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Festival Astronomia Asiago – ci sarà anche Coelum!

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DARK SKIES

Asiago, 12-22 maggio 2022

Anche Coelum Astronomia parteciperà alla prima edizione del Festival dell’Astronomia di Asiago

Non si ferma il tour di Coelum: ci trovate ad Asiago entrambi i weekend del Festival! Venite a conoscere lo Staff e acquistare la vostra copia direttamente in loco

Il cielo è un bene collettivo, una fonte infinita di bellezza e conoscenza per chi lo osserva

DARK SKIESFestival dell’Astronomia di Asiago si svolgerà dal 12 al 22 maggio 2022 con un programma ricco di eventi. Il focus sarà sul tema dell’inquinamento luminoso, che rischia sempre più di impedirci di ammirare la volta celeste.

Ad attendervi ci saranno visite guidate presso l’Osservatorio Astrofisico di Asiago; mostre e spettacoli teatrali a tema; conferenze e tavole rotonde; presentazione di libri; laboratori; trekking guidati; spettacoli al planetario gonfiabile e in realtà virtuale. Tantissimi eventi collegati alle tematiche dell’astronomia e dell’inquinamento luminoso.

Il Festival dell’Astronomia di Asiago 2022 è realizzato nell’ambito del progetto SKYSCAPE, finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e Interreg V-A Italia – Austria 2014-2020, il quale si occupa di valorizzare uno dei tesori più interessanti che la natura ci offre cercando di preservarlo: il cielo buio.

Un bene sempre più raro nelle zone urbane (ma non solo!).

Il cielo notturno è infatti parte della natura e del paesaggio che ci circonda e, come le altre componenti dell’ambiente, merita di essere salvaguardato.

L’inquinamento luminoso è inoltre in grado di minacciare la qualità della vita umana e di mettere a rischio l’esistenza di fauna e flora, anche in aree protette dove la tutela ambientale dovrebbe essere al primo posto.

Con il suo territorio incastonato tra i monti e lontano dall’inquinamento luminoso prodotto dalle grandi città della pianura, Asiago si classifica come un luogo ottimale per l’osservazione notturna del cielo.

Nelle notti più limpide si presenta come un vero e proprio mantello stellato.

Il programma completo qui: Festival Astronomia Asiago

 

 

Il cielo di Maggio 2022

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Nel primaverile cielo di Maggio assisteremo a una bella sfilata di costellazioni tipiche del periodo che domineranno le miti serate facendo sfoggio dei loro astri più brillanti

Se a Ovest e Nord-Ovest saranno ormai sempre più basse sull’orizzonte Auriga, Gemelli, Cancro e parte di Idra, da Sud-Est iniziano ad affacciarsi già nelle prime ore notturne le costellazioni che preannunciano il cielo estivo, ovvero: Cigno, Aquila, Ofiuco, Bilancia e Scorpione.

Per approfondire: Le Costellazioni di Maggio 2022 a cura di Teresa Molinaro

COSA OFFRE IL CIELO

Clicca sul banner per accedere alle Effemeridi 2022!

Mercurio

Il secondo giorno del mese, Mercurio e la Luna condivideranno la stessa ascensione retta, con meno di 2° di separazione. La Luna si presenterà come una falce sottilissima: ricordiamo che il novilunio è il 30 aprile. Da scorgere alle ultime luci del giorno, tramonteranno 1 ora e 50 minuti dopo il Sole. Il giorno 21/05 avremo invece il pianeta in congiunzione inferiore con il Sole. Un evento che si verifica alla conclusione del periodo sinodico del pianeta, ogni 116 giorni circa, che segna il passaggio del pianeta dalle sue apparizioni mattutine a quelle serali.

Venere

Iniziamo il mese di maggio con uno splendido accostamento Venere-Giove alle prime luci del giorno. Il 15/05 Venere sarà in afelio, quindi al punto più lontano dal Sole. Il giorno 27 del mese avremo invece una bella congiunzione Luna-Venere, osservabile poco prima dell’alba: siamo vicini alla Luna nuova, quindi avremo una sottilissima falce accanto il pianeta, a poco più di 1° di separazione.  

Marte

Nel mese di maggio potremo contattare il pianeta rosso nelle ultime ore prima dell’alba, anticipando sempre più il suo sorgere. Segnaliamo una bella congiunzione con Giove il 24, replicando il giorno successivo con l’aggiunta della Luna in fase calante. La distanza tra il gigante gassoso e Marte si farà sempre più stretta, fino a regalarci un ulteriore bell’incontro tra i due il 29/05

Giove

Inauguriamo il mese con lo strettissimo abbraccio tra Giove e Venere che, da poco dopo le 4:30, ci accompagna fino le prime luci dell’alba. Dal giorno successivo i due pianeti inizieranno a distanziarsi, vedremo piuttosto Giove accostarsi sempre più a Marte, fino a giungere alla bella congiunzione del 24 e quella del 25, accompagnati dalla Luna. Ultimo incontro tra Giove e Marte il 29/05. 

Saturno

In questo mese non ci sono grandi eventi da segnalare per Saturno, se non che, il giorno 22, ci sarà in congiunzione con la Luna (circa 5° di separazione). Nell’arco del mese di maggio anticiperà sempre di più la sua alba, accompagnandoci fino alle prime luci del giorno. 

Urano

Il giorno 5 il pianeta sarà in congiunzione con il Sole, rimanendo così inosservabile per diverse settimane.

Nettuno

Nettuno accompagnerà Giove per gran parte del mese, vegliato più in alto da Marte. Con il pianeta rosso sarà in congiunzione il giorno 18.

SOLE

𝗜𝗹 𝗦𝗼𝗹𝗲 𝘃𝗶𝘀𝘁𝗼 𝗱𝗮 𝗠𝗮𝗿𝘁𝗲, di Antonio Piras

Un ricco mese appena passato, quello di Aprile, per quanto riguarda l’attività solare: diverse le regioni attive osservate e le tempeste elettromagnetiche che hanno colpito il nostro pianeta, donandoci, tra le altre cose, anche degli spettacolari eventi di aurora.

Anche Perseverance, il rover NASA, ci ha fatto sognare con delle splendide immagini dell’eclissi di Phobos riprese da Marte. Non perdere l’articolo:

Eclissi di Sole marziana – il video di Perseverance

In questo mese di Maggio, fino al giorno 14 la nostra stella si trova nella costellazione dell’Ariete, passerà poi a quella del Toro. Notti sempre più brevi: con l’avanzare dei giorni, infatti, la durata delle ore di luce aumenta di 57 minuti dall’inizio del mese.

LUNA

Tutti gli approfondimenti sull’osservazione e i fenomeni celesti legati al nostro satellite disponibili per il mese di Maggio 2022, a cura del nostro autore Francesco Badalotti.

Non perderti l’articolo: Luna di Maggio 2022

COMETE

MAGGIO, MESE DI COMETE

Due presunte comete luminose, questo ci porta in dote il mese centrale della primavera. Ad oggi, scrutando il futuro, sarà probabilmente il periodo più interessante del 2022.

E allora occhi al cielo per ammirare lo spettacolo!

Per approfondire: Le comete di Maggio 2022 a cura di Claudio Pra

ASTEROIDI

2004 MN4
Dietro questa criptica sigla provvisoria si cela uno tra i NEA più studiati. Perché? Beh, secondo le prime stime, l’asteroide in oggetto nel 2029 sembrerebbe passare a una distanza molto ravvicinata alla Terra!

Non perdere la storia di questa incredibile scoperta e, in più, gli asteroidi che sarà possibile osservare questo mese di Maggio!

Trovi tutto qui: Mondi in miniatura – Asteroidi, Maggio 2022 a cura di Marco Iozzi

TRANSITI NOTEVOLI ISS

La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali.

Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante l’ultimo mese della primavera, auspicando come sempre in cieli sereni!

Non perdere la rubrica Transiti notevoli ISS per il mese di Maggio 2022 a cura di Giuseppe Petricca

SUPERNOVAE

Questo 2022 sembra essere davvero l’anno di Giancarlo Cortini, che dopo il successo dello scorso febbraio, si concede uno stupendo bis, mettendo a segno una nuova ed interessante scoperta!

Giancarlo ha inoltre espresso la volontà di dedicare la sua scoperta alla memoria di Paolo Campaner che recentemente ci ha lasciati. Un bel gesto che apprezziamo e condividiamo con piena approvazione.

Aggiornamenti delle ultime scoperte e l’articolo completo qui
SUPERNOVAE: aggiornamenti Maggio 2022 di Fabio Briganti e Riccardo Mancini

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Mondi in miniatura – Asteroidi, Maggio 2022

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2004 MN4
Dietro questa criptica sigla provvisoria si cela uno tra i NEA più studiati.

Storia di un’incredibile scoperta

Una notte dell’estate del 2004, un trio di astronomi – Roy A. Tucker, David J. Tholen, e l’italiano Fabrizio Bernardi – effettuando osservazioni con il Bok Telescope presso il Kitt Peak National Observatory (USA), si imbatterono in quello che, a prima vista, poteva essere uno tra i tanti Asteoridi Near Earth.

Le misure astrometriche furono prontamente inviate al centro mondiale per la ricezione e la distribuzione delle misure di posizione dei corpi minori, il Minor Planet Center (Cambridge, Massachusetts), che avrebbe dovuto provvedere ad inserirle in un’apposita pagina internet (la Neo Confirmation Page), per consentire ad altri osservatori di effettuare le consuete attività di follow up e conferma. Le successive notti di maltempo, inoltre, impedirono a Tucker, Tholen e Bernardi di seguire il nuovo asteroide e dell’oggetto se ne persero le tracce.

Alla fine del 2004 fu nuovamente individuato dall’osservatorio di Siding Spring (Australia) e dai calcoli effettuati sugli elementi orbitali estesi, emerse che 2004 MN4 avrebbe effettuato un passaggio ravvicinato con la Terra il 13 aprile del 2029.

La situazione divenne preoccupante.

Generalmente, le probabilità di impatto tendono rapidamente a decrescere mano a mano che l’orbita viene consolidata, ma nel caso di 2004 MN4 l’andamento era esattamente l’opposto: tutte le misure astrometriche evidenziavano un serio aumento del rischio, non una diminuzione. Il passaggio ravvicianto del 13 aprile 2029 avrebbe comportato una probabilità di impatto del 3%, la più alta mai calcolata.

Le stime della dimensione, ricavate dalla magnitudine assoluta, indicavano che l’oggetto misurava all’incirca 400 metri di diametro. Un eventuale impatto con il nostro pianeta sarebbe risultato catastrofico a livello regionale.

Per farsi un’idea delle conseguenze di un simile evento, possiamo utilizzare una simulazione messa a disposizione dall’Imperial College di Londra (Purdue University), l’Earth Impact Effects Program.

Fortunatamente, una pre-covery – che estende l’arco osservativo al marzo del 2004 – e le osservazioni radar effettuate a gennaio del 2005 dal Radio Osservatorio di Arecibo, indicarono chiaramente che il 2029 non sarebbe stato l’anno dell’impatto, ma rimasero probabilità residue per il 2036 ed il 2068.

Ulteriori osservazioni radar esclusero fortunatamente anche entrambe quelle date e, a seguito di successive campagne – culminate con l’osservazione radar del Goldstone Deep Space Communications Complex (meglio conosciuto come Goldstone Observatory) –  nel 2021 il Jet Propulsion Laboratory della NASA ha ufficialmente depennato (99942) Apophis dalla Sentry Risk List.

Il passaggio ravvicinato di (99942) Apophis del 3 Aprile 2029 avverrà ad una distanza di 30.000 km dalla superficie terrestre, all’altezza dei satelliti geostazionari.

Sarà una preziosissima occasione per vedere un NEA ad occhio nudo, momento in cui raggiungerà la terza magnitudine, sfrecciando sulla volta celeste alla velocità di 2300 arcosecondi al minuto (vale a dire che in circa due minuti lo vedremo percorrere una distanza angolare pari a quella della Luna piena).

Minor Planet Ephemeris Service: Query Results

clicca sull’immagine per accedere al sito del Minor Planet Center

Le osservazioni effettuate da terra durante il passaggio del 2029 consentiranno di raccogliere una mole di informazioni che, una volta analizzate, porteranno ad una precisa caratterizzazione fisica dell’asteoride. Inoltre la misura dell’entità degli effetti mareali indotti in questa circostanza dal nostro pianeta, consentirà di studiare la struttura interna di questo affascinante mondo in miniatura.

Quello di Apophis è stato un importante test case.

Grazie alle grande quantità di osservazioni si sono potuti correggere alcuni insidiosi errori sistematici che affliggevano molti cataloghi stellari – come ad esempio l’USNO B – ed è stato possibile sviluppare un nuovo metodo per la correzione dei modelli di errore nel calcolo delle orbite.

La soluzione orbitale estremamente precisa ha permesso di calcolare con accuratezza l’entità che l’effetto Yarkowsky (per la definizione, vedi Mondi in Miniatura di febbraio) ha sull’asteroide:

Gli ultimi residui di probabilità per un impatto nei prossimi 100 anni sono stati eliminati grazie a questo studio 

Cosa osservare a Maggio 2022

I principali asteroidi osservabili a maggio 2022 (in-the-sky.org)

(13) Egeria

(13) Egeria è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.510 giorni (4,13 anni) ad una distanza compresa tra le 2,36 e le 2,80 Unità Astronomiche (rispettivamente, 535.050.973 km al perielio e 418.874.036 km all’afelio).

Deve il suo nome a Egeria, divinità protettrice delle nascite e delle acque sorgive.

Scoperto da Annibale de Gasparis il 2 Novembre 1850, questo imponente asteroide (all’incirca 220 chilometri di diametro) sarà in opposizione il 4 di Maggio. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 10.0.

Il suo moto sarà di 0,70 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (13) Egeria trasformarsi in una bella striscia luminosa di 28 secondi d’arco.

(18) Melpomene

(18) Melpomene è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.270 giorni (3,48 anni) ad una distanza compresa tra le 1,80 e le 2,80 Unità Astronomiche (rispettivamente, 269.276.166 km al perielio e 418.874.036 km all’afelio).

Deve il suo nome a Melpomene, figlia di Zeus e di Mnemosine, divinità del canto e della danza.

Scoperto da John Russell Hing il 24 giugno 1852, questo grande asteroide (circa 140 km di diametro) sarà in opposizione il 5 Maggio, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 10.3.

Il suo moto sarà di 0,65 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (18) Melpomene trasformarsi in una bella striscia luminosa di 26 secondi d’arco.

(21) Lutetia Magnitudine: 10
(86) Semele Magnitudine: 14
(88) Thisbe Magnitudine: 11
(140) Siwa Magnitudine: 12
(233) Asterope Magnitudine: 12
(341) California Magnitudine: 13
(403) Cyane Magnitudine: 12
(545) Messalina Magnitudine: 13
(1319) Disa Magnitudine: 13

Selezione di asteroidi (luminosi) in opposizione a Maggio 2022

Cieli sereni a tutti!

SUPERNOVAE: aggiornamenti Maggio 2022

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Questo 2022 sembra essere davvero l’anno di Giancarlo Cortini, che dopo il successo dello scorso febbraio, si concede uno stupendo bis, mettendo a segno una nuova ed interessante scoperta

Nella notte del 2 aprile individua infatti una nuova stella di mag.+17 nella galassia a spirale barrata NGC4545 posta nella costellazione del Drago a circa 120 milioni di anni luce di distanza. Nella notte seguente la scoperta, dall’Osservatorio di Okayama in Giappone, con il telescopio Seimei da 3,8 metri, viene ripreso lo spettro di conferma, classificando il nuovo transiente come una supernova di tipo II molto giovane ed assegnando la sigla definitiva SN2022fuc (IMMAGINE IN COPERTINA ALL’ARTICOLO)

Nei giorni seguenti la scoperta la luminosità è aumentata leggermente sfiorando la mag.+16. Da notare che soltanto poco più di dieci ore prima della scoperta di Giancarlo, il programma professionale americano denominato ZTF aveva ripreso la supernova che mostrava una luminosità pari alla mag.+19,86. Questo ci fa capire come sia repentino l’incremento di luminosità nelle fasi iniziali dell’esplosione.

Giancarlo Cortini e il suo telescopio C14 all’interno dell’Osservatorio di Monte Maggiore (Predappio)

A Giancarlo vanno perciò i nostri complimenti, anche per la rapidità nel comunicare la scoperta!

Giancarlo ha inoltre espresso la volontà di dedicare la sua scoperta alla memoria di Paolo Campaner che recentemente ci ha lasciati. Un bel gesto che apprezziamo e condividiamo con piena approvazione.
Sul prossimo numero in uscita Coelum 256: IN RICORDO DI PAOLO CAMPANER – articolo a cura di Fabio Briganti

Se Giancarlo Cortini sta facendo molto bene, l’incredibile giapponese Koichi Itagaki continua a stupire ed a lasciarci senza parole, ottenendo una stupenda doppietta, la seconda delle quali davvero importante.

Koichi Itagaki accanto al suo strumento principale, un riflettore da 60cm F.5,7

Ma andiamo per ordine!

Nella stessa notte in cui Giancarlo scopriva la SN2021fuc (2 aprile), l’esperto ricercatore del Sol Levante riprendeva, fra i primi bagliori dell’alba che stava arrivando, la galassia UGC12173 individuando una stella di mag.+17,1.

La galassia ospite è una spirale barrata posta nella piccola costellazione della Lucertola a circa 190 milioni di anni luce di distanza. Nei giorni seguenti la scoperta, la luminosità del nuovo transiente è diminuita progressivamente e l’8 aprile era già scesa oltre mag.+18 dimostrando che la scoperta era stata effettuata dopo il massimo di luminosità, con l’esplosione avvenuta quando la galassia ospite era in congiunzione con il Sole.

AT2022ftr in UGC12173 realizzata da Koichi Itagaki con un telescopio Schmidt-Cassegrain da 35cm F.11

A causa della vicinanza con i chiarori dell’alba, non è stato possibile ottenere uno spettro di conferma e pertanto al nuovo oggetto è stata assegnata la sigla provvisoria AT2022ftr.

Ma è nella notte del 16 aprile, con la Luna piena, che Koichi Itagaki mette assegno un’altra scoperta davvero importante.

Non ha problemi infatti ad individuare una stella di mag.+15 nella galassia a spirale barrata NGC4647 posta nella costellazione della Vergine a circa 60 milioni di anni luce. Situata nell’ammasso di galassie della Vergine, NGC4647 è famosa per la vicinanza alla galassia Messier 60. Nelle immagini profonde le due galassie sembrano sfiorarsi, anche se solo prospetticamente, perché M60 è posta circa 5 milioni di anni luce più vicino a noi.

Avevamo preso in considerazione anche l’idea che questa supernova fosse esplosa nella parte periferica di M60, ma dallo spettro non è possibile sciogliere questo dubbio a causa della poca differenza di distanza fra le due galassie. Lo spettro comunque (altra buona notizia!) è stato ottenuto per primo dal nostro Claudio Balcon appena 5 ore dopo la scoperta.

La SN2022hrs, questa la sigla definitiva assegnata, è una supernova di tipo Ia scoperta circa due settimane prima del massimo, con i gas eiettati dall’esplosione che viaggiano ad una velocità di circa 16.000 km/s.

L’immagine della SN2022hrs in NGC4647 realizzata da Manfred Mrotzek con un telescopio da 140mm F.5,4 somma di 21 immagini da 240 secondi

Lo spettro è molto simile alla SN2002bo, una variante HVG (Alto Gradiente di Velocità), che presenta un massimo di luminosità leggermente più alto rispetto ad una tradizionale Ia. Da notare che questa è una supernova scoperta e classificata tutta a livello amatoriale, ad oggi ne conosciamo almeno sette e negli ultimi cinque c’è il marchio del bellunese Claudio Balcon.

La luminosità della supernova sta progressivamente aumentando e negli ultimi giorni del mese di aprile dovrebbe raggiungere la notevole mag.+12,0 / +12,5 diventando ad oggi la supernova più luminosa del 2022.

5) Immagine della SN2022hrs in NGC4647 realizzata da Fabrizio Mancini ed Elia Dal Canto con un Newton 200mm F.5 somma di 50 immagini da 19 secondi ed elaborata da Mauro Bachini

Una ghiotta occasione per riprendere una bella coppia di galassie, che condividano una luminosa supernova.

NGC4647 aveva visto esplodere al suo interno un’altra supernova conosciuta, la SN1979A scoperta il 25 gennaio 1979 dall’astronomo russo G.N. Kimeridze, della quale però non fu possibile ottenere lo spettro di conferma.

Le Costellazioni di Maggio 2022

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Nel primaverile cielo di Maggio assisteremo a una bella sfilata di costellazioni tipiche del periodo che domineranno le miti serate facendo sfoggio dei loro astri più brillanti

Se a Ovest e Nord-Ovest saranno ormai sempre più basse sull’orizzonte Auriga, Gemelli, Cancro e parte di Idra, da Sud-Est iniziano ad affacciarsi già nelle prime ore notturne le costellazioni che preannunciano il cielo estivo, ovvero:  Cigno, Aquila, Ofiuco, Bilancia e Scorpione.

Vergine: una delle più grandi costellazioni del cielo

Posta a metà strada tra Leone e Bilancia, la costellazione zodiacale della Vergine rappresenta una delle protagoniste del cielo di Maggio: facilmente individuabile grazie alla sua stella alfa, Spica.

Vergine e Spica (credit Stellarium)

Vergine transita al meridiano proprio il 25 maggio e sarà visibile sino al mese di luglio, accompagnandoci così per una buona parte del cielo estivo.

Con la sua estensione (circa 1300 gradi quadrati) questa costellazione è la seconda più ampia della volta celeste (il primato lo detiene l’Idra) e si presenta interessante e ricca anche per via degli oggetti non stellari che ospita al suo interno.

La stella più brillante è Spica (alfa Virginis), distante 262 anni luce da noi, che con la sua magnitudine di 1.04 si colloca al quindicesimo posto tra le stelle più luminose del firmamento. Con il suo colore azzurro intenso è facilmente riconoscibile in quanto, insieme alle stelle Arturo e Denebola, costituisce uno dei vertici dell’asterismo del Triangolo primaverile.

Ne abbiamo parlato qui: Le costellazioni di Aprile 2022

Tra gli astri che compongono la costellazione, la seconda più luminosa è Porrima (gamma Virginis), una stella doppia le cui componenti sono di pari colore (giallastro), di magnitudine apparente di 2.74; questo sistema binario si trova a una distanza di 39 anni luce.

Al terzo posto per luminosità, brilla la gigante gialla Vendemmiatrice, con magnitudine 2.85 e distante 102 anni luce. Le origini del suo nome risalgono a più di 2.000 anni fa, quando la stella sorgeva alle prime luci dell’alba durante il periodo di inizio settembre, interessato dalla vendemmia. A causa della Precessione degli equinozi, le cose ad oggi sono un po’ cambiate e la stella Vendemmiatrice ha lasciato il posto agli astri della costellazione del Leone.

OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DELLA VERGINE

Quella della Vergine è una costellazione molto ricca di oggetti non stellari.

Ospita infatti un gran numero di galassie e ammassi; tra questi il più importante è l’Ammasso della Vergine: un ricco insieme di galassie, molte delle quali sono osservabili già con piccoli telescopi.

da Photo Coelum: Ammasso della Vergine di Maurizio Cabibbo (clicca sull’immagine per saperne di più)

L’ammasso è composto da circa 2.500 membri ed è a sua volta il componente più massiccio del Superammasso della Vergine di cui fa parte anche il Gruppo Locale, ovvero il gruppo di galassie a cui appartiene la nostra Via Lattea.

Una delle galassie ellittiche più conosciute ed estese visibili nella costellazione della Vergine è Virgo A, nota anche come l’oggetto M87 del Catalogo Messier: posta in una regione povera di stelle luminose, la galassia può  essere individuata a partire dall’utilizzo di un binocolo di media apertura, in un cielo nitido e privo di qualsiasi ostacolo luminoso. Con telescopi di una certa portata di ingrandimento, l’oggetto M87 può essere osservato in maniera più nitida anche se ciò che apparirà ai nostri occhi sarà una comunque un piccolo nucleo luminoso circondato da un alone biancastro.

Crediti: Eht Collaboration

La principale peculiarità di M87 è il Buco Nero Supermassiccio situato al centro della galassia di cui il 10 aprile 2019 è stata svelata al mondo l’immagine dell’orizzonte degli eventi.

Con il suo getto relativistico e l’emissione di raggi X e gamma, la galassia costituisce un importante oggetto di studio per scienziati e ricercatori.

 

VERGINE NELLA MITOLOGIA

Figura ispiratrice per i letterati greci da Pindaro, Eschilo a Euripide, la Vergine trova collocazione tra le divinità della natura, dell’agricoltura, del ciclo delle stagioni, dell’abbondanza e fertilità.

Già l’antico popolo dei Babilonesi associava la figura della Vergine a quella della dea Shala, divinità dei raccolti raffigurata con una spiga in mano e non a caso la stella principale della costellazione prende il nome di Spica, dal latino “spiga di grano”.

La mitologia greca identifica la Vergine con Dike (o Astrea), dea della Giustizia figlia di Zeus e Temi, che insieme alle sue sorelle faceva parte delle figure mitologiche chiamate Ore: custodi del rispetto per le leggi morali e divinità della natura.

Secondo la leggenda la dea Dike si impegnò affinché gli uomini osservassero le regole morali e di equità, ma questo non bastò a scansarla dalla delusione e dall’amarezza nel constatare la bassezza della condotta umana. Mossa dallo sdegno, infatti, la dea preferì ritirarsi in cielo.

L’IDRA: LA PIU’ ESTESA DELLE COSTELLAZIONI

Idra (credit Stellarium)

Come sopra descritto, Vergine è seconda per estensione solo a Idra, una costellazione prevalentemente australe che tuttavia  può essere osservata dal nostro emisfero proprio nei mesi che vanno da marzo a giugno: nel cielo serale di maggio possiamo dunque provare a individuarla, cercandola nella porzione di cielo al di sotto delle costellazioni di Vergine, Leone e Cancro.

Non perdere HYDRA part. 1 – Una costellazione timida ma ricca di sorprese: il ricco approfondimento disponibile sul n. 255 di Coelum

Idra è un oggetto molto esteso che copre un’area di circa 1303 gradi quadrati e che serpeggia sotto i nostri occhi coprendo da sola il 3,16% della volta celeste. Peculiare il fatto che mentre la “coda” dell’Idra si appresta a sorgere, la “testa” è già alta verso Sud e quando la “testa” si accinge al tramonto è la “coda” a culminare a Sud.

Nonostante la sua ampiezza, Idra è una costellazione che non eccelle di certo in luminosità, poiché ha solo una stella degna di nota: Alphard (alfa Hydrae), posta a circa venti gradi a Sud di Regolo. Si tratta di una gigante arancione che possiede una magnitudine di 1,99 e si trova a 177 anni luce di distanza.

Va segnalato che la costellazione ospita diverse stelle doppie, facilmente risolvibili anche con l’ausilio di un  binocolo, e delle stelle variabili.

In Idra un oggetto non stellare degno di nota è certamente M48: un ammasso aperto individuabile ad occhio nudo, sempre a condizione che si osservi da un luogo privo di inquinamento luminoso. L’oggetto è riconoscibile attraverso un binocolo o meglio ancora con l’utilizzo di un telescopio.

Nella costellazione è presente anche una nebulosa planetaria molto luminosa e dal colore verde/bluastro, simile ad un pianeta: si tratta di NGC 3242, nota anche come Fantasma di Giove o Nebulosa Occhio.

NGC 3242 “Fantasma di Giove” di Francesco Badalotti (clicca sull’immagine per saperne di più)

Presente nella costellazione dell’Idra anche M83, una galassia a spirale molto luminosa nota anche con il nome di Galassia Girandola del Sud per via dei suoi bracci a spirale che entusiasmano molto nell’osservazione e nell’astrofotografia.

IDRA NELLA MITOLOGIA

Come ogni oggetto celeste, anche l’Idra trova ampi riferimenti nella mitologia, in modo particolare nel mito greco che annovera Idra tra le Fatiche di Ercole.

Figlia di Tifone ed Echidna, Idra fu allevata da Era: era un mostro arguto e diabolico, in grado di uccidere un uomo anche solo con il suo respiro tanto era la quantità di veleno presente nel suo corpo. Viene raffigurato come un serpente marino dotato di nove teste, le quali si rigeneravano qualora fossero recise.

Fu Ercole ad uccidere il mostro durante la sua seconda fatica, in cui riuscì ad abbattere l’Idra con delle frecce infuocate, nonostante fosse stato colpito più volte dalle chele del Carcino (granchio), emerso dalla palude e inviato da Era ai fini di ostacolare Ercole. Al seguito della la sconfitta, Era pose in cielo sia il granchio che il mostruoso serpente marino, trasformandoli rispettivamente nelle costellazioni del Cancro e dell’Idra.

Con l’arrivo di Samantha Cristoforetti sulla ISS ha inizio la missione Minerva

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Comunicato Stampa ESA

l veicolo spaziale Crew Dragon Freedom, che porta l’astronauta dell’ESA Samantha Cristoforetti e i suoi colleghi della NASA Kjell Lindgren, Robert Hines e Jessica Watkins, ha effettuato l’attracco sulla Stazione Spaziale Internazionale giovedì 28 aprile all’01:37.

L’arrivo sulla Stazione segna l’inizio della seconda missione nello spazio di Samantha Cristoforetti, nota come Minerva.

Il viaggio nello spazio della Crew-4

Noto come Crew-4, l’equipaggio composto da Samantha Cristoforetti e i suoi colleghi della NASA è partito dal Launch Complex 39A presso il Kennedy Space Center della NASA mercoledì 27 aprile alle 09:52 CEST.

credit ESA

Durante il volo, Samantha Cristoforetti ha ricoperto il ruolo di specialista di missione, mentre ora assumerà quello di leader del USOS, con responsabilità delle operazioni all’interno del Segmento Orbitale Americano della Stazione Spaziale Internazionale per l’intera durata della sua missione. Il segmento comprende i moduli e i componenti americani, europei, giapponesi e canadesi della Stazione Spaziale.

Alla Crew-4 è stato dato il benvenuto a bordo dagli astronauti e astronaute che attualmente abitano la Stazione, tra cui l’astronauta dell’ESA Matthias Maurer, giunto sulla Stazione come membro della Crew-3 e il cui ritorno sulla Terra è previsto a breve.

Due europei in orbita

Josef Aschbacher, Direttore Generale dell’ESA, afferma che è un evento molto speciale vedere due astronauti europei insieme nello spazio.

«È un grande piacere per me vedere non solo la riuscita del lancio e dell’attracco della Crew-4 con Samantha Cristoforetti, ma anche l’incontro in orbita di due astronauti europei estremamente competenti».

«In qualità di astronauta esperta» ha aggiunto «Samantha Cristoforetti continuerà a rappresentare l’Europa e a condurre esperimenti europei a bordo della Stazione Spaziale per tutta la durata della missione Minerva. Questi esperimenti daranno un fondamentale contributo all’innovazione europea sulla Terra, dallo sviluppo della nostra industria, alla salvaguardia dell’ambiente, all’esplorazione ancora più profonda dello spazio».

Questa opinione è condivisa dal Direttore di Esplorazione Umana e Robotica dell’ESA David Parker, che afferma: «Samantha Cristoforetti è stata un modello eccellente per coloro che attualmente partecipano al processo di selezione per diventare astronauti e astronaute dell’ESA, fornendo consigli, informazioni e ispirazione nell’intero percorso.

«Come leader dell’USOS, continuerà a essere un’eccellente rappresentante per l’Europa durante i prossimi mesi, che saranno ricchi di scienza, ricerca e operazioni sulla Stazione Spaziale Internazionale, ai quali guardiamo con grande entusiasmo».

Ulteriori informazioni sulla missione Minerva

https://www.esa.int/Science_Exploration/Human_and_Robotic_Exploration/Minerva

Ultimi aggiornamenti sul blog Exploration:

https://blogs.esa.int/exploration/category/astronauts/samantha-cristoforetti/

 

Transiti notevoli ISS per il mese di Maggio 2022

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La ISSStazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali.
Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante l’ultimo mese della primavera, auspicando come sempre in cieli sereni!

Si inizierà il giorno 13 Maggio, dalle 04:48 verso ONO alle 04:59 verso SE. Visibilità perfetta da tutta Italia, con magnitudine di picco a -3.9.

Uno dei migliori transiti mattutini del mese, meteo permettendo!

Si replica il 14 Maggio, dalle 03:59 alle 04:10, osservando da NO ad ESE. La ISS sarà ben visibile dal Centro Nord e regioni Adriatiche con una magnitudine massima si attesterà su un valore di -3.3.

Ancora al14 Maggio, ma alla sera, dalle 22:18 in direzione OSO alle 22:29 in direzione NE. Questo sarà un nuovo transito ottimale per tutta Italia. Magnitudine massima di -3.3.

Due giorni dopo, il 16 Maggio, dalle 04:03 alle 04:09, da O a SE, avremo un nuovo transito apprezzabile principalmente dalle isole maggiori e dall’occidente italiano. Magnitudine massima a -3.7.

Saltando di circa dieci giorni, al 27 Maggio, avremo un nuovo transito parziale dalle 23:01 alle 23:06, da ONO ad O. Visibilità migliore dalle porzioni occidentali del Centro Nord, con magnitudine massima a -3.5.

Il 28 Maggio avremo il primo dei due migliori transiti serali del mese, dalle 22:12 alle 22:19, con magnitudine di picco a -3.6, visibile da tutta Italia da NO ad ESE.

Alla sera del 29 Maggio, dalle 22:11 verso ONO alle 22:17 verso S, visibile al meglio dalle isole maggiori, un nuovo transito della Stazione Spaziale, con magnitudine massima a -3.2.

L’ultimo transito notevole del mese sarà nuovamente perfetto per tutto il Paese, il 31 Maggio. Dalle 21:22 alle 21:30, da NO a SE. Magnitudine di picco a -3.8 per il miglior transito serale del mese.

Le Comete di Maggio 2022

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MAGGIO, MESE DI COMETE

Due presunte comete luminose, questo ci porta in dote il mese centrale della primavera. Ad oggi, scrutando il futuro, sarà probabilmente il periodo più interessante del 2022.
E allora occhi al cielo per ammirare lo spettacolo!

C/2021 O3 PanSTARRS

La posizione della C/2021 O3 PanSTARRS durante maggio. Le stelle più deboli sono di mag. 6

Scoperta il 26 luglio 2021 dal celebre sistema automatizzato di cui porta il nome, arriva la cometa che – secondo le previsioni e salvo altre scoperte – risulterà la più luminosa dell’anno.

Fa la sua apparizione dopo il passaggio al perielio avvenuto il 21 aprile, quando però era troppo vicina al Sole per poter essere avvistata.

Successivamente dall’emisfero australe non è stato rilevato niente di luminoso (l’oggetto avrebbe dovuto mostrarsi di quinta sesta/ magnitudine) tanto che, quasi sicuramente, la cometa è molto al di sotto delle stime previste. Staremo a vedere appena le osservazioni porteranno nuovi dati, tenendo conto che nei primi giorni di maggio le condizioni osservative risulteranno ancora piuttosto critiche a causa della sua scarsa altezza sull’orizzonte nel momento in cui il cielo si fa buio. Varrà comunque la pena tentare perché sarà il periodo in cui dovrebbe risultare ancora piuttosto luminosa, anche se a questo puto è tutto da vedere.

In breve guadagnerà in declinazione arrampicandosi in cielo, divenendo circumpolare e quindi osservabile per tutta la durata della notte astronomica, perdendo però gradualmente luminosità (a fine mese le previsioni la indicano attorno alla decima magnitudine).

Il suo movimento mensile sarà quindi rilevante, portandola dai pressi delle Pleiadi fin non distante dalla Stella Polare.

Il primo maggio si troverà a poco più di tre gradi dalle Pleiadi ed a circa cinque da Mercurio, anche se purtroppo il quadretto non sarà semplice da cogliere a causa delle condizioni di scarsissima altezza sull’orizzonte degli oggetti e del chiarore ancora presente.

C/2017 K2 PanSTARRS

La posizione della C/2017 K2 PanSTARRS in maggio. Le stelle più deboli sono di mag. 10

Prosegue la crescita, anche se in maniera lentissima) dell’altra PanSTARRS che secondo le previsioni avrebbe dovuto ormai raggiungere l’ottava magnitudine divenendo un facile oggetto binoculare.

Invece verso fine aprile la sua luminosità è purtroppo di almeno due magnitudini inferiore.

Nei mesi scorsi avevamo già accennato ai suoi stenti che l’hanno discostata in negativo dalla curva di luce prevista. Siccome però delle comete non c’è mai da fidarsi (anche questo le rende affascinanti!) teniamola monitorata.

Durante la prima decade del mese si troverà nell’Aquila ed in seguito si trasferirà nell’Ofiuco.

La sua levata sarà anticipata rispetto al mese precedente, ma per trovarla alta in cielo occorrerà aspettare la notte piena e risulterà ancora più alta al termine della notte astronomica.

Passaggio a consegna con corriere – upgrade

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ATTENZIONE

È disponibile da oggi, nella sezione Shop, il prodotto Upgrade Spedizione che consente di passare alla spedizione con corriere (Veloce) per tutti coloro che hanno scelto inizialmente un abbonamento con consegna Standar tramite Poste Italiane.

La consegna tramite Poste Italiane, sebbene affidabile al 98%, non è garantita e non consente il monitoraggio della spedizione, né da parte del mittente né da parte del destinatario. Seppur al di fuori delle proprie responsabilità in caso di mancata ricezione del plico, Coelum Astronomia si adopera per quanto possibile al fine di far si che ogni abbonato riceva la sua copia; tuttavia non è sostenibile un intervento sistematico.

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XXXVII Meeting dei Planetari italiani Firenze

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Dal 29 aprile al 1° maggio si terrà, alla Fondazione Scienza e Tecnica di Firenze, il XXXVII Meeting dei Planetari italiani

Il convegno annuale è la principale occasione di incontro della comunità dei Planetari italiani, che sono oltre 120 e ospitano ogni anno, complessivamente, circa 400.000 visitatori.

All’incontro non parteciperanno soltanto gli operatori delle strutture, ma anche insegnanti, astrofili e appassionati delle scienze del cielo e di didattica e divulgazione della scienza.

L’incontro si articolerà in tre giornate.

Nel pre-meeting del pomeriggio di venerdì 29 si svolgerà un workshop sull’utilizzo di un software 3D per la realizzazione di animazioni e video da proiettare nei Planetari. In alternativa, è previsto “Alla scoperta di Firenze con occhi da astronomo”, un tour tra alcuni dei luoghi di interesse astronomico della città guidato da Alessandra Zanazzi, dell’INAF – Osservatorio astrofisico di Arcetri.

Gli interventi inizieranno invece sabato mattina, preceduti dal benvenuto rivolto ai partecipanti da parte di Maria Sofia Randich, direttrice dell’INAF – Osservatorio astrofisico di Arcetri, di Alessandra Petrucci, rettrice dell’Università di Firenze, e di Donatella Lippi, presidente della Fondazione Scienza e Tecnica.

Tra i talk previsti: un ricordo di Margherita Hack, che nacque, studiò e lavorò a Firenze e della quale tra poche settimane si celebreranno i 100 anni dalla nascita; le novità da alcune strutture, come quella di Amelia (TR) ospitata in un convento che ha origini nel XIV secolo; le possibili collaborazioni per i PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento); un museo sulla conquista dello spazio con contribuiti in AR; il lavoro del Planetario di Ravenna tra divulgazione, inclusione e impegno civile.

Inoltre, dato che i Planetari sono luoghi in cui la scienza si incontra anche con le
discipline umanistiche, sarà presentato lo spettacolo teatraleL’altro lato delle Fiabe”,
pensato per essere rappresentato anche sotto le cupole, e ci sarà l’intervento di Elisabeth Vermeer, storica dell’arte e dell’architettura, sull’evoluzione del cielo nell’ottica dell’arte da Giotto a Yves Klein.

Nella giornata di domenica, oltre all’Assemblea dei soci in cui sarà presentato il nuovo sito di PLANit (www.planetari.org), si parlerà della figura dei Planetari, che ancora non hanno trovato una classificazione univoca nell’ambito del ministero della Cultura, e del ruolo degli enti non commerciali nel panorama della comunicazione della scienza.

Parteciperanno al meeting anche le principali aziende mondiali che operano nel
settore dei Planetari (Evans&Sutherlad, Sky-Skan, RSA Cosmos/Konica MInolta e Zeiss),
che illustreranno le ultime novità tecnologiche.

Tutte le info e i dettagli sul sito ufficiale dell’Associazione Planit

NOTA: il Convegno è un appuntamento imperdibile per chi a vario titolo si occupa di divulgazione dell’Astronomia e noi di Coelum Astronomia non potevamo mancare! Ci vediamo a Firenze.

 

 

Il ritorno in orbita di Samantha Cristoforetti

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Tutto pronto al Kennedy Space Center per il lancio del Falcon 9 con a bordo Samantha Cristoforetti: direzione ISS!

La partenza è prevista alle 9:52 (ora italiana)

Segui il lancio in diretta direttamente sul sito di Coelum!

clicca sull’immagine per raggiungere la Home del sito di Coelum e seguire il lancio in diretta

Sta partendo dal Kennedy Space Center la Crew-4, la quarta spedizione scientifica diretta alla Stazione Spaziale Internazionale firmata NASA e SpaceX.

A bordo c’è anche Samantha Cristoforetti, titolare della missione scientifica Minerva, durante la quale assumerà anche il ruolo di comandante del segmento orbitale americano (USOS) della base.

Per la Cristoforetti si tratta della seconda missione spaziale di lunga durata dopo “Futura” dell’ASI del 2014.

Durante la loro permanenza nel laboratorio orbitante, gli astronauti condurranno oltre 200 esperimenti scientifici in aree come la scienza dei materiali, le tecnologie sanitarie e la biologia per prepararsi all’esplorazione umana oltre l’orbita terrestre bassa.

E quindi… tutti lo sguardo all’insù! 

Luna di Maggio 2022

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In attesa dell’eclissi del 16/05, tutto quello che dobbiamo sapere sulla Luna per il mese di Maggio 2022!

Trascorsi solamente poco più di 90 minuti dall’ultimo Novilunio di Aprile (il 30 alle 22:28), che abbiamo visto il mese scorso con l’appellativo di “Luna Nera”,

Per approfondire: Luna di Aprile 2022

Maggio si apre con la contestuale ripartenza di un nuovo ciclo lunare che vedrà l’avvicendarsi delle varie fasi di luna crescente fino a portare progressivamente il nostro satellite nelle migliori condizioni osservative, entrando in Primo Quarto alle ore 02:21 del 9 Maggio quando mancherà ormai meno di un’ora al suo tramonto. Per chi intendesse effettuare osservazioni col telescopio la Luna sarà ampiamente presente già dalla sera precedente a partire dalle ore 21:30 circa ad un’altezza iniziale di +56° e visibile fino a notte inoltrata quando poco dopo le ore 3 scenderà sotto l’orizzonte.

Fra le innumerevoli possibilità di scelta si è pensato di considerare alcune fra le antichissime strutture geologiche del nostro satellite, precisamente Stofler/Faraday ed Heraclitus/Licetus/Cuvier, due distinti gruppi di crateri situati nel settore sudest dell’altipiano meridionale per l’occasione proprio in prossimità della linea del Terminatore, una delle condizioni essenziali per tentare osservazioni in alta risoluzione, seeing permettendo!

Per quanto riguarda i primi due, Stofler e Faraday, questi provengono dal periodo geologico Pre Nectariano collocato da 4,5 a 3,9 miliardi di anni fa e anche a una semplice osservazione si nota subito come su una vasta porzione del settore est-sudest del più antico Stofler (diametro 129 km) si siano poi sovrapposti in epoche successive vari crateri tra cui Faraday (diametro 71 km) ed altre formazioni minori fino a determinarne l’irregolare aspetto che vediamo oggi. Molto interessante l’osservazione di una miriade di piccoli craterini nel settore ovest-nordovest della platea di Stofler.

A breve distanza da questo si trova il gruppo composto dai crateri Heraclitus/Licetus/Cuvier.

credit F. Badalotti

Ad un’attenta osservazione si nota come i più antichi Heraclitus (diametro 94 km) e Licetus (diametro 77 km), provenienti dal periodo geologico Pre Nectariano collocato da 4,5 a 3,9 miliardi di anni fa, si presentano degradati in seguito alla caotica sovrapposizione di crateri a causa di successivi impatti di corpi meteoritici, in modo particolare Heraclitus al telescopio appare praticamente distrutto e letteralmente suddiviso in tre distinte aree irregolari di cui la più ampia è nota come Heraclitus-D di 52 km di diametro mentre il poco più giovane Cuvier (diametro 77 km, periodo geologico Imbriano; 3,9 miliardi di anni) presenta un normale stato di conservazione e con innumerevoli piccolissimi craterini sparsi nella platea e lungo le sue pareti.

Non potrà mancare una visita telescopica alla spettacolare sfilata di grandi strutture crateriformi da Albategnius fino a Walther allineati in prossimità del bordo orientale del mare Nubium e nell’occasione anche questi sul terminatore, sperando che meteo e seeing si mettano finalmente d’accordo.

Il Plenilunio il giorno dell’eclissi

Nel procedere della luna crescente alle ore 06:14 del 16 Maggio il nostro satellite sarà in Plenilunio in fase di 15,3 giorni, alla distanza di 362203 km dalla Terra e con diametro apparente di 32,99’ poco dopo il suo tramonto. Pertanto gli eventuali appassionati di osservazioni della Luna Piena potranno scorrere con i loro strumenti sulla sua superficie dalla serata del 15 all’alba del 16 Maggio unitamente alla successiva serata del 16 fino all’alba del 17 Maggio.

Osservando il disco della Luna Piena completamente illuminato dal Sole con le scure aree basaltiche dei grandi bacini da impatto che chissà quante volte molti appassionati avranno scandagliato con i loro strumenti, prendiamo ora in considerazione il mare Imbrium situato nel settore centrosettentrionale della Luna con una superficie di circa 900.000 kmq ed un diametro di 1300 km, la cui origine viene ricondotta al periodo geologico Imbriano Inferiore collocato a 3,8 miliardi di anni fa.

Nonostante in Luna Piena l’altezza del Sole sull’orizzonte riduca al minimo la percezione di gran parte dei dettagli superficiali, non sarà comunque difficile individuare le spettacolari formazioni montuose che ne delimitano l’estensione come i monti Carpatus, Appennini, Caucasus, Alpi, Jura, quanto oggi rimane delle antichissime pareti di quella che in epoche remotissime fu una gigantesca struttura crateriforme.

Al fine di una più realistica percezione delle dimensioni di questo immenso bacino da impatto in relazione alla corrispondente area del nostro pianeta se ne è ipotizzata la sovrapposizione centrata sulla città di Roma constatando che l’area che verrebbe occupata dal mare Imbrium si estenderebbe su una circonferenza delimitata dalle città di Aosta e Innsbruck a nord; Tunisi, Pantelleria e Siracusa a sud; Tirana e Graz a est; Marsiglia e il tratto di mare fra la Sardegna e le Isole Baleari ad ovest.

Confronto strutture lunari/terrestri: immagini della Luna di F. Badalotti su planisfero di Google Earth

Segnalo inoltre che fra la tarda serata del 17 e la nottata del 18 Maggio la zona di massima librazione interesserà la calotta polare nord: da non perdere la possibilità di osservare in dettaglio una regione lunare particolarmente interessante quanto problematica, ma se il seeing sarà dalla nostra parte si potrà anche lavorare in alta risoluzione.

Il 16 Maggio ci sarà anche un ECLISSI TOTALE DI LUNA!
Non perdere l’approfondimento su Coelum n. 255 Aprile-Maggio

Contestualmente al Plenilunio ripartirà la fase di luna calante che allontanerà progressivamente il nostro satellite dalle comode ore della sera confinandolo sempre più alle ore notturne.

Importante tappa di questa fase è l’Ultimo Quarto previsto per le ore 20:43 del 22 Maggio ma con la Luna a -56° sotto l’orizzonte, pertanto le osservazioni al telescopio di questa sempre interessante ma forse snobbata fase lunare potranno essere effettuate la notte successiva quando intorno alle ore 03:00 circa del 23 Maggio sorgerà in fase di 22 giorni rendendosi visibile fino alle prime luci dell’alba.

Cosa vedere in Ultimo Quarto? Per molti potrebbe trattarsi della classica e cosiddetta “levataccia” ma quando si inizierà ad inquadrare col telescopio aree quali Aristarchus Plateau, il cratere Plato, il grande anfiteatro del Sinus Iridum, le imponenti pareti del cratere Copernicus e poi sempre più a sud fino allo spettacolare altipiano meridionale, ci si accorgerà che il tempo a disposizione trascorre fin troppo velocemente.

Al capolinea di questo mese lunare, contestualmente al Novilunio che si verificherà alle ore 13:30 del 30 Maggio, il nostro satellite ripartirà con un ulteriore ciclo chiudendo Maggio in fase di Luna Crescente (il giorno 31), ma ne riparleremo fra un mese.

Le Falci lunari di Maggio

Primo appuntamento per gli appassionati di falci lunari in fase crescente per la serata del 2 Maggio quando poco dopo le ore 22:00 tramonterà una falce in età di 2 giorni fra le stelle del Toro sulla cui superficie ci sarà solo il tempo per rapide occhiate ad alcune delle notevoli strutture strette fra il bordo est ed il terminatore citando mare Humboldtianum e cratere Gauss a nordest, cratere Neper a est, cratere Humboldt a sudest.

Il 3 Maggio in tarda serata tramonterà una più fotogenica falce di 3 giorni, una ghiotta occasione anche per orientare il telescopio sul settore orientale del mare Crisium oltre ai crateri lungo il lato est del mare Fecounditatis senza tralasciare le rispettive cuspidi nord e sud.

Per le falci in luna calante appuntamento per la tarda nottata del 26 Maggio con una falce di 26 giorni che sorgerà poco dopo le ore 04:00, preceduta dai pianeti Marte e Giove e seguita da Venere. Nel caso specifico il tempo a disposizione sarà appena sufficiente per qualche panoramica sull’enorme distesa basaltica dell’oceanus Procellarum e dei molto meno estesi Sinus Roris a nordovest e mare Humorum a sudovest prima che le luci dell’alba abbiano il sopravvento.

Ma la falce lunare da non perdere assolutamente sarà quella che il mattino seguente, il 27 Maggio, sorgerà poco dopo le ore 04:00 circa in fase di 26,2 giorni mentre sarà in corso la parziale occultazione del pianeta Venere da parte della Luna, inoltre alla distanza di 25/26° osserveremo la bella coppia composta da Giove e Marte (separati fra loro da soli 1°30’) intenti a godersi il bellissimo spettacolo!!

Per questo imperdibile appuntamento credo sia legittimo pretendere che tutti i parametri che concorrono a determinare almeno buone condizioni osservative facciano il “proprio dovere”. E se poi pioverà…. sarà per un’altra volta!

Concludo con la sottile quanto problematica falce lunare che il 28 Maggio sorgerà poco prima del Sole in fase di 27,3 giorni, da osservare o fotografare attuando rigorosamente ogni precauzione al fine non intercettare la deleteria luce solare. Per questa tipologia di osservazioni, oltre agli ormai noti parametri osservativi, risulterà determinante disporre di un orizzonte il più possibile libero da ostacoli.

Librazioni di Maggio

(In ordine di calendario, per i dettagli vedere le rispettive immagini).

Si precisa che, per ovvi motivi, non vengono indicati i giorni in cui i punti di massima Librazione si discostano dalla superficie lunare illuminata dal Sole.

Librazioni Regione Ovest
Mappa di F. Badalotti su immagini tratte dal globo di “Virtual Moon Atlas”
  • 15 Maggio Fase 15 giorni – Massima Librazione ovest crateri Reiner / Reiner Gamma
Librazioni Regione Nordovest-Nord
Mappa di F. Badalotti su immagini tratte dal globo di “Virtual Moon Atlas”
  • 16 Maggio Fase 16 giorni – Massima Librazione ovest cratere Pythagoras
Mappa di F. Badalotti su immagini tratte dal globo di “Virtual Moon Atlas”
  • 17 Maggio (tarda serata) Fase 17 giorni – Massima Librazione Calotta Polare Nord
  • 18 Maggio (notte) Fase 17,3 giorni – Massima Librazione Calotta Polare Nord

Dragonfly goes on Titan: what an incredible mission! – Pt. 2

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Ti sei perso la prima parte dell’articolo? Disponibile qui!

At Saturn’s distance, sunlight is a hundred times weaker than on Earth. And Titan’s haze blocks out most of the rest.

Therefore, Dragonfly will move through a perpetually frigid, twilight landscape, and it won’t be able to rely on solar power. It will run on batteries during the day and recharge at night from a nuclear power source similar to those used on NASA’s Curiosity and Perseverance rovers.

In this way, NASA hopes that in nearly three years of the mission Dragonfly will be able to fly from one point to another covering a total distance of 175 km – almost double the distance covered to date by all Martian rovers combined.

With NASA’s Ingenuity helicopter currently operating on Mars, Dragonfly will become the second aerial vehicle to fly to an alien world and the first to take flight on an alien moon.

As a project, Dragonfly has been active since 2019, but formal mission objectives have only recently been disclosed.Dragonfly’s purpose will be primarily, but not exclusively, astrobiological in nature.

The drone will go in search of biosignatures, which stand for present or past biological processes, and make measurements on the chemistry of the surface, including those concerning molecular structures necessary for life, as well as try to understand if Titan could potentially be habitable.

The planned landing point is in the dunes of a region known as Shangri-La; almost on the Equator, about 750 km north-northwest of where the Huygens probe lies. From there, Dragonfly will proceed to explore the vast equatorial desert, also attempting to reach the Selk impact crater, 60 km in diameter, considered an excellent place to look for possible traces of life.

Selk’s crater floor might have held a warm, wet pond when it formed and for a few hundred (or thousand) years after.

Once Dragonfly arrives at Selk, scientists can use Dragonfly’s suite of instruments to search for prebiotic molecules – the building blocks of life as we know it – and determine how, or if, biomolecules are formed on Titan.

The mission will take place primarily during the boreal winter. It could rain, but mission experts think that rain, of liquid methane, will not be a problem for Dragonfly, although this is not yet entirely certain.

Fortunately, it rains very rarely on Titan, and there is also very little wind, due to its slow orbital dynamics, distance from the sun, and foggy atmosphere. All factors keep temperatures relatively constant from latitude to latitude.

In short, it will be much easier than flying on Mars, and in practice, the sequence of flights will follow this routine: Every 15 days the aircraft takes off and flies for about 10 km, uses its sensors to explore new scientific targets, and then return to the original site until new landing sites are verified as safe by mission control.

The aircraft will remain on the ground during the nights of Titan, which will last about 8 Earth days.

The drone’s payload will consist of eight cameras, two spectrometers, and a drill to sample complex organics. Dragonfly will also carry a geophysical and meteorological station with 11 different instruments that can measure air temperature, air pressure, wind speed and direction, and humidity.

Wherever it goes, Dragonfly will study Titan’s surface, which should have picked up organic chemicals raining down from the atmosphere. Mounted on each of the probe’s two sled rails is a drill that will grind the materials so they can be sucked into an instrument called a mass spectrometer.

The spectrometer will be able to measure the masses of molecules in each sample, including the heavier organic compounds that are the building blocks of life as we know it.

Dragonfly will also carry a suite of instruments that will analyze the atmosphere, allowing scientists to know how it changes with the days and seasons.

The drone will also measure any earthquakes with a seismometer. And, of course, it will have cameras at various resolutions to capture the surface as it flies over it up to miles high. These photos will help the mission team identify the most interesting areas to visit later and will offer the public breathtaking views of an alien world.

Dragonfly will also make use of special ultraviolet light LEDs to aid in the search for organic compounds, some of which fluoresce when illuminated with UV light.

VIDEO New Dragonfly Mission Flying Landing Sequence Animation (click here)

The launch

Dragonfly is expected to launch in June 2027 and will take nine years to reach Titan, arriving by 2036. The spacecraft will perform a gravitational assist flyby of Venus, and three passes by Earth to gain additional velocity.

The cruise stage will separate from the entry capsule ten minutes before encountering Titan’s atmosphere. The lander will descend to the surface of Titan using an aeroshell and a series of two parachutes, while the spent cruise stage will burn up in uncontrolled atmospheric entry. The duration of the descent phase is expected to be 105 minutes.

At a speed of 1800 km per hour, a drogue parachute will deploy, to slow the capsule to subsonic speeds. Due to Titan’s comparably thick atmosphere and low gravity, the drogue chute phase will last for 80 minutes. A larger main parachute will replace the drogue chute when the descent speed is sufficiently low.

During the 20 minutes on the main chute, the lander will be prepared for separation. The heat shield will be jettisoned, the landing skids will be extended, and sensors such as radar and lidar will be activated. At an altitude of 1.3 km, the lander will be released from its parachute, for a powered flight to the surface.

It will be really terrible for us, for those who watch from Earth, having to wait all these years before we can witness this extraordinary spectacle. Don’t you agree?

 

UN GRAND PRIX SULLA LUNA – Conferenza per i 50 anni dalla missione Apollo 16

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Conferenza di stagione – Primavera 2022

UN GRAND PRIX SULLA LUNA
50 anni dalla missione Apollo 16

Giovedì 28 aprile 2022 – ore 21.00
Diretta online su Facebook e YouTube

Relatore: Dario Kubler
Presidente di ASIMOF
(Associazione Italiana Modelli Fedeli)

Modera: Andrea Bernagozzi
Ricercatore all’Osservatorio Astronomico
della Regione Autonoma Valle d’Aosta

Diffondiamo il comunicato stampa a cura dell’Osservatorio Astronomico
della Regione Autonoma Valle d’Aosta

Proseguono le celebrazioni per i cinquant’anni delle diverse missioni spaziali del programma Apollo della NASA, che tra il 1969 e il 1972 ha permesso all’umanità di sbarcare sulla Luna in sei occasioni.

Dario Kubler, ingegnere, esperto di storia dell’astronautica, illustrerà in maniera divulgativa e coinvolgente la storia della missione Apollo 16, che si svolse tra il 16 e il 27 aprile 1972.

Il comandante John Young e il pilota del modulo lunare Charles Duke, scesi sulla Luna con il LEM Orion, esplorarono una regione chiamata Altopiano di Descartes, per indagare l’origine delle sue formazioni geologiche. Gli astronauti si avvalevano di un rover lunare, una speciale automobile elettrica che aveva debuttato nel corso della precedente missione Apollo. Young e Duke misero ancora di più alla prova il rover, impegnandolo in test scherzosamente ribattezzati “Grand Prix lunare”. Mentre orbitava attorno al nostro satellite, l’astronauta Ken Mattingly, pilota del modulo di comando Casper, realizzò diversi esperimenti scientifici, eseguendo poi una passeggiata nello spazio profondo sulla via del ritorno sulla Terra.

Dario Kubler è presidente di ASIMOF, l’associazione che ha realizzato le spettacolari ricostruzioni del razzo Saturno V e del modulo di comando Columbia della missione Apollo 11 esposte all’Area megalitica di Aosta per la manifestazione “Dalla terra alla Luna: un viaggio nello spazio e nel tempo”, organizzata dall’amministrazione regionale nel luglio 2019 in occasione del cinquantesimo anniversario del primo allunaggio e della scoperta del prezioso sito archeologico.

Racconterà il rapporto personale di amicizia che tuttora lo lega a Charles Duke. Inoltre accennerà alla missione Artemis I, che la prossima estate raggiugerà l’orbita lunare con un volo automatico, in modo da testare il razzo e le navicelle che saranno usate nei prossimi anni per riportare gli astronauti sulla superficie della Luna.

L’appuntamento, moderato dal ricercatore Andrea Bernagozzi, sarà trasmesso in diretta sulla pagina Facebook e sul canale YouTube dell’Osservatorio Astronomico, con accesso libero e gratuito. Chiunque potrà porre domande e partecipare alla discussione attraverso i commenti e la chat dal vivo.

La Conferenza di stagione-Primavera 2022 è inserita nel calendario ufficiale della 13a edizione della manifestazione mondiale Global Astronomy Month, organizzata dall’associazione internazionale Astronomers Without Borders con il motto “One People, One Sky”.

Maggiori info: 

UN GRAND PRIX SULLA LUNA

Immagine in copertina: Il simbolo della missione Apollo 16 (credit NASA)

La Natura dello Spazio | maggio e agosto 2022

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Punta alle stelle 

la prima Manifestazione del Sila Science Park & FATA Museum
maggio e agosto 2022
le anticipazioni del Festival NATURA dello SPAZIO

 

Riceviamo e diffondiamo il comunicato stampa di questa iniziativa rivolta a tutti gli appassionati di Astronomia

Quante volte abbiamo puntato gli occhi al cielo, cercando come bambini di sondare i misteri dell’universo, con il naso all’insù?

Un’attitudine solo apparentemente puerile e che non sempre si perde con gli anni: la curiosità è il nucleo originario dell’essere umano.

Nulla cambia se lo sguardo è orientato verso l’infinita vastità del cosmo alla ricerca della comprensione delle sue leggi, o se invece, è la più naturale tensione umana: poeti o cercatori di stelle, scienziati in provetta o grandi esploratori, non fa eccezione; da sempre l’uomo ha interpretato segni e punti della carta celeste a seconda delle proprie inclinazioni e conoscenze, solo in un secondo momento ne ha fatto l’inizio di una ricerca fondata su basi scientifiche.

È l’origine dello studio delle stelle, l’Astronomia, una scienza che nasce soltanto in epoca storica. Il suo scopo è indagare ciò che è insondato, trovare una rotta nella mappa del cielo per scoprire i suoi segreti.

Con il desiderio di instillare e stimolare la capacità di osservazione nei più giovani è nata una grande Manifestazione, La Natura dello Spazio, che si terrà a maggio e ad agosto 2022, al Sila Science Park & FATA Museum, un museo collocato nel cuore della Sila piccola, in Calabria.

Il Sila Science Park & FATA Museum è un progetto innovativo, e dedicato soprattutto alle scuole, che si affaccia nel panorama nazionale dei musei con la prima iniziativa a carattere scientifico promossa dal Comune di Taverna grazie al sindaco Sebastiano Tarantino e finanziata dalla Regione Calabria.

Il Festival dal nome tanto evocativo, La Natura dello Spazio, ha un programma ricchissimo di eventi e con una formula diffusa, richiamerà anche alcuni luoghi della città di Catanzaro e centinaia di turisti.

Il museo e parco esperienziale, incentrato sul tema dei 4 elementi naturali, Fuoco, Acqua, Terra, Aria, da cui il nome FATA, si estende nel territorio del Comune di Taverna, all’interno di un’area naturale di oltre 80 ettari, per altro, tra le meno inquinate dal fattore luminoso.

Lo scenario quindi è ideale per l’osservazione astronomica!

Il Sila Science Park & FATA Museum è infatti uno spazio della cultura scientifica e ambientale che, prevalentemente indirizzato al turismo scolastico e alle famiglie, si compone di una struttura coperta realizzata su progettazione del CNR, su una superficie di oltre 2000 mq.

Con, da una parte, il museo FATA che si sviluppa su due piani, e dove al suo interno trova spazio la sala cinema in 3D con lo schermo curvo in fibra d’argento più grande d’Italia, e dall’altra, il Parco esperienziale esterno, dove sono adibiti altri percorsi interattivi e varie attrazioni.

Insieme completano un’offerta culturale e didattica tra le più articolate per l’intera regione, e non solo.

Di seguito la locandina degli eventi in programma, a partire dal 30 aprile:

Maggiori info:

Sila Science Park & FATA Museum, e-mail: contact@silasciencepark.com

AGGIORNAMENTO DA UN NOSTRO LETTORE Eclissi di Sole marziana – il video di Perseverance

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Aggiornamento del 22/04

Ci scrive Antonio Piras in merito a questa suggestiva eclissi marziana, inviandoci un’elaborazione personale di alcuni scatti solari del rover NASA Perseverance dalla superficie di Marte:

Nel Sol 397 della sua missione – 2 aprile sulla Terra – alle 8:20 del mattino marziano ha puntato verso il Sole la sua Left MastCam-Z impostandola al massimo zoom disponibile di 110 mm e ha scattato 160 immagini nell’arco di circa 47 secondi, riprendendo il transito del piccolo satellite Phobos. Con queste immagini, ordinandole in base al loro timestamp di acquisizione, è facile confezionare un breve video con la sequenza in tempo reale del transito.
Ho fatto un mio tentativo a riguardo (clicca sull’immagine per accedere al video):
fai click sull’immagine
Dopodiché la NASA ha rilasciato la sua versione, con upscaling e interpolazione dei frame, di fronte alla quale il mio video impallidisce 🙂
Ma c’è di più, e così veniamo finalmente all’immagine in oggetto.
Dei 160 frame grezzi scattati dal rover ho selezionato i 35 nei quali non compare la sagoma di Phobos.
Ho trattato queste immagini eliminando/riducendo gli hot pixel e ritagliando il disco solare (Gimp e Pipp), ho eseguito uno stacking dei circa 20 frame che l’algoritmo automatico ha classificato come migliori (AutoStakkert!) e infine aumentato il dettaglio tramite manipolazione della trasformata wavelet (Registax). È un flusso di lavoro abbastanza standard, che impiega software gratuiti, con cui migliaia di astrofili quotidianamente processano le proprie immagini planetarie.
Ma applicandolo a queste immagini di Perseverance, ecco che salta fuori una visione molto più dettagliata e azzarderei inedita del Sole visto da Marte.
credit Antonio Piras
Persino delle macchie solari si disegnano nitidamente sulla superficie della nostra stella, e alle più grandi di esse siamo in grado di dare un nome: nel quadrante inferiore sinistro ci sono AR2975 e AR2976, che pochi giorni prima del 2 aprile sono transitate in perfetta visibilità terrestre e si sono anche rese protagoniste di un brillamento rilevante a fine marzo.
Curiosità tecniche:
le due MastCam-Z sono una coppia di potenti camere zoom 26-110 che costituiscono gli occhi principali e a maggior risoluzione del rover. Sono dotate di 8 filtri in varie bande strette (e solo pochi di essi ridondati su entrambe le camere) per rapide osservazioni spettrografiche.
L’ultimo posto di ciascuna ruota è occupato da un filtro Neutral Density: ND5 per la Right-MastCam e ND6 per la Left. È stato proprio quest’ultimo a essere impiegato per l’osservazione del fenomeno astronomico del transito del satellite Phobos.

Grazie a Antonio Piras per questo contributo!

Articolo del 21/04

Perseverance ci regala queste immagini spettacolari di Phobos, una delle due lune di Marte, in transito davanti al Sole. [Video NASA completo in fondo all’articolo]

Appena 40 secondi la durata del passaggio di questa luna marziana a forma di patata, avvenuto il 2 aprile scorso e catturato dalla Mastcam-Z camera del rover.

L’eclissi è stata molto più breve rispetto a una tipica eclissi solare che coinvolge la Luna terrestre. Ma d’altronde anche Phobos ha decisamente dimensioni minori della nostra luna: ben 157 volte più piccola!

A caccia di eclissi da sempre

Le immagini di questa eclissi marziana sono solo le ultime di una lunga serie catturate dai veicoli spaziali della NASA.

Nel 2004, i rover gemelli Spirit e Opportunity hanno infatti scattato le prime foto in time-lapse di Phobos durante un’eclissi solare.

Curiosity non è stato da meno con i video girati dal suo sistema di telecamere Mastcam.

Ma Perseverance, atterrato a febbraio 2021, ha fornito il video più definito di un’eclissi solare di Phobos. Questo grazie al sistema di telecamere Mastcam-Z di nuova generazione a bordo del rover: un aggiornamento della già ottima Mastcam di Curiosity.

«Sapevo che sarebbe stato bello, ma non mi aspettavo che sarebbe stato così sorprendente», commenta Rachel Howson del Malin Space Science Systems a San Diego, membro del team Mastcam-Z che gestisce la telecamera.

Howson ammette che, sebbene Perseverance invii prima miniature a bassa risoluzione che offrono giù un assaggio delle immagini a venire, il team rimane sempre sbalordito dalle versioni a piena risoluzione: «Sembra un regalo di compleanno o una vacanza quando arrivano. Sai cosa sta arrivando, ma c’è ancora un elemento di sorpresa quando vedi il prodotto finale!»

Inoltre la Mastcam-Z ha un filtro solare che agisce come degli occhiali da sole per ridurre l’intensità della luce. Si possono così notare distintamente i dettagli nella forma dell’ombra di Phobos, come creste e dossi sul paesaggio lunare, oppure anche individuare macchie solari. Ed è come assistere all’eclissi esattamente come l’ha vista il rover da Marte!

Osservare queste eclissi marziane è utile anche per studiare il moto della stessa Phobos. Infatti gli scienziati sanno già che Phobos è condannata: la luna si sta avvicinando alla superficie marziana ed è destinata a schiantarsi sul pianeta rosso tra qualche decina di milioni di anni.

Ma le osservazioni dell’eclissi dalla superficie di Marte negli ultimi due decenni hanno permesso agli scienziati di affinare la loro comprensione della lenta spirale di morte di Phobos.

Maggiori info qui

credit video: NASA/JPL-Caltech/ASU/MSSS/SSI 

L’Anima, la Luna, la Donna e dintorni – Mostra fotografica

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L’Anima, la Luna, la Donna e dintorni

Mostra fotografica a cura di Katiuscia Pederneschi
dal 7 aprile al 3 maggio
Senigallia (AN) – Biblioteca Comunale Antonelliana

Segnaliamo questa bellissima esposizione a cura dell’astrofotografa Katiuscia Pederneschi.

“L’Anima, la Luna, la Donna e dintorni”: è stata inaugurata lo scorso 7 aprile la mostra fotografica esposta presso la Piccola Galleria Antonelliana dell’omonima Biblioteca Comunale di Senigallia (AN).

Come suggerisce il titolo, gli scatti hanno come soggetto centrale proprio la Luna, immortalata nelle sue diverse fasi e nei suoi giochi di luce e di forme, in differenti contesti paesaggistici.

Sarà quindi possibile osservare la Luna da tutti i punti di vista immaginabili, accompagnata dagli astri e dalle costellazioni del nostro cielo. Un piacevole evento per gli appassionati di astronomia e per chi ama l’astrofotografia.

La mostra sarà visitabile fino al prossimo 3 maggio. L’ingresso è gratuito e negli orari di apertura della Biblioteca.

Maggiori info qui

Dragonfly goes on Titan: what an incredible mission! – Pt. 1

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On Earth it is 9:00 a.m. UT on January 14, 2005 when the small Huygens probe is released from the Cassini mothership and plunges into the atmosphere of Titan at an altitude of 1200 km
credit ESA

Huygens parachutes down for two and a half hours, measuring atmospheric pressure, temperatures, electrical properties, humidity, wind speed, and direction.

Equipped with a microphone, Huygens also records the first ambient sounds from another celestial body. The spacecraft descends through an atmosphere formed by hydrocarbon and nitrogen smog, and lower down a troposphere furrowed by a few but dense cloud formations, possibly thunderstorms, and characterized by fog formations at medium altitudes, crossed by electrical discharges.

The slow descent gives Huygens plenty of time to photograph the approaching surface, and surprisingly the panorama of Titan recalls the orography of our mountains, with quiet valleys crossed by rivers and streams.

We can glimpse sinuous channels of ice organized in a dense network of main branches and smaller branches, which seem to flow into vast basins similar to large lakes, bordered by coastlines with a marked profile.
And then, islands and slabs of lighter-colored soils, perhaps shoals or sandy shores, emerging from darker basins near the coastlines, over which misty formations stand out.

Discesa su Titano, ripresa dalla sonda Huygens (credit ESA)

But the resemblance is only apparent…

Titan is, in fact, a world totally alien to Earth and, as far as we know, also very different from other solid bodies in the Solar System.

Instead of liquid water, Titan has liquid methane; instead of silicate rocks, Titan has rocks of compact ice; instead of dust, Titan has a regolith of ice and smog; instead of lava flows, Titan has volcanoes that erupt ice.

A very strange world that reveals its secrets only with great difficulty!

All this Huygens saw and photographed, as he descended cradled by Titan’s winds.

Until, after two and a half hours of travel, he touches down in what looks like the wet bed of a stream, largely composed of water ice, full of smooth pebbles that lie, eroded at the base by the flow of water, on an apparently soft but solid surface, perhaps the beach of one of the many river channels or drains.

Another 72 minutes and the probe’s batteries run out

And Huygens has been there ever since, for 17 years. Or maybe not, Titan is such a living, violent world that a flood or methane rains could have swept her away, buried in one of the many lakes of hydrocarbons…

A little sorry, honestly. That spacecraft was brave, and it gave us the first important insights into a truly alien world, 1.5 billion miles away from home.

Of course, the photographs it left us are of poor quality (the camera technology was that of 15 years earlier) and deteriorated by brutal compression algorithms (a price to be paid to the temporariness of communications and the short time available for transmission), but the mission is still a technological and scientific success.

But Huygens will not be alone for long. Another Earth probe is preparing to land on Titan and to reap the benefits of its sacrifice…

Dragonfly on the way!

Rappresentazione artistica della sonda Dragonfly sulla superficie di Titano.
Credits: NASA/Johns Hopkins APL

Among the many moons in the Solar System, Titan – Saturn’s largest moon, the second largest in the Solar System – stands out for its unique characteristics, and for the possibility of finding extraterrestrial life forms there, past or present.

Larger than the planet Mercury, its orbit around Saturn places it about 1.4 billion kilometers from the Sun (i.e., about 10 times farther than Earth), so its average temperature is about -180°C.

Its atmosphere, dense and opaque in the visible spectrum, is composed largely of nitrogen and methane.

Methane on Earth is one of the products of the life processes of organisms and occurs naturally in gaseous form. On Titan, however, where the surface pressure is 50% higher than on Earth, methane is liquid and, just like water on our planet, forms clouds and rains, fills lakes and rivers.

Titan is the only satellite in the Solar System that possesses a thick atmosphere and liquids flowing on its surface. It even has a hydrological system similar to Earth’s, although it rains methane instead of water. Wind and rain have created surface features similar to those found on Earth and, like Earth, Titan manifests the alternation of seasons.

At this point the question arises: could Titan host, or have hosted, some form of life?

It depends. Life as we know it needs three things: an energy source such as sunlight, a liquid solvent such as water, and organic substances, a wide variety of carbon-based compounds that build proteins for life as we know it.

Before life arose on Earth, our atmosphere was very different. There was almost no oxygen and much more methane. In the sunlight, these molecules formed organic chemicals that then rained down on the ground. We don’t know exactly what those chemicals were, but when combined with water and energy they probably formed the primordial soup from which life arose.

We can’t travel back in time and see exactly what happened in the past, but fortunately, there is a current place with a similar atmosphere: Titan!
So we just have to go and see! Yes, but how?
We had a chance in 2005 with the little Huygens, but its brief existence only served to make us even more curious.

And Saturn, it’s not exactly around the corner…

Fortunately, NASA has found the funding to put together a true sci-fi mission, giving birth to the idea of a giant drone that will go “from flower to flower” on Titan’s surface.
We won’t be sending an ordinary lander, then. Planetary landers move very slowly and can only explore a small region of the worlds they visit, but Titan’s low gravity and dense atmosphere will allow Dragonfly, as it has obviously been named, to take flight and make leaps of tens of kilometers.

Dragonfly is certainly not a garden-variety drone.

At 3 meters long and weighing 500 kilograms, it’s more like a small car, with four arms that each support two rotors stacked on top of each other. Each of the eight rotors will be about one meter in diameter.
The aircraft will be able to travel at about 10 meters per second and will be able to fly up to 4 km altitude. This will allow it to make short flights from one point to another on the surface. Each flight will be meticulously planned but will have to be done autonomously, as a radio command sent from Earth would take more than 80 minutes to reach the drone.

Titan’s gravity is about one-seventh that of Earth, slightly weaker than the gravity of our Moon. With an atmosphere four times denser than Earth’s – about the pressure you feel one meter underwater – conditions are therefore perfect for flight.

A human being with flapping wings could probably fly to Titan!

Curiosi di saperne di più? L’articolo prosegue nella seconda parte che sarà online il 24 aprile!

IXPE — apertura

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Nel video, la simulazione di IXPE che si dispiega nello spazio prima di iniziare le sue operazioni scientifiche per studiare il cosmo.

La sonda origami

Così la descrivono simpaticamente sul sito NASA.

Effettivamente, la suggestiva animazione, rende proprio l’idea di un delicato origami di carta che si dispiega nello Spazio.

Il più recente osservatorio a raggi X della NASA, l’Imaging X-ray Polarimetry Explorer (IXPE), ha esteso con successo il suo “collo” il 15 dicembre. La missione, lanciata il 9 dicembre, è un passo avanti verso lo studio dei raggi X ad alta energia in un modo tutto nuovo.

Sonda IXPE – indagine a raggi X
Approfondimento nella sezione I Fatti in Evidenza del n.254 di Coelum Astronomia.

Ottieni la tua copia direttamente dal nostro sito!

Micronovae: una nuova tipologia di esplosione stellare

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«Abbiamo scoperto e identificato per la prima volta quella che chiamiamo micronova»

Le parole cariche di emozione di Simone Scaringi, astronomo della Durham University nel Regno Unito che ha condotto lo studio su queste esplosioni pubblicato oggi su Nature.

«Il fenomeno sfida la nostra comprensione di come avvengono le esplosioni termonucleari nelle stelle. Pensavamo di saperlo, ma questa scoperta propone un modo totalmente nuovo per realizzarle», aggiunge.

La scoperta è avvenuta grazie all’utilizzo del VLT (Very Large Telescope) dell’ESO (European Southern Observatory).

Questa nuova tipologia di esplosioni stellari, le micronovae, si verificano sulla superficie di alcune stelle e ciascuna può bruciare in poche ore materiale stellare pari a circa 3,5 miliardi di Grandi Piramidi di Giza.

Numeri impressionanti!

Sì, è vero, ma piccoli su scala astronomica: sono molto meno energetiche delle esplosioni stellari conosciute come novae, che gli astronomi conoscono da secoli. Entrambi i tipi di esplosioni si verificano su nane bianche, stelle morte con una massa simile a quella del Sole, ma piccole come la Terra.

Una nana bianca in un sistema binario (cioè composto da due stelle) può rubare materiale, principalmente idrogeno, dalla sua stella compagna se le due stelle sono abbastanza vicine tra loro. Quando questo gas cade sulla superficie caldissima della nana bianca, innesca la fusione degli atomi di idrogeno in elio in modo esplosivo.

Nelle novae, queste esplosioni termonucleari si verificano sull’intera superficie stellare. ”

«Tali detonazioni fanno bruciare e rendono molto luminosa l’intera superficie della nana bianca per diverse settimane», spiega la coautrice Nathalie Degenaar, astronoma dell’Università di Amsterdam.

Piccole, grandi esplosioni

Le micronovae sono esplosioni simili alle novae, però su scale più ridotte e più rapide che durano solo alcune ore. Si verificano sulla superficie di alcune nane bianche con forti campi magnetici, che incanalano il materiale verso i poli magnetici della stella.

«Per la prima volta, abbiamo visto che la fusione dell’idrogeno può avvenire anche in modo localizzato. L’idrogeno può essere contenuto alla base dei poli magnetici di alcune nane bianche, in modo che la fusione avvenga solo in quei luoghi», afferma Paul Groot, astronomo della Radboud University nei Paesi Bassi e coautore dello studio.

«Questo porta all’esplosione di una sorta di bombe a microfusione, che hanno circa un milionesimo della forza esplosiva di una nova, da cui il nome micronova», continua Groot.

Sebbene “micro” possa far pensare che questi eventi siano piccoli, non fatevi ingannare:

Uno solo di questi scoppi può bruciare materiale per circa 20.000.000 trilioni di kg, o circa 3,5 miliardi di Grandi Piramidi di Giza appunto!

Non perdere il video dell’animazione di una micronova direttamente sui canali ufficiali ESO!

Queste nuove micronovae sfidano la comprensione degli astronomi delle esplosioni stellari e potrebbero essere più abbondanti di quanto si pensasse in precedenza.

«Ciò dimostra solo quanto l’Universo sia dinamico. Questi eventi possono essere in realtà abbastanza comuni, ma poiché sono così rapidi è difficile coglierli in azione», spiega Scaringi.

L’equipe si è imbattuta per la prima volta in queste misteriose micro-esplosioni durante l’analisi dei dati del satellite TESS (Transiting Exoplanet Survey Satellite) della NASA.

«Guardando i dati astronomici raccolti da TESS della NASA, abbiamo scoperto qualcosa di insolito: un lampo luminoso di luce ottica della durata di alcune ore. Cercando ulteriormente, abbiamo trovato diversi segnali simili», dice Degenaar.

L’equipe ha osservato tre micronovae con TESS: due provenivano da nane bianche note, ma la terza ha richiesto ulteriori osservazioni con lo strumento X-shooter installato sul VLT dell’ESO per la conferma che fosse una nana bianca.

«Con l’aiuto del Very Large Telescope dell’ESO, abbiamo scoperto che tutti questi lampi ottici sono stati prodotti da nane bianche», aggiunge Degenaar.

«Questa osservazione è stata fondamentale per interpretare il nostro risultato e per la scoperta delle micronovae», dice Scaringi.

La scoperta delle micronovae si aggiunge al repertorio di esplosioni stellari conosciute.

L’equipe ora vuole catturare altri eventi sfuggenti come questi, che richiedono indagini su larga scala e misurazioni rapide a seguire.

«La risposta rapida di telescopi come il VLT o l’NTT (New Technology Telescope) dell’ESO e la suite di strumenti disponibili ci permetteranno di svelare più in dettaglio cosa sono queste misteriose micronovae», conclude Scaringi.

FONTI:

Comunicato stampa ESO: Astronomi scoprono le micronove, un nuovo tipo di esplosione stellare

Una grande novità sta arrivando!

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“Quando c’è silenzio, c’è sempre da preoccuparsi”

E in effetti l’abbiamo combinata grossa!

Zitti zitti, quatti quatti, qui in redazione abbiamo lavorato ad un grande novità. Non è un passaggio banale, l’abbiamo ponderato con cura e con attenzione, poiché coinvolgerà tutti e vogliamo che sia… speciale!

Il mistero non durerà a lungo, questione di giorni, pochi, pochissimi giorni!

Seguiteci… e sarà un’emozione!

 

Stop per Curiosity: ruota bloccata

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Nuova sfida per il nostro rover preferito

Come si può notare nella foto di copertina, il rover Curiosity, che da ben 10 anni ci fa sognare con le sue incredibili scoperte e immagini marziane, ha un problema da risolvere:

Una delle sue ruote si è incastrata 

Ruote già usurate dal tempo quelle di Curiosity e che hanno dovuto affrontare diverse sfide in questi anni.

Questa immagine è stata scattata il 19 marzo 2017, come parte di un set utilizzato dai membri del team del rover per ispezionare le condizioni delle sei ruote (fonte: CNN)

Giusto pochi giorni fa, il rover ha rischiato un incontro ravvicinato con alcune rocce affilate come rasoi. Situazione non inusuale sul pianeta rosso: già nel 2017 il passaggio su questa tipologia di rocce – definita “dorso di alligatore” – aveva comportato alcuni danni alle ruote, come si può notare nella foto. Sebbene questa tipologia di rocce non sia del tutto impraticabile, attraversare questo terreno avrebbe comportato un’usura maggiore delle ruote e minacciato la loro longevità. Così il team di piloti ha preferito tracciare un nuovo percorso sul Monte Sharp, la montagna di 5,5 km che Curiosity sta scalando dal 2014.

Ora però una delle sue ruote sembra essere in difficoltà.

Curiosity può ancora muoversi e tutti gli strumenti di bordo funzionano perfettamente, ma una mossa incauta dei suoi autisti marziani potrebbe comportare il danneggiamento definitivo della ruota.

Si attendono manovre millimetriche e di alta precisione: sicuramente non semplici da remoto a ben 254 milioni di km di distanza e con un ritardo delle comunicazioni di 14 minuti!

Di seguito il dettaglio della ruota del rover. Si notano bene i segni di usura. Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS (PH)

Non si sta così male anche nella periferia della nostra galassia

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Diffondiamo il comunicato stampa ricevuto poco fa da INAF

In un prossimo futuro la definizione di zona abitabile galattica potrebbe essere modificata per ampliarsi anche a zone più esterne della nostra galassia perché sarà necessario considerare non solo la metallicità, ovvero l’abbondanza di elementi più pesanti dell’elio, ma anche la capacità del gas e della polvere interstellari di formare molecole organiche. Lo dicono i risultati dello studio in pubblicazione su Astronomy & Astrophysics e guidato da ricercatori e ricercatrici dell’Istituto Nazionale di Astrofisica.

Grazie al lavoro del team internazionale coinvolto nel progetto CHEMOUT (CHEMical complexity in star-forming regions of the OUTer Galaxy), per la prima volta sono state analizzate in dettaglio nella regione esterna della Via Lattea, la nostra galassia, alcune molecole organiche semplici e molecole associate a processi di formazione stellare.

I risultati dello studio mostrano che la presenza di queste molecole non varia significativamente con la distanza dal centro galattico e l’attività di formazione stellare è altrettanto efficiente anche nei più remoti confini della Galassia.

Rappresentazione artistica della Via Lattea: i cerchi verdi indicano le sorgenti osservate, il cerchio giallo rappresenta la zona solare con il Sole indicato al centro. Sulla destra sono schematizzate alcune delle molecole individuate nello studio.
Crediti: NASA/JPL-Caltech/R. Hurt (SSC/Caltech)/ Fontani/Magrini (INAF)

«Finora pensavamo che la regione esterna della nostra galassia fosse un ambiente sfavorevole alla formazione sia di pianeti terrestri sia di molecole complesse» dice Francesco Fontani, ricercatore dell’INAF di Firenze e primo autore dell’articolo in pubblicazione sulla rivista Astronomy & Astrophysics. «Al contrario, ora si sta scoprendo che le abbondanze, almeno delle specie più semplici contenenti carbonio, non sono basse come si poteva immaginare».

La regione esterna della Via Lattea era infatti considerata un ambiente non ottimale per la formazione di molecole complesse e planetesimi perché la presenza di elementi chimici più pesanti dell’elio è molto bassa. Per lo stesso motivo, le zone più periferiche della nostra galassia erano state escluse dalla cosiddetta “zona abitabile galattica” e quindi ritenute di minor interesse dalla comunità scientifica, sebbene in passato proprio in quelle regioni erano state evidenziate tracce di specie organiche anche complesse, come ad esempio il metanolo.

Ora, varie e accurate osservazioni spettroscopiche hanno permesso di individuare numerose specie chimiche in trentacinque diverse sorgenti a diverse distanze dal centro galattico.

I dati utilizzati nello studio sono stati ottenuti nel corso degli ultimi tre anni con osservazioni effettuate al radiotelescopio IRAM da 30 metri situato a Pico Veleta, in Sierra Nevada (Spagna) su trentacinque sorgenti compatte nella regione esterna della nostra galassia già individuate come buoni candidati per la presenza di formazione di stelle e pianeti.

I risultati presentati nell’articolo “CHEMOUT: CHEMical complexity in star-forming regions of the OUTer Galaxy. I. Organic molecules and tracers of star-formation activity” sono i primi realizzati nell’ambito del progetto CHEMOUT in cui il team internazionale di ricercatori guidati da Francesco Fontani dell’INAF di Firenze si occuperà di studiare la presenza di molecole organiche e i traccianti di formazione stellare nella Galassia esterna caratterizzata da metallicità, ovvero l’abbondanza di elementi più pesanti del’elio, inferiori a quelle del Sole.

Il progetto avrà anche lo scopo di contribuire alla ridefinizione della cosiddetta “zona abitabile galattica” (galactic habitable zone) proprio sulla base non solo della metallicità ma anche della capacità di formare molecole che è probabilmente più vasta di come ritenuto fino a ora.

Individuare e studiare questo tipo di molecole organiche o altre molecole semplici non organiche con potenziale prebiotico che si trovano in regioni in cui si formano stelle e pianeti significa conoscere i “mattoni” che potrebbero in passato aver condotto alla formazione delle molecole complesse alla base della vita sulla Terra e altrove nell’Universo.

In futuro, ulteriori studi potranno confrontare i risultati osservativi con specifici modelli chimici per capire più in dettaglio quali siano le principali vie di formazione delle molecole e se queste siano simili o diverse da quelle già note e studiate nella Galassia locale e interna.

«Con il progetto CHEMOUT continueremo ad approfondire lo studio dell’abbondanza di alcune molecole in funzione della distanza dal centro galattico» sottolinea Fontani. «Con l’avvento di telescopi sempre più sensibili stiamo scoprendo che pianeti rocciosi e/o di piccole dimensioni sono ovunque nella Galassia così come le molecole organiche anche complesse, che si trovano anche in regioni di formazione stellare a bassa metallicità, sia nella Via Lattea che in altre galassie. Questo indica che la sola metallicità non è – o potrebbe non essere – un criterio sufficiente per stabilire quale sia la regione della nostra o di altre galassie in cui la probabilità di sviluppare e conservare forme di vita è più alta».

Per approfondire:

L’articolo “CHEMOUT: CHEMical complexity in star-forming regions of the OUTer Galaxy. I. Organic molecules and tracers of star-formation activity”, di F. Fontani, L. Colzi, L. Bizzocchi, V.M. Rivilla, D. Elia, M.T. Beltrán, P. Caselli, L. Magrini, A. Sánchez-Monge, L. Testi, D. Romano è in pubblicazione sulla rivista Astronomy & Astrophysics.

L’impatto della pandemia sulla produzione di CO2

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La NASA misura per la prima volta diminuzioni nei livelli di CO2 dovuti all’attività dell’uomo

Era un’ipotesi basata su diversi indicatori, quella che durante la pandemia si fossero ridotte anche le emissioni di CO2. Di quanto però, con gli strumenti a disposizione, era difficile dirlo. Ora, grazie ai dati ad alta risoluzione del satellite OCO-2, gli scienziati l’hanno misurato per la prima volta

Ne abbiamo già sentito parlare verso la fine del 2020: il cambiamento dello stile di vita in quasi tutti i Paesi dell’Emisfero Settentrionale, obbligato dalla pandemia da Covid-19 [e dal primo lockdown, in particolare], ha provocato cambiamenti misurabili nei livelli di emissione di gas atmosferici connessi alle attività umane.

Ma in che termini, esattamente?

Lo dicono i risultati di un articolo pubblicato su Science Advances e firmato interamente NASA:

La riduzione delle attività umane verificatasi all’inizio del 2020 a causa della pandemia ha portato a diminuzioni senza precedenti delle emissioni di anidride carbonica (CO2)

Nonostante sia il cambiamento a breve termine più significativo mai rilevato, le quantità in gioco rimangono piccole rispetto alle variazioni climatiche e presenti nella circolazione dell’aria dovute alle variazioni stagionali o indotte da correnti e flussi biosferici.

La vera novità, piuttosto, sta nell’aver misurato e distinto, per la prima volta, le emissioni regionali e sul breve termine indotte dall’uomo e quelle, invece, di matrice più prettamente climatica.

Un’impronta umana pesante sul clima

Non perdere l’interessante approfondimento sul canale YouTube NASA: “NASA Tracks COVID-19’s Atmospheric Fingerprint”

Ma torniamo un attimo al 2020.

Il primo report della Nasa sull’argomento, lo dicevamo, risale al mese di novembre. Gli scienziati avevano confrontato le previsioni sulle emissioni generate con i modelli del Goddard Earth Observing System (GEOS) della NASA, e vi avevano sottratto i dati registrati da ben 46 paesi durante la pandemia, per un totale di 5756 siti di osservazione a terra.

In quel caso comunque, è bene precisarlo, le registrazioni riguardavano le emissioni di biossido di azoto – un comune inquinante atmosferico rilasciato dalle automobili, dagli aerei e da molte realtà industriali – e non di CO2.

L’anidride carbonica, invece, è un gas serra presente nell’atmosfera e la sua concentrazione cambia a causa di processi naturali come la fotosintesi e respirazione delle piante, lo scambio con gli oceani e le attività umane – prime fra tutte la combustione di combustibili fossili e la deforestazione.

Dalla rivoluzione industriale, la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è aumentata di quasi il 49%, avvicinandosi ormai a 420 parti per milione (il superamento della soglia di 400 ppm era avvenuto, per la prima volta nella storia umana, nel 2013).

La difficoltà nel caso di questo gas è, l’abbiamo accennato, distinguere quale sia il contributo dell’uomo e quale invece dei fenomeni naturali rispetto ai cambiamenti registrati.

Un’ulteriore complicazione, poi, è dovuta al fatto che la CO2 può rimanere nell’atmosfera fino a un secolo dopo essere stata rilasciata, motivo per cui l’inerzia dell’aumento delle temperature globali connessa alle emissioni umane è così difficile da vincere.

Tornando ai dati registrati, questa stessa inerzia comporta che i cambiamenti a breve termine potrebbero perdersi nel ciclo globale del carbonio, che coinvolge i processi naturali così come quelli umani: i blocchi dell’inizio del 2020 sono una piccola parte del quadro totale di CO2 per l’anno.

Volendo citare un altro esempio, all’inizio del 2020 ci sono stati importanti incendi in Australia che hanno rilasciato un’enorme quantità di CO2 e, contemporaneamente, i ricercatori hanno osservato un maggiore tasso di assorbimento da parte delle piante in India.

Il report NASA

In questo nuovo studio gli scienziati hanno utilizzato l’Orbiting Carbon Observatory-2 (OCO-2) della NASA, che fornisce dati ad alta risoluzione grazie a spettrometri ad alta precisione progettati per raccogliere anche le più piccole fluttuazioni di CO2.

I dati, confrontati con i modelli su scala globale forniti da GEOS, hanno permesso di ottenere misurazioni con una risoluzione mensile. I risultati sono evidenti:

Nell’emisfero settentrionale la crescita nella concentrazione di CO2 causata dall’uomo è diminuita da febbraio a maggio 2020 da 0,14 a 0,62 parti per milione rispetto allo scenario previsto senza pandemia, corrispondente a una diminuzione annuale delle emissioni globali dal 3% al 13%.

 

In futuro, grazie alla sua sensibilità ed elevata risoluzione temporale, questo nuovo metodo potrà essere utilizzato per monitorare i risultati dei programmi e delle politiche di mitigazione del clima, soprattutto a livello comunitario o regionale.

Secondo le stime dei ricercatori della NASA, infatti, esso ha la capacità di rilevare i cambiamenti nella CO2 atmosferica appena un mese o due dopo che sono avvenuti, fornendo informazioni veloci e utilizzabili su come le emissioni umane e naturali si stanno evolvendo.

Fonti:

NASA Science Enables First-of-its-Kind Detection of Reduced Human CO2 Emissions

 

1988: L’anno dello spazio

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Riprende la rubrica tutta dedicata all’Astronomia degli Anni ’80!

Ti sei perso le scorse puntate? Le trovi qui!

Il 1988 fu un anno goloso per lo spazio

Pensate, si stima che a questa data fossero conosciuti a livello scientifico circa 10 milioni di composti, tra inorganici e organici ed altri ne continueranno a venire.

Il 1988 fu l’anno in cui l’Unione Sovietica lanciò le sonde Phobos 1 e 2.

Phobos 2 riuscì a fotografare magistralmente Marte e Phobos, ma la missione fallì poco prima di inviare i due lander sulla superficie di Phobos. Inoltre, nello stesso anno, fu lanciato il satellite italiano San Marco.

Satellite San Marco (credit @NASAhistory)

Con una massa di 236 kg venne fiondato in un’orbita equatoriale dalla base italiana sulla costa del Kenya il 25 marzo.

E fu l’ultimo della serie. Ovvero: dopo buttiamo via lo stampo!

Il suo scopo principale era il rilevamento delle grandezze fisiche per lo studio delle relazioni tra l’attività solare e le condizioni fisiche dell’alta atmosfera terrestre. E mentre nei cinema uscivano capolavori come Chi ha incastrato Roger Rabbit? e Rain Man (ma anche Beetle Juice e Una Pallottola Spuntata, per gli appassionati del genere), gli scienziati scoprivano nel microcosmo i canali dell’acqua all’interno della membrana cellulare e veniva ottenuto il primo brevetto per un animale geneticamente modificato.

Nel 1988 venne anche lanciata la STS-26, la 26a missione dello Space Shuttle della NASA e il settimo volo dell’orbiter Discovery.

Credits: NASA

Nel 1988 si aprì un canale scientifico senza precedenti: la ricerca dei pianeti extrasolari

In quell’anno gli astronomi canadesi Bruce Campbell, G. A. H. Walker e Stephenson Yang pubblicano osservazioni di velocità radiale che suggerivano che un pianeta extrasolare orbitasse attorno alla stella Gamma Cephei.

Questo pianeta, tuttavia, venne confermato soltanto nel 2002.

Per avere il primo pianeta confermato si dovette aspettare altri 4 anni, nel 1992. In quell’anno ne furono scoperti tre attorno a una pulsar chiamata PSR B1257+12 chiamati PSR B1257+12 B e PSR B1257+12 C.

Era la prima super-terra scoperta in assoluto!

Nel 1988, in Unione Sovietica, lo Shuttle Buran senza equipaggio venne lanciato da un razzo Energia.

Buran 2.01 (credit: Wikipedia)

Era il suo primo volo spaziale orbitale (e anche l’ultimo a dir la verità).

Parlando di disgrazie, il 1988 vide spegnersi una delle candele più luminose del secolo scorso: Richard Feynman.

Nello stesso anno venne anche scoperto l’asteroide 3994 Ayashi.

Il clima stava cambiando, stavano arrivando gli anni ’90 e George H. W. Bush, già vicepresidente nei due mandati di Ronald Reagan, diventava il 41º Presidente.

Al contempo, Ayrton Senna vinceva il campionato del mondo di Formula 1.

È un caso? Sicuramente.

Fu proprio nel 1988 che venne coniato per la prima volta il termine “riscaldamento globale” dal climatologo della NASA James Hansen, portandolo all’attenzione dell’opinione pubblica.

Inoltre in quell’anno venne istituito il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC).

Il 1988 vide anche due eclissi solari e due lunari e lo sbarco sulla Terra della seconda serie di Exogini!

Ora guardatevi allo specchio, ragazzi degli anni 80, come faceva Michael Jackson in Man in the Mirror e pensate: ma quanto dareste per tornare indietro nel tempo anche solo per un giorno?

E no, non vale portarsi l’almanacco calcistico per fare la schedina!

Ciao belli, ora scappo che ho i sofficini sul fuoco. Alla prossima puntata col 1989!

Nuova interruzione fra ESA e ROSCOSMOS

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L’Agenzia Spaziale Europea ESA dopo la sospensione della collaborazione annunciata  scorse settimane sul progetto ExoMARS, comunica ufficialemente una nuova interruzione nei rapporti con l’agenzia russa. Il direttore generale dell’ESA Josef Aschbacher ha dichiarato nella giornata di ieri che in discussione questa volta saranno le sonde dedicate all’esplorazione lunare Luna-25, 26 e 27 su cui l’ESA avrebbe testato alcune apparecchiature tecnologiche.

“Come per ExoMars, l’aggressione russa contro l’Ucraina e le conseguenti sanzioni messe in atto rappresentano un cambiamento fondamentale delle circostanze e rendono impossibile per l’ESA attuare la prevista cooperazione lunare “, ha affermato l’ESA in una nota.

L’ESA aveva pianificato di montare una telecamera di navigazione chiamata Pilot-D sulla sonda Luna-25, il cui lancio è previsto per questa estate, ma per ora lo strumento sarà deposto in un luogo sicuro fino a quando l’agenzia europea non saprà in grado di recuperarlo.

Come nel caso di ExoMARS ora l’ESA invierà delle indagini per trovare nuove colleborazioni in grado di mantenere gli stessi standard operativi.

fonte ESA

 

Oggetto GNz7q: l’anello mancante tra le galassie starburst e i quasar luminosi

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Riceviamo e diffondiamo il comunicato stampa ricevuto poco fa da INAF.

Un gruppo di ricerca internazionale rileva il precursore di un buco nero supermassiccio nei dati di archivio del telescopio Hubble

Una collaborazione internazionale, che ha visto la partecipazione di astrofisici della Sapienza e dell’Istituto nazionale di astrofisica – Inaf, ha scopertoun oggetto distante circa 13 miliardi di anni luce dalla Terra, estremamente compatto e arrossato dalla polvere stellare. La rilevazione, effettuata grazie all’utilizzo del telescopio spaziale Hubble, farà luce sul mistero della crescita dei buchi neri supermassicci nell’universo primordiale. I risultati del lavoro sono stati pubblicati su Nature

La scoperta di buchi neri supermassicci nell’universo primordiale, con masse fino a diverse centinaia di milioni di volte quella del sole, ha sollevato il problema di capire come oggettidi questa taglia siano stati in grado di formarsi e crescere nel breve periodo di tempo successivo alla nascita dell’Universo (meno di un miliardo di anni). Teoricamente, un buco nero inizia dapprima ad aumentare la sua massa accrescendo gas e polvere nel nucleo di una galassia ricca di polvere e caratterizzata da elevati tassi di formazione stellare (una cosiddetta galassia starburst polverosa). L’energia generata nel processo spazza via i materiali circostanti, trasformando il sistema in un quasar, una sorgente astrofisica molto luminosa e compatta.

Fino a oggisono state scoperte galassie starburst polverose e quasar luminosi post-transizione ad appena 700-800 milioni di anni dopo il Big Bang, ma non è mai stato trovato un “giovane” quasar nella fase di transizione, la cui scoperta deterrebbe la chiave per la comprensione dei meccanismi di formazione dei buchi neri supermassicci nell’Universo primordiale.

 

Un gruppo di ricerca internazionale, coordinato dall’astronomo Seiji Fujimoto dell’Università di Copenaghen, con la partecipazione, fra gli altri, di ricercatori del Dipartimento di Fisica della Sapienza e dell’Istituto nazionale di astrofisica – Inaf, ha rianalizzato una grande quantità di dati d’archivio estratti dal telescopio spaziale Hubble e ha scoperto un oggetto, denominato poi GNz7q, che è proprio l’anello mancante tra le galassie starburst e i quasar luminosi nell’universo primordiale. I risultati del lavoro sono stati pubblicati sulla rivista Nature.

Le osservazioni spettroscopiche con i radiotelescopi hanno mostrato che il giovane quasar è nato solo 750 milioni di anni dopo il Big Bang. Tali osservazioni, sono state poi confrontate con i modelli teorici. Questa importante fase del lavoro è stata svolta da Rosa Valiante dell’Inaf e Raffaella Schneider della Sapienza e ha mostrato come le caratteristiche dello spettro elettromagnetico di questo oggetto, dai raggi X alle onde radio, non si discostano dalle previsioni delle simulazioni teoriche.

Questo suggerisce che GNz7q sia il primo esempio di buco nero in rapida crescita nel centro di una galassia starburst polverosa – commentano Schneider e Valiante. “Pensiamo che GNz7q sia un precursore dei buchi neri supermassicci trovati nell’universo primordiale”.

La scoperta di GNz7q non solo rappresenta un elemento importante per comprendere l’origine dei buchi neri supermassicci, ma anche un motivo di sorpresa per i ricercatori: la rilevazione infatti è stata fatta in una delle regioni più osservate nel cielo notturno – denominata GOODS, Great Observatories Origins Deep Survey, oggetto d’indagine astronomica dei telescopi più potenti mai costruiti (ovvero quelli operativi nello spazio come Hubble, Herschel e XMM-Newton dell’ESA, il telescopio Spitzer della NASA e l’Osservatorio a raggi X Chandra, oltre a potenti telescopi terrestri, compreso il telescopio Subaru) – suggerendo quindi che sorgenti di questo tipo possano essere più frequenti di quanto si pensasse in precedenza.

 

Il gruppo di ricercasi propone di condurre una ricerca sistematica disorgenti simili utilizzando campagne osservative ad alta risoluzione e di sfruttaregli strumenti spettroscopici del telescopio spaziale James Webb della NASA/ESA/CSA, una volta che sarà in regolare funzionamento, per studiare oggetti come GNz7q con una ricchezza di dettagli senza precedenti.

 

Riferimenti: Fujimoto et al. 2022, Nature, DOI 10.1038/s41586-022-04454-1

News originale: https://esahubble.org/news/heic2204/

Primo Convegno AstronomiAmo (1cA2 ) – L’Universo Oggi

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Sabato 28 maggio dalle ore 9 alle ore 18:15, l’Associazione AstronomiAmo con il patrocinio del Consiglio
Regionale del Lazio e con il riconoscimento di:
– INFN – Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – Sezione di Roma;
– EHT – Event Horizon Telescope Collaboration;
– Goethe Universitat di Francoforte;
– Amaldi Research Center della Sapienza Università di Roma;
– ESA – European Space Agency;
– INAF – Istituto Nazionale di AstroFisica
– ERC – European Research Council
terrà il Primo Convegno AstronomiAmo (1cA2), un Convegno scientifico in presenza dal titolo “L’Universo, oggi”. L’incontro verrà introdotto dal Dr. Stefano Capretti, Presidente dell’Associazione AstronomiAmo, e verrà mediato dall’astrofisico Dr. Ivan Delvecchio, ricercatore dell’INAF e associato AstronomiAmo.

I relatori saranno:
Prof. Andrea Ferrara: Professore Ordinario di Cosmologia alla Scuola Normale Superiore di Pisa e Joint Professor dell’Institute for the Physics and Mathematics of the Universe di Tokyo. Svolge ricerche di tipo teorico e numerico sulla formazione delle prime galassie e buchi neri nell’Universo primordiale. Fa parte della lista dei Top 100 scienziati italiani e, tra gli altri premi, Medaglia G. Giorgi per la divulgazione scientifica.
Dr. Ian Carnelli: Responsabile della missione Hera dell’ESA. Tra il 2005 e il 2019 si è occupato della preparazione delle future missioni ESA, con particolare attenzione alle missioni verso i corpi minori del Sistema Solare. Ha diretto il Programma degli Studi Generali, contribuendo allo sviluppo delle attività di difesa planetaria.
Ing. Andrea Accomazzo: Entrato in ESA come Spacecraft Operations Engineer nel 1999 per la missione Rosetta, l’ha poi gestita sino all’arrivo alla cometa 67P. Responsabile della preparazione ed esecuzione operazioni per le missioni interplanetarie di ESA, delle quali è direttore di volo. Nella Top Ten dei migliori scienziati del mondo sulle pagine di Nature 2014.

Prof. Luciano Iess: Professore Ordinario di Ingegneria aerospaziale e direttore del Centro di ricerca aerospaziale alla Sapienza Università di Roma, già ricercatore presso l’Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario, CNR, JPL a Pasadena. Autore della più accurata misurazione della Relatività Generale a oggi. Ha guidato l’equipe di ricerca che nel 2012 ha scoperto l’oceano interno di Titano e, nel 2014, l’oceano interno di Encelado. Tra i premi, NASA Exceptional Public Service Medal nel 2014 e Jean Dominique Cassini Medal nel 2017.
Prof.ssa Pia Astone (INFN): Primo Ricercatore INFN e Professore presso La Sapienza Università di Roma, entra a far parte della collaborazione LIGO-Virgo nel 2003 e nel 2012 viene nominata coordinatore scientifico Virgo e co-cordinatore della collaborazione stessa. Firmataria dell’articolo storico sulla rivista Physical Review Letters relativo alla detection della prima onda gravitazionale del 14 settembre 2015. Vincitrice del PRIN-MIUR “GEMS” nel 2021 per lo sviluppo di nuove strategie di rivelazione di onde gravitazionali ed elettromagnetiche.
Prof. Luciano Rezzolla: Professore Ordinario di astrofisica teorica presso la Goethe Universitat di Francoforte, di cui è direttore dal 2017. Esperto di oggetti compatti e strutture esotiche nel contesto della relatività generale e magneto-idrodinamica relativistica. Nel 2014 vince un ERC Synergy Grant per la costruzione di una Black Hole Camera tramite EHT e nel 2019, proprio con EHT, ottiene la prima immagine dell’ombra del buco nero supermassiccio al centro della galassia M87. Tra i numerosi premi: Karl-Schwarzschild Prize nel 2017, Breakthrough Prize in Fundamental Physics nel 2019.
Prof. Paolo Pani: Professore Associato in Fisica Teorica presso La Sapienza Università di Roma. Esperto di teorie gravitazionali, relativistiche e in fisica delle particelle applicate a oggetti astrofisici compatti. Già Postdoc a Lisbona, poi Marie Curie Intra-European Fellow a Lisbona e Roma, Visitor presso l’Harvard Smithsonian Center for Astrophysics a Cambridge, riceve i premi Fubini e SIGRAV e nel 2017 vince un ERC Starting.

Al centro del Convegno sarà il dibattito astronomico e cosmologico moderno, con focus sui principali problemi aperti e sulle maggiori aree di scoperta e di indagine. Si passerà dai dubbi sulla Cosmologia, che afferiscono al Big Bang e all’espansione dell’universo, con il Prof. Ferrara per passare alle missioni di espansione conoscitiva (Solar Orbiter, BepiColombo e ExoMars, tra le altre) e di protezione del pianeta Terra
(missione HERA) dell’Ente Spaziale Europeo con l’Ing. Accomazzo e il Dr. Carnelli. Affronteremo poi il tema della gravità con il Prof. Iess scendendo fino nei luoghi più misteriosi dell’universo, laddove la gravità diventa estrema, per scoprire le onde gravitazionali con la Prof.ssa Astone, i buchi neri con il Prof. Rezzolla e, infine,
se questa gravità estrema potrebbe richiedere una nuova Fisica ancora da scoprire con il Prof. Pani. Il Convegno ha carattere divulgativo quindi adatto a ogni appassionato nonostante il livello internazionale dei relatori.

Il Convegno sarà arricchito da una mostra astrofotografica di Valeriano Antonini, responsabile della sezione astrofotografia dell’Associazione AstronomiAmo e noto per ottenere foto altamente dettagliate utilizzando strumentazione amatoriale.

Si potrà partecipare al Convegno accedendo alla Sala Annamaria del Best Western Plus Hotel Universo (via Principe Amedeo 5/B a Roma) previa prenotazione da effettuare sul portale Eventbrite. L’accesso alla sala sarà regolato dalle norme anti-Covid vigenti al momento del Convegno e comunque dietro esibizione del Green Pass.

Per contattare l’associazione www.astronomiamo.it

YURI’S NIGHT 2022 A SAINT-BARTHÉLEMY

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In occasione dell’anniversario del primo volo umano nello spazio, la Fondazione Clément Fillietroz-ONLUS propone una serie di appuntamenti dedicati al cosmonauta sovietico Yuri Gagarin. Spettacoli immersivi del Planetario di Lignan e visite guidate notturne con osservazioni del cielo in Osservatorio Astronomico

VENERDÌ 15 E SABATO 16 APRILE 2022
ALLE ORE 16.00 E ALLE 18.00 – SPETTACOLI AL PLANETARIO DI LIGNAN
ALLE ORE 21.30 – VISITA GUIDATA NOTTURNA ALL’OSSERVATORIO ASTRONOMICO
SAINT-BARTHÉLEMY, LOC. LIGNAN, NUS (VALLE D’AOSTA)

Anche quest’anno la Fondazione Clément Fillietroz-ONLUS propone il tradizionale evento speciale dedicato all’esplorazione dello spazio.

L’iniziativa è associata alla manifestazione internazionale Yuri’s Night – The World Space Party, che ricorda il volo del cosmonauta sovietico Yuri Gagarin, il primo essere umano a raggiungere lo spazio e orbitare intorno alla Terra, il 12 aprile 1961.

Nel fine settimana di Pasqua, venerdì 15 e sabato 16 aprile, i ricercatori e i divulgatori dell’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta illustreranno la grande sfida scientifica e tecnologica posta dall’esplorazione spaziale.

Grazie agli spettacoli immersivi del Planetario di Lignan, alle ore 16.00 e alle ore 18.00 (durata 1 ora), e alle visite guidate notturne con osservazioni a occhio nudo e al telescopio dalla Terrazza Didattica alle ore 21.30 (durata 1 ora e mezza), i partecipanti saranno condotti in un immaginario viaggio nel cosmo, nel primo Starlight Stellar Park in Italia riconosciuto dall’UNESCO.

Gagarin disse: “Orbitando attorno alla Terra nella mia navicella spaziale, sono rimasto stupefatto dalla bellezza del nostro pianeta. Popoli di tutto il mondo, salvaguardiamo e valorizziamo questa bellezza, non distruggiamola!”

La Yuri’s Night è un’importante opportunità per rilanciare questo messaggio di pace e unità, attuale allora come oggi, dalla Guerra fredda del XX secolo alle tensioni internazionali legate alla tragica cronaca dei nostri giorni.

L’evento speciale è inserito inoltre nel calendario ufficiale della manifestazione internazionale Global Astronomy Month, organizzata da Astronomer Without Borders.

Comunicato stampa completo disponibile qui

Maggiori info su: https://www.oavda.it/primo-piano/yuris-night-2022

 

Nasce il cluster Exploore Aerospazio Marche

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Il 4 aprile si è svolta ufficialmente la prima Assemblea del Cluster Exploore Aerospazio Marche, in seguito alla firma dell’atto costitutivo avvenuta nella prima Giornata Nazionale dello Spazio  (16 dicembre 2021).

Un risultato al quale ho dedicato gli ultimi tre anni della mia vita, organizzando eventi come la Settimana dello Spazio di Osimo, con il patrocinio di Regione Marche, per le edizioni 2019-2020-2021 della World Space Week dell’ONU.

Questo evento si è consolidato nel tempo fino a ricevere l’adesione e la partecipazione di giganti in ambito scientifico e aerospaziale del nostro Paese, come la Prof.ssa Amalia Ercoli Finzi ed il Maestro Piero Angela, guidati dallo straordinario Piero Bianucci con i contributi istituzionali delle Ambasciate  Italy in US  e di U.S. Embassy to Italy – Ambasciata Americana a Roma anche per celebrare i 160 anni di relazioni diplomatiche tra i due Paesi in ambito scientifico nel settore spaziale.

Sì, sono commossa, a pochi importa questo stato d’animo, che, lo so bene, non è quanto deve far notizia.

A dover fare notizia è l’atto di messa a terra di un progetto per il quale personalmente sento di aver portato un contributo importante. È stato come arare e dissodare il terreno, in questi anni, continuando poi a curarlo incessantemente con una serie di attività volte ad offrire una identità al settore aerospaziale ed aeronautico in ambito regionale, coinvolgendo imprese e università nel processo di realizzazione di un Cluster dedicato, perché fosse strumento di riconoscimento di eccellenze già presenti sul nostro territorio.

Ecco, su tutto questo ed altro ho cercato di sviluppare la mia attività dal 2017, in seguito alla visita al Centro di Ricerca Progetto San Marco di Roma, per realizzare un progetto che all’inizio mi sembrava un sogno quasi impossibile. Perché nelle Marche non esisteva un settore identificabile, perché non c’era connessione formalizzata e continua tra le imprese e le università.

Avevo solo due aneddoti da raccontare, che però avevano fatto Storia in Italia, partendo da due figli di questa terra e quindi motivo di valorizzazione:  il contributo di Enrico Mattei al progetto San Marco di Luigi Broglio, e gli studi di Giuseppe Occhialini, che contribuirono anche alla nascita dell’Agenzia Spaziale Europea.

Con alcuni link vorrei tracciare questo percorso, a partire dalle visite aziendali che si sono svolte tra le tre edizioni della Settimana dello Spazio e che gli imprenditori, ospiti degli incontri, hanno voluto che accompagnassi.

Molte sono le date e i momenti importanti di questo cammino, che già nella prima edizione della Settimana dello Spazio (2019) aveva riunito, anche fisicamente prima della pandemia, imprese che potevano costituire il nucleo iniziale del progetto, oltre alle università.

Ma arrivando ai tempi più recenti una data fondamentale è stata il 12 aprile 2021.

Si può dire che quel giorno per me è stato l’atto di messa a terra di un progetto per il quale si è arato e dissodato il terreno, in questi anni e si continuava a curarlo. Quella data è stata proprio il giorno della semina. E già in quella fase avevo ricevuto il sostegno di importanti istituzioni scientifiche di settore come l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF):

INAF accompagna la costituzione di un network tra imprese e accademie

A 60 anni dal primo volo di Jurij Gagarin nello spazio, un incontro intitolato “Aerospazio e Hi-tech, un progetto possibile per le Marche” ne commemora il ricordo. E l’Istituto Nazionale di Astrofisica non fa mancare il proprio sostegno all’avvio, proprio in questa data, di un network di imprese hi-tech rivolte al settore aerospaziale. Di Frida Paolella

Dopo il lancio del progetto Exploore, esattamente un mese dopo (il 12 maggio)  una prima informale adesione delle imprese e decisione di andare avanti per procedere verso la realizzazione del progetto.

E a giugno, in occasione della Giornata Mondiale PMI 2021, gli interventi di Gianluca Dettori/Fondo Primo Space, del Presidente Camera di Commercio delle Marche Gino Sabatini, di David Clementoni, marchigiano, fondatore Italian Artisan, per cercare di creare le prime relazioni anche di contenuto e di sviluppo.

Poi l’apertura della prima sezione INAF nelle Marche, all’Università di Camerino, ha dato concretezza alla partecipazione di istituzioni scientifiche di settore.

Non perdere l’articolo su Coelum: L’Istituto Nazionale di Astrofisica sbarca a Camerino

La terza edizione della Settimana dello Spazio a ottobre 2021 ha dato davvero nuova propulsione verso la realizzazione del progetto. Le partecipazioni di altissimo profilo e qualificate in apertura della prima giornata hanno dimostrato l’interesse e l’attenzione verso il settore ed una apertura ad offrire collaborazione ed opportunità per realizzare il progetto Cluster:

VIDEO: Settimana Mondiale dello Spazio di Osimo 2021 – Space Economy: un universo di possibilità 04/10/2021

L’individuazione della prima Giornata Nazionale dello Spazio (16 dicembre) ha tolto da ogni imbarazzo su quale data scegliere e proporre come momento ufficiale per la firma dell’atto costitutivo: una data in cui le Pubbliche Amministrazioni, anche in coordinamento con gli enti e gli organismi interessati, sono chiamate a promuovere l’attenzione e l’informazione sul settore spaziale. Si dava così concretezza ai numerosi incontri promossi dal Comune di Osimo, con il patrocinio di Regione Marche, avvenuti nel corso di tre edizioni.

Ed è stato individuato il primo presidente del Cluster Exploore nella persona dell’ingegnere aeronautico Maurizio Giacomini, Responsabile Relazioni Istituzionali Mecaer Aviation Group (MAG), che ha davvero portato il suo prezioso contributo alla fase di messa a terra definitiva del progetto.

Arrivati al 16 dicembre 2021, si è realizzato il passo fondamentale, l’atto costitutivo notarile e la nascita ufficiale del Cluster Exploore Aerospazio Marche.

Ecco i passi attraverso i quali, oltre a tanto lavoro lungo tutto il percorso, come in questi ultimi mesi, nei quali il Presidente Giacomini ha attuato tutti gli adempimenti burocratici e amministrativi, nonché avviato e concretizzato contatti e progetti di partnership con altre istituzioni accademiche, scientifiche e imprese.

Da parte mia, mi piace anche ricordare l’adesione costante a Giornate tematiche mondiali, con un’attenzione rivolta sempre alle scuole dove abbiamo spiegato il contributo delle scienze spaziali al raggiungimento dei 17 Obiettivi ONU di Sviluppo Sostenibile, come è stato riconosciuto dall’ONU.

Fino ad un crescendo di contributi e partecipazioni straordinarie come tutte quelle ricordate nel video sulle note del brano “Dal Finestrino” (evocativo della cupola della Stazione Spaziale Internazionale) composto da Marco Santini ed eseguito dal Duo Santini.

Sono tutte tappe di un percorso nelle quali si sono messi a terra i germogli di un progetto che è una visione, un sogno; un progetto da cui può nascere un nuovo ambito di sviluppo per il sistema economico marchigiano in quanto aggregazione virtuosa di discipline giuridiche (diritto spaziale), economiche (New Space Economy) umanistiche e STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica), verso le quali incoraggiare anche le ragazze.

Era ed è audace, forse, ma si può sognare, dovendo comunque costruire un futuro che non si fa da solo, ma attraverso la nostra azione.

Sognare che questo possa essere il settore del futuro per la nostra terra, il nuovo distretto in cui l’operosità, la fantasia, l’intelligenza, la dedizione, la “tigna” dei Marchigiani riusciranno, come qualche decennio fa nei distretti manifatturieri, a fare delle Marche un nuovo modello, con imprese, posti di lavoro, alte professionalità e dove i giovani possano essere preparati e possano trovare occupazione e realizzare i loro progetti, senza dover abbandonare la propria terra e le proprie radici.

Una storia che ho voluto raccontare perché è una storia di passione, impegno, convincimento nella quale ho avuto la fortuna e l’onore di incontrare persone, prima che grandi manager, scienziati, docenti di altissimo profilo. Persone che hanno concesso la loro disponibilità e la loro partecipazione senza chiedere altro che serietà, impegno, competenza ed entusiasmo. E la gioia di ogni contatto, ogni dialogo, ogni adesione è stata ed è per me un’emozione irripetibile che mi porto dentro e mi ha restituito, moltiplicata, l’energia e l’impegno che ho messo nel progetto.

Voglio dunque ringraziare tutti coloro che hanno dato il loro contributo a questo percorso. In tutti la caratteristica fondamentale è stata una grande disponibilità. Innanzitutto umana e di questo sarò loro sempre profondamente grata.

Grazie all’accompagnamento costante di Thales Alenia Space e ai contributi scientifici di INAF, INFN – Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, GSSI – Gran Sasso Science Institute, University of Leicester, University of Maryland, Canadian Space Agency, Agenzia Spaziale Italiana, ESA – European Space Agency

Uniti per costruire il futuro:

UNIVPM Università Politecnica delle Marche
Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
Unimc / Università degli Studi di Macerata
UNICAM – Università degli Studi di Camerino
San Diego State University 
Civitanavi Systems
Gem Elettronica
Ferrari Farm Società Agricola Srl
HP Composites SpA
Loccioni
Mecaer Aviation Group
Nano Tech
Prosilas Rapid Prototyping
spin off NOW
Microtekna
Somacis
Spacewear
TPS Group

Visita il sito: EXPLOORE

Fulmine sul razzo di Artemis I – il video

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Il suggestivo video del fulmine che ha colpito la piattaforma di lancio del razzo di Artemis I – la missione NASA che riporterà l’uomo sulla Luna

Sabato scorso, il 2 aprile 2022, un fulmine ha centrato la struttura accanto al razzo lunare della missione NASA – Artemis I 
Quattro sono stati i fulmini che hanno colpito l’area attorno al Launch Pad 39B, la piattaforma dove il primo mega-razzo Space Launch System (SLS) della NASA stava affrontando un test in previsione della missione Artemis I – diretta sulla Luna entro la fine di quest’anno.
Il razzo è protetto dai fulmini da tre torri e una struttura che ha lo scopo di scaricare i colpi a terra lontani dal razzo stesso.
I primi tre fulmini sono stati eventi di potenza relativamente bassa, ma il quarto, che ha colpito la “torre uno” del sistema di protezione contro i fulmini, è stato più potente.

Non perdere il video sul canale YouTube di Coelum!

Questa clip è stata pubblicata in un tweet dal fotografo Jerry Pike.
Lo Space Launch System è il mega-razzo della NASA progettato per le missioni lunari Artemi. Il sistema di lancio spaziale, che un giorno porterà nuovamente gli uomini sulla Luna, è pensato per i futuri programmi di esplorazione spaziale: oltre ai voli lunari con equipaggio, si parla di utilizzarlo anche per raggiungere Marte.
Fortunatamente, ci aggiorna l’agenzia spaziale americana che il razzo non ha subito alcun danno.
Ecco il tweet che chiarisce la situazione: pubblicato dal NASA’s Exploration Ground Systems
Info tratte da: www.space.com

Aggiornamenti JWST: a che punto siamo?

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JWST: continuano le operazioni di allineamento degli specchi

Aggiornamento del 1 aprile 2022

No, non è un “Pesce di aprile“!
In questa data, la NASA ha annunciato che il Webb ha completato il primo allineamento multi-strumentale.

Che cosa si intende? Il JWST ospita diversi strumenti a bordo.

Ne parliamo in dettaglio nell’ultimo numero di Coelum: nel n. 255 troverete infatti un ricco dossier dedicato a questo incredibile telescopio spaziale

Il 1 di aprile si è conclusa la sesta fase di allineamento degli specchi del JWST. Mentre il Mid-Infrared Instrument (MIRI) continua il suo raffreddamento, gli scienziati hanno allineato con successo il resto degli strumenti di bordo collegati agli specchi di Webb.

Le precedenti fasi di allineamento erano state così accurate che gli ingegneri hanno valutato che non sono necessarie ulteriori regolazioni allo specchio secondario fino alla settima e ultima fase, che coinvolgerà MIRI quando si sarà completamente raffreddato.

Il MIRI è uno strumento che lavora nel medio-infrarosso (da 4.9 a 28.8 micron). I suoi rilevatori devono trovarsi a una temperatura inferiore a 7 gradi Kelvin (-266 °C) per funzionare correttamente. Non è possibile raggiungere questa temperatura sul Webb, se non grazie a un innovativo criorefrigeratore dedicato proprio al raffreddamento dei rivelatori MIRI.

Per gestire il processo di raffreddamento, MIRI dispone anche di un sistema di riscaldamento a bordo, per proteggere i suoi componenti sensibili dal rischio di formazione di ghiaccio. Il team di ricercatori ha iniziato a regolare progressivamente sia il criorefrigeratore che questi strumenti di riscaldamento, per garantire un raffreddamento lento, controllato e stabile per lo strumento.

Clicca sull’immagine e segui l’avanzamento della missione sul sito dedicato della NASA! www.webb.nasa.gov

Una volta che MIRI si sarà completamente raffreddato alla sua temperatura operativa, si verificherà un secondo allineamento multi-strumentale per apportare le regolazioni finali agli strumenti e agli specchi – se necessario -.

Quando il telescopio sarà completamente allineato e sarà in grado di fornire luce focalizzata a ciascun strumento, si verificherà un incontro chiave tra i tecnici per confermare la fine dell’allineamento di tutti i componenti del telescopio spaziale. Si passerà quindi alla messa in servizio di ogni strumento per le operazioni scientifiche, che dovrebbero iniziare questa estate.

Le premesse non sono male!

L’immagine scattata dal telescopio spaziale James Webb durante il suo processo di allineamento mostra galassie e stelle sullo sfondo. (Credit: NASA/STScI)

Questa prima prova è stata superata alla grande!

L’immagine, risalente all’11 marzo scorso, annuncia la fine di una delle fasi chiave della messa in servizio di Webb: ogni parametro ottico è stato controllato e testato e ha dimostrato prestazioni pari o superiori alle aspettative.

I tecnici, inoltre, non hanno riscontrato problemi critici e nessuna contaminazione misurabile, né blocchi nel funzionamento. Il telescopio è in grado di raccogliere con successo la luce da oggetti distanti e consegnarla ai suoi strumenti senza problemi.

Sebbene manchino mesi prima che Webb fornisca la sua nuova visione del Cosmo, il raggiungimento di questo primo traguardo è davvero un grande successo.

Aspettiamo con trepidazione nuovi sviluppi!

Per approfondire:

Dov’è Webb?

Per chi ha scelto il servizio postale: Coelum in arrivo!

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L’avviso è rivolto a tutti coloro che hanno selezionato la spedizione postale e che ancora non hanno ricevuto la propria copia

Coelum sta arrivando!

Ci sono arrivate alcune segnalazioni di ritardi relativi al servizio tramite Poste.

Confermiamo che tutti gli ordini ricevuti fino i primi giorni di aprile sono stati spediti. Purtroppo non ci è possibile tracciare la spedizione postale, in ogni caso diversi lettori ci confermano che le loro copie sono arrivate questa settimana.

Dovreste quindi ricevere Coelum a stretto giro. Il nostro Staff rimane a disposizione per ogni evenienza, potete raggiungerci tramite e-mail all’indirizzo coelumastro@coelum.com

 

Quando il Sole dà spettacolo

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La nostra stella in fermento

In copertina: Astronomy Picture of the Day del 04 aprile credit & copyright: Christophe Suarez

A fine marzo, le 17 eruzioni solari prodotte da un’unica regione attiva (denominata AR2975), hanno messo in allerta gli scienziati per possibili tempeste elettromagnetiche rivolte verso il nostro pianeta.

Molteplici espulsioni di massa coronale, registrate a fine marzo 2022, catturate dal Solar and Heliospheric Observatory (SOHO). (Credit immagine: SOHO/ESA e NASA)

Una tempesta solare “cannibale”

È stata così denominata la CME (espulsione di massa coronale) attesa per il 31 marzo scorso.

credit NOAA

Per “cannibale” si intende un’espulsione di massa doppia (secondo il modello digitale prodotto dal NOAA): una seconda CME supera la prima, fondendosi in un unico “Cannibal CME”, per poi colpire il campo magnetico terrestre.

Le tempeste attese il 31 marzo erano state indicate di classe G2 e G3, ovvero moderatamente forti. Durante tempeste di questa tipologia, le aurore generate dall’impatto con la nostra magnetosfera si stima possano essere visibili fino a New York e in Idaho.

La sorgente della CME, come detto, è la macchia solare attiva AR2975. Di seguito, delle immagini di questa e altre macchie solari catturate da Rossana Miani il 29/03.

80ED Skywatcher, UV/IR filter, Baader Solar Continuum Filter, ASI174MM, Baader Prisma di Herschel, Skywatcher AZEQ5, Barlow 2X Explore Scientific (credit Rossana Miani)

Le macchie solari sono eruzioni che si verificano sulla fotosfera. Sono regioni della superficie del Sole che sono distinte dall’ambiente circostante per una temperatura minore ed una forte attività magnetica.

A volte queste esplosioni sono associate a espulsioni di massa coronale (CME), o flussi di particelle cariche che sparano nello spazio. Potenti strumenti come il Solar Dynamics Observatory della NASA, così come il Solar and Heliospheric Observatory, hanno catturato viste mozzafiato delle eruzioni solari.

31 Marzo: cos’è accaduto

La macchia solare attiva AR2975 ha prodotto un ulteriore brillamento solare molto forte. Il bagliore (magnitudo M9.6) ha raggiunto il picco intorno le 20:30 (ore italiane).

Clicca sull’immagine per vedere l’animazione

www.spaceweather.com

Intorno le 4 del mattino (ore italiane) del 31 marzo, la CME cannibale ha colpito il campo magnetico terrestre.

L’impatto ha causato una tempesta geomagnetica di classe G1, più debole della tempesta G3 prevista, ma comunque sufficiente da innescare aurore in più stati degli Stati Uniti settentrionali.

Ma non finisce qui

Anche questi primi giorni di aprile, la nostra stella continua ad essere in fermento!

Grazie a Rossana Miani per questo aggiornamento e per le immagini datate 1 aprile 2022:

L’evento M9.6 del 31 marzo ha prodotto un’espulsione di massa coronale (CME), tuttavia di classe minore di quanto predetto.

Sebbene tutti gli occhi fossero puntati su AR 2975, un ammasso di macchie solari situato nel quadrante sud-est continua a svilupparsi lentamente e gli è stato assegnato il numero AR 2981. Questa regione ha prodotto una serie di brillamenti C di livello medio e probabilmente potrebbe verificarsi un moderato M-Flare. La tanto attesa tempesta geomagnetica non è riuscita a raggiungere la soglia di Forte (G3), tuttavia sono state segnalate belle manifestazioni di aurora in molte località a latitudini più elevate (informazioni tratte da SolarHam.com).

80ED Skywatcher, UV/IR filter, Baader Solar Continuum Filter, ASI174MM, Baader Prisma di Herschel, Skywatcher AZEQ5, Barlow 2X Explore Scientific (credit: Rossana Miani)

Durante il weekend del 2 e 3 aprile, inoltre, si sono verificate ulteriori CME.

Il 2 aprile, la macchia solare AR2975 ha prodotto un altro brillamento.

Sebbene la macchia solare non fosse direttamente rivolta verso la Terra – e quindi la maggior parte del CME ci mancherà – una frazione dell’eplosione sembrerebbe dirigersi verso la Terra e potrebbe colpire il campo magnetico del nostro pianeta il 6 aprile. Un “colpo di striscio” di questo tipo potrebbe innescare una tempesta geomagnetica minore di classe G1.

Una seconda CME, prodotta il 3 aprile, potrebbe invece raggiungerci il giorno 7.

Insomma, in questi ultimi giorni il Sole sta dando spettacolo!

Ricordiamo che oltre a produrre le suggestive aurore, le tempeste solari più intense possono creare seri problemi agli astronauti e forti interferenze alle nostre reti elettriche e satellitari. Un’attenta analisi e un monitoraggio giornaliero dell’attività solare ci aiuta a prevedere e prevenire possibili rischi.

Maggiori informazioni e molti altri dati aggiornati sui siti:

NOAA – National Oceanic and Atmospheric Administration
Spaceweather
Solarham
LASCO

Il giardino? Sul tetto, per ridurre il calore nelle città

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Un team del Goddard Institute for Space Studies (GISS) della NASA ha monitorato tre edifici a Chicago per verificare come (e se) i “tetti verdi” abbiano influenzato le temperature della superficie intorno a quelle strutture e per rilevare eventuali differenze con altri siti vicini sprovvisti di giardini sui tetti.

I giardini sui tetti e le aree verdi possono aiutare ad alleviare (in parte) il forte calore che si propaga nelle città.

Per diversi decenni, i ricercatori del Goddard Institute for Space Studies (Giss) della NASA hanno promosso la sostituzione del catrame nero, così come altri materiali di copertura di colore scuro tipicamente utilizzati per i tetti degli edifici, con superfici luminose che riflettano il Sole o, meglio ancora, “tetti verdiricoperti di vegetazione.

Oggi, grazie ai dati satellitari, si può effettivamente misurare l’efficacia di questi cambiamenti. I risultati sono pubblicati sulla rivista SustainableCities and Society.

Quanto è importante la vegetazione

Nelle città, impossibile non notarlo in estate, si instaura un microclima più caldo noto come “isola di calore”.

L’asfalto, il cemento e materiali simili che costituiscono strade ed edifici urbani assorbono e trattengono molto più calore rispetto la vegetazione, con il risultato che le temperature nelle aree urbane possono aumentare, rispetto alle regioni rurali, anche di 10 gradi.

Nei quartieri con meno alberi e spazi verdi, quelli più poveri per intenderci, questo calore spesso va a discapito di anziani, comunità a basso reddito o minoranze etniche. Nel caso dei tetti verdi, invece, il potere di raffreddamento delle piante può essere sfruttato per abbassare la temperatura, anche nel caso di terreni poco profondi, con l’utilizzo di colture anche poco differenziate e a bassa manutenzione.

A sinistra, le immagini satellitari della regione urbana e suburbana della città di Atlanta; al centro e a destra, le temperature durante il giorno e la notte, rispettivamente. Le temperature sono visibilmente più alte nella regione urbana (credit: svs.gsfc.nasa.gov)

Gli scienziati del GISS hanno collaborato con i Dipartimenti di Salute pubblica e Pianificazione e Sviluppo di Chicago per studiare tre edifici che avevano installato tetti verdi nei primi anni 2000: Millennium Park, il Municipio City Hall e un centro commerciale Walmart.

Utilizzando le immagini catturate dal satellite Landsat 5 tra il 1990 e il 2011, i ricercatori hanno confrontato i cambiamenti nelle temperature della superficie terrestre in relazione all’abbondanza della vegetazione presente nei siti di studio, rispetto vicine zone di controllo sprovviste di tetti verdi.

«Mentre le città crescono e si sviluppano, bisogna fare attenzione a prendere buone decisioni sulle loro infrastrutture, perché queste spesso riguardano un periodo di tempo di 30 o 50 anni o più» dice Christian Braneon, scienziato del clima e ingegnere civile della Columbia University e del GISS, coautore dello studio. «Nel contesto di ondate di calore più frequenti e temperature estreme, è importante capire come questi interventi di progettazione urbana possono essere efficaci».

I risultati dei tre siti sono stati contrastanti.

Millennium Park, che ha colture di tipo intensivo (ospita cioè un terreno più profondo, piante e alberi diversi), e si colloca vicino al lago Michigan, ha mostrato temperature medie significativamente più basse dopo l’installazione del tetto verde nel 2004. È stato l’unico sito in cui il tetto ha completamente mitigato il riscaldamento del clima durante il periodo di studio.

Il Municipio, che ospita dal 2002 anch’esso un sito intensivo, ha mostrato temperature inferiori rispetto al sito di controllo, ma in aumento verso la fine del periodo di studio.

Il Walmart, infine, mostra uno scenario diverso. Mentre i tetti verdi di Millennium Park e City Hall sono stati aggiunti a edifici esistenti, il supermercato è stato costruito durante il periodo di studio e ha ospitato, da subito, un ampio tetto verde. Tuttavia, la conversione del terreno da lotto libero ed erboso a negozio (seppur con tetto verde) ha comportato la diminuzione dell’indice di vegetazione della zona.

«Si potrebbe pensare che mettere un tetto verde su un nuovo edificio abbia un impatto significativo» commenta Braneon. «Ma quello che vediamo è che c’è un sacco di materiale impermeabile che può anche essere aggiunto nello stesso luogo – come un parcheggio intorno all’edificio ad esempio. Si potrebbe anche pensare come ridurre l’impatto del parcheggio, ma certamente non può riprodurre l’effetto di raffreddamento che aveva la vegetazione naturale precedentemente».

Secondo gli autori, inoltre, i benefici dei tetti verdi dipendono da diversi fattori – dalla regione geografica, dalla diversità delle piante installate, dalla struttura del tetto e dall’efficienza di raffreddamento dell’edificio stesso.

Per comprendere a fondo il ruolo di ciascuno di questi occorre procedere con studi mirati e campioni più grandi, ma il metodo impiegato in questo studio – rassicurano i ricercatori – è facilmente replicabile in altre città e regioni. I dati sono infatti liberamente accessibili alla comunità scientifica e l’analisi dei dati non richiede particolari risorse informatiche o economiche.

«Tradizionalmente, ingegneri civili e urbanisti progettano costruzioni assumendo che il clima sia stazionario», conclude il ricercatore. «Tutto viene costruito sulla premessa che possiamo guardare al passato per valutare il rischio nel futuro. La verità, però, è che tutto questo si sta capovolgendo a causa del cambiamento climatico e occorre cambiare di conseguenza. Spero di poter continuare a fare un lavoro che sia di aiuto a ingegneri civili e urbanisti a cambiare approccio alla loro pratica».

Ultime date “Coelum in Tour” di Marche-Abruzzo!

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Ultime date “Coelum in Tour” per le Marche e Abruzzo!

Non perdere l’occasione per conoscere lo staff di Coelum e fare un giro in realtà virtuale!

Durante questo week-end del 02-03 aprile potrete vivere l’esperienza CosmoExperience “Viaggio virtuale nell’Astronomia” con i visori della Realtà Virtuale, adatto a grandi e piccoli.

Ci trovate presso il CC Portogrande di San Benedetto del Tronto (AP)

Mattina dalle ore 10:00 alle 12:30
Pomeriggio dalle ore 15:00 alle ore 19:00

Ingresso gratuito su prenotazione. Per prenotazioni contattare il servizio clienti del centro commerciale di riferimento.

✨ Il loco sarà possibile acquistare la rivista

 

Vuoi ospitare anche tu
una tappa del Tour di Coelum?
Scrivi a coelumastro@coelum.com

Hubble stupisce ancora –> NUOVO RECORD!

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Il telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA ha stabilito un nuovo straordinario primato: rilevare la luce di una stella che è esistita nel primo miliardo di anni dal Big Bang cioè dalla nascita dell’Universo. La stella individuale più distante mai vista.

Si chiama Earendel, che in inglese antico significa “stella del mattino”. Ma siccome gli astronomi sono una massa di nerd sono certo che questo nome è stato scelto per via di Eärendil di tolkieniana memoria (che veniva comunque dall’inglese antico, suppongo).
Ma il punto non è questo. Il punto è che mentre il giovane James Webb cincischia con i preparativi, Hubble, vecchietto e dolorante, continua a segnare record. L’ultimo è stato annunciato dalla Nasa proprio oggi, ed è che grazie ai suoi dati è stata osservata la stella più lontana di tutte, che supera anche Icarus, che finora deteneva il record.
La luce di Icarus impiega 9 miliardi di anni a raggiungerci. La luce di Earendel ne impiega invece molti di più, 12,9 miliardi di anni, che vuol dire che è nata nel primo miliardo di anni dopo il Big Bang.

La stella è enorme: oltre 50 masse solari; ed è milioni di volte più luminosa del Sole. Ma anche una stella del genere sarebbe impossibile da osservare a una tale distanza. Ma c’è il trucco: un ammasso di galassie, dal simpatico nome di WHL0137-08, fa da lente di ingrandimento. La sua massa deforma lo spazio-tempo, modificando la traiettoria dei raggi luminosi che vengono da Earendel e permettendoci di vederla.
La stella è così antica che probabilmente fa parte della prima generazione di stelle che si sono formate nell’Universo. Erano stelle fatte quasi unicamente di idrogeno ed elio, che a quel tempo costituivano la quasi totalità della composizione chimica. Più dettagli, comunque, li studieremo proprio con il James Webb Space Telescope, ma già averla trovata è un risultato di cui Hubble può andar fiero.

La lente gravitazione ha consentito di individuare la stella e per stimare l’età gli astronomi hanno usato il noto fenomeno chiamato redshift, uno strumento di indagine oramai indiscusso che si basa sullo spostamento delle righe dello spettro verso il rosso man mano che si indaga stelle sempre più lontane. Earendel ha lo strabiliante valore di redshift 6,2, mai registrato prima per una stella.

Il cielo di Aprile 2022

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Con l’equinozio del 20 marzo che ha segnato l’ingresso della primavera astronomica anche il cielo ora ha una veste nuova.

Nel mese di aprile infatti saranno protagoniste le costellazioni tipiche della primavera: sull’orizzonte Ovest Orione si appresta a diventare un piacevole ricordo dell’inverno, mostrandosi in una breve finestra della prima parte della notte astronomica e anticipando sempre più il suo tramonto, assieme a ToroGemelli e Auriga.

A Sud-Ovest Sirio tramonta con la costellazione del Cane Maggiore, seguendo fedelmente il suo padrone Orione, e a Nord domina l’Orsa Maggiore, mentre Cassiopea e Cefeo brillano a Nord-Ovest.

Per approfondire: Le Costellazioni di Aprile 2022 a cura di Teresa Molinaro

COSA OFFRE IL CIELO

Clicca sul banner per accedere alle Effemeridi 2022!

Mercurio

Il giorno 3 del mese di aprile, troveremo Mercurio in congiunzione superiore con il Sole. Il 18/04 si verificherà una congiunzione tra Mercurio e Urano di circa 2° di separazione; congiunzione difficilmente osservabile, in quanto i due pianeti appariranno non più alti di 9° sopra l’orizzonte. Saranno visibili alle ultime luci del giorno, tramontando 1 ora e 16 minuti dopo il Sole.

Venere

Il primo giorno del mese vedremo Venere apparire poco dopo le 5 del mattino accompagnata da Saturno e Mercurio. La distanza tra i tre pianeti, però, inizierà a farsi più marcata con il passare dei giorni. Il 16/04 troveremo ben quattro pianeti allineati alle 5:30 del mattino: più in basso a sinistra un timido Giove, alla sua destra Venere e, alti nel cielo, Marte seguito da Saturno. Il 27 aprile avremo un bel quadro celeste poco dopo le 5 del mattino: un raggruppamento Luna, Venere, Giove e, a chiudere, Nettuno. Siamo prossimi al novilunio, quindi avremo una falce sottilissima. E proprio l’ultimo giorno del mese, da non perdere la congiunzione Venere-Giove! Con meno di 1° di separazione, questo stretto abbraccio celeste varrà la sveglia anticipata

Marte

Il mese inizia con il pianeta rosso osservabile poco prima dell’alba. Marte si accompagna a Saturno per diversi giorni; la vicinanza tra loro diventa sempre più serrata, preannunciano una splendida congiunzione il giorno 5: un abbraccio strettissimo da non perdere! Proseguiamo nell’arco del mese, fino a giungere al 26/04 quando contatteremo una congiunzione Luna-Marte di poco più di 4° di separazione.  

Giove

Avevamo chiuso marzo con Giove da poco uscito dalla congiunzione con la nostra stella e quindi quasi del tutto nascosto alla nostra vista. Dai primi giorni del mese di aprile, inizierà timidamente a mostrarsi basso all’orizzonte poco prima dell’alba, anticipando sempre di più i suoi orari. Con l’avanzare dei giorni, lo vedremo avvicinarsi a Venere, accostandosi al pianeta il 27/04 raggruppato anche a Luna e Nettuno. Aprile chiude in bellezza con lo stretto abbraccio tra Giove e Venere, da non perdere!  

Saturno 

Il primo giorno del mese troviamo il pianeta ad anelli in compagnia di Venere e Marte. Con quest’ultimo si accompagnerà per gran parte del mese: la vicinanza tra i due pianeti culminerà il giorno 5 con una bella congiunzione. Saturno poi si discosterà sempre più da Mercurio e per il 25/04 segnaliamo una congiunzione Luna-Saturno di poco più di 5° di separazione.

Urano

Urano, osservabile alle ultime luci del giorno, sarà occultato dalla Luna il 3/04. Anticiperà sempre più il suo tramonto e si accosterà a Mercurio, trovandosi in congiunzione con il pianeta il giorno 18/04

Nettuno

Segnaliamo, il giorno 12 del mese, la congiunzione tra Giove e Nettuno all’approssimarsi delle prime luci del giorno. Il 27/04 Nettuno, spettatore silenzioso, parteciperà al raggruppamento Luna-Venere-Giove.

SOLE

Filamento e protuberanza
di CLAUDIO CICERI (da Photo Coelum)

Ad aprile troveremo la nostra stella collocata nella costellazione dei Pesci fino al 19 del mese. In quella data passerà alla costellazione dell’Ariete.

Con il passaggio all’ora legale di marzo e all’approssimarsi dell’estate, abbiamo molte ore di luce a disposizione. Tenendo conto dell’ora legale estiva, pari a un’ora in più rispetto all’ora solare (TMEC), la durata del giorno aumenterà di 1 ora e 18 minuti dall’inizio del mese.

LUNA

Tutti gli approfondimenti sull’osservazione e i fenomeni celesti legati al nostro satellite disponibili per il mese di aprile 2022, a cura del nostro autore Francesco Badalotti.

Non perderti l’articolo: Luna di Aprile 2022

COMETE

Si annuncia una primavera stimolante, con ben due comete “binoculari” che speriamo possano anche trasformarsi in qualcosa in più, ma attualmente ad aprile sono ancora “timide”… In ogni caso ci aspettano nottate intense ed emozionanti, quelle che tutti gli appassionati sognano!

Per approfondire: Le comete di Aprile 2022 a cura di Claudio Pra

ASTEROIDI

Questo mese introduciamo una classe speciale di questi corpi celesti: i NEA.

I NEA, o Near Earth Asteroid, sono asteroidi la cui orbita li porta ad avvicinarsi a vario grado a quella del nostro pianeta. Inoltre, aggiornamenti di aprile: quali saranno gli asteroidi osservabili in questo mese?

Per saperne di più su questi affascinanti “Micromondi” è disponibile sul nostro sito l’articolo: Mondi in miniatura – Asteroidi Aprile 2022 a cura di Marco Iozzi.

TRANSITI NOTEVOLI ISS

La ISS – Stazione Spaziale Internazionale ad aprile 2022 sarà rintracciabile nei nostri cieli in orari serali, quindi senza l’obbligo della sveglia al mattino prima dell’alba! Eccetto per gli ultimi due passaggi, di cui parleremo.

Avremo cinque transiti notevoli con magnitudini elevate durante il mese, auspicando come sempre in cieli sereni!

Non perdere la rubrica Transiti notevoli ISS per il mese di Aprile 2022 a cura di Giuseppe Petricca.

SUPERNOVAE

Siamo a quota 100 articoli sulle SUPERNOVAE!

Grazie a Fabio Briganti e Riccardo Mancini per il loro meticoloso lavoro e impegno in tutti questi anni con COELUM

Aggiornamenti delle ultime scoperte e l’articolo completo qui: E siamo a… 100 articoli sulle SUPERNOVAE! di Fabio Briganti e Riccardo Mancini.

Cieli sereni a tutti!

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Ultimi giorni per ricevere Coelum 255 in abbonamento e tramite poste!

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ATTENZIONE!!

Nei giorni scorsi è partita la prima tranche di spedizioni per gli abbonamenti a Coelum con consegna tramite Poste.

Nei primi di aprile invieremo il secondo e ultimo blocco per tutti gli abbonamenti con spedizione postale arrivati entro il 31 marzo.

  1. NOTA IMPORTANTE: a partire dal primo di aprile il numero 255 acquistato singolarmente sarà spedito solo esclusivamente con corriere al costo di 3,00 euro per la spedizione.

Se volete attivare l’abbonamento a partire dal 255 potete farlo entro oggi o massimo domani 31 marzo

Si ricorda che per la corretta gestione degli abbonamenti ogni sottoscrizione è attivata a partire dal numero successivo a quello in corso. Per spiegarsi meglio: gli abbonamenti devono essere spediti tutti insieme appena uscito il numero.

Esempio pratico:

Oggi 30 marzo, giorno in cui pubblichiamo questo avviso, il numero in corso è ancora il 254 di febbraio/marzo. Tutti gli abbonamenti che arriveranno entro il 31 marzo partiranno dal numero successivo, il n°255 di aprile/maggio.
A partire dal 1 aprile, il numero in corso sarà il 255 di aprile/maggio e tutte le sottoscrizioni giunte dal primo aprile fino al 31 maggio si attiveranno a partire dal numero successivo: ovvero il 256 di giugno/luglio.

AFFRETTATEVI quindi se volete includere la copia del 255 nel vostro abbonamento!

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Integrazioni articolo Selenocromatica – n 255 Coelum Astronomia

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Schema operativo della Tecnica Dei tre Filtri
L’articolo completo disponibile sul n. 255 di Coelum

Luminance from Double Visual Filters plus Cromiance from UV-IRcut filter – L(DVF)+C(UV-IRcut)

La tecnica dei tre filtri come viene chiamata in genere, è di sicuro il gold standard selenocromatico per gli eccellenti risultati che è in grado di offrire a fronte di una relativa semplicità di applicazione e di un costo accessibile: ci si dovrà infatti procurare due filtri visuali complementari ed un filtro UV-IRcut.

A questo proposito si è scelto di usare un L2 escludendo L1 ed L3  che avrebbero reso una risposta o troppo “stretta” (perdendo alcune lunghezze d’onda) o troppo larga (sovrapponendosi al vicino IR).

I contributi all’immagine finale in questo modo provengono da uno spettro ampio di onde elettromagnetiche, dal visibile al vicino IR, con le frequenze IR che contribuiscono solo nel contrastare il cromatismo “pulito” derivato dal filtro UV-Ircut.

Schema operativo della Tecnica Dei tre Filtri

Nel dettaglio si ottiene la Luminanza filtrata da due filtri visuali complementari (come #12 e #47) con diverse migliaia di frames a colori il più possibile brevi (nell’ordine del millesimo di secondo) che verranno sommati in Autostakkert! in una percentuale inversamente proporzionale al seeing, come naturale.

Il risultato verrà bilanciato in Registax con RGB Balance e reso nitido con i wavelets di Denoise e Sharpen. Il file “cromaticamente contaminato” che ne deriverà,  fornirà il “fondo” cromatico a cui si aggiungerà il colore della cromianza vera e propria.

Questa si otterrà riprendendo un campo più grande di quello usato per la Luminanza: infatti il sandwich visuale verrà sostituito da un UV-IRcut e,  per evitare di avere una coperta cromatica più piccola del materasso di Luminanza, dovremo riprendere una più ampia area comprendente quella di Luminanza stessa.

Talora si usa l’intero disco lunare, ma quanto più il campo di cromianza è simile a quello di luminanza (chi ha ruota portafiltri può sfruttarla) tanto più i dettagli cromatici saranno fini. Dopo il passaggio in Autostakkert! con il quale saranno sommate percentuali generose (sopra il 50%) dei frames, il tiff ottenuto verrà bilanciato in Registax con RGB Balance.

In Photoshop invece andranno utilizzati i comandi Immagini>Tono o Colore e/o Contrasto Automatico per ottenere un’immagine più simile possibile al B/N da una con dominante di solito giallastra.

Questa “neutralizzazione” permetterà di sovrasaturare in maniera bilanciata.

Per evitare artefatti nei pressi delle zone di elevata albedo (crateri ed orizzonte lunare) è in ogni caso consigliabile un passaggio in “Filtro camera Raw” col settaggio negativo del valore Texture settato almeno a -50. Ma anche così  i colori tenderanno a “scivolare” attorno alle zone albediche e sarà necessario quindi correggerli con strumenti come l’RGB Align di Registax o Filtro>Nitidezza>Riduzione Effetto Mosso di Photoshop.

Se non si possiede una ruota portafiltri i due files, divenuti “livelli”, dovranno  essere con scrupolo maniacale allineati usando in Photoshop gli strumenti della tendina Modifica > Trasforma.

Eventuali errori in questa fase produrranno colori dove non ci sono. Si lavorerà infine su Contrasto e Saturazione di L e C  fino ad ottenere l’immagine più ricca d’ informazioni.

Luminance and Cromiance from Double Visual Filters LC(DVF)  

Si tratta di una tecnica sperimentale sviluppata dal GAWH di Torino (Gruppo Astrofili William Herschel) sfrutta l’immagine da un’unica sequenza a colori ottenuta  attraverso filtri visuali (testate le coppie  giallo#12-viola#47 e rosso#25-blu#47), ma potrebbero funzionare tutte le poco costose coppie che sovrappongono marginalmente le loro bande di trasmissione.

In tutti i casi otterremo picchi di risposta dopo i 700 nm ma data la scarsità di luce visibile utilizzabile, i dettagli cromatici saranno scarsi in aree poco illuminate come il Terminatore.

Bande di trasmissione del filtro giallo #12 (fucsia) e viola #47(azzurro) con la risultante della somma (nero). Da Gasparri, “Qualche piccolo segreto..”, Coelum 140, 26/07/2010.

La Luminanza risulta dall’elaborazione in B/N dello stesso file da sequenza a colori, allineata, “stakkata” e desaturata. La modalità di fusione in PS di luminanza e cromianza è la solita: Colore.

La piccola componente visibile che i filtri non riescono a bloccare fornisce la componente cromatica, leggermente sfocata, assieme ad una componente infrarossa che la camera che abbiamo testato (ASI 224MC) rende a colori prima che i tre canali si sovrappongano intorno a 800 nm: tale risposta, va detto, non è perfettamente bilanciata nei tre canali, ma il rosso è preponderante.

Per il colore sono sufficienti alcune centinaia di frames che verranno allineati e sommati con software come Pipp, Autostakkert! o simili.

Risposta quantica della ASI 224MC

Il risultato, con dominante rossastra, può quindi essere  processato in Registax, dato che con esso è più semplice trovare il livello ottimale in un solo passaggio: si creerà un file di Luminanza ed uno di Cromianza (da un allineamento RGB con RGB Balance ottenendo un file apparentemente in BN).

La componente IR rende l’immagine meno sensibile agli effetti della turbolenza atmosferica, permettendo riprese accettabili anche con scarso seeing, e rende anche più contrastata l’immagine a colori a vantaggio della luminanza che verrà ottenuta con i Wavelets Sharpen e Denoise e desaturando  (non c’è una perdita di nitidezza con il doppio filtro visuale rispetto ad IRpass nativo).

A sinistra immagine di luminanza di G. Barattia con C9 f/10 e filtro IR pass Astronomik 807, con ASI 322 MC con gain 0 e 87 ms; a destra immagine di A. Ferruggia C8 f/10 15, 5 ms con doppio filtro visuale giallo-viola e stessa camera ma con gain 150; medesima serata di acquisizione, passaggio di nubi durante la ripresa nelle 2 sequenze.

Otterremo invece cromianza (matrice di cromianza) sovra-saturando con moderazione (<25) in Registax con Colour Mixing>Saturation dopo aver biffato la casella Create Luminance from RGB. I due files generati verranno sommati in PS in modalità Colore , con cromianza posta sopra.

Già a questo punto l’immagine risultante fornisce una discreta quantità d’informazione cromatica, soprattutto nelle aree ben illuminate,  ma volendo si possono ottenere risultati di  particolare ricchezza e realismo estraendo con PS ulteriori sfumature con fini e talora estenuanti regolazioni (e col rischio di artefatti sempre in agguato!).

E va pure segnalato che la coppia di filtri considerata finora taglia il colore rosso mattone dei red spots, strutture vulcaniche che vengono uniformate agli altri rossi, talora il colore marrone scuro/rosso cupo che segnala aree con Ilmenite più ricca di ferro (rese con sfumature di tenue grigio/celeste più chiare rispetto al resto del mare) e il celeste delle raggiere d’impatto.

LC(DVF) (solo linee continue) +C diurna (linee continue e tratteggiate); l’ultimo passaggio è quello meno standardizzato, quello che rende obbligatoria verifica CCE

La tecnica è quindi sconsigliabile per i neofiti della Selenocromatica e in acquisizione notturna (post-processo pletorico che necessita sempre di CCE) ma ha un’importante nicchia applicativa in diurna: infatti i filtri “tagliano” gran parte della radiazione solare diffusa dai gas atmosferici, radiazione che impedisce col suo bagliore una visione nitida dei dettagli lunari.

In questo modo si ottiene la luminanza accettabile perché ottenuta con pose veloci data l’elevata luminosità del target. A questa poi si somma l’immagine di Cromianza ottenuta dalla stessa immagine iniziale. E’ possibile la variante LC(DVF)+C che utilizza anche un’acquisizione nel visibile: tale immagine molto chiara dalla dominante azzurra va trattata in PS col comando Tono Automatico e bilanciata con la funzione Luminosità/Contrasto fino a bilanciamento; va quindi sommata alla matrice di Cromianza ottenuta in DVF a formare una Cromianza composita che va finalmente sommata nella solita modalità Colore all’immagine di Luminanza.

Così ricompaiono non solo le celesti raggiere d’impatto tipiche dell’acquisizione nel visibile ma anche una quantità di blu impensabile nelle acquisizioni notturne in LC(DVF). Si raccomanda in ogni caso l’utilizzo di flat frames e di una attenta verifica CCE per il lungo post-processo.

Riepilogo degli acronimi delle tecniche

LC: Luminanza-Cromianza “liscia”,  senza filtri, da unica sequenza

LC(DVF): Luminanza da Doppio Filtro Visuale, da unica sequenza (vecchio acronimo DVFLC); si consiglia sperimentazione solo in acquisizioni daytime

L(DVF)+C: Luminanza da Doppio Filtro Visuale + Cromianza  non filtrata, da due sequenze; ne esiste una variante diurna

L(IRpass)+C(UV-IRcut): Luminanza da filtro IRpass + cromianza da UV-IRcut, da due sequenze

L(DVF)+C(UV-IRcut): Luminanza da Doppio Filtro Visuale (effetto IRpass-simile) + cromianza da UV-IRcut, quindi da due sequenze; è la migliore, e data l’illeggibilità dell’acronimo la si individuata come la “Tecnica dei Tre Filtri”

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