Benvenuti a bordo dell’incrociatore Nautilus-X
in rotta verso Marte.
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Incipit evocativo, vero? Pare che la NASA abbia superato se stessa: qualche tempo fa, durante una conferenza stampa, ha presentato una astronave, il Nautilus-X.
Sì, avete capito bene. È il primo progetto “concreto” di una nave spaziale interplanetaria, quello che tutti gli appassionati attendono da decenni. E improvvisamente, così, di punto in bianco il miracolo accade.
Ma andiamo con ordine.
- Nautilus-X in versione estesa.
Due progettisti del JSC, Mark Holderman e Edward Henderson, appartenenti al gruppo NASA Future in Space Exploration (FISO) hanno presentato i risultati del Technology Applications Assessment Team (TAAT), che sta esaminando diverse tecnologie chiave per l’avanzamento nell’esplorazione spaziale. Punti fondamentali di questa operazione è la creazione di strutture realizzabili in poco tempo e soprattutto accessibili con le attuali tecnologie.
Fra tutte le tecnologie e i progetti presentati, quello più clamoroso è proprio stato il Multi-Mission Space Exploration Vehicle (MMSEV).
Il Nautilus-X è concepito come un veicolo riutilizzabile per esclusivo uso extra atmosferico ed infatti il nome è l’acronimo di Non Atmospheric Universal Transport Intended for Lenghty United States eXploration (Trasporto Universale non Atmosferico inteso per l’esplorazione americana di lunga durata) e si tratta fondamentalmente di una astronave interplanetaria da assemblare direttamente nello Spazio con diversi livelli di allestimento; nella versione più estesa potrà supportare trasportare e proteggere un equipaggio di 6 persone per 24 mesi. Sviluppata con l’uso di diversi accorgimenti che sono attualmente utilizzati nelle normali missioni spaziali, vedrà anche l’implementazione di nuovi apparati come una centrifuga in grado di simulare la forza di gravità per ridurre i problemi alla salute dell’equipaggio, avrà un sistema di scudi per proteggere le persone a bordo dai raggi cosmici e dalle tempeste solari e un sistema propulsivo modulare.
- Nautilus-X in versione compatta.
L’idea di base è quella di sfruttare una struttura a tralicci che garantisce robustezza e leggerezza, sulla quale verranno agganciati i vari moduli abitativi e di servizio, fra i quali potrebbero anche essere utilizzati moduli gonfiabili (Bigelow Aerospace è l’azienda più avanzata in tal senso).
A una struttura prodiera rigida e completa di ponte di comando, pannelli solari per la produzione di energia elettrica, braccio robotico, compartimento stagno e sistema di aggancio compatibile sia con le capsule Orion che con i moduli europei e le capsule commerciali, viene accoppiato il modulo centrifugo che, composto di parti rigide e parti soffici (sempre del tipo gonfiabile e irrigidite da strutture di Hoberman), permette un notevole risparmio dal punto di vista del peso e della complessità di realizzazione.
Per variare la velocità di rotazione verrebbero utilizzati dei piccoli razzi di manovra posti all’esterno della circonferenza; semplificando quindi la struttura con l’assenza di motori elettrici e giunti di trasmissione ed impedire allo stesso tempo di indurre delle spinte e controrotazioni al vascello. L’eventuale alternativa è di montare un volano controrotante in modo da azzerare eventuali momenti torsionali. Con un diametro esterno compreso fra i 10 e i 13 metri, avrà la zona periferica abitabile di circa 1,3 metri di diametro e ruoterà fra i 4 e i 10 giri al minuto simulando una gravità massima di 0,5-0,6g. Sarà con tutta probabilità la zona notte, dove gli astronauti potranno dormire in condizioni di gravità parziale.
- La centrifuga montata sulla ISS.
Il collaudo di questo modulo centrifugo potrà essere eseguito direttamente sulla ISS, utilizzando come giunto di interconnessione uno degli ex compartimenti stagni degli Space Shuttle, agganciandolo esattamente alla porta di attracco dove attualmente si posizionano le navette. Verrebbero quindi sfruttati sia gli airlock costruiti per lo Shuttle che la porta d’attracco all’estremità americana della ISS permettendo così una sperimentazione sul campo dell’intero sistema centrifugo. Un’apposita prolunga “soffice” di aggancio permetterà di smorzare le vibrazioni e i rumori provenienti dalla centrifuga durante la sua rotazione.
Il costo di questo test si posizionerebbe fra gli 84 e i 143 milioni di dollari, mentre il tempo di realizzazione sarebbe inferiore ai 39 mesi.
Proseguendo dalla prua alla poppa del Nautilus-X si passa alla sezione Environmental Control and Life Support System (ECLSS – Sistemi ambientali e di supporto vitale) che sarà pensata in modo da essere verificabile e permetterne la manutenzione direttamente dall’interno del veicolo, senza bisogno di attività extraveicolari. Questa è in pratica la zona da cui inizia la modularità del sistema e dove l’allestimento cambia a seconda che il Nautilus-X serva per missioni brevi o lunghe. Per missioni brevi, di tipo lunare, sarebbe presente un solo nodo con il modulo ECLSS e due moduli logistici, mentre per missioni più lunghe sono previsti fino a tre nodi su cui montare un massimo di nove moduli logistici e due compartimenti per veicoli di discesa/rientro, sonde robotiche o pod per escursioni su corpi a bassa gravità (come asteroidi o comete).
Subito dopo sarebbero posizionate le antenne di comunicazione e infine le unità di propulsione principali. Sarebbero anch’esse modulari ed intercambiabili, specifiche per ogni missione. Per ora si parla di motori a ioni o più classici motori chimici a bassa spinta, ma ad alto impulso specifico. Anche nuove tecnologie come i propulsori VASIMR potrebbero essere implementati. Non sono ancora pensabili motori nucleari a causa della difficile schermatura alle radiazioni.
E a proposito di radiazioni, l’equipaggio sarebbe protetto dai raggi cosmici grazie ad uno scudo magnetico (attualmente in sviluppo al MIT) e in caso di brillamenti solari o fenomeni particolarmente violenti, è prevista una zona protetta con acqua e idrogeno, in modo da massimizzare la resistenza e non dover schermare in modo pesante l’intero vascello.
La struttura verrebbe costruita a Terra e trasportata in orbita utilizzando una serie di lanci del vettore pesante HLV (si pensa 3 o 4 decolli e l’eventuale utilizzo dei Delta IV e degli Atlas 5) più un paio per l’equipaggio. L’assemblaggio vero e proprio avverrebbe in un punto Lagrangiano, probabilmente L1 del sistema Terra/Luna (quello di equilibrio fra i due corpi) e da lì la partenza e l’allontanamento sarebbero molto meno dispendiosi dal punto di vista della spinta e dei propellenti.
Ma quando riusciremo a vedere l’inizio della costruzione di questa meraviglia e, soprattutto, quanto verrà a costare?
Tenetevi forte.
Il tempo di realizzazione, inteso come progetto e costruzione, si attesta sui 64 mesi e il costo sui 3,7 miliardi di dollari.
Considerando che lo stanziamento per lo sviluppo della capsula Orion, solo per quest’anno, si posiziona sui 2,8 miliardi di dollari, il Nautilus-X appare praticamente regalato: quattro miliardi divisi su sei anni sono 660 milioni all’anno, meno di un lancio Shuttle.
Queste cifre lasciano un po’ perplessi, soprattutto considerando che la NASA non è mai stata così precisa nella stima dei costi che fatalmente hanno sempre sforato, e di molto, le previsioni, ma in questo caso ci troviamo di fronte alla prima vera astronave del genere umano.
Un veicolo modulare, riutilizzabile, in grado di viaggiare nello spazio per due anni consecutivi sarebbe veramente un punto di svolta nell’esplorazione del Sistema Solare.
Senza contare che sarebbe realizzabile entro il 2020!
Be’, vettori di trasporto permettendo…