario di lancio previsto.

 

 

Rara Eclissi di Sole Ibrida il 20 aprile

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Image Credit & Copyright: Left: Fred Espenak - Right: Stephan Heinsius

Come da norma è importante per Coelum essere subito ben chiari:

non si vedrà dall’Italia.

 

L’eclissi di Sole, così detta ibrida, è un evento raro ma partiamo dall’inizio.

Un’eclissi solare è un fenomeno astronomico che si verifica quando la Luna si interpone tra il Sole e la Terra, oscurando in tutto o in parte il disco solare. Questo avviene solo quando la Luna è in fase di luna nuova, cioè quando è allineata con il Sole e la Terra. A seconda della posizione della Luna rispetto al piano dell’orbita terrestre, si possono verificare tre tipi di eclissi solari: totale, parziale o anulare.

Un’eclissi solare totale si verifica quando la Luna copre completamente il disco solare, creando un effetto di buio e di spettacolare corona luminosa attorno alla Luna. Questo tipo di eclissi è visibile solo da una ristretta fascia della superficie terrestre, chiamata zona di totalità, dove la Luna proietta la sua ombra più scura (ombra). Un’eclissi solare parziale si verifica quando la Luna copre solo una parte del disco solare, creando un effetto di morso sul Sole. Questo tipo di eclissi è visibile da una zona più ampia della superficie terrestre, dove la Luna proietta la sua ombra più chiara (penombra). Un’eclissi solare anulare si verifica quando la Luna è più lontana dalla Terra e il suo diametro apparente è minore di quello del Sole, creando un effetto di anello luminoso attorno alla Luna. Questo tipo di eclissi è visibile solo da una stretta fascia della superficie terrestre, chiamata zona di anularità, dove la Luna proietta la sua ombra.

Un’eclissi solare ibrida è un caso particolare di eclissi solare che cambia da anulare a totale (o viceversa) a seconda del punto geografico di osservazione e della posizione della Luna sulla volta celeste. Questo avviene perché il diametro apparente della Luna varia leggermente durante il suo moto orbitale attorno alla Terra, e perché la superficie terrestre non è perfettamente sferica ma presenta delle irregolarità (montagne, valli, ecc.). Queste due condizioni fanno sì che in alcuni punti la Luna copra completamente il Sole (eclissi totale), mentre in altri punti lasci un anello luminoso (eclissi anulare).

La prossima eclissi solare ibrida avrà luogo il 20 aprile 2023 e sarà visibile da alcune regioni dell’Indonesia, dell’Australia, della Papua Nuova Guinea, delle Isole Salomone e del Cile. L’eclissi inizierà alle ore 18:17 UTC come eclissi anulare e terminerà alle ore 21:28 UTC come eclissi totale. La durata massima dell’eclissi totale sarà di 1 minuto e 16 secondi e si verificherà alle ore 19:53 UTC nel sud-est dell’Indonesia. La larghezza massima della zona di totalità sarà di 29 km e si verificherà alle ore 20:11 UTC nel nord-est dell’Australia.

NOTA BENE: Per osservare un’eclissi solare, di qualsiasi tipo essa sia, è necessario usare delle protezioni oculari adeguate, come occhiali appositi o filtri solari certificati, per evitare danni permanenti alla vista. Non si devono mai usare occhiali da sole normali, pellicole fotografiche, lastre radiografiche o altri materiali improvvisati.

Image Credit & Copyright: Left: Fred Espenak – Right: Stephan Heinsius

Le eclissi solari ibride sono eventi molto rari e affascinanti, che si verificano solo quando le condizioni geometriche e dinamiche sono particolarmente favorevoli. In questo secolo, si verificheranno in totale 224 eclissi solari, ma solo 7 saranno ibride. La prossima eclissi solare sarà visibile il 14 ottobre 2023 e sarà di tipo anulare, mentre per vedere la prossima eclissi solare ibrida bisognerà aspettare il 14 novembre 2031. Le eclissi solari ibride sono state osservate fin dall’antichità e hanno suscitato diverse reazioni nelle popolazioni che le hanno vissute, tra stupore, paura, meraviglia o venerazione. Alcune di esse sono state associate a eventi storici o mitologici significativi, come la nascita o la morte di re, eroi o profeti.

Una piccola curiosità del 19° secolo: il 28 maggio 1900 si verificò un’eclissi solare totale che fu visibile da gran parte del territorio italiano, in particolare dal nord-est. L’eclissi durò circa due minuti e mezzo e fu osservata da molti scienziati e astronomi, tra cui il famoso Guglielmo Marconi, che sfruttò l’occasione per condurre dei test sulla propagazione delle onde radio durante il fenomeno. Marconi riuscì a trasmettere dei segnali da una stazione a Bologna a una stazione a Bordighera, in Liguria, dimostrando che le onde radio non erano influenzate dall’eclissi.

Il Glossario di Astronomia su Coelum.com

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In linea con gli standard qualitativi europei e nazionali in merito ai siti di informazione Coelum.com si dota di un glossario di termini integrato

L’accesso all’informazione avviene in maniera diretta e immediata durante la lettura di un qualsiasi articolo. Nello scorrere il testo infatti le parole di significato astronomico appariranno sottolineate con un leggero tratto. Al passaggio del mouse sulla parola il significato si mostrerà in automatico in forma di popup e si chiuderà automaticamente appena spostato il medesimo cursore.

In caso di utilizzo con smartphone il significato in forma pop up sarà mostrato solo in caso di tocco sul termine. Per la chiusura del pop up sarà sufficiente cliccare sulla x in alto a destra.

Nella pagina Glossario di Astronomia sono raccolti, in ordine alfabetico, molti dei termini di astronomia di uso comune.

Regolamento Concorso Lucky Coelum

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REGOLAMENTO INTEGRALE DEL CONCORSO A PREMI

“LUCKY COELUM”

 

SOGGETTO PROMOTORE

Visione Futuro srl con sede in Via F.lli Bandiera, 46 in Civitanova Marche 62012 MC p.iva 01988340434 con iscrizione alla Camera di Commercio numero MC-198345. Proprietaria del marchio registrato “Coelum Astronomia”.

 

DENOMINAZIONE

L’iniziativa è denominata “Lucky Coelum” ( di seguito anche “iniziativa” o “concorso”)

 

AREA DI DIFFUSIONE

Il Concorso si svolgerà su tutto il territorio nazionale e della Repubblica di San Marino (di seguito, “Territorio”), e sarà comunicato tramite materiale promo pubblicitario offline e online.

 

DESTINATARI

Potranno partecipare al Concorso tutte le persone fisiche maggiorenni, residenti o domiciliate all’interno del Territorio (di seguito “Destinatari”) al 20 settembre in regola con la sottoscrizione dell’abbonamento annuale (di seguito “Abbonati”).

 

FINALITA’

L’iniziativa ha la finalità di promuovere la sottoscrizione di nuovi abbonamenti o rinnovi alla versione cartacea della rivista Coelum Astronomia.

 

DURATA

La durata è prevista dal 16 luglio (ore 00 del 16 luglio 2023) con chiusura sottoscrizioni e scadenza concorso al 20 settembre 2023 ore 23:50. L’estrazione dei premi è prevista per il giorno martedì 26 settembre.

 

MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE

Tutti coloro che al 20 settembre, alla data di scadenza del concorso, potranno vantare un abbonamento attivo alla rivista Coelum Astronomia, ossia un abbonamento  a proprio nome alla versione cartacea di durata di un anno (abbonamento annuale per n°6 uscite).

L’abbonamento non dovrà necessariamente essere stato sottoscritto durante il periodo di durata dell’iniziativa, altresì potranno quindi partecipare anche coloro che hanno sottoscritto un abbonamento in data antecedente al 16 luglio 2023 purchè lo stesso non risulti scaduto.

Ogni abbonato potrà partecipare con uno o più abbonamenti a proprio nome.

 

 

ASSEGNAZIONE DEI PREMI

Fermo restando che il gestionale WooCommerce implementato nel sito ufficiale www.coelum.com unico canale di accesso alla sottoscrizione, associa ad ogni ordine un codice univoco (ID ordine) contestualmente alla sottoscrizione comunicato all’abbonato. Suddetto codice sarà inserito in apposita urna sigillata, in un’unica copia, senza duplicati o mancanze. Da tale urna, durante l’estrazione fissata al giorno 26 verranno estratti in maniera manuale tre numeri i quali corrisponderanno rispettivamente al primo, secondo e terzo premio. L’estrazione si svolgerà in maniera causale nel rispetto di uguali possibilità per ogni abbonato.

All’estrazione parteciperà un funzionario ad attestare il regolare svolgimento dell’assegnazione dei premi.

 

COMUNICAZIONE DI VINCITA

Il vincitore riceverà, entro i 3 gg successivi all’estrazione, una mail al proprio indirizzo comunicato in fase di sottoscrizione con indicato il premio e la modalità di ritiro.

 

PREMI

Unica estrazione al 26 settembre 2023:

  • Primo estratto premio in strumenti per osservazione astronomica del valore di euro 1700,00
  • Secondo estratto: premio in strumenti per osservazione astronomica del valore di euro 800,00
  • Terzo estratto: premio in strumenti per osservazione astronomica del valore di euro 500,00

 

La marca e il modello degli strumenti saranno valutati e comunicati alla data di inizio della promozione dell’iniziativa, a partire dal 1 luglio 2023.

 

NOTE SUI PREMI

Il Vincitore non può contestare il premio assegnato, né richiedere il valore corrispondente in denaro o il cambio/sostituzione per nessun motivo. Tuttavia, il Promotore, nel caso in cui non sia possibile consegnare il premio vinto per impossibilità sopravvenuta e/o per cause allo stesso non imputabili, si riserva il diritto di sostituire il premio annunciato con un altro di analoga o simile natura e di pari o maggior valore e comunque, laddove possibile, con caratteristiche analoghe o simili, in conformità alle previsioni di legge.

 

MONTEPREMI E CAUZIONE

Il montepremi del concorso è di euro 3.000,00 ( tremila euro Iva Inclusa)

A garanzia dei premi promessi è stata prestata cauzione (assicurativa o bancaria) in bollo o deposito cauzionale pari a 3000,00 €, con scadenza il 20/09/2024.

Il beneficiario della fideiussione sarà il MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO

Dipartimento per l’Impresa e l’Internazionalizzazione

DGMCCVNT – Divisione XIX

Manifestazioni a premio Via Molise, 2 00187 ROMA

 

ONLUS

Alla conclusione del Concorso, i premi che, per qualsiasi motivo, non s Alla conclusione del Concorso, i premi che, per qualsiasi motivo, non siano stati richiesti e/o assegnati, ad esclusione dei premi espressamente rifiutati, saranno devoluti Fondazione Lega del Filo d’oro di Osimo  Via Linguetta 3, 60027 Osimo – AN Cod. fisc.80003150424.

iano stati richiesti e/o assegnati, ad esclusione dei premi espressamente rifiutati, saranno devoluti Fondazione Lega del Filo d’oro di Osimo  Via Linguetta 3, 60027 Osimo – AN Cod. fisc.80003150424.

 

COMUNICAZIONE

Il Concorso a premi sarà pubblicizzato tramite materiale promo pubblicitario offline e online, nonché attraverso le properties digitali della Visione Futuro srl e con tutti gli altri mezzi che il Promotore riterrà utili alla diffusione della conoscenza del Concorso stesso.

I messaggi pubblicitari saranno coerenti con il presente Regolamento.

Eventuali modifiche che dovessero essere apportate al Regolamento nel corso dello svolgimento del Concorso, nel rispetto dei diritti acquisiti, saranno preventivamente comunicate ai Destinatari con le medesime modalità di comunicazione riservate al presente Regolamento.

Una versione sempre aggiornata del presente Regolamento sarà disponibile in qualunque momento sul sito Internet WWW.COELUM.COM.

 

VARIE

La partecipazione al Concorso a premi comporta per i Destinatari l’accettazione incondizionata e totale delle regole e delle clausole contenute nel presente Regolamento senza limitazione alcuna. I

l Concorso si svolge in osservanza del D.P.R. 430/2001 e secondo le istruzioni indicate nella circolare 28 marzo 2002 n. 1/AMTC del Ministero delle Attività Produttive (ora Ministero dello Sviluppo Economico) e in tutti i successivi chiarimenti forniti dal predetto Ministero in materia di manifestazioni a premio.

Il Promotore dichiara di rinunciare alla facoltà di rivalsa nei confronti dei vincitori. Il Promotore non si assume alcuna responsabilità in caso di mancato recapito della comunicazione dell’avvenuta vincita e/o di altre eventuali comunicazioni effettuate ai vincitori e/o ai partecipanti, dovuta all’indicazione da parte dei Destinatari di dati errati e/o non aggiornati, a indirizzi e-mail inesistenti/errati, non disponibili o inseriti in una black-list, a mailbox piene o disabilitate, a server irraggiungibili, oppure a filtri antispam.

Il Promotore non si assume alcuna responsabilità per eventi ad esso non imputabili, quali a titolo esemplificativo e non esaustivo: problemi tecnici di qualunque tipo, come disfunzione o difficoltà riguardante gli strumenti tecnici, il computer, la linea telefonica, i cavi, l’elettronica, il software e l’hardware, la trasmissione e la connessione, il collegamento a internet, che possano impedire ai Destinatari di partecipare al presente Concorso.

Nel caso in cui si dovesse riscontrare che i vincitori abbiano utilizzato mezzi e strumenti fraudolenti o in violazione del normale svolgimento del Concorso, essi perderanno il diritto al premio. In tal caso, il Promotore si riserva il diritto di procedere, nei termini giudicati più opportuni, e nel rispetto delle leggi vigenti, per limitare e inibire ogni iniziativa avente lo scopo di frodare e/o aggirare, direttamente od indirettamente, il sistema ideato e la meccanica del Concorso. Il server su cui vengono effettuate la registrazione dei dati e la gestione delle partecipazioni è ubicato in Italia.

Civitanova Marche30.06.2023

L’Europa lancia con successo la missione JUICE per studiare le lune ghiacciate di Giove

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Juice dell’ESA parte alla ricerca dei segreti delle lune ghiacciate di Giove

 

Il Jupiter Icy Moons Explorer (Juice) dell’ESA è decollato con un razzo Ariane 5 dallo spazioporto europeo nella Guyana francese alle 14:14 CEST del 14 aprile. Il successo del lancio segna l’inizio di un ambizioso viaggio per scoprire i segreti dei mondi oceanici attorno al gigantesco pianeta Giove.

Dopo il lancio e la separazione dal razzo, l’ESOC (European Space Operations Centre) dell’ESA a Darmstadt, in Germania, ha confermato l’acquisizione del segnale tramite la stazione di terra di New Norcia in Australia alle 15:04 CEST. I vasti pannelli solari lunghi 27 m del veicolo spaziale si sono dispiegati nelle loro distintive forme a croce alle 15:33 CEST, assicurando a Juice il viaggio verso il Sistema Solare esterno. Il completamento di questa operazione critica ha segnato il successo definitivo del lancio.

“L’ESA, con i suoi partner internazionali, è in viaggio verso Giove”, afferma il direttore generale dell’ESA Josef Aschbacher. “Lo spettacolare lancio di Juice porta con sé la visione e l’ambizione di coloro che hanno concepito la missione decenni fa, l’abilità e la passione di tutti coloro che hanno costruito questa incredibile macchina, la spinta del nostro team delle operazioni di volo e la curiosità della comunità scientifica globale. Insieme, continueremo a spingere i confini della scienza e dell’esplorazione per rispondere alle più grandi domande dell’umanità”.

Giove,  che brilla luminoso nel cielo notturno, ha suscitato fascino sin da quando i nostri antichi antenati hanno alzato lo sguardo per la prima volta. L’astronomo Galileo Galilei mise a fuoco Giove nel 1610, osservando per la prima volta il pianeta attraverso un telescopio e scoprendo le sue lune orbitanti. Le sue osservazioni hanno ribaltato l’idea di lunga data che tutto nei cieli ruotasse attorno alla Terra. Secoli dopo, Juice –  che porta una targa commemorativa in onore delle scoperte di Galileo  – vedrà Giove e le sue lune in un modo che Galileo non avrebbe nemmeno potuto sognare.

Grazie all’eredità delle  precedenti missioni su Giove,  sappiamo che tre delle lune più grandi del pianeta – Europa, Ganimede e Callisto – contengono quantità di acqua sepolte sotto la loro superficie in volumi molto maggiori di quelli degli oceani terrestri. Queste lune delle dimensioni di un pianeta ci offrono indizi allettanti che potrebbero esistere condizioni per la vita diverse, e Juice è attrezzata per avvicinarci di un passo alla risposta a questa affascinante domanda.

Juice è l’ultima missione in ordine cronologico di scienze spaziali dell’ESA a essere lanciata su un Ariane 5, in una lunga eredità  che parte dal 1999 con il lancio di XMM-Newton, che è ancora oggi in funzione, e più recentemente, la NASA/ESA/CSA James Webb Telescopio spaziale nel 2021.

“Che magnifica dimostrazione della capacità dell’Europa di sognare in grande e fornire risultati all’altezza”, afferma Daniel Neuenschwander, direttore del trasporto spaziale dell’ESA. “Possiamo tutti essere orgogliosi di Ariane 5 per aver reso possibili missioni come Juice e aver stabilito uno standard così elevato per la nostra nuova generazione di sistemi di lancio”.

Nelle prossime due settimane e mezzo Juice dispiegherà le sue varie antenne e bracci strumentali, tra cui l’antenna radar lunga 16 m, il braccio magnetometrico lungo 10,6 m e vari altri strumenti che studieranno l’ambiente di Giove e il sottosuolo del ghiacciaio lune.

Una crociera di otto anni con quattro sorvoli assistiti dalla gravità sulla Terra e su Venere lancerà la navicella spaziale verso il Sistema Solare esterno. Il primo sorvolo nell’aprile 2024 segnerà prima un’esplorazione spaziale.

Fonte ESA

Per sapere di più leggi Coelum Astronomia n°260 pag. 18 – Sistema Solare – I Satelliti di Giove e la missione Juice

DOBSON.. una storia infinita!

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C’era una volta un bambino che alzava lo sguardo al cielo e sognava di veleggiare tra pianeti e nebulose, a cavallo di un telescopio.

Non cominciano così tutte le storie di noi astrofili?

Il mio primo strumento fu un rifrattore giocattolo da 60mm con cui provai le prime ineguagliabili emozioni, poi arrivò il classico newtoniano da 114 della Konus— sì, proprio lui… quello arancione! — che mi permise di effettuare osservazioni più “serie” e profonde, annotate in un brogliaccio che ancora oggi conservo come una reliquia sacra.

E il sogno non era finito. Nel 1991 chiesi e ottenni dai miei genitori un (per allora) ambitissimo Schmidt-Cassegrain Meade 2080 da 20 cm, e da quel momento mi lanciai in una fase nuova del mio percorso di astrofilo, concentrandomi sullo studio sistematico dei pianeti e del deepsky, in qualità di socio dell’UAI.

Maramonte Dobson

Ma, come si sa, non ci si accontenta mai e per anni, nonostante la gioia delle visioni che mi regalava il Meade, sfogliai fino a consumarle le pagine del mitico catalogo Miotti su cui, tra gli altri, facevano bella mostra di sé i Dobson Meade Starfinder di dimensioni ragguardevoli per l’epoca. In particolare accarezzavo il desiderio di possedere la versione da 16” e mi divertivo a fantasticare sulle meraviglie cosmiche che un tale secchio di luce avrebbe potuto mostrarmi.

Tuttavia, dovette passare molta acqua sotto i ponti prima di acquistarne uno. Il momento giunse improvviso. A un certo punto avvertii pressante l’esigenza di fare il salto di diametro, causa l’ormai ventennale assuefazione alle immagini fornite dal 20 cm, che pure mi aveva dato grandissime soddisfazioni (e continua a darmene, nonostante i suoi 30 anni e più di onorato servizio!).

Ad aprile del 2006 risposi a un annuncio su una rivista cartacea per cogliere al volo un autentico affarone. Un privato marchigiano vendeva un dobson a tralicci in alluminio a un prezzo irrisorio. Mi fiondai in loco ed ebbi la prima sorpresa. Nonostante avessi visionato qualche foto via mail, il telescopio si presentò in tutta la sua atipicità: era formato da un unico grosso “tubo” scoperto suddiviso in due tronconi di tralicci, uno per il supporto del secondario e uno per la cella del primario (fig. 1 e 2). Il primario, oltretutto, era un massiccio blocco da 44 cm di diametro formato da due dischi di vetro incollati tra loro con qualcosa di simile a un mastice (fig.3 e 3bis). La struttura con i tralicci, poi, poggiava su una massiccia forcella a sua volta avvitata a una pesante base di legno ricavata dall’anta di un armadio!

La gioia dell’acquisto si trasformò ben presto in perplessità per l’inquietante prospettiva di gestire con affanno un tale mastodonte, soprattutto pensando che non potevo beneficiare di una postazione fissa e quindi, come moltissimi astrofili, ero costretto a vagabondare di notte per raggiungere siti osservativi adatti a strumenti del genere.

Procedetti comunque all’acquisto e affrontai un primo spinoso problema: come stipare i due tronconi, lo specchio, la base e la forcella in una Alfa Romeo 156, il cui abitacolo non era propriamente il vano di carico di un furgone. Non conservo testimonianze fotografiche del trasporto, ma posso dire che furono 430 chilometri di contorsioni, tribolazioni e ansie per le sorti delle ottiche e… dell’incolumità mia e dell’automobile.

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Usai il dobson così com’era per un anno e i miei timori furono confermati: lo strumento aveva una gestibilità assai difficoltosa, nonostante la comodità di poterlo manovrare con fluidità, grazie all’ingegnoso innesto di cuscinetti a sfera sui bracci della montatura altazimutale. Inoltre, ahimè, scoprii un altro inconveniente. Le immagini che lo specchio restituiva non mi convincevano affatto. I dischi stellari, in intra ed extra focale, erano diversi e le stelle apparivano contornate da un alone composto da una folta raggiera luminosa. Ciò palesava la presenza di difetti importanti quali stigmatismo e aberrazione sferica. Provai ad agire maniacalmente sulla collimazione, sull’ortogonalità del focheggiatore e su altre variabili ma la situazione non migliorò. Mi sorse il tremendo sospetto che la lavorazione del blank non fosse stata effettuata a regola d’arte, però non avevo competenze tecniche per accertarlo.

Mi rivolsi a un artigiano del Sud Italia. Mi recai presso il suo laboratorio e insieme a lui feci alcune importanti verifiche. In quell’occasione concluse che il deterioramento delle immagini fosse imputabile alle tensioni provocate dalla colla tra i due dischi di vetro. Mi propose di lasciargli lo specchio per rifigurarne la superficie. Dopo vari tentennamenti e riflessioni, accettai.

L’attesa durò mesi. Sollecitai più volte la conclusione del lavoro e alla fine lo specchio mi fu riconsegnato. Lo feci alluminare e quarzare da Zaot e finalmente lo rimontai sulla cella; eseguii tutti i test del caso ma la resa delle ottiche ancora non mi convinceva. Avevo speso soldi e tempo per niente? Non mi soffermo sulle successive vicende che segnarono (negativamente) il rapporto con l’artigiano in questione, ma il destino dello specchio non fu affatto felice.

Decisi di affidarmi a un altro esperto del settore. Scoprii, in seguito, che il primario, qualche anno prima, era stata una sua creazione! Lui fu ben felice di riaccogliere a braccia aperte e “curare” una sua creatura, così smontai nuovamente lo specchio e glielo spedii.

La sfortuna mi perseguitò. Dopo qualche giorno, l’esperto mi contattò personalmente per informarmi che lo specchio gli era giunto danneggiato, scheggiato e crepato in più punti. Mi inviò via mail delle foto per mostrarmi l’entità del danno. Lo scoramento salì alle stelle. Mi propose una rilavorazione totale del blocco di vetro ma a condizioni economiche che non accettai. Decisi di non volerne più sapere di quel macigno sventurato e mi misi in cerca di un’altra soluzione.

Continua….

L’articolo completo di Emiliano Maramonte è pubblicato su Coelum Astronomia 261 di aprile/maggio 

Jack Astro Miao approda su Coelum

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Coelum Astronomia non è, e mai è voluto essere, un semplice notiziario. La sua missione è vivere l’Astronomia fianco a fianco agli appassionati e professionisti, divertendosi, sperimentando e immaginando. 

Dal numero 261 una nuova rubrica entra nell’indice: si tratta dei racconti di Jack AstroMiao, per i piccoli astronomi di domani che giocano con gli adulti di oggi.

JACK ASTROMiao – AVVENTURE NELLO SPAZIO sinossi

Jack esiste, è vero, è un gattino rimasto solo durante un temporale, mentre mamma gatta stava trasferendo i suoi cuccioli dalla cantina dove erano nati, in un luogo più sicuro. Viene casualmente trovato e adottato da una donna e la sua famiglia. Cresce pensando di essere un bambino più che un gatto quindi partecipa a tutte le attività familiari. Segue la sua mamma umana in tutto quello che fa quando lei è a casa, e cerca di convivere con altre due gatte adulte poco socievoli, già presenti, quando la mamma non c’è.

Quando rimane da solo, Jack va alla cesta dei giochi dove trova un razzo di gomma che diventa suo amico e col quale vivranno molte avventure. Insieme al razzo, Jack passa da una dimensione reale ad una dimensione fantastica, propria dei bambini, in cui animali e oggetti parlano, dialogano, i tempi e le distanze perdono di significato e si annullano.

Jack e Razzo viaggiano nello spazio fra stelle e pianeti, incontrano il Sole e la Luna, ascoltano storie e miti legati alle costellazioni. Si rivolgono alla stella Polare per un problema di furto di stelle, al Sole per comprendere come mai si trova al centro del Sistema solare, alla Luna per capire il funzionamento delle fasi, svelano il mistero delle Stelle cadenti e della macchia rossa di Giove.

Il libro, oltre ad essere una raccolta di favole, è pensato come progetto didattico il cui obiettivo è quello di introdurre i più piccoli, e non solo, a temi scientifici. Queste favole sono dedicate all’astronomia. Concetti ritenuti difficili sono presentati in modo divertente, semplice, alla portata di tutti, ma col rispetto del rigore scientifico benché ripulito da termini incomprensibili.

Jack è il ‘ponte’ tra la realtà e la scienza, la quotidianità e la fantasia.

La prima parte di ogni favola segue le tappe della crescita di Jack e le sue conquiste come gatto; la seconda parte della favola tratta la relazione di Jack con un tema astronomico, per un totale di sette favole interconnesse tra di loro.

Il personaggio di Jack, gattino curioso, è in sintonia con il mondo dei bambini e la loro naturale propensione all’esplorazione di oggetti e luoghi, e alla ricerca di risposte alle domande che si rigenerano, nuove, per ogni risposta ricevuta.

Acquisizione di competenze, stelle e costellazioni, curiosità scientifiche, si muovono fluide nelle favole di Jack per trasmettere a tutti un messaggio positivo di meraviglia e interesse per il cielo sopra di noi, in compagnia di un personaggio al quale non sarà possibile non affezionarsi.

Jack AstroMiao è un’invenzione di Laura Saba – Autrice di fiabe a tema scientifico

I disegni sono di Manola Piselli.

La prima puntata di Jack AstroMiao è su Coelum Astronomia n°261

 

Meeting Planetari – Programma definitivo

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Il prossimo meeting di PLANit avrà luogo dal 14 al 16 Aprile 2023 al Planetario di Ravenna. Vai alla pagina dell’evento.

È il convegno dei planetari italiani che PLANit organizza ogni anno.
Partecipano planetaristi, costruttori di planetari e operatori del settore.

DESCRIZIONE

Dal 1986, i planetari italiani si incontrano nel corso di un meeting che si svolge ogni anno in un luogo, e in un planetario, diverso. Attualmente, il meeting si tiene in un fine settimana del mese di aprile.

Il convegno è l’occasione per incontrarsi, conoscersi, scambiarsi informazioni ed esperienze. È invitato chiunque lavori o collabori con un planetario, ma sono i benvenuti anche gli astrofili, gli insegnanti e tutti coloro che hanno interesse per l’astronomia, la divulgazione e la didattica della scienza.

Di volta in volta il programma del meeting può essere diverso, ma sono sempre presenti gli interventi dei soci riguardo al loro lavoro e delle principali ditte internazionali che realizzano planetari. In occasione del meeting vengono anche annunciati i vincitori dei premi che PLANit ogni anno mette in palio.

SEDE DEL MEETING

Il Planetario di Ravenna si trova all’interno dei Giardini Pubblici della città, immerso nel verde e collocato fra il viale che conduce alla stazione ferroviaria e la Loggetta Lombardesca, a 950 m dal centro storico.

Il planetario è facilmente raggiungibile anche dalla stazione ferroviaria, che dista meno di 10 minuti a piedi. In auto, i parcheggi limitrofi sono: Viale Santi Baldini (€ 1,50/giorno, domenica gratuito), Parcheggio Piazzale delle Blacherne (gratuito), Parcheggio XIII Giugno (gratuito), Parcheggio Serra (gratuito) e Parcheggio Segurini (a pagamento, max. 250 minuti).

Il Planetario di Ravenna è dotato del sistema opto-meccanico ZPK2 della ZEISS, installato sotto una cupola di 8 m di diametro che accoglie fino a 54 spettatori.

Planetario di Ravenna
Viale Santi Baldini 4/A, Ravenna

Planetario di Ravenna - Logo

WORKSHOP

Venerdì 14 aprile è in programma il workshop “Divulgazione scientifica
e gestione del pubblico”, organizzato da PLANit e dedicato all’arricchimento delle competenze divulgative e alla gestione del pubblico in cupola.

Il workshop è composto da due moduli di 2 ore ciascuno:

  • 14:00 – 16:00: Lo smarting up ci salverà dal dumbing down: si può essere chiari parlando di cose incomprensibili?
    relatore: Luca Perri, astrofisico e divulgatore.
  • 16:30 – 18.30: Spontaneità, narrazione creativa, gioco e rapporto con il pubblico.
    relatore: Graziano Garavini, attore e formatore.

La presentazione dettagliata dei contenuti e delle finalità del workshop è riportata nella parte finale del programma del meeting.

Il workshop non è incluso nella quota di iscrizione al meeting e richiede un’iscrizione separata e indipendente. Il costo di partecipazione al workshop di 4 ore è di € 40 per i soci, € 80 per i non-soci.

PRE-MEETING TOUR

Per coloro che non fossero interessati a partecipare al workshop di venerdì 14 aprile, PLANit, in collaborazione con gli amici e colleghi del Planetario di Ravenna, propone un tour della città.

Ravenna è una città di grande interesse turistico che vanta ben 8 monumenti patrimonio dell’umanità. Molte di queste tappe sono anche di interesse astronomico e costituiscono i passaggi di questa visita guidata, che si svolgerà a piedi. Il ritrovo è fissato alle 14:00, presso il Planetario di Ravenna. L’escursione porterà verso la vicina Sant’Apollinare Nuovo, spostandoci poi in Piazza del Popolo e San Vitale, presso il mausoleo di Galla Placidia. Concluderemo la visita tornando al Planetario alle 18:30.

Il costo dell’uscita è di € 20 a partecipante e include i costi di accesso ai musei che saranno visitati durante la visita.

Coelum Astronomia vi Aspetta al meeting! 

News da Marte #14

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Bentornati su Marte!
Riprendiamo il filo delle attività di Ingenuity e Perseverance.

Nel precedente articolo (News da Marte #13) avevamo lasciato il rover impegnato con un’abrasione sulla roccia Berea nell’area battezzata Tenby.

Abrasione superficiale della roccia Berea in uno scatto del 26 marzo. NASA/JPL-Caltech/Piras

Vi avevo anticipato che di lì a poco avremmo probabilmente assistito a un nuovo prelievo di roccia e così è effettivamente avvenuto. Il 30 marzo, Sol 749 di missione, Perseverance ha sfoderato una delle speciali punte nel suo arsenale e ha forato Berea. Questo 19esimo campione, chiamato dai tecnici Melyn, è il primo dell’attuale parte di missione denominata Delta Top. Si tratta del 16esimo campione roccioso, a cui vanno aggiunti i due prelievi di regolite e un campione atmosferico (dovuto al fallimento della tribolata prima operazione di perforazione).

Il team di Perseverance ritiene che Berea si formò da depositi rocciosi trascinati verso valle da un antico fiume. Questo significa che il materiale proverrebbe da aree molto lontane da qui e persino esterne al cratere Jezero, aumentando così il valore scientifico del campione.

Le analisi preliminari, eseguite con il laser della SuperCam e con osservazioni in banda stretta da parte delle MastCam-Z, hanno già rivelato la presenza in questa roccia di carbonati. È noto che sulla Terra questo tipo di formazioni riesce a conservare bene i resti fossili di vita microbica. Ebbene, se in quest’area di Jezero sono presenti le agognate biosignature, è molto probabile che esse si nascondano all’interno di rocce come Berea.
Lo studio di questo campione darà anche ulteriori indizi per decifrare il clima dell’antico Marte dal momento che i minerali carbonati si formano in presenza di acqua. Gli scienziati avranno un nuovo elemento per capire i processi occorsi nel cratere Jezero miliardi di anni fa.

Il prelievo nel dettaglio

Quest’ultima operazione di prelievo è stata documentata nel dettaglio dalle camere del rover, in particolare le HazCam frontali che hanno eseguito uno scatto al minuto durante la mezz’ora di lavoro e che ci consentono di assemblare un breve video.
Fate caso alle lunghe ombre in movimento di un tardo pomeriggio di metà primavera (per coincidenza Terra e Marte stanno attualmente sperimentando la stessa stagione)

Foto dell’operazione di foratura, Sol 749. NASA/JPL-Caltech/Piras

Abbiamo anche numerose foto a operazione conclusa scattate sia con le MastCam-Z che con le NavCam (entrambe ospitate sulla torretta del rover a circa 2 metri di altezza). L’elaborazione delle foto è risultata un po’ difficoltosa a causa dell’illuminazione in forte controluce, dovuta al fatto che Perseverance era rivolto verso ovest perfettamente in direzione del sole calante. Risulta più che evidente il campione di roccia all’interno della punta cava del trapano.

Collage di nove subframe scattati dalla Left NavCam. NASA/JPL-Caltech/Piras
Right MastCam-Z, Sol 749. NASA/JPL-Caltech/Piras
Left MastCam-Z, Sol 749. NASA/JPL-Caltech/Piras
Left MastCam-Z, Sol 749. NASA/JPL-Caltech/Piras
Left MastCam-Z, Sol 749. NASA/JPL-Caltech/Piras

A seguire abbiamo anche la documentazione fotografica della CacheCam, la camera dedicata a osservare la fase finale dell’operazione di raccolta. Questo step consiste nell’inserimento del campione di roccia all’interno della fiala e nella sigillatura di quest’ultima.
Il flusso di operazioni prevede una o più serie di foto della fiala che viene spostata progressivamente in alto dal braccio dedicato (Sample Handling Assembly o SHA). Grazie alla profondità di fuoco molto stretta della CacheCam è possibile ottenere una buona stima di lunghezza e volume del campione. È complicato da spiegare, ma risulterà più chiaro dal video seguente.

 

La fiala del 19esimo campione finalmente sigillata! NASA/JPL-Caltech

Nuove rocce e soliti diavoli
Nei giorni successivi al prelievo di roccia Perseverance esegue due spostamenti rispettivamente di 329 e 131 metri per dirigersi verso ovest.
Dalla nuova posizione il rover viene istruito per eseguire alcune panoramiche della regione. C’è una roccia in particolare che attira la curiosità degli scienziati e a cui vengono dedicate attenzioni aggiuntive.

Roccia fotografata nel Sol 756 (6 aprile) con la MastCam-Z di sinistra. NASA/JPL-Caltech/Piras

Questa roccia presenta quelle che i geologi chiamano diaclasi di esfoliazione. Sono i segni lasciati dall’erosione dovuta agli agenti atmosferici che agiscono rimuovendo strati di roccia paralleli alle superfici, smussando le porzioni prominenti e col tempo arrotondando le rocce. Sono processi ben studiati sulla Terra, noti per agire sia su piccola che su grandissima scala.

Esempio di esfoliazione su lastre di granito della struttura Half Dome, Yosemite National Park. Crediti: Ronnie Macdonald

Nel Sol prima di osservare la particolare roccia Perseverance ha rivisto un fenomeno atmosferico che probabilmente mancava dalle sue osservazioni dallo scorso autunno: i diavoli di polvere. Si tratta di piccoli vortici generati dalle differenze di temperatura nell’atmosfera di Marte che sollevano particelle di polvere nell’aria, raggiungendo altezze di decine di metri.

Avvistamento del diavolo di polvere ripreso dalla NavCam di destra, Sol 755. NASA/JPL-Caltech/Piras

Orientandoci con le caratteristiche fisiche visibili e la mappa possiamo stimare questo piccolo vortice distante 1100/1200 metri in direzione sud-ovest.
All’indomani di questa osservazione Perseverance vede un altro diavolo di polvere, curiosamente nella stessa direzione ma leggermente più vicino, e stavolta riesce a riprenderlo in 3 fotogrammi catturati a distanza di quattro secondi l’uno dall’altro. Li ho messi in loop nel video sottostante.

Le prossime tappe
Dopo aver sigillato la sua 22esima fiala (non vi siete scordati dei tre tubi testimone, vero? Ne ho parlato qui) Perseverance è ripartito verso nuove aree da esplorare. Nel mirino c’è una regione chiamata Castell Henllys dove gli scienziati ambiscono a raccogliere un altro campione. In totale sono 43 le fiale che Perseverance ha portato su Marte, e con metà di esse già utilizzate bisognerà selezionare con rinnovata attenzione gli obiettivi scientifici per massimizzare il valore di ogni opportunità di raccolta. A differenza di quanto fatto nel primo anno e mezzo di missione, ora il rover raccoglierà un solo campione per sito invece di una coppia come garanzia di successo per la Mars Sample Return. Metà di quei campioni gemelli è stata infatti rilasciata tra dicembre e gennaio nel Sample Depot realizzato nella grande piana di Three Forks. L’altra metà invece è ancora custodita dal rover, che verso la fine del decennio dovrebbe auspicabilmente consegnarla personalmente al lander dell’ambiziosa missione di recupero.

49 per Ingenuity
L’elicottero marziano festeggia in questi giorni due anni dal suo rilascio su Marte! Era il 4 aprile 2021 quando Perseverance ultimava le operazioni per deporre Ingenuity, il quale aveva trascorso tutto il viaggio verso il pianeta rosso e i suoi primi Sol di missione ben protetto solo la plancia del rover. Nel video qui di seguito la sequenza della delicata operazione di rilascio durata ben 22 Sol.

Da allora Ingenuity non ha smesso di superare i suoi record, con due di essi ritoccati proprio con il suo più recente spostamento.

Il 2 aprile ha volato per la 49esima volta spostandosi di 282 metri in 143 secondi. Tutto in linea con i suoi voli recenti, ma ha fatto questo alla velocità di 6.5 metri al secondo e alla quota massima di 16 metri (raggiunta alla fine del volo). Sono numeri da record, che infrangono i precedenti di 5.3 m/s e 12 metri di quota.
Poter contare su una velocità di spostamento maggiore permette di eseguire voli più brevi, usurando meno batterie e meccanica, o con maggiori percorrenze. Una quota di volo superiore va invece a vantaggio della ripresa del suolo in quanto all’interno del campo visivo si possono far stare più metri quadrati di superficie e rendere più proficua ogni attività.

Sono solo tre le immagini del volo 49 disponibili, perciò ci sarà ancora da attendere per vederne lo svolgimento nel dettaglio.

Sol 752, immagine a colori del volo 49 ripresa da Ingenuity. NASA/JPL-Caltech
Una delle due immagini disponibili della camera di navigazione durante la sequenza di atterraggio. NASA/JPL-Caltech

Siamo in attesa da alcuni giorni per il volo numero 50, programmato per il 5 aprile ma del quale non è stata rilasciata conferma. Ingenuity dovrebbe spostarsi di 306 metri verso nord-ovest, proseguendo il suo riposizionamento e l’attività di osservazione a vantaggio di Perseverance. Viste le performance evidentemente soddisfacenti dell’altimetro laser, i tecnici intendono osare ancora di più e porteranno Ingenuity a 18 metri dal suolo. Continuiamo ad allontanarci dai 12 metri che, a inizio missione, erano considerati la quota massima di operatività del nostro elicottero. L’altimetro con tecnologia LIDAR, un modello commerciale prodotto dalla Garmin, garantisce un funzionamento sino a 40 metri di distanza. Sin dove potrà spingersi il nostro coraggioso Ingenuity?

La più grande mappa marziana di sempre
Doverosa menzione al progetto basato sulle immagini di CTX, una delle tre camere a bordo del satellite Mars Reconnaissance Orbiter della NASA.

Prima di rimandarvi alla lettura dell’articolo di Coelum Astronomia vi presento tre screenshot relativi alle posizioni di Perseverance, Curiosity e il defunto Insight (che ho marcato con un puntino rosso).

Anche per questo aggiornamento marziano è tutto, alla prossima.

Cassiopea A sotto indagine Webb

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Cassiopeia A (Cas A) is a supernova remnant located about 11,000 light-years from Earth in the constellation Cassiopeia. It spans approximately 10 light-years. This image combines various filters with the colour red assigned to 25.5 microns (F2550W), orange-red to 21 microns (F2100W), orange to 18 microns (F1800W), yellow to 12.8 microns (F1280W), green to 11.3 microns (F1130W), cyan to 10 microns (F1000W), light blue to 7.7 microns (F770W), and blue to 5.6 microns (F560W).[credit NASA]

L’esplosione di una stella è un evento drammatico, ma i resti che la stella lascia dietro di sé possono essere ancora più drammatici. 

Una nuova immagine nel medio infrarosso dal telescopio spaziale James Webb della NASA/ESA/CSA fornisce un esempio straordinario di ciò che intendiamo dire. Mostra il residuo di supernova Cassiopea A (Cas A), creato da un’esplosione stellare di 340 anni fa. L’immagine mostra colori vividi e strutture intricate che richiederanno un ulteriore approfondimento. Cas A è il residuo più giovane conosciuto di una stella massiccia che esplose nella nostra galassia ed offre agli astronomi l’opportunità di eseguire analisi forensi stellari per comprendere meglio il meccanismo di morte di una stella.

Cassiopea A è un residuo di supernova prototipo, ampiamente studiato da numerosi osservatori terrestri e spaziali. Le osservazioni a più lunghezze d’onda possono essere combinate per fornire agli scienziati una comprensione più completa del residuo.

I colori sorprendenti della nuova immagine Cas A, in cui la luce infrarossa viene tradotta in lunghezze d’onda della luce visibile, contengono una tale ricchezza di informazioni scientifiche che i ricercatori solo ora hanno appena iniziando a svelare. All’esterno della bolla, in particolare in alto e a sinistra, giacciono cortine di materiale dall’aspetto arancione e rosso dovute all’emissione di polvere calda. Il confine tra il materiale espulso dalla stella esplosa che poi viene spinto dal gas e dalla polvere circumstellare circostante.

All’interno di questo guscio esterno giacciono filamenti disomogenei di rosa brillante tempestati di ciuffi e nodi composto dal materiale della stella stessa, che risplende grazie alla luce prodotta da un mix di elementi pesanti, come ossigeno, argon e neon, oltre all’emissione di polvere. 

Tra le domande scientifiche a cui Cas A può aiutare a rispondere c’è: da dove viene la polvere cosmica? Le osservazioni hanno scoperto che anche le galassie molto giovani nell’Universo primordiale sono pervase da enormi quantità di polvere. È difficile spiegare le origini di questa polvere senza invocare le supernove, che espellono grandi quantità di elementi pesanti (i mattoni della polvere) nello spazio. 

Tuttavia, le osservazioni esistenti di supernove non sono state in grado di spiegare in modo definitivo la quantità di polvere che vediamo in quelle prime galassie. Studiando Cas A con Webb, gli astronomi sperano di ottenere una migliore comprensione del suo contenuto di polvere, che può aiutare a capire dove vengono creati gli elementi costitutivi dei pianeti e noi stessi.

Le supernove come quella che ha formato Cas A sono cruciali per la vita così come la conosciamo. Diffondono elementi come il calcio che troviamo nelle nostre ossa e il ferro nel nostro sangue attraverso lo spazio interstellare, seminando nuove generazioni di stelle e pianeti.

Il resto di Cas A si estende per circa 10 anni luce e si trova a 11.000 anni luce di distanza da noi nella costellazione di Cassiopea.

CTX Mosaico Globale di Marte

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Il GLOBAL CTC MOSAIC OF MARS consente agli scienziati e al pubblico di esplorare il pianeta. Include anche diversi livelli di dati e offre bottoni per raggiungere velocemente le zone di interesse

Praticamente Google Earth applicato a Marte, un lavoro immenso ma divertente ed intuitivo da usare.

Grazie alle immagini catturate dal Mars Reconnaissance Orbiter MRO e ad un lavoro importante di assemblaggio di 110.000 immagini catturate dalla camera Context Camera in bianco in nero, oggi è disponibile al pubblico un applicativo in browers con cui navigare sulla superficie del pianeta rosso scorgendone subito i dettagli.

Le immagini sono talmente tante che se si volesse esplodere il montaggio in un formato flat con i suoi 5,7 trilioni di pixel coprirebbe un’area pari al Rose Bowl Stadium di Pasadena, in California, ciò rende il GLOBAL CTC MOSAIC OF MARS l’immagine globale a più alta risoluzione di Marte mai creata.

Il servizio del Bruce Murray Laboratory for Planetary Visualization del Caltech, ha impiegato sei anni e decine di migliaia di ore di sviluppo. In parte autocostruito grazie ad un algoritmo, in parte completato a mano, ma alla fine il risultato è ottimale perchè facilissimo da usare per chiunque

“Volevo qualcosa che fosse accessibile a tutti”, ha detto Jay Dickson, lo scienziato che ha guidato il progetto e gestisce il Murray Lab. “Gli scolari e persino mia madre, che ha appena compiuto 78 anni, possono usufruirne raggiungendo l’obiettivo di abbattere le barriere di accesso alle informazioni per favorire l’interesse”

Global CTX Mosaic of Mars schermata home

CTX è tra le tre telecamere a bordo di MRO, che è guidato dal Jet Propulsion Laboratory della NASA nel sud della California. Una di queste fotocamere, la High-Resolution Imaging Science Experiment (HiRISE), fornisce immagini a colori di caratteristiche superficiali fino alle dimensioni di un tavolo da pranzo. Il CTX invece fornisce una visione più ampia del terreno. La sua capacità di catturare vaste distese del paesaggio ha reso CTX particolarmente utile per individuare i crateri da impatto sulla superficie. Una terza telecamera, il Mars Color Imager (MARCI), guidata dallo stesso team che gestisce CTX, produce una mappa globale giornaliera del tempo su Marte con una risoluzione spaziale molto inferiore.

Marte da vicino

Scattando da quando MRO è arrivato su Marte nel 2006, CTX ha documentato quasi tutto il Pianeta Rosso, rendendo le sue immagini una base ottimale per gli scienziati per sviluppare una mappa. Un po’ come cercare un ago in un pagliaio e allo stesso tempo mettere insieme un puzzle, la creazione di mappe richiede il download e il setacciamento di un’ampia selezione di immagini per trovare quelle con le stesse condizioni di illuminazione e cieli sereni.

Per creare il nuovo mosaico, Dickson ha sviluppato un algoritmo per abbinare le immagini in base alle caratteristiche catturate. Ha unito manualmente le restanti 13.000 immagini che l’algoritmo non poteva abbinare. Le lacune rimanenti nel mosaico rappresentano parti di Marte che non erano state riprese dal CTX quando Dickson ha iniziato a lavorare a questo progetto, o aree oscurate da nuvole o polvere.

Laura Kerber, una scienziata marziana del JPL, ha fornito un feedback sul nuovo mosaico mentre prendeva forma. “Ho sognato uno strumento simile per molto tempo”, ha detto Kerber. “Alla fine è un bellissimo prodotto artistico anche utile per la scienza.”

Kerber ha recentemente utilizzato l’applicativo per visitare il suo posto preferito su Marte: Medusae Fossae, una regione polverosa delle dimensioni della Mongolia. Gli scienziati non sono sicuri di come si sia formato; Kerber ha proposto che potrebbe essere un mucchio di cenere di un vulcano vicino. Con un clic di un pulsante sul mosaico CTX , può ingrandire e ammirare antichi canali fluviali, ora prosciugati, che si snodano attraverso il paesaggio lì.

Gli utenti possono anche saltare in regioni come Gale Crater e Jezero Crater – aree esplorate dai rover Curiosity e Perseverance della NASA – o visitare Olympus Mons, il vulcano più alto del sistema solare, aggiungendo dati topografici dalla missione Mars Global Surveyor della NASA . Una delle caratteristiche più interessanti del mosaico è che evidenzia i crateri da impatto in tutto il pianeta, consentendo agli spettatori di vedere quanto sia sfregiato Marte.

“Per 17 anni, MRO ci ha rivelato Marte come nessuno l’aveva mai visto prima”, ha detto lo scienziato del progetto della missione, Rich Zurek del JPL. “Questo mosaico è un modo nuovo e meraviglioso per condividere alcune delle immagini che abbiamo raccolto.”

Il mosaico è stato finanziato come parte del programma Planetary Data Archiving, Restoration and Tools (PDART) della NASA, destinato a sviluppare nuovi modi per fruire i dati NASA esistenti.

Prova subito GLOBAL CTX MOSAIC OF MARS

Stasera la Luna Piena ecco cosa vedere

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Luna Piena poco prima dell’alba ma nella serata non mancherà lo spettacolo.

Al culmine della fase crescente alle ore 06:35 del 6 Aprile la Luna sarà in Plenilunio alla distanza di 390135 km dalla Terra, con un diametro apparente di 30,63’ ma ad un’altezza di soli +3°23’ avviandosi verso il tramonto previsto per le ore 06:57 contestualmente al sorgere del Sole. Per eventuali osservazioni della Luna Piena basterà attendere la medesima serata del 6 Aprile quando sorgerà alle ore 20:10 rendendosi visibile fino alle prime luci dell’alba. Ripresa contestualmente la fase calante, il nostro satellite sposterà sempre più la propria finestra osservativa dalle comode ore tardo pomeridiane e serali fino alle più lontane ore della notte passando dalla fase di Ultimo Quarto previsto per le ore 11:11 del 13 Aprile.

Nel frattempo ci stiamo dirigendo verso la massima ELONGAZIONE EST di Mercurio che culminerà il giorno 11 aprile, ma anche questa sera, 6 aprile, sarà possibile scorgerlo dopo il tramonto del Sole.

Ma tornando alla Luna, ecco alcuni suggerimenti su cosa osservare nello specifico.

Librazioni di Aprile

(In ordine di calendario, per i dettagli vedere le rispettive immagini).

Si precisa che, per ovvi motivi, non vengono indicati i giorni in cui i punti di massima Librazione si discostano dalla superficie lunare illuminata dal Sole.

Librazioni Regione Sudovest-Nordovest:

Librazioni Regione Sudovest-Nordovest:
  • 06 Aprile. Fase calante 16,03 giorni – Librazione nord mare Orientale

Nei prossimi giorni:

  • 07 Aprile. Fase crescente 17,08 giorni – Librazione ovest cratere Kepler
  • 08 Aprile. Fase calante 18,13 giorni – Librazione ovest Aristarchus Plateau
  • 09 Aprile. Fase calante 19,18 giorni – Librazione ovest Sinus Iridum
  • 10 Aprile. Fase calante 19,20 giorni – Librazione ovest Sinus Iridum
  • 11 Aprile. Fase calante 20,23 giorni – Librazione ovest cratere Babbage

Per scoprire cosa sono le librazioni Clicca QUI

Note:

Immagini “Librazioni “: Su immagini tratte dal globo di “Virtual Moon Atlas”.

–  Dati e visibilità delle strutture lunari: Software “Stellarium” e “Virtual Moon Atlas”.

–  Ogni fenomeno lunare e rispettivi orari sono rapportati alla Città di Roma, dati rilevati tramite software “Stellarium” e dal sito http://www.marcomenichelli.it/luna.asp


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Due BUCHI NERI supermassicci in rotta di collisione

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Il concetto di questo artista mostra il bagliore brillante di due quasar che risiedono nei nuclei di due galassie che sono nel caotico processo di fusione. Il tiro alla fune gravitazionale tra le due galassie innesca una tempesta di nascita stellare. I quasar sono brillanti fari di luce intensa provenienti dai centri di galassie lontane. Sono alimentati da buchi neri supermassicci che si nutrono voracemente di materia in caduta. Questa frenesia alimentare scatena un torrente di radiazioni che può eclissare la luce collettiva di miliardi di stelle nella galassia ospite. In poche decine di milioni di anni, i buchi neri e le loro galassie si fonderanno, così come la coppia di quasar, formando un buco nero ancora più massiccio. Crediti: NASA, ESA, Joseph Olmsted (STScI).

Affascinante l’immagine artistica che vuole rappresentare due Quasar generati da due buchi neri talmente tanto vicini da impatto inevitabile.

Ma vediamo in dettaglio la scoperta.

Utilizzando una suite di telescopi spaziali e terrestri , tra cui due osservatori Maunakea alle Hawaii, il WM Keck Observatory e il Gemini North, i ricercatori hanno scoperto la coppia di buchi neri incorporati in due galassie che si sono fuse quando l’Universo aveva appena 3 miliardi di anni.

Lo studio, condotto dall’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign, è pubblicato nel numero di oggi della rivista Nature.

Trovare un tale sistema è difficile a causa dell’enorme distanza che limita la capacità di distinguere individualmente due buchi neri così vicini tra loro. Ma in questa particolare combinazione, chiamato J0749+2255, entrambi i buchi neri sono in preda a una frenesia alimentare, divorando gas e polvere che si sono riscaldati a temperature così elevate che il duo ha prodotto un enorme spettacolo pirotecnico. Questa attività è chiamata quasar, un fenomeno che si verifica quando i buchi neri emettono un’enorme quantità di luce attraverso lo spettro elettromagnetico mentre festeggiano.

J0749+2255 è molto insolito perché il sistema non ha uno, ma due quasar che sono attivi contemporaneamente e sono abbastanza vicini da fondersi.

“Non vediamo molti doppi quasar in un’epoca così primordiale nell’Universo ed è  eccitante”, ha detto lo studente laureato Yu-Ching Chen dell’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign, autore principale dello studio.

L’osservatorio spaziale Gaia dell’ESA (Agenzia spaziale europea) ha rilevato per primo il doppio quasar irrisolto, catturando immagini che indicano due fari di luce strettamente allineati nel giovane Universo. Chen e il suo team hanno quindi utilizzato il telescopio spaziale Hubble della NASA per verificare che i punti di luce provenissero effettivamente da una coppia di buchi neri supermassicci .

Il telescopio spaziale Hubble ha recentemente scattato queste immagini di due diverse coppie di doppi quasar nell’universo distante. All’interno di ciascuna coppia, i quasar distano solo 10.000 anni luce. Alla fine si uniranno a spirale e creeranno un unico buco nero supermassiccio. NASA, ESA, Hsiang-Chih Hwang (JHU), Nadia Zakamska (JHU), Yue Shen (UIUC)

Alle prime osservazioni sono seguite altre a più lunghezze d’onda; utilizzando la seconda generazione di Keck Observatory Near-Infrared Camera (NIRC2) abbinata al suo sistema di ottica adattiva, così come Gemini North, l’Osservatorio a raggi X Chandra della NASA e la rete di radiotelescopi Very Large Array nel New Mexico, i ricercatori hanno escluso che il doppio quasar fosse il frutto di un’illusione ottica prodotta dalla lente gravitazionale.

Poiché i telescopi scrutano nel lontano passato, questo doppio quasar probabilmente non esiste più. Negli ultimi 10 miliardi di anni, le loro galassie ospiti si saranno probabilmente fuse in una gigantesca galassia ellittica, come quelle viste oggi nell’Universo locale mentre dei buchi neri non ci sarà più traccia, forse inghiottiti in un enorme buco nero ancora supermassiccio.

Così potrebbe essere accaduto alla vicina galassia ellittica gigante, M87, che ha un mostruoso buco nero che pesa 6,5 ​​miliardi di volte la massa del nostro Sole. Forse questo buco nero è cresciuto da una o più fusioni di galassie negli ultimi miliardi di anni.

Ci sono prove crescenti che le grandi galassie si formano attraverso fusioni. Sistemi più piccoli si uniscono per formare sistemi più grandi e strutture sempre più estese. Un processo che dovrebbe favorire la fusione dei rispettivi buchi neri.

“Conoscere la popolazione progenitrice dei buchi neri alla fine ci parlerà dell’emergere di buchi neri supermassicci nell’universo primordiale e di quanto frequenti potrebbero essere queste fusioni”, ha detto Chen.

“Stiamo iniziando a scoprire la punta dell’iceberg della prima popolazione binaria di quasar”, ha detto il coautore Xin Liu dell’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign. “Questa è l’unicità di questo studio. Ora sappiamo che questa popolazione esiste, ed abbiamo sperimentato un metodo per identificare i doppi quasar che sono separati da dimensioni inferiori a quelle di una singola galassia”.

Fonte: NATURE

Arco di luce rosso sangue nel cielo scandinavo

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Un primo piano della luce rossa che attraversa il cielo notturno. (Credito immagine: Ruslan Merzlyakov)

Un fiume di nebbiosa luce rossa si è allungato nel cielo notturno sopra la Danimarca dopo che la più potente tempesta solare degli ultimi sei anni si è abbattuta sul nostro pianeta. Il raro fenomeno però non è un’aurora.

Una striscia di luce rossa brillante è apparsa nel cielo sopra la Scandinavia la scorsa settimana dopo che una tempesta solare a sorpresa si è abbattuta sulla Terra e ha innescato aurore mozzafiato in tutto il pianeta. Ma la fascia rosso vivo non era un’aurora: era qualcosa di molto più raro. 

La striscia, che appariva come un fiume di luce rossa nebbiosa che si estendeva per tutto il cielo notturno, è stata ben visibile sopra la Danimarca. L’astrofotografo Ruslan Merzlyakov ha catturato uno scatto spettacolare dell’insolito spettacolo di luci del 23 marzo sopra Møns Klint, una serie di scogliere calcaree sull’isola danese di Møn nel Mar Baltico. 

L’insolito fenomeno è noto come stable auroral red arc (arco rosso aurorale stabile SAR), tuttavia nonostante il nome, non si tratta di un’aurora, quanto invece di un fenomeno prodotto dalla luce che viene emessa dalle molecole di ossigeno nell’atmosfera superiore surriscaldate dalla corrente dell’anello terrestre, un enorme anello carico che circonda il nostro pianeta.

Il SAR ha coinciso con la più potente tempesta geomagnetica che ha colpito la Terra negli ultimi sei anni, innescata da un’espulsione di massa coronale a sorpresa – una massa gigantesca e in rapido movimento di plasma e campo magnetico rilasciata dal sole – che è stata espulsa da un enorme buco nel Sole.

Durante le aurore, le particelle altamente energetiche delle tempeste solari e del vento solare aggirano il campo magnetico terrestre , o magnetosfera, ed eccitano le molecole di gas nell’alta atmosfera. Questo crea luci vorticose e multicolori che fluiscono e rifluiscono nel tempo. I vari colori della luce provengono da diversi atomi, che emettono colori specifici quando sono eccitati.

Durante i SAR, l’energia del sistema di corrente ad anello, che circonda la magnetosfera, riscalda il gas nell’atmosfera superiore e lo fa risplendere come un’aurora. Per ragioni sconosciute, solo l’ossigeno viene riscaldato durante un SAR, il che significa che questi fenomeni emettono sempre la stessa identica tonalità di rosso.

I SAR in realtà si verificano abbastanza frequentemente, ma sono normalmente invisibili agli esseri umani perché sono troppo deboli e i nostri occhi sono scarsamente in sintonia con la lunghezza d’onda della luce rossa emessa dai SAR. Enormi strisce come quella sopra la Danimarca diventano visibili solo quando forti tempeste solari indeboliscono la magnetosfera, il che consente a più calore del sistema di correnti ad anello di entrare nell’atmosfera superiore.

Il SAR sulla Danimarca non è stato l’unico insolito spettacolo di luci osservato durante la recente tempesta solare. Il fenomeno simile all’aurora STEVE, un grande nastro di luce colorata che rimane sospeso nel cielo per un massimo di un’ora, è stato avvistato anche negli Stati Uniti e in parti del Regno Unito.

Fonte spaceweather.com

Possibile soluzione al paradosso di Hawking

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Un'illustrazione di un buco nero circondato da materia agitata. Una nuova ricerca suggerisce che le informazioni sulla creazione del buco nero potrebbero essere trovate come radiazioni in questa regione. (CC0 Public Domain)
Il famoso paradosso del buco nero di Stephen Hawking potrebbe finalmente avere una soluzione

così titolano oggi alcune ricerche internazionali pubblicate da poche ore per i quali sembra che la “radiazione di Hawking” emessa dai buchi neri potrebbe essere in grado di trasportare informazioni nascoste nelle strutture note come “capelli quantici“.

Il paradosso sostiene infatti che essendo la radiazione emessa dai buchi neri termica essa non è in grado di conservare le informazioni sull’origine degli oggetti e su quali stelle l’hanno generato in contrapposizione con le leggi della meccanica quantistica che affermano che l’informazione non può essere distrutta e che lo stato finale di un oggetto può rivelare indizi sul suo stato iniziale.

Oggi invece il ricercatore Xavier Calmet, professore di fisica all’Università del Sussex  studio, suggerisce una modifica alla radiazione di Hawking che la renda “non termica” e quindi in grado di portare con sé informazioni lontano dal destino finale del buco nero.

I buchi neri sono oggetti così massicci che nulla può sfuggire all’attrazione della loro gravità, nemmeno la luce. Si formano quando enormi stelle esauriscono il carburante e collassano su se stesse.

Nella fisica classica, i buchi neri sono “oggetti molto semplici”, ha detto Calmet. “Così semplici che possono essere caratterizzati da tre numeri: la loro massa, il momento angolare e la carica elettrica”.

Il famoso fisico John Wheeler descrisse questa mancanza di caratteristiche distintive dicendo” i buchi neri non hanno capelli (si apre in una nuova scheda).” Ma, ha spiegato Calmet, mentre il buco nero finale è molto semplice, la stella originale che lo ha generato è un oggetto astrofisico complesso, costituito da un complicato amalgama di protoni, elettroni e neutroni che si uniscono per formare gli elementi che costruiscono il composizione chimica di quella stella.

Mentre i buchi neri non portano “memoria” delle stelle che erano una volta, le regole della fisica quantistica dicono che le informazioni non possono essere semplicemente cancellate dall’universo . Nel 1976, Hawking introdusse una mosca in questo unguento cosmico, mostrando che questa informazione non poteva risiedere indefinitamente all’interno di buchi neri sigillati dall’universo esterno. Applicando le regole della meccanica quantistica ai buchi neri, Hawking suggerì che emettessero un tipo di radiazione termica, in seguito chiamata radiazione di Hawking. Per immensi periodi di tempo, la fuoriuscita di questa radiazione fa evaporare completamente i buchi neri, lasciando dietro di sé solo un vuoto. In questo modo, le informazioni vengono irrimediabilmente perse.

“Questo tuttavia non è consentito dalla fisica quantistica, che ipotizza che il film della ‘vita’ di questo buco nero possa essere riavvolto”, ha detto Calmet. “A partire dalla radiazione dovremmo essere in grado di ricostruire il buco nero originale e poi alla fine la stella”.

Alla ricerca dei “capelli” del buco nero

Insieme al suo collega Steve Hsu, professore di fisica teorica alla Michigan State University, Calmet lavora dal 2021 per risolvere il paradosso di Hawking. In uno studio precedente, pubblicato nel marzo 2022, il team ha sostenuto che i buchi neri hanno effettivamente “peli quantici, (si apre in una nuova scheda)” sotto forma di un’impronta quantistica unica nei campi gravitazionali che li circondano

Nella loro nuova ricerca, il team ha rivalutato i calcoli di Hawking del 1976, ma questa volta ha tenuto conto degli effetti della ” gravità quantistica ” – la descrizione della gravità secondo i principi della meccanica quantistica – qualcosa che Hawking non aveva fatto.

“Sebbene queste correzioni gravitazionali quantistiche siano minuscole, sono cruciali per l’evaporazione dei buchi neri”, ha detto Calmet. “Siamo stati in grado di dimostrare che questi effetti modificano la radiazione di Hawking in modo tale che questa radiazione diventi non termica. In altre parole, tenendo conto della gravità quantistica, la radiazione può contenere informazioni”.

Mentre i capelli quantici suggeriti nel precedente lavoro di Calmet e Hsu erano un concetto matematico astratto, il team ha ora identificato l’esatto fenomeno fisico attraverso il quale le informazioni sfuggono al buco nero attraverso la radiazione di Hawking e come potrebbero essere recuperate da un osservatore esterno .(si apre in una nuova scheda). Questo al momento non è possibile, in quanto richiederebbe uno strumento sufficientemente sensibile per misurare la radiazione di Hawking, che attualmente è puramente teorica.

Attualmente non esiste un vero modo per gli astrofisici di misurare l’effetto proposto dai ricercatori, poiché è minuscolo, ha riconosciuto Calmet. Invece, suggerisce che un modo per far progredire questa teoria sarebbe studiare simulazioni di buchi neri nei laboratori sulla Terra. La modellazione matematica del team della radiazione di Hawking e dei buchi neri potrebbe rivelarsi preziosa in queste simulazioni.

Lo studio è stato pubblicato il 6 marzo sulla rivista Physics Letters B.

Gli astronauti per la prossima missione “in orbita” intorno alla Luna

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PHOTO DATE: March 29, 2023. LOCATION: Bldg. 8, Room 183 - Photo Studio. SUBJECT: Official crew portrait for Artemis II, from left: NASA Astronauts Christina Koch, Victor Glover, Reid Wiseman, Canadian Space Agency Astronaut Jeremy Hansen. PHOTOGRAPHER: Josh Valcarcel

Lo diciamo subito, non sono i primi astronauti a tornare sulla Luna, e non sembra ma è un grand risultato anche questo, è da un pò che non succede.

L’equipaggio preparerà la strada per ArtemisIII la missione destinata all’allunaggio.

A seguire il comunicato ufficiale di NASA e CSA.

La NASA e la Canadian Space Agency (CSA) hanno annunciato i quattro astronauti che si avventureranno intorno alla Luna su Artemis II, la prima missione con equipaggio con obiettivo stabilire una presenza a lungo termine sulla Luna per la scienza e l’esplorazione attraverso Artemis. 

“L’equipaggio di Artemis II rappresenta migliaia di persone che lavorano instancabilmente per portarci alle stelle”, ha dichiarato l’amministratore della NASA Bill Nelson. “Gli astronauti della NASA Reid Wiseman, Victor Glover e Christina Hammock Koch, e l’astronauta del CSA Jeremy Hansen, ognuno ha la propria storia, ma, insieme, rappresentano il nostro credo: E pluribus unum – tra tanti, uno. Insieme, stiamo inaugurando una nuova era di esplorazione per una nuova generazione di velisti stellari e sognatori: la Generazione Artemis”. 

Gli incarichi dell’equipaggio sono i seguenti: comandante Reid Wiseman , pilota Victor Glover , specialista di missione 1 Christina Hammock Koch e specialista di missione 2 Jeremy Hansen . Lavoreranno come una squadra per eseguire una serie ambiziosa di test durante il volo.

Date: 03-29-2023
Location: Bldg 5, Orion Mockup
Subject: Artemis II Crew Announcement products and still images of crew in Building 5s Orion Simulator.
Photographer: James Blair

Il test di volo Artemis II della durata di circa 10 giorni verrà lanciato sul razzo Space Launch System dell’agenzia, testerà i sistemi di supporto vitale della navicella Orion e convaliderà le capacità e le tecniche necessarie agli esseri umani per vivere e lavorare nello spazio profondo.  

“Stiamo tornando sulla Luna e il Canada è al centro di questo entusiasmante viaggio”, ha dichiarato l’onorevole François-Philippe Champagne, ministro responsabile dell’Agenzia spaziale canadese. “Grazie alla nostra collaborazione di lunga data con la NASA, un astronauta canadese volerà in questa storica missione. A nome di tutti i canadesi, voglio congratularmi con Jeremy per essere stato in prima linea in uno degli sforzi umani più ambiziosi mai intrapresi. La partecipazione del Canada al programma Artemis non è solo un capitolo determinante della nostra storia nello spazio, ma anche una testimonianza dell’amicizia e della stretta collaborazione tra le nostre due nazioni”.  

Il volo, che si basa sul successo della missione Artemis I senza equipaggio completata a dicembre, porrà le basi per la prima donna e la prima persona di colore sulla Luna attraverso il programma Artemis, aprendo la strada al futuro per missioni di esplorazione umana a lungo termine. sulla Luna e infine su Marte. Questo è l’approccio di esplorazione Moon to Mars dell’agenzia.

“Per la prima volta in più di 50 anni, questi individui – l’equipaggio di Artemis II – saranno i primi esseri umani a volare nelle vicinanze della Luna. Tra l’equipaggio ci sono la prima donna, la prima persona di colore e il primo canadese in missione lunare, e tutti e quattro gli astronauti rappresenteranno il meglio dell’umanità mentre esplorano a beneficio di tutti”, ha dichiarato la direttrice Vanessa Wyche, NASA Johnson. “Questa missione apre la strada all’espansione dell’esplorazione umana dello spazio profondo e presenta nuove opportunità per scoperte scientifiche, partnership commerciali, industriali e accademiche e per la generazione Artemis”. 

Incontra gli astronauti di Artemis II 

Questo sarà il secondo viaggio nello spazio di Wiseman, che ha prestato servizio in precedenza come ingegnere di volo a bordo della Stazione Internazionale per Expedition 41 da maggio a novembre 2014. Wiseman ha registrato più di 165 giorni nello spazio, di cui quasi 13 ore come guida spaziale durante due viaggi al di fuori del complesso orbitale. Prima del suo incarico, Wiseman è stato capo dell’ufficio astronauti da dicembre 2020 a novembre 2022.

La missione sarà il secondo volo spaziale di Glover, in precedenza come pilota sulla SpaceX Crew-1 della NASA, che è atterrata il 2 maggio 2021, dopo 168 giorni nello spazio. In qualità di ingegnere di volo a bordo della stazione spaziale per Expedition 64, ha contribuito a indagini scientifiche, dimostrazioni tecnologiche e ha partecipato a quattro passeggiate spaziali.

Koch effettuerà anche il suo secondo volo nello spazio con la missione Artemis II. Ha servito come ingegnere di volo a bordo della stazione spaziale per Expedition 59, 60 e 61. Koch ha stabilito un record per il volo spaziale singolo più lungo di una donna con un totale di 328 giorni nello spazio e ha partecipato alle prime passeggiate spaziali di sole donne.

In rappresentanza del Canada, Hansen sta effettuando il suo primo volo nello spazio. Colonnello delle forze armate canadesi ed ex pilota di caccia, Hansen ha conseguito una laurea in scienze spaziali presso il Royal Military College of Canada a Kingston, Ontario, e un master in fisica presso la stessa istituzione nel 2000, con un focus sulla ricerca sul monitoraggio satellitare con ampio campo visivo. È stato una delle due reclute selezionate dalla CSA nel maggio 2009 attraverso la terza Canadian Astronaut Recruitment Campaign e ha servito come Capcom nel Mission Control Center della NASA a Johnson e, nel 2017, è diventato il primo canadese a cui è stato affidato il compito di guidare una classe di astronauti della NASA, guidando la formazione di candidati astronauti provenienti da Stati Uniti e Canada.

Attraverso  le missioni Artemis , la NASA utilizzerà tecnologie innovative per esplorare più superficie lunare che mai. Collaboreremo con partner commerciali e internazionali e stabiliremo la prima presenza a lungo termine sulla Luna. Quindi, utilizzeremo ciò che apprendiamo sulla Luna e intorno alla Luna per fare il prossimo balzo da gigante: inviare i primi astronauti su Marte. 

La NASA ha messo a disposizione un sito con tutte le informazioni sui membri dell’equipaggio https://www.nasa.gov/specials/artemis-ii/

Il Cielo di Aprile 2023

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Ci siamo! La stagione calda è alle porte e via con le osservazioni!

Mappa del cielo alle ore (TMEC): 1 Apr > 23:00; 15 Apr > 22:00; 30 Apr > 21:00

Le costellazioni da seguire e in cui perdersi alla caccia degli oggetti del profondo cielo saranno la Vergine e I Cani da Caccia

Per approfondire Le Costellazioni di Aprile 2023 a cura di Teresa Molinaro

I principali eventi di Aprile 2023

Data Orario Oggetto/i Evento
02/04/2023 08:59:56 Luna-Regolo Congiunzione
06/04/2023 05:34:30 Luna Piena
06/04/2023 18:21:03 Luna-Spica Congiunzione
07/04/2023 14:51:20 Luna Nodo
10/04/2023 07:25:53 Luna-Antares Congiunzione
10/04/2023 22:21:19 Venere-Pleiadi Congiunzione
11/04/2023 21:50:05 Giove-Sole Congiunzione
11/04/2023 23:03:12 Mercurio Massima Elongazione Est
13/04/2023 10:11:23 Luna Ultimo Quarto
16/04/2023 03:22:25 Luna Perigeo
16/04/2023 04:48:15 Luna-Sa Congiunzione
17/04/2023 16:53:51 Venere Perielio
17/04/2023 18:22:28 Luna-Ne Congiunzione
19/04/2023 18:29:51 Luna-Giove Congiunzione
20/04/2023 05:12:26 Luna Nuova
20/04/2023 12:31:54 Luna Nodo
21/04/2023 08:04:54 Luna-Mercurio Congiunzione
21/04/2023 09:35:43 Mercurio Stazionario Moto Retrograto
21/04/2023 13:59:41 Luna-Urano Congiunzione
22/04/2023 10:50:50 Luna-Pleiadi Congiunzione
23/04/2023 04:50:18 Massimo Liridi
23/04/2023 14:03:53 Luna-Venere Congiunzione
26/04/2023 03:18:44 Luna-Mar Congiunzione
26/04/2023 19:05:02 Luna-Polluce Congiunzione
27/04/2023 20:40:24 Luna-Presepe Congiunzione
27/04/2023 22:19:48 Luna Primo Quarto
28/04/2023 07:43:20 Luna Apogeo
29/04/2023 16:59:10 Luna-Regolo Congiunzione

Tutte le effemeridi del mese di Aprile 2023 sono disponibili in file csv

Clicca sul banner per scaricare

Clicca sul banner per accedere alle Effemeridi Febbraio 2023!

Mercurio

01/04 Sorge: h 06:24 Tramonta: h 19:53

30/04 Sorge: h 05:11 Tramonta: h 19:19

Mercurio è sempre ostico all’osservazione a causa delle sua vicinanza al Sole, tuttavia se proprio vogliamo metterci in caccia il periodo migliore è sempre quello che coincide con le massime elongazioni. Cioè i giorni del periodo di rivoluzione del pianeta intorno alla stella in cui esso arriva alla massima distanza. Per aprile la massima elongazione Est sarà il giorno 11 quando il pianeta tarderà a tramontare rispetto al Sole di circa 1h e 40 minuti. Come sempre tempi minimi perciò massima preparazione. Il 21 Mercurio apparirà stazionario in moto retrogrado

 

Venere

01/04 Sorge: h 07:23 Tramonta: h 21:49

30/04 Sorge: h 07:17 Tramonta: h 22:48

Niente da fare per Venere all’alba, per tutto il mese sorgerà a sole già molto alto rendendone impossibile l’osservazione a tutto vantaggio però di una finestra molto più ampia al tramonto. Nei primi giorni del mese infatti ritarderà il suo tramontare di ben 3 ore, non sono moltissime ma dopo le ore 21 Venere apparirà ancora molto splendente nelle serate primaverili. Da segnalare il giorno 10 una bella congiunzione con le Pleiadi. Il giorno 17 Venere sarà al perielio

Marte

01/04 Sorge: h 10:02 Tramonta: h 01:33

30/04 Sorge: h 09:23 Tramonta: h 00:37

Marte continua ad essere ben alto sopra alle nostre teste per tutto l’arco della giornata. Sorgendo però con qualche ora di ritardo ci concederà al tramonto qualche ora di osservazione in più tutte nella prima parte della notte. In aprile sarà il pianeta rosso a dominare la costellazione dei Gemelli. Il giorno 26 molto molto basso sull’orizzonte una lieve falce di Luna apparirà proprio vicino al pianeta. Condizioni di osservazione piuttosto difficili.

 

Giove

01/04 Sorge: h 06:18 Tramonta: h 19:10

30/04 Sorge: h 04:41 Tramonta: h 17:52

Giove oramai sempre più prossimo al Sole non ci offrirà spettacoli unici come il “bacio” consumato con Venere sul finire del mese di Marzo, tuttavia sarà protagonista di alcuni passaggi interessanti. Il giorno 11 infatti, terminando il suo viaggio di avvicinamento al sole sarà in congiunzione con la stella. Il massimo ci sarà a notte iniziata quindi con entrambi gli astri al di sotto dell’orizzonte ma durante la giornata saranno separati da solo un grado. Nei giorni successivi e precedenti tuttavia la situazione muterà di poco e le distanze non aumenteranno considerevolmente. Il giorno 19, sul tramontare il pianeta di avvicinerà ad un’invisibile Luna Nuova, il Sole però non sarà ancora tramontato.

Saturno

01/04 Sorge: h 04:33 Tramonta: h 15:13

30/04 Sorge: h 02:46 Tramonta: h 13:52

Per fortuna le temperature stanno migliorando ed anche se non ancora in periodo di ferie tali da poter optare per una “notte in bianco” per i più nottambuli sarà possibile scorgere un Saturno nelle tarde ore della notte, inizialmente poco prima dell’alba ma già verso la fine del mese intorno alle 03:00 quando lo vedremo salire ad Est. La mattina del 16, intorno alle 05:00 con il Sole non ancora sorto sarà Il pianeta dai grandi anelli si avvicinerà ad una lieve falce di Luna Calante, con poco più di 4° di distanza.

Urano

01/04 Sorge: h 07:25 Tramonta: h 21:34

30/04 Sorge: h 05:36 Tramonta: h 19:48

Urano già difficile da riprendere per la sua lontananza dal nostro pianeta, se nei primi giorni del mese ci lascia ancora qualche spiraglio di visibilità entro la fine di Aprile completerà il suo ciclo di sorgere e tramontare praticamente in contemporanea con il Sole rendendo vano ogni tentativo di ripresa. Il 21 del mese, tuttavia, poco dopo il tramonto fino alle 21:00 circa assisteremo ad una bella triangolazione fra Mercurio, Urano e una lievissima falce di Luna Crescente.

Nettuno

01/04 Sorge: h 05:26 Tramonta: h 17:10

30/04 Sorge: h 03:34 Tramonta: h 15:21

Nettuno sorge prima e tramonta prima del Sole, nel mese di Aprile anticiperà di ben due ore il suo sorgere anche se il distacco dalla stella sarà minimo continuando anche quest’ultima ad anticare velocemente il momento dell’apparizione sull’orizzonte. Il giorno 17 per circa un’ora prima di scomparire nella luce diurna il pianeta sarà vicino ad una gentile falce di Luna Calante. Se solo Nettuno fosse più vicino…

LUNA

Il nostro satellite sempre ricco di dettagli!

Questo mese inizia col nostro satellite in un crescendo di serate estremamente favorevoli per l’osservazione lunare, trovandosi infatti alle ore 00:00 della prima notte di Aprile in fase di 10 giorni ad un’altezza di +53° e visibile fin verso l’alba quando poco dopo le ore 05:00 scenderà sotto l’orizzonte. E’ opportuno segnalare che nel caso specifico il punto di massima librazione verrà a trovarsi proprio in corrispondenza della Regione Polare meridionale, con la concreta possibilità di individuare con relativa facilità (seeing e meteo permettendo) strutture geologiche situate oltre il confine fra i due emisferi lunari in prossimità del Polo Sud, un target a cui non si può rinunciare tanto facilmente.

Al culmine della fase crescente alle ore 06:35 del 6 Aprile la Luna sarà in Plenilunio

Gli approfondimenti sull’osservazione e i fenomeni celesti legati al nostro satellite per il mese di Aprile 2023, continua nell’articolo di Francesco Badalotti.

Non perderti l’articolo: Luna di Aprile 2023

COMETE

 

CIAO C/2022 E3 ZTF, BENVENUTA C/2023 A3 TSUCHINSHAN-ATLAS

Per approfondire: le comete di Aprile 2023 a cura di Claudio Pra

ASTEROIDI

Per Marzo di aspetta in opposizione (1) Ceres il  primo degli asteoidi
Trovi tutto qui: Mondi in miniatura – Asteroidi, Aprile 2023 a cura di Marco Iozzi

TRANSITI NOTEVOLI ISS

La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il primo mese della Primavera, auspicando come sempre in cieli sereni.

Non perdere la rubrica Transiti notevoli ISS per il mese di Aprile 2023 a cura di Giuseppe Petricca

SUPERNOVAE – AGGIORNAMENTI

Leggi tutti gli aggiornamenti sulle ultime Supernovae scoperte nell’articolo a cura di Fabio Briganti e Riccardo Mancini

Cieli sereni a tutti!


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Transiti ISS notevoli per il mese di Aprile 2023

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La ISSStazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli in orari serali e mattutini (nell’ultima settimana). Avremo cinque transiti notevoli con magnitudini elevate durante il mese, auspicando come sempre in cieli sereni.

 

02 Aprile

Si inizierà il giorno 2Aprile, dalle 20:32alle 20:40, osservando da ONO a SE. La ISS sarà ben visibile da tutta Italia, in particolare dalle isole maggiori, con una magnitudine massima che si attesterà su un valore di -3.5. Sperando come sempre in cieli sereni per il miglior transito serale del mese.

25 Aprile

Saltando direttamente a fine mese, il25Aprile, dalle 05:10 verso SO alle 05:18 verso ENE. Visibilità migliore dal Centro Sud Italia per questa occasione, con magnitudine di picco a -3.7.

26 Aprile

Il giorno dopo, 26 Aprile, dalle 04:23 in direzione SSE alle 04:29 in direzione ENE. Osservabile al meglio dal Sud Italia, il transito avrà una magnitudine di -3.2.

27 Aprile

Il penultimo transito si avrà il giorno 27 Aprile, dalle 05:09 da O alle 05:17 a NE, con magnitudine massima a -3.3. Visibilità ottimale dal Centro Nord Italia, meteo permettendo.

28 Aprile

L’ultimo transito del mese sarà meglio apprezzabile da tutto il paese, il 28 Aprile. Dalle 04:22 alle 04:28, da O a NE. Magnitudine di picco a -3.8.Transito parziale, con la ISS che avrà la massima luminosità appena uscita dall’ombra della Terra.

 

N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.


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SUPERNOVAE: aggiornamenti Aprile 2023

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RUBRICA SUPERNOVAE COELUM   N. 109

Finalmente una Supernova in una Messier!

L’aspettavamo da quasi tre anni, l’ultima era stata infatti la SN2020nlb scoperta il 25 giugno 2020 nella galassia M85. Stiamo parlando di una supernova esplosa in una galassia del catalogo di Messier. Queste supernovae sono solitamente la più luminose e le più spettacolari, quelle che per vari motivi sono ricordate per molti anni e tutto questo è dovuto naturalmente al fatto che le galassie del catalogo di Messier sono le più vicine a noi in termini di distanza. Adesso è toccato alla galassia M108, ma purtroppo questa supernova sarà ricordata per essere una delle più deboli e poco appariscenti fra tutte le 69 supernova scoperte ad oggi nelle galassie Messier. Nella notte del 13 marzo il programma professionale americano di ricerca supernovae denominato Zwicky Transient Facility (ZTF) individua una debole stellina di mag.+19,47 nella galassia M108.

1) Immagine della SN2023dbc in M108 ripresa dall’astrofilo inglese David Strange con un telescopio Ritchey-Chretien da 254mm F.8 somma di 20 immagini da 120 secondi

Scoprire una supernova oltre la mag.+19 in una piccola galassia non è una cosa difficile, ma scoprirla in una galassia luminosa come M108 e riuscire a staccarla dalla luminosità dei bracci della galassia non è per niente una cosa facile e dimostra la qualità delle immagini e l’efficacia dei controlli che questi programmi professionali dispongono. Questo ci fa capire bene come sia sempre più difficile la vita per gli astrofili, che si dedicano alla ricerca di supernova, nel cercare di competere con queste realtà professionali.

La galassia ospite M108 è una spirale barrata posta nella costellazione dell’Orsa Maggiore a circa 30 milioni di anni luce di distanza ed è accompagnata in cielo, naturalmente solo prospetticamente, da un altro oggetto del catalogo di Messier, M97 la famosa nebulosa planetaria Gufo, posta a soli 39’ a Sud di M108 formando un fotogenico quadretto nelle immagini a campo largo.

4) Immagine a largo campo della SN2023dbc in M108 insieme alla nebula planetaria “Gufo” M97 ripresa dall’astrofilo spagnolo Rafael Ferrando con un telescopio da 150mm F.4 somma di 10 immagini da 180 secondi.

La supernova a cui è stata assegnata la sigla definitiva SN2021dbc è aumentata di luminosità nei giorni seguenti la scoperta, raggiungendo la mag.+16,50-17,00 ma rimanendo un oggetto non facile da evidenziare a causa delle debole luminosità e della posizione fra le condensazioni della galassia. Anche dallo spettro si è intuito subito che questa era una supernova Messier un po’ anomala. Di solito quando esplode una supernova in una galassia del catalogo di Messier gli osservatori professionali fanno a gara a riprendere per primi lo spettro di conferma, che a volte viene ottenuto anche solo poche ore dopo la scoperta. Per questa supernova invece lo spettro di conferma tardava ad essere caricato nel TNS a causa della difficoltà a chiarirne la natura.

2) Immagine della SN2023dbc in M108 ripresa dall’astrofilo francese Robert Cazilhac con un telescopio C14 F.11 somma di 500 immagini da 5 secondi.

I primi a pubblicare l’analisi dello spettro, il16 marzo, tre giorni dopo la scoperta, sono stati gli astronomi cinesi del Yunnan Observatory, con il Lijiang Telescope da 2,4 metri. La SN2023dbc risultava (erroneamente) come una giovane supernova di tipo II molto arrossata, cioè con una forte estinzione dovuta alle polveri della galassia. Dal 14 marzo fino al 17 marzo vari osservatori professionali avevano provato a riprenderne lo spettro con vari strumenti di qualità, come per esempio il Liverpool Telescope di 2 metri o il Nordic Optical Telescope di 2,56 metri, ma i risultati ottenuti erano incerti e poco chiari.

Il 20 marzo però è stato messo in campo il “gigante” Kerck I da 10 metri di diametro e la situazione è apparsa subito più chiara. La linea dell’Idrogeno tipica delle supernovae di tipo II, che aveva tratto in inganno gli astronomi cinesi non era emessa dalla supernova, ma bensì dalla regione HII della galassia, situata appena sotto la supernova. La SN2023dbc è in realtà una supernova molto giovane di tipo Ic con i gas eiettati dall’esplosione che viaggiano ad una velocità di circa 15.000 km/s. Molto probabilmente siamo di fronte alla supernova di tipo Ic più vicina a noi, scoperta ad oggi.

3) Immagine della SN2023dbc in M108 ripresa dall’astrofilo spagnolo Rafael Ferrando con un telescopio Meade LX200 da 400mm F.7 somma di 10 immagini da 60 secondi.

A differenza di altre galassie del catalogo di Messier come M51, M61, M100 e M101 cioè stupende galassie a spirale viste di faccia, M108 è appunto una galassia a spirale, ma con un’inclinazione rispetto al nostro punto di vista di circa 80 gradi, pertanto la luce di una supernova deve attraversare molti strati della galassia. M108 ha un modulo di distanza di circa 30, quindi una supernova di tipo Ia potrebbe raggiungere la mag.+11 (30-19=11) mentre una supernova di tipo II si posizionerebbe un paio di magnitudini più in basso a mag.+13. In questo caso purtroppo il forte assorbimento di polveri toglie almeno tre magnitudini alla luminosità della supernova, che difficilmente riuscirà a raggiungere la mag.+16 e più probabilmente rimarrà ferma intorno alla mag.+17. Questa è la seconda supernova conosciuta esplosa nella galassia M108. La prima fu la SN1969B scoperta il 6 febbraio 1969 dall’astronomo svizzero Paul Wild, di tipo II che raggiunse la mag.+14.

Chiudiamo questa carrellata con la ripresa dell’astrofilo italiano, autore anche di questa rubrica, Riccardo Mancini

5) Immagine a largo campo della SN2023dbc in M108 insieme alla nebula planetaria “Gufo” M97 ripresa da Riccardo Mancini con un telescopio Newton da 250mm F.5 mosaico di due immagini da 30 minuti.

 

Trovi tutti gli eventi osservabili e dell’ultimo mese nella sezione: Il Cielo del Mese


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La Luna di Aprile 2023

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O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l’anno, sovra questo colle
Io venia pien d’angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Il tuo volto apparia, che travagliosa
Era mia vita: ed è, né cangia stile,
0 mia diletta luna. E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l’etate
Del mio dolore. Oh come grato occorre
Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
La speme e breve ha la memoria il corso,
Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l’affanno duri!

Giacomo Leopardi

Questo mese inizia col nostro satellite in un crescendo di serate estremamente favorevoli per l’osservazione lunare, trovandosi infatti alle ore 00:00 della prima notte di Aprile in fase di 10 giorni ad un’altezza di +53° e visibile fin verso l’alba quando poco dopo le ore 05:00 scenderà sotto l’orizzonte. E’ opportuno segnalare che nel caso specifico il punto di massima librazione verrà a trovarsi proprio in corrispondenza della Regione Polare meridionale, con la concreta possibilità di individuare con relativa facilità (seeing e meteo permettendo) strutture geologiche situate oltre il confine fra i due emisferi lunari in prossimità del Polo Sud, un target a cui non si può rinunciare tanto facilmente.

Al culmine della fase crescente alle ore 06:35 del 6 Aprile la Luna sarà in Plenilunio alla distanza di 390135 km dalla Terra, con un diametro apparente di 30,63’ ma ad un’altezza di soli +3°23’ avviandosi verso il tramonto previsto per le ore 06:57 contestualmente al sorgere del Sole. Per eventuali osservazioni della Luna Piena basterà attendere la medesima serata del 6 Aprile quando sorgerà alle ore 20:10 rendendosi visibile fino alle prime luci dell’alba. Ripresa contestualmente la fase calante, il nostro satellite sposterà sempre più la propria finestra osservativa dalle comode ore tardo pomeridiane e serali fino alle più lontane ore della notte passando dalla fase di Ultimo Quarto previsto per le ore 11:11 del 13 Aprile.

Nell’occasione sarà sufficiente anticipare di alcune ore la propria attività osservativa considerando che alle ore 03:04 la Luna sorgerà in fase di 21,8 giorni a nostra disposizione fino all’alba. Il procedere della fase calante porterà il nostro satellite al Novilunio del 20 Aprile alle ore 06:12, quando questo verrà a trovarsi fra la Terra ed il Sole presentando l’emisfero rivolto al nostro pianeta completamente in ombra. Contestualmente al Novilunio ripartirà un ulteriore nuovo ciclo lunare di Luna crescente riportando progressivamente il nostro satellite di sera in sera nelle migliori condizioni osservative. Il Primo Quarto è previsto alle ore 23:20 del 27 Aprile con la Luna in fase di 7,7 giorni e ad un’altezza di +39°, rendendosi visibile fino alla notte seguente quando alle ore 03:07 scenderà sotto l’orizzonte. Nelle ultime tre serate di questo mese il nostro satellite si presenterà ai nostri telescopi sempre nelle migliori condizioni per potere scandagliare le innumerevoli formazioni geologiche situate sulla sua variegata superficie, fino alla sera del 30 Aprile quando si troverà in fase di 10,7 giorni esattamente come avevamo iniziato.

Le Falci lunari di Aprile

Primo appuntamento per chi insegue le falci di Luna per la tarda nottata del 17 Aprile con una bella falce di 26,4 giorni che sorgerà alle ore 05:23 preceduta dal pianeta Saturno. Il breve tempo a disposizione prima che la luce solare prevalga su tutto consentirà solamente qualche rapida occhiata nell’oculare o veloci foto per non rischiare danni permanenti alla propria vista. Andrà ancora peggio la notte successiva, il 18 Aprile, con una falce di 27,4 giorni che sorgerà alle ore 05:46 per la cui osservazione sarà di fondamentale importanza attuare ogni precauzione per evitare di intercettare la luce solare, fonte di danni irreversibili alla vista.

Passando alle falci di Luna crescente appuntamento per la serata del 22 Aprile con una falce di 2,7 giorni che alle ore 22:51 scenderà sotto l’orizzonte fra le stelle della costellazione del Toro. In questo caso ci sarà il tempo per passare in rassegna le numerose strutture già individuabili sul suolo lunare lungo il bordo orientale del nostro satellite. Ovviamente rimane inteso che per questa tipologia di osservazioni, oltre agli ormai noti parametri osservativi, risulterà determinante disporre di un orizzonte il più possibile libero da ostacoli.

Librazioni di Aprile

(In ordine di calendario, per i dettagli vedere le rispettive immagini).

Si precisa che, per ovvi motivi, non vengono indicati i giorni in cui i punti di massima Librazione si discostano dalla superficie lunare illuminata dal Sole.

Librazioni Regione Sudovest-Nordovest:

Librazioni Regione Sudovest-Nordovest:
  • 05 Aprile. Fase calante 14,99 giorni – Librazione ovest mare Humorum
  • 06 Aprile. Fase calante 16,03 giorni – Librazione nord mare Orientale
  • 07 Aprile. Fase crescente 17,08 giorni – Librazione ovest cratere Kepler
  • 08 Aprile. Fase calante 18,13 giorni – Librazione ovest Aristarchus Plateau
  • 09 Aprile. Fase calante 19,18 giorni – Librazione ovest Sinus Iridum
  • 10 Aprile. Fase calante 19,20 giorni – Librazione ovest Sinus Iridum
  • 11 Aprile. Fase calante 20,23 giorni – Librazione ovest cratere Babbage

Librazioni Regione Nord e Regione Polare Settentrionale:

Librazioni Regione Nord e Regione Polare Settentrionale:
  • 12 Aprile. Fase calante 21,28 giorni – Librazione ovest crateri Pythagoras, Anaximander
  • 13 Aprile. Fase calante 22,32 giorni – Librazione nord cratere Anaximander
  • 14 Aprile. Fase calante 23,35 giorni – Librazione nord cratere Philolaus
  • 15 Aprile. Fase calante 24,38 giorni – Librazione cratere Peary

Librazioni Regione Sudest-Sud:

Librazioni Regione Sudest-Sud
  • 23 Aprile. Fase crescente 03,74 giorni – Librazione mare Australe
  • 24 Aprile. Fase crescente 04,44 giorni – Librazione mare Australe
  • 25 Aprile. Fase crescente 05,48 giorni – Librazione sud mare Australe
  • 26 Aprile. Fase crescente 06,51 giorni – Librazione sud cratere Boussingault
  • 27 Aprile. Fase crescente 07,55 giorni – Librazione sud cratere Demonax

Note:

Immagini “Librazioni “: Su immagini tratte dal globo di “Virtual Moon Atlas”.

–  Dati e visibilità delle strutture lunari: Software “Stellarium” e “Virtual Moon Atlas”.

–  Ogni fenomeno lunare e rispettivi orari sono rapportati alla Città di Roma, dati rilevati tramite software “Stellarium” e dal sito http://www.marcomenichelli.it/luna.asp


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Le Comete di Aprile 2023

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CIAO C/2022 E3 ZTF, BENVENUTA C/2023 A3 TSUCHINSHAN-ATLAS

C/2022 E3 ZTF

Eccoci ai saluti. Ad aprile scompare dai nostri cieli la C/2022 E3 ZTF, che tanta compagnia ci ha fatto nei mesi scorsi. Per salutarla definitivamente occorrerà sfruttare la prima parte di aprile dato che poi scomparirà tra la luce del Sole. La cometa è ormai ridotta ad un oggetto di decima magnitudine posizionato piuttosto basso sull’orizzonte. Un’ osservazione non proprio agevole quindi. Chi vorrà darle un’ultima occhiata la dovrà cercare nell’Eridano, non distante da Rigel, la stella più luminosa di Orione, non appena fa buio.

La cartina riporta la posizione della C/2022 E3 ZTF alle 21.30 ora legale. Le stelle più deboli sono di decima magnitudine.

C/2022 A2 PanSTAR

Pur passata da tempo al perielio la A2 PanSTARRSè ancora discretamente luminosa. Si muoverà in Andromeda nei pressi di M31, sufficientemente alta sull’orizzonte. Sarà meglio osservabile al termine della notte astronomica brillando inizialmente attorno alla decima magnitudine. A fine aprile sarà vicina alla Grande Galassia di Andromeda dal cui centro la separeranno meno di tre gradi.

La cartina riporta la posizione della C/2022 A2PanSTARRS alle 4.00 ora legale. Le stelle più deboli sono di magnitudine 9,5.

Nel nuovo numero di Coelum, nella rubrica di mia competenza, riferendomi alla E3 ZTF ho scritto: “Quando una cometa luminosa se ne va e all’orizzonte, nel futuro prossimo, non si profilano nuovi arrivi in grado di rimpiazzarla, lascia sempre un grande vuoto. Ma chi segue questi splendidi oggetti sa bene che tutto può improvvisamente cambiare con l’arrivo inaspettato di un nuovo astro chiomato in grado di riaccendere sogni e passione”. Ebbene, sono stato un buon profeta dato che una nuova promettentissima cometa si affaccia all’orizzonte. Un orizzonte piuttosto esteso dato che passerà al perielio a fine settembre del 2024. Il suo nome è C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS, scoperta, anzi, ri-scoperta il 22 febbraio di quest’anno dal sistema di ricerca ATLAS (AsteroidTerrestrial-Impact Last Alert System) considerato che per primo l’aveva scovata e segnalata l’osservatorio cinese Purple Mountain Observatory in immagini risalenti al 9 gennaio, quando l’oggetto era di mag. 18,7.

Prima di una conferma ufficiale però è andata perduta ma poi ritrovata appunto dal sistema ATLAS. Ecco dunque il perché del doppio nome. Secondo le prime stime potrebbe davvero farci sognare raggiungendo un picco di luminosità attorno allo zero. Ovviamente tutti ci auguriamo che ciò avvenga ed anzi, che la magnitudine possa essere anche migliore, ma la prudenza è d’obbligo, come ci hanno insegnato diversi casi. Di certo la Tsuchinshan-Atlas ha già messo in fermento amatori e professionisti ed il conto alla rovescia è cominciato.


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Coelum Astronomia 261 2023 Digitale

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Mondi in miniatura – Asteroidi, Aprile 2023

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GLI ASTEROIDI DI APRILE

(22) Kalliope è un grande asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.810 giorni (4.96 anni) ad una distanza compresa tra le 2.62 e le 3.20 unità astronomiche (rispettivamente, 391.946.421 Km al perielio e 478.713.186 Km all’afelio). Deve il suo nome a Calliope musa della poesia, in particolare di quella epica. Scoperto dall’astronomo John Russell Hind il 16 Novembre 1852, questo imponente asteroide (circa 170 Km di diametro) è binario, ha infatti un satellite (Linus) di 28 Kilometri di diametro.

(22) Kalliope sarà in opposizione il 3 di Aprile, momento nel quale raggiungerà la magnitudine 11.1. Il suo moto sarà di 0,55 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (22) Kalliope trasformarsi in una bella striscia luminosa di 22 secondi d’arco.

(17) Thetis è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.420 giorni (3.89 anni) ad una distanza compresa tra le 2.14 e le 2.80 unità astronomiche (rispettivamente, 320.139.443 Km al perielio e 418.874.038 Km all’afelio). Deve il suo nome a Teti , divinità marina figlia di Nereo e di Doris. Scoperto da  Robert Luther il 17 Aprile 1852, (17) Thetis sarà in opposizione l’8 di Aprile quando raggiungerà magnitudine 10.6.  Il suo moto sarà di 0,63 secondi d’arco al minuto, quindi per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini, anche in questo caso potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (17) Thetis trasformarsi in una bella striscia luminosa di 25 secondi d’arco.

(7) Iris è un asteroide di fascia principale, il quarto in ordine di luminosità, che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.350 giorni (3.70 anni) ad una distanza compresa tra le 1.84 e le 2.94 unità astronomiche (rispettivamente, 275.260.082 Km al perielio e 439.817.740 Km all’afelio). Deve il suo nome al personaggio mitologico Iride, figlia di Taumante e di Elettra, personificazione dell’arcobaleno e messaggera degli dei. Scoperto dall’astronomo John Russell Hind il 13 Agosto 1847, questo imponente asteroide (circa 200 Km di diametro) sarà in opposizione il 30 di Aprile, momento nel quale raggiungerà la magnitudine 9.6. Il suo moto sarà di 0,63 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (7) Iris trasformarsi in una bella striscia luminosa di 25 secondi d’arco.

 

Marzo Iozzi è membri di GRAM Gruppo Astrofili Montelupo Fiorentino


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Le Costellazioni di Aprile 2023

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Tutte le sere, quando si apre il sipario della notte, nel cielo nero si accendono le stelle e inizia lo spettacolo che da millenni mette in scena storie in cui si muovono eroi dotati di superpoteri, mostri e ibridi da fantascienza, fanciulle più divine che terrestri: tutti impegnati in un repertorio d’amori e d’avventure ai confini della realtà.

Margherita Hack

Tra le costellazioni che interessano il cielo di aprile partiamo dalla Vergine, che culmina a mezzanotte verso metà mese.

Si tratta di una costellazione molto estesa, (circa 1300 gradi quadrati) la seconda più ampia della volta celeste (il primato lo detiene l’Hydra): una figura ricca di oggetti non stellari.

La Vergine è posta tra il Leone e la Bilancia ed è facilmente individuabile grazie alla sua stella più brillante, Spica (alfa Virginis), un astro di colore bianco-azzurro che con la sua magnitudine di 1.04 si colloca al quindicesimo posto tra le stelle più brillanti del cielo notturno.

Spica, situata in direzione della mano della fanciulla (o meglio della spiga di grano che stringe tra le dita) si trova a una distanza di 262 anni luce da noi e insieme alle stelle Arturo del Boote e Denebola del Leone, costituisce uno dei vertici dell’asterismo del Triangolo primaverile.

Tra gli astri che compongono la costellazione, la seconda più luminosa è Porrima (gamma Virginis), una stella doppia di magnitudine apparente di 2.74, le cui componenti sono di pari colore (giallastro); il sistema binario è posto a una distanza di 39 anni luce.

Al terzo posto per luminosità, brilla la stella gigante gialla Vindemiatrix (Epsilon Virginis) o Vendemmiatrice, con magnitudine 2.85 e distante 102 anni luce.

Le origini del suo nome risalgono a più di 2.000 anni fa, quando la stella sorgeva alle prime luci dell’alba a inizio settembre, periodo in cui si svolgeva la vendemmia.

A causa della Precessione degli equinozi, le cose ad oggi sono un po’ cambiate e la stella Vendemmiatrice ha lasciato il posto agli astri della costellazione del Leone.

OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DELLA VERGINE

Gli oggetti del cielo profondo siti nella costellazione della Vergine sono vari ma affascinanti: uno fra tutti l’ammasso di galassie della Vergine, composto da circa 2.500 membri, facente parte a sua volta del Superammasso della Vergine di cui fa parte anche il Gruppo Locale, ovvero il gruppo di galassie a cui appartiene la nostra Via Lattea; come non citare poi la galassia ellittica M87 e la galassia Sombrero.

M87 (o Virgo A) è una grande galassia ellittica oltre ad essere una forte sorgente radio: la sua caratteristica principale è il Buco Nero Supermassiccio situato al centro della galassia di cui, il 10 aprile 2019, è stata rivelata al mondo l’immagine dell’orizzonte degli eventi.

Con il suo getto relativistico e l’emissione di raggi X e gamma, la galassia M87 rappresenta un importante oggetto di studio nell’ambito dell’astronomia e radio astronomia.

La Galassia Sombrero (M104) è invece una galassia spirale vista di taglio, con un grosso rigonfiamento centrale, situata a 31 milioni di anni luce da noi e posta alla periferia dell’Ammasso della Vergine, la cui appartenenza sembra essere dubbia.

LA VERGINE NELLA MITOLOGIA

La costellazione della Vergine viene rappresentata come una ragazza con in mano delle spighe: la figura è da sempre associata al chicco di grano che muore e rinasce, al periodo dei raccolti, alla mietitura, da cui deriva il nome della stella alfa della costellazione, Spica, che è visibile dopo il tramonto verso Ovest proprio durante i mesi primaverili ed estivi.

In ambito mitologico quella della Vergine è una figura che mette d’accordo un po’ tutte le antiche popolazioni, dai sumeri agli egizi, ai greci: essa simboleggia la rinascita, la natura, la fertilità ed è l’emblema dell’incessante ciclo della stagioni e quindi della vita.

Il mito greco ci porta in Sicilia, sulle rive del Lago di Pergusa nella campagna di Enna, dove una giovane fanciulla di nome Proserpina, figlia della dea del frumento Demetra (a cui si associa la Vergine) era intenta a raccogliere dei fiori quando, da una fenditura del terreno, uscì fuori un cocchio trainato da quattro cavalli e condotto dal dio dell’oltretomba Plutone, che rapì la giovane (il famoso ratto di Proserpina) facendone la sua sposa e trascinandola con sé negli inferi, di cui divenne regina.

Demetra, dopo averla cercata ovunque, fu mossa da una disperazione tale da lasciar calare un lungo inverno sulla campagna siciliana, che devastò i raccolti e rese i terreni non più fertili.

Dopo qualche tempo la dea interpellò il dio del Sole, Elio, che era stato testimone del rapimento di Proserpina; fu allora che Demetra si recò da Giove minacciando di far morire ogni forma di vita presente in natura se non le fosse stata restituita sua figlia.

Plutone, incalzato da Giove, acconsentì a rendere la fanciulla a sua madre, bluffando: egli infatti offrì a Proserpina un melograno avvelenato di cui ne mangiò però solo pochi semi; così gli dei, mossi dalle minacce di Demetra, stabilirono un compromesso: Proserpina avrebbe vissuto per sei mesi negli inferi con Plutone e per sei mesi con sua madre sulla Terra. Questo entrare ed uscire dalla luce simboleggia il ciclo della natura, del seme che muore e rinasce, senza mai una fine.

 

CANI DA CACCIA

Alta sull’orizzonte nei primi di aprile si trova la costellazione boreale dei Cani da Caccia.

Posta tra il Boote e l’Orsa Maggiore, la costellazione  è ben visibile durante i mesi primaverili ed estivi; la sua stella principale, α Canum Venaticorum, è nota come Cor Caroli ed è una stella doppia bianca di magnitudine 2,89, distante 110 anni luce, risolvibile già con un piccolo telescopio.

crediti: stellarium

OGGETTI NON STELLARI

Di certo l’oggetto del cielo profondo più  bello della costellazione dei Cani da Caccia è la galassia spirale M51, detta anche Galassia Vortice: si tratta di una delle galassie più brillanti, la cui luminosità è dovuta alla presenza di giovani stelle brillanti azzurre che popolano i bracci; è un oggetto molto amato dagli astrofili e nell’osservazione si presenta di fronte, rendendosi visibile con un buon binocolo e un discreto telescopio.

M51 possiede una piccola galassia satellite, NGC 5195, che rappresenta quasi la continuazione di uno dei bracci della spirale. Questo sistema dista da noi circa 20 milioni di anni luce.

Un gruppo di ricercatori del Center for Astrophysics di Harvard (Stati Uniti), ha scoperto, attraverso i telescopi spaziali Chandra e Xmm-Newton per raggi X, un possibile pianeta extragalattico grande come Saturno, che orbita ogni 70 anni attorno a una binaria X (M51-ULS-1) a 28 milioni di anni luce da noi, proprio nella Galassia Vortice.

I CANI DA CACCIA TRA MITO E STORIA

Nel 1687 l’astronomo polacco Johannes Hevelius formò la costellazione dei Cani da Caccia, inserendola tra il Boote e l’Orsa Maggiore, una regione di cielo a suo dire troppo vuota che bisognava integrare con un oggetto che comprendesse anche la stella Cor Caroli, Cuore di Carlo ( II d’Inghilterra).

Perché la scelta fosse ricaduta proprio su due cani da caccia non è ben chiaro: essi vengono attribuiti ora al Boote che li tiene al guinzaglio e ora all’Orsa maggiore, minacciata da essi.

Un’altra storia ci porta negli intrighi della corona inglese, dove il medico di corte Charles Scarborough, denominò una stella Cor Caroli, in onore di Carlo I, in seguito alla sua decapitazione durante la guerra civile inglese.

Successivamente Edmund Halley associò l’astro a Carlo II, salito al trono dopo la morte del padre; egli accolse con entusiasmo che il suo nome fosse tra le stelle e, mosso forse da una certa riconoscenza nei confronti di Halley, decise di dare il via alla realizzazione di uno dei più illustri osservatori: l’Osservatorio Astronomico di Greenwich.

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News da Marte #13

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Bentornati su Marte! Oggi riprendiamo il filo delle attività di Perseverance e Ingenuity nel cratere Jezero. Un mese fa (News da Marte #11) abbiamo lasciato i due impegnati nelle prime fasi dell’avanzamento nelle regioni del Delta.

Communication breakdown: confirmed
Ma prima un aggiornamento su una questione che, a distanza di oltre un mese dalla formulazione delle ipotesi, consideravo ancora aperta: l’analisi sui potenziali problemi di comunicazione tra rover ed elicottero. Ricorderete i due fotogrammi del volo 42 di Ingenuity che mostravano evidenti segni di corruzione dei dati.

Una coppia di frame del volo 42, relativi agli ultimi istanti di acquisizione con Ingenuity ormai posato al suolo. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Come si suole dire meglio tardi che mai, è stato recentemente rilasciato un aggiornamento sullo stato dell’elicottero che ha menzionato la questione e confermato che in quei Sol si sono effettivamente sperimentati problemi di download dei dati da Ingenuity.

Da allora altri fotogrammi del volo 42 sono stati resi disponibili, e sono finalmente in grado di mostrarvi parte di questo spostamento che ha avuto luogo nell’ormai lontano 4 febbraio. Il video è qui velocizzato di 4 volte.

Percorso del volo 42 sulla mappa.

La NASA è stata avara di fotogrammi per il volo successivo del 16 febbraio  (Sol 708), il 43esimo, di cui ha reso disponibili solo 10 immagini. Documentano la sequenza di atterraggio e ve le mostro qui di seguito. Si era trattato di spostamento considerevole, 390 metri in 146 secondi, che aveva dimostrato quanto Ingenuity stesse giovando dell’incremento di ore di luce per ricaricare le proprie batterie e aumentare così tempi e distanze di spostamento.

Percorso del volo 43 con le posizioni di Ingenuity e Perseverance.
Panoramica scattata da Perseverance nel Sol 708. NASA/JPL-Caltech/Piras

Appena tre giorni dopo, il 19 febbraio, Ingenuity si è alzato per la 44esima volta. Appena cinque le immagini rese disponibili, probabilmente a causa del terreno pianeggiante e privo di ostacoli di rilievo da analizzare nei fotogrammi. Non dimentichiamo infatti che la missione primaria dell’elicottero è avanzare per studiare il terreno e fornire informazioni ai controllori di Perseverance per programmare in modo migliore i percorsi.

Fotogrammi del volo 44.
Percorso del volo 44 con le posizioni di Ingenuity e Perseverance.

Grazie ancora una volta alle visuali catturate da Perseverance riusciamo ad orientarci in questa regione, riconoscendo in esse i vari rilievi dell’area. Nei due mosaici sottostanti la camera è orientata verso est (foto superiore) e verso sud (foto inferiore). L’aumento di contrasto per evidenziare le caratteristiche del terreno hanno accentuato l’indesiderata vignettatura della Right MastCam-Z.

Panoramiche fotografate dal rover tra i Sol 710 e 711. NASA/JPL-Caltech/Piras

Ora che abbiamo un po’ di contesto con i voli già accennati nella puntata #11 di News da Marte, possiamo ripartire!

Il gatto e il topo
Sembra questo il gioco che ha tenuto impegnata la coppia robotica nelle ultime settimane. Il ritmo di avanzamento del rover è stato serratissimo, con centinaia di metri percorsi giornalmente e l’elicottero che non poteva permettersi di restare indietro.

La missione principale di Mars 2020 coinvolge il rover, le cui attività hanno priorità assoluta. In pratica non ci si può permettere di perdere Sol per dar tempo a Ingenuity di tenere il passo nel caso in cui si trovasse a venire sorpassato da Perseverance. In tutto questo vanno considerate anche le condizioni del terreno che nella regione del delta presenta frequenti strettoie. Per ragioni di sicurezza non è ammesso che Ingenuity voli troppo vicino al rover, rendendo quindi un potenziale controsorpasso praticamente impossibile nei canyon del delta. A complicare ulteriormente le cose contribuisce poi il range di comunicazione tra i due robot che, come visto, non è affatto un fattore trascurabile.
Insomma, per Ingenuity avanzare rapidamente era praticamente una questione di vita o di morte.

Altri voli molto significativi in questo senso sono stati il 45 e il 46 che, insieme ai due precedenti, sono stati svolti in un arco di tempo di appena 9 Sol.

Un’animazione estremamente utile è stata prodotta dal JPL e mostra come gli spostamenti via terra e i voli si siano alternati in queste passate settimane di avanzamento.

Andiamo di vederli un po’ nel dettaglio.

Si vola…
I voli più recenti sono stati meno avari di fotogrammi, e se siete anche voi appassionati del lavoro svolto dal nostro elicotterino non potrete che esserne lieti.

Nel Sol 714 (22 febbraio) Ingenuity ha eseguito il volo numero 45. Il drone ha percorso 496 metri (attuale record di distanza in questa stagione di voli) in 144 secondi.
Pochi frame di navigazione ma ben 13 a colori sono le immagini al momento disponibili che vi presento in questo video velocizzato di 4 volte che attraversa le aree denominate Ashbys Corner e Crosswell.

 

Il Sol 717 (25 febbraio) è già tempo di un nuovo volo, con Ingenuity che percorrre 445 metri in 136 secondi. 10 frame di navigazione e altrettanti a colori ci mostrano così il volo 46 qui velocizzato di quattro volte.

Mentre Ingenuity riposava dopo questa frenetica serie di voli che gli hanno fatto percorrere complessivamente ben 1665 metri, Perseverance si è dato altrettanto da fare.

…e si marcia
Tra il Sol 712 e il 719 si è spostato quotidianamente macinando un totale di 1337 metri. Possiamo ammirare la lunga traversata nel video seguente dove ho condensato in un minuto 10 Sol di guida su Marte. Occhio al finale perché c’è una bella sorpresa

Dopo oltre un mese e mezzo dall’ultima volta Perseverance riesce a rivedere Ingenuity! La posizione dell’elicottero è quella all’Airfield Theta dove è atterrato due giorni prima, il 25 febbraio. L’osservazione riesce grazie alle camere di navigazione, le quali però hanno un campo inquadrato molto ampio e una risoluzione non troppo elevata.
Dobbiamo aspettare qualche giorno in più per ricevere delle immagini migliori. Ce le forniscono le MastCam-Z al massimo livello di zoom, che dalla distanza di circa 100 metri, producono queste foto.

Ingenuity! Ripreso da Perseverance il 4 marzo (Sol 728). NASA/JPL-Caltech/Piras

Combinando le immagini delle due camere possiamo anche elaborare una ripresa stereo osservabile con gli occhialini per anaglifi.

Left e Right MastCam-Z, Sol 728. NASA/JPL-Caltech/Piras

Qualche elaboratore si è spinto oltre sfruttando algoritmi che si basano sull’intelligenza artificiale. Questo il risultato impressionante prodotto da Simeon Schmauß.

 

Crediti: NASA/JPL-Caltech/Schmauß

Ma sono solo le prove generali per qualcosa di spettacolare.
Il Sol successivo, 729, Ingenuity prende il volo per lo spostamento numero 47. E stavolta Perseverance è là vicino pronto a riprenderlo. Era dal volo 13 del 4 settembre 2021 che non avevamo delle riprese di un decollo di Ingenuity!
Combinando le immagini delle due MastCam del rover e delle due camere dell’elicottero ho elaborato questo video.

Come sempre i flussi video sono perfettamente sincronizzati tra loro anche se generati da camere differenti. La ripresa da parte del rover è mostrata in tempo reale, mentre la sequenza del volo è tagliata (a causa di frame mancanti) e velocizzata per non annoiarvi troppo.

Saltiamo infine al Sol 741, 21 marzo e convenzionale inizio di primavera sulla Terra.
In questa giornata si è svolto il volo più recente di Ingenuity, che ha percorso 398 metri in 150 secondi. Con mia piacevole sorpresa sono stati già rilasciati ben 124 frame con i quali possiamo ricostruire l’intero volo da decollo ad atterraggio. Il risultato, velocizzato di 3 volte, è questo.

Le ultime righe di questo imponente aggiornamento le spendiamo su Perseverance che, dopo la traversata chilometrica e le migliaia di foto scattate durante questo viaggio, riassaggia finalmente un po’ di roccia.

L’occasione è l’arrivo nel punto più a sud sinora visitato dall’arrivo in questa regione. Qui, nell’area battezzata Tenby, Perseverance ha eseguito osservazioni su una roccia, compiuto un’abrasione superficiale e a breve potremo probabilmente assistere al prelievo di un nuovo campione.

Camera Watson in azione su una lastra di roccia, Sol 741. NASA/JPL-Caltech/Piras
Fresa al lavoro nel Sol 742 (22 marzo). NASA/JPL-Caltech/Piras
Osservazioni della fresa successivamente all’abrasione. NASA/JPL-Caltech/Piras
Osservazioni della fresa successivamente all’abrasione. NASA/JPL-Caltech/Piras
Il frutto di tanto duro lavoro: il sottile scavo mette a nudo roccia antichissima che può ora essere analizzata dagli strumenti di Perseverance. NASA/JPL-Caltech/Piras

Anche per oggi è tutto, grazie se siete arrivati sino a qui senza esservi fatti spaventare dai tanti video! Al prossimo aggiornamento!

Fra poco splendido allineamento Venere-Luna-Pleiadi

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Crediti: The Sky Live Planetarium

Con il Sole tramontato da poco alle 18 e 30 circa, guardando verso ovest si potrà ammirare uno splendido allineamento fra (partendo dal basso): Mercurio, Giove, Venere, Urano, Luna e Pleiadi.

Credit: The Sky Live Planetarium

Fra gli oggetti elencati solo Urano non è visibile ad occhio nudo, gli altri invece saranno facili da individuare ma ricordiamo che: Mercurio viaggia sempre molto vicino al Sole e quindi sarà difficile da osservare ancora avvolto dalla luce del tramonto, ultimo tentativo poco prima del suo passare sotto l’orizzonte (poco prima delle 19:00).

Nel cielo resteranno gli altri pianeti ed oggetti celesti finché anche Giove non scomparirà sotto l’orizzonte, circa mezz’ora dopo.

Ma infine l’allineamento Venere-Luna-Pleiadi sarà bene visibile fino alle 21 e 15 quando sarà oramai buio. Amanti degli scatti pronti perché la falce di Luna sottile renderà lo spettacolo molto piacevole!

Le Pleiadi sono abbastanza luminose ed anche in cieli non perfetti sono facilmente visibili, certo meglio essere lontani da lampioni o illuminazioni cittadine. Fermatevi ed abituate l’occhio al buio (niente schermi del telefonino se non in notturna) e dopo qualche minuto le vedrete apparire.

Le Pleiadi M45: UN AMMASSO APERTO NEL CUORE DELL’INVERNO

Ma alla costellazione del Toro è inevitabilmente associato un altro oggetto, uno dei più interessanti e conosciuti, quello delle Pleiadi o, dal catalogo MessierM45.

Si tratta di un ammasso stellare aperto distante 440 anni luce da noi, collocato nella spalla del Toro.

Senza l’ausilio di telescopi sono ben visibili, lontani da cieli urbani e troppo luminosi, già sette fra le stelle più luminose dell’ammasso, assumendo una forma che rimanda al piccolo carro. Aiutandosi invece con un binocolo o con un telescopio si scopre che l’ammasso è molto più esteso, sono centinaia le stelle, in prevalenza giganti blu e bianche che compongono l’ammasso.  Stelle che sono legate da un’origine comune e da reciproche forze gravitazionali.

Nelle fotografie a lunghe esposizioni o all’oculare di un telescopio di apertura considerevole, non è difficile notare dei piccoli aloni a circondare i singoli oggetti luminosi. Sono nubi di polvere, dette nebulose a riflessione, illuminate dalle stelle.

M45 prende parte alla sfilata degli oggetti più belli e suggestivi del cielo invernale, attirando sempre molta curiosità negli amanti del cielo, poiché l’ammasso è spesso protagonista di congiunzioni con la Luna o pianeti come Marte e Venere.

LE PLEIADI NELLA MITOLOGIA

Interessanti dal punto di vista astronomico, la Pleiadi sono anche circondate da numerosi riferimenti mitologici. Chiamate sovente le “sette sorelle”, sono rappresentate come ninfe della montagna, figlie di Atlante e l’oceanina PleioneAlcioneAsteropeCelenoElettraMaiaMerope e Taigeta.

Il nome dell’ammasso Pleiadi, sembra avere diverse etimologie. La più nota associa il termine al verbo navigare “plain”, giacché l’apparizione dell’ammasso nel cielo rappresentava, per i marinai dell’antichità, un preciso e favorevole punto di riferimento.

Un’altra interpretazione lega il nome Pleiadi al sostantivo colombe in cui le sette sorelle si trasformarono per sfuggire all’inseguimento del cacciatore Orione. Ma qui la storia si complica! Un altro mito infatti attribuisce la trasformazione in colombe delle Pleiadi non tanto al tentativo di sottrarsi dalle attenzioni del valoroso cacciatore, ma più alla disperazione delle sorelle dovuta alla punizione inflitta da Zeus al loro padre, Atlante, condannato a portare sulle sue spalle il peso del mondo.

Più attuale e dei nostri giorni invece il verso di Pascoli che decantava: “La Chioccetta per l’aia azzurra va col suo pigolìo di stelle” nel Gelsomino Notturno. Anche il poeta quindi volle dare la sua personale interpretazione a quel gruppetto di luminosi astri, paragonandolo a una chioccia che si trascina dietro una covata di pulcini intenti a pigolare. Immagine curiosa ma d’effetto, in una bella notte stellata infatti può sembrare di udir riecheggiarne il suono.

COSA OSSERVARE SULLA SUPERFICIE LUNARE

Una falce non proprio stretta (3,1 giorni) ma pur sempre spettacolare si potrà osservare la sera del 24 Marzo tenendo presente che alle ore 21:51 scenderà sotto l’orizzonte preceduta dal pianeta Venere (separazione di 4°) e seguita dal pianeta Urano (separazione di 3°). Altro fotogenico quadretto di cui attendiamo i vostri riscontri fotografici mentre chi fosse interessato ad osservare la superficie lunare potrà spaziare lungo tutto il bordo orientale, dal mare Humboldtianum a nordest fino al settore est del mare Crisium con i mari Marginis e Smythii, spostandosi poi lungo il bordo est del mare Fecounditatis fino al mare Australe a sudest. Ovviamente rimane inteso che per questa tipologia di osservazioni, oltre agli ormai noti parametri osservativi, risulterà determinante disporre di un orizzonte il più possibile libero da ostacoli.

Spedito ancora “fresco” di stampa

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Consegnato dalla tipografia e già spedito!

Come promesso abbiamo anticipato i tempi di spedizione: appena ricevuto dalla tipografia i primi pacchi sono partiti già ieri, oggi la seconda trance e lunedì tutto il resto (accidenti al fine settimana!). Corri postino! 📨📨

Ve lo dobbiamo proprio dire, è stupendo! Colori fantastici al dettaglio e contenuti sempre orginali.

Avete già preso la vostra copia? Occhio che poi finisce 👀👀

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Vita e morte di una protuberanza solare

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Pubblichiamo il contributo che la bravissima Rossana Miani ci ha inviato in redazione. Il testo che segue sono le sue parole.

“Sono parecchi anni che osservo il Sole ma non mi era mai capitato di osservare una protuberanza di durata così breve (circa un’ora), il seguirla dietro uno schermo è stato molto emozionante, probabilmente attraverso l’oculare mi avrebbe lasciato un ricordo indelebile che però non avrei potuto condividere con tutti.

La ripresa, qui in formato GIF,  è composta da 20 riprese della durata di 20 sec ciascuna. Il tempo tra una ripresa e l’altra non è preciso, è di circa 4/5 minuti, incertezza dovuta al passaggio di nuvole piuttosto consistenti che non hanno permesso riprese costanti. Le 20 immagini sono state riprese dalle 11:06 alle 11:57 ora locale, da Maserà di Padova il 16.03.2023″

Strumentazione: Daystar Quark cromosfera, 80ED Skywatcher, Player One Filtro ERF 1.25″ serie S, ASI174MM, Skywatcher AZEQ5, Filtro ERF Baader.

Webb indaga mondi lontani

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Questa illustrazione mostra le nuvole vorticose identificate dal James Webb Space Telescope nell'atmosfera dell'esopianeta VHS 1256 b. Il pianeta dista circa 40 anni luce e orbita attorno a due stelle. Le nuvole del pianeta, che sono piene di polvere di silicato, si alzano, si mescolano e si muovono costantemente. Credito: NASA, ESA, CSA, Joseph Olmsted (STScI)

La potenza di Webb non si attesta solo con le immagini spettacolari a cui ci sta abituando. Webb ha una capacità di raccolta dati impressionante, non sempre “visibili” (ricordiamo che il telescopio JWST lavora nell’infrarosso) e non sempre quindi “accattivanti”. Tuttavia le ricerche e le informazioni che si possono trarre dai dati che costantemente i team ricevono forniscono nuove conoscenze su elementi che prima sembravano inaccessibili.

E’ il caso di questa indagine il cui soggetto è il pianeta VHS 1256b, che dista 40 anni luce da noi. Grazie ai dati raccolti dal JWST gli scienziati hanno putto riconoscere nell’atmosfera nuvole di silicato e un movimento costante durante tutte le 22 ore della sua giornata. Evidenze di correnti ascensionali. Un oggetto la cui luminosità cambia velocemente, come nessun altro pianeta studiato sin ora.

Il team, guidato da Brittany Miles dell’Università dell’Arizona, ha anche effettuato rilevamenti straordinariamente chiari di acqua, metano e monossido di carbonio con i dati di Webb e ha trovato prove di anidride carbonica. Questo è il maggior numero di molecole mai identificate tutte in una volta su un pianeta al di fuori del nostro sistema solare.

Catalogato come VHS 1256 b, il pianeta si trova a circa 40 anni luce di distanza e orbita non una, ma due stelle per un periodo di 10.000 anni. “VHS 1256 b è circa quattro volte più lontano dalle sue stelle di quanto Plutone lo sia dal nostro Sole, il che lo rende un ottimo obiettivo per Webb”, ha detto Miles. “Ciò significa che la luce del pianeta non è mescolata con la luce delle sue stelle.” Più in alto nella sua atmosfera, dove le nuvole di silicato si agitano, le temperature raggiungono gli 830 gradi Celsius.

Primi risultati dai telescopi dell’ESO dopo l’impatto di DART con un asteroide

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Usando il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO, due diversi gruppi di astronomi hanno osservato le conseguenze della collisione tra il veicolo spaziale DART (Double Asteroid Redirection Test) della NASA e l’asteroide Dimorphos. L’impatto controllato è stato un test di difesa planetaria, ma ha anche offerto agli astronomi un’opportunità unica per conoscere meglio la composizione dell’asteroide analizzando il materiale espulso.

Il 26 settembre 2022 il veicolo spaziale DART si è scontrato con l’asteroide Dimorphos per effettuare un test controllato delle nostre capacità di deflessione degli asteroidi. L’impatto è avvenuto a 11 milioni di chilometri dalla Terra, abbastanza vicino da poter essere osservato in dettaglio con molti telescopi. Tutti e quattro i telescopi da 8,2 metri del VLT dell’ESO in Cile hanno osservato le conseguenze dell’impatto e i primi risultati di queste osservazioni del VLT sono stati pubblicati in due articoli.

Gli asteroidi sono tra i resti più essenziali del materiale da cui sono stati creati tutti i pianeti e le lune del Sistema Solare“, afferma Brian Murphy, studente di dottorato presso l’Università di Edimburgo nel Regno Unito e coautore di uno dei lavori. Studiare la nube di materiale espulso dopo l’impatto di DART può quindi dirci come si è formato il Sistema Solare. “Gli impatti tra asteroidi avvengono naturalmente, ma non lo si sa mai in anticipo“, continua Cyrielle Opitom, astronoma all’Università di Edimburgo e autrice principale di uno degli articoli. “DART è davvero una grande opportunità per studiare un impatto controllato, quasi come in laboratorio.

Opitom e il suo gruppo hanno seguito l’evoluzione della nube di detriti per un mese con lo strumento MUSE (Multi Unit Spectroscopic Explorer) installato sul VLT dell’ESO. Hanno scoperto che la nube espulsa era più blu dell’asteroide stesso prima dell’impatto, indicando che avrebbe potuto essere composta da particelle molto fini. Nelle ore e nei giorni che seguirono l’impatto si svilupparono altre strutture: ciuffi, spirali e una lunga coda allontanata dalla radiazione solare. Le spirali e la coda erano più rosse della nube iniziale e quindi avrebbero potuto essere costituite da particelle più grandi.

MUSE ha permesso al team di Opitom di scomporre la luce della nube come fosse un arcobaleno e di cercare le impronte chimiche di diversi gas. In particolare, hanno cercato ossigeno e acqua provenienti dal ghiaccio esposto dall’impatto. Ma non hanno trovato niente. “Non ci si aspetta che gli asteroidi contengano quantità significative di ghiaccio, quindi anche rilevare una qualsiasi traccia di acqua sarebbe stata una vera sorpresa“, spiega Opitom. Hanno anche cercato tracce del propellente della navicella DART, ma non ne hanno trovate. “Sapevamo che fosse un azzardo”, aggiunge, “poiché la quantità di gas rimasta nei serbatoi dal sistema di propulsione non avrebbe dovuto essere enorme. Inoltre, una parte di questo avrebbe potuto arrivare troppo lontano per essere rilevata con MUSE quando abbiamo iniziato a osservare”.

Un altro gruppo, guidato da Stefano Bagnulo, astronomo dell’Armagh Observatory and Planetarium nel Regno Unito, ha studiato come l’impatto di DART abbia alterato la superficie dell’asteroide.

Quando osserviamo gli oggetti nel Sistema Solare, stiamo osservando la luce solare diffusa dalla loro superficie o dalla loro atmosfera, che diventa parzialmente polarizzata”, spiega Bagnulo. Ciò significa che le onde luminose oscillano lungo una direzione preferita piuttosto che in modo casuale. “Tracciare come cambia la polarizzazione con l’orientamento dell’asteroide rispetto a noi e al Sole ne rivela la struttura e la composizione della superficie“.

Bagnulo e i suoi colleghi hanno utilizzato lo strumento FORS2 (FOcal Reducer/low dispersion Spectrograph 2) installato sul VLT per monitorare l’asteroide e hanno scoperto che il livello di polarizzazione è sceso improvvisamente dopo l’impatto. Allo stesso tempo, la luminosità complessiva del sistema è aumentata. Una possibile spiegazione è che l’impatto abbia esposto più materiale incontaminato dall’interno dell’asteroide. “Forse il materiale scavato dall’impatto era intrinsecamente più luminoso e meno polarizzante del materiale in superficie, perché non è mai stato esposto al vento e alla radiazione solari”, dice Bagnulo.

Un’altra possibilità è che l’impatto abbia distrutto le particelle sulla superficie, espellendo così quelle molto più piccole nella nube di detriti. “Sappiamo che, in determinate circostanze, i frammenti più piccoli sono più efficienti nel riflettere la luce e meno efficienti nel polarizzarla“, spiega Zuri Gray, altro studente di dottorato all’Armagh Observatory and Planetarium.

Gli studi dei gruppi guidati da Bagnulo e Opitom mostrano le potenzialità del VLT quando i suoi diversi strumenti lavorano insieme. Infatti, oltre a MUSE e FORS2, le conseguenze dell’impatto sono state osservate con altri due strumenti del VLT e l’analisi di questi dati è ancora in corso. “Questa ricerca ha sfruttato un’opportunità unica, quando la NASA ha colpito un asteroide”, conclude Opitom, “quindi non può essere ripetuta da nessuna struttura futura. Questo rende i dati ottenuti con il VLT nel momento dell’impatto estremamente preziosi quando si tratta di comprendere meglio la natura degli asteroidi”.

Fonte ESO

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Vulcani attivi su Venere

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 Rappresentazione artistica di un vulcano in eruzione su Venere. Crediti: ESA / AOES Medialab.

Venere è il secondo pianeta del Sistema Solare in quanto a distanza dal Sole ed ha quasi le stesse dimensioni e massa della Terra.

Il pianeta Venere, assieme a Marte, è stato teatro delle più bizzarre teorie sulla presenza di vita nel secolo scorso. Le analisi successive, tuttavia, hanno limitato queste ipotesi, anche in favore delle avverse condizioni che il pianeta offre.

Si pensa infatti che il pianeta abbia subito un evento di rimodellamento quasi globale della superficie circa 300-600 milioni di anni fa e che l’attività vulcanica sia andata successivamente scemando. Per ora, la crosta di Venere è ferma e non c’è nulla che possa degradare i crateri, dal momento che questo pianeta non ha una tettonica a placche attiva come la Terra, che mantiene la crosta terrestre in costante movimento, rimodellando la sua superficie.

Il processo di rimodellamento della superficie parte da piccole instabilità che degenerano verso grandi creste e che spiegano l’abbondanza di corone negli altopiani e la loro scarsità nelle pianure di Venere. Durante un evento di questo tipo avvengono variazioni su larga scala nella topografia del pianeta.

Anche le abbondanze di elementi radioattivi sono simili al nostro pianeta e tali elementi  rilasciano calore che potrebbe guidare l’attività vulcanica.

L’analisi dei crateri di Venere mostra morfologie che sembrano però essere state modificate da processi vulcanici e questo potrebbe significare che l’età media della superficie è solo di decine di milioni di anni, comparabile ai bacini oceanici della Terra.

Il problema è che, come detto, Venere non ha la tettonica a placche attuale e la stragrande maggioranza del vulcanismo terrestre è associato alla formazione di crosta nelle dorsali medio-oceaniche o negli archi vulcanici sopra le zone di subduzione.

Su Venere ci sono diverse dozzine di vulcani con dimensioni ragguardevoli e indizi di attività con temperature più calde dei vulcani più attivi sulla Terra come la Big Island delle Hawaii.

Si stima che in un giorno siderale venusiano, pari a 243 giorni terrestri, potrebbero aver luogo diverse eruzioni basaltiche, comprendendo diverse decine di chilometri attorno al punto di eruzione.

Una recente ricerca condotta esaminando le immagini radar della superficie di Venere raccolte dalla sonda Magellan della NASA tra il 1990 e il 1992 relativamente all’area contenente due dei più grandi vulcani di Venere, Ozza e Maat Mons, paragonabili in volume ai più grandi vulcani della Terra, ha mostrato un cambiamento nella morfologia e dimensioni delle bocche, specialmente nella bocca sul lato nord di un vulcano a scudo a cupola che fa parte del vulcano Maat Mons.

Topografia dell’area di studio su Venere; il colore indica le elevazioni, misurate rispetto al raggio planetario medio dall’altimetro di Magellan. Crediti: Robert Herrick & Scott Hensley

E’ stato evidenziato che la bocca era cresciuta da una formazione circolare di 2, km^2 ad una forma irregolare di circa 4 km^2.

I ricercatori ipotizzano che si sia formato un lago di lava nella bocca durante gli otto mesi intercorse tra le immagini. Secondo lo studio, un collasso non vulcanico, ma innescato da un crollo delle pareti della bocca potrebbe aver causato l’espansione. Ma crolli di queste dimensioni sui vulcani terrestri sono sempre stati accompagnati da eruzioni vulcaniche nelle vicinanze.

Ovviamente, dal momento che la superficie di Venere è geologicamente giovane, soprattutto rispetto a tutti gli altri corpi rocciosi tranne la Terra e la luna di Giove Io,  si stima che potrebbero verificarsi su Venere eruzioni che vanno da diversi grandi eventi all’anno a una ogni diversi o addirittura decine di anni.

Per approfondire:

Robert R. Herrick & Scott Hensley. Surface changes observed on a Venusian volcano during the Magellan mission. Science, published online March 15, 2023; doi: 10.1126/science.abm7735

 

Di equinozi e sistemi di riferimento

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Foto: EUMETSAT (2010)
Foto: EUMETSAT (2010)

Oggi, 20 marzo, è l’equinozio di primavera. Oggi il Sole sorge esattamente a Est e tramonta esattamente a Ovest, e il giorno è diviso esattamente a metà tra 12 ore di luce e 12 ore di buio.

Dal punto di vista geometrico, questo significa che oggi i raggi del Sole sono perfettamente paralleli all’equatore terrestre. O, stessa cosa detta in modo diverso, oggi il terminatore (ossia la linea sulla superfice terrestre che divide il giorno dalla notte) passa esattamente per il Polo Nord e per il Polo Sud.

Per questo, oggi vedrete un sacco di foto della Terra, esattamente divisa a metà tra luce e buio, perfettamente “verticale” come una trottola che gira a piena velocità.

Ovviamente, “verticale” nello spazio tridimensionale non significa assolutamente niente, e comunque vale solo quando ci poniamo nel sistema di riferimento del nostro Sistema Solare, in particolare il piano dell’eclittica, ossia il piano su cui si muovono (grado più, grado meno) le orbite dei pianeti.

Ma questo non è ovviamente l’unico sistema di riferimento, né tantomeno l’unico piano orbitale privilegiato. Quella che vedete qui ad esempio è come apparirebbe oggi la Terra all’equinozio di primavera osservata prendendo come riferimento il piano della nostra Galassia. Rispetto a questo, infatti, il piano orbitale del nostro Sistema Solare risulta inclinato di circa 62°. (Sì, rispetto all’equatore della nostra Galassia, il Sistema Solare è “storto”: e a pensarci bene, sarebbe strano il contrario!)

Quindi qual è quello giusto? Il riferimento al piano dell’equatore terrestre? Il riferimento al piano dell’eclittica? Il riferimento al piano della Galassia? Ovviamente, tutti sono giusti, e nessuno lo è. Alcuni sono più utili di altri in alcuni momenti, e basta. E alla fine, non solo questa è l’unica cosa che conta, è l’unica cosa che c’è.

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