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Satellite modulare Cubesat con Payload ottico tutto italiano

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Officina stellare. Nome più bello non poteva essere trovato per accompagnare la nascita di quella che nel tempo sarebbe poi diventata la prima Space Factory italiana: una realtà ad alto tasso tecnologico e in forte espansione nel mercato internazionale, un’azienda con circa 70 dipendenti e con uno spazio di produzione superiore ai 4000 metri quadri.

È questa la storia di Officina Stellare, nata nel 2009 grazie alla convergenza di tre forti personalità come quelle di Giovanni Dal Lago, Gino Bucciol e Riccardo Gianni. I primi due conosciutissimi anche dai lettori di Coelum Astronomia per essere stati tra i fondatori e primi collaboratori di questa rivista.

Nel 2009 si partì con l’idea di produrre telescopi e strumentazione ottica accessoria in grado di sfruttare fino in fondo la tecnologia esistente, con costi e tempi di produzione ridotti rispetto a quelli dei competitor.

Nell’immagine: Il Wide Field Mufara è un telescopio di un 1 metro di diametro installato ad Isnello nel Parco delle Madonie, 1865 msl. È utilizzato per osservazioni astronomiche a largo campo di ricerca dei NEO, (Near Earth Objects)

La cura maniacale nei particolari e l’estrema precisione della lavorazione opto-meccanica permette ben presto a Officina Stellare di avere a che fare con clienti sempre più importanti, e di crescere al di fuori degli ambiti istituzionali.

In breve tempo non si tratterà più di costruire solo strumenti per la ricerca astronomica di livello e legata alle esigenze di strutture osservative legate a terra…

Nell’immagine: il Collimatore 800 mm Airbus

Solo per fare un esempio, nel 2015 l’azienda verrà contattata da un’importante istituzione per la realizzazione di un telescopio spaziale. Uno strumento realizzato con rapidità e costi ridotti da Officina Stellare, e che è stato poi effettivamente lanciato nello spazio e posizionato su un satellite!

Una svolta importante, che per l’azienda segna l’ingresso nel settore della new space economy, un campo enormemente più vasto e più ricco di opportunità rispetto a quello delle agenzie spaziali governative. In seguito alla democratizzazione dello spazio infatti, sempre più aziende private scelgono di ricercare applicazioni commerciali in quest’ambito.

Un mare vastissimo, in cui le competenze tecniche e l’elasticità produttiva di Officina stellare fanno ben presto dell’azienda veneta un polo di attrazione, con l’acquisizione di altre piccole realtà del settore come Dynamic Optics e ThinkQuantum, la prima attiva nella realizzazione di ottiche adattive per diversi campi di applicazione, la seconda nei settori strategici della cybersecurity e delle comunicazioni criptate su base quantistica.

L’azienda ha consolidato negli anni le proprie competenze in ambito spazio lavorando ad ambiziosi progetti tuttora in corso ed è proprio grazie alle nuove competenze acquisite sul campo che Officina Stellare è riuscita ad aggiudicarsi, in cordata con altre realtà del settore, un bando di straordinaria importanza come quello promosso dalla Regione Veneto per la realizzazione di un satellite CUBESAT con ottiche di alta qualità.

Un cubesat è un tipo di satellite miniaturizzato avente forma cubica, volume di 1 dm³ e massa non superiore a 1,33 kg. Le specifiche dei cubesat sono state studiate per raggiungere diversi obiettivi.

  • La semplificazione della struttura del satellite rende possibili la progettazione e la costruzione di satelliti funzionanti con un costo basso.
  • La standardizzazione dell’interfaccia tra il lanciatore ed il carico utile riduce inoltre il lavoro necessario per accoppiare il satellite con il lanciatore.
  • L’unificazione tra carichi e lanciatori permette di cambiare velocemente il satellite da lanciare, consentendo di modificare il carico in breve tempo.

Ormai, i cubesat stanno rivoluzionando l’osservazione della Terra e dello spazio, tanto che la Nasa li ha già impiegati con successo persino in una missione nell’orbita di Marte.

Secondo quanto richiesto dalle specifiche del bando, il satellite dovrà essere qualificato, testato in tutti i sottosistemi e pronto ad essere lanciato e utilizzato nello spazio per acquisizione e trasmissione di immagini del pianeta a terra.

Schema del progetto oggetto del bando

E’ davvero incredibile pensare come tutto ciò sia nato dalla comune passione per l’astronomia di tre amici che hanno saputo interpretare al meglio la richiesta sempre più pressante di innovazione nel campo della strumentazione astronomica.

Che altro dire? Beh, soltanto che restiamo in attesa della data del lancio!

Per sapere di più sull’azienda www.officinastellare.com

Asteroid Day 2022: storia ed eventi live

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L’Asteroid Day ritorna in presenza in Lussemburgo dopo due anni di dirette streaming, con tantissimi eventi dedicati in tutto il mondo, Italia compresa!

Il 30 giugno si celebra l’Asteroid Day, una ricorrenza che ha lo scopo di sensibilizzare il pubblico sul rischio degli impatti degli asteroidi nel nostro pianeta e su quali opportunità questi piccoli corpi celesti possano offrirci per il futuro.
Numerosi sono gli eventi, gli spazi, gli incontri organizzati in modo indipendente in tutto il mondo da agenzie spaziali, università, musei ed altri enti. Anche in Italia il programma è ricco di occasioni per conoscere meglio passato, presente e futuro degli asteroidi!

Un po’ di storia

La data scelta per l’avvenimento non è casuale: il 30 giugno del 1908 ricorre l’anniversario dell’impatto di Tunguska, il più grande asteroide caduto sulla Terra registrato nella storia dell’uomo. L’onda d’urto che scaturì dopo l’esplosione, avvenuta pochi chilometri sopra questa zona disabitata della Siberia, abbatté decine di milioni di alberi e generò un bagliore visibile a centinaia di chilometri di distanza.

Alberi caduti a Tunguska.
Credit: Public domain – N. A. Setrukov, 1928

La sorveglianza su fenomeni naturali così catastrofici e l’impiego di misure di prevenzione sono fondamentali per la vita sul nostro pianeta. Nasce così l’esigenza di coinvolgere ed educare le persone su questa tema. Un gruppo eterogeno di scienziati, imprenditori e artisti, tra cui spiccano Bryan May (chitarrista dei Queen e astrofisico), Kip Thorne (fisico teorico) e Jim Lovell (astronauta della missione Apollo 13) diedero vita alla giornata dedicata nel 2015, riconosciuta l’anno seguente come evento mondiale dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

L’importanza degli asteroidi

Questi piccoli corpi celesti dalla forma irregolare possono aiutarci molto nella comprensione di come si sia formato il nostro Sistema Solare. La loro origine, infatti, risale al periodo in cui si stavano formando pianeti e comete; non si ha certezza ma potrebbero essere il risultato della mancata nascita di una pianeta tra Marte e Giove, dove la maggior parte di loro orbita.
Sono principalmente composti da metalli, ghiaccio, roccia o composti del carbonio.
La gravità di corpi più grandi li attrae, in alcuni casi facendoli precipitare a terra. E’ notizia di questi giorni, giusto in tempo per l’occasione, di un asteroide dall’orbita molto rischiosa per la nostra incolumità, denominato “2021 QM1”, rimosso dalla lista di quelli pericolosi!
Clicca qui per approfondire.

“La giornata dell’asteroide ci ricorda quanto questi corpi celesti siano importanti. Contengono la chiave per comprendere la formazione del Sistema Solare, forniscono trampolini di lancio utilizzabili per esplorare il nostro sistema, e occasionalmente colpiscono il nostro pianeta. Siamo in un momento straordinario per la ricerca degli asteroidi e per le missioni, e ogni anno i nostri esperti portano nuove intuizioni e rilevazioni.”, afferma il Dottor Dorin Prunariu, vicepresidente dell’Asteroid Foundation ed ex presidente di COPUOS.

Gli eventi da seguire

Dopo due anni di dirette a causa della pandemia l’Asteroid Day ritorna di persona in Lussemburgo per un programma ricco di eventi! I maggiori esperti del settore si riuniranno per un ricco programma di dibattito e interviste individuali. Ci sarà molto di cui discutere: mai come in questo periodo sono state programmate e pianificate missioni verso asteroidi in volo e a ottobre la Nasa entrerà nella storia con la missione DART.
Setti sono i temi trattati nella trasmissione live dell’evento:

  • The Origin of the Solar System
  • Space Resources
  • Discovery and Tracking
  • Asteroid Characterization
  • Defence and Mitigation
  • Space Sustainability
  • Future technology and Missions
E in Italia?

Dal 2016 il coordinatore dell’evento in Italia è l’astrofisico Gianluca Masi, responsabile scientifico del Virtual Telescope Project. É prevista una sessione di osservazione in diretta streaming gratuita il 1 luglio alle ore 22.00.
Se non volete perdervi il programma completo per l’Asteroid Day ecco il programma completo degli eventi nel nostro paese:

  • 29 giugno, ore 21:00 – “8° Asteroid Day a Saint-Barthélemy: chiedi ai planetologi”, a cura di Fondazione Clément Fillietroz-ONLUS e Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta e Planetario;
  • 30 giugno, ore 11:30 – “Archeologia di impatti cosmici”, a cura di Radio3 Scienza;
  • 30 giugno, ore 18:00 – “8° Asteroid Day a Saint-Barthélemy: spettacolo al Planetario”, a cura di Fondazione Clément Fillietroz-ONLUS e Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta e Planetario;
  • 30 giugno, ore 21:00 – “Asteroid Day 2022”, a cura del Gruppo Astrofili Montagna Pistoiese
  • 30 giugno, ore 21:00 – “Asteroid Day 2022”, a cura dell’Associazione Astrofili Segusini
  • 30 giugno, ore 21:30 – “8° Asteroid Day a Saint-Barthélemy: visita guidata notturna”, a cura di Fondazione Clément Fillietroz-ONLUS e Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta e Planetario;
  • 1 luglio, dalle ore 17:00 – “Asteroid Day 2022”, a cura dell’Osservatorio Astronomico “N. Copernico” (RN);
  • 1 luglio, ore 20:00 – “Corso di Astronomia per tutti, incontro dedicato ad Asteroid Day”, a cura della Società astronomica Pugliese;
  • 1 luglio, ore 22:00 – “Il regno degli asteroidi: scienza, storia e osservazioni in diretta” , a cura del Virtual Telescope Project;
  • 2 luglio dalle ore 17:00: “L’affascinante mondo degli asteroidi”, a cura di Fondazione GAL Hassin – Centro Internazionale per le Scienze Astronomiche;
  • 2 luglio, dalle ore 17:00 – “Asteroid Day 2022”, a cura dell’Osservatorio Astronomico “N. Copernico” (RN);
  • 3 luglio dalle ore 17:00: “L’affascinante mondo degli asteroidi”, a cura di Fondazione GAL Hassin – Centro Internazionale per le Scienze Astronomiche;
  • 3 luglio, dalle ore 17:00 – “Asteroid Day 2022”, a cura dell’Osservatorio Astronomico “N. Copernico” (RN);
  • 2 luglio, dalle ore 17:00 – “Asteroid Day 2022”, a cura dell’Osservatorio Astronomico “N. Copernico” (RN)
  •  3 luglio dalle ore 17:00: “L’affascinante mondo degli asteroidi”, a cura di Fondazione GAL Hassin – Centro Internazionale per le Scienze Astronomiche;
  • 3 luglio, dalle ore 17:00 – “Asteroid Day 2022”, a cura dell’Osservatorio Astronomico “N. Copernico” (RN)


Partecipa agli eventi dedicati sui Social Media!

Hashtags: #AsteroidDay #AsteroidDayLIVE #AsteroidDayTV #Luxembourg
Website: AsteroidDay.org
Twitter: @asteroidday
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Il cielo di Luglio 2022

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Nel cielo di luglio astri luminosi compongono figure inconfondibili: sono le costellazioni dell’estate che brillano fiere sulla volta celeste.
Il dettaglio sulla costellazione dello Scorpione e dell’Ofiuco e la luminosissima Arturo disponibili all’articolo Le Costellazioni di Luglio 2022 a cura di Teresa Molinaro

COSA OFFRE IL CIELO

Clicca sul banner per accedere alle Effemeridi 2022!

Mercurio

Rispetto al mese precedente, ora la situazione si stravolge: dalle sue timide apparizioni mattutine, per questo luglio troveremo il pianeta tardare sempre più il suo sorgere e affiancarsi gradualmente al Sole. In particolare, l’11/07 sarà al perielio e il giorno 16 si troverà in congiunzione superiore con la nostra stella, rendendosi così inosservabile per diversi giorni. Per fine mese tramonterà quasi un’ora dopo il Sole, concedendoci brevissimi attimi per farsi osservare. Segnaliamo, solo per dovere di cronaca, la congiunzione Mercurio-Luna il 29/07 alle luci del tramonto (troveremo infatti una sottilissima falce nel giorno successivo al Novilunio).

Venere

Iniziamo il mese alla grande con il pianeta Venere a poco più di 4° di separazione dalla luminosa Aldebaran: un momento sfuggente da osservare in un brevissimo lasso di tempo da dopo le 4 del mattino e poco prima delle luci dell’alba. Di fatto però è l’unico vero evento degno di nota, a parte la congiunzione con una sottilissima falce lunare il giorno 26 con circa 5° gradi di separazione. Con il passare dei giorni, infine Venere si sposterà in Gemelli e posticiperà sempre più il suo sorgere.

Marte

Il mese precedente Marte ha raggiunto gradualmente la costellazione dei Pesci, allontanandosi sempre più da Giove. Con il passare dei giorni si accosterà mano a mano a Urano, regalandoci un bell’incontro Marte – Urano – Luna sia il giorno 21/07 che il giorno successivo. A fine mese l’accostamento tra Marte e Urano diverrà sempre più marcato, con le brillanti Pleiadi poco distanti.

Giove

Nel mese di luglio, Giove anticiperà sempre più il suo sorgere, consentendoci per fine mese di contattarlo già da poco dopo le 23:30. Segnaliamo la bella congiunzione il 19/07 con una Luna prossima all’ultimo quarto: ci saranno meno di 3° a separare i due oggetti celesti. Lo spettacolo sarà ben visibile da dopo la mezzanotte e mezza, con Marte e Urano ad affacciarsi più bassi ad Est circa un’ora dopo.

Saturno

Poche novità per l’osservazione del pianeta nel mese di luglio. Saturno allieterà le nostre serate nella prima parte della notte e per fine mese lo vedremo sorgere già da poco dopo le 21. Ci aspetta una bella congiunzione con la Luna il giorno 16 con poco meno di 5° di separazione, mentre per il resto del mese non ci sono particolari eventi da segnalare.

Urano

Poco da segnalare per Urano nel mese di luglio, se non una congiunzione con la Luna il giorno 22 (circa 2° e mezzo di separazione) e il progressivo avvicinamento con Marte che culminerà l’ultimo giorno del mese regalandoci un abbraccio di meno di 2° di separazione.

Nettuno

Iniziamo luglio con il pianeta entrato in moto retrogrado da un paio di giorni. Nettuno anticiperà sempre più la sua alba e per fine mese farà la sua apparizione già poco dopo le 22. Segnaliamo la congiunzione con la Luna il 18/07 (circa 4° e mezzo di separazione).

SOLE

Nuova rubrica dedicata al Sole!

Nel mese di luglio, la nostra stella (attualmente in Gemelli) si sposterà in Cancro il giorno 21. Il mese scorso, nel medesimo giorno, è avvenuto il Solstizio Estivo: ora gradualmente la durata delle ore di luce si farà più breve di 44 minuti circa.

Inauguriamo una nuova rubrica dedicata al Sole! Mese per mese aggiornamenti sui fenomeni solari e previsioni di osservazione per il futuro, a cura di Daniele Bonfiglio.

Vuoi saperne di più? Leggi l’articolo Coelum: Previsioni attività solare – Luglio 2022

LUNA

Anche Luglio ci regala una splendida Luna da osservare al perigeo!

Tutti gli approfondimenti sull’osservazione e i fenomeni celesti legati al nostro satellite disponibili per il mese di Luglio 2022, a cura del nostro autore Francesco Badalotti.

Non perderti l’articolo: Luna di Luglio 2022

COMETE


La C/2017 K2 PanSTARRS alla minima distanza dalla Terra! L’aggiornamento sulla cometa che ci accompagna già da diversi mesi

Per approfondire: Le comete di Luglio 2022 a cura di Claudio Pra

ASTEROIDI

Tra gli asteroidi rintracciabili a luglio 2022, (14) Irene si troverà immersa tra le stelle del Sagittario, (9) Metis si troverà invece ai confini del Capricorno.
Trovi tutto qui: Mondi in miniatura – Asteroidi, Luglio 2022 a cura di Marco Iozzi

TRANSITI NOTEVOLI ISS

La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il secondo mese estivo, auspicando come sempre in cieli sereni!

Non perdere la rubrica Transiti notevoli ISS per il mese di Luglio 2022 a cura di Giuseppe Petricca

SUPERNOVAE

Proseguiamo nell’analisi delle 10 supernovae scoperte da italiani nelle galassie del Catalogo Messier. Questo mese parliamo di SN1989B in M66, l’unica delle 10 scoperta visualmente!
L’articolo completo qui:
LE SUPERNOVAE ITALIANE NELLE GALASSIE MESSIER – SN1989B in M66 di Fabio Briganti e Riccardo Mancini

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Transiti notevoli ISS per il mese di Luglio 2022

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La ISSStazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il secondo mese estivo, auspicando come sempre in cieli sereni!
11 Luglio

Si inizierà il giorno 11 Luglio, dalle 23:06 verso SO alle 23:17 verso NE. Visibilità perfetta da tutta la nazione, con magnitudine di picco a -3.8. Osservabile senza problemi, meteo permettendo.

12 Luglio

Si replica il 12 Luglio, dalle 22:18 alle 22:28, osservando da SO a ENE. La ISS sarà nuovamente ben visibile da tutta Italia, in particolare dal Centro-Sud, con una magnitudine massima si attesterà su un valore di -3.7.

13 Luglio

Il13 Luglio avremo una giornata con un transito al mattino ed uno alla sera!

Il primo si avrà dalle 04:47 alle 04:57, da ONO a SE, con una magnitudine massima di -3.8. Osservabile da tutta Italia.

Sempre il 13 Luglio, ma alla sera, dalle 21:29 alle 21:38, vi sarà il secondo transito. con magnitudine di picco a -3.1, visibile al meglio dal Sud Italia, da SSO a ENE.

14 Luglio

Anche il 14 Luglio avrà due passaggi!

Il primo dalle 03:58 in direzione NO alle 04:09 in direzione ESE. Questo sarà un transito ottimale per tutta la nazione, con magnitudine massima di -3.5.

Il secondo transito del 14 Luglio, alla sera, si avrà dalle 22:17 verso OSO alle 22:27 verso NE, con visibilità migliore dal Centro Nord e magnitudine massima a -3.0.

15 Luglio

Il giorno dopo, 15 Luglio, la Stazione Spaziale transiterà dalle21:28 alle 21:39, da SO aNE. Un transito ottimale per tutta Italia per il miglior passaggio del mese, con magnitudine massima a -3.9.

16 Luglio

Passando al 16 Luglio, dalle 03:57 verso ONO alle 04:08 verso SE, la Stazione Spaziale Internazionale sarà osservabile al meglio dalle Isole Maggiori, con magnitudine massima a -3.5.

28 Luglio

Saltando di una decina di giorni circa, il 28 Luglio, con magnitudine a -3.8 dalle 22:11 verso NO alle 22:17 verso ESE, la ISS effettuerà il penultimo transito notevole del mese, osservabile da tutta la nazione, e svanirà nell’ombra della Terra a circa tre quarti del suo passaggio.

31 Luglio

L’ultimo transito notevole del mese si avrà il 31 Luglio, osservabile al meglio dall’occidente italiano, dalle 21:21 alle 21:29, da ONO a SE. La ISS avrà una magnitudine massima a -3.7.

N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.

Rinvio del lancio della missione Psyche

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La Nasa ha recentemente annunciato il rinvio del lancio della missione Psyche, progettata per lo studio di un asteroide ricco di metalli.

Lo sviluppo della missione ha subito un rallentamento dovuto ad un ritardo nella consegna del software di volo e dell’attrezzatura di prova per consentire un lancio in sicurezza. Il team della Nasa non ha avuto sufficiente tempo per completare i test necessari entro la finestra di lancio dell’11 ottobre.
Il futuro della missione è ora affidato ad un team indipendente che valuterà le possibili opzioni e i costi di gestione.

Un mondo ricco di metalli

Psyche è un asteroide situato tra Marte e Giove, unico nel suo genere perché potrebbe fornirci una chiave per studiare la composizione interna dei pianeti terrestri. E’ l’asteroide di tipo M (composto quasi totalmente da metalli) più pesante conosciuto, scolpito da violenti impatti con altri corpi celesti, presentando un nucleo scoperto privo di uno strato superficiale di crosta.
Le osservazioni radar mostrano una composizione in prevalenza di ferro e nichel, anche se la presenza di ferro potrebbe essere dovuta a fenomeni vulcanici (clicca qui per approfondire nell’articolo di Coelum).

A differenza di altri asteroidi che conosciamo non è dunque composto da rocce o ghiaccio.
Il nucleo del nostro pianeta è inaccessibile a misure dirette e gli scienziati possono solo ipotizzare cosa si celi sotto il mantello e la crosta. La somiglianza tra Psyche e l’interno di un pianeta roccioso potrebbe aiutare i ricercatori ad avere una maggiore comprensione sul processo di formazione di un pianeta, fornendoci indizi fondamentali sui mattoni che costituiscono la vita di corpi simili alla Terra.

Un’illustrazione dell’asteroide Psyche.
Credit: NASA/JPL-Caltech
Uno sguardo alla missione

Psyche potrebbe fornirci non solo uno sguardo verso il nostro passato, nel periodo in cui le collisioni tra corpi celesti modellavano il nostro Sistema Solare, ma anche uno slancio verso nuove tecnologie per il futuro.
Selezionato nel 2017 all’interno del programma Discovery, che prevede progetti a basso costo sullo studio della formazione dei pianeti, il veicolo spaziale Psyche (omonimo all’asteroide che prende il nome di una dea greca) presenta tecnologie interessanti a bordo.

Un esempio è dato dal suo modo di trasmettere informazioni, basato su un sistema di codifica di fotoni al posto delle onde radio, consentendo la trasmissione di un numero maggiore di dati. Con gli strumenti di cui è dotato, tra cui uno spettrometro a raggi gamma e neutroni, sarà in grado di studiare con precisione la composizione chimica degli elementi in superficie. L’obiettivo è di migliorare la comprensione del nucleo terrestre studiando l’età dell’asteroide, mappando la sua superficie per analizzare i materiali costituenti.

Come avvenuto già in passato per altre missioni (il JWT è soltanto uno degli ultimi esempi con numerosi rinvii prima del lancio), il semaforo verde si accenderà con la probabilità più alta di successo per la sonda. Il ritardo nella consegna del software di volo e nei test che ne derivano hanno fatto scattare una luce gialla per il lancio.

Il software di volo

Il software di navigazione e volo di guida della sonda è essenziale per la riuscita missione: controlla l’orientamento del veicolo spaziale e la trasmissione dei dati.

Un problema di compatibilità nel programma è stato il campanello d’allarme per il lancio, già spostato in precedenza in un intervallo di tempo tra il 1° agosto e il 20 settembre per correggere il problema. Purtroppo il tempo non è stato sufficiente per completare il checkout completo del software per il lancio di quest’anno.
Esistono finestre di lancio possibili anche nel 2023 e nel 2024 ma in questo caso la missione non arriverà a destinazione prima del 2029 o del 2030, date le relative posizione orbitali dell’asteroide e della Terra.

Il nostro fantastico team ha superato quasi tutte le incredibili sfide nel costruire un’astronave durante il periodo di Covid“, ha affermato il principale ricercatore di Psyche Lindy Elkins-Tanton dell’Università dell’Arizona. “Abbiamo raggiunto numerosi traguardi nelle sfide hardware e software della missione, e alla fine siamo stati fermati da quest’ultimo problema. Abbiamo bisogno solo di un altro po’ di tempo e risolveremo anche questo. Il team è pronto per andare avanti e sono così grato per la loro eccellenza.

Clicca qui per saperne di più!

G-ASTRONOMIA … a cena con le stelle! – Associazione Marchigiana Astrofili

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L’Associazione Marchigiana Astrofili anche quest’anno vi invita all’evento

“G-ASTRONOMIA … a cena con le stelle …”

L’evento si terrà come da tradizione presso l’Osservatorio Astronomico di Pietralacroce Ancona in Via Del Conero, 16/a
Tutti i sabati dal 25 giugno al 13 agosto

L’ingresso, il cui costo è di € 5,00 (gratis fino a 14 anni e per gli associati) è previsto a partire dalle ore 18:30 e si protrarrà fino a tarda notte.

Il programma prevede: osservazione del Sole dai telescopi dotati di appositi filtri, mini conferenza su un argomento di carattere astronomico, osservazione degli oggetti celesti sia dal telescopio principale che dagli altri telescopi dislocati nell’area dell’Osservatorio, riconoscimento ad occhio nudo delle costellazioni della volta celeste.

Sarà presente il planetario digitale dell’Associazione Nemesis Planetarium per un viaggio interattivo tra le stelle e una completa immersione nel mondo dell’Astronomia.

Sarà inoltre possibile cenare in loco, anche con menù vegetariani, dalla terrazza panoramica con vista sul golfo di Ancona.

L’Associazione Marchigiana Astrofili fondata nel 1972 compie quest’anno i suoi primi 50 anni di divulgazione rivolta a tutti i cittadini di tutte le fasce di età, siano essi semplici curiosi o interessati all’approfondimento dell’astronomia nei suoi molteplici aspetti.

Il suo Osservatorio, il più antico e più grande della regione Marche, ospita al suo interno il telescopio principale newtoniano con lo specchio di 40 cm e come telescopio secondario un rifrattore Ed Apo da 12 cm. Ogni anno viene visitato da migliaia di persone provenienti nella maggior parte dei casi dalla regione, ma è anche meta, nella stagione estiva, di visite da parte dei turisti della riviera del Conero.

Nel corso degli anni si è data particolare importanza alla divulgazione scientifica rivolta agli studenti delle scuole della Provincia di Ancona e dalla quale sono sorte collaborazioni con progetti didattici di carattere astronomico.

LE SUPERNOVAE ITALIANE NELLE GALASSIE MESSIER – SN1989B in M66

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Proseguiamo nell’analisi delle 10 supernovae scoperte da italiani nelle galassie del Catalogo Messier

Dopo aver trattato nel numero 249 di novembre 2020 la prima supernova la SN1957B scoperta dal Prof. Giuliano Romano nella galassia M84

Per leggere Coelum n. 249 clicca QUI

e dopo le quattro supernovae scoperte dall’astronomo Leonida Rosino che abbiamo analizzato nel primo numero della nuova versione di Coelum nel numero 254 di febbraio-marzo 2022

Ti sei perso Coelum n. 254? Lo trovi QUI

Arriviamo seguendo un ordine cronologico alla supernova SN1989B in M66 scoperta il 30 gennaio 1989 dall’astrofilo lombardo originario della città di Magenta Federico Manzini.

Federico Manzini

Chi è appassionato di astronomia da tanti anni, ricorderà sicuramente la rubrica “Profondo Cielo” che Federico ha tenuto per tanti anni sulla storica rivista “L’Astronomia”, dove passava in rassegna gli oggetti del profondo cielo come galassie, nebulose ed ammassi aperti e globulari con consigli ed utili informazioni  per osservare e fotografare questi bellissimi oggetti.

Ma veniamo alla cronostoria di questa importante scoperta, l’unica delle 10 supernovae italiane nelle galassie Messier scoperta visualmente.

M66 è una galassia a spirale barrata posta nella costellazione del Leone a circa 35 milioni di anni luce ed accompagnata in cielo dalla vicina M65 e dalla NGC3628 formando il famoso Tripletto del Leone.

In quegli anni Federico Manzini non effettuava una ricerca sistematica di supernovae, ma ogni tanto controllava visualmente una quarantina di galassie che conosceva meglio. Alle 01,20 del 30 gennaio gli ultimi target da controllare prima di andare a letto erano proprio M65 e M66. Il cielo era veramente limpido e trasparente, riuscendo a raggiungere allo zenit la magnitudine limite ad occhio nudo di +6,3 anche se la casa di Federico con il suo osservatorio privato dista in linea d’aria circa 40 km da Milano. All’oculare da 130 ingrandimenti del riflettore da 330 mm F. 4,9 M65 appariva come un bellissimo fuso allungato, mentre M66 evidenziava lo splendido andamento delle spirali, ma immediatamente Federico si accorge di una stella luminosa di mag.+13 posta circa 50” a Nord del nucleo.

In quella posizione però è presente una evidente condensazione del braccio a Nord e sale forte di dubbio di aver preso un abbaglio. Consulta perciò vecchie immagini di archivio e con gioia appura che in quella posizione non c’è niente di così stellare. Adesso però subentra il secondo dubbio che accomuna tutti i ricercatori di supernovae: che sia un pianetino in transito proprio sulla galassia?

In quegli anni non era ancora disponibile internet per una verifica immediata ed i libri di effemeridi, che non riportavano pianetini in transito in quel momento, potevano anche non essere precisi. Aspetta pertanto oltre un’ora, ma la stella è sempre lì senza essersi mossa. Non ci sono più dubbi, si tratta davvero di una supernova!

Immagine della SN1989B in M66 ripresa da Federico Manzini con un riflettore 330mm F.4,9 somma di due negativi da 10 minuti ciascuna su pellica T-Max 400.

La mattina seguente invia un telefax a Marsden, al Central Bureau for Astronomical Telegrams di Cambrige per comunicare la scoperta. La scoperta viene confermata, ma Federico dovrà condividerla con il reverendo australiano Robert Evans, forse il più famoso astrofilo conosciuto al mondo, che circa 10 ore prima, favorito dal fuso orario, aveva individuato questa importante supernova.

Immagine della SN1989B in M66 ripresa da Carlo Colombo con un Meade LX5 da 250mm F.10 posa di 45 minuti su pellicola Scotchchrome 800-3200 sviluppata a 1000 ISO.

I primi a riprenderne lo spettro furono gli astronomi di Asiago E. Cappellaro e M. Turatto nella notte del 31 gennaio con il telescopio Copernico da 1,82 metri. La SN1989B era una supernova di Tipo Ia scoperta circa una settimana prima del massimo di luminosità, che si verificò intorno al 6 febbraio arrivando alla notevole mag.+12,5.

Per onor di cronaca, Federico vanta la suo attivo altre tre supernovae: la SN2000ev scoperta il 27 novembre 2000 nella galassia a spirale UGC3500 di tipo IIn, la SN2004bc scoperta il 1° aprile 2004 nella galassia a spirale barrata NGC3465 di tipo Ia ed infine la SN2004gq scoperta l’11 dicembre 2004 nella galassia a spirale barrata NGC1832 di tipo Ib.

Di seguito le altre supernove di Federico:

Seconda supernova scoperta da Federico Manzini, la SN2000ev nella galassia a spirale UGC3500.
Terza supernova scoperta da Federico Manzini, la SN2004bc nella galassia a spirale barrata NGC3465.
Quarta supernova scoperta da Federico Manzini, la SN2004gq nella galassia a spirale barrata NGC1832

Festival dello Spazio di Busalla 2022

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COMUNICATO STAMPA

Cosa mangeremo sulla Luna e in viaggio verso Marte? Le risposte al Festival dello Spazio di Busalla 2022

Il cibo nello Spazio è il tema scientifico principale della sesta edizione della
rassegna in programma a Villa Borzino dal 30 giugno al 3 luglio, dove sono attesi i protagonisti dell’industria e della politica spaziale europea, che animeranno  i tavoli della Space Economy, e le conferenze-spettacolo fra fisica, cinema e poesia di Luca Perri e Bruno Galluccio

Dopo l’acqua nel cosmo, protagonista dello scorso anno, è il cibo per i viaggi extraterrestri il tema scientifico principale della sesta edizione del Festival dello Spazio di Busalla ospitato a Villa Borzinodal 30 giugno al 3 luglio, rassegna ideata dall’astronauta Franco Malerba e rimasta sempre fedele alla sua vocazione scientifico-divulgativa per raccontare l’avventura nel cosmo nei tre momenti chiave dell’esplorazione, della conoscenza e dell’utilizzo a fini di innovazione tecnologica e di sviluppo economico.

«Nato per celebrare il volo spaziale del primo astronauta italiano e nostro concittadino, Franco Malerba, il Festival dello Spazio ha saputo crescere, di anno in anno, grazie a relatori di eccellenza e ospiti di fama internazionale, riuscendo a fare di una semplice cittadina dell’entroterra genovese una sorta di piccola, grande capitale italiana dello Spazio, e di questo siamo orgogliosi», commenta Fabrizio Fazzari, assessore a Turismo e Cultura del Comune di Busalla e co-ideatore della manifestazione.

«Il tema scientifico che abbiamo scelto quest’anno può sembrare insolito ma, in realtà, rappresenta una sfida essenziale per la sostenibilità dell’esplorazione spaziale con astronauti; ancora una volta la scienza e la tecnologia sono chiamate a trovare soluzioni – riflette Franco Malerba se crediamo alla fattibilità degli insediamenti umani su altri corpi celesti, come la Luna e più in là Marte. Il tema mi coinvolge personalmente perché io stesso sono socio fondatore di una startup, SpaceV, uno spin off dell’Università di Genova che progetta serre brevettate per gli habitat extraterrestri e sarà presente al Festival».

«La capacità di garantire un adeguato nutrimento agli astronauti sarà imprescindibile per la loro sopravvivenza, la loro salute e il loro benessere psico-fisico– prosegueMalerba –. Lontano dalla Terra diventa necessario coltivare piante, riciclare ogni rifiuto in concime, ricostituire lo scambio di risorse, di ossigeno e di CO2 tra mondo vegetale e mondo animale.Realizzare, dunque, un’economia circolare spinta al massimo grado, non potendo più contare su rifornimenti diretti dalla Terra».

Al Festival 2022 si parlerà di Cibo nello spazio

Al cibo nello Spazio è dedicata, in particolare, la giornata di sabato 2 luglio. Quali semi sarà conveniente portare dal nostro pianeta? E come riusciremo a coltivarli sulla Luna o su Marte? L’agronomia e l’agricoltura sono destinate a diventare nuove frontiere della ricerca spaziale. Gli esperti che interverranno al Festival, provenienti dal mondo dell’università, della ricerca e dell’industria, parleranno degli scenari di riferimento per l’esplorazione lunare prossima, degli stress derivanti dalla permanenza in ambienti chiusi e isolati, dei probabili deterioramenti del sistema cardiovascolare e osseo derivanti dalla ridotta gravità e delle piante medicinali più produttive e più ricche di elementi nutraceutici utili a combatterli. In buona sostanza, ci parleranno dell’alimentazione e della farmacopea spaziale.

Torna alla mente il film The Martian che, a questi problemi di sopravvivenza, almeno in apparenza aveva saputo trovare una soluzione. In realtà sono molte le incongruenze nel film diretto da Ridley Scott destinate ad essere smascherate da Luca Perri nella sua conferenza-spettacolo Nollywood, mai andare al cinema con un fisicoche,alle 16,30 di sabato, concluderà il programma della giornata con una divertente carrellata delle tante topiche presenti anche nei film di fantascienza più celebrati.

Luca Perri ospite del Festival dello Spazio 2022

Sempre in tema di futura colonizzazione spaziale, particolarmente interessanti sono i “protorobot” dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) che verranno esposti a Villa Borzino nei giorni del Festival. Si tratta di automi capaci di sfruttare la bio-ispirazione: di adottare, cioè, architetture di sistema che realizzano al meglio l’adattamento naturale all’ambiente risultando, quindi, dotati di grande flessibilità e potenzialmente molto utili nel supportare gli astronauti ad assolvere i compiti delicati previsti dalle missioni spaziali.

Venerdì 1º luglio, subito dopo l’inaugurazione ufficiale del Festival alla presenza delle principali autorità locali e regionali, sarà la volta della strategica sessione dedicata alla Space Economy, quest’anno di altissimo livello: siederanno infatti allo stesso tavolo i principali promotori delle attività spaziali (Esa, Euspa, Asi) e i responsabili delle maggiori industrie italiane del settore. Interverranno, tra gli altri, Massimo Comparini, amministratore delegato di Thales Alenia Space Italia; Cristina Leone, presidente del Cluster nazionale Aerospazioe senior vice presidentprojects, grants and agencies di Leonardo; Fiammetta Diani, direttrice del marketing dei sistemi Galileo e Copernicus; e Guido Saracco, rettore del Politecnico di Torino, istituto che è l’epicentro scientifico e tecnologico della capitale italiana dell’aerospazio. Seguiranno tre pannelli di manager industriali che vedranno grandi aziende, pmi e start-up raccontare il loro impegno di innovatori e le loro prospettive; ci saranno anche i partner di due investitori privati, Primo Space Fund e TLI Space Ventures/Maxq Space Business, nonché il rappresentante dell’Incubatore di startup spaziali recentemente aperto dall’Esa a Torino.

Il tema della Space Economy è oggi di cruciale importanza, perché il connubio di tecnologie digitali e infrastrutture satellitari rende possibile lo sviluppo di nuove applicazioni e servizi in settori fondamentalicome l’energia, le telecomunicazioni, i trasporti, l’aviazione e l’urbanistica, con ricadute positive sia in termini economici che sociali. Un’opportunità di crescita particolarmente importante per l’Italia, dove l’impegno finanziario pubblico nel settore aerospazio si alimenta anche delle risorse del Pnrr.

Tornando al tema del cibo spaziale, il Festival di quest’anno offre anche una sessione dedicata all’olio Evo (extravergine d’oliva) italiano, dal momento che, tra le sperimentazioni previste nella missione scientifica “Minerva” che Samantha Cristoforetti sta conducendo a bordo della Stazione spaziale internazionale, c’è anche una valutazione della stabilità chimica e della gradevolezza al palato nelle condizioni spaziali di alcune varietà di olio Evo italiano, un condimento che parrebbe particolarmente indicato nella dieta degli astronauti. Allo scopo, una stanza di Villa Borzino sarà dedicata alle degustazioni degli oli destinati a viaggiare nello spazio e ad una masterclass curata dall’Unaprol, Consorzio olivicolo italiano.

A fare da anteprima al Festival anche quest’anno sarà, giovedì 30 giugno, Spacebook, la prima iniziativa in Italia dedicata all’editoria aerospaziale: un laboratorio di idee curato da Massimo Morasso e pensato affinché gli addetti ai lavori possano raccontarsi “fuori dalle righe”. Tra i partecipanti si segnalano lo stesso Franco Malerba, cui competerà la lettura del suo Manifesto del navigatore dello Spazio, il già citato Luca Perri edElvina Finzi, autrice del libroOltre le stelle più lontane e figlia della grande Amalia Ercoli-Finzi, tra le più eminenti personalità al mondo nel campo aerospaziale e molto nota ed amata dai fan del Festival.

Bruno Galluccio

Molto particolare la performance Poesia e scienza: un matrimonio impossibile? che chiuderà la sessione Spacebook, a cura di Bruno Galluccio, fisico e tecnologo per formazione, e poeta per vocazione. Nato a Napoli, dove si è laureato in fisica, Galluccio si è occupato di telecomunicazioni e di sistemi spaziali satellitari in progetti di cooperazione europea, ma ha poi seguito un’altra sua vocazione, quella di poeta.  Grande è dunque la curiosità di scoprire l’originale lettura poetica che Galluccio offrirà dell’avventura spaziale, essendo il Festival aperto a tutte le dimensioni culturali della grande avventura dell’esplorazione dello Spazio che caratterizza, in modo speciale, il nostro tempo.

Alla dimensione interculturale dello Spazio è dedicato anche il concorso a premi per giovani ricercatori che il Festival ha messo a bando anche quest’anno. Il tema era Itinerari Spaziali, aspetti scientifici, psicologici e culturali delle missioni umane nello Spazio extraterrestre. La mattina di domenica 3 luglio, alle 11, avrà luogo la presentazione dei tre elaborati finalisti e la proclamazione del vincitoredella seconda edizione del Premio “Festival dello Spazio”, promosso dall’Associazione Festival dello Spazio in collaborazione con la Scuola internazionale superiore per la ricerca interdisciplinare (Sisri), con il patrocinio dell’Agenzia spaziale italiana e dell’Università di Genova e la sponsorizzazione di ArianeGroup che riconoscerà un contributo ai tre finalisti e un premio di mille euro al vincitore. Della giuria fanno parte Marco Aime, professore di Filosofia all’Università di Genova; Giancarlo Genta, docente di meccanica aerospaziale al Politecnico di Torino; e Giuseppe Tanzella-Nitti, astronomo e professore di teologia alla Pontificia università della Santa Croce che, a seguire la cerimonia di premiazione, terrà una conferenza sulle dimensioni umanistiche della ricerca scientifica.

Il pomeriggio del 3 luglio si aprirà con Franco Fenoglio, di Thales Alenia Space, a presentare il programma Artemis con cui la Nasa intende portare sulla Luna, entro il 2025, “la prima donna e il prossimo uomo”. Il programma proseguirà con una rievocazione, trent’anni dopo, della missione Tethered che nel 1992 vide debuttare l’Agenzia spaziale italiana nell’astronautica con il volo di Franco Malerba nello Spazio, primo italiano. Per l’occasione, verranno consegnati al Museo dello Spazio di Villa Borzino la bandiera dell’Unione europea portata da Malerba a bordo dello Shuttle Atlantis e il computer Pc-Gridda lui utilizzato durante il programma di addestramento propedeutico alla sua missione.

Completano il programma la mostra fotografica La Terra vista dallo Spazio – immagini di luoghi del nostro pianeta, noti o sconosciuti, per riflettere sui fenomeni naturali più singolari o sulle attività antropiche a maggiore impatto ambientale – e l’installazione di un grande tavolo “lunare” utilizzato come ambientazione della nuova linea di giocattoli spaziali Lego® – il Rover lunare, la Stazione spaziale lunare Lego city, la Base di ricerca lunare e il Centro spaziale – al cui lancio Malerba ha prestato la sua immagine in un simpatico videoclip girato nel centro spaziale Altec a Torino.

Da segnalare, infine, che a ogni pausa pranzo da venerdì a domenica, saranno offerti dei gustosi aperilunch con la farinata del Forno Guggiari, le delizie della Gastronomia Barattino e i gelati della Gelateria Pasticceria Vicario. Tutti i relatori riceveranno la targa del Festival dello Spazio in ardesia lavorata di Cicagna, una bottiglia di Vino Cortese Gavi Docggentilmente offerta dal Consorzio tutela del Gavi, e una boccetta del famoso Sciroppo di rosa antica della Valle Scrivia, altrettanto gentilmente offerta dalla storica azienda produttrice Camporotondo.

Vegetali “spaziali”

Alessandro Piana, vicepresidente della Regione Liguria con delega all’agricoltura e al marketing territoriale: «Il Festival dello Spazio è sempre più multidisciplinare e ricorda la centralità dell’agroalimentare italiano, le eccellenze e i prodotti simbolo del territorio. Tra i temi conduttori di questa edizione si trova proprio la sfida alimentare alla quale è dedicata, in particolare, la giornata del 2 luglio. Ringrazio pertanto le istituzioni, gli organizzatori del Festival e i tanti esperti chiamati a dare il loro contributo in chiave non solo scientifica, ma anche divulgativa. L’inserimento degli interventi della Coldiretti e di momenti di degustazione, oltre alla masterclass sull’Olio Evo a cura di Unaprol, Consorzio olivicolo italiano, continua a sottolineare il valore dell’oro verde, richiamando tradizioni spesso plurisecolari e dimostrando le ricche proprietà dietetiche e nutrizionali di questo elemento cardine della dieta mediterranea».

Ilaria Cavo, assessore alla cultura, allo spettacolo e alla formazione della Regione Liguria: «Quando si parla di Spazio in Liguria non si può più prescindere da questo Festival che è giunto alla sesta edizione e che si consolida su quattro giornate a testimonianza del crescente volume di contenuti inseriti. La storia e il futuro dell’esplorazione del cosmo si toccano con mano grazie a rassegne, mostre, conferenze, performance e anche un concorso a premi che si rivolge a giovani studiosi e appassionati. Anima della rassegna è ancora lui, l’ingegner Franco Malerba, il primo astronauta italiano nello spazio, che accanto alla sua presenza impreziosirà il Festival con due doni, come la bandiera UE che si portò nello Spazio e il Pc che usò per l’addestramento spaziale. Renderanno questa edizione ancora più speciale, in un contesto come quello di Villa Borzino che si candida a diventare il vero e unico punto di riferimento per gli appassionati del settore. Suggestioni, formazione, scienza e cultura: a Busalla lo Spazio chiede spazio e lo trova».

Tutti gli eventi del Festival dello Spazio sono a ingresso libero: per maggiori informazioni sulle modalità di partecipazione e sul programma completo è possibile consultare il sito www.festivaldellospazio.com e la pagina Facebook @FestivaldelloSpazioBusalla.

 

Mondi in miniatura – Asteroidi, Luglio 2022

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Impatto!
Due grandi asteroidi si scontrano ad una velocità relativa di alcune migliaia di chilometri orari, in una frazione di secondo la breccia ed il materiale che si trovano in superficie nell’area di imptatto si vaporizzano.

La pressione è enorme.

La roccia è metamorfizzata dal calore e dalla massa (che la comprime modificandone la struttura), fratturata in una moltitudine di pezzi che misurano da pochi micron a decine di chilometri.  Alcuni sono a loro volta proiettati gli uni contro gli altri, si sgretolano e danno vita a miriadi di frammenti che sfrecciano in tutte le direzioni.

I frammenti più grandi resistono agli impatti secondari e, mentre molti si aggregheranno formando nuovi corpi asteroidali (“Rubble Pile”), per altri il loro destino sarà quello di rimanere corpi isolati. La roccia, la matrice e gli elementi che fino a un attimo dalla catastrofe risiedevano ben sotto la superficie dei due asteroidi, esposti all’ambiente esterno subiranno nel corso del tempo una moltitudine di processi che ne modificheranno composizione e aspetto. È nata quella che gli astronomi chiamano “Famiglia Asteroidale“.

Le famiglie asteroidali

Ad oggi ne conosciamo alcune decine, tra le maggiori ricordiamo la Koronis – che conta circa 300 membri -, la Eros e la Themis, con circa 500 componenti ciascuna.

La più numerosa (600 membri) è la famiglia Flora, da (8) Flora dalla quale prende il nome.

I primi indizi che portarono alla loro scoperta furono raccolti negli anni 20 del ‘900 dall’astronomo giapponese Kiyotsugu Hiraiama. Studiando a fondo le velocità apparenti di circa 800 asteroidi ben presto si rese conto che alcuni erano accomunati da proprietà orbitali molto simili. Da buon scienziato quale era, Hiraiama ipotizzò che doveva esserci una buona spiegazione per la quale questi asteoridi non risultavano sparsi in modo casuale e che le probabilità che questi raggruppamenti fossero dovuti al caso era trascurabile.

Credits: Don Davis

Ne dedusse che ci si sarebbe potuti aspettare un simile risultato qualora un grande asteroide fosse stato ridotto in pezzi a seguito da un qualche evento catastrofico, ad esempio da una collisione con un altro asteroide. Hiraiama era nel giusto, ma solo nel 2002 si è avuto la certezza (grazie al lavoro di un altro astronomo, David Nesvorny) che ogni Famiglia Asteroidale rappresenta il risultato di una collisione avvenuta nel passato.

Nel gennaio 2010 siamo stati testimoni diretti di una di queste collisioni.

Dalla superficie di un asteroide fino ad allora ignoto eruppero improvvisamente emissioni simili (ma non identiche) a quelle di una cometa, ed all’oggetto fu assegnato la designazione P/2010 A2. Da un’attenta analisi degli schemi di dispersione della coda di polveri emerse che la causa delle emissioni era riconducibile allo scontro con un secondo asteroide.

Cosa osservare a Luglio 2022

A Luglio (14) Irene si troverà immersa tra le stelle del sagittario, muovendosi non lontano da M54. (9) Metis si troverà ai confini della costellazione del Capricorno, a 5 gradi di distanza da M75 e da Plutone.
I principali asteroidi osservabili a luglio 2022 (in-the-sky.org)
(14) Irene

(14) Irene è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.520 giorni (4,16 anni) ad una distanza compresa tra le 2,16 e le 3,02 unità astronomiche (rispettivamente, 323.131.401 km al perielio e 451.785.570 km all’afelio).

Deve il suo nome a Eirene, divinità personificazione della pace.

Scoperto da John Russel Hind il 19 Maggio 1851, questo grande asteroide (all’incirca 152 chilometri di diametro) sarà in opposizione il 4 di Luglio. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 9.8.

Il suo moto sarà di 0,63 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (14) Irene trasformarsi in una bella striscia luminosa di 25 secondi d’arco.

(9) Metis

(9) Metis è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.350 giorni (3,70 anni) ad una distanza compresa tra le 2,09 e le 2,68 unità astronomiche (rispettivamente, 312.659.550 km al perielio e 400.922.293 km all’afelio).

Deve il suo nome a Meti, Figlia di Teti e Oceano, divinità personificazione della prudenza.

Scoperto da Andrew Graham il 25 aprile 1848, questo imponente asteroide (circa 190 km di diametro) sarà in opposizione il 20 Luglio, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 9.7.

Il suo moto sarà di 0,63 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (9) Metis trasformarsi in una bella striscia luminosa di 25 secondi d’arco.

Selezione di asteroidi (luminosi) in opposizione a Luglio 2022

(72) Feronia Magnitudine: 11
(93) Minerva Magnitudine: 11
(339) Dorothea Magnitudine: 13
(442) Eichsfeldia Magnitudine: 12
(481) Emita Magnitudine: 13
(509) Iolanda Magnitudine: 13
(599) Luisa Magnitudine: 11
(1152) Pawona Magnitudine: 14
(1320) Impala Magnitudine: 14
(2035) Stearns Magnitudine: 13

 

Le Costellazioni di Luglio 2022

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Nel cielo di luglio astri luminosi compongono figure inconfondibili: sono le costellazioni dell’estate che brillano fiere sulla volta celeste.

In questo mese vedremo le costellazioni primaverili (Leone, Vergine) declinare verso Ovest, mentre a Nord-Ovest e Nord-Est troveremo rispettivamente la sempre presente costellazione dell’Orsa Maggiore con l’asterismo del Grande Carro e Cassiopea; a farci compagnia nelle serate estive sarà anche la brillante stella Arturo del Boote (vedi l’articolo: Le costellazioni di Marzo 2022).

Da Sud-Sud/Est lo scenario celeste si fa più accattivante con la presenza della Via Lattea che inonda il cielo di stelle e le costellazioni più belle e significative dell’estate: Sagittario, Scorpione e Ofiuco che, seppur non appariranno molto alti nel cielo, saranno i principali oggetti di riferimento nell’osservazione e nell’astrofotografia del periodo estivo.

Visuale del cielo di fine Giugno, ore 23:00 (credits: Stellarium)

LO SCORPIONE GRANDE PROTAGONISTA DELL’ESTATE

Tra le costellazioni della fascia zodiacale, quella dello Scorpione è una figura molto conosciuta e facilmente individuabile anche da semplici appassionati del cielo: con la sua tipica conformazione che ricorda proprio la sagoma di uno scorpione e la sua brillante stella alfa Antares, l’oggetto astronomico è grande protagonista dell’emisfero australe, dove è visibile per gran parte dell’anno. Nel nostro emisfero lo Scorpione è osservabile dal mese di maggio fino ad agosto, lasciandosi contemplare vicino al centro della Via Lattea, basso all’orizzonte.

Brillante e luminosa, la stella principale della costellazione dello Scorpione è Antares (α Sco), una supergigante rossa posta a circa 600 anni luce dal Sistema Solare, con una magnitudine apparente 1,06: l’astro si trova al centro della costellazione e il suo nome significa “rivale di Marte” (anti-Ares) per via del colore rossastro molto simile che contraddistingue i due oggetti celesti. Con un raggio di circa 850 volte quello del Sole, essa si classifica come una delle stelle più grandi conosciute.

ANTARES E LA NUBE DI RHO OPHIUCHI

Insieme alle stelle di colore azzurro β Scorpii, δ Scorpii e π Scorpii, Antares compone l’asterismo del Grande Uncino.

Come anche ρ Ophiuchi (collocata nell’omonima costellazione dell’Ofiuco), la stella alfa dello Scorpione è pervasa dalla nube molecolare gigante denominata Nube di Rho Ophiuchi: composta da idrogeno ionizzato luminoso e polveri oscure, l’oggetto si colloca nei pressi delle stelle che compongono la testa dello Scorpione e risulta visibile in diversi dettagli già attraverso fotografie a lunga esposizione.

Nube di Rho Ophiuchi
di Massimo Tamajo (clicca sull’immagine per maggiori dettagli)

Parte dei gas della Nube vengono illuminati proprio da Antares, assumendo la tipica colorazione rosso/arancio dell’astro.

Tra le stelle che compongono la costellazione dello Scorpione è da segnalare anche Shaula (λ Sco), una stella azzurra di magnitudine 1,62: si tratta dell’astro più luminoso del gruppo di stelle che compone la coda, il pungiglione dello Scorpione.

OGGETTI NON STELLARI NELLO SCORPIONE

La costellazione ospita un gran numero di stelle variabili oltre che diversi oggetti del cielo profondo: tra gli ammassi globulari ricordiamo M4, poco concentrato ma molto luminoso individuabile già con un binocolo ad Ovest di Antares.

Di M4 parleremo nel dettagli nel prossimo numero della rivista: non perdere Coelum n. 257!

Vi è poi l’ammasso aperto M7, che se osservato da un luogo appropriato risulta ben visibile anche ad occhio nudo, mentre sarà risolvibile nei dettagli con l’ausilio di un binocolo.

Interessanti anche M6 o Ammasso Farfalla, l’ammasso NGC 6231 e NGC 6281.

LO SCORPIONE DALL’ASTRONOMIA ALLA MITOLOGIA

Ogni oggetto celeste è circondato dal mito e dalla leggenda, e lo Scorpione non fa eccezione!

Secondo la mitologia greca la figura dello Scorpione è strettamente legata a quella di Orione: sono state tramandate più storie che raccontano di questo legame. Una di queste ci narra che il cacciatore celeste era innamorato della bellissima sorella gemella di Apollo, Artemide, tiratrice d’arco.

Questa relazione non era vista di buon occhio da Apollo che considerava l’arrivo di Orione sull’isola di Delo e la relazione con Artemide una sorta di profanazione e così ricorse l’aiuto della Madre Terra la quale scatenò sul cacciatore la furia di un gigante e velenosissimo scorpione (vedi articolo: Le costellazioni di Dicembre 2021).

Contro l’attacco del velenoso pungiglione dello scorpione a nulla valsero l’armatura e la forza di Orione che, una volta andato incontro al suo tragico destino con il piano mortale messo a punto da Apollo, venne collocato sulla volta celeste ed eternamente inseguito dallo Scorpione, in un ciclico sorgere e tramontare delle costellazioni sulla volta celeste.

L’OFIUCO NEL CIELO DI LUGLIO

In una regione di cielo molto ricca di oggetti interessanti, a Nord-Ovest del centro della Via Lattea, è posta la costellazione dell’Ofiuco, una figura che interseca la fascia dello Zodiaco.

La costellazione si trova a cavallo dell’equatore celeste e la sua posizione la rende osservabile da quasi tutte le aree del pianeta, tranne  le regioni polari.

“Colui che tiene il serpente”: è infatti la figura di un uomo quella che ci appare nel cielo e che corrisponde alla costellazione di Ofiuco, che divide in due parti un’altra costellazione, quella del Serpente.

Le stelle più luminose dell’Ofiuco sono α Ophiuchi, nota anche come Ras Alhague – che rappresenta la testa della figura – e η Ophiuchi, nota come Sabik, nella parte meridionale.

α Ophiuchi è una stella bianca di magnitudine 2,08; è una delle stelle brillanti più vicine a noi, a  47 anni luce.  η Ophiuchi è una stella bianca di magnitudine 2,43 a 84 anni luce di distanza.

OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DI OFIUCO

La costellazione contiene diverse stelle variabili oltre ad ammassi e nebulose: con un binocolo è possibile individuare il brillante ammasso globulare M5, vi sono poi gli ammassi M9, M10, M12, M14 che si prestano all’astrofotografia e all’osservazione con il telescopio.

M5 Globular Cluster (NGC 5904)
di Tommaso Stella (clicca sull’immagine per maggiori info)

Tra le nebulose planetarie sono interessanti gli oggetti NGC 6572 e NGC 6309.

OFIUCO NELLA MITOLOGIA

Tra i miti che aleggiano intorno alla costellazione di Ofiuco quello più noto è il mito greco che si rifà al dio della medicina Asclepio, figlio di Apollo e Coronide, anche se sull’identità della madre non vi è certezza.

Secondo la leggenda Coronide, con in grembo il figlio di Apollo, tradì quest’ultimo con un mortale: a rendere Apollo a conoscenza del misfatto ci pensò un corvo che, anziché ricevere dal dio la giusta ricompensa per averlo informato dei fatti, venne trasformato da uccello candido qual era in un corvo nero.

Apollo scagliò una freccia mortale contro Caronide in un impeto di gelosia, portando a compimento il suo folle gesto con un’azione ancor più malvagia: il dio strappò dal grembo di Caronide il bambino consegnandolo alle cure del centauro Chirone, che allevò il figlio come fosse suo e lo indottrinò alla conoscenza e all’applicazione delle tecniche di guarigione e di caccia.

Asclepio acquisì tutto il sapere possibile, divenendo abile nel salvare le vite umane e anche nel resuscitare i morti: ciò però mosse la preoccupazione di Ade, dio dell’oltretomba, che si rivolse a Zeus il quale punì Asclepio, fulminandolo.

Nonostante tutto, Apollo non fu in grado mandare giù un simile oltraggio e, anche al fine di placare le ire del padre degli dei, rese Asclepio immortale, trasformandolo nella costellazione di Ofiuco e collocandolo sulla volta celeste per l’eternità.

Le Comete di Luglio 2022

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Minima distanza dalla Terra per la C/2017 K2 PanSTARRS

Un rapido aggiornamento sulla cometa che ci accompagna già da diversi mesi!
credit in-the-sky.org

È ancora la C/2017 K2 PanSTARRS la protagonista, con il probabile raggiungimento del picco di luminosità in concomitanza con il passaggio nel punto più vicino al nostro pianeta previsto a metà luglio quando transiterà ad una distanza comunque rilevante pari a circa 270 milioni di km.

La buona luminosità raggiunta dovrebbe durare per parecchi mesi dato che il perielio è previsto solo per il 19 dicembre e dunque l’allontanamento dalla Terra sarà compensato dall’avvicinamento al Sole. Stiamo parlando di un valore attorno all’ottava grandezza, che rende l’oggetto alla portata anche di piccoli binocoli sotto cieli bui.

Sarà ancora l’Ofiuco il palcoscenico celeste in cui si muoverà la cometa, che calerà in declinazione. Il giorno 15 transiterà a circa mezzo grado dal luminoso ammasso globulare M10, di mag. 6,5: occasione imperdibile per un’osservazione particolare o una foto suggestiva!

A inizio mese culminerà attorno a mezzanotte mentre a fine periodo la sessione osservativa potrà cominciare verso le 23.00.

La carta in dettaglio:

Questa carta della PanSTARRS riporta la posizione della cometa per le 23.30 ora legale. Le stelle più deboli sono di mag. 9

 

Previsioni attività solare – Luglio 2022

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Inauguriamo una nuova rubrica sulla nostra stella: il Sole! Mese per mese aggiornamenti sui fenomeni solari e previsioni di osservazione per il futuro!

Per questa prima edizione della rubrica analizziamo l’andamento generale dell’attuale ciclo solare, il numero 25. Ricordiamo che il precedente ciclo (il numero 24) è stato caratterizzato da un andamento significativamente sotto la media, e le previsioni fatte prima dell’inizio del ciclo corrente ipotizzavano un andamento simile o addirittura ancora più depresso. Al contrario, il ciclo attuale si sta rivelando mediamente più intenso del precedente e le attuali previsioni ne ipotizzano un picco attorno all’inizio del 2025, con intensità vicina alla media dei cicli solari dal 1750 in poi. Questa è sicuramente un’ottima notizia per gli appassionati di osservazioni solari e di aurore polari!

Il grafico su Helio4Cast (lo trovate anche qui sotto) descrive la situazione in maggiore dettaglio. Viene mostrato l’andamento passato e le previsioni future per il cosiddetto “sunspot number”, un indicatore legato al numero di macchie solari presenti giornalmente sul Sole (https://spaceweather.com/glossary/sunspotnumber.html).
La curva nera rappresenta una media mensile delle osservazioni fino ai primi mesi di quest’anno. Le curve blu, rosse e verdi mostrano tre diverse predizioni per l’andamento del ciclo attuale.

Nel dettaglio, la curva blu è l’ipotesi predittiva fatta a Dicembre 2019 dal panel internazionale NOAA/NASA/ISES che stimava per il ciclo 25 un “sunspot number” massimo di 115±10 a Luglio 2025 ±8 mesi (https://www.swpc.noaa.gov/news/solar-cycle-25-forecast-update).

La curva rossa è un pronostico (aggiornata lo scorso Febbraio) basata sull’osservazione del cosiddetto “terminator event” che segna la fine della coesistenza del ciclo precedente e di quello attuale (https://spaceweatherarchive.com/2022/02/25/the-termination-event-has-arrived/) e che prevede un “sunspot number” massimo di 190±20 attorno all’inizio del 2025.

Infine, la curva verde rappresenta un ciclo solare medio. É possibile notare come l’andamento attuale appaia in maggiore accordo con le ultime due curve. Se ciò venisse confermato nei prossimi mesi, potremo ragionevolmente aspettarci un ciclo solare molto più intenso di quanto previsto, e goderci almeno un paio di anni di attività solare ricca di fenomeni interessanti!

Report del mese scorso – Giugno 2022

Passiamo ora a considerare più in dettaglio l’attività solare del mese scorso (Giugno 2022). Dopo un mese di Maggio caratterizzato da un’intensa attività solare (sia a livello di macchie solari sia per quanto riguarda i brillamenti) il mese di Giugno è iniziato all’insegna di un Sole piuttosto calmo. Questo è durato per i primi dieci giorni del mese, dopodiché finalmente l’attività è ripresa ai livelli del mese precedente e continua tuttora.

Vediamo prima di tutto che cosa è avvenuto a livello delle macchie solari, aiutandoci con questa animazione prodotta sulla base di immagini a banda larga del satellite Solar Dynamics Observatory della NASA (credits: NASA/SDO and the AIA, EVE, and HMI science teams).

L’animazione mostra l’evoluzione delle macchie solari a partire dal 21 Maggio e fino al 20 Giugno. Dopo che l’estesa regione attiva 3014 è sparita dietro al limbo occidentale alla fine di Maggio, lo stesso è toccato nei primi di Giugno alle macchie 3023 e 3026. Si sono poi avuti diversi giorni privi di macchie solari di rilievo, quando finalmente un nuovo gruppo di macchie è apparso alla vista.
Sull’emisfero Nord è comparsa attorno al 10 Giugno la regione attiva 3030, seguita poi dalle 3032 e 3033. Sull’emisfero Sud, invece, è comparsa prima la regione 3031 e poi (attorno al 13 Giugno) la 3035. Lo stesso giorno è comparsa anche la macchia 3034 piuttosto vicina all’equatore (cosa piuttosto inusuale nella fase iniziale del ciclo solare).

Infine, attorno al 16 Giugno è comparsa di nuovo nell’emisfero Nord la regione 3038 che inizialmente era piuttosto ridotta ma che si è ingrandita nel tempo fino a comprendere un interessante arcipelago composto da diverse macchie. La regione 3038 ha oltrepassato attorno al 20 Giugno il meridiano centrale del Sole (quello che guarda direttamente verso la Terra) e quindi sarà possibile osservarla ancora per qualche giorno prima che tramonti anch’essa dietro al limbo occidentale del disco solare.

Veniamo ora agli eventi più intensi e transienti, in particolare i brillamenti solari e le espulsioni di massa coronale.

Anche in questo caso l’inizio del mese è stato piuttosto calmo, ma poi l’attività è ripresa in particolare con due eventi piuttosto intensi, come indicato dall’andamento del flusso di raggi X misurato dai satelliti GOES del NOAA Space Weather Prediction Center (https://www.swpc.noaa.gov/products/goes-x-ray-flux). Ricordiamo che il flusso di raggi X misurato dai satelliti GOES è l’indicatore ufficiale utilizzato per classificare i brillamenti solari (https://it.wikipedia.org/wiki/Brillamento#Classificazione). L’immagine sotto a sinistra (prodotta utilizzando il sito https://www.polarlicht-vorhersage.de/goes-archive) mostra il flusso di raggi X dal 21 Maggio fino al 20 Giugno.

In questo mese abbiamo avuto due brillamenti di classe M (ovvero con un flusso di raggi X “morbidi” maggiore di 10-5 W/m2) uno il 10 ed uno il 13 Giugno. Il secondo in particolare è stato un evento non solo piuttosto intenso ma anche molto lungo, della durata totale di diverse ore, che si è originato dalla regione attiva 3032 già menzionata in precedenza, e che ha dato luogo anche ad una spettacolare espulsione di massa coronale come mostrato nell’immagine del coronografo LASCO C2 a destra (credit: NASA/ESA SOHO/LASCO).


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Concludiamo il report solare di Giugno mostrando un’immagine nella lunghezza d’onda dell’idrogeno alfa (6563 Å) prodotta dal sottoscritto (Daniele Bonfiglio, ndr) con telescopio solare Daystar Solar Scout DS 60/930 e fotocamera Fujifilm X-T30.

L’immagine (a falsi colori e luminanza invertita) si riferisce al 13 Giugno, poche ore dopo l’intenso brillamento di classe M, e permette di apprezzare ancora ben visibile l’intensa attività nella regione 3032 (emisfero Nord, quadrante Est) nonché le macchie solari 3034 e 3035 (appena sorte dal limbo orientale) oltre a diverse interessanti protuberanze sia interne sia esterne al disco solare.

 

Luna di Luglio 2022

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Giugno ci ha regalato una splendida Luna al perigeo, un fenomeno che si ripeterà anche nel mese di Luglio!

Osserva qui una splendida immagine della
Luna al plenilunio

Dopo il Novilunio in chiusura dello scorso mese di Giugno (ore 04:52 del 29), ripartirà la fase crescente passando per il Primo Quarto previsto per le ore 04:14 del 7 Luglio con la Luna a -35° sotto l’orizzonte. Chi avesse intenzione di osservare il nostro satellite dovrà attendere fino a circa le ore 21:30 quando, dopo il tramonto del Sole, la Luna si presenterà in una delle sue migliori condizioni osservative in fase di 8,7 giorni ad un’altezza iniziale di +34° e visibile fino a poco dopo le ore 01:00 della notte seguente. 

Fra le innumerevoli strutture a disposizione si potrebbe orientare il telescopio sul settore centro settentrionale del nostro satellite, focalizzando l’attenzione sugli imponenti e spettacolari Appennini. I Montes Apenninus sono impropriamente noti come “catena montuosa”, ma non hanno nulla a che vedere con le “catene montuose” come le conosciamo sul nostro pianeta.
Infatti l’origine di tale struttura, posta a delimitare il margine sud-sudest del mare Imbrium per una lunghezza di circa 1000 km e con vette che raggiungono l’altezza di oltre 5000 mt, viene ricondotta al periodo geologico Imbriano collocato da 3,8 a 3,2 miliardi di anni fa.
Quello che oggi possiamo ammirare col telescopio è quanto rimane delle antichissime pareti di questo settore dell’enorme bacino di Imbrium (diametro 1300 km, 850.000 kmq) formatosi in seguito all’impatto di un grande corpo meteoritico.

Vette degli Appennini lunari. Immagini lunari di F. Badalotti

Iniziamo dall’estremità meridionale col cratere Eratosthenes di 60 km di diametro e pareti alte 3600 mt con pendii ripidi percorsi da lunghi terrazzamenti, mentre sul fondo del cratere è possibile individuare un sistema montuoso centrale multiplo e numerosi rilievi collinari. Scorrendo col telescopio lungo gli Appennini da Eratosthenes verso nordest, fra le principali vette la prima che si incontra è il Mons Wolff esteso per 36 km e con un’altezza di 3500 mt. Per facilitarne l’individuazione notare che questo rilievo montuoso viene a formare un angolo retto rispetto ai crateri Eratosthenes e Wallace.

Proseguendo in direzione nord-nordest si incontra il bastione montuoso del Mons Ampere esteso per 31 km ed alto 3000 mt situato esattamente a sud rispetto al cratere Archimedes, mentre a soli 35 km verso nordest si innalza il Mons Huygens esteso per 41 km e con un’altezza di 5400 mt, probabilmente il punto più elevato di tutti gli Appennini lunari.

Ancora più a nordest il Mons Bradley che con una base estesa per 31 km raggiunge l’altezza di 4200 mt, facilmente individuabile data la sua vicinanza (37 km) ad ovest dell’inconfondibile cratere Conon. Proseguendo sempre lungo gli Appennini, all’altezza del sinuoso solco della Rima Hadley (dalle parti del sito di Apollo 15), è possibile individuare il Mons Hadley Delta esteso per 20 km con i suoi 3600 mt di altezza.
Circa 30 km più a nord il Mons Hadley, con la base di 26 km, domina con i suoi 4800 mt di altezza sul bordo sudorientale della Palus Putredinis, non lontano dal promontorio di Cape Fresnel, estremità settentrionale degli Appennini. Tutte queste cime dovrebbero essere individuate anche con un rifrattore di soli 50/60mm ma sarà il seeing della serata a dire l’ultima parola.

Luna al perigeo

Al capolinea della fase di Luna Crescente, alle ore 20:37 del 13 Luglio il nostro satellite sarà in Plenilunio ma a -13° sotto l’orizzonte, mentre per effettuare osservazioni col telescopio basterà attendere che sorga alle ore 21:08, quando poi dominerà incontrastato (a prescindere dalle nuvole…) fino all’alba del mattino seguente, quando andrà a tramontare contestualmente al sorgere del Sole.

Nel caso specifico la Luna sarà alla distanza di 358954 km dalla Terra e con diametro apparente di 33,29’. (Luna in Perigeo alle ore 10:07 del 13 Luglio a 357263 km). Come già avvenuto lo scorso mese anche in questo Plenilunio il punto di massima librazione coinciderà con la Regione Polare Settentrionale, precisamente a nord-nordest dei crateri Meton/Baillaud. Pertanto un’altra ottima occasione, considerato anche il Perigeo, per cercare di individuare strutture geologiche situate al confine con l’emisfero lunare solitamente non visibile dal nostro pianeta, possibilità limitata solamente dal seeing della serata.

Segnalo infine che sebbene il famoso cratere Peary si trovi più ad ovest rispetto alla massima librazione, si potrà comunque passare per una visita. A questo punto basteranno ormai solo alcune serate di luna calante per vedere il nostro satellite addentrarsi progressivamente nelle più profonde ore della notte, anche se la stagione pienamente estiva (almeno secondo il calendario) ne faciliterà indubbiamente l’osservazione.

Nel procedere della fase calante alle ore 16:18 del 20 Luglio sarà in Ultimo Quarto con età di 21,4 giorni.
Due possibilità per gli appassionati: il 20 Luglio sorgerà alle ore 00:20 e la notte successiva, il 21, sorgerà alle ore 00:42 perfettamente visibile fino all’alba in entrambe le nottate. A prescindere dall’ormai nota peculiarità di questa fase riguardante la netta prevalenza delle immense e scure distese basaltiche dei  mari lunari, in contrasto con la maggiore albedo delle rocce anortositiche degli altipiani sudovest e nordovest, consiglierei di focalizzare l’attenzione sul cratere Kies.
Il cratere di 46 km di diametro contornato da basse pareti di non oltre 400 mt di altezza è situato in prossimità del margine occidentale del mare Nubium, non lontano dalla Palus Epidemiarum.
Osservando a circa 250/300x (personalmente con un Tv Radian di 18mm ottengo 283 ingrandimenti col mio Mak Rumak 255 f20) sarà semplice individuare il Domo “Kies P1”, un’interessante struttura cupoliforme di origine vulcanica estesa per 13 km ed alta 145 mt con un craterino sulla sommità.

Orientando ora il telescopio nell’oceanus Procellarum a sud-sudest di Kepler inquadriamo Kunowsky, un piccolo cratere di 19 km di diametro dal fondo piatto e con pareti alte 850 mt. Prendendo lo spunto proprio dai bastioni montuosi e dall’estensione di questo cratere se ne è ipotizzata la sovrapposizione sulla città di Milano, constatando che l’area che verrebbe occupata da Kunowsky includerebbe nella propria circonferenza le località di Rozzano, Opera, San Donato/San Giuliano, Segrate, Cologno, Cinisello, Bollate, Pero, Settimo, Trezzano SN.
Se poi intendiamo effettuare anche un paragone più o meno plausibile fra le pareti intorno al cratere alte 850 mt rispetto ad una struttura artificiale terrestre dovremmo andare a scomodare addirittura il Burj Khalifa di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, che con i suoi 828 mt è attualmente il più alto edificio realizzato finora sul nostro pianeta.

Terminato il ciclo lunare di fase calante, alle ore 19:55 del 28 Luglio il nostro satellite sarà in Novilunio, pronto per una nuova ripartenza presentandosi nelle restanti tre notti di Luglio già con le sue prime sottilissime falci in attesa del prossimo mese.

Le Falci lunari di Luglio

Primo appuntamento in Luna crescente con una falce di 2,6 giorni che la sera del 1 Luglio tramonterà alle ore 22:51 fra le stelle del Cancro. É un’ottima occasione per osservare le strutture situate in una ristretta fascia della superficie lunare illuminata compresa fra il bordo orientale ed il vicino terminatore, con la concreta possibilità di lavorare anche in alta risoluzione.

Per quanto riguarda la fase di Luna calante la notte del 24 Luglio alle ore 02:05 sorgerà una falce di 24,8 giorni fra Toro ed Auriga (illuminazione 19%). In piena evidenza il settore occidentale dell’oceanus Procellarum e parte del mare Humorum unitamente all’altipiano di sudovest, dove sarà semplice individuare l’inconfondibile “isola nera” del vasto cratere Grimaldi.
La notte successiva, il
25 Luglio, sorgerà alle ore 02:43 una falce di 25,8 giorni seguita dal pianeta Venere. Nel caso specifico avremo ancora a disposizione il settore occidentale del nostro satellite ma con una superficie illuminata ridotta al 12%.

Per l’ultima falce del mese appuntamento per la nottata del 26 Luglio con una falce più sottile di 27 giorni che sorgerà alle ore 03:27 (porzione illuminata 6,3%). Nelle tre nottate citate si renderà sempre ben individuabile l’inconfondibile e scura area basaltica del cratere Grimaldi, in netto contrasto con gli altipiani circostanti.
A fine mese di nuovo in Luna crescente con una sottile falce di 2,1 giorni che la sera del
30 Luglio tramonterà alle ore 21:51, mentre il 31 una falce di 3,1 giorni chiuderà il mese di Luglio: alle ore 22:15 scenderà sotto l’orizzonte.
In quest’ultimo caso sarà possibile ammirare l’area del mare Crisium e le spettacolari e imponenti strutture crateriformi situate lungo il margine orientale del mare Fecounditatis. Per questa tipologia di osservazioni, oltre agli ormai noti parametri osservativi, risulterà determinante disporre di un orizzonte il più possibile libero da ostacoli.

 Librazioni di Luglio

(In ordine di calendario, per i dettagli vedere le rispettive immagini)

Si precisa che, per ovvi motivi, non vengono indicati i giorni in cui i punti di massima Librazione si discostano dalla superficie lunare illuminata dal Sole.

Librazioni Regione Polare Nord:

  • 12 Luglio. Fase 13,6 giorni – Massima Librazione: nord cratere Philolaus.
  • 13 Luglio. Fase 14,6 giorni – Massima Librazione: nord/nordest crateri Meton/Baillaud.
Librazioni del 12-13 luglio. Mappe di F. Badalotti su immagini tratte dal globo di “Virtual Moon Atlas”

COELUM media partner di GALACTIC PARK – il Festival dello Spazio e della Divulgazione Scientifica

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A Milano arriva Galactic Park, il festival dedicato interamente allo spazio e alla divulgazione scientifica

Il 24 settembre, al Planetario di Milano, arriva la prima edizione di Galactic Park, il festival interamente dedicato alla divulgazione spaziale, organizzato da divulgatori e divulgatrici… spaziali!

Nel centenario della nascita di Margherita Hack, arriva Galactic Park, il festival dedicato a tutti gli appassionati di astrofisica, astronomia ed esplorazione spaziale. Il festival si svolgerà il 24 settembre 2022 al Civico Planetario “Ulrico Hoepli” di Milano e nei giardini Indro Montanelli appena fuori dalle porte del Planetario, per una giornata dedicata all’Universo e alle tecnologie che ci permettono di studiarlo ed esplorarlo.

COELUM è uno dei media partner dell’evento

In questi anni è in corso una vera e propria nuova corsa allo spazio, che coinvolge molti e diversi protagonisti con un solo obiettivo: conoscere ed esplorare l’universo. Galactic Park è un festival organizzato da L’Officina del Planetario e alcune delle maggiori realtà divulgative attive nel settore spaziale con l’obiettivo di raccontare, informare e coinvolgere la collettività in questi cambiamenti epocali.

I divulgatori e le divulgatrici si daranno il cambio in cinque spettacoli all’interno del Planetario, che spazieranno dall’astrofisica pura all’esplorazione spaziale, raccontando le incredibili tappe che ci hanno portato alle conoscenze attuali sull’Universo e a sognare di un futuro migliore, fra le stelle. Il tutto senza dimenticare le narrazioni fantascientifiche che si ispirano proprio a quelle scienze dell’universo.

L’evento prevede la partecipazione di alcune delle più grandi realtà di divulgazione che il panorama offre al momento, come Link4Universe e Chi Ha Paura del Buio?, oltre a Astrospace.it, Cronache dal Silenzio, Astronuts, PhysicalPub, LaRete, The Critical Martian e Nane Brune. Saranno anche presenti i noti divulgatori scientifici Adrian Fartade e Luca Perri, che narreranno le idee, le vite e le vicende delle persone che hanno fatto progredire la nostra conoscenza del cosmo nello spettacolo “Astrobio – Storie di persone e di idee”. I ragazzi di Chi Ha Paura del Buio?, con la loro vasta esperienza di spettacoli divulgativi nei teatri di tutta Italia porteranno il nuovo entusiasmante spettacolo “L’(in)sostenibile bellezza del Cosmo”: con l’aiuto di alcune storiche immagini da varie missioni spaziali racconteranno di quanto la bellezza dell’universo abbia un impatto sulle nostre vite e sul nostro immaginario cosmico. Simone Jovenitti di PhysicalPub, con il suo “The WOW side of the Moon”, parlerà di un curioso insieme di fenomeni fisici, noti a tutti ma di cui raramente si parla. Nane Brune, LaRete e Astronuts porteranno dal vivo il loro formato di successo Fantascene, che unisce scienza e fantascienza in un connubio esplosivo e altamente interattivo; il tema: “La scienza dei supereroi”. A chiudere la serata ci penseranno Davide Coco e Martina Carnio di Link4Universe, con “Sto Razzo – Storie assurde di razzi reali” in cui racconteranno di quei progetti spaziali folli che dalla progettazione su carta non sono riusciti a superare lo scontro con i limiti imposti dalla realtà.

Contemporaneamente e tra uno spettacolo e l’altro, nei giardini Indro Montanelli appena fuori dal Planetario saranno presenti numerosi Galactic Point!, punti di ritrovo in cui i divulgatori e le divulgatrici di Galactic Park saranno a disposizione per chiacchierare di spazio e raccontare entusiasmanti novità, curiosità e prospettive riguardo l’esplorazione spaziale e le scienze astronomiche. Spazieranno dall’astronautica, con l’ausilio di modellini di razzi stampati in 3D, alla geologia planetaria, passando per una vera e propria ricostruzione in scala, destinata a grandi e piccini, del Sistema Solare e della Via Lattea. Associazioni di astrofili contribuiranno all’evento con un parco di telescopi per l’osservazione solare.

«Siamo veramente orgogliosi di essere riusciti a organizzare questo grande evento», dice Luca Nardi, comunicatore scientifico tra gli organizzatori del festival. «Riteniamo che creare una rete di divulgatori e divulgatrici che sia in grado anche di uscire dal web e parlare direttamente alle persone senza i filtri degli algoritmi social sia forse la cosa più bella in assoluto, che getta delle solide e concrete basi per un futuro migliore del racconto delle scienze astronomiche e spaziali nel nostro paese.»

L’appuntamento è per sabato 24 settembre a partire dalle ore 14:00, il programma completo è consultabile sui siti web www.galacticpark.it e www.lofficina.eu

Il giorno più lungo

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“Vedere il cielo in estate è poesia, anche se non è scritto in nessun libro.” Emily Dickinson.

É quello che deve aver pensato la poetessa statunitense nelle lunghe giornate passate reclusa nella sua stanza, con la finestra della propria immaginazione spalancata verso il mondo fuori. “Sarà Estate – finalmente.”, scriveva, e oggi 21 giugno 2022 è il giorno del solstizio d’estate, l’inizio ufficiale della stagione estiva dell’emisfero boreale.

Indice dei contenuti

Moti e calendari

Il solstizio è un fenomeno che si verifica due volte l’anno, segnando il giorno più lungo e più corto dei due emisferi terrestri.
La parola deriva dal latino dall’unione dei termini sol (sole) e sistere (fermarsi), indicando appunto l’apparente immobilità della stella durante il suo moto rispetto all’equatore terrestre. Alle ore 11.14, infatti, il Sole raggiungerà il punto di declinazione massima (minima in inverno) nel suo moto apparente lungo l’eclittica, cioè il percorso che ogni anno la nostra stella sembra compiere rispetto alla sfera celeste. Il nostro pianeta è inclinato di circa 23° rispetto al piano dell’Equatore e la luce solare non raggiunge mai la Terra con la stessa angolazione, ma varia durante il moto di rivoluzione terrestre, determinando nel tempo le stagioni.
Ogni solstizio ritarda di 5 ore, 48 minuti e 46 secondi rispetto l’anno precedente (differenza tra l’anno solare e il nostro calendario), motivo per cui il fenomeno può avvenire nei giorni tra il 20 e il 21 giugno, per poi riallinearsi nell’anno bisestile.

Solstizio d’inverno nell’emisfero meridionale. Credit: NASA

Feste e riti

Il giorno più lungo dell’anno è accolto da festeggiamenti in tutto il mondo, alcuni secondo tradizioni tramandate dai popoli antichi. Il caso più famoso è quello di Stonehenge in cui ogni solstizio d’estate centinaia di persone si riuniscono intorno ai megaliti del sito per assistere al sorgere del sole dietro la Heel Stone (pietra del calcagno). Leggende e festività per il culto del sole erano già presenti nelle civiltà precolombiane e nell’antico Egitto. In Italia, Portogallo e Spagna si celebra la natività di San Giovanni con falò propiziatori, mentre a New York migliaia di persone si radunano per festeggiare il giorno più lungo dell’anno all’insegna dello yoga e del relax.

 

ESA e NASA insieme verso il futuro

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“Abbiamo cominciato da vagabondi, e siamo ancora vagabondi. Ci siamo soffermati abbastanza a lungo sulle rive dell’oceano cosmico. Finalmente siamo pronti a salpare verso le stelle.” Carl Sagan

Si è tenuto il 14 e 15 giugno nella sede Estec dei Paesi Bassi il Consiglio dell’ESA per pianificare i prossimi passi dell’ esplorazione spaziale. Al meeting si è unito anche Bill Nelson, amministratore della Nasa, confermando l’importanza della cooperazione e dell’unione di intenti per le incredibili sfide che ci aspettano se vogliamo “salpare verso le stelle”.
“Stiamo viaggiando più lontano che mai nel cosmo – e che sia sulla Iss in orbita terrestre bassa, sulla Luna attraverso le nostre missioni Artemis, su Marte e oltre – la partnership scientifica ed esplorativa della Nasa e dell’Esa ci mostra cosa è possibile fare quando lavoriamo insieme per sviluppare scienza e tecnologia rivoluzionarie a beneficio dell’umanità.”, afferma Nelson.
Tra i punti focali della riunione la Luna, Marte e la Terra.

Astronauti europei sulla Luna

L’intesa della partnership ESA-NASA è sottolineata da un nuovo accordo raggiunto che prevede il primo astronauta europeo a mettere piede sulla Luna. A bordo del veicolo spaziale Orion, costruito per trasportare nello spazio l’equipaggio, saranno tre i cosmonauti europei designati per la missione. L’ESA svolge un ruolo chiave per la vita nella capsula Orion, fornendo con i suoi Moduli di Servizio energia, capacità di manovra nello spazio e supporti vitali come acqua e ossigeno.

Una meravigliosa luna piena dietro l’Artemis I Space Launch System e il veicolo spaziale Orion. Credit: NASA/Cory Huston

La collaborazione tra i due enti spaziali prevede lo sviluppo di progetti per la “Lunar economy”, in particolare del settore delle telecomunicazioni spaziali. La NASA porterà in orbita lunare il Lunar Pathfinder, un satellite commerciale costruito dalla compagnia inglese SSTL, mentre l’ESA fornirà accesso alle comunicazioni lunari. Test congiunti tra le due agenzie sull’utilizzo di segnali di navigazione e laser si integrano nel progetto Moonlight, una rete di satelliti che orbiterà intorno alla Luna per fornire servizi di telecomunicazione.

Uno sguardo verso Marte

L’importanza di unire le forze in una cooperazione reciproca è un tema messo in risalto dall’annullamento del lancio della missione ExoMars. L’ESA, infatti, ha terminato il rapporto di collaborazione con l’agenzia spaziale russa dopo la recente aggressione in Ucraina; la NASA sta valutando come contribuire allo sviluppo del rover “Rosalind Franklin”.

Una riproduzione del rover della missione ExoMars. Credit: ESA/ATG medialab

Alla ricerca di segnali di vita passata sul pianeta rosso, il rover è stato progettato come laboratorio scientifico mobile per la perforazione del suolo marziano e la conduzione di vari esperimenti scientifici. Mentre la Nasa ha fornito elementi chiave di uno degli strumento del Rosalind Franklin, MOMA, l’ESA sta conducendo uno studio per implementare al meglio gli strumenti per la missione.
“Nell’approfondire la nostra partnership nell’esplorazione di Marte, che include anche l’innovativa campagna Mars Sample Return, la Nasa sta cercando di capire il modo migliore per supportare i nostri amici europei nella missione ExoMars”, ha detto Bill Nelson.

Una cura per la nostra casa

Gli ostacoli da superare verso le nuove frontiere dell’esplorazione spaziale non distolgono lo sguardo dai problemi da risolvere nel nostro pianeta. Europa e Stati Uniti cementificano la loro collaborazione unendo le forze nella lotta al cambiamento climatico, condividendo dati raccolti nell’osservazione e definendo un nuovo standard per il futuro.
Una sfida impegnativa da risolvere per un domani migliore, come sottolinea il direttore generale dell’ESA, Aschbacher: “Quando si tratta di sfide globali, come la crisi climatica, ognuno ha il proprio ruolo da svolgere, ma è solo unendo le forze che possiamo ottenere di più”.
La speranza di contribuire in maniera significativa al benessere collettivo risiede proprio nell’aiuto e nella collaborazione di tutti, come ESA e NASA stanno dimostrando in questi giorni.

Per approfondire clicca qui

 

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𝗡𝗼𝗻 𝗽𝗲𝗿𝗱𝗲𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗽𝗿𝗼𝘀𝘀𝗶𝗺𝗼 𝗻𝘂𝗺𝗲𝗿𝗼 𝗱𝗶 𝗖𝗼𝗲𝗹𝘂𝗺 𝗱𝗲𝗱𝗶𝗰𝗮𝘁𝗼 𝗮𝗶 𝘀𝘂𝗼𝗶 𝟮𝟱 𝗮𝗻𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝘀𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮!

Il punto sulla ricerca di vita su Venere

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“Volevamo che la vita fosse una possibile spiegazione ma quando abbiamo eseguito i modelli abbiamo visto che non è una soluzione praticabile. Ma se la vita non è responsabile di ciò che vediamo su Venere, vuol dire che c’è ancora un problema da risolvere: c’è molta chimica strana da approfondire.” Sean Jordan, Institute of Astronomy di Cambridge.

Per decenni gli astronomi hanno cercato una possibile spiegazione all’insolito comportamento dello zolfo nell’atmosfera di Venere, ipotizzando tra le cause una possibile forma “aerea” di vita extraterrestre. Un nuovo studio riportato sulla rivista Nature Communications dal team di ricerca dell’istituto di Astronomia di Cambridge smentisce quest’ipotesi, affermando che una possibile forma di vita non può spiegare la composizione dell’atmosfera venusiana.

Alla ricerca della vita

Ogni forma di vita presente con sufficiente abbondanza lascia una propria impronta chimica sull’atmosfera di una pianeta, consumando cibo ed espellendo i proprio rifiuti.
“Abbiamo passato gli ultimi due anni cercando di spiegare la strana chimica dello zolfo che vediamo nelle nuvole di Venere”, riporta il coautore dell’articolo  Dr. Paul Rimmer del Dipartimento di Scienze della Terra di Cambridge. “La vita è piuttosto brava nel creare una strana chimica, quindi abbiamo studiato se esista un modo per rendere la vita una potenziale spiegazione per ciò che vediamo”.

I modelli sviluppati includono un elenco di reazioni metaboliche che le forme di vita svolgerebbero per ottenere il loro “cibo” e i sottoprodotti di scarto. I ricercatori hanno riprodotto il modello tramite simulazioni per vedere se la riduzione dei livelli di SO2 (anidride solforosa) potesse essere spiegata da queste reazioni metaboliche.
I risultati della ricerca stabiliscono un limite rigido su quanta vita potrebbe esistere su Venere senza demolire la nostra comprensione di come le reazioni chimiche funzionino nell’atmosfera planetaria.

Venere e la sua atmosfera.
Credit: Nasa

Sviluppi futuri

Uno sguardo ottimista verso il futuro arriva dalle prossime missioni di esplorazione spaziale. Sebbene, infatti, non ci siano prove che la vita si nasconda nelle nuvole di Venere, i ricercatori affermano che queste analisi saranno preziose per gli studi futuri.
Un esempio è dato dal JWST, il successore del telescopio Hubble, in grado di rilevare con facilità alcune molecole di zolfo in altri sistemi planetari, ampliando le nostre conoscenze sul comportamento chimico del nostro vicino di casa e dei pianeti esterni al Sistema Solare.

Un’altra speranza per una comprensione migliore dell’atmosfera venusiana arriva dalla futura missione DaVinci, che scenderà tra i vari strati dell’atmosfera del pianeta a metà del 2031.
DaVinci misurerà per la prima volta alcuni parametri dell’atmosfera di Venere, fornendo immagini degli altipiani montuosi, mappando la loro composizione rocciosa.
«Questo insieme di dati di imaging chimico, ambientale e di discesa dipingerà un’immagine dell’atmosfera stratificata di Venere», ha affermato Jim Garvin del Goddard Space Flight Center della Nasa. «Queste misurazioni ci consentiranno di valutare aspetti storici dell’atmosfera e di rilevare speciali tipi di roccia in superficie come i graniti, cercando anche caratteristiche paesaggistiche rivelatrici che potrebbero parlarci dell’erosione o di altri processi di formazione».

La gemella diversadel nostro pianeta

Nel numero 255 di Coelum Venere è analizzato da differenti prospettive:

HYDRA part. 2 Una costellazione timida ma ricca di sorprese

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Vi sono molte vaste costellazioni nel cielo di cui solo due lunghissime: ma mentre Eridanus appare nel cielo autunnale, ecco che la costellazione la cui testa e cuore si rendono ora evidenti è solo una.

La più grande di tutte le 88 costellazioni della volta celeste: Hydra.

Vuoi leggere la prima parte? Puoi trovare l’articolo nel
n. 255 di Coelum
[…]
LUNGO IL COLLO DI HYDRA

Da ζ Hydrae, volgiamo l’attenzione all’area immediatamente ad oriente di questa stella, dove alcune stelle di terza e quarta grandezza qui presenti delineano il collo di Hydra. Il primo interessante oggetto che andiamo a visitare è una galassia facilmente reperibile a meno di 1° a nord-est di  ζ Hydrae: NGC2718, ottimo target per telescopi di grosso diametro. Scoperta da W.Herschel il 24 marzo 1786 con un telescopio da 48 cm di diametro, NGC2718 è una piccola ma bella spirale di dodicesima magnitudine vista esattamente di fronte, la cui caratteristica più rilevante è la pronunciata barra centrale dalla quale si staccano due braccia – ben rilevabili nelle riprese fotografiche – che conferiscono a questo universo-isola una forma molto simile a quella di una S, pur ribaltata orizzontalmente. Larga poco più di 2’, all’osservazione condotta con un telescopio da almeno 300 mm la galassia si rende rende visibile come una sorta di fuso del quale si percepiscono, prestando molta attenzione, entrambe le estremità ricurve. Il rigonfiamento centrale galattico contrasta poco sulla barra ma nelle riprese mette ben in evidenza la puntiformità del nucleo, di apparenza prettamente stellare.

Galassia a spirale barrata NGC 2718.
Credit: By Donald Pelletier – Own work, CC BY-SA 4.0

 Nello stesso campo di ripresa sarà possibile rilevare, 5’ a nord-ovest, della componente più luminosa di UGC04703, una interessante coppia di galassie tra loro interconnesse. Mentre la distanza dalla Via Lattea di NGC2718 sembra aggirarsi attorno a 190 milioni di anni-luce – valore che ne porta il reale diametro ad essere stimato in 130 mila anni-luce – la distanza di UGC04703 sembra di poco minore, valutata in circa 180 milioni di anni-luce; stando alla distanza, le due galassie sarebbero separate da circa 110 mila anni-luce. Le loro minute dimensioni rispetto alla vicina grande galassia indicano trattarsi di galassie di ben più piccole dimensioni, valutate in circa 16 mila e 11 mila anni-luce, non dissimili dalle note M31 ed M110, satelliti della “grande galassia di Andromeda”. Nelle riprese a lunga posa, il membro più a sud della coppia esibisce un debole pennacchio pronunciato verso est, lungo oltre 50 mila anni-luce. Cifre davvero da capogiro! Una curiosità: confrontando le proprietà fisiche e morfologiche di UGC04703 con quelle delle due Nubi di Magellano, si può affermare che il sistema NGC2718-UGC4703 è un analogo del nostrano sistema LMC-SMC-MW. UGC4703A sta chiaramente interagendo con la sua più piccola compagna, UGC4703B, formando così un ponte di flusso stellare che le collega. Ripresa nell’idrogeno neutro, la coppia ha rivelato prove di interazione tra la coppia di galassie nane ed NGC2781 ed la presenza di regioni di formazione stellare lungo il ponte che unisce UGC 4703A ad 4703B: ma nessuna emissione estesa alla pari del noto Magellanic Stream.

Puntando anche un semplice binocolo a sud-est di  ζ Hydrae, a metà del percorso tra questa e ω Hydrae è presente una bella e larga doppia prospettica. Le due stelle in questione, HD77250 ad occidente ed HD77293 ad oriente, splendono rispettivamente di magnitudine 6,07 e 7,18, presentando un bel contrasto di colori: arancione cupo la prima, bianca la seconda. Distano dal Sistema Solare rispettivamente 268 e 330 anni-luce.

La stella di magnitudine apparente 6,707 HD 77250. Credits: Strasbourg astronomical Data Center

Proseguendo sempre in direzione sud-est, ecco ω Hydrae, che splende esattamente di quinta grandezza. Non dobbiamo farci, però trarre in inganno: la sua debole luminosità apparente è resa tale solamente dall’enorme distanza dal Sistema Solare di tale stella, valutata in ben 900 anni-luce. Con una massa superiore a 4 volte quella del Sole, pur avendo un’età di “solo” 180 milioni di anni, ω Hydrae è già una stella evoluta di tipo K2 II-III (4.800 K), che produce energia attraverso la fusione dell’elio nel suo nucleo; il diametro di questa gigante, quasi 50 volte quello della nostra stella, porta ω Hydrae ad irradiare ben 945 volte più del Sole.

Posizione di ω Hydrae nel diagramma H-R. Credit: Richard Powell / CC BY-SA

Come sempre, uno degli scopi della presente rubrica è quello di elencare e portare alla conoscenza di coloro che sono appassionati del cielo profondo l’esistenza di oggetti poco noti o del tutto sconosciuti. E’ il caso di un ammasso stellare di cui vi è ben poco, se non quasi nulla, in letteratura. L’oggetto in questione può essere rintracciato senza alcuna difficoltà puntando il telescopio all’ipotetico vertice di un triangolo isoscele avente negli altri due la già citata  ω Hydrae e la successiva θ Hydrae. Pardanaud 1: questo il nome dell’ammasso stellare, occupa rispettivamente 2,5° ad est della prima e a nord-est della seconda di questa coppia di stelle. Il gruppo è composto da una decina di stelle in tutto, con luminosità simile e compresa tra la decima e la dodicesima grandezza. Le componenti dell’ammasso, lontano circa 1.550 anni-luce dal Sistema Solare, sono disposte in due sottogruppi, ben distinti e disposti l’uno a settentrione dell’altro (o viceversa), ognuno formato da 5-6 stelle; il secondo, in particolare, è di minor estensione. Tutto l’ammasso si estende per circa 10’ in altezza e circa la metà in larghezza. Con ogni probabilità, Pardanaud 1 è un ammasso stellare molto vecchio e, soprattutto, poco coeso, che ha perso molte delle sue originarie componenti nel tempo durante le sue orbite attorno al centro galattico a partire dalla sua nascita.

Eccoci, quindi, giungere alla bianco-azzurra θ Hydrae, stella che splende di magnitudine 3,89. Lontana quasi 130 anni-luce dal Sistema Solare, è sede di un sistema binario spettroscopico. Di tipo spettrale B9,5V (10.300 K), è una stella di sequenza principale dalla massa 2,5 volte quella del Sole e dal raggio esattamente il doppio; il potere radiante risultante è 40 volte quello della nostra stella. All’analisi spettroscopica, questo astro rivela un’abbondanza insolitamente bassa di metalli (si stima, il 38% di quella solare) nella sua atmosfera più esterna; prototipo di una classe, che raccoglie stelle solitamente comprese dagli ultimi tipi classe B ai primi di classe F, è λ Bootis che da anche il nome a tale gruppo che conta, ad oggi pochi membri noti, tanto da ritenere che in una data classe spettrale siano solo il 2% le stelle di questo tipo. Una delle possibili spiegazioni a quanto esibito è che θ Hydrae e le altre stelle di questo tipo siano nate da una nube molecolare povera in metalli. Nelle vicinanze di θ Hydrae, telescopi di modesto diametro permettono di scorgere tre compagne prospettiche, rispettivamente di 20”, 82” e 100”d’arco e con luminosità comprese la decima e la dodicesima grandezza. La vera compagna della stella è una nana bianca, avente ben l’83% della massa del Sole; un astro densissimo, dal diametro valutato in poco meno di 6.000 km: ovvero, meno della metà del diametro del nostro pianeta!

Mappa semplificata della posizione di θ Hydrae. Credit: theskylive.com

Altra bella doppia, facile da osservare con telescopi di modesta apertura, è Struve 1347, situata circa 2° a nord-est di θ Hydrae. La componente primaria, di magnitudine 7,3, appare giallognola mentre la secondaria, di una grandezza più debole, decisamente azzurrina: le due formano, così, un bel contrasto cromatico che migliora notevolmente utilizzando oculari a corte focali. La separazione tra le due stelle, 21,1” d’arco, permette di risolvere la coppia anche a bassi ingrandimenti. Restano oggi pochi dubbi sul fatto che tale coppia costituisca un vero sistema binario, dal momento in cui entrambe le stelle condividono lo stesso moto nello spazio; tenendo presente la loro (e comune) distanza dal Sistema Solare, stimata in 360 anni-luce, una reale separazione di ben 3 mesi-luce (circa ¼ di anno-luce) intercorre tra le due componenti. Circa mezzo grado a sud della coppia è presente la piccola galassia di dodicesima magnitudine NCG2858, una piccola spirale lontana 166 milioni di anni-luce dalla Via Lattea, larga 1,7’ . Nelle foto a piena risoluzione, tale galassia ricorda molto la ben più nota M109 in Ursa Major.

NGC 2858
Credit: Donald Pelletier

Esattamente 6,5° a nord-est di θ Hydrae è presente 2 Hydrae, una sub-gigante di magnitudine 5,6 lontana 173 anni-luce dal Sistema Solare. Situata nell’estremo angolo nord-orientale della parte più settentrionale di questa immensa costellazione, 2 Hydrae ci farà ora da punto di riferimento per trovare altre due interessanti galassie, la seconda delle quali riserverà una sorpresa. Circa 47’ a nord -est, in prossimità del confine con Sextans, ecco NGC2962, una galassia lenticolare di tipo SB0 di dodicesima grandezza, larga 2,6′. E’ il membro di maggior massa e luminosità del gruppo che ne porta il nome, comprendente anche le più piccole PGC27248 e NGC2966, quest’ultima entro i confini di Sextans. Lontana circa 110 milioni di anni-luce dalla Via Lattea, all’osservazione telescopica NGC2962 si presenta come un luminoso ovale lungo 1’ e con un nucleo molto luminoso. Essa però fornisce il meglio di sé nelle riprese fotografiche, dove attorno all’ovale luminoso appare la parte più esterna del disco della galassia, dalla luminosità molto minore: in realtà, questo disco appare nettamente staccata dalla parte interna e più luminosa, formando un anello. NGC2962 non è la prima galassia a presentare tale singolare struttura ma allorché l’astronomo francese Gérard de Vaucouleurs – il quale sviluppò una classificazione tridimensionale di questi oggetti ancora più precisa di quella precedentemente edita da Edwin Hubble – si imbatté in NGC2962, egli la classificò con la strana sigla (R’)SAB(rs)0/a. Cosa significa? Nella descrizione fornita da de Vaucouleurs, “la zona interna presenta aree più luminose vicino all’asse maggiore, correlate sia ad una barra che ad un anello interno. Vi sono anse relative a una barra che fa anche parte di un anello interno; poiché tali anse sono a forma di arco, tale varietà viene classificata come (rs). La classificazione SAB è basata anche su queste anse e sul fatto che l’area interna appare più allungata del disco esterno; si sospetta che tale zona sia ovale. L’anello esterno sembra essere costituito da una struttura a spirale, ma questa si rende chiara solo su un lato. Anche la struttura a spirale molto debole sembra separarsi dall’anello.” Una galassia, quindi, dalla struttura molto complessa.

IL FUOCO DELLE STELLE – spettacolo multimediale e sensoriale

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IL FUOCO DELLE STELLE
Venerdì 24 Giugno 2022 alle ore 21
Sala Lelio Luttazzi – Mag. 26, Porto vecchio – Trieste
Nato da un’idea di Stefano Schirinzi (Centro Studi Astronomici Antares Trieste – Delegazione dell’Unione Astrofili Italiani per la Provincia di Trieste) ed Erica Bisesi (Osservatorio Astronomico di Trieste – INAF, Università di Montreal) e patrocinato dall’Osservatorio Astronomico di Trieste
“IL FUOCO DELLE STELLE”
Uno spettacolo multimediale e sensoriale di immagini e suoni dedicato al meraviglioso mondo delle stelle, composto per offrire allo spettatore spunti di pensiero su questi elementi chiave per la conoscenza dell’Universo di cui noi stessi siamo parte.
Alla proiezione di suggestive immagini astronomiche catturate dai telescopi situati a terra e nello spazio, che riprendono le stelle nelle varie fasi della loro complessa evoluzione – dalla nascita negli apparati nebulari alla loro fine attraverso eventi estremi che portano all’arricchimento di elementi nella Galassia – verrà associata una musica coinvolgente ed eseguita interamente dal vivoun intreccio che vedrà l’alternarsi di brani eseguiti al pianoforte ad altri interamente elettronici, creati col Theremin e sintetizzatori vari.
Un mix di “timbriche e melodie cosmiche emozionali” che porterà lo spettatore a viaggiare nel buio degli anni-luce verso panorami stellari mozzafiato che verranno descritti da una singolare “voce dallo spazio”, la quale racconterà cosa sono le stelle, quale la loro evoluzione e i loro segreti, abbinando testi scientifici composti per l’occasione a citazioni letterarie e poetiche.
Live performance: Erica Bisesi (pianoforte) & Stefano Schirinzi (Theremin, synths & electronics)
Voci narranti: Sara Hennah Galiza, Michele Maris
Testi di: Steno Ferluga, Giuseppe Murante, Stefano Schirinzi
Ingresso gratuito (no ticket)
Organizzatore: Stefano Schirinzi, Erica Bisesi, Steno Ferluga, Giuseppe Murante
Categoria Evento: Musica, Teatro, Scienza

Gaia rileva strani terremoti stellari!

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“La nostra galassia è un meraviglioso crogiolo di stelle”, afferma Alejandra Recio-Blanco dell’Observatoire de la Côte d’Azur in Francia, membro della collaborazione Gaia. 

COMUNICATO STAMPA

Le stelle e il loro comportamento bizzarro sono al centro del nuovo studio di Gaia, una missione dell’ESA con l’obiettivo di mappare la nostra galassia per studiarne la formazione e la sua evoluzione nel tempo, rivelando nuovi dettagli su composizione e velocità radiale con la quale si avvicinano o allontano da noi.
Nella ricerca è presente il più vasto catalogo mai compilato di stelle binarie, migliaia di oggetti del Sistema Solare e milioni di galassie e quasar esterne alla nostra Via Lattea.

Terremoti Stellari

Una delle scoperte più sorprendenti emerse dai nuovi dati è la capacità di Gaia di rilevare terremoti stellari: piccoli movimenti sulla superficie di una stella che ne modificano la forma.
Queste vibrazioni, simili a tsunami su vasta scala, sono oscillazioni non radiali che smentiscono la teoria attuale secondo cui queste stelle non dovrebbero subire terremoti. In precedenza, infatti, Gaia aveva già rilevato movimenti radiali che espandono e comprimono le stelle ciclicamente, mantenendo tuttavia la loro forma sferica.

Terremoti stellari in azione.
Credit: ESA/Gaia/DPAC, CC BY-SA 3.0 IGO

DNA stellare

Molte misurazioni effettuate da Gaia si basano sullo studio della spettroscopia della stella. Lo spettro stellare è la carta d’identità in grado di fornirci informazioni indispensabili quali composizione, temperatura e moto. Il satellite sta al momento tracciando la più estesa mappa chimica della nostra galassia, dagli oggetti più vicini a noi fino a galassie più piccole che la circondano.
Con Gaia siamo in grado di notare che alcune stelle sono composte da materiale primordiale mentre altre, come il nostro Sole, sono composte da materia arricchita da precedenti generazioni di stelle.
“Questa diversità è estremamente importante, perché ci racconta la storia della formazione della nostra galassia. Rivela i processi di migrazione all’interno della nostra galassia e di accrescimento da galassie esterne. Dimostra inoltre chiaramente che il nostro Sole e  di conseguenza noi,  apparteniamo a un sistema in continua evoluzione, formatosi grazie all’assemblaggio di stelle e gas di diversa origine” (Alejandra Recio-Blanco).

Composizione chimica della Via Lattea.
Credit: ESA/Gaia/DPAC; CC BY-SA 3.0 IGO, CC BY-SA 3.0 IGO

 

Stelle binarie, asteroidi, quasar e altro ancora

Altri documenti pubblicati oggi testimoniano la portata e il potenziale delle scoperte di Gaia. Un nuovo catalogo di stelle binarie presenta la massa e l’evoluzione di oltre 800 mila sistemi binari, mentre una nuova indagine sugli asteroidi, che comprende 156 mila corpi rocciosi, analizza più a fondo l’origine del nostro Sistema solare. Gaia sta anche rivelando informazioni su 10 milioni di stelle variabili, su misteriose macromolecole presenti nel gas tra le stelle, nonché su quasar e galassie lontane.

“A differenza di altre missioni mirate a oggetti specifici, Gaia è una missione di ricerca. Ciò significa che Gaia, pur scandagliando più volte l’intero cielo con miliardi di stelle, è destinata a fare scoperte che ad altre missioni più specializzate sfuggirebbero. Questo è uno dei suoi punti di forza e non vediamo l’ora che la comunità astronomica analizzi i nuovi dati per scoprire sulla nostra galassia e sui suoi dintorni ancora più di quanto avremmo potuto immaginare”, afferma Timo Prusti, scienziato di progetto per Gaia presso l’ESA.

PRESS RELEASE:
Gaia sees strange stars in most detailed Milky Way survey to date

Per approfondire: The Gaia Mission

 

Servizio JooMag dismesso

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Caro Lettore, cara Lettrice,

a partire da giugno 2022 la rivista Coelum Astronomia cesserà la collaborazione con JooMag. Gli arretrati in pdf saranno disponibili in maniera gratuita nella sezione “Archivio degli Arretrati” nella voce di menù “Rivista” del sito www.coelum.com link diretto https://www.coelum.com/coelum/archivio.

La visualizzazione dei pdf è gratuita previa registrazione alla Community come utente Supenova. Le indicazioni sono disponibili a questa pagina: https://www.coelum.com/entra-in-coelum

Per qualsiasi informazione e chiarimento vi invitiamo a contattare lo Staff di Coelum

Grazie per aver scelto Coelum!

Marte dorme con un occhio aperto

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“L’immaginazione come ho detto è il primo fonte della felicità umana. Quanto più questa regnerà nell’uomo, tanto più l’uomo sarà felice.” Giacomo Leopardi

Nello storico delle immagini marziane raccolte da sonde e rover quelle che più di altre sono rimaste nella memoria collettiva sono probabilmente le pareidolie: volti, porte, cucchiai e altri oggetti che innescano il nostro istinto nel riordinare strutture casuali in forme note e che alimentano la nostra fantasia. 

Spicca in uno scatto del 25 aprile 2022 un cratere somigliante ad un occhio spalancato nella regione Aonia Terra. Questa zona prende il nome da un’antica regione della Grecia, un luogo sacro alle Muse, in cui sono presenti imponenti crateri come il Lowell largo 200 km, formatosi 4 miliardi di anni fa durante una fase della storia del Sistema Solare denominata “Intenso Bombardamento Tardivo”

L’iride di Marte

Credits: ESA/DLR/FU Berlin, CC BY-SA 3.0 IGO

Il cratere ripreso nell’immagine non ha ancora un nome ed è largo circa 30 km, immerso in un suggestivo paesaggio di canali tortuosi simili a numerose venature che attraversano un bulbo oculare umano; probabilmente canali che 3,5-4 miliardi di anni fa hanno trasportato acqua liquida sulla superficie del pianeta. Al suo interno è visibile un bacino di dune più scure che poggia su una superficie più chiara. Ad un’ispezione più accurata risulta evidente che il cratere è costellato di colline a forma di cono: una prova che molti materiali differenti si sono accumulati all’interno di questa depressione del terreno.

Non solo all’interno del cratere, ma tutta la zona circostante presenta una composizione eterogenea di materiali differenti come suggerisce la varietà di colori presenti in foto.
Ad esempio nella zona a sud la superficie è di un rosso caldo che si scioglie in un grigio-bruno più scuro nelle vicinanze del cratere. In questa regione sono visibili molti rilievi caratteristici: queste “torri rocciose” dalla sommità appiattita si formano quando la terra è gradualmente consumata da acqua, vento o ghiaccio.
Lo studio di questo angolo di Marte è possibile grazie alla telecamera stereo ad alta risoluzione (HRSC) installata a bordo della sonda Mars Express, in orbita dal 2003, che sta rivelando molti dettagli sulle diverse caratteristiche della superficie del pianeta.

Per approfondire: Mars sleeps with one eye open

Il paesaggio graffiato e ricco di colori (per gli standard marziani!) in foto mostra una zona del “Aonia Terra”, una regione montuosa negli altopiani meridionali di Marte, scattata dalla sonda Mars Express il 25 aprile 2022 (credits ESA/DLR/FU Berlin, CC BY-SA 3.0 IGO).

Una fotografa d’eccezione

Il 7 maggio 2022 la camera a bordo di Curiosity immortala un’immagine divenuta virale in poche ore: un ingresso artificiale scavato in una parete rocciosa. Questa “porta” che ha alimentato la fantasia di moltissime persone in realtà non è altro che una piccola frattura su una parete rocciosa del Monte Sharp.
A causa della distanza da cui la camera del rover ha scattato il collage di foto che compongono l’immagine e della prospettiva che rendono l’insenatura molto più grande delle effettive dimensioni (30×40 cm), la nostra percezione viene facilmente ingannata [vedi immagine in foto all’articolo].

La Mastcam di Curiosity, in grado di creare anche meravigliose foto panoramiche del pianeta rosso, è l’autrice anche di un altro scatto molto intrigante: quello di un cucchiaio sospeso dal terreno.

There is no spoon. This weird Mars feature is likely a ventifact—a rock shaped by wind. Info: http://go.nasa.gov/1fTVSgB
(guarda il tweet originale qui)

Queste forme così accentuate rispetto a quelle che potremmo trovare sul nostro pianeta dipendono dall’azione erosiva del vento, molto più violento rispetto a quello terrestre; le raffiche modellano e modificano la geologia del pianeta rosso così che, complice la prospettiva e ombre “ingannevoli”, negli scatti dei rover e delle sonde possiamo ritrovare facilmente moltissime forme a noi familiari.

Nel dettaglio del cerchio giallo, la “porta” immortalata su Marte. L’immagine originale panoramica ci permette di avere un’idea più realistica delle proporzioni e della prospettiva.
Credits: NeV-T (Space)

 

 

 

First moon of another solar system discovered! – pt. 2

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La seconda parte dell’articolo “First moon of another solar system discovered!
trovi la pt. 1 QUI

If a transiting exoplanet itself has an orbiting companion, it will rotate around the mutual center of mass of the planet-moon system.

In effect, if the invisible moon happens to be ahead of the exoplanet during a transit, its gravitational tug will pull the planet forward slightly, and the transit will begin a little earlier than expected, or conversely hold it back.

So precise measurements of the transit timing variations of an exoplanet can reveal the presence of an unseen exomoon.

The hypothetical moon of Kepler-1625b has not yet been confirmed by independent observations, and it still remains an open case, but Kipping did not give up, and aware that the research would have had more chances of success with very large exomoons, such as those that should orbit around massive gas giants, he selected a sample of 73 large exoplanets that Kepler had seen transit on his star at least twice.

An artist’s impression of the gas giant Kepler 1625b with its large moon, Kepler 1625b-i; the pair has a similar mass and radius ratio to the Earth-Moon system but scaled up by a factor of 11. Image credit: Sci-News.com.

Well … at the end of complex processing of data by mathematical models, only one of the 73 candidates gave birth to the mouse that Kipping was looking for: a probably gaseous object of large diameter 2,6 times the Earth, orbiting a Jovian exoplanet called Kepler-1708b.

The planet orbits the star Kepler-1708, located in the constellation Cygnus at 5700 light years from Earth, at a distance of 1.6 A.U. and with a period of 737 days.

The object, for the moment classified as the exomoon Kepler-1708b-i, completes its orbit around the planet at a distance of 740,000 km (twice the distance Earth-Moon) with a period of 4.6 days.

For now, Kepler-1708b-i will go down in the books as a candidate exomoon. This means that although there are indications that the moon exists, this has not yet been proven.

More observations are needed to confirm the existence of Kepler-1708b-i, Kipping emphasizes. “Kepler is no longer operational, so we can no longer monitor the candidate exomoon using the same telescope. But we can use the Hubble or James Webb space telescope to look at it again.” However, we should not expect a definitive answer in the short term. “We have to wait until March 2023 anyway, when the planet will pass in front of the parent star again.”

On the other hand, if we think only of how difficult it is to identify an exoplanet by measuring nothing but the faint decline in light produced by its transit on the disk of the parent star, it would seem really impossible to see in that decrease the subtle changes introduced by the presence of a moon!

In fact, there is no shortage of skeptics, such as astronomer Eric Agol of the University of Washington. “It could just be a fluctuation in the data, due to the star or instrumental noise,” he says about the signal from the new exomoon.

For his part, Kipping reiterates that the newly discovered exomoon, the only one that has passed all the tests after examining at length the transits of 70 promising planets, “is a stubborn signal: we’ve tried everything, but it won’t go away.

To determine whether the candidate exomoon for the planet Kepler-1708 b is actually a moon, researchers need to observe the system for longer to try to catch the planet passing in front of its star a few more times.

Since following up this specific candidate would be time-consuming – Kepler-1708 b only orbits its star once every two years or so – looking for other exomoon candidates might be more worthwhile, Kipping suggests.

One option is the newly-launched James Webb Space Telescope, which would be able to spot moons as small as Jupiter’s moon Europa, Kipping says. Another exciting prospect for an exomoon-hunting survey is the PLAnetary Transits and Oscillations (PLATO) mission, planned for launch in 2026, which will observe brighter stars than Kepler did, making spotting any exomoons much easier.

Artist’s rendering of the Jupiter-sized exoplanet Kepler-1625b with its hypothesized Neptune-sized moon, Kepler-1625b-i. Credit: Dan Durda

In addition, research into exoplanets and exomoons will benefit greatly in the near future when next-generation observatories such as the James Webb and Nancy Grace Roman space telescopes become available. Now that the James Webb has finally been launched and has deployed its mirrors and heat shield, astronomers expect it to take its first images in just six months. Meanwhile, ground-based telescopes such as the Extremely Large Telescope and Giant Magellan Telescope will also narrow the search for exomoons.

Using their advanced suites of giant primary mirrors, spectrometers, coronagraphs, and adaptive optics, these observatories will perform direct imaging studies of exoplanets. Particularly small rocky planets orbiting closer to their stars where Earth-like planets should be found. These advanced capabilities will also be able to detect faint light signatures left behind by even very small moons.

Either way, it’s worth pursuing, if for no other reason than to have hypotheses to refute. That’s how science works!

 

 

 

INAUGURAZIONE OSSERVATORIO COSMOGRAG – Gruppo Astrofili Galileo Galilei

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COMUNICATO STAMPA

ll GrAG – Gruppo Astrofili Galileo Galilei di Tarquinia ha il piacere di annunciare l’inaugurazione dell’osservatorio astronomico CosmoGrAG, il 25 giugno 2022
Monte Romano (VT)
località Lasco di Picio (all’interno dell’area sociale)

Grazie al contributo di tutti i soci, a poco più di 7 anni dalla nascita dell’associazione, viene finalmente raggiunto quello che era l’obiettivo più ambizioso del gruppo: la messa in funzione dell’osservatorio sociale CosmoGrAG. Funzionale all’attività di ricerca scientifica amatoriale nel campo delle stelle variabili, supernovae, esopianeti ed asteroidi, permetterà all’associazione di dare il proprio contributo alla ricerca in quei settori dell’astronomia in cui il ruolo degli astrofili è fondamentale vista la necessità di un gran numero di osservazioni e una costanza che gli astronomi professionisti non sono in grado di garantire.

Il CosmoGrAG è un osservatorio totalmente automatizzato e remotizzato, alimentato, nel pieno rispetto dell’ambiente, dall’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico realizzato ormai 4 anni fa, è dotato di moderni sistemi ottici ed elettronici di acquisizione delle immagini astronomiche necessarie per l’attività di ricerca. La montatura equatoriale sorregge un telescopio Newton da 12 pollici con apertura focale F3, valorizzato da un modernissimo sistema di focheggiatura e da una altrettanto moderna camera monocromatica di ripresa.

Dopo decine di ore di lavoro necessarie per preparare la struttura, montare la cupola astronomica, preparare i sistemi elettronici e di cablaggio, montare e ottimizzare tutti i sistemi informatici, finalmente il frutto di tutto lo sforzo sta per essere ripagato: finalmente lo specchio del CosmoGrAG potrà raccogliere la luce di stelle e galassie lontane anni luce e l’associazione potrà dare il suo contributo per approfondire la conoscenza del cosmo, mettendo in opera i programmi osservativi predisposti dal gruppo di ricerca, già operativo e pronto a sfruttare tutte le potenzialità.

L’operatività dell’osservatorio, infatti, rappresenta la conclusione di un progetto portato avanti non solo dal punto di vista tecnico, ma anche dal punto di vista organizzativo, per poter poi sfruttarne le potenzialità; il gruppo di ricerca, operativo da oltre tre anni, ha iniziato ad operare con gli strumenti dei singoli soci, compiendo già diverse scoperte in materia di stelle variabili

Un esempio: “IL GRUPPO ASTROFILI GALILEO GALILEI SCOPRE LA SUA PRIMA STELLA VARIABILE. ECCO A VOI GRAGVAR001”

in modo da acquisire  l’esperienza necessaria per sfruttare al meglio lo strumento sociale e portare a termine i programmi osservativi già decisi e programmati.

Costruito con l’esclusivo  apporto economico e tecnico dei soli soci, la sua messa in funzione dimostra, ancora una volta, le potenzialità dell’associazione: con la messa in funzione dell’Osservatorio, il Gruppo Astrofili Galileo Galilei prosegue nel suo percorso di rafforzamento del suo ruolo di primo piano, acquisito con anni di impegno e successo in materia di divulgazione e lotta all’inquinamento luminoso, nel settore dell’astronomia amatoriale nel Lazio, candidandosi a diventarne protagonista anche ben oltre i confini regionali.

il 25 Giugno, a partire dalla 10:30 saremo davvero lieti di condividere il nostro entusiasmo, la nostra emozione e la nostra felicità con tutti coloro che vorranno partecipare alla nostra festa; non mancherà l’opportunità di osservare il sole in sicurezza con gli strumenti messi a disposizione dei soci e la possibilità, per chi vorrà, di conoscere le caratteristiche tecniche dell’osservatorio.

Il programma prevede l’inizio delle osservazioni solari alle 10:30 e i saluti con i presenti a partire dalle 11:00; alle 11:30 il cosmoGrAG sarà attivato e la messa in funzione salutata dal brindisi con tutti i presenti.

Come sempre la partecipazione è del tutto gratuita ed è richiesta la sola prenotazione tramite il pulsante “Registrati Ora” presente nella pagina di presentazione dell’evento: https://www.grag.org/inaugurazione-osservatorio-astronomico-sociale-cosmograg-il-25-giugno-2022-alle-10-30/

per maggiori info: info@grag.org o www.grag.org

 

First moon of another solar system discovered! – pt. 1

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Agreed, their existence is almost taken for granted: if there are so many exoplanets, why should not there be, as we do, a lot of exomoons orbiting around them?

To deny this obviousness would mean returning to the sin of anthropocentrism… But being able to “see” them is something else entirely: it is a challenge, an enterprise at the limit of current possibilities.

Yet the team led by David Kipping of Columbia University is convinced to have succeeded. The new candidate exomoon, if it really exists, is located 5700 light years from us, in the direction of the constellation of Cygnus, and is obviously a supermoon, ten times the size of ours.

A huge moon, therefore, that revolves around a Jovian-type planet. After all, in any survey, the first to be detected are usually the subjects out of the ordinary… the “big sizes“, simply because they are easier to detect with our current instrumentation.

Exomoons remain amongst the most elusive targets in observational astronomy.

Nevertheless, these worlds stand to provide an unprecedented window into the formation and evolution of planetary systems. If the Solar System is any guide, we can expect exomoons will be geologically active and diverse, with the potential for hosting atmospheres, and even life.

Smaller, normal exomoons will have to wait until the Webb Telescope is fully operational.

But let’s see how things went!

Artist’s rendering of the Jupiter-sized exoplanet Kepler-1625b with its hypothesized Neptune-sized moon, Kepler-1625b-i. Credit: Dan Durda

Over the past three decades, the search for and study of extrasolar planets has made great progress. To date, 4,927 have been discovered in 3,676 different planetary systems, with another 8,714 candidates awaiting confirmation.

The diverse nature of these planets, which according to their mass, size and position are classified as Super-Jupiter, Super-Earths, Mini-Neptune, Water-Worlds, etc., is raising many questions about the mechanisms that led to their formation and evolution.

And in this area has begun to play certain importance also the role played by the exomoons, in other words, the natural satellites of these planets.

In astronomy, it is known that the interest in a particular phenomenon or object begins to materialize when the technological growth of the instrumentation allows making the first reliable observations. This, in the specific case of exomoons, is happening in these years, mainly thanks to the observational data of space telescopes.

In addition, the search for exomoons satisfies the two deepest souls of astronomical research: astronomers who want to understand how the universe works and those who simply want to know if life is spread throughout the universe. And in both cases, the research and study of exomoons promise to reveal a great deal indeed.

For those who are more interested in physics, the search for exomoons can in fact provide a case study of whether the quantity and variety of moons in other solar systems is similar or different from our own.

When we look at the Moon, for example, we ask ourselves: was its formation (which probably occurred through a giant impact) a fluke of one chance in a trillion, or are we looking at the inevitable by-product of the formation of a planet like Earth? And what is the relationship between a planet’s mass and the quantity and mass of its moons?

Given the large number of moons present in the Solar System – more than 200, but only 17 with a diameter of at least 500 km -, it is indeed reasonable to assume that even among extrasolar systems moons are present in the same way. But we wonder: the number of moons can also influence the mass of the parent star, and therefore the distance of the planets, that in the case of a red dwarf would rotate around it at much shorter distances?

Also who is interested in astrobiology, would be very interested to have the answers to these questions.

The terrestrial, rocky planets are prime targets in the search for life, because some of them may be geologically and atmospherically similar to Earth. But the many giant gaseous planets identified so far may also hold surprises.

Although they are not the ones of interest themselves, Jupiter-like planets located in the habitable zone could in fact host rocky moons capable of providing a favorable environment for life, perhaps even better than that of Earth.

This is because they would receive energy not only from their star but also from the radiation reflected from the planet they orbit. Not to mention the endogenous heat developed by tidal forces similar to those induced by Jupiter on Io. There are several reasons why the exomoons, these small distant worlds, could be the key to finding life elsewhere in the universe.

Do you want proof of how important a moon could be to the rise of life? There’s the stark reality that life on Earth may not have happened at all without the starring role played by our own moon.

The Earth’s axis is tilted by 23.5 degrees relative to its motion around the sun. This tilt gives us seasons, and because this tilt is relatively small, seasons on Earth are mild: most places never get impossibly hot or unbearably cold. One thing that has been crucial for life is that this tilt has stayed the same for very long periods: for millions of years, the angle of tilt has varied by only a couple of degrees.

What has kept the Earth so steady? The gravity of our moon.

In contrast, Mars only has two tiny moons, which have negligible gravity. Without a stabilizing influence, Mars has gradually tumbled back and forth, its tilt ranging between 0 and 60 degrees over millions of years. Extreme climate changes have resulted. Any Martian life that ever existed would have found the need to continually adapt very challenging.

Without our moon, the Earth, too, would likely have been subject to chaotic climate conditions, rather than the relative certainty of the seasons that stretches back deep into the fossil record.

The gravity of the moon also produces the Earth’s tides.

Billions of years ago, the ebb and flow of the oceans produced an alternating cycle of high and low salt content on ancient rocky shores. This recurring cycle could have enabled the unique chemical processes needed to generate the first DNA-like molecules.

Unfortunately, despite thousands of exoplanets found and cataloged, the number of exomoons found and confirmed must be considered so far similar to a discouraging empty box.

Thanks to the resourcefulness of Columbia University professor David Kipping and an international team of astronomers, however, things have begun to change.  Back in 2016, in fact, Kipping and his colleagues reported on the possible discovery of an exomoon found while examining data obtained with the Kepler Space Telescope. You’ll no doubt recall that the now-retired Kepler telescope spent nearly a decade in space looking for Earth-sized planets orbiting other stars, but scientists are still analyzing its data.

Launched in 2009 specifically for identifying exoplanets, Kepler was decommissioned by NASA in 2018 when it ran out of fuel needed for further science operations.

Kipping’s team also used the transit method to deduce the existence of a large moon the size of Neptune rotating around the gas giant Kepler-1625b, an exoplanet that itself revolves around a Sun-like star 8,000 light-years from Earth.

To know more: Kepler-1625 b (NASA)

And all this, thanks to the data bequeathed to us by the Kepler telescope, which was able to detect the slightest decrease in brightness in the light curve of a star when a planet passed in front of it, obscuring a small part of it.

Kepler-1625 b is a Neptune-like exoplanet that orbits a G-type star. Artistic impression (credit: NASA)

In the case of Kepler-1625b, astronomers then used Hubble, more powerful than Kepler, and in 2017 they found a secondary minimum 3.5 hours after the transit of the planet: an event that, according to Kipping, could be justified only by the presence of a large exomoon.

Discovering a dark exoplanet orbiting a dazzlingly bright star across lightyears of space is itself impressive enough; but detecting the presence of even tinier, unseen exomoons around these worlds is formidable.

The trick is to scrutinize the data gathered from transiting exoplanets: those that are detectable by the dip in starlight they cause as they pass in front of their star, from our point of view.

La seconda parte dell’articolo sarà pubblicatà domenica 5 giugno

GEMELLI DIVERSI: perché Urano e Nettuno hanno colori differenti?

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COMUNICATO STAMPA
University of Oxford 
Perché Urano e Nettuno hanno colori diversi? La risposta degli scienziati!

Gli astronomi sono giunti a capire perché i due pianeti così simili, Urano e Nettuno, abbiano colori diversi.

Grazie alle osservazioni del telescopio spaziale Hubble, del NASA Infrared Telescope Facility (IRTF) e del Gemini Observatory, è stato rivelato che l’eccesso di foschia su Urano lo rende più pallido di Nettuno e che le macchie scure sono causate dall’oscuramento di un secondo strato di nube/foschia più profondo.

Great Dark Spot credit NASA/JPL

Un chiaro esempio di queste macchie scure è rappresentato dal Great Dark Spot catturata dalla sonda Voyager 2 nel 1989. Queste macchie si presentano occasionalmente su Nettuno, ma sono più sporadiche su Urano.

Come sappiamo, Nettuno e Urano hanno molto in comune – hanno masse, dimensioni e composizioni atmosferiche similima i loro aspetti sono notevolmente diversi.

Alle lunghezze d’onda visibili Nettuno ha infatti un colore nettamente più blu di Urano. Come spiegano gli scienziati, entrambi i pianeti presentano uno spesso strato di foschia atmosferica, che però su Urano è nettamente più densa rendendolo, di fatto, più pallido dell’altro.

Questa conclusione deriva da un modello atmosferico che un team internazionale guidato da Patrick Irwin, professore di Fisica Planetaria all’Università di Oxford, ha sviluppato per descrivere gli strati di aerosol nelle atmosfere di Nettuno e Urano.

Precedenti indagini sulle atmosfere superiori di questi pianeti si erano concentrate sull’aspetto dell’atmosfera solo a lunghezze d’onda specifiche. Tuttavia, questo nuovo modello, costituito da più strati atmosferici, abbina simultaneamente le osservazioni di entrambi i pianeti su un’ampia gamma di lunghezze d’onda. Il nuovo modello include anche particelle di foschia negli strati più profondi che in precedenza si pensava contenessero solo nubi di metano e ghiacci di idrogeno solforato.

«Questo è il primo modello in grado di adattare simultaneamente le osservazioni della luce solare riflessa dall’ultravioletto alle lunghezze d’onda del vicino infrarosso», spiega il professor Irwin, che è l’autore principale di un articolo che presenta questo risultato nel Journal of Geophysical Research: Planets. «È anche il primo a spiegare la differenza di colore visibile tra Urano e Nettuno».

Il modello studiato dal team è costituito da tre strati di aerosol a diverse altezze.

Lo strato chiave che influenza i colori è quello intermedio, che è uno strato di particelle di foschia (indicato nell’immagine come strato di Aerosol-2) che è più spesso su Urano rispetto Nettuno.

Il team sospetta che, su entrambi i pianeti, il ghiaccio di metano si condensa in questo strato, attirando le particelle più in profondità nell’atmosfera sotto una pioggia di neve di metano. Poiché Nettuno ha un’atmosfera più attiva e turbolenta di quella di Urano, il team ritiene che l’atmosfera di Nettuno sia più efficiente nel sfornare particelle di metano nello strato di foschia e produrre neve. Questo fenomeno rimuove più foschia e mantiene lo strato di foschia di Nettuno più sottile di quanto non lo sia su Urano, rendendo il colore di Nettuno più blu rispetto Urano.

«Speravamo che lo sviluppo di questo modello ci aiutasse a capire al meglio gli strati di nuvole e le foschie nelle atmosfere dei giganti di ghiaccio», commenta Mike Wong, astronomo dell’Università della California e membro del team dietro questo risultato. «Spiegare la differenza di colore tra Urano e Nettuno è stato un bonus inaspettato!»

PRESS RELEASE:

Hazy blue worlds: A holistic aerosol model for Uranus and Neptune, including Dark Spots

 

 

Coelum Astronomia 256 2022 Digitale

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AGGIORNAMENTI su MaCoMP_V1 – la stella variabile scoperta dal Gruppo Astrofili Palidoro

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COMUNICATO STAMPA
a cura di Giuseppe Conzo – presidente Gruppo Astrofili Palidoro

Individuata la causa della variazione di luminosità della stella MaCoMP_V1, scoperta dagli astrofili di Palidoro a gennaio 2022

Ne abbiamo già parlato qui

Il risultato ottenuto è frutto di uno studio cominciato nel 2019, rafforzato grazie al confronto ottenuto con le osservazioni di All-Sky Automated Survey della Ohio State University e con le osservazioni del Palomar Observatory in California, che ne hanno confermato la veridicità!
La scoperta è stata approvata e certificata dall’American Association of Variable Star Observers (AAVSO).

Lo studio pubblicato su Open European Journal on Variable Stars (OEJV) affronta un’analisi sulle principali caratteristiche definendo MaCoMP_V1 una gigante rossa 40 volte il nostro Sole e distante da noi quasi 23 mila anni luce.
L’articolo scientifico analizza l’evoluzione di questa stella variabile, giungendo alla conclusione che la variazione di luminosità osservata dai telescopi è data dal fatto che essa, avendo terminato la combustione dell’idrogeno, ha variato le sue dimensioni superficiali e quindi la sua intensità di luce emessa nello spazio. Si è inoltre visto che il nucleo – pur avendo terminato l’idrogeno – rimane ancora stabile.
La stella MaCoMP_V1, che si trova nella costellazione del Cefeo in prossimità della Nebulosa Wizard, sarà presto registrata nel catalogo Simbad e l’analisi effettuata sarà visibile sul sito NASA/ADS (Astrophysics Data System).
Gli autori sia della scoperta che dello studio riconosciuto a livello mondiale sono Giuseppe Conzo, Mara Moriconi e Paolo Giangreco Marotta del Gruppo Astrofili Palidoro che hanno impiegato diversi anni per giungere a questo importante risultato, utile a comprendere ancora di più i meccanismi dell’evoluzione stellare.
PER APPROFONDIRE:
L’intero articolo scientifico è disponibile al seguente link: https://oejv.physics.muni.cz/issues/oejv_0229.pdf

11 GIUGNO “LA GIORNATA SOTTO LE STELLE” – OSSERVATORIO DI TALMASSONS

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COMUNICATO STAMPA

L’11 GIUGNO “LA GIORNATA SOTTO LE STELLE” ALL’OSSERVATORIO DI TALMASSONS PER RISCOPRIRE LA BELLEZZA DEL CIELO STELLATO
L’iniziativa del comune friulano all’interno del progetto Interreg Italia-Austria “Skyscape” teso a valorizzare l’osservazione del cielo e a sensibilizzare sul tema dell’inquinamento luminoso. Durante la giornata sarà anche possibile visitare il Biotopo e l’antico Mulino Braida

“E quindi uscimmo a riveder le stelle”
Dice l’ultimo verso dell’Inferno del Sommo Poeta, padre della lingua italiana.

Le stelle, infatti, fin dai tempi più remoti rappresentano la speranza e il sogno di un futuro migliore. La nostra civiltà moderna, però, sembra aver perso la capacità di osservare lo splendore rappresentato da un cielo stellato, sommersi come siamo dall’inquinamento luminoso.

Valorizzare il cielo stellato come bene collettivo da preservare e sensibilizzare tutti sul tema dell’inquinamento luminoso sono le finalità del progetto Interreg Italia-Austria “Skyscape” finanziato dalla Comunità Europea e a cui prende parte il Comune di Talmassons, insieme a quelli di Asiago (partner capofila), Cornedo all’Isarco e all’agenzia territoriale Tiroler del Land austriaco del Tirolo.

Proprio nell’ambito del progetto “Skyscape” il Comune di Talmassons, dove la cultura dell’astronomia è di casa, ha deciso di organizzare per il prossimo 11 giugno:

“La giornata sotto le stelle”

Avrà inizio con la scoperta delle bellezze del territorio, in particolare il Biotopo e l’antico Mulino Braida, proseguirà con una degustazione delle specialità locali fino ad arrivare, a partire dalle 21.30 al clou con la visita all’Osservatorio aperto nel 2001 dal Circolo Astrofili di Talmassons (Cast) che presenta un a cupola di 4,5 metri di diametro e che permetterà  a tutti i partecipanti di “riveder le stelle”.

«Il progetto Skyscape rientra nel percorso di crescita che l’Amministrazione Comunale vuole intraprendere insieme all’Associazione Cast – afferma il sindaco, Fabrizio Pitton – per favorire la crescita del turismo sostenibile e la promozione del territorio. Il progetto consente di sensibilizzare i cittadini sul tema dell’inquinamento luminoso legato alla sostenibilità energetica».

«Skyscape – aggiunge Pitton – prevede l’individuazione in ciascuno dei quattro territori coinvolti di aree da valorizzare e attrezzare, andando così a creare un prodotto turistico sostenibile e sicuramente innovativo legato alle osservazioni del cielo, il cosiddetto “astro-turismo”. Tali territori, promuovendo approcci innovativi per un turismo scientifico, naturale e sostenibile e sviluppando attività ricreative e culturali, puntano anche a godere della presenza di turisti attratti dalla qualità del cielo notturno durante tutto l’arco dell’anno».

In un territorio come quello di Talmassons, l’astro-turismo si può legare benissimo al turismo naturalistico che ha come meta prediletta il meraviglioso biotopo delle risorgive, inserito nel Sito di interesse comunitario “Risorgive dello Stella”: un’area di 71 ettari visitabile, partendo dall’antico Mulino Braida, attraverso un comodo percorso attrezzato adatto a tutte le età e che rappresenta il più vasto complesso di vegetazione umida d’acqua dolce della regione e uno dei pochi lacerti naturali dell’intera pianura Padano-Veneta.

«Con questa giornata – conclude il sindaco di Talmassons – vogliamo dare la possibilità a tutti di riscoprire il buio, senza inquinamento luminoso, per vedere tutte le meravigliose stelle del creato e di riscoprire la natura incontaminata del biotopo per rendersi conto dell’immensa, ma spesso sconosciuta, bellezza del nostro territorio».

Il cielo di Giugno 2022

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Le sere di giugno brillano della magia dell’estate, che farà il suo ingresso giorno 21 con il solstizio: sarà un mese in cui potremo ammirare le costellazioni che caratterizzano il cielo estivo, attraversato dal fiume di stelle della nostra galassia: la Via Lattea.

Il dettaglio sul Triangolo Estivo, la costellazione di Ercole e della Lyra, disponibili all’articolo Le Costellazioni di Giugno 2022 a cura di Teresa Molinaro

COSA OFFRE IL CIELO

Clicca sul banner per accedere alle Effemeridi 2022!

Mercurio

A maggio abbiamo trovato il pianeta Mercurio in congiunzione inferiore con il Sole il giorno 21/05. A inizio del mese di giugno, invece, vedremo Mercurio fare capolino intorno le 5 del mattino anticipando il Sole di circa mezz’ora, per poi tramontare poco dopo le 18:30. Gradualmente transiterà nel Toro, anticipando mano a mano la sua apparizione con l’avanzare del mese, giungendo per il 30/06 a concederci qualche attimo in più per la sua osservazione prima del sorgere del Sole, visibile da circa 1 ora prima della nostra stella.

Venere

Iniziamo il mese di giugno con il pianeta Venere ben visibile ad Est da 1 ora prima dell’alba fin le prime luci del giorno. Si posiziona sul capo di Cetus mentre, poco lontano, Marte e Giove si mostrano ancora nella bella congiunzione che ci sta accompagnando già dagli ultimi giorni di maggio. L’11 giugno Venere incontrerà Urano poco prima sorgere del Sole, in una congiunzione con meno di 2° di separazione. Il giorno 26 ci regalerà una bellissima congiunzione con Luna; una sottile falce prossima al Novilunio del 29/06. I gradi di separazione con il nostro satellite naturale saranno circa 2 e, poco più in alto, non perdetevi anche la vista delle Pleiadi!

Marte

All’inizio del mese, nella seconda parte della notte, Marte e Giove continuano a dare spettacolo con il loro strettissimo abbraccio da poco più di 1° e mezzo di separazione. La distanza tra i due pianeti aumenterà con il passare dei giorni. Nella seconda metà del mese, troveremo un bell’allineamento Venere – Urano – Marte – Giove in direzione Est e poco prima dell’alba. Il giorno 22, una Luna appena entrata nell’ultimo quarto, farà capolino tra Marte e Giove; lo stesso giorno si verificherà l’occultazione di Marte da parte del nostro satellite naturale (non visibile dall’Italia). Il giorno successivo potremo però godere di una buona vicinanza tra il pianeta rosso e la Luna, ma costerà sempre una bella levataccia!

Giove

Come già anticipato, Giove si muove a braccetto con Marte già da diversi giorni e così sarà per gran parte della prima metà del mese. Il giorno del solstizio estivo la Luna si avvicinerà al pianeta (circa 8° di separazione), ma ancor più bello sarà il giorno successivo con il bel triangolo Marte – Luna – Giove. 

Saturno

Ci siamo lasciati a maggio con pochi eventi da annunciare per Saturno, mentre per il mese di giugno segnaliamo che il giorno 4 il pianeta ad anelli entrerà in moto retrogrado, ovvero fermerà il suo consueto movimento verso Est per spostarsi verso Ovest. Nel corso del mese anticiperà sempre più il suo sorgere e per fine giugno potremo vederlo fare capolino già da poco dopo le 23. Sia il 18 che il 19 del mese, non perdetevi la sua vicinanza con la Luna; con Giove e Marte, più in basso, sullo stesso allineamento.

Urano

Avevamo chiuso il mese precedente con il pianeta inosservabile dopo la congiunzione con il Sole del 5 maggio. Iniziamo giugno con poche novità a riguardo, se non che Urano si troverà ad anticipare sempre più la sua alba e per fine mese potremo contattarlo già due ore prima rispetto a inizio giugno, quando farà capolino solo dopo le 4:30 circa. Segnaliamo la congiunzione con Venere l’11 giugno: meno di 2° separeranno i pianeti. Inoltre, il 25 del mese una sottilissima falce lunare si accosterà a Urano (circa 2° e mezzo di separazione), visibili già dopo le 3 e un quarto.

Nettuno

Iniziamo il mese con Nettuno silenzioso spettatore dell’abbraccio tra Marte e Giove, vegliandoli dall’alto per i giorni a seguire. Il giorno 21 ci sarà una bella triangolazione Giove – Luna – Nettuno osservabile nella seconda parte della notte fino le prime luci dell’alba. Il 28/06 Nettuno entrerà in moto retrogrado, iniziando ora a spostarsi verso Ovest, proprio come Saturno.

SOLE

In alto, la suggestiva animazione a cura di Daniele Bonfiglio (del 23/03/2022).

In arrivo molte novità sulla sezione Coelum dedicata al Sole…!

Nel mese di giugno, la nostra stella (attualmente collocata in Toro) si sposterà in Gemelli il giorno 21.

Nella medesima data cadrà il Solstizio Estivo: “solstizio”, termine latino che sta per “sole stazionario”, quindi un chiaro riferimento all’apparente immobilità del Sole dopo un periodo (dal solstizio invernale a quello estivo) che lo ha visto invece aumentare la declinazione.

Vuoi approfondire? Leggi l’articolo Coelum: il Solstizio Estivo

LUNA

 

Tutti gli approfondimenti sull’osservazione e i fenomeni celesti legati al nostro satellite disponibili per il mese di Giugno 2022, a cura del nostro autore Francesco Badalotti.

Non perderti l’articolo: Luna di Giugno 2022

COMETE

Mentre la K2 PANSTARRS si fa interessante, restiamo del parere che la C/2021 O3 PanSTARRS poteva far meglio!
Per approfondire: Le comete di Giugno 2022 a cura di Claudio Pra

ASTEROIDI

Tra gli asteroidi rintracciabili a giugno 2022, suggeriamo anche l’osservazione di 2 tra i più massicci TNO (oggetti Trans-nettuniani della Fascia di Kuiper).
Trovi tutto qui: Mondi in miniatura – Asteroidi, Giugno 2022 a cura di Marco Iozzi

TRANSITI NOTEVOLI ISS

La ISS – Stazione Spaziale Internazionale questo Giugno 2022 sarà rintracciabile nei nostri cieli in orari mattutini, prima dell’alba. Avremo quattro transiti notevoli con magnitudini elevate durante gli ultimi giorni del mese, auspicando come sempre in cieli sereni.

Non perdere la rubrica Transiti notevoli ISS per il mese di Giugno 2022 a cura di Giuseppe Petricca

SUPERNOVAE

La SN2022jli: supernova scoperta e classificata tutta a livello amatoriale!
I nostri complimenti a Berto Monard per averla individuata!
Aggiornamenti delle ultime scoperte e l’articolo completo qui
SUPERNOVAE: aggiornamenti Giugno 2022 di Fabio Briganti e Riccardo Mancini

Cieli sereni a tutti!

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Galassie che vivono, respirano e infine muoiono

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Come più volte vi ho già detto, l’universo è un luogo vivo, popolato da creature meravigliose e leggendarie.

E come in tutte le favole che si rispettano ci sono i protagonisti e poi ci sono i personaggi al contorno, quelli silenziosi, quelli che formano un tappeto su cui la storia si sviluppa ma senza dei quali cade tutta l’impalcatura narrativa.

Nell’universo le protagoniste sono le stelle.

Sono quelle che da milioni di anni l’uomo vede e apprezza, le collega idealmente per formare miti e, da quando le ha facoltà, le studia nel dettaglio.

Ma forse non tutti sanno che la maggior parte della materia regolare nell’universo è sotto forma di gas, ed il gas ha pochissima luminosità, anche quando illuminato. Il gas pervade l’universo.

Il gas chiamato mezzo intergalattico riempie lo spazio tra le galassie mentre il gas del mezzo circumgalattico circonda le galassie in un abbraccio. Ed è sempre il gas che regola la nascita, la vita e la morte delle galassie e che porta con sé la memoria di quello che è stato.

All’interno di una galassia, i gas relativamente densi alimentano la nascita delle stelle. Appena fuori, i gas si assottigliano nel mezzo circumgalattico e diventano sempre meno densi allontanandosi nel mezzo intergalattico. Crediti: J Tumlinson et al./AR Astronomy and Astrophysics 2017; ESO/M. Kornmesser.

L’universo e la sua lunga corsa

La storia conosciuta dell’universo inizia prima di galassie e stelle.

A quel tempo il gas si era un poco raffreddato ma era ancora molto caldo: circa 100.000 kelvin. A vederlo sembrava una nebbia irregolare, che si schiariva in alcuni punti ed era più fitta in altri. Laddove c’era più addensamento di materia, si sono formate le stelle. Quando l’universo aveva 500 milioni di anni, il gas, raffreddatosi e condensatosi cadde gravitazionalmente su se stesso in fogli e questi fogli si restrinsero in filamenti gibbosi, come braccialetti di perle. Le radure negli spazi fra essi cominciarono a diradarsi e divenire più estese e più vuote.

A circa un miliardo di anni, quei filamenti si intersecarono con altri filamenti per creare una rete ancora più complessa e, a 1,5 miliardi di anni, il gas che scorreva come linfa vitale lungo i filamenti si accumulò e cominciarono a formarsi le galassie, enormi e incandescenti galassie, con temperature che raggiungevano i 100 milioni di kelvin e pettinate da onde d’urto ed esplosioni di stelle.

Nei successivi 500 milioni di anni, i buchi neri super massicci al centro delle galassie e le stelle morenti scossero con onde d’urto il mezzo intergalattico e, a 3,5 miliardi di anni, all’interno di quei fronti d’urto, si generarono piccoli nodi di galassie che, respirando il gas intergalattico ed inglobandolo nel proprio mezzo circumgalattico, si adornarono dei metalli espulsi dalle supernove.

Ad oggi, 13,8 miliardi di anni dopo l’inizio dell’universo, solo il 60% del gas rimane nel mezzo intergalattico ed il resto è nei mezzi circumgalattici e nelle galassie. Le galassie sono incastonate intorno ai vuoti, come lucciole sparse nel buio della notte.

Il gas e le galassie

Il collegamento fra gas e galassie non è sempre stato sotto gli occhi di tutti.

Il seme diede origine a tutto nacque quando Charles Steidel del California Institute of Technology scrisse la sua tesi di dottorato e in cui descriveva come le nubi di gas nelle vicinanze delle galassie altrimenti invisibili mostravano segni di essere state una volta all’interno delle galassie stesse.

Successivamente si scoprì che questo gas, immediatamente intorno alle galassie, nel mezzo circumgalattico, era mille volte più denso della media del gas nel mezzo intergalattico. Capite bene che gas e galassie erano inestricabilmente ormai indissolubilmente connessi!

Come vi dicevo prima, mentre le galassie brillano, il gas brilla a malapena e diventa visibile solo quando si trova di fronte a qualcosa di luminoso, come ad esempio i quasar. In pratica, il gas, assorbendo la luce del quasar, appare come linee scure nei loro spettri della luce. In questi spettri, folle di linee di assorbimento scure si addensavano lungo l’universo primordiale, prendendo l’aspetto di una fitta foresta di tronchi d’albero. Per questo motivo, vennero chiamati foresta di Lyman: il gas che assorbiva la luce era idrogeno in una transizione specifica tra gli stati chiamata Lyman alfa.

Le nubi di gas si presentano come linee di assorbimento scure nello spettro della luce di un quasar, che possono essere analizzate per comprendere meglio la distanza e la natura del gas. Ad alte risoluzioni, le linee di assorbimento si presentano come una foresta di “alberi”. Crediti: M. Rauch/AR Astronomia e Astrofisica 1998.

La foresta alfa di Lyman si è originata quando l’universo aveva circa un miliardo di anni grazie al mezzo intergalattico, che rappresentava il 98% della materia regolare di quel giovane universo, fatto di zone fredde, tra 100 e 1.000 kelvin e di zone calde, dove il mezzo intergalattico raggiungeva anche 20000 kelvin o più. Potete immaginare il mezzo intergalattico come un impasto di una torta mal mescolato, in modo che rimanga grumoso. Lì, la gravità ha fatto il suo mestiere!

Altre foreste

Gli astronomi, col tempo, hanno trovato anche altre “foreste”, più dense e cosparse di elementi più pesanti come carbonio, ossigeno, silicio, ferro e magnesio che gli astronomi, facendo di tutta l’erba un fascio, chiamano metalli. Così, per praticità!

Dal momento che questi metalli possono essere fatti soltanto dalle stelle e dal momento che tutte le stelle sono nelle galassie, allora queste nubi ricche di metalli e più dense devono essere in qualche modo associate alle galassie.

L’intima connessione fra gas interstellare e gas circumgalattico ci ha permesso di capire che ciò che una volta era nel mezzo intergalattico arriverà nel mezzo circumgalattico, e ciò che è nel mezzo circumgalattico tornerà nel mezzo intergalattico secondo un circolo virtuoso. E nel fluire tra i due, in un modo o nell’altro, risiede la magia della vita e del respiro delle galassie.

Semplice: il gas cade nelle galassie e alimenta le stelle, poi viene espulso, quindi ricade per alimentare altre stelle.

Nessuno sa con certezza cosa potrebbe guidare i deflussi di gas né le vie che prenda il gas stesso durante il suo ricircolo. Quello che è certo è che, una volta esaurito il gas, comincia un processo chiamato “spegnimento”. Come per le stelle, ci sono galassie con quantità di gas differenti: le galassie con molto gas e stelle in formazione attiva sono blu, e quelle con poco gas e stelle morenti sono rosse.

Quando pensate alla morte di una stella, non pensate alla sua fine, ma solo all’inizio.

La galassia morta MACS2129-1, ingrandita dalla gravità dell’ammasso di galassie in primo piano MACS J2129-0741. Nella casella in basso c’è un’immagine ricostruita, basata su modelli che mostrano come sarebbe la galassia se l’ammasso di galassie non fosse presente. La galassia appare rossa perché è così distante che la sua luce viene spostata nella parte rossa dello spettro. Crediti: NASA, ESA, S. Toft (University of Copenhagen), M. Postman (STScI), and the CLASH team.

Nello spazio intergalattico, il gas si raffredda e diventa più denso, fino a quando la gravità non lo riporta nella galassia, arricchito di nuovi materiali, per formare nuove stelle: e il processo si ripete. Però, anche nell’universo, le risorse non sono infinite e, col tempo, ogni galassia inizia a esaurire il gas riciclabile. E senza gas non si possono formare nuove stelle. Quando le vecchie stelle muoiono, anche la galassia raggiunge il capolinea della sua vita. Una volta maestose cattedrali di gas e stelle, culle della vita di nuovi astri, sono ora palazzi vuoti, fatti di memoria e freddi spifferi.

In pratica, le galassie vivono respirando e riciclando gas dentro e fuori. Le stelle hanno sparato metalli dappertutto, sia nel mezzo circumgalattico che all’interno della galassia, pronti per essere rielaborati in altre stelle, che si fondono dal gas metallico insieme alla polvere e formano, attorno a loro, dischi protoplanetari che qua e là si condensano in pianeti, su uno dei quali siamo noi.

Ed ogni atomo del nostro corpo ha viaggiato attraverso il mezzo intergalattico e il mezzo circumgalattico.

IMMAGINE IN COPERTINA: Le galassie non sono distribuite uniformemente in tutto l’universo, ma la loro distribuzione non può essere compresa senza comprendere anche il ruolo del gas. Qui vediamo una simulazione delle più grandi strutture dell’universo, un superammasso di galassie, vuoti e filamenti galattici chiamato LA GRANDE MURAGLIA BOSS. Crediti: Istituto Max Planck di Astrofisica/Wikimedia Commons.

SUPERNOVAE: aggiornamenti Giugno 2022

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Mancava all’appuntamento con la scoperta da diversi anni, è un’icona della ricerca amatoriale di supernovae ed occupa la posizione numero 6 della Top Ten mondiale con 150 scoperte.

Stiamo parlando dell’astrofilo sudafricano Berto Monard, che nella notte del 5 maggio ha individuato una nuova stella molto luminosa di mag.+14,4 nella galassia a spirale barrata NGC157 posta nella costellazione della Balena a circa 70 milioni di anni luce di distanza.

Berto Monard nel Kleinkaroo Observatory a Calitzdorp, Western Cape accanto al suo telescopio Meade 400RCX da 30cm. Immagine ripresa pochi giorni fa dalla moglie Brigitte

L’avevamo già intervistato nel 2016 [la trovi in Coelum n. 208], ma lo abbiamo ricontattato per un aggiornamento sulla sua attività di ricerca, incuriositi da questa nuova importante scoperta.

Fino al 2011 aveva fatto ricerca di supernovae a pieno regime ed in maniera sistematica, ottenendo numerose scoperte. Adesso Berto Monard ha 74 anni e ci ha detto che continua questo tipo di ricerca, ma in modo più sporadico, andando a selezionare alcune galassie vicine e riprendendole prima dell’alba.

È riuscito infatti a battere sul tempo i programmi professionali di ricerca supernovae, perché la salita verso il massimo di luminosità di questa supernova è avvenuta mentre la galassia usciva dalla congiunzione con il Sole.

Per diversi giorni infatti nessun osservatorio professionale ha provato a riprendere lo spettro della sua supernova, perché la galassia raggiungeva una sufficiente altezza sull’orizzonte soltanto appena iniziavano i primi bagliori dell’alba. Finalmente nella mattina dell’11 maggio l’astrofilo polacco Jaroslaw Grzegorzek è riuscito a riprendere lo spettro di conferma. La SN2022jli, questa la sigla definitiva assegnata, è una supernova di tipo Ic scoperta intorno al massimo di luminosità.

La SN2022jli in NGC157 ripresa da Grzegorz Duszanowicz in remoto dalla Namibia con un riflettore da 35cm F.7,7 somma di 10 immagini da 45 secondi.

Si tratta pertanto di una supernova scoperta e classificata tutta a livello amatoriale.

Ad oggi sono soltanto otto le supernova tutte amatoriali: una classificata dall’astrofilo inglese Robin Leadbeater, due l’astrofilo polacco Jaroslaw Grzegorzek e cinque dal nostro Claudio Balcon.

Berto Monard nel Kleinkaroo Observatory a Calitzdorp, Western Cape accanto al suo telescopio Meade 400RCX da 30cm. Immagine ripresa pochi giorni fa dalla moglie Brigitte

Berto Monard iniziò a fare ricerca di supernovae nel 1998 e nel 2001 ottenne la sua prima scoperta, la SN2001el nella galassia a spirale NGC1448, realizzata visualmente con un telescopio Dobson da 31cm di diametro. A questa sono seguite altre 149 scoperte ottenute tramite camere CCD applicate a telescopi del diametro di 30cm e 35cm, che hanno proiettato l’astrofilo sudafricano fra i principali ricercatori amatoriali di supernovae al mondo.

Facciamo pertanto le nostre congratulazioni per la nuova scoperta, a questo grande astrofilo, che ha contribuito tantissimo alla ricerca amatoriale di supernovae!  

 

Mondi in miniatura – Asteroidi, Giugno 2022

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Oltre l’orbita di Nettuno, ad una distanza tra le 30 e le 50 unità astronomiche dal sole, troviamo un’ulteriore reliquia della formazione del Sistema Solare: un disco di materiale per molti aspetti simile a quello della fascia asteroidale principale, ma molto più esteso.

E’ un regno di asteroidi le cui dimensioni variano da alcune centinaia di metri a centinaia di kilometri, un luogo remoto dove l’energia emanata dalla nostra stella giunge estremamente attenuata.

Questi oggetti, così freddi e distanti, costituiti da roccia, ghiacci d’acqua, metano e ammoniaca, rappresentano un campione di materiale “originale”, rimasto praticamente inalterato dalla nascita del Sistema Solare.  I più densi hanno un corpo roccioso ricoperto da elementi ghiacciati, altri sono porosi, e costituiti da una matrice verosimilmente poco coesa, fatta di ghiacci e roccia primordiale.

La temperatura media laggiù è di -223 gradi celsius. Se pur fioca, la radiazione solare che colpisce questi oggetti altera la composizione chimica degli elementi di superficie generando, attraverso processi di dissociazione, idrocarburi e altri composti chimici.

Stiamo parlando della Fascia di Kuiper e dei suoi costituenti, gli oggetti Trans-nettuniani o più brevemente i TNO.

La Fascia di Kuiper è una struttura complessa, plasmata dalle risonanze indotte da Nettuno nelle orbite dei TNO.  Una parte di questi ha un’orbita quasi circolare, è la cosiddetta “popolazione Calda”, che si pensa abbia avuto origine nei pressi dell’orbita primordiale del gigante gassoso.

Una seconda piccola porzione dei TNO, la “popolazione Fredda”, ha un’orbita più eccentrica, inclinata di circa 30 gradi sull’eclittica, un’albedo maggiore e una colorazione rossastra, e si ipotizza si sia formata all’incirca nella posizione attuale.

La genesi, le interazioni e le dinamiche della fascia di Kuiper sono tutt’ora oggetto di studio e di dibattito.

I maggiori rappresentanti dei TNO sono Plutone (2.370Km), Eris (2.320Km), Haumea (2.100Km), MakeMake (1.400Km), Gonggong (1.230Km), Quaoar (1.100Km) Sedna (990Km), Orcus (910Km), Salacia (840Km).

Il 14 settembre 1992 uscì una circolare, la numero 5611, pubblicata dell’Unione Astronomica Internazionale: “1992 QB1. D. Jewitt, Università delle Hawaii, J. Luu, Università della California a Berkley, riportano la scoperta di un oggetto molto flebile (…) rivelato con immagini CCD ottenute con il telescopio da 2,2m dell’Università delle Hawaii, Mauna Kea. Alcune delle soluzioni sono compatibili con l’appartenenza alla cosiddetta ‘Fascia di Kuiper’ (…)”.

Gli astrofili ed i professionisti amano spesso riferirsi ai TNO chiamandoli familiarmente “Cubewani”, il nomignolo non è altro che la traduzione fonetica di 1992 QB1!

Per questo mese di Giugno:

Questo mese suggerisco, oltre ai target in lista, l’osservazione di due tra i più massicci TNO.

(136472) Makemake e (136108) Haumea saranno di magnitudine intorno alla 17 e ben posizionati in prima serata.

Normalmente una posa, oppure un’integrazione, di una quarantina di minuti  risulta più che sufficiente per apprezzare il movimento dei classici asteroidi Main Belt.  Nel caso dei TNO la velocità angolare è estremamente ridotta, ricordiamoci che stiamo parlando di oggetti remoti,  e pertanto per poterne apprezzare il movimento sarà opportuno  effettuare le riprese ad almeno uno o due giorni di distanza l’una dall’altra.

Così facendo vedremo (136472) Makemake, che si muove alla velocità di 0,02 arcosecondi al minuto, spostarsi di circa 31,2 arcosecondi nell’arco delle 24 ore (una distanza limitata ma sicuramente apprezzabile). (136108) Haumea con una velocità leggermente superiore (0,03 arcosecondi minuto) mostrerà invece uno spostamento di circa 40,8 arcosecondi.

Cosa osservare a Giugno 2022

I principali asteroidi osservabili a giugno 2022 (in-the-sky.org)

(29) Amphitrite

(29) Amphitrite è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.490 giorni (4,98 anni) ad una distanza compresa tra le 2,37 e le 2,74 unità astronomiche (rispettivamente, 354.546.954 km al perielio e 409.898.166 km all’afelio).

Deve il suo nome a Anfitrite, divinità marina dei Greci, sposa di Poseidone.

Scoperto da Albert Marth il 1 Marzo 1854, questo grande asteroide (all’incirca 200 chilometri di diametro) sarà in opposizione il 6 Giugno.

In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 9.8.  Il suo moto sarà di 0,59 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5/6 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (29) Amphitrite trasformarsi in una bella striscia luminosa di 23 secondi d’arco.

(41) Daphne

(41) Daphne è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.680 giorni (4,60 anni) ad una distanza compresa tra le 2,00 e le 3,52 unità astronomiche (rispettivamente, 299.195.741 km al perielio e 526.584.505 km all’afelio).

Deve il suo nome alla ninfa Daphne, nella miologia Greca figlia di Gea e del fiume Peneo. Insidiata da Apollo, invocò i genitori ottenendo di essere mutata in alloro.

Scoperto da Hermann Mayer Salomon Goldschmidt il 2 Maggio 1856, questo imponente asteroide (circa 200 km di diametro) sarà in opposizione il 7 Giugno, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 10.1.

Il suo moto sarà di 0,50 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 6 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (41) Daphne trasformarsi in una bella striscia luminosa di 20 secondi d’arco.

(387) Aquitania

(387) Aquitania è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.660 giorni (4,54 anni) ad una distanza compresa tra le 2,10 e le 3,38 unità astronomiche (rispettivamente, 314.155.528 km al perielio e 505.640.803 km all’afelio).

Deve il suo nome alla regione francese di Aquitania. Scoperto dall’astronomo Fernand Courty il 5 Marzo 1894, con i suoi 100 chilometri di diametro è il più grande esponente della famiglia asteroidale Postrema.

Sarà in opposizione il 25 Giugno, brillando ad una magnitudine di 10.1. Il suo moto sarà di 0,61 secondi d’arco al minuto, quindi, anche in nel suo caso, con tempi di esposizione fino a 5/6 minuti ne preserveremo l’aspetto puntiforme. Volendo ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (387) Aquitania trasformarsi in una bella striscia luminosa di 24 secondi d’arco.

Selezione di asteroidi (luminosi) in opposizione a Giugno 2022

(144) Vibilia Magnitudine: 12
(204) Kallisto Magnitudine: 11
(287) Nephthys Magnitudine: 11
(309) Fraternitas Magnitudine: 14
(367) Amicitia Magnitudine: 13
(678) Fredegundis Magnitudine: 13
(1252) Celestia Magnitudine: 14
(3873) Roddy Magnitudine: 14

 

 

Transiti notevoli ISS per il mese di Giugno 2022

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La ISSStazione Spaziale Internazionale questo Giugno 2022 sarà rintracciabile nei nostri cieli in orari mattutini, prima dell’alba. Avremo quattro transiti notevoli con magnitudini elevate durante gli ultimi giorni del mese, auspicando come sempre in cieli sereni.

Si inizierà il giorno 27 Giugno, dalle 04:50 alle 04:59, osservando da SO a NE. La ISS sarà ben visibile da tutta Italia con una magnitudine massima si attesterà su un valore di -3.8.

Sperando come sempre in cieli sereni per il miglior transito del mese!

Il giorno dopo, 28 Giugno, la Stazione Spaziale transiterà dalle 04:03 verso SSO alle 04:10 verso ENE. Visibilità migliore dalle regioni meridionali per questa occasione, con magnitudine di picco a -3.2.

Passiamo al giorno 29 Giugno, dalle 04:49 in direzione OSO alle 04:58 in direzione NE. Osservabile al meglio dal settentrione questa volta, con una magnitudine massima di -3.1.

L’ultimo transito del mese si avrà il giorno 30 Giugno, dalle 04:02 da OSO alle 04:09 a NE, con magnitudine massima a -3.5 e osservabile da tutta Italia.

Le Costellazioni di Giugno 2022

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Le sere di giugno brillano della magia dell’estate, che farà il suo ingresso giorno 21 con il solstizio: sarà un mese in cui potremo ammirare le costellazioni che caratterizzano il cielo estivo, attraversato dal fiume di stelle della nostra galassia: la Via Lattea.

ERCOLE NEL CIELO ESTIVO

Nelle sere di giugno potremo ammirare, alta nel cielo, la costellazione di Ercole.

Posta tra il Boote e la Lira, quella di Ercole è una costellazione tipica dell’estate boreale che per via della sua ampia estensione (1225 gradi quadrati) ed è classificata come la quinta più grande del firmamento.

Nonostante le sue vaste dimensioni, Ercole non vanta stelle particolarmente luminose; da segnalare la β Herculis, nota come Kornephoros, di magnitudine 2,78.

Tuttavia la costellazione contiene un gran numero di stelle doppie e stelle variabili, osservabili già con piccoli strumenti e telescopi. È il caso di Ras Algethi, una stella doppia composta da una supergigante rossa variabile e da una più piccola verde-azzurra.

La Costellazione di Ercole giace lontana dalla porzione di cielo attraversata dalla Via Lattea, in una regione priva di galassie luminose; in compenso, la costellazione ospita uno dei più conosciuti ammassi globulari: M13 o Ammasso Globulare di Ercole.

Ammasso Globulare M13
di Samuele Gasparini (clicca sull’immagine per saperne di più)

Si tratta dell’ammasso più luminoso dell’emisfero boreale, visibile già ad occhio nudo da luoghi bui, e più nitido e ben dettagliato se osservato rispettivamente con binocolo e telescopio. Con la sua magnitudine apparente pari a 5,8 l’ammasso contiene migliaia di stelle e si presta molto bene all’astrofotografia.

L’Ammasso Globulare di Ercole rimane altresì famoso per il “messaggio Arecibo”: un messaggio radio trasmesso nello spazio dal radiotelescopio di Arecibo a Porto Rico (purtroppo ormai smantellato dopo gravi danneggiamenti ambientali) il 16 novembre 1974 e indirizzato verso M13, a 25 000 anni luce di distanza.

Abell 39
di Alessandro Bianconi

Da segnalare anche la presenza di una nebulosa planetaria nella costellazione di Ercole, ovvero Abell 39 la cui forma, circolare e trasparente, ricorda una bolla di sapone.

Guarda su PhotoCoelum la foto in HD e scopri maggiori dettagli: Abell 39 di Alessandro Bianconi

 

IL MITO DI ERCOLE

La figura di Ercole è una delle più famose della mitologia: la sua fama è legata alle 12 fatiche che l’eroe affrontò e chi gli valsero la sua eterna gloria.

Figlio di Zeus e di Alcmena, una fanciulla ennesima vittima degli inganni del re degli dei: narra la mitologia che Zeus si trasformò nel marito della giovane per poterla possedere e proprio da questa unione nacque Ercole.

La figura mitologica dell’eroe è sicuramente una delle più conosciute, quella per antonomasia: leggendaria la forza di Ercole nello sfidare animali inferociti come il Leone di Nemea (vedi articolo Costellazioni di Aprile 2022) e mostri come l’Idra (vedi articolo Costellazioni di Maggio 2022).

Egli era venerato come simbolo di forza e abilità, ma anche come eroe generoso, che per il suo altruismo divenne esempio anche di forza morale oltre che fisica.

Ad Ercole è poi legato un altro mito dove la protagonista è la Via Lattea: durante l’allattamento al seno di Era, un Eracle in fasce si mosse bruscamente (o fu Era stessa ad allontanarlo secondo altre versioni) e lo schizzo di latte arrivò sino in cielo creando così il fiume di stelle della nostra galassia.

LA COSTELLAZIONE DELLA LIRA

Nelle serate di inizio estate un astro brilla in maniera particolarmente luminosa sulla volta celeste: si tratta di Vega, stella alfa della Lira.

Circa 14.000 anni fa localizzato nei pressi della Lira si trovava il Polo Nord celeste: all’epoca era infatti Vega la stella polare, situata a pochi gradi dal polo, e la stessa tornerà ad esserlo fra 13.000 anni circa, quando l’asse di rotazione terrestre punterà nuovamente in direzione della Lira.

Seppur di piccole dimensioni, la costellazione è individuabile proprio grazie a Vega che insieme a Altair (nell’Aquila) e Deneb (nel Cigno) costituisce uno dei tre vertici del Triangolo Estivo, un brillante asterismo da ammirare nelle notti estive.

α Lyrae (Vega) è una stella bianco-azzurra multipla, di 5 componenti, posta a una distanza di 25,3 anni luce: essa ha una magnitudine apparente di 0,03 ed è la seconda stella più luminosa dell’emisfero settentrionale (dopo Arturo) e la quinta di tutto il firmamento.

Vega è la prima stella ad essere stata fotografata (dopo il Sole) nel 1850.

OGGETTI NON STELLARI NELLA  LIRA

La costellazione della Lira contiene stelle doppie osservabili e risolvibili anche con l’ausilio di un binocolo, come nel  caso di ε Lyrae, soprannominata la “doppia doppia”, che rappresenta una delle stelle multiple più conosciute del cielo.

Tra gli oggetti più interessanti e alla portata di osservazioni e fotografia deep-sky vi è da segnalare M57, ovvero la Nebulosa Anello, una delle nebulose planetarie più note per via della sua luminosità.

Nebulosa Anello M57
di Roberto Ortu (clicca sull’immagine per maggiori dettagli)

La costellazione è legata allo sciame delle Liridi, così chiamato proprio perché le meteore si originano dal punto (radiante) sulla volta celeste in direzione della Lira, nel periodo di aprile.

LA LIRA NELLA MITOLOGIA

Anche la Lira trova collocazione nella mitologia: una delle storie più accreditate indica la Lira come lo strumento musicale inventato dal dio greco Ermes che lo donò a suo fratello Apollo per poi passare nelle mani di Orfeo.

Dopo l’uccisione di Euridice, sposa di Orfeo, quest’ultimo scese nell’oltretomba per riprendersi la sua amata. Sceso agli Inferi iniziò a suonare struggenti melodie con la sua Lira suscitando così la commozione di Ade, dio dell’oltretomba, che arrivò al punto di consentire ad Orfeo di poter riprendere Euridice con sé a patto di camminare dinanzi alla sua sposa senza mai voltarsi. Ma Orfeo non rispettò il patto e si voltò poco prima di uscire dall’oltretomba, condannando la sua amata. Da quel momento prese ad errare per il mondo con il suo dolore e sempre accompagnato dalla sua Lira; fino alla fine dei suoi giorni, il ricordo di Euridice rimase vivo e Orfeo non riuscì a concedere il suo cuore a donna alcuna. Accadde poi che una donna da lui rifiutata, si vendicò cogliendolo alle spalle mentre si trovava suonare in un bosco e uccidendolo a colpi di pietre.

Orfeo finì finalmente tra le braccia della sua amata.

Leggenda narra che le Muse raccolsero la Lira composta di stelle e la adagiarono sulla volta celeste.

Anche la Lira attraverso il cielo si scorge con i bracci
divaricati tra le stelle, con la quale una volta Orfeo catturava
tutto quello che con la sua musica raggiungesse, e volse il passo
perfino tra le anime dei trapassati e ruppe col canto le leggi d’abisso.
Donde la dignità del cielo e un potere simile a quel dell’origine:
allora alberi e rupi trascinava, ora di astri è guida
e attira dietro sé il cielo infinito dell’orbitante cosmo”.
(Manilio, Poeticon Astronomicon, I, 324-330)

Le Comete di Giugno 2022

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LA K2 PANSTARRS SI FA INTERESSANTE

Prosegue l’avvicinamento di questa cometa che ci tiene compagnia da lungo tempo e che potremo seguire ancora per qualche mese.
credit in-the-sky.org

La sua progressione luminosa lascia a desiderare, con valori ben al di sotto delle stime previste. Ciò nonostante in giugno dovrebbe mostrarsi finalmente un po’ più convincente raggiungendo la nona magnitudine.

Per tutto il mese stazionerà nell’Ofiuco, con la culminazione che avverrà inizialmente al termine della notte astronomica per poi risultare sempre più anticipata. Il giorno 22 transiterà a pochi primi da Cebalrai, la stella Beta della costellazione.

La posizione della C/2017 K2 PanSTARRS in giugno è calcolata per le ore 23.45 ora legale. Le stelle più deboli sono di mag. 9

POTEVA FAR MEGLIO LA C/2021 O3 PanSTARRS

credit in-the-sky.org

Grande è stata la delusione per l’attesa C/2021 O3 PanSTARRS, che ad aprile sembrava dover raggiungere valori tali da poter essere avvistata ad occhio nudo (seppur in condizioni critiche) e che in maggio avremo dovuto seguire più comodamente.

Niente di tutto questo dato che durante il passaggio al perielio si è disintegrata, ricomparendo simile a un fantasma che in pochi sono riusciti a vedere. Pazienza! Intanto godiamoci la K2 PanSTARRS in attesa di altri arrivi interessanti.

 

Luna di Giugno 2022

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Dopo un Maggio caratterizzato dalla splendida Eclissi Totale di Luna, vediamo cosa possiamo osservare questo Giugno 2022!

Ti sei perso l’eclissi? Scopri qui tante splendide immagini:
Eclissi totale di Luna – FOTORACCONTO

Chiuso il mese appena trascorso col Novilunio del 30 Maggio (13:30), Giugno si apre con un nuovo ciclo lunare in fase crescente che progressivamente porterà la Luna nelle più comode ore della sera con la fase di Primo Quarto prevista per le ore 16:48 del 7 Giugno.

Per effettuare osservazioni col telescopio basterà attendere fino a circa le ore 22:00 quando una Luna in fase di 8,3 giorni ad un’altezza iniziale di +42° si renderà perfettamente visibile fino alle prime ore della notte seguente quando tramonterà intorno alle 02:00 circa.

Orientato il telescopio lungo il terminatore e concentrata l’attenzione sulla Rupes Recta (o Straight Wall) situata lungo il bordo orientale del mare Nubium, mai nessuno ha avuto l’idea di immaginare questa eccezionale formazione lunare nel bel mezzo della Pianura Padana centrandone una estremità in corrispondenza della città di Milano?

Sovrapposizione Rupes Recta (credit Francesco Badalotti)

Realizzata questa interessantissima sovrapposizione finalizzata ad una più realistica percezione riguardo le sue effettive dimensioni, ho constatato che questa spettacolare faglia di 114 km di lunghezza si estenderebbe dal capoluogo lombardo fino alla città di Parma considerando, appunto, la distanza di 114 km fra le due città. Ma oltre alla lunghezza della faglia è altrettanto importante considerarne anche l’altezza di 300mt con una inclinazione media di 30/40° di questa struttura lunare che all’osservazione telescopica anche ad elevati ingrandimenti ben difficilmente si presenta come un dettaglio “facile” a prescindere da condizioni osservative particolarmente favorevoli.

Come fare per una differente percezione di ciò che stiamo osservando?

Constatato che il dislivello di 300mt fra i due versanti della Rupes Recta corrisponde all’altezza della Torre Eiffel (metro più, metro meno…) ho ritenuto utile porre a confronto l’immagine telescopica con una foto di questo grande monumento parigino.

L’altezza è identica ma è anche vero che in questo modo la percezione rischia di venire estremizzata forse in modo eccessivo, ma con una considerazione: se noi terrestri almeno per una sera ci trovassimo sulla Luna esattamente alla base della Rupes Recta quel dislivello di 300mt ci apparirebbe in tutta la sua imponenza come se fossimo a pochi metri dalla Torre Eiffel, proprio come nella foto di riferimento.

A prescindere da quanto sopra esposto la serata sarà l’ideale anche per osservazioni in alta risoluzione lungo tutto il margine est del mare Nubium che per l’occasione verrà a trovarsi in prossimità del terminatore con le imponenti e spettacolari strutture crateriformi da Ptolemaeus a Deslandres pronte a rivelare i loro più fini dettagli.

Alle ore 13:52 del 14 Giugno il nostro satellite sarà in Plenilunio in fase di 15 giorni, alla distanza di 363538 km dalla Terra e con diametro apparente di 32,87’ ma a ben -67° sotto l’orizzonte. Per eventuali osservazioni col telescopio basterà attendere il suo sorgere alle 21:46 rendendosi perfettamente visibile fino all’alba del mattino seguente quando andrà a tramontare contestualmente al sorgere del Sole, come sempre in Luna Piena.

Segnalo che nella medesima serata del Plenilunio, il 14 Giugno, il punto di massima librazione coinciderà con la regione polare settentrionale interessando in modo particolare l’area intorno al cratere Peary di 77 km di diametro, la cui peculiarità riguarda buona parte delle cime montuose delle sue pareti perennemente esposte alla luce solare e definite per questo “le vette della luce eterna”.

Appare curioso il fatto come la Luna sia l’unico corpo del sistema solare (attualmente noto) in cui sulle cime di determinati crateri in corrispondenza dei poli non tramonterebbe mai il Sole, peculiarità osservata nel 1994 durante la missione della Sonda Clementine analogamente a quanto accade, ad esempio, per il cratere Shackleton al Polo Sud che vedremo più avanti in librazione favorevole. Pertanto, con un seeing sufficientemente stabile sarà l’occasione buona per sedute osservative di una regione lunare certamente non facile ma sempre molto interessante e stimolante.

Iniziata ormai la fase di luna calante il nostro satellite si allontanerà sempre più dalle ore della sera limitando la sua osservabilità alle ore notturne, entrando pertanto in Ultimo Quarto alle ore 05:11 del 21 Giugno. Per osservare al telescopio questa fase lunare sarà però necessario attendere le prime ore della notte del 22 Giugno quando sorgerà alle 02:05 preceduta dal pianeta Giove (distanza 5°43’) e seguita da Marte (distanza circa 9°).

Dove dirigere il telescopio con la Luna in Ultimo Quarto?

Come sempre le possibilità di scelta non mancano ma nel caso specifico consiglierei i vasti crateri Plato e Archimedes (diametri di 100 km) oltre al corrispondente tratto di mare Imbrium proprio in prossimità del terminatore, oltre al cratere Eratosthenes (60 km) col tratto iniziale dei monti Appennini per poi spostarsi nello spettacolare altopiano meridionale con le imponenti strutture crateriformi tra cui Longomontanus (150 km), Tycho (78 km), Maginus (160 km), Clavius (231 km) e tante altre.

Per quanto riguarda Clavius se ne è ipotizzata l’ipotetica sovrapposizione sul settore più meridionale del mare Tirreno centrandone l’immagine in corrispondenza del Marsili, il più grande vulcano sottomarino europeo (dimensioni 70×30 km, altezza di 3000mt dal fondo marino ma con la sommità posta a circa 450mt sotto il livello del mare). Pertanto il cratere Clavius andrebbe ad occupare un’area a breve distanza dalle zone costiere di Sicilia, Calabria e Campania meridionale.

Sovrapposizione Clavius (credit Francesco Badalotti)

Immaginare di trovarsi in prossimità di una struttura con le dimensioni del cratere Clavius, 231 km e pareti alte 4600 mt dalla base del cratere, deve costituire indubbiamente uno spettacolo grandioso anche ipotizzando questa grande struttura lunare adagiata sul fondo del mare Tirreno, nel qual caso però le sue pareti emergerebbero comunque per oltre mille metri sopra al livello del mare!

Al termine della fase calante, alle ore 04:52 del 29 Giugno il nostro satellite sarà in Novilunio chiudendo così questo mese con la ripartenza di un nuovo ciclo lunare contestualmente alla fase crescente che, come succede ormai da oltre quattro miliardi di anni, riporterà la Luna nelle migliori condizioni osservative ma se ne riparlerà a Luglio.

Le Falci lunari di Giugno

Per le falci in luna crescente appuntamento per le prime ore della serata del 2 Giugno con una bella falce di 3,4 giorni che alle ore 23:57 scenderà sotto l’orizzonte. Il non eccessivo tempo a disposizione sarà però sufficiente per interessanti osservazioni sulle principali strutture, fra cui il cratere Endymion a nordest, il cratere Cleomedes e il mare Crisium ad est con i vicini mari Marginis e Undarum oltre al bordo orientale del mare Fecounditatis con i sempre spettacolari ed imponenti vasti crateri Langrenus, Vendelinus, Petavius, Furnerius senza dimenticare una visita anche alle rispettive cuspidi nord e sud.

Passando ora alle falci in luna calante, appuntamento per la nottata del 25 Giugno con una falce di 26 giorni che sorgerà alle ore 03:06 seguita dal pianeta Venere a 12°. L’osservazione di questa falce consentirà di ammirare una vasta porzione del settore più occidentale dell’oceanus Procellarum unitamente al Sinus Roris a nordovest ed il lato ovest del mare Humorum a sudovest. In evidenza le scure superfici basaltiche dei grandi crateri Schickard e Grimaldi in netto contrasto rispetto alle più chiare rocce anortositiche degli altipiani circostanti.

Una più sottile falce di 26,6 giorni sorgerà la notte successiva, il 26 Giugno, alle ore 03:32 preceduta dalle Pleiadi (distanza 4°) e seguita dal pianeta Venere alla distanza di soli 2°30’. Il poco tempo a disposizione consentirà una veloce visita alle regioni prossime al bordo lunare occidentale prima che la luce del Sole prevalga su tutto.

Infine nella tarda nottata del 27 Giugno alle ore 04:03 sorgerà una problematica falce di 27,6 giorni preceduta dal pianeta Venere. Nel caso specifico eventuali osservazioni o foto dovranno essere effettuate attuando ogni precauzione al fine di non intercettare la pericolosa luce solare. Per questa tipologia di osservazioni, oltre agli ormai noti parametri osservativi, risulterà determinante disporre di un orizzonte il più possibile libero da ostacoli.

Librazioni di Giugno

(In ordine di calendario, per i dettagli vedere le rispettive immagini).

Si precisa che, per ovvi motivi, non vengono indicati i giorni in cui i punti di massima Librazione si discostano dalla superficie lunare illuminata dal Sole.

Librazioni Regione Nordovest
Mappa di F. Badalotti su immagini tratte dal globo di “Virtual Moon Atlas”
  • 13 Giugno. Fase 14,3 giorni – Massima Librazione ovest cratere Xenophanes
Librazioni Regione Polare Nord
Mappa di F. Badalotti su immagini tratte dal globo di “Virtual Moon Atlas”
  • 14 Giugno. Fase 15,3 giorni – Massima Librazione nord crateri Peary/Florey

Inaugurazione Planetario di Santa Maria di Sala (VE) – GRUPPO ASTROFILI SALESE

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COMUNICATO STAMPA del Gruppo Astrofili Salese

Evento collaterale alla 23^ Mostra di Astronomia e Astronautica
Inaugurazione del Planetario di Santa Maria di Sala

Nel contesto della Mostra di Astronomia e Astronautica il Gruppo Astrofili Salese “G. Galilei” inaugura il nuovo Planetario cittadino, con una cerimonia prevista per il giorno Sabato 28 Maggio alle ore 10.30 presso l’Osservatorio Astronomico di Santa Maria di Sala in via Ferraris 1.

«È un evento importante per il nostro gruppo, per il quale abbiamo lavorato molto, e una grande opportunità offerta a tutta la collettività, di Santa Maria di Sala e di tutta Città Metropolitana, che con questa struttura fissa avrà la possibilità di studiare ed osservare le stelle e le costellazioni in ogni momento dell’anno e con qualsiasi condizione atmosferica».

Lo ha detto Tino Testolina, presidente del Gruppo Astrofili Salese “G. Galilei”, a pochi giorni dal taglio del nastro del nuovo Planetario di Santa Maria di Sala.

L’inaugurazione costituisce un evento collaterale alla 23^ Mostra di Astronomia e Astronautica, in corso fino a Domenica 29 Maggio a Villa Farsetti di Santa Maria di Sala.

NE ABBIAMO PARLATO QUI

Si tratta di un Planetario ottico di 6 metri di diametro, della capienza di circa 30 persone, che può riprodurre fino a 3200 stelle.  Nelle intenzioni dell’associazione questo strumento tecnologico dovrà aiutare il pubblico, guidato dai soci del Gruppo Astrofili Salese, a comprendere ed interpretare i fenomeni astronomici, concedendo uno sguardo unico sulle bellezze del creato.

Durante l’inaugurazione interverranno il Prof. Cesare Barbieri dell’Università di Padova, il Dott. Roberto Ragazzoni direttore INAF di PadovaDon Alessandro Omizzolo membro dello staff della Specola Vaticana, autorità civili e religiose.

Visita il sito www.astrosalese.it per maggiori info

 

 

Raccolta Completa Paolo Campaner

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Ringraziamo ancora Fabio Briganti per il bellissimo articolo in ricordo dell’amico Paolo Campaner. Qui la raccolta di scoperte e foto di Paolo (in copertina: la cena in compagnia di Fabio Briganti).

I BOZZETTI

Disegni fatti da Paolo Campaner ricavati dalle sue prime osservazioni al telescopio

PUBBLICAZIONI STORICHE

I bozzetti di Paolo Campaner si ritrovano anche nei vecchi numeri di Coelum, nelle edizioni dei primi Anni ’70

LE SUPERNOVAE SCOPERTE DA PAOLO CAMPANER
SN2014ci_PGC166758
SN_NGC5406
SN_UGC11494
SN2015ag_IC43
SN2015af_NGC6801
SN2015am_UGC1641
SN2015aj_UGC3460
SN2016cyw_IC1702
SN2016gcm_PGC166705
SN2016hkn_NGC819
AT2017qu_PGC29080
SN2017mf_NGC5541
AT2017gly_UGC3396
SN2019zhs_IC4552
SN2020aavb_NGC3697
LE SUPERNOVAE CONFERMATE
Confermata SN2014ec_UGC6109
Confermata SN_AT2016gya
LE PRE-DISCOVERY
Prediscovery1_SN2016esm_UGC3375
Prediscovery2_SN2017gfh_PGC1311562
Prediscovery3_SN2018gj_NGC6217
Prediscovery4_SN2018bbz_PGC60339
NOVA EXTRAGALATTICA
NOVA AT2019uiz_M31
LUMINOUS BLUE VARIABLE
LBV_NGC2403
VARIABILE CATACLISMICA
CV AT2017dgh_UGC11289
CV AT2019kei_UGC11093

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