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Test Rifrattore Takahashi TOA-130

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Takahashi TOA-130 -Setup in parallelo con Canon EF500 f/4L Is
Takahashi TOA-130 -Setup in parallelo con Canon EF500 f/4L Is

Coelum Astronomia - Test Takahashi TOA-130
Test Takahashi TOA-130

Il nuovo corso della produzione cinese dei telescopi ha condizionato lo sviluppo del mercato introducendo nuove proposte economicamente molto concorrenziali. In questo nuovo scenario di settore, la ditta Takahashi Seisakusho Ltd., ha saputo ben rispondere rilanciando l’offerta con eccellenti apocromatici, tenendo testa sia alla produzione cinese, sia alle ditte blasonate.

Coelum Astronomia - Takahashi TOA-130
Takahashi TOA-130

La casa nipponica, fondata da Mr.Kitaro Takahashi a Tokyo nel 1932, ha iniziato l’attività con la produzione di valvole per sottomarini; successivamente, nel dopoguerra, ha iniziato a sviluppare strumenti ottici e nel 1967 si è convertita alla produzione di telescopi. Nel 1970, ha introdotto il Fluoruro di Magnesio (MgF2) per il trattamento anti riflesso ed il Fluoruro di Calcio (fluorite, CaF2) per le ottiche. Nel 1998, il Protocollo di Kyoto ha vietato la lavorazione industriale della fluorite per evitare che fluorocarburi liberati nella sua lavorazione fossero respirati dagli operai.

Coelum Astronomia - Takahashi TOA-130
Takahashi TOA-130 e Marco Meniero

Inoltre, la fluorite era estremamente delicata ai graffi e sensibile all’umidità (igroscopica) ed agli agenti chimici atmosferici. Pertanto, la Takahashi ha iniziato a sostituire la fluorite degli apocromatici FS con le lenti più ecologiche in ED (“Extra Low Dispersion” secondo la terminologia comune, “Extraordinary “Dispersion” secondo Taka) affidandosi al settore di Ricerca e Sviluppo di della Canon. Tra alcuni astrofili aleggia il sospetto che il passaggio dalla fluorite ai vetri ED sia dovuto solamente a motivi economici e non all’ottemperanza del Protocollo di Kyoto. Solo sospetti? Non lo so, ma è vero che le linee di produzioni più vecchie mantengono ancora la Fluorite (es Sky90, 2009). E’ sempre stato noto, tra gli astrofili, che i vetri ED garantissero un contrasto inferiore alla fluorite, ma le stupende ottiche di recente produzione, come quelle dell’FSQ106 ED Petzval (seconda serie), hanno fatto ricredere molti appassionati.

Marte: notizie da Spirit e Opportunity

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La roccia scura chiamata 'Oilean Ruaidh' che sembra un meteorite ferroso
La roccia scura chiamata 'Oilean Ruaidh' che sembra un meteorite ferroso (Nasa JPL)
La roccia scura chiamata 'Oilean Ruaidh' che sembra un meteorite ferroso
La roccia scura chiamata 'Oilean Ruaidh' che sembra un meteorite ferroso (Nasa JPL)

Nel Sol 2358 (11 Settembre 2010), il rover ha viaggiato per più di 106 metri in una serie di passi. L’ultimo segmento del lungo spostamento è stato una prova simulata di navigazione autonoma (AutoNav) in marcia indietro con la telecamera posteriore (Hazcam) attiva. La navigazione autonoma è limitata alla marcia indietro perché l’antenna a basso guadagno del rover (LGA) è nel campo di vista della telecamera principale (PMA), mentre le telecamere della parte posteriore non hanno ostruzioni. Ulteriori test di questa tecnica sono in corso di programmazione.

Opportunity nel Sol 2361 (14 settembre 2010) ha eseguito un drive di più di 54 metri verso sud-est. Le indagini sui malfunzionamenti dello spettrometro Mössbauer (MB) continuano. Un test del MB a freddo è stato eseguito durante il Sol 2358 (11 settembre 2010). Questo test ha dimostrato il comportamento anomalo dello strumento sia all’inizio che alla fine della prova di 30 minuti. Un test precedente a temperature più elevate (durante il Sol 2355, 8 set 2010) non ha evidenziato anomalie di sorta e lo strumento ha funzionato normalmente.
Il Sol 2363 (16 Settembre 2010), il rover ha eseguito un movimento di oltre 80 metri verso il possibile meteorite. Sempre il Sol 2363, è stato eseguito un altro test diagnostico sullo spettrometro Mössbauer, questa volta ad una temperatura intermedia. Il MB ha funzionato normalmente durante tutto il test diagnostico.
Il Sol 2367 (20 settembre 2010), Opportunity ha eseguito un drive all’indietro di 36 metri avvicinandosi al meteorite e poi con una giravolta ha eseguito un approccio in avanti.
Il Sol 2368 (21 settembre 2010), il rover ha eseguito una semi-circumnavigazione di 9 metri del meteorite riprendendo dettagliate immagini. È ora in programma un avvicinamento al meteorite per l’analisi con gli strumenti di indagine del braccio robotico.
Al Sol 2369 (22 Set 2010), la produzione di energia solare è stata di 570 watt-ora con un lieve aumento di opacità atmosferica (Tau) a 0,607 e il fattore polvere sui pannelli solari è stato di 0,724. L’odometria totale segna 23’360,65 metri.

Test Montatura 10micron GM2000 QCI

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Montatura GM2000 QCI - Errore Periodico
Montatura GM2000 QCI - Errore Periodico

Montatura GM2000 QCI
Montatura GM2000 QCI

Coelum ha già testato e recensito qualche anno fa la versione FS-2 di questa montatura equatoriale GoTo costruita in provincia di Milano e quindi di produzione italiana, appartenente alla categoria medio-alta perché in grado di sorreggere con sicurezza, per applicazioni di alto livello, strumenti fino al peso considerevole di 50Kg.

Ho di recente avuto la possibilità di testare questa versione nuova di zecca, denominata GM2000 QCI “Ultraportable”, che si differenzia in vari punti essenziali dalla versione FS-2.

Montatura GM2000 QCI
Montatura GM2000 QCI

I particolari più importanti che la differenziano dalla più semplice versione FS-2 (che, lo ricordiamo, utilizza motori passo-passo Sanyo Denki ed una elettronica prodotta in Germania dalla ditta Astro-Electronics) sono i motori AC Servo Brushless (cioè a corrente alternata e con encoder integrato di controllo dei motori) “intelligenti” tipicamente utilizzati nel settore della robotica industriale e particolarmente potenti e sofisticati, nonché una centralina elettronica, una pulsantiera di controllo ed anche un firmware totalmente nuovi, sviluppati in modo proprietario dalla ditta 10micron.

Montatura GM2000 QCI - Centralina
Montatura GM2000 QCI - Centralina

Inoltre questa versione della GM2000 QCI che mi è stata consegnata si chiama “ultraportable” perché offre una ulteriore innovazione particolarmente utile, ovvero la possibilità di dividere in pochi istanti i due assi di A.R. e DEC, rispettivamente da 15kg e 12 kg, rendendo la montatura molto più facile da trasportare rispetto alla versione monolitica, che ne pesa 27. Inoltre, su mia richiesta, mi è stata fornita la centralina di controllo (CONTROL BOX) separata, inserita in una valigetta portatile, e non incorporata nella mezza colonna che sovrasta il treppiede Centaurus, fornita nella versione “Full”. Infatti ho installato la montatura sulla colonna fissa del mio osservatorio personale, e quindi non avevo bisogno né del treppiede né della mezza colonna.

La GM2000 QCI viene fornita con una pulsantiera di comando abbastanza grande, per certi aspetti simile alle consolle palmari di comando Astro-Physics GTO o Vixen SkySensor 2000, con tasti morbidi e schermo LCD a più righe, entrambi retroilluminati.

Come la versione “sorella” FS-2, anche questa montatura QCI ha un peso considerevole, disegno somigliante (ma tutt’altro che uguale, specie per quanto riguarda le parti meccaniche interne) alle montature Astro-Physics 900/1200 GTO e finiture di gran pregio, in alluminio anodizzato e colorato. Questa montatura conferisce al telescopio una solidità assoluta: anche con tubi molto lunghi e pesanti il tempo di smorzamento delle vibrazioni è praticamente istantaneo, inferiore ad 1 secondo. Il puntamento avviene ad una velocità massima impressionante: 1920X cioè 8 gradi al secondo, durante il quale si sente solo il ronzio dei motori grazie alla grande silenziosità della trasmissione tramite cinghie dentate. Sono disponibili 9 velocità pre-impostate (solo la velocità massima di puntamento è configurabile), da 0.15x fino a 1920x.

Il database interno è vastissimo, e comprende decine di migliaia di stelle, oggetti non stellari, corpi del Sistema Solare (anche centinaia di asteroidi e comete luminose), ed è possibile memorizzare oggetti definiti dall’utente, nonché puntare coppie di coordinate, equatoriali ma anche altazimutali. Particolarmente comodo è l’accesso ai database delle stelle luminose, che può avvenire scegliendo il nome della stella oppure la sua designazione Bayer (alfa, beta, ecc… di ogni costellazione).

In generale ho trovato molto pratica e intuitiva la navigazione nei menu QCI, anche se avrei gradito che venisse fornita la possibilità di organizzare, tramite filtri da impostare nei vari cataloghi, i vari oggetti in base a determinate caratteristiche, ad esempio per luminosità, per estensione o per costellazione.

Non è possibile descrivere, nemmeno sommariamente, tutte le possibilità che offre questo software di controllo, che offre moltissime soluzioni di livello professionale. Mi limiterò quindi ad elencare quelle di maggiore interesse per l’amatore di medio livello.

Sky-Watcher 150/750

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skywatch
skywatch



skywatch
skywatch

Valutare le qualità di un telescopio è un’operazione delicata e complessa.
Per poterne apprezzare i pregi e rilevarne eventuali difetti bisognerebbe testarlo a lungo, dedicando all’operazione più notti, in modo da osservare il cielo nel modo più sistematico e da riuscire a cogliere il maggior numero possibile di oggetti astronomici.
La mia personale esperienza suggerisce come il test di uno strumento non si possa esaurire nel volgere di poche notti di osservazione – non prendo nemmeno in considerazione l’ipotesi di testarlo in poche ore o da un luogo e con delle condizioni metereologiche poco idonee.
Per questo motivo ho deciso di raccontare le mie impressioni sulla qualità e le prestazioni di un rifrattore a corta focale non recentissimo, in commercio da circa due anni: è il telescopio SkyWatcher 150/750, uno strumento dotato di un obiettivo acromatico tipo Fraunhofer spaziato ad aria del diametro di 150mm e con una focale di 750mm prodotto in Cina.
La cella non è collimabile, come invece avviene nel modello più grande con la focale di 1200mm (F8). Al ricevimento del telescopio mi ha sorpreso la compattezza del tubo con dimensioni estremamente contenute, pesa circa 5 chili ed è dotato di un focheggiatore da 2 pollici (la qualità meccanica è discreta), con un riduttore da 1e1/4 di pollice che è predisposto per l’attacco della fotocamera; la messa a fuoco si raggiunge con precisione anche se a volte capita, con oculari pesanti, di avere qualche scatto.
Esteticamente è gradevole.
In qualità di appassionato di osservazione fotografica e visuale di ampi campi stellari, mi incuriosiva valutare le possibilità offerte da questo rifrattore a corta focale.
A un primo esame il rifrattore appare funzionalmente ben realizzato. La prima osservazione l’ho fatta in città dirigendo lo strumento sulla stella Vega, prima di porre l’occhio all’oculare (un Vixen al lantanio da 10mm), non pensavo certo di vedere un’immagine brillante e priva di residuo cromatico, come quella prodotta da un rifrattore apocromatico, ma la sorpresa è stata enorme in quanto l’alone blu prodotto dalla aberrazione cromatica che circondava Vega era contenuto; purtroppo una tenue luce diffusa disturbava la nitidezza della visione.

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Epsilon Lira

Aumentando l’ingrandimento con un oculare Vixen LW 3,5mm abbinato a un filtro giallo pallido (B+W420) e testando la stella in intra ed extrafocale si era resa evidente la presenza di una aberrazione sferica, oltre a un errore zonale al bordo. Nonostante questi difetti facilmente riscontrabili, sempre con lo stesso ingrandimento (214 x) e dirigendo il telescopio in direzione della stella, la doppia-doppia Epsilon Lira (separazione 2,5”d’arco), lo sdoppiamento del sistema in quattro stelle è risultato facile e ben risolto. Una visione molto bella, con punti luminosi piccoli e incisi, complice anche l’ottimo seeing caratteristico della pianura.

Osservando nelle notti dei mesi successivi altre stelle doppie, ho potuto constatare che lo SkyWatcher150/750, se pur con una focale così corta, raggiunge il limite teorico di separazione (in lambda Cigno di 0,8”d’arco era visibile la divisione, sia pure di lieve percezione).

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Gamma Andromeda
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Iota Cassiopea

Incantevole la stella doppia larga Albireo, osservata a basso ingrandimento con l’oculare 2” Unitron WideScan da 30mm e 84° gradi di campo, i colori intensissimi della stella rossa e azzurra, due piccole gemme che si stagliavano sul fondo ricco di stelle della Via Lattea. Uno spettacolo emozionante; così anche per gli altri sistemi doppi facilmente separabili a basso ingrandimento. Nei mesi invernali, il famoso Trapezio, immerso nella nebulosa di Orione mostrava, a 150 ingrandimenti, anche le deboli componenti E ed F (osservazione più volte ripetuta dal cielo di Milano).

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Iota Leone
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Lamda Cygni

Pur non essendo uno strumento progettato per l’osservazione della Luna e dei pianeti, (un’apertura obiettivo troppo spinta per un rifrattore acromatico), anche nell’osservazione prolungata di questi oggetti non sono mancate le sorprese. Per osservare gli astri del sistema solare ho utilizzato un filtro in grado di ridurre drasticamente il residuo cromatico: il Fringe-Killer della Baader/Unitron. Si tratta di un filtro studiato e realizzato appositamente per ridurre l’alone blu e rosso al di sopra dei 656nm dei rifrattori acromatici. Purtroppo le immagini si tingono leggermente di giallo, ma il risultato finale è ottimo.
La Luna a 50x (oculare da 15mm) al primo quarto si presentava abbagliante come se fosse stata letteralmente scolpita sul fondo del cielo, il residuo di cromatismo era molto attenuato dal filtro, anche se il colore della Luna a quel punto assumeva una sfumatura gialla. Aumentando gli ingrandimenti fino a 150x (oculare al Lantanio Vixen 5mm) i dettagli lunari risultano ancora molto contrastati e sempre affascinanti. Nel contempo la perdita di luminosità e di contrasto si faceva sentire con maggior evidenza.

Sempre utilizzando l’oculare da 5mm, osservando il pianeta Giove con un ottimo seeing, l’immagine risultava buona: evidenti le Bande equatoriali, mentre la macchia rossa (di colore bianco-rosa) si staccava dal fondo del pianeta.
I satelliti galileiani mostravano il dischetto circolare e, ben distinguibili, le differenze fra le dimensioni dei satelliti.
Molto netta e contrastata appariva l’ombra dei satelliti proiettata sul disco planetario.
Un vero piacere era l’osservazione di Saturno (sempre a 150x) che mostrava con immediatezza la divisione di Cassini e gli anelli A, B; con difficoltà l’anello C e ben visibili i cinque satelliti principali, anche a basso ingrandimento.
Utilizzando uno sdoppiatore binoculare Baader con oculari da 15mm e da 5mm, su tutti gli oggetti del sistema planetario, forte era la sensazione di viaggiare nello spazio a bordo di un’astronave. Uno scenario meraviglioso, in cui i pianeti e la Luna apparivano tridimensionali e sempre luminosi.

NGC 869-884
NGC 869-884
Csi Cygnus
Csi Cygnus

Il telescopio SkyWatcher 150/750 esibisce al meglio tutte le sue prestazioni sul profondo cielo, dai campi stellari della Via Lattea, agli ammassi aperti e globulari, alle nebulose e alle galassie. In alta quota, con il cielo buio e trasparente, questo rifrattore usato in abbinamento con l’oculare WideScan Unitron da 30mm e 84° di campo (senza filtro), rende le stelle equivalenti a minuscoli punti luminosi. Un grande senso di profondità e un piacere estetico impagabile rendevano la visione davvero emozionante. Una visione talmente reale dell’universo che, nel silenzio profondo della notte, ci rende drammaticamente consapevoli di quanto siamo parte integrante del Cosmo.

neat
Cometa NEAT
Nebulosa Nord America
Nebulosa Nord America

Un’altra qualità del telescopio SkyWatcher, è la possibilità di utilizzarlo come astrografo, a patto di inserire il filtro FringeKiller per ridurre l’aberrazione cromatica, che nella fotografia appare con maggiore evidenza.

Da alcune prove eseguite con 10 o 15 minuti di posa su pellicola Kodak da 200 ISO (spinta a 400ISO) si raggiunge con facilità la quattordicesima magnitudine fotografica. Dalle immagini fotografiche pubblicate nel presente articolo si può valutare la capacità di questo telescopio come astrografo. Sia nelle osservazioni visuali sia nelle riprese fotografiche (con cannocchiale guida da 60mm e focale 700mm) è stata utilizzata la montatura Vixen GP, senza alcun inconveniente di sorta.

KaT pronto a svelare segreti di Giove

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Sonda Juno
Una rappresentazione artistica della Sonda JUNO
Sonda Juno
Una rappresentazione artistica della Sonda JUNO

Dopo l’installazione dello strumento Jiram avvenuta ad inizio agosto scorso la collaborazione ASI-NASA per la sonda JUNO ha portato all’installazione del Ka translator (KaT) sulla piattaforma che volerà verso Giove per svelare i segreti del gigante del nostro sistema solare. Lo strumento è stato sviluppato nell’ambito della Direzione Tecnica dell’ASI e realizzato da Thales Alenia Space Italia con il supporto del team scientifico della Università di Roma.

Dopo il lancio, fissato per agosto 2011, JUNO viaggerà per 5 anni verso il più grande pianeta del nostro Sistema Solare. Uno degli obiettivi principali della missione è la determinazione della struttura interna del pianeta attraverso la misura del suo campo di gravità, ovvero delle varie componenti armoniche (gravity science experiment). Il complesso esperimento di radioscenza della sonda ha lo scopo di soddisfare questo obiettivo. Le misure richieste sfruttano come grandezza osservabile lo spostamento Doppler del segnale radio inviato da terra verso la sonda e da questa ritrasmesso coerentemente verso terra.

Il KaT, che costituisce la parte fondamentale dell’esperimento, grazie alle sue innovative prestazioni in termini di stabilità e di varianza di Allan, permetterà di effettuare queste misure in modo molto preciso, sfruttando un link Ka/Ka (uplink e downlink) pressoché immune dagli effetti di rumore dovuti al plasma interplanetario. Lo studio della struttura interna, insieme allo studio dell’atmosfera e della magnetosfera,  permetterà di approfondire i processi evolutivi subiti di Giove e di trovare possibili testimonianze delle origini del nostro Sistema Solare e della sua storia.

“L’integrazione sul satellite JUNO del modello di volo del KaT, che soddisfa pienamente i requisiti scientifici e ha superato tutti i test di qualifica, costituisce un successo per il team Italiano – ha detto il responsabile dell’Unità Sviluppi Tecnologici di ASI, nonché program manager del programma Juno, Roberto Formaro – anche in considerazione del fatto che le attività di progettazione e sviluppo dello strumento sono state fortemente condizionate dal tragico terremoto dell’Aquila dell’Aprile 2009. Il KaT – ha sottolineato l’ingegner Formaro – sfrutta l’esperienza dell’Italia nello sviluppo dei trasponditori e rappresenta un’eccellenza dal punto di vista tecnologico e di prestazioni.

Lo sviluppo tecnologico in questo campo va avanti e siamo già proiettati nella realizzazione del trasponditore MORE per l’esperimento di radioscenza della missione ESA Bepi Colombo che partirà per Mercurio nel 2014”.

“Questo ulteriore ed importante contributo che l’Italia ha dato alla missione JUNO  – ha detto la responsabile dell’Esplorazione ed Osservazione dell’Universo dell’ASI, Barbara Negri –  è stato possibile perché l’Agenzia Spaziale Italiana ha sempre supportato la comunità scientifica e l’industria nazionale attraverso la partecipazione alla realizzazione di progetti importanti ed ambiziosi per l’Esplorazione del Sistema Solare. Il KaT- ha concluso la dottoressa Negri – rappresenta un altro esempio di know-how italiano nel campo della strumentazione innovativa per lo spazio”.

Binocoli Stabilizzati Canon

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binocolo
Binocolo

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Binocolo

Il piacere che provo nell’ osservare il cielo stellato con un buon binocolo, oltre che con un buon telescopio, da circa un anno è aumentato in misura notevole e forse al di là delle previsioni, in seguito all’acquisto, presso la ” Franz Foto Ottica” Srl – Cagliari, di due binocoli stabilizzati Canon, prima il modello 10×30 IS, e, sulla scia dell’entusiasmo, subito dopo, il modello18×50 IS. Preciso che da tempo cercavo un binocolo che non fosse afflitto dal difetto principale di quasi tutti i binocoli con ampio campo apparente (dai 60° in su) e cioè il degrado dell’immagine, soprattutto quella stellare, man mano che dal centro ci si sposta verso il bordo del campo; per caso, grazie ad un amico appassionato di strumenti ottici, lessi su “internet” alcuni test di binocoli (Todd’s Binoculars Evaluation), tra i quali i Canon stabilizzati riportavano la valutazione “excellent” relativamente ai seguenti parametri: risoluzione, luminosità , rilievo oculare e risoluzione ai bordi nonostante l’ampio campo dai 60° ai 67° apparenti; tale positiva valutazione veniva inoltre confermata sulla rivista Sky & Telescope dal test relativo al mod. 15×45 I.S. (maggio 98) ad opera di Dennis de Cicco che ad un certo punto, nel confronto con un altro binocolo di apertura maggiore, ma non stabilizzato, usava il termine “sbalorditivo” per sottolineare come la stabilizzazione dell’immagine gli consentisse di apprezzare stelle debolissime non percepibili invece con la visione tremolante. Un ulteriore test di confronto con altri binocoli stabilizzati in Sky & Telescope di luglio 2000 (Gary Seronic) confermava le positive valutazioni sulle prestazioni del Canon stabilizzato.

In effetti le mie aspettative, conseguentemente maturate, non sono andate deluse e nonostante il costo del 18×50 I.S. sia abbastanza elevato (1.544,21 € a listino Canon) lo ritengo giustificato per quello che offre in termini di prestazioni ottiche, maggiormente se si considera che vi sono binocoli di costo uguale o superiore che sono però privi della stabilizzazione dell’immagine; il mod. 10×30 I.S. (515,94 €) lo definirei addirittura economico considerato che si comporta in modo eccellente sia nell’osservazione terrestre che in quella del cielo di notte.

Terminata la Expedition 24

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Atterraggio della Soyuz TMA-18
La Soyuz TMA-18 scende in Kazakhstan (Nasa)
Atterraggio della Soyuz TMA-18
La Soyuz TMA-18 scende in Kazakhstan (Nasa)

Effettuata con un giorno di ritardo, la discesa della capsula russa Soyuz TMA-18 ha riportato a Terra due cosmonauti russi e un’astronauta della NASA, segnando così il capitolo finale della missione di sei mesi a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.

Attraversando un cielo limpido sotto un enorme paracadute arancione e bianco, il modulo di discesa Soyuz è atterrato in posizione verticale vicino alla città di Arkalyk alle 0523 UTC (11:23 ora locale).
I motori di atterraggio morbido hanno funzionato alla perfezione. Alexander Skvortsov, Tracy Caldwell Dyson e Mikhail Kornienko, sono tornati sulla Terra dopo 176 giorni nello Spazio, quindi il riadattamento alla gravità terrestre necessiterà di un po’ di tempo, ma tutti e tre sono apparsi rilassati e di buon umore. Dopo essere stati estratti dalla capsula, è stata data loro frutta fresca e hanno potuto chiacchierare con il personale di recupero. Dopo gli iniziali esami medici, tutti e tre i membri dell’equipaggio sono stati trasportati a Karaganda per un tradizionale benvenuto kazako. Skvortsov e Kornienko proseguiranno verso Star City, vicino a Mosca, mentre per la Caldwell Dyson è stato programmato un volo di ritorno al Johnson Space Center di Houston a bordo di un jet della Nasa.
Legati sulla navicella Soyuz TMA-18, lo stesso veicolo che li ha portati in orbita il 2 aprile scorso, Skvortsov, Kornienko e Caldwell Dyson hanno lasciato il modulo Poisk della stazione spaziale alle 0202 UTC di oggi, sabato 25.
Un primo tentativo di sganciare la capsula venerdì mattina è stato bloccato da problemi con un sensore nel meccanismo di aggancio che teneva unita la Soyuz al molo d’attracco del modulo Poisk. L’ingegnere di volo della stazione Fyodor Yurchikhin ha quindi installato un ponticello che emulava i segnali attesi dal sensore “portello chiuso e bloccato”, ripristinando temporaneamente il sistema e by-passando il problema.
Non ci sono perciò stati problemi durante il secondo tentativo di sgancio e dopo lo spostamento della Soyuz a distanza di sicurezza, Skvortsov ha acceso i razzi frenanti della nave per quattro minuti e 21 secondi a partire dalle 0431:17 UTC di sabato. La frenata è stata di circa 413 km/h e ha messo la capsula in rotta verso il luogo di atterraggio. Dopo una caduta libera di mezz’ora, il modulo di discesa della Soyuz TMA-18 è entrato nell’atmosfera discernibile ad una altitudine di circa 100 km alle 0459 UTC.
Dei sei mesi trascorsi nello spazio i momenti più drammatici per l’equipaggio si sono verificati alla fine di luglio, quando uno dei due circuiti di raffreddamento della Stazione Spaziale si è bloccato a causa di un guasto alla pompa del refrigerante. Costretto a spegnere numerosi sistemi di bordo per evitare il surriscaldamento, l’equipaggio della Stazione è stato rapidamente istruito su un complesso lavoro di riparazione diviso in tre passeggiate spaziali che avrebbero eseguito Caldwell Dyson e Douglas Wheelock.
Expedition 24 - I tre astronauti pochi minuti dopo l'uscita dalla capsula
I tre astronauti pochi minuti dopo l'uscita dalla capsula (NASA/Bill Ingalls)

“Che cosa scriveranno gli storici su questa Expedition? Beh, certamente il titolo riguarderebbe la sostituzione del modulo della pompa di refrigerazione. Il giorno in cui l’ammoniaca ha smesso di scorrere nel circuito A è stato decisamente caotico, ma le tre passeggiate nello spazio con tutto il lavoro che si è reso necessario per cambiare la pompa, sono state una lotta contro il tempo”, ha detto Caldwell Dyson prima dello sgancio. “Penso che gli storici potrebbero scrivere soprattutto di come questa stazione spaziale è in grado di sopportare un guasto importante come quello.”

“Sai, per gli ultimi quattro o cinque mesi mi sono messa spesso nella cupola a seguire le albe e i tramonti. Sono quasi giunta alle lacrime per l’emozione data dalla moltitudine di stelle che si vedevano ogni volta che il Sole è nascosto. E mi sono chiesta come mi sentivo quando sono andata là fuori”, ha aggiunto Caldwell Dyson.
“Per me, la prima EVA è stata il culmine di 12 anni di preparazione per poter essere qui e questo anche grazie ad un enorme desiderio di farlo. E così la sensazione che ho avuto là fuori quando ero sulla struttura, al di fuori della Stazione Spaziale, è stata un’emozione incredibile come quella che ho avuto nella EMU (tuta spaziale), guardando il sorgere del Sole dallo Spazio per la prima volta. È stato, come ho detto, la realizzazione di un grande desiderio e di anni di formazione. È una sensazione che non potrò mai dimenticare!”.
In un’intervista della settimana scorsa con ABC News, ha detto che le sarebbero mancati i suoi due compagni di viaggio “perché non appena si atterra… io dovrò salire su un aereo e tornerò direttamente a Houston e miei due compagni russi, con i quali ho trascorso tutti i miei ultimi sei mesi, non sarò in grado di vederli per almeno un paio di settimane”.
“Mi mancheranno tantissimo i panorami”, ha aggiunto. “Non ho mai pensato che sarei giunta al momento in cui avrei guardato dalla Cupola per l’ultima volta, altrimenti mi sarei intristita. Ma poi mi sono anche sentita incoraggiata dal fatto che non molte persone riescono a vedere questo panorama e così ho cercato di prenderlo il più possibile con me in modo da poterlo descrivere e portarlo alla gente quando tornerò”.
“L’unica cosa che non mi mancherà è la breve durata nel mio spazzolino da denti. Non vedo l’ora di avere l’acqua corrente,” ha concluso ridendo.
La partenza della Soyuz TMA-18 ha lasciato la Stazione Spaziale Internazionale con l’equipaggio di tre componenti della Expedition 25:  il comandante Wheelock, Yurchikhin e Shannon Walker.
Avranno la stazione tutta per loro per le prossime due settimane prima dell’arrivo dei tre nuovi membri dell’equipaggio a bordo di un veicolo spaziale Soyuz aggiornato, la TMA-01M il cui lancio è previsto per il 7 ottobre.

Treppiede e Montatura per Binocolo

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Treppiede per binocoli
Treppiede
Treppiede e montatura per binocolo

Mi chiamo Fabio Concetti, ho 23 anni, sono laureato in Biologia ed abito a Falerone (un paesino in provincia di Ascoli Piceno, nelle Marche); sono astrofilo da quando avevo circa cinque anni e già da allora il primo strumento che mi ha affascinato per la strepitosa capacità di far divenire gli oggetti del cielo ancor più belli che ad occhio nudo, è stato un binocolo.

Poi nel crescere mi sono evoluto ed è arrivato il classico 114 ; ho avuto poi spesso anche occasione di “guardare dentro” molti telescopi di 25 cm di diametro ed oltre, dotati di puntamento automatico.. una gran bella comodità, non c’è che dire, ma quando tornavo a casa e dovevo “armeggiare” con il mio telescopietto, mi rendevo conto di non riuscire a ritrovare gli oggetti (anche per colpa dello scandaloso cercatore, della montatura traballante e del cielo inquinato) e poi sentivo troppo la mancanza di poter avere lo sguardo rivolto nella stessa direzione inquadrata dallo strumento ed inoltre avere l’immagine dritta, insomma volevo essere più cosciente di dove e cosa stavo guardando e non avere la sensazione di immagini finte, rivolte nella stessa direzione del pavimento della terrazza… per non parlare del fatto che con i telescopi si deve tenere un occhio “in panchina” a non far nulla Insomma il binocolo rimaneva lo strumento preferito, solo che sia il 7×50 che il 10×50 mi andavano stretti, anche perchè di qualità non eccelsa.

Così mi sono portato appresso per molti anni il sogno di avere per le mani un binocolone di grande qualità e, dopo aver a lungo ponderato l’acquisto da fare, mi sono deciso ad acquistare il mitico 20×110 della General Hi-T.

Mi sono sempre rifiutato all’idea di acquistare un binocolo con i prismi a 45° o 90° per i motivi già detti sopra, però è nato prepotentemente il problema di un eventuale treppiede in grado di sostenere in maniera solida un binocolo di tale peso (circa 7Kg) ed anche in grado di consentirmi osservazioni allo zenit.

Non essendo soddisfatto di nessuna delle soluzioni in commercio, ne per quanto riguarda i treppiedi, ne tantomeno forcelle varie o teste fotografiche ecc… (sia per la scomodità delle visioni allo zenit, alle quali credo però non si possa rinunciare quando si ha per le mani un tal binocolo, sia per i prezzi e forse anche per la scarsa stabilità) ed avendo la grande fortuna di essere figlio di un falegname, ho deciso di autocostruirmi un treppiede ad hoc. Il risultato lo si può vedere nelle fotografie sottostanti.

Treppiede chiuso
Treppiede chiuso
treppiede aperto
treppiede aperto

L’altezza minima di questo treppiedi è di 120 cm, mentre alla massima apertura supera i due metri, anche se non è mai necessario aprirlo più del metro e ottanta.

Per realizzarlo ho utilizzato quattro tipi di legno diversi, al fine di coniugare leggerezza (per quanto possibile) e rigidità e robustezza impiegando legni con caratteristiche di elevata resistenza in quegli snodi critici in cui è richiesta particolare resistenza.

Il risultato finale è che il treppiedi è così resistente che ha retto i miei 70 chili (mi ci sono appeso) senza protestare più di tanto (da aperto!), inoltre l’ho anche dotato di una barra filettata centrale con una manopola in grado di tensionare ulteriormente la struttura, agendo sulle tre stecche che regolano l’apertura delle gambe.

Montatura treppiede
Montatura treppiede - Particolare
Montatura treppiede
Montatura treppiede - Particolare

Inizialmente pensavo di costruire anche una montatura a parallelogramma, ma ero molto dubbioso sulla funzionalità di una eventuale testa fotografica da applicare ad una estremità del trapezio stesso.

Poi è arrivata la folgorazione: ho visto, dal sito Binomania di Piergiovanni Salimbeni, la splendida idea di Gianfranco Bonfiglio che ha realizzato una sorta di forcellone con gli stessi vantaggi di una montatura a parallelogramma, ma che in più elimina il problema di mettere altri contrappesi per bilanciare il movimento di altezza (come invece avviene nella montatura in foto).

Montatura a parallelogramma
Forcella per binocolo

Infatti, realizzando una forcella di altezza appropriata, (cosa che peraltro Gianfranco Bonfiglio mi sembra non abbia fatto, almeno per quello che ho potuto carpire dalle sole immagini) sono riuscito a trovare il bilanciamento ideale che mi consente di muovere gli oltre sette chili del binocolo con uno sforzo pressoché nullo.

Praticamente riesco a spostare il binocolo senza neppure usare le mani, solo con la minima pressione che esercito con gli occhi ed il naso sulle conchiglie di gomma a protezione degli oculari!!!

Treppiede per binocoli - particolare
Treppiede per binocoli - particolare

E’ davvero un piacere incredibile e non debbo nemmeno mai serrare le manopole di blocco perchè il bilanciamento è talmente efficace che il binocolo mantiene qualsiasi posizione nella quale viene rilasciato.

Inoltre con il forcellone riesco ad avere un escursione in altezza di oltre 90 cm, così da poter osservare io lo zenit perfettamente in piedi e di abbassare poi il tutto per far osservare la stessa zona di cielo persino a bambini di 5 anni, senza dover intervenire sul treppiede o eventuali colonne centrali (come accade con altri sistemi), ottenendo perciò una stabilità ed una rapidità massime.

Treppiede per binocoli - escursione allo zenit
Treppiede per binocoli - escursione allo zenit
Treppiede per binocoli - escursione allo zenit
Treppiede per binocoli - escursione allo zenit

Ho potuto constatare che dando una discreto colpetto al binocolo fissato sulla montatura le vibrazioni spariscono dopo solo cinque secondi: direi che è ragguardevole se si pensa che fra binocolo, forcellone e contrappeso, il treppiede deve sostenere la bellezza di 20 chili !

Certo sulla trasportabilità di tutta questa attrezzatura (circa 35 chili complessivi, binocolo compreso) non posso certo dire di aver

fatto centro, però la stupefacente comodità osservativa che si ottiene ripaga ampiamente, e con gli interessi, lo sforzo che si compie per portarsela appresso.

Treppiede per binocoli - escursione allo zenit
Treppiede per binocoli - escursione allo zenit

Ed inoltre ho riservato un occhio di riguardo anche alla gradevolezza estetica complessiva che non guasta mai, e che è stata apprezzata anche da amici che con astronomia, binocoli e cavalletti hanno poco in comune.

Sono convinto che se qualche azienda si mettesse a produrre ad un prezzo accettabile dei sistemi basculanti simili o anche migliori di questo o delle varie montature a parallelogramma in circolazione, farebbero affari d’oro: una volta che si è provata la differenza di comodità rispetto alle classiche teste fotografiche, viene da piangere a tornare indietro.

Chi fosse interessato a conoscere ulteriori dettagli o informazioni può contattarmi al seguente indirizzo di posta elettronica: f.concetti@gmailcom

Problemi alla Soyuz in partenza dalla ISS

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Soyuz TMA-18
La Soyuz TMA-18
Soyuz TMA-18
La Soyuz TMA-18

Era previsto che la Soyuz TMA-18 mollasse gli ormeggi dalla ISS per le 0125 UTC di questa mattina, venerdì 24 settembre.

Tutto stava andando per il meglio e i tre componenti dell’equipaggio della capsula (Mikhail Kornienko, Alexander Skvortsov e Tracy Caldwell Dyson) avevano salutato i colleghi che restavano a bordo della Stazione e si trovavano già a bordo, quando i controlli di tenuta dei portelli hanno dato un allarme.
Un primo ritardo di un’orbita per il rientro ha permesso di eseguire diversi controlli e ritardo dopo ritardo siamo ora giunti al rinvio del rientro di almeno 24 ore.
Pare che il problema risieda nel portello del modulo Poisk della Stazione, elemento a cui è attraccata la Soyuz. In un primo tempo appariva solo un problema di microswitch, che non confermavano la completa chiusura dei ganci che permettono di sigillare perfettamente le guarnizioni di tenuta, ma a verifiche successive è stata anche rilevata una fuga di gas. Ovviamente in queste condizioni la Soyuz non può abbandonare la ISS, dato che si trova nella condizione di fare da “tappo” sul portello malfunzionante.
Soyuz TMA-18 componente danneggiato
Dettaglio dell'oggetto staccatosi dal sistema d'attracco (Nasa TV)

Ma successivi controlli hanno evidenziato che in realtà non ci sono perdite di gas, confermando la tenuta delle guarnizioni e il guasto è in realtà più complesso, coinvolgendo il sistema di ganci che uniscono la capsula al modulo d’ormeggio. Durante una delle riaperture del portello lato ISS, Fyodor Yurchikhin ha visto volare fuori dai meccanismi di attracco un piccolo oggetto che si è poi rilevato essere apparentemente un ingranaggio danneggiato.

Le foto sono state immediatamente inviate al Centro Controllo di Terra e sono al vaglio dei tecnici. Nel frattempo è stato confermato un prolungamento del soggiorno nello spazio di almeno 24 ore per l’equipaggio della Soyuz TMA-18.
Aggiornamento
Apparentemente si è trattato di un errore nel segnale di un sensore, quello che conferma l’avvenuto bloccaggio della chiusura del portello lato ISS.
Non essendoci quella conferma il sistema di aggancio non avvia la procedura di sgancio dato che gli risulta un portello aperto.
La soluzione?
Bypassare lo switch con un ponticello in modo che il sistema di attracco creda che il portello è chiuso. Alla faccia delle procedure di sicurezza…
Sono in corso altre verifiche, ma stando così la situazione la Soyuz TMA-18 lascerà la Stazione alle 0202 UTC di domattina con accensione deorbitante alle 0432 UTC e atterraggio alle 0522 UTC.
Buon rientro!

Forcella “reverse”

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Forcella ultimata
Forcella con contrappesi e supporto di test.
Forcella "reverse"
Forcella "reverse"
Paoluzzi
Paoluzzi

Salve ragazzi, sono un tecnico elettronico dell’istituto di fisica nucleare con la passione perl’astrofilia, così di tanto in tanto mi cimento in autocostruzioni per osservare con i miei binocoli…. ed essendo elettronico le mie opere meccaniche sono alquanto pasticcione e poco rifinite.

L’oggetto che di recente mi ha impegnato è stata la costruzione di una forcella “reverse”: termine che uso per definire una forcella che viene montata al contrario in modo che le 2 braccia della biforcazione alloggino i contrappesi anzichè l’ottica, mentre la base orizzontale che forma con le 2 braccia la forma di “pi-greco” costituisce il supporto su cui montare gli strumenti di osservazione.

Un opportuno raccordo a “T” interno al “pi-greco” a sua volta permette i 2 movimenti altazimutali.
Mi soffermo sui 2 movimenti; se per la scelta del materiale relativo alla realizzazione della forcella si può optare con relativa facilità per qualsiasi tipo (legno, metallo pieno o “inscatolato”, PVC o plastica dura, vetroresina, MDF impermeabilizzato ecc ecc), per quanto riguarda la realizzazione dei movimenti abbiamo in genere 2 opzioni su lavorare:
1. movimenti fluidi in TEFLON (sul concetto della base dei telescopi dobson)
2. movimenti liberi su cuscinetto meccanico con relativi freni di bloccaggio
La mia scelta è caduta sui movimenti in teflon… fondamentalmente perchè è più semplice da realizzare, è la più fluida per il movimento e inoltre permette un facile montaggio-smontaggio con relativa ispezionabilità.
Avendo acquistato un solido 3piedi per teodolite nel mercato dell’usato, mi sono cimentato nella realizzazione della forcella cercando soluzioni più semplici possibili così da evitare sia le immancabili complicazioni da realizzazione-assemblaggio, sia eccessivi acquisti di utensileria (essendo un elettronico non dispongo di troppi utensili meccanici): infatti mi sono arrangiato con trapano a colonna, lima, sega e piccoli utensili presi all’ingrosso di ferramenta più vicino (purtroppo gli ingrossi ti forniscono a basso prezzo materiale di bassa… qualità). Ho innalzato il 3 piedi (amo osservare in piedi e “purtroppo” sono alto 1,81 m) utilizzando un ciocco in castagno massello cilindrico di 12cm di diametro e altezza 25cm circa opportunamente trattato con stucco-cementite-smalto impermeabile.

Treppiedi con forcella - Particolare
Treppiedi con forcella - Particolare

Ho realizzato il movimento orizzontare inserendo e incollando sul ciocco un perno filettato “M10” come asse di rotazione (e come perno su cui montare un eventuale bullone che stringendolo renda più duro il movimento rotativo), successivamente ho realizzato un sandwich di dischi “alluminio- teflon- alluminio”. Il primo è stato fissato al ciocco con 3 bulloni a 120 gradi, il disco in teflon (2mm di spessore) l’ho poggiato sopra, mentre il secondo disco di alluminio (è un dodecagono realizzato a mano con trapano-sega-lima per mancanza di reperibilità di un disco identico al primo).

Ho poggiato quindi il disco-dodecagono su quello in teflon in modo che possa sia ruotare liberamente, sia costituisca la base su cui montare il movimento azimutale (verticale) e su cui far gravare il peso dell’intera forcella.
Il concetto dietro ogni movimento e’: ottenere la fluidità facendo in modo che le parti in movimento tra loro siano in alluminio separato dal teflon ( realizzato ritagliando un foglio in teflon, materiale purtroppo non di facilissimo reperimento, ci sono però materiali plastici simili in giro) e agire poi sulla fluidità serrando gli assi di rotazione (dei perni filettati “M10”) con rondella di teflon-rondella in metallo-dado AUTOBLOCCANTE (e’ importante che sia autobloccante per evitare che si sviti durante i movimenti).

Ciocco con il primo disco di alluminio inserito
Ciocco con perno filettato e disco di alluminio - Particolare
Ciocco con il secondo disco inserito
Ciocco con perno filettato e disco di teflon - Particolare
disco-dodecagono
Disco di alluminio dodecagono realizzato a mano con trapano-sega-lima

A questo punto ho seguito lo stesso concetto per il movimento azimutale: utilizzando un piccolo trave di alluminio, l’ho incollato sul secondo disco (quello a dodecagono), l’ho forato in modo che possa passare il perno filettato-asse e sulle 2 facce laterali ho incollato (usando sempre colla “metallo liquido” molto buona per i metalli) 2 perni filettati che andranno ad infilarsi nella forcella.

Forcella - Particolare
Particolare della forcella

La forcella quindi l’ho tagliata su misura in modo che potesse essere montata con la miglior tolleranza possibile: peril materiale ho optato per legno di rovere (tra i più duri che si trovano in giro) dello spessore di 3 cm. A molti può sembrare esagerato ma ho scoperto che per le autocostruzioni è meglio SOVRADIMENSIONARE in modo da non avere sgraditi inconvenienti; inoltre ho intenzione di montarci almeno un rifrattore da 150/1200 che pesa una decina di kg, quindi voglio stare tranquillo con la solidità della struttura. Anche il rovere l’ho trattato con cementite-smalto impermeabile in modo da non aver problemi nelle mie umide fredde uscite notturne in montagna.

Forcella ultimata
Forcella con contrappesi e supporto di test.

Realizzata la forcella ho assemblato il tutto, con degli opportuni fori in basso ho messo dei contrappesi (che sono poi i classici pesi per manubri da body building) e al momento ho fissato sulla barra orizzontare della forcella una testa fluida GITZO che avevo, in modo da testare il tutto… E finora funziona!!!!!

Attualmente sto facendo un elenco delle migliorie da apportare, ma se penso che con meno di 50 euro ho realizzato una cosa che (fatta meglio e in alluminio) costa diverse centinaia di euro, sono felice!!!
Ecco la versione della telescope service

Un saluto “fai da te” dai castelli romani
Giovanni Paoluzzi alias Fabulador

PaoluzziGiovanni Paoluzzi, 34 anni, è un tecnico elettronico dell’Istituto di Fisica Nucleare presso la seconda università di Roma “Tor Vergata”, laboratorio prof. Carboni.

Conseguito il diploma in elettronica sperimentale presso l’istituto E. Fermi di Frascati, lavora con la qualifica di tecnico dopo un esperienza universitaria come studente presso la facoltà di ingegneria che gli ha fruttato 14 esami prima di interrompere gli studi.

Prima di arrivare alla sezione universitaria di Tor Vergata ha lavorato per 7 anni ai laboratori nazionali di Frascati dell’INFN dove ha prestato servizio negli esperimenti Kloe, OPERA e nelle iniziative didattiche.

Appassionato di scienza applicata, laboratorio, prototipi e nuove idee, è un astrofilo che osserva con binocoli giganti nella continua ricerca degli ormai pochi cieli scuri del centro Italia. Portando avanti la sua passione per l’astronomia, si interessa di storia delle tecniche e dei personaggi della scienza; tra i suoi punti di riferimento ci sono le opere scientifiche dell’astronomo inglese Edmond Halley, del tecnico estone Bernhard Schmidt e del genio croato Nikola Tesla.

Nel tempo libero si dedica al jazz e al blues come chitarrista o bassista in qualche band romana.

Lancio Atlas

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l lancio ripreso a lunga esposizione
l lancio ripreso a lunga esposizione. [SpaceflightNow]
l lancio ripreso a lunga esposizione
l lancio ripreso a lunga esposizione. (SpaceflightNow)

È partito alle 0403:30 dalla rampa SLC-3E della Vandenberg Air Force Base il vettore Atlas 5 che ha portato in orbita il satellite spia segreto NROL-41.
Il committente è il National Reconnaissance Office (NRO L-41).
Il lancio è stato ritardato per ben 4 volte durante il conto alla rovescia a causa di un veicolo privato che si trovava nei pressi della rampa 8. fortunatamente è poi stato allontanato ed il conto alla rovescia è potuto proseguire.

Alcune statistiche di questo lancio:

Il 605esimo lancio per il programma Atlas dal 1957
Il 287esimo lancio Atlas da Vandenberg AFB dal 1959
Il 36esimo lancio Atlas dallo Space Launch Complex 3
Il 23esimo lancio di un Atlas 5 dal 2002
Il terzo Atlas 5 che parte da Vandenberg
Il 15esimo Atlas 5 lanciato dalla United Launch Alliance
Il secondo Atlas 5 che vola nella configurazione 501
La decima missione di un Atlas 5 per il Department of Defense
Il quarto uso dell’Atlas 5 per il National Reconnaissance Office

Occultatore

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Dispositivo occultatore
Dispositivo occultatore

I recenti passaggi di Saturno sulla celebre “Crab Nebula” hanno messo gli astroimager di fronte a un grosso problema: come ottenere un flusso comparabile per due soggetti che notoriamente hanno una differenza di luminosità di più di 8 magnitudini (ovvero, oltre 2000 volte)? Il dispositivo che propongo di costruire, tanto semplice quanto efficace, dovrebbe esser adatto a migliorare la situazione; il concetto di base è piuttosto semplice: ridurre pesantemente la luminosità del pianeta al fine di portarlo ad una brillanza superficiale paragonabile a quella della nebulosa. La verifica dell’efficacia del dispositivo non è stata possibile a causa delle pessime condizioni meteo degli ultimi periodi, ma non appena possibile aggiorneremo il presente intervento con immagini e ulteriori considerazioni.

Dispositivo occultatore
Dispositivo occultatore

In pratica, come mostra la figura, si tratta di “occultare” un settore del campo inquadrato dal sensore (webcam o CCD), per far si che, ruotando opportunamente il cilindro di sostegno, venga nascosto, per quanto possibile, solamente il pianeta.

A questo cilindro, infatti, dovremo fissare adeguatamente un piccolo spezzone di pellicola fotografica già sviluppata, come per esempio i primi 3-4 fotogrammi di un rullino negativo, oppure fotografando zone molto scure con un’invertibile. La pellicola, opportunamente ritagliata a “settore” in modo da arrivare fin quasi al centro del cilindro che la sostiene, dovrà chiaramente avere la giusta densità, determinabile comunque senza grosse difficoltà, per esempio preparando una serie di ritagli più o meno scuri (come in una scala di grigi).

Per quanto concerne la qualità dell’immagine, si può stare tranquilli in quanto la pellicola si trova piuttosto vicina al sensore. Altra particolarità: variando la distanza della pellicola dal sensore (facendo scorrere il tubetto di sostegno) possiamo modificare la “sfocatura” dei contorni dell’ombra provocata dall’occultatore: maggiore sarà la distanza, maggiore sarà chiaramente l’entità della sfocatura… attenzione comunque a non esagerare: sfocando troppo l’occultatore potrebbe non esser più sufficiente a coprire tutto il pianeta!

Buone riprese a tutti!

Per domande o chiarimenti, non esitate a scrivermi: manucri01@virgilio.it

Discovery in rampa. Per l’ultima volta.

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Space Shuttle Discovery sulla rampa di lancio
Lo Space Shuttle Discovery sulla rampa di lancio per l'ultima volta
Space Shuttle Discovery sulla rampa di lancio
Lo Space Shuttle Discovery sulla rampa di lancio per l'ultima volta

Iniziato lunedì alle 2323 UTC e terminato martedì alle 0549 UTC, è stato effettuato l’ultimo rollout dello Space Shuttle Discovery, quello per eseguire la missione STS-133. Per tutta la giornata di martedì il Discovery è stato lasciato scoperto e la cosa si ripeterà sabato, quando i dipendenti potranno portare i famigliari a visitare tutto il Kennedy Space Center, con visite guidate all’interno dei vari edifici.

Sì, perché sabato 25 settembre sarà il Family Day per il centro NASA, sarà quindi il giorno in cui le famiglie possono vedere dove e come si lavora.

La Rotating Service Structure si riaprirà ancora una volta il sette di ottobre per poter issare a bordo il carico utile in modo da inserirlo poi nella stiva della grande astronave.

Questi i passi successivi:
– 15 ottobre, Terminal Countdown Demonstration Test
– 19 ottobre, Flight Readiness Review
– 28 ottobre, arrivo equipaggio
– 29 ottobre, inizio countdown
– 1 novembre, 2040 UTC, Lancio
– 3 novembre, attracco alla ISS
– 5 novembre, EVA numero 1
– 6 novembre, installazione del PMM Leonardo
– 7 novembre, EVA numero 2
– 10 novembre, distacco dalla ISS
– 12 novembre, rientro ed atterraggio

Equinozio d’Autunno 2010

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Equinozio d'Autunno
Equinozio d'Autunno

L’equinozio (dal latino “notte uguale” dato che il giorno e la notte hanno la stessa durata) è il giorno in cui il Sole, all’Equatore, sorge e tramonta verticalmente passando per lo Zenith.

A differenza degli altri inizi di stagione, che vengono convenzionalmente fissati al 21 del mese, l’equinozio d’autunno (per l’emisfero boreale, per quello australe è di primavera) viene convenzionalmente assegnato al 23 settembre.

Equinozio d'Autunno
Equinozio d'Autunno

Perché è diverso dalle altre stagioni? Semplice, perché la Terra percorre un’orbita ellittica durante il suo moto intorno al Sole e l’afelio (punto più distante dal Sole) è il 3 luglio mentre il perielio (punto più vicino al Sole) è il 3 gennaio. Per la seconda legge di Keplero, la Terra si muove più lentamente quando è più lontana dal Sole.
Quindi, riassumendo, ecco la durata delle quattro stagioni per l’emisfero boreale:
– primavera 92.75 giorni
– estate 93.65 giorni
– autunno 89.85 giorni
– inverno 88.99 giorni

Il Sole, nel suo moto annuo lungo l’eclittica, al momento dell’equinozio d’autunno (verso il 23 settembre) viene a trovarsi esattamente sull’equatore celeste nel punto della Bilancia.
Coordinate equatoriali del Sole:
δ = 0° (declinazione)
α = 180° (ascensione retta)

Diverso è però l’equinozio astronomico, che come sappiamo  l’equinozio settembrino cadrà astronomicamente alle 03:09 UTC (le 5:09 CEST, italiane) del 23 settembre.
Buon autunno a tutti!

Rendez-vous con GIOVE!

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Tabella Posizioni Giove
Tabella Posizioni Giove
Le circostanze delle ultime opposizioni di Giove

In questi giorni Giove (mag. -2,9) si mostra come da tempo non accadeva: oltre ad essere in opposizione (raggiungerà l’opposizione geometrica il 21 settembre) questo mese, e quindi visibile per tutta la notte, questa sera, 20 settembre, raggiungerà la minima distanza dalla Terra, passando a “sole” 3,954 unità astronomiche.

La tabella a destra riassume le circostanze delle ultime opposizioni di Giove, in base alle quali si può vedere (anche se le differenze sono minime) come quella del 2010 sarà la più favorevole in relazione al diametro angolare mostrato dal pianeta. Soltanto nel 1987 si ebbero valori simili (avvicinamento fino a 3,954 UA e diametro di 49,9″), mentre per trovarne di migliori bisogna addirittura risalire al 1951 (3,949 UA e 50″); e più grande di cosi torneremo a vedere Giove soltanto nel 2022!

La differenza di diametro angolare di Giove registrata negli ultimi 50 anni circa
La differenza di diametro angolare registrata negli ultimi 50 anni circa tra |’opposizione del 1963 e quella del 2005

Tanto per dare un’idea delle variazioni in gioco, in tutte le opposizioni verificatesi dall’anno -3000 al 6999, la distanza minore in assoluto (3,91 UA) verrà raggiunta nel 6874, mentre quella del 1951 verrà superata soltanto nel 2129.

La figura a sinistra mostra invece la massima differenza di diametro angolare, registrata negli ultimi circa 50 anni tra |’opposizione del 1963 e quella del 2005.

…e non solo Giove!

Anche Urano (mag. +5,7), che si manterrà nei Pesci nelle immediate vicinanze di Giove, sarà in opposizione il 21 e alla minima distanza dalla Terra questa sera (19,088 UA), chi riuscirà ad individuarlo, sperando in un cielo sereno, anche solo ad occhio nudo?

E per chiudere.. anche lo storico pianetino (6) Hebe domani sera, 21 settembre, sarà in una “super opposizione”, arriverà ad una distanza dalla Terra mai raggiunta da 34 anni a questa parte: 0,976 UA!!
La cosa non succedeva dal 1976 e si ripeterà solo durante l’opposizione del 2044.
Dal punto di vista osservativo, questa straordinaria opposizione sarà favorita dal fatto che Hebe si muoverà nella Balena, pochi gradi a sud est di Giove e Urano. Un facile bersaglio da non mancare assolutamente!

ATV-2 ai blocchi di partenza

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Automated Transfer Vehicle
Il modulo all'arrivo a Kourou. [CNES]
Automated Transfer Vehicle
Il modulo all'arrivo a Kourou. CNES

Il suo nome è Johannes Kepler e dovrà replicare la perfetta missione di rifornimento eseguita dal predecessore Jules Verne.

Attualmente è necessaria una decisione dell’ESA, dato che Arianespace sta riservando lo slot di lancio di dicembre 2010 per questa missione. La conferma dovrà arrivare entro la fine del mese, perché se lo slot si liberasse, procederanno a lanciare due satelliti per telecomunicazioni: Arianespace ha intenzione di eseguire comunque la sesta missione dell’anno, sia essa per ESA che per aziende private.
Per questa missione sono stati modificati i contenitori rack interni e migliorati i supporti dei booster del vettore, due piccole modifiche che permettono un aumento di carico utile di circa 650 kg.
ATV-2 non eseguirà più tutti i test di avvicinamento, ma attraccherà direttamente alla stazione. Il suo percorso dal lancio alla ISS durerà circa 8 giorni e la finestra di lancio sarà istantanea, one shot: o parte in orario o si rinvia.
Partendo a dicembre potrà eseguire un potente reboost della Stazione intorno alla primavera prossima, dopo l’ultima missione Shuttle. Brucerà circa 4000 kg di propellenti per risollevare la ISS di circa 40 km.
La sua missione durerà circa cinque-sei mesi e al termine si disintegrerà in atmosfera con un carico di rifiuti.
Il costo della missione si aggira fra i 400 e i 450 milioni di euro e il terzo esemplare è già in costruzione presso gli stabilimenti di Torino (la sezione cargo) e di Brema (il modulo di servizio). Partirà presumibilmente nel febbraio 2012, mentre altri due sono già in programma con date previste per il lancio nel febbraio 2013 e febbraio 2014.
Per gli ulteriori veicoli si attende pensando alla disponibilità della versione capace di rientrare a Terra.

ATV-2 ai blocchi di partenza.Il secondo cargo europeo Automated Transfer Vehicle, è da maggio allo spazioporto di Kourou nella Guyana francese e attende di essere montato su un vettore Ariane 5 per raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale.

Il suo nome è Johannes Kepler e dovrà replicare la perfetta missione di rifornimento eseguita dal predecessore Jules Verne.Attualmente è necessaria una decisione dell’ESA, dato che Arianespace sta riservando lo slot di lancio di dicembre 2010 per questa missione. La conferma dovrà arrivare entro la fine del mese, perché se lo slot si liberasse, procederanno a lanciare due satelliti per telecomunicazioni: Arianespace ha intenzione di eseguire comunque la sesta missione dell’anno, sia essa per ESA che per aziende private.
Per questa missione sono stati modificati i contenitori rack interni e migliorati i supporti dei booster del vettore, due piccole modifiche che permettono un aumento di carico utile di circa 650 kg.
ATV-2 non eseguirà più tutti i test di avvicinamento, ma attraccherà direttamente alla stazione. Il suo percorso dal lancio alla ISS durerà circa 8 giorni e la finestra di lancio sarà istantanea, one shot: o parte in orario o si rinvia.Partendo a dicembre potrà eseguire un potente reboost della Stazione intorno alla primavera prossima, dopo l’ultima missione Shuttle. Brucerà circa 4000 kg di propellenti per risollevare la ISS di circa 40 km.La sua missione durerà circa cinque-sei mesi e al termine si disintegrerà in atmosfera con un carico di rifiuti.
Il costo della missione si aggira fra i 400 e i 450 milioni di euro e il terzo esemplare è già in costruzione presso gli stabilimenti di Torino (la sezione cargo) e di Brema (il modulo di servizio). Partirà presumibilmente nel febbraio 2012, mentre altri due sono già in programma con date previste per il lancio nel febbraio 2013 e febbraio 2014.Per gli ulteriori veicoli si attende pensando alla disponibilità della versione capace di rientrare a Terra.

Turismo Spaziale

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Capsula Spaziale Boeing CST-100
La Capsula Spaziale Boeing CST-100
Capsula Spaziale Boeing CST-100
La Capsula Spaziale Boeing CST-100

Siglato un accordo fra la Space Adventures e la Boeing per dare una spinta al turismo spaziale. L’obiettivo è di assegnare un sedile della capsula CST-100 a coloro che potranno permettersi di raggiungere la ISS per una gita di piacere.

Questa capsula in fase di sviluppo da parte di Boeing avrà una capacità massima di 7 posti e si prevede possa entrare in servizio entro il 2015. La Space Adventures ha già acquistato dalla Russia i precedenti posti per turisti che si liberavano sulle Soyuz (ben 8 dal 2001 ad oggi), ma purtroppo con la chiusura del programma Shuttle, tutti i posti disponibili sono occupati dagli equipaggi delle Expedition.

I prezzi saranno “competitivi” e se l’ultimo turista ha speso 40 milioni di dollari, il prossimo potrebbe farcela con 25. Senza considerare che il CST-100 potrebbe portare i facoltosi viaggiatori su una nuova stazione spaziale costruita con i moduli gonfiabili di Bigelow.

Per contro abbiamo il congresso americano che sta mettendo i bastoni fra le ruote alla proposta del presidente Obama di finanziare lo sviluppo dei mezzi spaziali privati, cosa che non aiuta di certo.

Sicuramente la Boeing è un’azienda che può investire e seguendo logiche commerciali inseguirà gli obiettivi senza le lungaggini governative…

Un gigante tra i giganti del cosmo

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Supercluster di Galassie
Il Supercluster di Galassie individuato dal Telescopio Spaziale Planck
Supercluster di Galassie
Il Supercluster di Galassie individuato dal Telescopio Spaziale Planck

Nuove importanti scoperte  arrivano da Planck, il satellite dell’Agenzia Spaziale Europea dedicato allo studio dell’Universo primordiale. Dalle osservazioni del cielo nelle microonde, Planck ha ottenuto le prime immagini di ammassi di galassie, tra gli oggetti cosmici più grandi che si conoscano, sfruttando il cosiddetto effetto “Sunyaev-Zel’dovich” (SZ), una traccia inconfondibile da essi lasciata sulla radiazione di fondo cosmico diffusa. Ulteriori indagini condotte con un altro telescopio spaziale dell’ESA, XMM-Newton, hanno poi permesso di scoprire che uno degli ammassi individuati è in realtà molto più grande di quanto ritenuto, e che per questo è stato classificato come “superammasso” di galassie, il primo ad essere identificato grazie all’effetto SZ.

Nell’Universo la materia non si distribuisce in modo uniforme: le stelle sono infatti concentrate nelle galassie e le galassie a loro volta si aggregano insieme, per creare enormi ammassi circondati da altrettanto estese regioni di spazio vuoto. Gli ammassi possono contare anche mille galassie e sono permeati da gas caldo che emette un intenso flusso di radiazione nella banda dei raggi X. Inoltre, gran parte della loro massa è composta da materia oscura. Ad una scala ancora più grande troviamo i superammassi, sterminati agglomerati di gruppi ed ammassi di galassie. Questi oggetti celesti ci danno informazioni sulla distribuzione della materia nell’Universo – sia quella visibile che quella oscura – e quindi la loro osservazione è determinante per comprendere l’origine e l’evoluzione delle strutture cosmiche.

“La scoperta degli ammassi e del superammasso è tra le più eclatanti nell’ambito di quelle già messe a segno da Planck” commenta Reno Mandolesi dell’INAF, Principal Investigator dello strumento LFI a bordo del satellite. “La rivelazione di questi oggetti celesti con il metodo SZ è da considerarsi una vera e propria pietra miliare della missione”.

E infatti la strumentazione di Planck, basata su rivelatori di radiazione compresa tra 30 e 857 GHz, è stata accuratamente progettata per riuscire a rivelare la presenza nello spazio di grandi gruppi di galassie sfruttando l’effetto “Sunyaev-Zel’dovich”. Questo fenomeno si produce quando i fotoni che costituiscono la radiazione cosmica di fondo attraversano un grande ammasso di galassie e da questa interazione subiscono una variazione nella loro energia.

“Sebbene lo scopo principale della missione Planck sia quella di dare una descrizione precisa della radiazione primordiale generata durante le prime fasi di vita dell’Universo, l’altissima qualità dei dati di questo satellite permette di fare delle scoperte molto importanti anche su oggetti come galassie e ammassi di galassie” commenta Paolo Giommi, responsabile del centro analisi dati ASDC dell’Agenzia Spaziale Italiana.  “È particolarmente rilevante che i risultati siano stati ottenuti combinando dati di due satelliti apparentemente cosi’ diversi come Planck ed XMM,  due missioni ESA con un forte contributo italiano”.

Dopo l’identificazione delle sorgenti, gli scienziati hanno puntato verso di esse il telescopio orbitante per raggi X XMM-Newton, consapevoli del fatto che gli ammassi di galassie emettono grandi quantità di radiazione in quella banda. Grazie a queste osservazioni complementari, gli astronomi sono stati così in grado di confermare che i segnali individuati da Planck erano prodotti da ammassi di galassie. E in un caso, da una struttura ancor più grande: un superammasso, composto da almeno tre gruppi estremamente massivi di galassie.

“Entrambi i satelliti Planck e Newton-XMM sono stati realizzati dall’ESA con anche il contributo dell’ASI” spiega Barbara Negri, responsabile Osservazione dell’Universo dell’ASI. “Fin dalla sua creazione, l’Agenzia Spaziale Italiana ha sempre guardato con grande attenzione all’Astrofisica spaziale e ha contribuito alla realizzazione, o realizzato essa stessa, satelliti ed esperimenti per osservare il Cosmo a tutte le lunghezze d’onda. Missioni che hanno sempre ottenuto risultati scientifici di grandissimo rilievo, come quest’ultima scoperta, che è stata possibile grazie alle osservazioni nei raggi X di Newton-XMM e nelle microonde di Planck. E’ anche grazie a questo impegno dell’ASI nel supportare le missioni spaziali scientifiche, che la comunità astrofisica nazionale ha potuto raggiungere quell’eccellenza che la pone oggi tra le prime al mondo.”

Pio & Bubble Boy – Coelum n.141 – Settembre 2010

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vignetta 141

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Questa Vignetta è pubblicata su Coelum n.141 – Settembre 2010. Leggi il Sommario.

Portare carichi a Terra dalla ISS

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Portare carichi a Terra dalla ISS
Portare carichi a Terra dalla ISS
Portare carichi a Terra dalla ISS

Con l’andata in pensione dello Space Shuttle, non esisterà più la possibilità di portare a Terra dei carichi dalla Stazione Spaziale Internazionale.
Una tale situazione può rappresentare un problema, dato che esistono molti esperimenti che necessitano del ritorno per l’analisi dei risultati.
A parte quel poco che si può imballare ed inserire nelle Soyuz, sarà una pratica impossibile ed è uno dei motivi per cui lo Shuttle era nato.

Ma Europa e Giappone potrebbero metterci una pezza. Sono iniziati gli studi per permettere all’europeo ATV (Automated Transfer Vehicle) e al Giapponese HTV (H-2 Transfer Vehicle) di effettuare viaggi di andata e ritorno verso la Stazione Spaziale.
Per fare ciò sarà necessario dotare le capsule di un adeguato scudo termico, e questo è indispensabile, ma anche della robustezza necessaria per sopportare il rientro. Ovviamente saranno necessari paracadute ed eventuali sistemi gonfiabili anti-affondamento. Da non sottovalutare i sistemi di controllo ambientale per poter trasportare anche cavie vive.

Per l’ESA si parla di Automated Return Vehicle (ARV) e il suo sviluppo potrebbe iniziare nel 2011 con una decisione degli stati membri. Nel luglio del 2009 è già stato affidato a EADS Astrium un contratto per 18 mesi di lavoro incentrato proprio su questo obiettivo. Lo stanziamento è stato di 21 milioni di euro. Stabilito che è da fare, si partirà già con una bozza di progetto. L’obiettivo è avere il primo lancio operativo fra il 2016 e il 2018, cosa decisamente possibile.

Per JAXA si parla di HTV-R e i tempi sono molto simili: inizio sviluppo nel 2011 e primo volo nel 2016.
Questi veicoli potranno riportare a Terra dei carichi compresi fra 300 e 1500 kg che, benché siano molto lontani dalle 15 tonnellate dello Shuttle, saranno assolutamente benvenuti.

Un altro dato interessante è rappresentato dal fatto che queste versioni di capsule saranno il primo passo verso la trasformazione dei cargo in veicoli abitati, prima di tutto per mantenere in vita i vegetali e i piccoli animali che partecipano agli esperimenti, ma subito dopo per affiancarsi alle altre capsule per il trasporto degli astronauti.

Negli anni ’20 di questo secolo avremo molta scelta per trasportare esseri umani da e verso l’orbita terrestre. Al Dragon di SpaceX e a Orion della NASA si affiancheranno anche gli equivalenti Europeo e Giapponese. E chissà che non sbuchino fuori anche gli omologhi Cinese e Indiano: ormai le tecnologie sono mature…

Nell’immagine una rappresentazione artistica di ARV.
Fonte: ESA.

La Luna si sta contraendo

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La Luna si sta contraendo

La Luna si sta contraendo
La Luna si sta contraendo
Finora si è ipotizzato che la Luna fosse geologicamente “morta” da miliardi di anni, cioè che non vi fossero più movimenti né della sua crosta e neanche del suo nucleo. Invece le osservazioni di LRO hanno dimostrato che in realtà devono ancora essere presenti piccoli movimenti tettonici e geologici causati dal suo restringimento.

Secondo Thomas Watters, scienziato senior presso lo Smithsonian National Air and Space Museum, il diametro della Luna si è probabilmente ridotto di circa 90 metri negli ultimi 800 milioni di anni.

In base alle dettagliatissime immagini inviate a Terra dalla sonda americana, è stato possibile rilevare che leggeri movimenti tettonici sono avvenuti con effetti di subsidenza (sovrapposizione degli strati geologici) formando una serie di “scogliere” note come scarpate lobate. In determinati punti si nota chiaramente che le scarpate hanno coperto parzialmente dei piccoli crateri, che, proprio per il fatto di essere piccoli e senza altri impatti al loro interno, tendono ad essere relativamente giovani. Questa copertura può derivare da frane (che evidenzierebbero comunque una certa attività, anche solo sismica) ma più probabilmente si è trattato di un vero e proprio spostamento della parete rocciosa, segno inequivocabile di un restringimento della crosta.
E parlando di attività sismica, occorre evidenziare come i movimenti geologici abbiano una correlazione con i terremoti lunari (o lunamoti, come alcuni li definiscono) che riusciamo a misurare grazie ai sismografi lasciati dagli astronauti durante quattro missioni lunari. Escludendo i possibili movimenti causati da impatti meteorici, sbalzi termici fra giorno e notte e forze mareali create dalla Terra, permane una certa quantità di fenomeni riconducibili proprio ai movimenti di faglia.

La missione LRO sta avendo fantastici ritorni scientifici grazie alla estrema definizione delle immagini che riprende.
La sua missione primaria si chiuderà a settembre di quest’anno, ma si sta già organizzando l’estensione della missione, almeno fino al 2012.
Per ottenere questo risultato si passerà dall’attuale orbita circolare a 50 km di quota ad un’orbita ellittica che si estenderà da un’altitudine di 30 km a quasi 200 km. Grazie a questo cambiamento si otterrà una sensibile diminuzione del consumo di propellenti, permettendo così il completamento della missione estesa e probabilmente un’ulteriore estensione.

In foto due piccoli crateri di circa 40 m di diametro indicati dalle frecce sono parzialmente coperti, mentre nell’ingrandimento uno di 20 m è coperto quasi per metà dalla parete rocciosa, dimostrandone lo spostamento.
Fonte: NASA/Goddard/Arizona State University/Smithsonian.

La ISS è tornata in piena efficienza

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La ISS è tornata alla piena efficienza
La ISS è tornata alla piena efficienza
La ISS è tornata alla piena efficienza
La ISS è tornata alla piena efficienza

L’attività extraveicolare di ieri è avvenuta perfettamente e la pompa guasta è stata finalmente sostituita.
Durante una EVA di 7 ore e 20 minuti iniziata alle 1020 UTC, Douglas Wheelock e Tracy Caldwell Dyson hanno completato il montaggio e la riconnessione della pompa di circolazione dell’ammoniaca del circuito di raffreddamento A.

Attualmente il sistema di controllo termico della Stazione è nuovamente in piena efficienza e sta funzionando a dovere. È previsto uno spegnimento nella giornata di giovedì per ripristinare la circolazione corretta ed eliminare i by-pass attivati durante il periodo di guasto del loop A. Comunque i circuiti sono alla pressione nominale di 22,7 bar, raggiunta progressivamente dopo il termine della EVA.

Per la riparazione sono state necessarie 3 EVA per una durata totale di 22 ore e 49 minuti.

Quella di ieri è anche stata la 150esima attività extraveicolare per la ISS e la durata totale ammonta a 944 ore e 24 minuti, equivalenti a 39,4 giorni.

Solo l’ultima operazione dell’attività è stata cancellata per mancanza di tempo. Il cavo denominato J612 che avrebbe dovuto collegare il modulo Quest con Unity non è stato montato, ma sarà necessario prima dell’arrivo del PMM Leonardo con la missione Discovery STS-133, quindi dal primo novembre in poi.

In foto un momento dell’EVA.
Fonte: NasaTV.

Definito il piano di riparazione per la ISS

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Definito il piano di riparazione per la ISS

Definito il piano di riparazione per la ISS
Definito il piano di riparazione per la ISS
Douglas Wheelock e Tracy Caldwell Dyson: sono loro due gli incaricati della sostituzione della pompa del circuito di raffreddamento che si è bloccata domenica mattina.

Effettueranno la prima attività extraveicolare venerdì mattina alle 1055 UTC quando usciranno per iniziare a preparare la nuova pompa stoccata sul traliccio nei pressi di quella guasta. La seconda escursione per eseguire tutti gli allacci elettrici e ai circuiti dell’ammoniaca avverrà lunedì.
Questo componente fa parte delle 14 parti indispensabili al funzionamento della Stazione e con 4 ricambi si può stare abbastanza tranquilli. I responsabili di missione sapevano che prima o poi una pompa si sarebbe guastata, anche se non credevano che sarebbe successo così presto. Con un tempo medio previsto fra guasti di 100’000 ore, il funzionamento di questo componente è stato di sole 80’000 ore.
La pompa costruita dalla Boeing, è lunga 1,70 m, larga 1,2 m e alta 0,9 m ed è troppo grande per essere caricata a bordo di un ATV o di un cargo Progress.

Con gli ultimi lanci Shuttle si sta cercando di completare il più possibile la scorta di parti di ricambio indispensabili, proprio per prevenire queste situazioni potenzialmente a pericolose per l’intera Stazione: in questo momento la ISS sta correndo un rischio “importante”, dato che si trova senza un sistema di refrigerazione di scorta. Se dovesse guastarsi anche il circuito B sarebbe un vero disastro.

Questo è il motivo principale per cui si stanno accorciando il più possibile i tempi ma senza imporre eccessiva fretta che potrebbe mettere a rischio i membri dell’equipaggio.
Per lavori di questo tipo è importante ad esempio avere tempi lunghi dal termine delle operazioni e il rientro a bordo. Avendo a che fare con l’ammoniaca, è molto importante che gli astronauti non ne abbiano delle piccole quantità depositata sulle tute. Impiegando un po’ di tempo dalla fine del lavoro al rientro si permette all’ammoniaca di evaporare nello spazio.

In foto Tracy e Doug iniziano la preparazione delle tute per il duro lavoro di venerdì.
Fonte: NASA.

Problema sulla ISS

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Problema sulla ISS

Problema sulla ISS
Problema sulla ISS
Uno dei circuiti di controllo termico che mantengono costante la temperatura della Stazione si è guastato ieri sera causando lo spegnimento di molte apparecchiature elettroniche del grande complesso.
Il Coolant Loop si occupa di smaltire verso l’esterno il calore generato dai vari laboratori presenti a bordo ed il suo malfunzionamento avrebbe come risultato un aumento repentino delle temperature all’interno dei moduli della ISS.

Non è ancora chiara la causa, ma il modulo di pompaggio dell’ammoniaca del circuito A, montato sul lato di destra del traliccio principale della Stazione si è bloccato circa alle 0000 UTC di questa mattina, domenica primo agosto. Un guasto di questa entità fa subito scattare i sistemi di sicurezza avviando una serie di procedure d’emergenza e svegliando l’equipaggio.
Il primo effetto del blocco di metà dell’impianto di dissipazione termica è lo spegnimento di due dei quattro giroscopi che controllano l’assetto della ISS, di un canale di comunicazione, di diversi convertitori di potenza dei pannelli solari, utilizzati per il controllo dell’alimentazione e di un numero imprecisato di multiplexer-demultiplexer disseminati sulla Stazione.

L’equipaggio non è in pericolo, ma le procedure sono state febbrili, con la reimpostazione delle varie condizioni nel nuovo assetto interno, che comprende anche dei cavi di connessione elettrica aggiuntivi sistemati fra la sezione russa e quella americana per la ridistribuzione energetica. Alle 0500 UTC, Tracy Caldwell Dyson and Douglas Wheelock stavano eseguendo proprio queste riconfigurazioni dicendo che gli sembrava una esercitazione: purtroppo era un problema reale.

Poco prima delle 1000 UTC dal controllo di terra eseguivano un tentativo di ripristino della pompa bloccata, ma il sistema andava nuovamente in allarme svegliando ancora l’equipaggio. I controllori si sono scusati dicendo che pensavano di aver tacitato tutti gli allarmi, anche se non c’erano evidentemente riusciti.

La perdita del 50% di potere refrigerante per la Stazione Spaziale Internazionale significa perdere il 50% dell’elettronica di bordo e quindi degli esperimenti. Ed è un problema abbastanza grave. Sulla Stazione sono però presenti due pompe di scorta montate sugli External Storage Platform, pallet di ricambi agganciati ai lati del traliccio principale.

Di fatto dal controllo missione stanno prendendo in seria considerazione la possibilità di effettuare due EVA speciali per effettuare la sostituzione della pompa che ha una massa di 353 kg. Le connessioni sono molte e complesse; è per questa ragione che il lavoro verrebbe diviso in due escursioni, anche per una revisione accurata delle procedure di lavoro.

Wheelock and Caldwell Dyson sarebbero i prescelti e la prima EVA avverrebbe giovedì, mentre la seconda due-tre giorni dopo. Ovviamente nessuno dei due astronauti ha mai cambiato una pompa di quel tipo, ma dato che hanno seguito un addestramento per effettuare delle escursioni insieme, si preferisce mantenere la squadra unita, confidando sull’intesa di lunghi mesi di lavoro congiunto. La pompa è stata montata nell’agosto del 2009, ma nell’aprile di quest’anno è stato sostituito il serbatoio dell’ammoniaca che aveva dato problemi con alcuni bulloni e nell’apertura di una valvola poi sbloccata con dei comandi dal controllo di Terra. Nessun problema si era però riscontrato nel funzionamento, fino a stanotte.

Presentato il primo modello globale di gravità calcolato da GOCE

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Presentato il primo modello globale di gravità calcolato da GOCE

Presentato il primo modello globale di gravità calcolato da GOCE
Presentato il primo modello globale di gravità calcolato da GOCE
La missione GOCE (Gravity field and steady–state Ocean Circulation Explorer) è stata lanciata nel dicembre 2009 con l’obiettivo di misurare il campo gravitazionale terrestre e di determinare il geoide con un’elevata risoluzione ed accuratezza. I primi risultati, ottenuti con soli due mesi di dati, sono molto incoraggianti e mostrano nuove informazioni in vaste aree come il Sud America, l’Africa, L’Himalaya, il sud est asiatico e l’Antartide. Nei prossimi mesi si aspettano nuove elaborazioni più dettagliate ed accurate.

L’ Italia ha contribuito alla costruzione del satellite, essendo Thales Alenia di Torino il prime contractor del progetto per ESA. Inoltre il gruppo di ricerca del Politecnico di Milano, che da decenni lavora in campo internazionale per la realizzazione di una missione europea di misura del campo di gravità, è una parte fondante del Consorzio denominato HPF (Hight Level Processing Facility) che ha il compito di trasformare il dato del satellite in stima del campo terrestre.

L’ASI poi sostiene un progetto di coordinamento delle attività di ricerca italiane che intendono utilizzare i dati della missione GOCE per lo sviluppo di modelli globali e locali del campo gravitazionale e per lo sviluppo di applicazioni geodetiche, geofisiche, geologiche ed oceanografiche.
In particolare il progetto dell’ASI, soprannominato GOCE-ITALY, che è svolto dai gruppi di ricerca del Politecnico di Milano, Università di Milano, Università di Padova, Università di Trieste, Istituto di Oceanografia e Geofisica Sperimentale (OGS) di Trieste, Altec e Galileian Plus, prevede l’utilizzo da parte degli scienziati italiani dei prodotti della missione per il conseguimento dei seguenti obiettivi:

a) La determinazione di un modello globale del campo gravitazionale terrestre e del geoide con elevata risoluzione spaziale ed elevata accuratezza, integrando il dato spaziale con quello terrestre.

b) La determinazione di modelli locali del campo gravitazionale e del geoide basati sull’integrazione di misure gravimetriche in situ con i dati di GOCE.

c) La determinazione del geoide nel Mediterraneo.

d) La determinazione delle armoniche basse del campo gravitazionale, tramite la determinazione orbitale precisa (POD) da analisi dei dati GPS, e il miglioramento del modello delle maree oceaniche.

e) Lo sviluppo di applicazioni geodinamiche, in particolare lo sviluppo di modelli di postglacial rebound (PGR) per studiarne l’effetto sul campo gravitazionale sia a scala globale che regionale.

f) Lo sviluppo di applicazioni oceanografiche, in particolare l’uso combinato del geoide derivato da GOCE, eventualmente migliorato con dati gravimetrici in situ, e misure di altimetria da satellite, al fine di misurare le correnti nel Mar Mediterraneo.

g) Lo sviluppo di applicazioni geologiche, in particolare la determinazione di un modello avanzato della crosta nel territorio italiano e lo studio di bacini sedimentari a larga scala nella crosta inferiore o nel mantello superiore.
La responsabilità del coordinamento del team di ricerca è stata affidata al Politecnico di Milano. Alcune attività del progetto verranno svolte direttamente dal Centro ASI di Geodesia Spaziale “Giuseppe Colombo” tra cui il calcolo di serie temporali del geopotenziale, utilizzando i dati SLR (Satellite Laser Ranging) della rete ILRS su diversi satelliti geodetici (i.e. LAGEOS – I e –II, Starlette, Stella, Ajisai etc.), la validazione dell’orbita e il confronto tra il geoide calcolato utilizzando i dati di GOCE con quello derivato dalle informazioni di SLR.

Rosetta sorvola Lutetia

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Rosetta sorvola Lutetia

Rosetta sorvola Lutetia
Rosetta sorvola Lutetia
Sabato 10 luglio la sonda europea Rosetta ha volato a meno di 3’200 chilometri dall’asteroide Lutetia. Si tratta di un’occasione bonus aggiunta alla raccolta scientifica di questa sonda durante il suo viaggio per incontrare una cometa nel 2014.

Lutetia era praticamente sconosciuto prima del flyby e gli scienziati contavano su Rosetta per migliorare la conoscenza delle sue dimensioni, la composizione chimica e dell’origine. Questo incontro ha reso Lutetia il più grande asteroide visitato da vicino da un veicolo spaziale.
Le immagini mostrano che Lutetia è costellato di crateri, evidenziando i molti impatti subiti durante i suoi 4,5 miliardi di anni di esistenza. All’avvicinarsi di Rosetta, una depressione a forma di catino gigante che si estende per gran parte dell’asteroide è comparsa in vista. Le immagini confermano che Lutetia è un corpo allungato, con il suo lato più lungo di circa 130 km.

“Questa è esplorazione nella sua forma migliore”, ha detto David Southwood, direttore scientifico dell’Agenzia Spaziale Europea per i Programmi Robotici. Gli ingegneri all’interno dell’European Space Operations Center in Germania hanno confermato che il flyby si è svolto come previsto raggiungendo il punto più vicino alle 1610 UTC. Ci sono voluti più di 25 minuti perché i segnali radio, viaggiando attraverso il Sistema Solare giungessero a noi da Rosetta, il che significa che il massimo avvicinamento si è effettivamente verificato alle 1544 UTC.

Il flyby di Rosetta è avvenuto a 3’162 km da Lutetia ad una velocità relativa di 53’900 chilometri all’ora. Si è inoltre verificato a più di 450 milioni di chilometri dalla Terra e si è svolto in poco più di un minuto. Ma le telecamere e gli altri strumenti avevano lavorato per ore e alcuni anche giorni prima. Poco dopo il massimo avvicinamento, Rosetta ha iniziato a trasmettere i dati a Terra per l’elaborazione.

I pianificatori della missione hanno aggiunto il flyby di Lutetia alla missione Rosetta da 1,2 miliardi di dollari come un’occasione per raccogliere dati aggiuntivi mentre la sonda volava verso la cometa Churyumov-Gerasimenko. Nel 2008 la stessa sonda Rosetta ha visitato anche l’asteroide Steins, ma Lutetia, molto più grande, ha offerto molte più possibilità per l’osservazione.

“Dei due flyby asteroidali che siamo stati in grado di sfruttare lungo la strada verso la cometa, Lutetia è sempre stato il nostro obiettivo principale perché crediamo che questo ci fornirà le informazioni più preziose su come i pianeti si sono formati e in che stato si trovava il materiale durante questo periodo di formazione”, ha detto Rita Schulz, scienziato del progetto Rosetta presso l’Agenzia Spaziale Europea.

Nonostante il suo diametro medio di oltre 95 km, la composizione minerale e la forma esatta di Lutetia erano ancora un mistero per gli scienziati prima della visita di Rosetta. Lutetia è stato scoperto nel 1852, ma le migliori foto dell’asteroide riprese dai telescopi sia sulla Terra che nello spazio mostrano solo un oggetto composto da pochi pixel.
L’ipotesi più probabile è che Lutetia sia un asteroide di tipo C, il che significa che ha attraversato relativamente intatto la maggior parte della storia del Sistema Solare che dura da 4,6 miliardi di anni. Gli asteroidi di tipo C sono scuri e ricchi di carbonio e molecole organiche. Gli scienziati credono che siano cimeli rimasti dalla formazione del Sistema Solare.
“Se risultasse che è un tipo C, cosa che tutti speriamo, allora abbiamo un grande oggetto che è piuttosto incontaminato e che ci mostra il Sistema Solare poco dopo la formazione dei pianeti”, ha aggiunto Rita Schulz.

Ma alcune misurazioni suggeriscono che Lutetia possa essere ricco di metalli, quindi un asteroide di tipo M. Schulz ha detto che gli asteroidi metallici si sono formati dalla frattura di un corpo più grande e derivano da frammenti del nucleo.
“Non è possibile, non può essere sia un asteroide di tipo C che di tipo M, perché sono totalmente diversi”, ha proseguito Schulz. “Questo è un enigma che possiamo risolvere solo visitando questo oggetto perché le indicazioni provenienti da tutte le osservazioni eseguite finora non sono definitive”.
Il compito di Rosetta è stato quello di far luce su questi dubbi.

La sonda ha raccolto immagini di Lutetia nello spettro visibile, la mappa con la distribuzione dei minerali sulla sua superficie per mezzo degli spettrometri, ha cercato una eventuale sottile atmosfera e studiato le variazioni di temperatura sull’asteroide.

Il flyby di Lutetia per Rosetta è stata l’ultima tappa durante il suo viaggio di 10 anni dalla Terra alla Churyumov-Gerasimenko. Dal suo lancio nel 2004, Rosetta ha completato quattro manovre di gravity assist per indirizzarsi verso la cometa, tre delle quali sono stati flyby della Terra e uno di Marte.
Gerhard Schwehm, responsabile della missione Rosetta, ha detto che i tecnici a Terra passeranno il prossimo anno a mettere in letargo la sonda di 2’840 kg, imponendole un sonno profondo, che durerà circa due anni e mezzo, in grado di ottimizzare il consumo energetico. I controllori di volo attiveranno tutti gli strumenti scientifici di Rosetta entro la fine dell’anno per assicurarsi che siano efficienti prima della sospensione. Alcuni di essi riceveranno anche degli aggiornamenti software. “Mettere in ibernazione un veicolo spaziale per due anni è decisamente complesso ed occorre assicurarsi la possibilità di riattivarla di nuovo”, ha detto Schulz.

Mentre Rosetta transiterà nel sistema solare esterno, le squadre di terra metteranno alla prova i suoi grandi pannelli solari in modalità a bassa intensità, una funzione speciale che aumenta l’efficienza del sistema di approvvigionamento energetico della sonda, anche se i pannelli raccoglieranno meno luce solare. I pannelli solari di Rosetta, lunghi 32 metri, forniscono una grande superficie di raccolta per convertire in elettricità la più debole luce solare.
Gli ingegneri prevedono anche una manovra di correzione a gennaio per mettere Rosetta sulla giusta rotta verso Churyumov-Gerasimenko. Quattro dei propulsori di Rosetta modificheranno la velocità della sonda di 2’844 km/h.
“Avremo in seguito un periodo molto tranquillo per il veicolo spaziale che ci permetterà di controllare tutti i sottosistemi per assicurarsi che tutto è a posto e funziona correttamente, e nel giugno metteremo finalmente Rosetta in modalità di sospensione”, ha detto Schwehm.

Il controllo missione non prevede di svegliare Rosetta durante il letargo, in parte perché la sonda non avrebbe abbastanza elettricità per alimentare tutti i suoi sistemi contemporaneamente. “Non possiamo fare molto in quanto non avremmo abbastanza potenza per attivare tutti i sistemi e correggere eventuali problemi”, ha concluso Schwehm. Un’altra grande correzione di rotta è prevista per la primavera del 2014, subito dopo la riattivazione di Rosetta e pochi mesi prima dell’arrivo dalla cometa.

Rosetta dovrebbe arrivare nei pressi di Churyumov-Gerasimenko nel maggio 2014 mentre si avvicina al Sole ed entrare in orbita attorno al nucleo, un corpo di soli 4 km di diametro. La sonda sgancerà poi il lander tedesco Philae che scenderà sulla superficie della cometa nel novembre 2014, da dove invierà immagini e dati per circa una settimana. Rosetta resterà con la cometa fino al 2015 durante il suo passaggio vicino al Sole, completerà la mappatura della superficie e osserverà le sue modificazioni man mano che si scalderà rilevando i composti emessi come il ghiaccio di acqua.

Immagine: Rosetta ha ripreso questa foto di Lutetia poco prima del massimo avvicinamento. Le immagini provengono dallo strumento OSIRIS, che combina una macchina fotografica a largo campo ed una a teleobiettivo. Al massimo avvicinamento, i dettagli visibili sono stati di 60 metri su tutta la superficie visibile di Lutetia. Fonte: ESA

Trovati frammenti raccolti da Hayabusa

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Trovati frammenti raccolti da Hayabusa

Trovati frammenti raccolti da Hayabusa
Trovati frammenti raccolti da Hayabusa
La Japan Aerospace Exploration Agency ha annunciato lunedì di aver trovato particelle all’interno della capsula di rientro della missione Hayabusa, capsula che avrebbe dovuto raccogliere un campione della superficie dell’asteroide Itokawa nel 2005. I funzionari dicono che non sanno ancora se le particelle sono polvere proveniente dall’asteroide o se il materiale è originato dalla Terra o proviene dallo spazio interplanetario.

La capsula di rientro Hayabusa è stata paracadutata sulla Terra il 13 giugno e proviene da una missione durata sette anni che ha percorso oltre sei miliardi di chilometri attraverso il Sistema Solare. Questa è la missione che ha compiuto il primo viaggio di andata e ritorno ad un asteroide.
La capsula da 40 centimetri è rimasta illesa nel rientro e le squadre di recupero hanno spedito immediatamente il modulo in Giappone, dove è arrivato il 18 giugno presso un laboratorio high-tech a Sagamihara, vicino a Tokyo. È stata subito eseguita una radiografia del filtro che ha mostrato segni di particelle di circa 1 millimetro e i tecnici hanno rilevato anche una traccia di gas proveniente dalla capsula.

La polvere dovrebbe provenire dall’asteroide Itokawa, ma c’è anche la possibilità che provenga dallo spazio interplanetario o potrebbe addirittura essere una contaminazione proveniente da Terra, presente all’interno del contenitore prima del lancio. Solo le analisi dettagliata del materiale determineranno la sua fonte e potrebbero essere necessari mesi prima che gli scienziati riescano a dimostrare che i campioni sono stati effettivamente prelevati dalla superficie di Itokawa, una grande roccia a forma di patata. I ricercatori prevedono di utilizzare un microscopio elettronico e uno spettrometro per misurare le dimensioni e la composizione chimica dei campioni, determinandone così la provenienza.

Hayabusa è stata progettata per raccogliere i campioni sollevati da un proiettile sparato per smuovere i frammenti depositati sulla superficie e incanalarli all’interno della camera di raccolta, il tutto mentre la sonda eseguiva un atterraggio. Ma il cattivo funzionamento del sistema durante due tentativi nel novembre 2005 ha indotto il controllo missione ad eseguire un ulteriore campionamento che è andato più liscio, ma gli ingegneri di missione hanno detto che il proiettile non è stato sparato, mettendo così in dubbio l’obiettivo primario della sonda Hayabusa.

Nonostante l’inconveniente, ai responsabili di missione è rimasta qualche speranza di trovare polvere dell’asteroide entrata nella camera di raccolta nel momento in cui la sonda ha urtato contro la sua superficie di Itokawa.

In foto l’interno della capsula con i piccoli frammenti di materiale.
Fonte JAXA.

Notizie da Marte

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Notizie da Marte

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Ancora in ascolto per Spirit – Sol 2307, 30 giugno 2010.

Spirit rimane in silenzio nel luogo chiamato “Troy” sul lato ovest di Home Plate. Nessuna comunicazione è stata ricevuta dal rover dal Sol 2210 (22 marzo 2010).
Come detto in precedenza, è probabile che Spirit abbia subito un forte abbassamento di potenza e abbia quindi spento tutti i sottosistemi, anche quelli di comunicazione e sia passato in un sonno profondo. Durante il sonno, il rover utilizzerà l’energia disponibile dai pannelli solari per ricaricare le batterie. Quando le batterie avranno recuperato una sufficiente carica, Spirit si risveglierà e inizierà a comunicare.
C’è il rischio aggiuntivo che il rover abbia subito un guasto all’orologio di missione. Se ciò fosse accaduto, Spirit resterà addormentato finché le batterie non saranno ricaricate a sufficienza e quindi fino a che ci sia abbastanza luce solare per i pannelli per riattivare il rover. Con il solstizio d’inverno superato il 13 maggio 2010, i livelli di energia solare e le temperature sono previste in aumento.
L’odometria totale è invariata a 7’730,50 metri.
Opportunity.
Migliora l’alimentazione una volta superato il Solstizio d’inverno – Sol 2254-2260, 27 maggio-2 giugno 2010.

Superato il solstizio d’inverno, la produzione d’energia va migliorando. Opportunity continua a spostarsi verso il cratere Endeavour.
Il Sol 2254 (27 Maggio 2010), il rover si è spostato di circa 26 metri verso sud/sud-est. Altro spostamento nel Sol 2256 (29 Maggio 2010), per circa 25 metri. Ma il Sol 2257 (30 Maggio 2010), si è verificata un’avaria al Pancam Mast Assembly (PMA) che sostiene le telecamere di navigazione e scientifiche. Lo snodo di azimut del PMA non si è mosso quando comandato. Il Sol 2259 (1 giugno 2010), sono stati eseguiti una serie di test diagnostici sul comando specifico e su altri attuatori come controllo. Il PMA è risultato essere a posto, il che non spiega il problema precedente. Così l’intenzione è di proseguire nell’indagine con ulteriori test diagnostici.
Dal Sol 2260 (2 giugno 2010), la produzione di energia dei pannelli solari è stata 269 watt-ora, l’opacità atmosferica (Tau) era 0,465 (Sol 2256) e il fattore polvere sui pannelli solari era 0,566.
L’odometria totale ammontava a 20,862.01 metri.

Si cerca di tornare al più presto a muoversi – Sol 2261-2266, 3-9 giugno 2010.

Il Pancam Mast Assembly (PMA) pare funzionare perfettamente nonostante il malfunzionamento subito nel Sol 2257 (30 maggio 2010) e non si ha quindi una spiegazione del problema.
Sono stati eseguiti diversi test diagnostici nei Sol 2259, 2261, 2262 e 2265 (1, 3, 4 e 8 giugno). In ogni caso, la diagnostica ha indicato che l’attuatore di azimut del PMA funziona perfettamente. Ulteriori analisi suggeriscono che lo spettrometro di emissione termica in miniatura (Mini-TES) possa essere l’origine del problema al PMA e che il PMA stesso fosse solo in attesa di un segnale dal Mini-TES, segnale che non è mai arrivato. Piccole anomalie sono state osservate nel Mini-TES durante il Sol 2250 (23 Maggio 2010). Indagini sono in corso sullo strumento. Nel frattempo, sono stati effettuati test finali sul PMA per riprendere al più presto gli spostamenti.
Nel Sol 2266 (9 giugno 2010), la produzione di energia dei pannelli solari stata di 287 watt-ora, l’opacità atmosferica (Tau) è stata 0,465 (Sol 2256) e il fattore polvere sui pannelli solari era 0,589.
L’odometria totale era 20,862.01 metri.

Opportunity supera le 13 miglia percorse su Marte! – Sol 2267-2272, 10-15 giugno 2010.

Opportunity è nuovamente in viaggio e ha superato i 21 km (13 miglia) di percorso su Marte.
L’errore di azimuth del Pancam Mast Assembly (PMA) del Sol 2257 (30 maggio 2010), è stato attribuito a un problema all’interno del mini-spettrometro ad emissione termica (Mini-TES). Una verifica del Mini-TES è in corso. Il PMA è stato ripristinato per la ripresa delle immagini (e non per l’uso del Mini-TES).
Durante il Sol 2267 (10 giugno 2010), è stato eseguito un Quick Fine Attitude (QFA) per verificare la precisione della lettura dell’assetto per minimizzare la deriva giroscopica. Sono state anche riprese ulteriori immagini nella direzione di marcia. Nel Sol 2270 (13 giugno 2010), Opportunity ha eseguito uno spostamento per la prima volta dopo l’anomalia PMA, ed ha coperto oltre 70 metri. Il rover ha poi eseguito un altro spostamento durante il Sol 2272 (15 giugno 2010), muovendosi di quasi 72 metri verso est.
Dal Sol 2272 (15 giugno 2010), la produzione di energia solare è stata di 297 watt-ora, l’opacità atmosferica (Tau) è stata di 0,280 e il fattore polvere sui pannelli solari era 0,570 .
L’odometria totale era 21,005.47 metri.

Opportunity Completa le tre unità di spostamento della settimana – Sol 2273-2279, 16-22 Giugno 2010

Opportunity ha fatto buoni progressi verso il cratere Endeavour con tre unità di spostamento.
Il Sol 2274 (17 giugno 2010) il rover ha completato circa 60 metri di spostamento verso est. Il Sol 2276 (19 giugno 2010) il rover ha fatto una piccola curva per evitare un ripple e poi si è spostato di 72 metri verso est. Con questa unità, Opportunity ha superato la distanza di una mezza maratona, 21’097,5 metri, o 13,11 miglia.
Il rover ha proseguito nel Sol 2279 (22 giugno 2010) coprendo più di 70 metri verso est/sud-est.
Al Sol 2279 (22 giugno 2010), la produzione di energia solare è passata a 320 watt-ora, l’opacità atmosferica (Tau) è stata 0,257 e il fattore polvere sui pannelli solari era 0,5585.
L’odometria totale era 21’209,69 metri.

Opportunity continua il viaggio verso Endeavour Crater – Sol 2280-2286, 23-29 Giugno 2010.

Opportunity continua ad avvicinarsi al cratere Endeavour, mentre i livelli di energia solare migliorano.
Il Sol 2281 (24 giugno 2010) il rover ha completato circa 70 metri, viaggiando verso est/sud-est. Il Sol 2283 (26 giugno 2010) ha percorso soli 57 metri verso nord-est per evitare alcune increspature del terreno di grandi dimensioni. Opportunity ha poi proseguito nel Sol 2286 (29 giugno 2010), coprendo più di 70 metri verso est.
Dal Sol 2286 (29 giugno 2010), la produzione di energia solare è migliorata passando a 354 watt-ora, l’opacità atmosferica (Tau) è stata di 0,295 e il fattore polvere sui pannelli solari era 0,577.
L’odometria totale era 21’408,21 metri.

In foto un’immagine del bordo del cratere Endeavour ripresa da Opportunity durante il suo avvicinamento. I nomi dei picchi sono ispirati dai luoghi visitati dal Capitano Hook con il vascello Endeavour a metà del XVIII secolo.
Fonte: NASA/JPL-Caltech/Cornell University.

Gli astronauti dello Shuttle in Italia

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Gli astronauti dello Shuttle in Italia

Gli astronauti dello Shuttle in Italia
Gli astronauti dello Shuttle in Italia
Quattro mesi fa orbitavano a circa 340 km di distanza dalla superficie terrestre per istallare sulla Stazione Spaziale Internazionale il Nodo3 (Tranquillity) e la Cupola, gli ultimi due ‘gioielli’ del Made in Italy per lo Spazio. Adesso sono qui, invitati proprio dall’Agenzia Spaziale Italiana. Nicholas Patrick, Kay Hire e Terry Virtis, tre dei sei membri della missione STS-130 (nella foto a sinistra, la crew al completo) conclusasi lo scorso 22 febbraio, sono atterrerati in Italia il 28 giugno , accolti da Salvatore Pignataro che ha dato loro il benvenuto a nome dell’ASI. E nel nostro paese resteranno fino al 2 luglio. Prima destinazione Torino, per incontrare il team di tecnici di Thales Alenia Space che ha materialmente realizzato gli ultimi due elementi della ISS per conto dell’ESA. Per i tre astronauti statunitensi, che hanno avuto modo di visitare i luoghi e i laboratori dove la Cupola e Tranquillity sono diventati realtà, l’appuntamento ha rappresentato un fondamentale momento di confronto.

Entrambi i moduli (qui a destra la Cupola) sono stati infatti progettati, sviluppati e integrati negli stabilimenti torinesi di Thales Alenia Space, che ha inoltre avuto la responsabilità delle attività di preparazione al lancio e di supporto alla Nasa attraverso il centro ALTEC, società costituita da Thales Alenia Space, Agenzia Spaziale ed Enti pubblici piemontesi.

Proprio per questo, la missione Shuttle STS 130 lanciata dalla NASA il 7 febbraio scorso, ha rappresentato un passaggio importante non solo per la messa a punto della Stazione spaziale, ma anche per l’Italia. La ISS, infatti, il più grande e ambizioso progetto spaziale concepito dopo la conquista della Luna, volge verso il suo completamento con l’arrivo a bordo di un altro pezzo significativo del nostro paese: sarà italiano anche PMM, l’ultimo modulo permanente abitativo.

Al termine della visita nel capoluogo piemontese, Patrick, Hire e Virtis incontreranno il Primo cittadino della città, Sergio Chiamparino. A seguire – nel pomeriggio del 30 giugno – partiranno alla volta di Roma dove saranno accolti dal presidente dell’ASI Enrico Saggese e, in serata, riceveranno il benvenuto da parte del Ministro dell’Istruzione, Università e della Ricerca, Maristella Gelmini. Per il giorno successivo, vigilia del volo di ritorno negli Stati Uniti, è in programma il saluto del sindaco della Capitale, Gianni Alemanno.

C’era una volta su Marte

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C'era una volta su Marte

C'era una volta su Marte
C'era una volta su Marte
Nel passato di Marte possono esserci state condizioni favorevoli alla vita. Sono le conclusioni degli ultimi studi su minerali presenti all’interno di alcuni crateri del Pianeta Rosso, condotti da sonde europee e statunitensi. I risultati, apparsi sulla rivista Science, mostrano come l’acqua allo stato liquido fosse presente su ampie aree della superficie del pianeta, non solo nelle regioni meridionali, ma anche al di sotto delle pianure dell’emisfero settentrionale. Mars Express e Mars Reconnaissance Orbiter, rispettivamente dell’ Agenzia Spaziale Europea e della NASA e con importanti strumenti italiani a bordo (MARSIS e PFS sul primo e SHARAD sul secondo sono stati promossi dall’ASI e costruiti in Italia), hanno scoperto la presenza di minerali composti da silicati idrati nelle pianure settentrionali di Marte, un segnale inequivocabile che un tempo in quelle zone scorreva acqua.

La sonda europea aveva già scoperto nell’emisfero meridionale migliaia di piccoli affioramenti di rocce dove i minerali risultano alterati dall’interazione con l’acqua. Molti di questi sono presenti sotto forma di minerali argillosi idrati, i cosiddetti fillosilicati, e indicano che quelle zone erano un tempo molto più calde e umide di oggi.

Tuttavia, fino a questa settimana, siti analoghi non erano mai stati avvistati nell’emisfero settentrionale del pianeta. I primi indizi che potessero esserci rocce contaminate da acqua anche lì sono stati forniti dal sensore OMEGA a bordo di Mars Express ma gli affioramenti identificati erano troppo piccoli per confermare la presenza di acqua. Così, sono stati utilizzati dati ad alta risoluzione raccolti da un sensore di Mars Reconnaissance Orbiter, concentrando l’attenzione su 91 crateri prodotti dall’impatto di asteroidi. L’impatto ha scavato la superficie del pianeta per parecchi chilometri, portando in superficie materiale della crosta primordiale del pianeta. In almeno 9 di queste enormi voragini sono stati individuati fillosilicati o altri minerali idrati, rocce identiche per composizione a quelle già scoperte nel’emisfero meridionale.

“Oggi possiamo dire che la superficie di Marte è stata profondamente alterata da acqua allo stato liquido più di 4 miliardi di anni fa” dice John Carter dell’Università di Parigi, primo autore dell’articolo che descrive la scoperta . Questi risultati sono molto importanti per ricostruire la storia geologica del Pianeta rosso e indicano la concreta possibilità che su di esso possano esserci state in passato condizioni favorevoli per l’evoluzione di forme di vita primitive.

Rosetta punta su Lutetia

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Rosetta punta su Lutetia

Rosetta punta su Lutetia
Rosetta punta su Lutetia
L’appuntamento alla cieca – i due ancora non si conoscono – è per la notte di sabato 10 luglio. Sarà il primo incontro tra una sonda e un asteroide metallico di tipo M, per cui non mancheranno certo le domande e, si spera, le risposte.
Da una parte Rosetta, la sonda ESA costruita con un importante contributo italiano e partita nel 2004 per un viaggio decennale verso la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, dall’altra Lutetia, il piccolo asteroide della fascia principale scoperto nel lontano 1852 all’Osservatorio di Parigi (per questo fu battezzato con l’antico nome romano della capitale francese). I due avevano fissato la data circa un mese fa, quando sono cominciate le manovre di avvicinamento verso questo flyby che si annuncia tra i più interessanti della missione.

Rosetta dovrebbe sorvolare Lutetia a circa 3200 km di distanza, mantenendosi così vicina per circa un paio d’ore. Sufficienti a mandare subito a Terra ogni foto possibile di questo asteroide così poco conosciuto (le immagini dovrebbero essere messe a disposizione dall’ESA già nel pomeriggio successivo).

Al momento, nessuno sa esattamente a cosa Lutetia assomigli. Ai telescopi di terra appare come un singolo punto luminoso, uno dei tanti tra Marte e Giove. Ma le continue variazioni nell’intensità luminosa suggeriscono che Lutetia ruoti su se stesso ed abbia una forma irregolare. Gli astronomi sono riusciti a stabilire che taglia abbia, ma non molto di più. Il diametro, nel punto di maggiore ampiezza, dovrebbe aggirarsi sui 134 km. Diverse misurazioni hanno fatto concludere che Lutetia dovrebbe con ogni probabilità essere un asteroide metallico di tipo M. Un’ipotesi che, se dovesse – come si prevede – essere confermata, potrebbe imporre un ripensamento nel modo tradizionale di classificare gli asteroidi.

La Notte del Tempo

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La Notte del Tempo

La Notte del Tempo
La Notte del Tempo
Appuntamento giovedì 24 giugno 2010, in piazza dei Signori

Dopo 30 anni Padova torna ad avere il suo Orologio astrario, sono stati infatti ultimati i lavori di restauro della Torre di piazza dei Signori.

L’Orologio astrario viene realizzato nel 1344 da Jacopo Dondi da Chioggia, nel 1437 l’Orologio viene ricostruito fedelmente ad opera degli orologiai Matteo Novello, Giovanni e Giampietro dalle Caldiere.
L’Orologio rappresenta la teoria astronomica Tolemaica di un sistema geocentrico che poneva la Terra al centro dell’Universo.

La Torre, alta 30 m. dal piano stradale, è dotata di 5 piani interni, di cui i primi 3 sono stati destinati a contenere le parti del meccanismo dell’orologio, gli altri 2 costituivano la residenza del maestro orologiaio, custode e manutentore.
Il movimento a gabbia è dotato di 2 “treni”: il treno del tempo e quello del suono della campana.
Il quadrante ha una forma circolare: nella fascia esterna è incisa la numerazione delle ore con caratteri romani, la fascia interna, in lastre di piombo, riporta le stelle di rame. La terza fascia, invece, contiene i simboli zodiacali a rilievo.
Al centro si trova il pianeta Terra.
La lancia che indica le ore con il Sole è alla base, la Luna, invece, compare su una finestra circolare.
Tutti i segni zodiacali, tranne quello della bilancia che manca, sono rifiniti con foglia d’oro zecchino.

Il restauro degli antichi strumenti scientifici è stato curato dall’Arass – Brera Associazione onlus. Il restauro è costato 300.000 euro (di cui 250.000 dalla fondazione Cariparo).

Inaugurazione
Giovedì 24 giugno 2010, ore 21:45, in piazza dei Signori

PROGRAMMA

ore 21:45
osservazione del cielo con tre telescopi a disposizione del pubblico con l’Associazione Astronomica Euganea

ore 22:30
immagini su megaschermo del Planetario

“Il ricordo del vecchio orologiaio” con Alberto Terrani

Nuova illuminazione scenografica dell’Orologio e della Torre

I rintocchi dell’Orologio riprendono vita

Viaggio fra stelle – nebulose – galassie e altri spettacoli dal cosmo, a cura di Roberto Sannevigo, con il commento delle musiche dei Pink-Floyd dedicate al tempo, all’origine dell’universo e ai sistemi celesti

Per informazioni
Assessorato edilizia monumentale del Comune di Padova
telefono 049 8205656, fax 049 8205660

Lo spettacolo McNaught!

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Lo spettacolo McNaught!
Lo spettacolo McNaught!
Lo spettacolo McNaught!

E’ questo, fino al 25 giugno, il periodo migliore per seguire il “volo” della C/2009 R1 (McNaught).

Nella notte tra il 15 e il 16 giugno, infatti, la cometa ha raggiunto il punto più vicino alla terra (1,13 Unità astronomiche, equivalente a 169 milioni di chilometri) e nei prossimi giorni si avvicinerà via via al Sole aumentando sempre piu’ la sua luminosità, ad oggi di +4,5 magnitudini.

Le ultime stime dicono che potrebbe raggiungere addirittura una magnitudine vicina a +2 e quindi, in ottime condizioni di cielo buio e terso, si potrà tentare l’osservazione ad occhio nudo! A causa della sua ridotta elongazione dal Sole la cosa non risulterà però così facile, ma invitiamo chi non volesse perdersi lo spettacolo a tentare l’osservazione verso le 4 del mattino, con il Sole sotto l’orizzonte di almeno -12°.

Mappa celeste per individuare la cometa McNaught
Mappa celeste per individuare la cometa McNaught

Basterà dirigere lo sguardo in direzione del Perseo, dove la cometa si muoverà velocemente a sud est di Mirfak (alfa Persei, mag. +1,8) in direzione della brillantissima Capella (alfa Aurigae, mag. +0.1), che raggiungerà il 22 giugno, avvicinandola di 1,8° a nordest. Continuerà poi a spostarsi nella parte settentrionale dell’Auriga fino a trovarsi il 25 a 49′ a nordest di Menkalinan (beta Aurigae, mag. +1,9).

La cometa darà il meglio di sè anche solo in un binocolo o in un piccolo telescopio, mostrando la sua chioma verdognola e una lunga coda bluastra.

La rivedremo poi il 30 giugno quando diventerà un astro della sera osservabile, fino al 9 luglio, subito dopo il tramonto, bassa sull’orizzonte ovest, ma sarà ormai troppo lontana e per continuare a seguirla saranno necessari strumenti piu’ sofisticati.

Hayabusa ce l’ha fatta!

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Hayabusa ce l'ha fatta!
Hayabusa ce l'ha fatta!
Hayabusa ce l'ha fatta!
Hayabusa ce l'ha fatta!

Erano le 1351 UTC quando è stata scattata da Ozaki Takashi (©) la fotografia qui a sinistra che, con una lunga esposizione, immortala lo splendore della fine missione della sonda spaziale giapponese Hayabusa, una delle più sofferte di tutti i tempi.
A causa di innumerevoli guasti il centro controllo ha dovuto inventare le soluzioni più disparate per risolvere tutti i problemi che man mano si verificavano sulla sonda. Dall’uso dei pannelli solari come vela allo sfruttamento dei motori a ioni per le correzioni di rotta.

Comunque la caparbietà orientale è stata premiata e dopo 7 anni di viaggio Hayabusa è riuscita a completare la missione. Resta ancora il dubbio se effettivamente nella capsula di rientro siano presenti i campioni di materiale, ma per questo ci saranno i laboratori che si prenderanno carico di verificarlo.

La JAXA (Agenzia Spaziale Giapponese) ha comunicato di aver localizzato la capsula rientrata e di aver pianificato l’immediato recupero.

La capsula Hayabusa con il suo paracadute e le squadre in recupero
La capsula Hayabusa con il suo paracadute e le squadre in recupero

La piccola capsula di circa 40 cm (foto qui a destra) di diametro è stata recuperata il 14 giugno 2010 nella base australiana Woomera.
Ad un controllo visivo appare perfetta e senza nessun tipo di danno. È anche stato recuperato lo scudo termico per verificarne le condizioni dopo il surriscaldamento sopportato durante il rientro a 43’000 km/h.

Ora dovranno essere rispettati dei rigorosi protocolli per l’apertura del contenitore in modo da evitare assolutamente delle eventuali contaminazioni.

Piccola nota a margine. Hayabusa, secondo i piani originari della missione, non doveva entrare in atmosfera, ma eseguire solo un passaggio radente per poi continuare la sua esplorazione. Purtroppo le anomalie che ha subito non hanno lasciato la possibilità di alternative.

Notiziario: Hayabusa, Ikaros e Venus Climate Orbiter

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Notiziario: Hayabusa, Ikaros e Venus Climate Orbiter

Notiziario: Hayabusa, Ikaros e Venus Climate Orbiter
Notiziario: Hayabusa, Ikaros e Venus Climate Orbiter
Martedì scorso la sonda giapponese Hayabusa ha effettuato l’ultima accensione del suo motore a ioni per centrare al meglio il punto di discesa in Australia.
È attesa per le 1400 UTC di domenica 13 giugno ed è ormai tutto pronto. Anche un velivolo DC-8 NASA sarà in zona per seguire l’avvenimento. La rotta è definita e rimane solo più da eseguire il distacco del contenitore con i campioni: dopo aver rilasciato il suo prezioso carico, Hayabusa entrerà in atmosfera con la piccola capsula, ma non avendo lo scudo termico concluderà la sua grande missione in uno spettacolare fuoco d’artificio.

Altro successo giapponese quello di IKAROS, test di vela solare lanciato verso Venere assieme alla sonda Venus Climate Orbiter, o Akatsuki. La grande vela di 14 metri di lato è stata dispiegata in questi giorni e, per la prima volta l’operazione è andata a buon fine. Ora inizierà la missione vera e propria con la misurazione della spinta ottenuta dal Sole. IKAROS si trova ora a circa otto milioni di chilometri dalla Terra.

Anche l’ESA dovrà tirare la cinghia e si prevede il congelamento dei finanziamenti per l’agenzia spaziale europea ai valori del 2009. Non ci sarà quindi nessun incremento nel budget previsto di 3,35 miliardi di euro e questo almeno fino al 2012. Di conseguenza è già iniziata la caccia alle missioni meno utili da sacrificare.

Comunicato SpaceX

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Comunicato SpaceX

Comunicato SpaceX
Comunicato SpaceX
Cape Canaveral, Florida – 7 giugno 2010
SpaceX (Space Exploration Technologies Corp.) ha annunciato che il volo inaugurale del vettore Falcon 9 lanciato con successo la settimana scorsa, ha raggiunto l’orbita terrestre esattamente secondo i piani e segna una pietra miliare per SpaceX e per il settore commerciale del volo spaziale.
I dati preliminari indicano che Falcon 9 ha raggiunto tutti i suoi obiettivi primari della missione, che si è conclusa con un quasi perfetto inserimento del secondo stadio e della capsula Dragon (unità di qualificazione) nell’orbita circolare prevista a 250 km di quota. SpaceX ha anche raccolto importanti dati aerodinamici e delle prestazioni del veicolo durante la salita, dati che saranno utilizzati nelle missioni preparative in attesa di raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale (ISS).
“Questa è una pietra miliare non solo per SpaceX, ma apre un futuro sempre più luminoso per il volo spaziale”, ha detto Elon Musk, CEO e CTO di SpaceX. “E’ stata una giornata incredibile per i dipendenti della SpaceX, ma è importante notare che non abbiamo fatto da soli. Vorrei ringraziare dal profondo del mio cuore tutti i nostri sostenitori, in particolare la NASA (l’ufficio Commercial Orbital Transportation Services – COTS), la U.S. Air Force, la FAA ed i nostri clienti. Il loro sostegno è stato fondamentale per questo successo”.
SpaceX ha attualmente un vasto e diversificato programma comprendente contratti per oltre 30 missioni, comprese le 18 missioni già acquisite, per mettere in orbita satelliti commerciali. Inoltre, i lanci del vettore Falcon 9 e del veicolo spaziale Dragon sono stati acquistati dalla NASA per il trasporto di rifornimenti, che comprendono anche piante ed animali vivi, da e verso la Stazione Spaziale Internazionale. Sia Falcon 9 che Dragon sono già stati progettati per soddisfare le normative NASA per il trasporto umano, consentendo una rapida transizione verso il volo con astronauti entro tre anni dalla firma del contratto. La massima priorità oggi è lo sviluppo e collaudo del Launch Escape System (sistema di salvataggio al lancio), che sarebbe un miglioramento significativo della sicurezza rispetto allo Space Shuttle, che non possiede un sistema di fuga.
Il programma NASA COTS, ha dimostrato cosa può essere realizzato quando si combinano la reattività e l’ingegnosità del settore privato con la guida, sostegno e comprensione del governo americano. Per meno del costo della torre mobile di servizio per Ares I, SpaceX ha sviluppato tutto l’hardware di volo per il razzo Falcon 9, il veicolo spaziale Dragon, nonché tre siti di lancio. SpaceX è stata in attivo per tre anni consecutivi (dal 2007 al 2009) e prevede di restare tale per il prossimo futuro. L’azienda ha oltre 1000 dipendenti in California, Texas e Florida, ed ha mantenuto un fattore di crescita pari ad un raddoppio di personale ogni due anni. La maggior parte della crescita futura è probabile che possa verificarsi in Texas e Florida.

Il Falcon 9 è decollato alle 2:45 locali pari alle 1845 UTC dal complesso di lancio 40 alla “Cape Canaveral Air Force Station” situata sulla Costa Atlantica della Florida, a circa 5,5 km a sud-est dei pad di lancio NASA per il decollo degli Space Shuttle. Il Falcon 9 è un vettore spinto da 9 motori Merlin, progettati e sviluppati direttamente dalla SpaceX che utilizzano come propellente il carburante dei jet e ossigeno liquido. I motori generano quasi mezzo milione di chilogrammi di spinta al momento del decollo.
Il motore Merlin è uno dei soli due motori per vettori orbitali sviluppati negli Stati Uniti negli ultimi dieci anni (il Kestrel, sempre di SpaceX, è l’altro) ed è il motore ad idrocarburi americano più efficiente mai costruito. Il primo stadio del Falcon 9, fra pieno e vuoto di propellenti ha un rapporto di peso di oltre 20, ha il miglior rendimento strutturale del mondo, ma è comunque progettato con i più alti standard di sicurezza, quelli previsti per le missioni abitate.

A proposito di SpaceX
SpaceX sta sviluppando una famiglia di vettori di lancio e di veicoli spaziali destinati ad aumentare l’affidabilità e ridurre di un fattore dieci i costi sia di trasporto spaziale con equipaggio che senza equipaggio. Con i vettori Falcon 1 e Falcon 9, SpaceX offre elevata affidabilità e capacità di lancio per l’inserimento di un veicolo spaziale orbitale in qualsiasi altitudine e inclinazione. A partire dal 2010, i veicoli spaziali Dragon di SpaceX permetteranno il trasporto Terra-LEO di carichi sia pressurizzati che non pressurizzati. Tra questi ci saranno anche i rifornimenti alla Stazione Spaziale Internazionale.
Fondata nel 2002, SpaceX è una società privata di proprietà del management e dei dipendenti, con investimenti di minoranza da parte di Founders Fund e Draper Fisher Jurvetson. Il team di SpaceX che conta più di 900 unità, ha sede centrale a Hawthorne, in California.

Partita la prima missione umana per Marte

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Partita la prima missione umana per Marte

Partita la prima missione umana per Marte
Partita la prima missione umana per Marte
Magari!
In realtà è appena iniziato un esperimento (3 giugno), il Mars500, che prevede la simulazione completa di una missione verso il pianeta rosso, le operazioni sulla superficie e il conseguente viaggio di ritorno.

In una struttura isolata ed autosufficiente, sei componenti dell’equipaggio ed una riserva si sono imbarcati oggi 3 giugno alle 0949 UTC e resteranno isolati dal resto del mondo per 520 giorni. Le comunicazioni avverranno solo attraverso le radio, esattamente come se fossero veramente in missione e di conseguenza con il ritardo crescente in base a quanto saranno distanti da Terra. A bordo avranno tutte le informazioni e potranno anche utilizzare internet, ma non in tempo reale, dato che il protocollo del web prevede lo scambio di informazioni. Potranno eseguire ricerche e potranno inviare e ricevere email e messaggi. Sempre via email invieranno a Terra i loro diari di bordo dove racconteranno le loro impressioni.

Questo esperimento è organizzato dall’ESA, l’agenzia spaziale europea e l’astronave si trova a Mosca, all’istituto IMBP (Institute of Medical and Biological Problems).
Lo scopo è quello di studiare il comportamento umano ed ottimizzare le risorse disponibili in uno spazio limitato come quello di un’astronave.
Ovviamente non potranno essere provati gli effetti della lunga esposizione ai raggi cosmici e gli effetti a lunghissimo termine dell’assenza di gravità. Sicuramente ci sarà anche una componente rassicurante rappresentata dal fatto di essere comunque sempre sulla Terra ed in caso di pericolo vero si potrà interrompere l’esperimento.

I componenti dell’equipaggio di Mars500 sono Diego Urbina e Romain Charles dall’Europa, Sukhrob Kamolov, Alexey Sitev, Alexandr Smoleevskiy dalla Russia e Wang Yue dalla Cina. La riserva è Mikhail Sinelnikov, un russo.

Diego Urbina è un Italiano 26enne di origini Colombiane. Torinese, è laureato in Ingegneria Elettronica al Politecnico di Torino e se volete sentire le sue risposte e le sue impressioni pochi giorni prima di entrare nel simulatore per questa missione, potete scaricarvi la registrazione della scorsa puntata di AstronautiCAST dove lo abbiamo intervistato.

Il programma di volo prevede 250 giorni di andata, 30 giorni di esplorazione sul suolo marziano e 230 giorni di ritorno.

In foto la struttura dove verrà eseguito il test. Fonte: ESA.

Un nuovo impatto su Giove!

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Un nuovo impatto su Giove!

Un nuovo impatto su Giove!
Un nuovo impatto su Giove!
Ieri 3 giugno, alle ore 20:31 TU un nuovo impatto su Giove è stato ripreso, in contemporanea, da due astronomi non professionisti: Anthony Wesley (Murrumbateman, Australia) e Christopher Go (dalle Filippine).

Wisley, già testimone del precedente impatto del 19 luglio scorso, durante una ripresa ha visto in diretta una fireball colpire il pianeta gigante e ha allertato la comunità internazionale. Solo in seguito Go si è accorto di averlo anche lui ripreso durante una fortunata sessione osservativa. Il flare seguito all’impatto è durato solamente un paio di secondi e non sembra aver lasciato traccia, si attendono ora eventuali immagini e la relativa analisi dei dati.

I due filmati (di Wisley e di Go rispettivamente) sono visibili agli indirizzi sotto riportati

Filmato Wisley

Filmato Go

INAF, nessun accorpamento

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INAF, nessun accorpamento

INAF, nessun accorpamento
INAF, nessun accorpamento
L’istituto nazionale di Astrofisica (Inaf), l’Istituto nazionale di Oceanografia e Geofisica (Ogs), quello sulla ricerca metrologica (Inrim), quello di Alta Matematica (Indam) e la stazione zoologica “A. Dohrn”, gli enti di ricerca i cui compiti e le attribuzioni sarebbero dovuti passare al ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e al Cnr, restano autonomi. E’ quanto si apprende dalle agenzie di stampa. Nell’ultima versione della manovra, gli istituti di ricerca spariscono infatti dalla lista degli enti pubblici destinati ad essere soppressi. Salvo è anche l’Istituto di studi giuridici internazionali.

“La scorsa settimana – ricordano le agenzie -, il presidente dell’Inaf aveva scritto una “lettera aperta” al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, contro la soppressione dell’Istituto e diversi erano stati gli appelli a salvare gli Istituti di ricerca. Resta invece in manovra la soppressione dell’Ipsema e dell’Ispesl le cui funzioni sono attribuite all’Inail; così come viene decretata la fine dell’Ipost le cui funzioni sono trasferite all’Inps; eliminati anche l’Istituto affari sociali le cui funzioni andranno all’Isfol e l’Ente nazionale di assistenza e previdenza per i pittori e scultori, musicisti, scrittori ed autori drammatici (Enappsmsad). Cancellati anche l’Isae le cui funzioni finiranno al ministero dell’Economia, l’Ente italiano Montagna (Eim) le cui funzioni finiscono al Dipartimento per gli affari regionali della presidenza del consiglio e l’Ente nazionale per studi e esperienze di architettura navale (Insean). Ad avere i giorni contati – scrivono ancora le agenzie – l’Istituto per la promozione industriale (Ipi), l’ente teatrale italiano (Eti), la stazione sperimentale per l’industria delle conserve alimentari, la stazione sperimentale del vetro, la stazione sperimentale per la seta, la stazione sperimentale per i combustibili, la stazione sperimentale Carta, cartoni e paste per carta (Ssccp), la stazione sperimentale per le industrie degli oli e dei grassi (Ssog), la stazione sperimentale per le industrie delle essenze e dei derivati degli agrumi, la stazione sperimentale delle pelli e materie concianti, il centro per la formazione in economia e politica dello sviluppo rurale, il Comitato nazionale italiano per il collegamento tra il Governo e la Fao, l’ente nazionale delle sementi elette, l’istituto nazionale delle conserve alimentari”.

Ulteriore conferma è giunta dal ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Maria Stella Gelmini che a latere dell’assemblea degli Industriali di Brescia, ha dichiarato: “E’ una manovra coraggiosa e indispensabile per contenere la spesa. Sono stati tutelati i ceti deboli, non ci sono tagli per pensioni, sanità e scuola, non ci sono tagli per i centri di ricerca e per il fondo per l’università. Le infrastrutture del sapere del nostro Paese sono state salvaguardate”.

Ora il decreto legge inizierà il suo iter parlamentare per essere approvato entro i previsti sessanta giorni.

Pio & Bubble Boy – Coelum n.139 – Giugno-Luglio 2010

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vignetta 139

vignetta 139

Questa Vignetta è pubblicata su Coelum n.139 – Giugno-Luglio 2010. Leggi il Sommario.

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