Home Blog Pagina 65

Circolo Culturale Astrofili Trieste

0

Ecco il programma appuntamenti didattici del Circolo Culturale Astrofili Trieste per i mesi di Novembre e Dicembre 2017; le conferenze si tengono presso la sala “Centro Natura”, ostello scouts “Alpe Adria”, Loc. Campo Sacro 381, Prosecco – Trieste, sempre dalle 18:30 alle 20:00.

13.11: I vulcani di Io, satellite infernale di Giove.
Relatore: Giovanni Chelleri
20.11: Il terzetto energetico di NGC4993: KILONOVAE, Onde gravitazionali e Gamma ray burst.
Relatore: Stefano Schirinzi
27.11: I raggi cosmici.
Relatore: Prof. Fulvio Mancinelli
04.12: L’enigma dei buchi neri primordiali.
Relatore: Prof. Edoardo Bogatec
11.12: Novità ai confini del Sistema Solare: i TNO e la ricerca del pianeta IX.
Relatore: Stefano Schirinzi
18.12: Gli strumenti dell’astronomia: telescopi, radiotelescopi,
spettrografi e satelliti.
Relatore: Muzio Bobbio

Ascolta il Circolo Culturale Astrofili Trieste ne “Il buio degli anni luce” in diretta streaming su Radio Fragola ogni mercoledì dalle 21:30 alle 22:30. http://www.radiofragola.com

Per informazioni:
http://www.astrofilitrieste.it

Zombie Star, la stella che non voleva morire

0
La luce di iPTF14hls è stata vista aumentare e iminuire almeno cinque volte in due anni. Un comportamento mai osservato nelle supernove precedenti, che in genere rimangono luminose per circa 100 giorni per poi svanire. Crediti: Lco/S. ​Wilkinson
Un'illustrazione artistica di una supernova. Crediti: NASA, ESA, AND G. BACON (STSCI)
La luce di iPTF14hls è stata vista aumentare e iminuire almeno cinque volte in due anni. Un comportamento mai osservato nelle supernove precedenti, che in genere rimangono luminose per circa 100 giorni per poi svanire. Crediti: Lco/S. Wilkinson

«È una supernova che mette in crisi tutto quello che pensiamo di sapere su come funzionano questi oggetti. Ed è il più grande enigma nel quale mi sia mai imbattuto in quasi un decennio di studi di esplosioni stellari». Così Iair Arcavi, ricercatore postdocall’Università della California – Santa Barbara e primo autore di uno studio, pubblicato oggi su Nature, su iPTF14hls: una supernova di tipo II-P.

Di solito, quando una stella “muore” è per sempre: una volta esplosa come supernova, se mai la materia di cui è fatta torna a splendere è perché viene riciclata per dare vita ad altre stelle. In questo caso, invece, pare proprio che siamo davanti allo stesso oggetto già visto brillare in cielo oltre sessant’anni anni or sono.

Tutto comincia, o meglio, ricomincia, nel settembre del 2014. Quando un team d’astronomi della Intermediate Palomar Transient Factory – una survey automatizzata per intercettare eventi transienti in banda ottica – registra un’esplosione a mezzo miliardo d’anni luce da noi. L’analisi spettrale rivela che si tratta d’una supernova II-P, ma ha qualcosa di strano: invece dei circa 100 giorni che di norma trascorrono prima che la luce di supernove di questo tipo s’estingua, l’impronunciabile iPTF14hls non vuole saperne di spegnersi e continua a brillare per oltre 600 giorni. Incuriositi, gli astronomi la studiano con attenzione, vanno pure a spulciare gli archivi della Palomar Sky Survey. E salta fuori che lì, in quel punto esatto della costellazione dell’Orsa Maggiore, già c’era stata un’altra esplosione. Quando? Nel 1954.

Un’immagine della Palomar Observatory Sky Survey mostra una possibile esplosione avvenuta nel 1954 nella posizione di iPTF14hls (a sinistra), assente nell’immagine successiva, che risale al 1993 (a destra). Crediti: Poss/Dss/Lco/S. Wilkinson

L’ipotesi degli scienziati è che possa trattarsi del primo esemplare mai osservato di quella che i teorici chiamano supernova a instabilità di coppia pulsazionale (pulsational pair-instability supernova). «Stando a questa teoria, potrebbe essere l’esito di una stella talmente calda e massiccia da aver prodotto nel suo nucleo antimateria», spiega uno dei coautori dello studio, Daniel Kasen, dell’Università di Berkeley. «Ciò renderebbe la stella instabile in modo violento, provocando ripetute esplosioni per periodi lunghi anni».

Da sinistra: Iair Arcavi, Andy Howell and Lars Bildsten. Photo Credit: SONIA FERNANDE

«Prevedevamo che questo tipo d’esplosioni potesse essersi verificato solo nell’universo primordiale, ora dovrebbero essere estinte. Vederne una è come imbattersi oggi in un dinosauro ancora vivo:  se ne scopri uno, ti viene da chiederti se sia davvero un dinosauro», aggiunge un altro coautore dello studio, Andy Howell, del Las Cumbres Observatory (Lco).

E forse non è finita qui: se davvero siamo davanti a una pulsational pair-instability supernova, il processo potrebbe anche ripetersi per decenni prima della grande esplosione “finale” – garantiscono gli scienziati… –  che prelude al collasso in un buco nero.

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature l’articolo “Energetic eruptions leading to a peculiar hydrogen-rich explosion of a massive star“, di Iair Arcavi, D. Andrew Howell, Daniel Kasen, Lars Bildsten, Griffin Hosseinzadeh, Curtis McCully, Zheng Chuen Wong, Sarah Rebekah Katz, Avishay Gal-Yam, Jesper Sollerman, Francesco Taddia, Giorgos Leloudas, Christoffer Fremling, Peter E. Nugent, Assaf Horesh, Kunal Mooley, Clare Rumsey, S. Bradley Cenko, Melissa L. Graham, Daniel A. Perley, Ehud Nakar, Nir J. Shaviv, Omer Bromberg, Ken J. Shen, Eran O. Ofek, Yi Cao, Xiaofeng Wang, Fang Huang, Liming Rui, Tianmeng Zhang, Wenxiong Li, Zhitong Li, Jujia Zhang, Stefano Valenti, David Guevel, Benjamin Shappee, Christopher S. Kochanek, Thomas W.-S. Holoien, Alexei V. Filippenko, Rob Fender, Anders Nyholm, Ofer Yaron, Mansi M. Kasliwal, Mark Sullivan, Nadja Blagorodnova, Richard S. Walters, Ragnhild Lunnan, Danny Khazov, Igor Andreoni, Russ R. Laher, Nick Konidaris, Przemek Wozniak e Brian Bue

Onde gravitazionali, Astronomia Multimessaggero, Missione VITA, espansione dell’UNIVERSO… TUTTO QUANTO sul nuovo numero di Coelum Astronomia!

Coelum Astronomia 216 di novembre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Giove e Venere stretti nella luce del mattino

0
I due astri sorgeranno attorno alle 5:45 dall'orizzonte est-sudest, e lentamente aumenteranno la loro altezza. All'ora indicata saranno ancora bassi sull'orizzonte (circa 5°), si potrà attendere ancora per averli un po' più alti, ma si dovranno fare i conti con il crepuscolo mattutino che illuminerà sempre più il cielo inghiottendoli nella sua luce. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

Chi ha abitudini mattiniere potrà tentare l’osservazione di una bella congiunzione tra i pianeti Giove (mag. –1,7) – che comincia a fare capolino nel crepuscolo del mattino – e Venere (mag. –3,9).

I due astri saranno separati da circa 16′, ma la bassissima altezza sull’orizzonte ne renderà un po’ difficoltosa l’osservazione, su uno sfondo di cielo già piuttosto chiaro.

Sarà un’ottima occasione per immortalare l’incontro dei due pianeti includendo anche alcuni dettagli del paesaggio circostante, possono quindi tornare utili i consigli di Giorgia Hofer ➜ Astrofotografia L’incontro tra Venere e Marte

Le effemeridi giornaliere di Luna, Sole e pianeti le trovi nel Cielo di Novembre

Leggi anche

Calendario degli eventi giorno per giorno

Scopri le costellazioni del cielo di novembre con la UAI


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di novembre su Coelum Astronomia 216
Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!
L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Una cometa speciale torna nel campo dell’Osservatorio spaziale SOHO

0
Un'immagine composita del recente passaggio, dal 25 al 30 ottobre, nel campo del coronografo delle sonde SOHO LASCO C3 della cometa 96P. Crediti: SOHO/LASCO/Barbara Thompson (NASA)

Una cometa speciale è tornata nel campo dell’Osservatorio solare SOHO, una collaborazione NASA ESA. Da quando l’Osservatorio spaziale, lanciato nel 1995, è attivo la cometa 96P Machholz è una abitué delle riprese del coronografo LASCO C3.

La cometa 96P è stata scoperta dall’astronomo amatore Don Machholz, nel 1986, e si è subito mostrata come una cometa di breve periodo, e infatti completa un giro intorono al Sole in soli 5,24 anni circa. Al suo perielio passa a una distanza dal sole tre volte più vicina di Mercurio, a circa 18 milioni di chilometri (un decimo di unità astronomica, ovvero la distanza Terra-Sole), cosa che le ha permesso di apparire nel campo del coronografo nel 2012, 2007, 2002 e 1996, facendola diventare la cometa più assidua delle riprese SOHO.

Ma non solo, ha anche una famiglia, e una famiglia molto numerosa! La 96P è infatti progenitrice di due famiglie di comete distinte (i gruppi Marsden e Kracht della SOHO), degli sciami meteorici Sud Delta Aquaridi, Arietidi e delle più famose Quadrantidi.  Inolte, nel suo passaggio del 2012, i ricercatori delle SOHO hanno scoperto due piccoli frammenti, ben distanti dal nucleo principale, segnale di una evoluzione ancora attiva e in atto della cometa.

Uno studio pubblicato nel 2008 ha poi mostrato delle abbondanze molecolari estremamente anomale, con una composizione molto diversa e strana rispetto a tutte le comete conosciute, cosa che ha portato alcuni a pensare che possa trattarsi di una cometa interstellare catturata dal nostro sistema solare.

In questa immagine del 2002, la cometa sembra "fuggire" da un enorme espulsione di massa coronale. Crediti: SOHO/LASCO (ESA & NASA)

«Negli anni passati,  la cometa 96P ci ha regalato magnifiche immagini grazie alle camere SOHO» si legge in un comunicato stampa sulla pagina dell’Osservatorio. «Il suo passaggio del 2002 è stato probabilmente quello più spettacolare, arricchito da un’espulsione di massa coronale (CME) imponente proprio poche ore prima che la cometa sorpassasse il Sole.  (Una CME è un getto di particelle cariche dal Sole, spesso associato a un flare solare). È importante notare che non c’è correlazione tra i due eventi – assistiamo a volte anche a sei o più CME al giorno, perciò non è poi così sorprendente che ne sia accadutouno proprio al passagio della cometa. Ma l’immagine non è per questo meno spettacolare».

La cometa 69P appare nuovamente nel campo del coronografo LASCO C3, nell'angolo in basso a destra. Crediti: SOHO/LASCO

E quest’anno, come previsto, non ha mancato il suo appuntamento… Un’immagine del 25 ottobre mostra infatti la cometa nell’angolo destro in basso dal quale ha poi  attraversato tutta la parte destra del campo di ripresa per uscirne il 30 ottobre.

In questo passaggio le immagini non sono forse altrettanto spettacolari di quelle del 2002, ma con un picco di magnitudine al massimo attorno alla +2, è stata comunque molto luminosa e un montaggio delle varie fasi del suo passaggio ha reso altrettanto suggestiva anche questa ripresa.

Durante questo passaggio poi, per una fortunata configurazione geomatrica, per la prima volta la cometa è stata osservata non solo da entrambi i coronografi SOHO ma anche da quelli STEREO-A/SECCHI COR1 e COR-2 della NASA, da un punto di vista diverso, sempre nell’orbita terrestre ma dalla parte opposta alla Terra (nei dintorni del punto lagrangiano L3), per queste ultime immagini però, a causa della grande distanza delle sonde STEREO, si dovrà attendere qualcosa in più.

Ma un’ultima sorpresa non è mancata… perché ai due frammenti individuati nel 2012 ora se n’è aggiunto un terzo, a rafforzare ancora di più l’idea che si tratti di una cometa tutt’ora in evoluzione e definitivamente una delle comete più interessanti registrate dalle sonde SOHO.

Nella ripresa la cometa 69p e indicati nei riquadri rossi i tre frammenti individuati che viaggiano in paralleo.

Onde gravitazionali, Astronomia Multimessaggero, Missione VITA, espansione dell’UNIVERSO… TUTTO QUANTO sul nuovo numero di Coelum Astronomia!

Coelum Astronomia 216 di novembre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Diamo un nome al planetoide 2014 MU69

0
Rappresentazione artistica della sonda New Horizons in volo verso la coppia binaria 2014 MU69. L’incontro avverrà il 1 gennaio 2019. Le prime osservazioni di MU69 suggeriscono che l’oggetto sia una coppia binaria di corpi quasi simili con diametri di 20 e 18 chilometri. Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute
Rappresentazione artistica della sonda New Horizons in volo verso la coppia binaria 2014 MU69. L’incontro avverrà il 1 gennaio 2019. Le prime osservazioni di MU69 suggeriscono che l’oggetto sia una coppia binaria di corpi quasi simili con diametri di 20 e 18 chilometri. Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute
la missione principale della New Horizons era, come sappiamo, il sorvolo di Plutone e lo studio delle sue lune. Su Coelum Astronomia n. 206 e 207 uno speciale in due parti ha ripercorso la missione e tutte le scoperte sull'ex-non pianeta del sistema solare. Come sempre la lettura è in formato digitale e gratuito.

New Horizons continua il suo viaggio nello spazio, dopo aver incontrato il pianeta nano Plutone il 14 luglio 2015. Il prossimo obiettivo è un oggetto binario della Fascia di Kuiper, cioè quella regione periferica del Sistema solare che va dall’orbita di Nettuno fino alla distanza di 50 unità astronomiche dal Sole. Il planetoide 2014 MU69 (a 1,6 miliardi di chilometri da Plutone e a 6,5 miliardi di chilometri dalla Terra) ha già “in agenda” un appuntamento molto importante con la sonda della Nasa, che incontrerà il primo gennaio 2019. Il piccolo mondo ghiacciato (per meglio dire, i due corpi) non ha però un nome, a parte la serie di lettere e cifre con cui, di solito, gli astronomi classificano ogni oggetto scoperto nel cielo, e la Nasa chiede proprio il vostro aiuto.

L’agenzia spaziale statunitense intende presentare delle proposte di nomi all’Unione astronomica internazionale e – come accade spesso in questi casi – il pubblico di esperti o di amatori corre in soccorso facendo proposte e votando online il nome più accattivante o quello più appropriato all’oggetto. Alan Sternprincipal investigator della missione New Horizons presso il Southwest Research Institute di Boulder, ha spiegato: «Il nostro incontro ravvicinato con MU69 segna un altro capitolo nella storia straordinaria di questa sonda. Siamo entusiasti che il pubblico ci possa aiutare a scegliere un soprannome per il nostro target».

I nomi attualmente in ballo descrivono alcune caratteristiche fisiche del planeotide (come Arachide o Mandorla) o si riferiscono alla costellazione (Sagittario) in direzione della quale è possibile osservare l’oggetto. Per adesso, al ballottaggio ci sono questi nomi: Año Nuevo (“anno nuovo” in spagnolo), Camalor (città fittizia nella Fascia di Kuiper), Kibo, Mawenzi, Shira (vette del Monte Kilimanjaro), Mjölnir (il martello di Thor),
Arachide, Mandorla, Anacardo (per ricordare le forme di questi piccoli corpi), Grinta & Tenacia (caratteristiche di New Horizons), Sagittario (costellazione) e Z’ha’dum (un pianeta fittizio ai margini della galassia). Il pubblico può anche proporre altri nomi. La campagna di voto si concluderà il primo dicembre e il nuovo nome ufficiale verrà comunicato a gennaio 2018.


Onde gravitazionali, Astronomia Multimessaggero, Missione VITA, espansione dell’UNIVERSO… TUTTO QUANTO sul nuovo numero di Coelum Astronomia!

Coelum Astronomia 216 di novembre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

ALMA scopre polvere fredda intorno alla stella più vicina

0
Una rappresentazione artistica della fascia di polvere appena scoperta intorno alla stella più vicina al Sole, Proxima Centauri. Le osservazioni di ALMA mostrano la luce diffusa dalla polvere fredda in una regione che si trova a una distanza da Proxima Centauri pari a una fino a quattro volte la distanza della Terra dal Sole. I dati suggeriscono poi la presenza di una cintura di polvere ancora più fredda e ancora più esterna. Le due cinture potrebbero indicare la presenza di un sistema planetario elaborato. Si noti che questo disegno non è in scala: per rendere visibile Proxima b, il pianeta è stato disegnato più lontano dalla stella e più grande di quanto sia in realtà. Crediti: ESO/M. Kornmesser

Proxima Centauri è la stella più vicina al Sole. È una nana rossa, debole, ad appena quattro anni luce da noi, nella costellazione australe del Centauro. Le orbita intorno il pianeta Proxima b, un mondo temperato di dimensioni simili alla Terra, scoperto nel 2016: il pianeta più vicino al Sistema Solare. Ma non c’è solo un singolo pianeta in questo sistema. Le nuove osservazioni di ALMA rivelano le emissioni di nuvole di polvere cosmica fredda che circonda la stella.

L’autore principale dello studio, Guillem Anglada, dell’Instituto de Astrofísica de Andalucía (CSIC), Granada, Spagna, spiega l’importanza di questa scoperta:
«La polvere intorno a Proxima Centauri è importante perchè, dopo la scoperta del pianeta di tipo terrestre Proxima b, è la prima indicazione della presenza, intorno alla stella più vicina al Sole, di un sistema planetario complesso e non di un singolo pianeta».

In questa immagine vediamo combinate una veduta dei cieli australi sopra al telescopio da 3,6 metri dell'ESO all'Osservatorio di La Silla in Cile con immagini di Proxima Centauri (in basso a destra) e della stella doppia Alfa Centauri AB (in basso a sinistra) ottenute dal telescopio Hubble della NASA/ESA. Proxima Centauri è la stella più vicina al Sistema Solare ed è accompagnata dal pianeta Proxima b, scoperto con lo strumento HARPS installato sul telescopio da 3,6 metri dell'ESO. Crediti: Y. Beletsky (LCO)/ESO/ESA/NASA/M. Zamani

In una coincidenza “cosmica”, il primo autore dello studio, Guillem Anglada, ha lo stesso nome dell’astronomo che ha guidato l’equipe alla scoperta di Proxima Centauri b, Guillem Anglada-Escudé, egli stesso coautore dell’articolo in cui questa scoperta è pubblicata, anche se i due non sono parenti.

Le fasce di polvere sono i resti di materia che non è riuscita ad aggregarsi in un corpo più grande come un pianeta. Le particelle di roccia e ghiaccio di queste fasce variano di dimensione dai grani di polvere più fini, più piccoli di un millimetro, fino a corpi asteroidali di molti chilometri di diametro.

La polvere sembra raccolta in una fascia di qualche centinaio di milioni di chilometri da Proxima Centauri, con una massa totale di circa un centesimo quella della Terra. Si stima che la cintura abbia una temperatura di circa -230 gradi C, fredda come quella della Fascia di Kuiper nella zona esterna del Sistema Solare. Essendo  infatti Proxima Centauri una stella vecchia, di età simile al Sole, ha fasce di polvere probabilmente simili alla polvere residua della Fascia di Kuiper, della fascia di asteroidi del Sistema Solare e della polvere che produce la Luce Zodiacale.

Ma i dati di ALMA suggeriscono la presenza di un’altra fascia di polvere ancora più fredda, circa dieci volte più lontana. Un ambiente assolutamente intrigante, così freddo e lontano da una stella ancor più fredda e più debole del Sole…

Entrambe le fasce sono ben più lontane da Proxima Centauri rispetto al pianeta Proxima b, che orbita a soli quattro milioni di chilometri dalla sua stella madre. Se la scoperta fosse confermata, la forma apparente della cintura esterna, molto debole, darebbe agli astronomi un mezzo per stimare l’inclinazione del sistema planetario di Proxima Centauri. Apparirebbe ellittica, infatti, a causa dell’inclinazione di quello si suppone essere un anello circolare. Questo a sua volta permetterebbe una miglior stima della massa del pianeta Proxima b, per ora nota solo come un limite inferiore.

Guillem Anglada spiega le implicazioni della scoperta: «Questo risultato suggerisce che Proxima Centauri potrebbe avere un sistema multiplo di pianeti con una ricca storia di interazioni che hanno prodotto una fascia di polvere. Ulteriori studi potrebbero dare informazioni sull’ubicazione di pianeti aggiuntivi non ancora identificati».

L’interesse attorno al sistema planetario di Proxima Centauri viene non solo perché essendo vicino è più “facile” da osservare, ma anche eprché si parla della possibilità di una futura esplorazione diretta del sistema – il progetto Starshot – con microsonde guidate da vele a laser. E la conoscenza della distribuzione della polvere nell’ambiente che circonda la stella è essenziale per poter pianificare una tale missione.

Lo speciale dedicato alla scoperta di Proxima b pubblicato su Coelum astronomia 204 (ottobre 2016): cosa ne pensano gli esperti? Con i contributi di Marco Malaspina, Isabella Pagano, Giusi Micela, Mario Damasso, Raffaele Gratton, Sabrina Masiero, John Robert Brucato, Amedeo Balbi, Claudio Elidoro. Gianpietro Marchiori e Massimiliano Tordi. Intervista esclusiva con Giovanni Bignami. Per leggere lo speciale cliccare sull'immagine.

Il coautore Pedro Amado, dell’Instituto de Astrofísica de Andalucía, spiega che questa osservazione è solo l’inizio: «Questi primi risultati mostrano che ALMA può rivelare le strutture di polvere in orbita intorno a Proxima. Ulteriori osservazioni potrebbero darci un quadro più dettagliato del sistema planetario di Proxima. In combinazione con lo studio del disco protoplanetario intorno a giovani stelle, saranno svelati molti dei dettagli dei processi che hanno portato alla formazione della Terra e del Sistema Solare circa 4600 milioni di anni fa. Quello che vediamo ora è solo l’antipasto rispetto a tutto ciò che verrà!».


Onde gravitazionali, Astronomia Multimessaggero, Missione VITA, espansione dell’UNIVERSO… TUTTO QUANTO sul nuovo numero di Coelum Astronomia!

Coelum Astronomia 216 di novembre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Astronomiamo

0

LocandinaCoelum_Novembre
09.11, ore 21.30: Corso Astrofotografia
16.11, ore 21.30: Corso Sistema Solare

Per informazioni:
http://www.astronomiamo.it

Juno, l’ottavo fly-by

0
L'immagine raffigura la sonda Juno mentre si allontana veolocemente dal polo sud del pianeta, dopo l'ottavo flyby della missione. Credit: NASA/JPL-Caltech
L'immagine raffigura la sonda Juno mentre si allontana veolocemente dal polo sud del pianeta, dopo l'ottavo flyby della missione. Credit: NASA/JPL-Caltech

Juno ha completato l’ottavo sorvolo di Giove. La conferma del successo del fly-by sopra le  misteriose nubi del gigante risalente al 24 ottobre è arrivata con qualche giorno di ritardo, il 31, a causa della congiunzione di Giove con il Sole che ha provocato un rallentamento delle comunicazioni con la sonda.

Durante questo periodo, infatti, non vengono effettuati tentativi per l’invio di istruzioni alla sonda in quanto è impossibile verificare se i comandi possano effettivamente essere recepiti da Juno a causa delle interferenze delle particelle cariche provenienti dal Sole. Il procedimento seguito dal team di scienziati prevede la trasmissione delle istruzioni prima dell’inizio della congiunzione solare, i dati vengono così  memorizzati a bordo per poi essere inviati a terra dopo l’evento.

Il nuovo project manager della missione Ed Hirst. Crediti: NASA/JPL-Caltech

«Tutti i dati sono stati memorizzati da Juno – ha commentato Ed Hirst del Jet Propulsion Laboratory della Nasa, recentemente nominato project manager della sonda – gli strumenti a bordo hanno lavorato normalmente e hanno trasmesso le informazioni al nostro team scientifico».

Il prossimo  flyby di Juno è in programma per il 16 dicembre. A bordo della sonda otto strumenti, tra cui i due esperimenti italiani realizzati con il supporto e il coordinamento dell’ASI. Si tratta della camera a infrarossi con spettrometro JIRAM(Jovian InfraRed Auroral Mapper), uno strumento chiave di JUNO, realizzata da Leonardo-Finmeccanica sotto la guida scientifica dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), e dell’esperimento di radioscienza KaT (Ka-band Translator/Transponder), realizzato da Thales Alenia Space, sotto la responsabilità scientifica della Sapienza Università di Roma.

Per sapere tutto sulla missione JUNO, leggi lo speciale dedicato alla missione su Coelum Astronomia 202


Onde gravitazionali, Astronomia Multimessaggero, Missione VITA, espansione dell’UNIVERSO… TUTTO QUANTO sul nuovo numero di Coelum Astronomia!

Coelum Astronomia 216 di novembre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Una Luna piena nel Toro

0
Questa volta non un'immagine a largo campo, ma una vista ingrandita del campo delle Iadi, delle quali Aldebaran è senza dubbio la più luminosa; anche perché è parte dell'ammasso solo prospetticamente, si trova infatti molto più vicina a noi, all'incirca a metà strada, rispetto alle restanti stelline del gruppo (pur essendo l'ammasso aperto più vicino a noi: circa 151 anni luce). Per una fotografia della Luna praticamente piena a largo campo, possiamo provare a contare invece sulle Pleiadi, più distanti e quindi meno soffocate dalla luminosità della Luna.

Cominciamo la mattina del 6 novembre, quando si verificherà una interessante congiunzione molto stretta (22’ per il Centro Italia) tra la stella Aldebaran (alfa Tauri, mag. +0,87) con la Luna quasi piena (fase del 95%). I due astri si troveranno ben alti in cielo, a circa una  cinquantina di gradi sull’orizzonte ovest–sudovest.

A seconda della località, la distanza della stella dalla Luna varierà, senza però mai occultare la stella, occulterà invece alcune delle più brillanti stelline delle Iadi (vedi circostanze nella guida giorno per giorno).

Si tratta di un fenomeno sicuramente suggestivo da osservare e da fotografare, e lo si potrà seguire fin dalla sera prima, con la Luna ancora in avvicinamento, considerando anche il contesto in cui avviene, ossia il magnifico sfondo dell’ammasso delle Iadi, nella costellazione del Toro.

Le effemeridi giornaliere di Luna, Sole e pianeti le trovi nel Cielo di Novembre

Leggi anche

Calendario degli eventi giorno per giorno

La Luna di novembre e l’osservazione dei crateri Aristoteles, Eudoxus, Alexander

La Luna mi va a pennello. Se la fotografia non basta, Gian Paolo Graziato ci racconta come dipingere dei rigorosi paesaggi lunari, nei più piccoli dettagli… per poi lasciarsi andare alla fantasia e all’imaginazione! Su Coelum Astronomia n. 211


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di novembre su Coelum Astronomia 216
Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!
L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Accademia delle Stelle

0
2017-11 Coelum AdS

2017-11 Coelum AdS

A Roma un ciclo di conferenze innovative ed emozionanti per scoprire aspetti poco noti e sorprendenti del Cielo e dell’Astronomia. Per studiosi, appassionati e curiosi.

06.11: L’audacia degli astronomi (Storia della cosmologia)
Chi è stato il primo astronomo? (Ne sappiamo il nome!) Cosa lo ha spinto ad osservare il cielo? E cosa ha scoperto? Come abbiamo visto in alcune lezioni precedenti, l’Astronomia ha successo quando ti dice che l’universo non è come te lo aspettavi: alcuni astronomi sono stati capaci, nei secoli, di smentire le concezioni correnti e mostrare come sia fatto in realtà il cosmo, affermando idee audaci (se non rivoluzionarie!) e dimostrando che erano vere. Le vedremo, insieme a tanti colpi di genio di astronomi totalmente in anticipo rispetto ai loro tempi.
13.11: La fortuna degli astronomi
La fortuna aiuta gli audaci, si dice: in questa conferenza gli audaci sono gli astronomi, e la fortuna è quella circostanza che ha permesso ad alcuni di loro di fare scoperte fondamentali e del tutto inaspettate (oltre che, in alcuni casi, di salvare la propria vita!) Alle scoperte casuali e fortunose, e alle peripezie che molti astronomi hanno affrontato per riuscire nelle loro imprese, si affiancheranno anche episodi di grande spirito da parte degli scienziati, con alcuni clamorosi pesci d’aprile che fanno parlare ancora oggi.

20.11: A scuola di astronomia (didattica dell’astronomia)
Imparare l’astronomia può essere straordinariamente piacevole se si utilizzano alcuni metodi che illustriamo stasera! Vedremo come è facile fare, senza nemmeno usare un telescopio, osservazioni fondamentali: dai satelliti di Giove alla determinazione dell’orbita ellittica della Terra (nozioni che hanno cambiato la storia dell’astronomia), insieme ad esperienze semplici e sorprendenti che si possono fare in casa come costruire una meridiana con uno specchio od osservare le eclissi di Sole con un mestolo. Ci divertiremo infine a scorrere i più diffusi luoghi comuni sbagliati sull’astronomia e le notizie astronomiche più stravaganti date dai mass media.

Ingresso singolo 15 euro previa prenotazione e eventi@accademiadellestelle.org. Oppure iscrizione a tutti gli appuntamenti (il prezzo cala col progredire del corso). Inizio conferenze ore 21, presso la nostra sede di fronte alla fermata EUR Laurentina.

https://www.facebook.com/accademia.dellestelle
https://www.accademiadellestelle.org

La Luna di Novembre 2017 e una guida all’osservazione di Aristoteles, Eudoxus e Alexander

0
Le fasi della Luna in novembre, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY
Le fasi della Luna in novembre, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

In apertura del mese di novembre, a partire dalle 17:30 circa, potremo osservare il nostro satellite di sera in sera sempre più basso nel cielo orientale.

Per gli amanti delle falci di Luna si comincia questo mese con la Luna Calante, appuntamento quindi per il 16 novembre quando alle 04:53 sorgerà una falce di 27 giorni visibile fino alle prime luci dell’alba, quando sarà seguita dai pianeti Giove e Venere. Praticamente da non perdere il mattino seguente, il 17 novembre, con falce lunare di 28,41 giorni che alle 05:56 sorgerà nel cielo di sudest a circa 4° da Giove e 2,5° da Venere. Per la ripresa della luce cinerea, sono sempre validi i consigli di Giorgia Hofer:

➜ Fotografare la Luce Cinerea della Luna

A novembre osserviamo

La prima proposta di questo mese è per la serata del 5 novembre quando la Luna in fase di 16,93 giorni (un giorno dopo il Plenilunio del 4 novembre) sorgerà alle 18:25 col punto di massima Librazione localizzato proprio in corrispondenza della regione polare settentrionale che nel caso specifico ci consentirà di osservare l’area dei crateri Hermite (114 km) e Peary (77 km) situati al confine di quel 9% dell’altro emisfero lunare che il fenomeno delle Librazioni rende accessibile ai nostri strumenti.

➜ Leggi La Massima librazione nella zona polare nord


Per la seconda e principale proposta, l’appuntamento è per il 25 novembre quando alle 17:39 il nostro satellite transiterà in meridiano a un’altezza di +30° con la Luna in fase di 7,21 giorni, perfettamente osservabile per gran parte della serata fino al suo tramonto previsto per le 22:52.
Nel caso specifico andremo a osservare il terzetto composto dai crateri Aristoteles (diametro 90 km), Eudoxus (diametro 70 km), Alexander (diametro 85 km) situati immediatamente a nord dei monti Caucasus nel settore nordorientale del nostro satellite.

➜ Leggi la guida all’osservazione di Aristoteles, Eudoxus e Alexander

Nella terza proposta Nella nostra terza proposta di novembre continua la carrellata sulle grandi strutture situate lungo il bordo orientale del mare Nubium dedicandoci questo mese ad Alphonsus, eccezionale struttura crateriforme con diametro di 121 km situata in posizione centrale fra i crateri Ptolemaeus e Arzachel, la ben nota “Cauda Pavonis” di Galileiana memoria. L’appuntamento è per la serata del 26 novembre dalle 17:30 circa.

Leggi il cratere Alphonsus

Approfondisci con la Luna di Novembre
su Coelum Astronomia 216, è gratis!

Le effemeridi giornaliere di Luna, Sole e pianeti le trovi nel Cielo di Novembre

Leggi anche

Calendario degli eventi giorno per giorno

Fotografare la Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia di novembre 2016.

La Luna mi va a pennello. Se la fotografia non basta, Gian Paolo Graziato ci racconta come dipingere dei rigorosi paesaggi lunari, nei più piccoli dettagli… per poi lasciarsi andare alla fantasia e all’imaginazione! Su Coelum Astronomia n. 211


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di novembre su Coelum Astronomia 216
Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!
L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

L’INFINITA CURIOSITÀ. Un viaggio nell’Universo in compagnia di Tullio Regge

0

1507068881_Linfinita-curiosita-Torino-1Per tutto l’inverno, il palazzo dell’Accademia delle Scienze di Torino ospita “L’infinita curiosità. Un viaggio nell’universo in compagnia di Tullio Regge”. La mostra, curata da Vincenzo Barone e Piero Bianucci, propone, con un allestimento coinvolgente, un viaggio ideale nell’universo, dall’immensamente grande all’estremamente piccolo, alla scoperta delle meraviglie della fisica contemporanea.
L’ingresso alla mostra accoglie il visitatore con un allestimento spettacolare. Nello scenografico corridoio è posta un’installazione di legno che rappresenta la “scala cosmica”: 62 blocchi corrispondenti ai 62 ordini di grandezza dell’universo conosciuto, dall’estremamente piccolo (la lunghezza di Planck) all’immensamente grande (l’orizzonte cosmologico). Lungo il percorso della mostra il visitatore si muoverà idealmente su e giù per questa scala, confrontandosi con le dimensioni delle cose, dai quark alle galassie.
La mostra si avvale della collaborazione di importanti istituzioni scientifiche italiane, tra le quali l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e l’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM). Il progetto è realizzato nell’ambito delle attività del Sistema Scienza Piemonte, un accordo promosso dalla Compagnia di San Paolo e sottoscritto dai principali enti torinesi che si occupano di diffusione della cultura scientifica.
www.torinoscienza.it

Circolo Culturale Astrofili Trieste

0

Ecco il programma appuntamenti didattici del Circolo Culturale Astrofili Trieste per i mesi di Novembre e Dicembre 2017; le conferenze si tengono presso la sala “Centro Natura”, ostello scouts “Alpe Adria”, Loc. Campo Sacro 381, Prosecco – Trieste, sempre dalle 18:30 alle 20:00.

06.11: …Forse sono lì!
Relatore: Prof. Fulvio Mancinelli
13.11: I vulcani di Io, satellite infernale di Giove.
Relatore: Giovanni Chelleri
20.11: Il terzetto energetico di NGC4993: KILONOVAE, Onde gravitazionali e Gamma ray burst.
Relatore: Stefano Schirinzi
27.11: I raggi cosmici.
Relatore: Prof. Fulvio Mancinelli
04.12: L’enigma dei buchi neri primordiali.
Relatore: Prof. Edoardo Bogatec
11.12: Novità ai confini del Sistema Solare: i TNO e la ricerca del pianeta IX.
Relatore: Stefano Schirinzi
18.12: Gli strumenti dell’astronomia: telescopi, radiotelescopi,
spettrografi e satelliti.
Relatore: Muzio Bobbio

Ascolta il Circolo Culturale Astrofili Trieste ne “Il buio degli anni luce” in diretta streaming su Radio Fragola ogni mercoledì dalle 21:30 alle 22:30. http://www.radiofragola.com

Per informazioni:
http://www.astrofilitrieste.it

All’ombra delle comete aliene

0
Rappresentazione artistica d’una cometa in orbita attorno alla stella Kic 3542116. Crediti: Danielle Futselaar
Rappresentazione artistica d’una cometa in orbita attorno alla stella Kic 3542116. Crediti: Danielle Futselaar

Come i prigionieri nella caverna di Platone, anche gli astrofisici che si occupano di pianeti extrasolari vedono – dei mondi che studiano – nient’altro che ombre. O almeno è così per chi si avvale della tecnica dei transiti, quella del telescopio spaziale Kepler: periodo orbitale e dimensioni del pianeta, e tutto ciò che ne deriva, vengono dedotti da null’altro che dalla lieve “ombra” – una sorta di micro-eclissi – prodotta dal pianeta stesso allorché si trova a transitare fra la stella che lo ospita e i nostri telescopi.

➜ Sul metodo dei transiti leggi anche missione PLATO: occhi italiani alla ricerca di nuovi mondi e Astronomia amatoriale: come ho tracciato la curva di un pianeta extrasolare

È già stupefacente che da quelle ombre, da quegli impercettibili “cali di luce” (una sorta di “U” nella linea altrimenti piatta dell’intensità della luce della stella), gli astronomi siano riusciti non solo a scoprire in pochi anni migliaia di pianeti extrasolari, ma anche interi sistemi planetari e, forse, delle lune. Ma ora hanno fatto un passo in più: il 18 marzo scorso, osservando alcune di quelle “U” debolissime – talmente deboli che gli algoritmi automatici le avevano scartate – l’occhio allenato d’un astrofilo e citizen scientist di Bellevue (Washington), Thomas Jacobs, ha notato, nella luce emessa da Kic 3542116, una debole stella a 800 anni luce da noi, non solo le tracce d’un transito, ma anche che si trattava di tracce strane, lievemente asimmetriche: i due rami della “U” non scendevano e salivano con la stessa pendenza. Come se l’oggetto in transito non fosse perfettamente sferico.

Come se avesse una coda.

Saul Rappaport, astrofisico del Massachusetts Institute of Technology, messo a conoscenza dell’anomalia dallo stesso Jacobs, si è messo a studiare in modo sistematico quelle “tracce di ombra”. L’asimmetria nelle curve luminose gli ricordava quella prodotta da pianeti disintegrati, con lunghe scie di detriti che continuano a coprire la luce della stella mentre il pianeta se ne allontana. Ma a differenza dei pianeti che stanno perdendo pezzi (e che continuano comunque a orbitare attorno alla stella) questi segnali erano unici, non si ripetevano, non mostravano periodicità.

«Riteniamo che i soli oggetti in grado di fare la stessa cosa, senza ripetizioni, siano quelli che alla fine vengono distrutti», spiega Rappaport. Riassumendo: oggetti molto più piccoli d’un pianeta (il calo di luce impercettibile), che transitano vicino a una stella perdendo “pezzi” (l’asimmetria) fino al punto da venire vaporizzati e sparire (il segnale che non si ripete). Andando per eliminazione, non rimane che un indiziato: si tratta d’una cometa. O meglio: una esocometa. Anzi: sei esocomete. Già, perché passando sistematicamente in rassegna i dati ne sono poi saltate fuori altre cinque.

Lo studio che racconta questa prima scoperta di esocomete esce questa settimana su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. E per pura coincidenza, proprio in questi giorni, è stata avvistata, dalle parti della Terra, quella che è forse un’esocometa (o un esoasteroide, non si sa) in visita: si chiama C/2017 U1 (o A/2017 U1) e sarebbe la prima “cometa aliena” mai intercettata nel Sistema solare.

Aggiornamenti su C/2017 U1 su Aliveuniverse.today

Guarda su MediaInaf Tv il servizio video su A/2017 U1:


Onde gravitazionali, Astronomia Multimessaggero, Missione VITA, espansione dell’UNIVERSOTUTTO QUANTO sul nuovo numero di Coelum Astronomia!

Coelum Astronomia 216 di novembre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

L’UNIVERSO AD OROLOGERIA: l’Astrario di Giovanni Dondi a Pavia

0
astrario

astrarioCon la mostra L’UNIVERSO AD OROLOGERIA l’Astrario di Giovanni Dondi rivive nel luogo esatto dove a lungo fu collocato, la biblioteca visconteo-sforzesca del Castello di Pavia.

DOVE: Musei Civici del Castello Visconteo, Viale XI febbraio 35, Pavia, Collegio Castiglioni Brugnatelli, Via San Martino 20, Pavia

La mostra esibisce al pubblico la ricostruzione dell’antico strumento realizzata da Guido Dresti (2009-2011), accompagnata da altri strumenti per la misurazione del tempo e del moto dei pianeti “antenati” dell’Astrario, da preziosi codici di astronomia e astrologia provenienti dall’Archivio Civico della Biblioteca Bonetta e dalla serie di stampe dei sette Pianeti, attribuiti a Baccio Baldini e appartenenti ai Musei Civici di Pavia. Un ricco calendario di appuntamenti consente di approfondire l’affascinante figura di Giovanni Dondi, medico, astrologo, astronomo, letterato a tutto tondo del XIV secolo e la temperie culturale e scientifica in cui si colloca la sua eccezionale opera.

12.11, ore 16.00: “UNO:UNO A tu per tu con l’opera. Dal manoscritto alla ricostruzione dell’Astrario” con Guido Dresti e Rosario Mosello, presso i Musei Civici del Castello Visconteo.
14.11, ore 18.00: “Giovanni Dondi e Francesco Petrarca, un’amicizia tra Pavia e Padova” con Elena Necchi, presso Collegio Castiglioni Brugnatelli.
19.11, ore 11.00: “Un horologio di maravigliosa fattura” visita guidata alla mostra.
28.11, ore 18.00: “Destini meccanici: orologi astronomici e astrologia, tra Medioevo e Rinascimento” con Marisa Addomine, presso il Collegio Castiglioni Brugnatelli.
03.12, ore 11.00: “Un horologio di maravigliosa fattura” visita guidata alla mostra.

Nel periodo della mostra è possibile prenotare visite guidate gratuite per le scolaresche.
Informazioni e prenotazioni: decumanoest@yahoo.it – tel. 0382.399770
https://www.youtube.com/watch?v=fhd5prXSBdE
www.museicivici.pavia.it

Astronomiamo

0
LocandinaCoelum_Novembre

LocandinaCoelum_Novembre
02.11, ore 21.30: Corso Sistema Solare
09.11, ore 21.30: Corso Astrofotografia
16.11, ore 21.30: Corso Sistema Solare

Per informazioni:
http://www.astronomiamo.it

La superficie di Cerere fossile di un antico oceano

0
Nell'animazione Cerere visto dalla sonda Dawn della NASA. La mappa sulla destra ha aiutato i ricercatori a studiarne la struttura interna attraveso misure di gravità. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

E ancora missione Dawn, dopo la conferma di qualche giorno fa di quello che sarà, molto probabilmente, la sua ultima missione estesa, ecco nuovi studi dai dati raccolti dalla sonda, che portano nuovi indizi di un passato per Cerere in cui fosse interamente coperto da un oceano globale.

Minerali contenenti acqua, infatti, sono sparsi su tutto Cerere, ma se c’era, cosa ne è stato di quell’oceano? Ed è possibile trovare ancora acqua liquida su Cerere? Due nuovi studi  cercano di fare luce su questi interrogativi.

Nel primo studio, il team della missione Dawn ha scoperto che la crosta del pianeta nano è formata da un miscuglio di ghiaccio, sali e materiali idrati soggetti ad attività geologiche passate ma anche più recenti, e questa crosta sarebbe quello che resta di un antico oceano globale.  Un secondo studio, riferendosi al primo e andando più in profondità, suggerisce che sotto questa solida superifice  ci sia uno strato più soffice e facilmente deformabile, tanto che potrebbe contenere del liquido residuo di questo antico oceano.

«Stiamo sempre più scoprendo quanto Cerere sia un mondo dinamico e complesso, che può aver ospitato molta acqua liquida in passato, e averne tutt’ora nel sottosuolo» spiega Julie Castillo-Rogez, Project Scientist della missione e coautrice degli studi. Vediamoli in dettaglio.

Il primo dei due studi, guidato da Anton Ermakov, ricercatore post-doc al JPL, e pubblicato nel Journal of Geophysical Research: Planets, sfrutta misurazioni di gravità e di forma del pianeta per determinarne la struttura interna e la composizione. Le misurazioni vengono dal NASA Deep Space network che traccia i piccoli cambiamenti dei moti della sonda nella sua orbita attorno a Cerere .

L’ipotesti di Ermakov e colleghi è che Cerere sia ancora geologicamente attivo, mostrando segni di crioattività, o se proprio non lo è ora deve esserlo stato in un recente passato. Il pianeta nano mostra infatti un’abbondanza di anomalie gravitazionali, associate a strutture di rilievo della sua superficie. In particolare, tre crateri – Occator, Kerwan e Yalode – e l’alta montagna solitaria Ahuna Mons, sono risultati associati a quattro principali anomalie, individuate dal confronto tra il modello che si aveva della gravità di Cerere e le effettive osservazioni di Dawn.

Il famoso cratere Occator, famoso in particolare per contenere una delle più grandi e evidente "macchie bianche" che fin dall'inizio hanno affascinato pubblico e ricercatori. Macchie che si sono dimostrate essere formate per lo più di sali. (NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA/PSI/LPI)

Lo studio ha rivelato che la densità della crosta è relativamente bassa, più vicina a quella del ghiaccio che della roccia, d’altra parte però uno studio precedente, di Michael Blend guest investigator della missione presso il U.S. Geological Survey, dimostra che il ghiaccio è troppo morbido per essere una componente dominante della crosta di Cerere, che si è sempre rivelata molto resistente: come può essere leggera quanto il ghiaccio, come densità, ma allo stesso tempo estremamente più dura?

Per rispondere a questa domanda un secondo studio ha costruito un modello della superficie di Cerere che evolve nel tempo. Roger Fu, della Harvard University di Cambridge, ha ottenuto informazioni sulla durezza e la composizione della crosta e dell’interno di Cerere, studiandone la topografia. Lo studio è stato pubblicato nel Journal of Earth and Planetary Science Letters.

Studiando l’evoluzione della topografia di un corpo planetario, gli scienziati sono in grado di comprenderne la composizione interna: una crosta robusta e dominata dalla roccia può restare immutabile per tutti i 4,5 miliardi di anni di vita del nostro Sistema solare, mentre una crosta più debole e ricca di ghiaccio e sali, nello stesso arco di tempo, è soggetta a trasformazioni.

I ricercatori, studiando quindi la topologia del pianeta nano, pensano che Cerere dovesse avere in passato strutture superficiali molto più pronunciate, che si sono addolcite e appianate nel tempo, il che richiede una superficie resistente ma posta sopra a uno strato di materiale più soffice e deformabile, che potrebbe contenere una componente liquida.

Un modello di questo tipo, che segue l’evoluzione di queste modifiche superficiali, ha mostrato come l’evoluzione “recente” di Cerere sia più simile a un modello che prevede una superficie composta si da ghiaccio, sali e roccia, ma con un componente addizionale, che la renda più dura: un clatrato idrato. Si tratta di strutture molecolari – “gabbie” composte da molecole d’acqua occupate e circondate da molecole di gas – da 100 a 1000 volte più forti del ghiaccio d’acqua, nonostante abbiano più o meno la stessa densità, il che giustificherebbe la durezza della crosta del pianeta nano nonostante la bassa densità mostrata.

La conclusione è quindi che Cerere fosse ricoperto nell’antichità da un enorme oceano, ora ghiacciato e intrappolato nella crosta superficiale del planetoide sottoforma appunto di ghiaccio, clatrato idrato e sali, e che sia in questo stato da almeno 4 miliardi di anni. Ma lo strato soffice sotto la superficie, che ha consentito in questo tempo l’evoluzione delle grandi strutture superficiali (e che potrebbe essere ancora in atto) porta a pensare che questo oceano globale non si sia completamente ghiacciato, ma abbia lasciato un residuo liquido sotto la superficie…

Un risultato oltretutto consistente con i numerosi modelli di evoluzione termica di Cerere, pubblicati prima dell’arrivo della sonda Dawn, e che supportano l’idea che Cerere possieda nel suo interno ancora di quell’acqua in forma liquida residuo di un antico oceano globale superficiale.


Onde gravitazionali, Astronomia Multimessaggero, Missione VITA, espansione dell’UNIVERSO… TUTTO QUANTO sul nuovo numero di Coelum Astronomia!

Coelum Astronomia 216 di novembre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Accademia delle Stelle

0
2017-11 Coelum AdS

2017-11 Coelum AdSA Roma un ciclo di conferenze innovative ed emozionanti per scoprire aspetti poco noti e sorprendenti del Cielo e dell’Astronomia. Per studiosi, appassionati e curiosi.

30.11: Le luci del cielo
La luce è stato il primo (ed è ancora il più importante) messaggero che ci raggiunge dagli astri e su cui si basa l’astronomia. Cosa rende luminosi gli oggetti celesti? Cosa possiamo imparare dalla loro luce? Come facciamo a scoprire oggetti che non emettono luce? Ci occuperemo anche di casi bizzarri: perché la Luna piena è 11 volte più luminosa rispetto a quando è illuminata per metà? E perché appare così splendente pur essendo in realtà scurissima? Di quali astri riusciamo a vedere l’ombra per terra? E quali astri non vediamo più dall’Italia a causa dell’inquinamento luminoso? Non mancherà un cenno alla materia che non emette luce: dalla massa mancante alla Materia Oscura.

06.11: L’audacia degli astronomi (Storia della cosmologia)
Chi è stato il primo astronomo? (Ne sappiamo il nome!) Cosa lo ha spinto ad osservare il cielo? E cosa ha scoperto? Come abbiamo visto in alcune lezioni precedenti, l’Astronomia ha successo quando ti dice che l’universo non è come te lo aspettavi: alcuni astronomi sono stati capaci, nei secoli, di smentire le concezioni correnti e mostrare come sia fatto in realtà il cosmo, affermando idee audaci (se non rivoluzionarie!) e dimostrando che erano vere. Le vedremo, insieme a tanti colpi di genio di astronomi totalmente in anticipo rispetto ai loro tempi.
13.11: La fortuna degli astronomi
La fortuna aiuta gli audaci, si dice: in questa conferenza gli audaci sono gli astronomi, e la fortuna è quella circostanza che ha permesso ad alcuni di loro di fare scoperte fondamentali e del tutto inaspettate (oltre che, in alcuni casi, di salvare la propria vita!) Alle scoperte casuali e fortunose, e alle peripezie che molti astronomi hanno affrontato per riuscire nelle loro imprese, si affiancheranno anche episodi di grande spirito da parte degli scienziati, con alcuni clamorosi pesci d’aprile che fanno parlare ancora oggi.

20.11: A scuola di astronomia (didattica dell’astronomia)
Imparare l’astronomia può essere straordinariamente piacevole se si utilizzano alcuni metodi che illustriamo stasera! Vedremo come è facile fare, senza nemmeno usare un telescopio, osservazioni fondamentali: dai satelliti di Giove alla determinazione dell’orbita ellittica della Terra (nozioni che hanno cambiato la storia dell’astronomia), insieme ad esperienze semplici e sorprendenti che si possono fare in casa come costruire una meridiana con uno specchio od osservare le eclissi di Sole con un mestolo. Ci divertiremo infine a scorrere i più diffusi luoghi comuni sbagliati sull’astronomia e le notizie astronomiche più stravaganti date dai mass media.

Ingresso singolo 15 euro previa prenotazione e eventi@accademiadellestelle.org. Oppure iscrizione a tutti gli appuntamenti (il prezzo cala col progredire del corso). Inizio conferenze ore 21, presso la nostra sede di fronte alla fermata EUR Laurentina.

https://www.facebook.com/accademia.dellestelle
https://www.accademiadellestelle.org

Il Cielo di Novembre 2017

0
Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42°N - Long. 12°E La cartina mostra l’aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 ottobre > 22:00 - 15 ottobre > 21:00 - 30 ottobre > 19:00 Crediti: Coelum Astronomia
Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42°N - Long. 12°E. La cartina mostra l’aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 novembre > 23:00 - 15 novembre > 22:00 - 30 novembre > 21:00. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

EFFEMERIDI
(mar. – ott. 2017)

Luna

Sole e Pianeti

Verso la mezzanotte si avvicinerà al “mezzocielo superiore” (il punto in cui l’equatore celeste taglia il meridiano, che alle nostre latitudini è situato a circa 48° di altezza) l’inconfondibile Orione, accompagnato da Toro, con le splendide Pleiadi e l’ammasso delle Iadi con Aldebaran, Gemelli e Cane Maggiore. Più in basso il meridiano sarà attraversato dalla estesa ma debole costellazione dell’Eridano. Cigno e Pegaso saranno al tramonto sull’orizzonte ovest, mentre dalla parte opposta del cielo starà sorgendo il Leone.

Scopri le costellazioni del cielo di novembre con la UAI

All’inizio di novembre il Sole si troverà ancora entro i confini della costellazione della Bilancia e solo il giorno 23 entrerà nello Scorpione, costellazione in cui non si “fermerà” per un mese intero, come di solito fa nelle altre, ma solo per una settimana. L’eclittica, infatti, passa nella parte alta dello Scorpione, attraversandola solo per un breve tratto, così che il giorno 30 il Sole sarà già nella costellazione dell’Ofiuco.

Nel corso del mese continuerà la discesa della nostra stella verso declinazioni e culminazioni al meridiano sempre più basse. Alle ore 0:00 del 1 novembre la sua declinazione sarà di -14,3°, mentre alle stessa ora del 1 dicembre avrà già raggiunto i -21,7°: questo si tradurrà in una perdita del periodo di luce (variabile secondo la latitudine) di circa 1 ora.

La notte astronomica, pertanto, comincerà in media verso le 18:30 e terminerà alle 5:30 circa.

FENOMENI E CONGIUNZIONI DI NOVEMBRE

Il mese di novembre sarà ricco di congiunzioni planetarie. In particolare sarà il nostro satellite naturale, la Luna, a far visita via via che passano i giorni, ai principali pianeti del nostro Sistema Solare: Giove, Saturno, Venere e anche Marte, nessuno sarà trascurato. Poiché in novembre il tramonto del Sole si farà sempre più anticipato, le ore di buio saranno considerevolmente più numerose rispetto ai mesi precedenti e avremo quindi la possibilità di osservare alcune congiunzioni già nel tardo pomeriggio, prima delle 18. Tenete d’occhio le nostre pagine e i nostri social, oppure…

➜ Leggi Il Cielo di novembre su Coelum Astronomia 216

Restano perciò sempre validi i consigli della rubrica di Giorgia Hofer del numero scorso ➜ ASTROFOTOGRAFIA: L’incontro tra Venere e Marte

E ancora, sempre su Coelum Astronomia n. 216

Storia, leggende, stelle e oggetti deepsky della costellazione della LUCERTOLA (III parte)
➜ La Luna di novembre e l’osservazione dei crateri Aristoteles, Eudoxus, Alexander
➜ Il Club dei 100 asteroidi: L’opposizione di (44) Nysa
➜ Leggi la rubrica di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS
➜ Le comete del mese: Tra delusioni e attese
➜ La consueta rubrica sulle scoperte amatoriali di Supernovae!

e il Calendario degli eventi giorno per giorno


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di novembre su Coelum Astronomia 216
Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!
L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

La “colorsfera” del Sole

0
La "colorsfera" del Sole
La "colorsfera" del Sole
La "colorsfera" del Sole
La "colorsfera" del Sole. Sulla sinistra l'immagine del Sole nell'attimo seguente la fine della totalità, sulla destra lo spettro "flash" ottenuto con una esposizione di 1/30 sec. Crediti: ESA/M. Castillo-Fraile

Questa immagine colorata è uno “spettro flash della cromosfera” catturato durante l’eclissi solare totale che si è verificato negli Stati Uniti il ​​21 agosto di quest’anno, dal team della spedizione ESA che ha monitorato l’eclissi da Casper, nel Wyoming.

Durante un’eclissi, quando la Luna oscura temporaneamente la luce travolgente della fotosfera del Sole, gli astronomi possono effettuare misure non possibili in condizioni normali. Tra queste l’analisi della tonalità di rosso, normalmente invisibile, della cromosfera, lo strato dell’atmosfera solare direttamente sopra la superficie turbolenta della fotosfera.

Un’immagine di questo tipo può essere ottenuta solo dall’ultima e dalla prima luce del lembo solare, subito prima e subito dopo la fase totale dell’eclissi rispettivamente, quando è possibile riprendere questo tipo spettro chiamato “flash” proprio perché le misurazioni devono essere completate in pochissimi secondi. È così che l’emissione di luce che arriva dalla cromosfera del Sole può essere suddivisa in uno spettro di colori, che mostrano l’impronta digitale di diversi elementi chimici. L’emissione più intensa è dovuta all’idrogeno, così come l’emissione rossa in H alpha che vediamo all’estremo destro.

Nel mezzo, il giallo brillante corrisponde all’elio, un elemento scoperto proprio in occasione di uno spettro di questo tipo raccolto durante l’eclisse totale del 18 agosto 1868, anche se in quel momento ancora non si sapeva di cosa si trattasse. Solo tre decenni dopo, l’elio verrà scoperto sulla Terra e quello spettro associato ad esso, si scoprirà poi trattarsi del secondo più abbondante elemento nell’intero Universo, dopo l’idrogeno!

L’immagine è stata ripresa dal team del Cesar science educational project (European Space Astronomy Centre vicino a Madrid, Spagna). Altre immagini raccolte durante l’eclissi sono visibili sul sito del progetto Cesar eclipse.

Leggi anche

➜ Eclissi storiche. I primi passi verso lo studio della parte esterna del Sole di Mario Rigutti

➜ Le mie Eclissi di Sole. Diario di Viaggio di un Astronomo di Mario Rigutti

➜ Eclissi di Sole: dalle suggestioni del passato alla scienza del futuro
di Alessandro Bemporad, Luca Zangrilli, Silvano Fineschi (INAF – Osservatorio Astrofisico di Torino)

Come funzionano le Eclissi di Sole. «Ah, Signor Professore, la scienza esiste!»
Geometria delle eclissi
di Mario Rigutti

Eclissi di Sole USA 2017. Le vostre migliori immagini e l’esperienza di chi era sul posto. Di Giovanna Ranotto, Corrado Lamberti, Giuseppe Conzo, Cristiano Secci e le immagini e i video di Simone Renoldi, Carlo Dellarole, Giovanni Mele, Aldo Dell’Acqua, Antonio Demichele, Luca Maccarini.


Coelum non è solo l’ultimo numero! Scegli l’argomento che preferisci e inizia a leggere! E’ gratis…

Template 216 per embed html

0
Il numero di novembre 2017 dedicato alla nascita dell'astronomia multimessaggero, in occasione della prima individuazione visuale di una sorgente di onde gravitazionali. Ora, e sempre grazie a partire da una rilevazione di raggi gamma, è stata individuata per la prima volta la probabile sorgente di un neutrino. Per leggere gratuitamente il numero cliccare sull'immagine.

Indice dei contenuti

SOLO MODALITA’ HTML!
COPIA QUI SOTTO IL CODICE iframe e CLICCA ANTEPRIMA PER VEDERE IL RISULTATO


Onde gravitazionali, Astronomia Multimessaggero, Missione VITA, espansione dell’UNIVERSO… TUTTO QUANTO sul nuovo numero di Coelum Astronomia!

Coelum Astronomia 216 di novembre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di novembre su Coelum Astronomia 215

Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

— BASE TRASPARENTE 600px larghezza (452 px minimo) —

—BASE STANDARD stelle a neutroni 600px larghezza (452 px minimo) —

—BASE STANDARD BLU 600px larghezza (452 px minimo) —

—BASE SFONDO STRADA PER LE STELLE 600px larghezza (452 px minimo)—

——- GENERICO SCAFFALE 4 NUMERI (mostra sempre gli ultimi 4 numeri usciti) 617px ——–


Coelum non è solo l’ultimo numero! Scegli l’argomento che preferisci e inizia a leggere! E’ gratis…

——- GENERICO SCAFFALE ULTIMI NUMERI con barra di scorrimento 600px (mostra sempre gli ultimi XX numeri usciti, cambiare il valore nel tag “cols”, per avere invece più scaffali cambiare il valore anche di “rows”)——–


Coelum non è solo l’ultimo numero! Scegli l’argomento che preferisci e inizia a leggere! E’ gratis…

SOLO MODALITA’ HTML!COPIA QUI SOTTO IL CODICE iframe e CLICCA ANTEPRIMA PER VEDERE IL RISULTATO


Onde gravitazionali, Astronomia Multimessaggero, Missione VITA, espansione dell’UNIVERSO… TUTTO QUANTO sul nuovo numero di Coelum Astronomia!

Coelum Astronomia 216 di novembre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di novembre su Coelum Astronomia 215

Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

— BASE TRASPARENTE 600px larghezza (452 px minimo) —

—BASE STANDARD stelle a neutroni 600px larghezza (452 px minimo) —

—BASE STANDARD BLU 600px larghezza (452 px minimo) —

—BASE SFONDO STRADA PER LE STELLE 600px larghezza (452 px minimo)—

——- GENERICO SCAFFALE 4 NUMERI (mostra sempre gli ultimi 4 numeri usciti) 617px ——–


Coelum non è solo l’ultimo numero! Scegli l’argomento che preferisci e inizia a leggere! E’ gratis…

——- GENERICO SCAFFALE ULTIMI NUMERI con barra di scorrimento 600px (mostra sempre gli ultimi XX numeri usciti, cambiare il valore nel tag “cols”, per avere invece più scaffali cambiare il valore anche di “rows”)——–


Coelum non è solo l’ultimo numero! Scegli l’argomento che preferisci e inizia a leggere! E’ gratis…

Cerere: per Dawn un altro anno di lavoro

0
Dawn sorvola Cerere, sulla destra, proprio sopra ai pannelli solari, fa capolino una delle famose macchie bianche, che ancora ...Crediti: NASA/JPL-Caltech
In questa impressione artistica, la sonda Dawn sorvola Cerere, sulla destra, proprio sopra ai pannelli solari, fa capolino una delle famose macchie bianche del pianeta nano, la più famosa nel cratere Occator. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Ancora un anno e dovremo dire addio anche alla missione Dawn, la prima sonda spaziale a raggiungere (era il 6 marzo 2015) un pianeta nano, cioè Cerere, nonché la prima ad aver orbitato attorno a due obiettivi extraterrestri distinti, avendo raggiunto e studiato da vicino anche Vesta per 14 mesi (tra il 2011 e il 2012). La Nasa ha deciso nuovamente di prolungare la durata della missione attorno al più grande oggetto nella fascia asteroidale tra Marte e Giove.

Su Coelum astronomia n. 203 un report sulle principali scoperte della missione. Per la lettura gratuita cliccare sull'immagine.

Il team Dawn sta attualmente perfezionando le varie fasi dell’ultimo capitolo della missione. Per non contaminare Cerere, la sonda Dawn non atterrerà né si schianterà sul pianeta nano. Il piano è quello di raccogliere più dati possibili nel corso dell’orbita finale, che raggiungerà l’anno prossimo, dove rimarrà anche quando non potrà più comunicare con la Terra. I tecnici della Nasa stimano che la navicella spaziale possa continuare a funzionare fino alla seconda metà del 2018. Ogni missione nello spazio è limitata nel tempo dal quantitativo di carburante, e questa non fa eccezione. Dawn rimarrà, però, stabile nell’orbita anche dopo l’esaurimento del propellente a base di idrazina.

Il team di volo che guida la sonda sta studiando modi per manovrare Dawn verso una nuova orbita ellittica, che può portare la navicella spaziale a meno di 200 chilometri dalla superficie di Cerere. Dawn sarà in orbita già quando il pianeta nano passerà al perielio, cioè il punto più vicino al Sole, ad aprile 2018.

Nei prossimi mesi gli scienziati attiveranno tutti gli strumenti e si farà scienza fino all’ultimo giorno. Con il Gamma Ray and Neutron Detector si approfondirà lo studio della composizione dello strato superiore di Cerere e la quantità di ghiaccio che contiene. La navicella spaziale studierà nuovamente in luce visibile la geologia superficiale del pianeta nano con la sua Framing Camera ed effettuerà misurazioni della mineralogia di Cerere con lo spettrometro italiano Visual and Infrared Spectrometer (Vir), fornito dall’Agenzia spaziale italiana sotto la guida scientifica dell’Istituto nazionale di astrofisica.

Maria Cristina De Sanctis dell’Istituto di astrofisica e planetologia spaziali dell’Inaf di Roma

Alla planetologa Maria Cristina De Sanctis, ricercatrice presso dell’Istituto di astrofisica e planetologia spaziali dell’Inaf di Roma nonché principal investigator dello strumento Vir, abbiamo chiesto qualche chiarimento in merito alla missione Dawn.

La Nasa resterà su Cerere con Dawn fino alla seconda metà del 2018. Cosa ha portato a questa decisione?

«È stata approvata la seconda missione estesa di Dawn e la sonda rimarrà a osservare Cerere per almeno il prossimo anno. In effetti la durata della missione non è completamente definita perché dipende dai consumi di carburante che si avranno nei prossimi mesi. Non escludo, quindi, che la missione possa durare anche più a lungo. L’osservazione di Cerere quando si trova in prossimità del perielio è estremamente importante per capire i fenomeni legati alla presenza di acqua in questo corpo del Sistema solare. Una maggiore insolazione potrebbe indurre, infatti, la sublimazione del ghiaccio creando dei fenomeni osservabili dalla sonda».

La quantità di carburante rimasta non consente a Dawn di andare altrove. Giusto?

«Al momento è previsto che la sonda, una volta esaurita la possibilità di comunicare con la Terra, sia posizionata su un’orbita stabile intorno a Cerere. Il motivo della scelta dell’orbita stabile intorno a Cerere è legato alla interesse esobiologico di questo corpo che non deve essere “contaminato” da materiale terrestre».

Facciamo un punto sullo strumento Vir, un successo tutto italiano. Quali gli highlights da segnalare finora? Novità previste? Cosa sta “osservando” attualmente?

«Le scoperte di Dawn e Vir sono molte e tutte importanti per la comprensione delle fasi iniziali del Sistema solare e in particolare della fascia degli asteroidi. Personalmente, tra le prime scoperte in ordine temporale, metterei la conferma che i meteoriti Hed provengono da Vesta e la scoperta di materiale “idrato” su parte della superficie di Vesta. Gli Hed sono meteoriti basaltici molto antici, quindi provengono da un oggetto differenziato come un pianeta di tipo terrestre e questo “proto-pianeta” è Vesta. La scoperta invece di materiale idrato ci ha indicato un passato in cui vi era molto materiale proveniente da oggetti ricchi in acqua che hanno impattato con corpi del sistema solare interno, suggerendo quindi un veicolo per l’acqua su corpi come la Terra. Tra le ultime scoperte che riguardano Cerere, vi è la presenza sia di materiale organico che di carbonati e composti di ammonio. Su Cerere sono stati scoperti carbonati di sodio in notevoli quantità, materiale ammoniato su tutta la superficie e organici alifatici. Tutti questi materiali, insieme ad argille e ghiaccio d’acqua, sono di notevole importanza per quanti riguarda l’esobiologia, in quanto mattoni fondamentali per molecole biotiche. Cerere, grazie alle osservazioni Vir, è diventato uno degli oggetti più interessanti per la ricerca di vita. Al momento Vir sta riponsando, ma prevediamo di iniziare nuove osservazioni a breve, una volta che il team avrà stabilito con accuratezza le nuove orbite».


Alla Ricerca dei Pianeti Extrasolari. Da 52 Pegasi b a PLATO, alla ricerca amatoriale.

Coelum Astronomia 215 di ottobre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Una sottile falce di Luna incontra Saturno

0

Durante la prima serata del 24 ottobre, volgendo lo sguardo verso sud-sudovest, potremo facilmente scorgere una falce di Luna in fase crescente (fase del 21%) e Saturno, riconoscibile come una stellina luminosa tendente al colore giallo paglierino (mag. +0,5).

I due astri si incontreranno in una congiunzione piuttosto aperta, distando l’uno dall’altra di circa 3° e mezzo, all’interno della costellazione dell’Ofiuco.

Si consiglia l’uso di un binocolo per poter apprezzare Saturno, anche se l’incontro offrirà un bello spettacolo anche a occhio nudo o per creare delle composizioni fotografiche, considerando anche il fatto di poter catturare la Luna in luce cinerea.

➜ Fotografare la Luce Cinerea della Luna di Giorgia Hofer

Per chi avrà la possibilità di raggiungere cieli bui, anche se con difficoltà per via della luce della Luna, la sfida sarà tentare di far risaltare il ramo di Via Lattea alla loro sinistra.

E come sempre aspettiamo le vostre migliori immagini su PhotoCoelum!

Le effemeridi giornaliere di Luna, Sole e pianeti le trovi nel Cielo di Ottobre

Leggi anche

Scopri le costellazioni del cielo di settembre con la UAI

➜ Storia, leggende, stelle e oggetti deepsky della costellazione della LUCERTOLA (II parte)

➜ La Luna di settembre e l’osservazione dei crateri Grimaldi, Hevelius e Riccioli


Tutti consigli per l’osservazione del CIELO di OTTOBRE su Coelum Astronomia 215

Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

ASTROINIZIATIVE UAI Unione Astrofili Italiani – www.uai.it

0

Tutti i primi lunedì del mese:
UNA COSTELLAZIONE SOPRA DI NOI
In diretta web con il Telescopio Remoto UAI Skylive dalle ore 21:30 alle 22:30, ovviamente tutto completamente gratuito. Un viaggio deep-sky in diretta web con il Telescopio Remoto UAI – tele #2 ASTRA Telescopi Remoti. Osservazioni con approfondimenti dal vivo ogni mese su una costellazione del periodo. Basta un collegamento internet, anche lento. Con la voce del Vicepresidente UAI, Giorgio Bianciardi
telescopioremoto.uai.it

CONVEGNI E INIZIATIVE UAI
21 ottobre – Riaccendiamo le stelle, giornata nazionale dell’inquinamento luminoso. La Commissione Inquinamento Luminoso UAI propone alle associazioni di organizzare eventi, star party pubblici e conferenze per sensibilizzare ed informare l’opinione pubblica sul tema dell’inquinamento luminoso.

http://inquinamentoluminoso.uai.it/

28 ottobre – Moonwatch Party: La notte della Luna INAF-UAI. In occasione della International Observe The Moon Night (InOMN). Migliaia di postazioni osservative in decine di paesi di tutto il mondo allestite per osservare la Luna nella stessa serata. L’INAF e l’UAI aderiscono all’iniziativa mondiale InOMN promuovendo il Moonwatch Party.
http://divulgazione.uai.it, http://www.media.inaf.it
http://observethemoonnight.org

28 – 29 ottobre – 14° Meeting nazionale di Radioastronomia Amatoriale ICARA 2017. Il meeting nazionale sulle tematiche della radioastronomia amatoriale e delle strumentazioni relative, organizzato da SdR Radioastronomia UAI e IARA – Italian Amateur Radio Astronomy.
http://radioastronomia.uai.it

Saturno: la forza lunare tiene a bada l’anello A

0
Il gruppo dei satelliti saturniani impedisce alla polvere che compone l’anello A di disperdersi nello spazio circostante. Questa immagine è stata scattata da Cassini e mostra chiaramente le onde di densità dell’anello create dalle piccole lune. Le onde sembrano come i solchi di un disco in vinile. Crediti: Nasa
Da dentro a fuori! Cliccare per ingrandire. Una visione panoramica degli anelli di Saturno, un mosaico costruito ocn le immagini raccolte il 9 settembre 2017, pochi minuti dopo essere passata attraverso il piano degli anelli verso l'emisfero sud del pianeta. L'anello A è la prima sezione a destra, quindi rpocedendo verso sinistra incontriamo la parte più scura che identifica l'anello B, che dal centro dell'immagine si estende fino all'angolo in alto a destra, e più a sinistra ancora l'anello C. La luce del Sole in questo caso filtra attraverso gli anelli verso la sonda. Credits: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute
Il gruppo dei satelliti saturniani impedisce alla polvere che compone l’anello A di disperdersi nello spazio circostante. Questa immagine è stata scattata da Cassini e mostra chiaramente le onde di densità dell’anello create dalle piccole lune. Le onde sembrano come i solchi di un disco in vinile. Crediti: Nasa

Vi siete mai chiesti come sia possibile che i milioni di piccoli oggetti (dal micrometro al metro) che formano l’anello A di Saturno non si disperdano nello spazio circostante ma restino “incollati” lì? Precisi e compatti a formare l’anello planetario più brillante del sesto pianeta del Sistema solare, nonché il più grande e lontano di quelli visibili. Dopo trent’anni gli astronomi hanno capito che il responsabile non è Giano (la luna conosciuta come Saturno X). O meglio, non da solo: il satellite, che porta il nome della divinità romana, tiene a bada la polvere dell’anello insieme ad altre lune. 
PanAtlantePrometeoPandoraEpimeteoMimas e, appunto, Giano: questa è la formazione lunare che, con l’ausilio fondamentale della forza di gravità, ci permette di ammirare il Signore degli anelli in tutta la sua grandiosità.

Un gruppo di ricercatori della Cornell University ha sfruttato i dati raccolti dalla “cara estinta” sonda Cassini per studiare meglio il fenomeno misterioso degli anelli di Saturno. Radwan Tajeddine e i suoi colleghi hanno finalmente risolto il mistero; senza il lavoro di gruppo delle lune ghiacciate, il materiale polveroso dell’anello A andrebbe disperso. Il risultato della simulazione informatica è oggetto di un paper pubblicato su The Astrophysical Journal.

Come si vede nelle immagini di Cassini, l’anello A sembra un disco di vinile: sull’anello ci sono le cosiddette “onde di densità” (che somigliano ai solchi di un disco) create da quelle che gli astronomi chiamano risonanze lunari, cioè le influenze orbitali indotte dalle lune esterne sugli anelli di Saturno. Da queste onde si deduce che l’influenza gravitazionale delle lune aiuta a rallentare e ridurre la perdita di materiale nello spazio.

Questa immagine raccolta dalla sonda Cassini mostra un’onda densità presente nell’anello A di Saturno (sulla sinistra), a circa 140 mila km dal pianeta. Al momento dell’acquisizione, la sonda si trovava a circa 56 mila km di distanza dagli anelli. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/Space Science Institute

Di onde di densità ce ne sono a centinaia, sull’anello A, e sono generate da diverse risonanze lunari. Le spinte gravitazionali dalle sette lune rallentano l’anello annullando lo slancio verso l’esterno tanto da creare un bordo perfetto.

Tajeddine ha detto che gli scienziati non sono ancora sicuri sul processo che ha formato gli anelli, ma il meccanismo che li tiene insieme è finalmente chiaro.

Modificando liberamente la “Poesia dell’anello” (il breve componimento presente nel Signore degli Anelli di Tolkien) potremmo dire: «Sette lune per domarli, sette lune per trovarli, sette lune per ghermirli e nell’oscurità incatenarli». Perdonateci la licenza poetica!


Alla Ricerca dei Pianeti Extrasolari. Da 52 Pegasi b a PLATO, alla ricerca amatoriale.

Coelum Astronomia 215 di ottobre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

La Notte Internazionale della Luna a Palidoro!

0

#InOMN2017
La Notte Internazionale della Luna a Palidoro!

Con il Patrocinio del Comune di Fiumicino

Nel campo della Parrocchia Santi Filippo e Giacomo un evento internazionale organizzato dal Gruppo Astrofili Palidoro in collaborazione con Noi Palidoro – Comitato Promotore.
Una serata per grandi e piccini dedicata alla #Luna.

Una conferenza introduttiva porterà i visitatori in un affascinante mondo in misteri e curiosità del nostro satellite naturale.
A seguire con i telescopi sarà possibile osservare la Luna con i propri occhi dal vivo… Tanta didattica astronomica arricchisce la serata.

Evento facebook: www.facebook.com/events/1827459024165311
Media Sponsor COELUM Astronomia

Durante l’evento saranno allestiti stand gastronomici.

INGRESSO LIBERO

INFO
info@astrofilipalidoro.it – 3475010985

www.astrofilipalidoro.it


Alla Ricerca dei Pianeti Extrasolari. Da 52 Pegasi b a PLATO, alla ricerca amatoriale.

Coelum Astronomia 215 di ottobre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Tecniche d’osservazione per pianeti extrasolari

0
Diffusore e relativo schema ottico. Crediti: RPC Photonics
Diffusore e relativo schema ottico. Crediti: RPC Photonics

È stato pubblicato il 5 ottobre scorso su The Astrophysical Journal un articolo che attesta la precisione delle misure ottiche raggiungibili da Terra per l’osservazione di esopianeti grazie all’utilizzo di un dispositivo ottico testato da un gruppo di astronomi della Penn State University. Il dispositivo oggetto di studio – tecnicamente un beam-shaping diffuser, prodotto nei laboratori della Rpc Photonics di Rochester (New York) – è un micro-componente ottico con il compito di distribuire la luce, proveniente dalla stella, su una superficie del sensore ottico maggiore di quella che coprirebbe senza diffuser.

Il test del dispositivo è stato condotto al telescopio Hale dell’Osservatorio Palomar, in California, al telescopio da 0.6 m Davey Lab Observatory della Penn State University e al telescopio Arc da 3.5 m dell’Apache Point Observatory, in New Mexico.

Ma perché “sparpagliare la luce” dovrebbe portare un beneficio alla qualità delle immagini?

A rovinare la qualità delle immagini da terra intervengono svariati fattori. In primis, costituisce un grande problema per gli astronomi e per chi progetta i telescopi l’atmosfera, che deteriora il seeing delle immagini (è la distorsione che si cerca di correggere con i sistemi di ottica adattiva). A parte i problemi relativi alla scintillazione del cielo – che riguardano solo le osservazioni da terra – rimane l’errore introdotto dalla disomogeneità nella risposta dei pixel del rivelatore, i quali non rispondono tutti allo stesso modo alla luce. Questo errore aumenta se la misura è basata su pochi pixel ma diminuisce proporzionalmente se si riesce a mediare la misura su un grande numero di pixel, compensando così statisticamente gli errori dei singoli pixel e ottenendo una migliore qualità dell’immagine.

Ecco dunque che la tecnica di distribuire la luce su una superficie maggiore – chiamata defocusing – permetterebbe di raggiungere precisioni molto elevate, ed è utile nel caso in cui quello introdotto dai pixel sia l’errore dominante, come succede nei telescopi spaziali, per i quali l’atmosfera non rappresenta un problema.

Alla ricerca di pianeti solari è dedicato il numero 215 di ottobre di Coelum Astrnomia, e proprio con Roberto Ragazzoni, assieme a Isabella Pagano e Giampaolo Piotto, andiamo invece alla scoperta del telescopio spaziale Plato, altra missione, quasi tutta italiana, che entrerà in campo dal 2025 per analizzare le atmosfere dei pianeti extrasolari. Cliccare sull’immagine per accedere alla lettura gratuita.

Ma è davvero efficace? Lo abbiamo chiesto a Roberto Ragazzoni, astronomo dell’Istituto nazionale di astrofisica all’Osservatorio di Padova, esperto di ottica e membro del board della missione spaziale europea Cheops (CHaracterizing ExOPlanets Satellite).

«Si tratta di un’applicazione interessante in tutte le situazioni in cui il telescopio o il rivelatore ottico non sono ottimali o allo stato dell’arte», spiega Ragazzoni. «Se applicata a telescopi sub-ottimali, questa tecnica permette di ottenere risultati molto buoni, pur non stabilendo un record nella qualità delle osservazioni (intendiamo sempre da Terra), consentendo di raggiungere un livello di misure di qualità medio-alta a una classe di rivelatori che altrimenti ne sarebbe esclusa. Esistono misure effettuate con i migliori rivelatori a disposizione in modo tradizionale che mostrano una precisione anche superiore: per citare un esempio, quelle fatte dal gruppo di Valerio Nascimbeni per cercare transiti di pianeti da Terra».

Chiediamo a Ragazzoni se questo tipo di tecnica verrà utilizzato anche per Cheops, la missione europea destinata allo studio dei pianeti extrasolari in partenza nel 2018. Cheops avrà il compito di compiere osservazioni molto precise di stelle attorno alle quali è già nota la presenza di pianeti o di cui ci sono forti indizi, con l’obiettivo di studiare la struttura di pianeti extrasolari con raggi che vanno tipicamente da 1 a 6 volte quelli della Terra e con masse fino a 20 volte quella del nostro Pianeta, in orbita attorno a stelle luminose.

«Anche il nostro gruppo di ricerca aveva valutato questa soluzione per Cheops, testando lo stesso dispositivo oggetto dello studio in laboratorio (vedi Magrin et al., 2014), come citano anche loro nell’articolo. Nel caso spaziale questa tecnica avrebbe un piccolo margine di miglioramento netto, ma bisogna considerare», osserva Ragazzoni, «che sarebbe stata la prima volta che un dispositivo simile avrebbe volato nello spazio. Sia per cause termiche sia per un possibile annerimento del vetro a causa delle radiazioni a cui il telescopio è esposto durante il periodo della permanenza in orbita, sarebbe stato troppo rischioso adottare questa soluzione».

L’esposizione prolungata del vetro comune (borosilicato) alle radiazioni cosmiche può infatti produrre un annerimento e variazione nella trasparenza, con la conseguente perdita di qualità dello strato riflettente degli specchi o di altri dispositivi ottici (lenti, eccetera). Per le applicazioni spaziali è normalmente utilizzata una miscela di borosilicato con altre sostanze (per gli specchi lo ZeroDur, per le lenti il BK7 a cui si aggiunge ossido di cerio), che conferiscono al vetro la tipica colorazione leggermente giallognola rendendolo stabile alle radiazioni anche per anni.

«Anche per Cheops si userà una tecnica di defocusing», conclude Ragazzoni, «ossia di sparpagliamento della luce sulla superficie del sensore, ma la qualità ottica del telescopio si giocherà tutta sulla stabilità, dote fondamentale nel campo spaziale. Proprio recentemente è stata verificata in Svizzera la stabilità del telescopio, garantita dalle strutture in carbonio, ed è stata testata con successo con una precisione di pochi nanometri».

Per saperne di più:

  • Leggi su The Astrophysical Journlal l’articolo “Towards Space-like Photometric Precision from the Ground with Beam-Shaping Diffusers“, di Gudmundur Stefansson, Suvrath Mahadevan, Leslie Hebb, John Wisniewski, Joseph Huehnerhoff, Brett Morris, Sam Halverson, Ming Zhao, Jason Wright, Joseph O’rourke, Heather Knutson, Suzanne Hawley, Shubham Kanodia, Yiting Li, Lea M. Z. Hagen, Leo J. Liu, Thomas Beatty, Chad Bender, Paul Robertson, Jack Dembicky, Candace Gray, William Ketzeback, Russet McMillan e Theodore Rudyk
  • Vai al sito di Cheops

Guarda in questo video il confronto fra defocusedfocuseddiffused:


 

Onde gravitazionali, lampi gamma e kilonovae: una scoperta epocale d’oro e di platino.

1
This chart shows the sprawling constellation of Hydra (The Female Sea Serpent), the largest and longest constellation in the sky. Most stars visible to the naked eye on a clear dark night are shown. The red circle marks the position of the galaxy NGC 4993, which became famous in August 2017 as the site of the first gravitational wave source that was also identified in light visible light as the kilonova GW170817. NGC 4993 can be seen as a very faint patch with a larger amateur telescope. Credit: ESO, IAU and Sky & Telescope
In questa impressione artistica due piccole ma estremamente dense stelle a neutroni stanno per fondersi ed esplodere in una kilonova! Un evento estremamente raro capace di produrre dia onde gravitazionali, che lampi gamma di breve durata, entrambi osservati il 17 agosto di quest'anno, dalla collaborazione LIGO-Virgo e dai telescopi Fermi e INTEGRAL rispettivamente. Le successive osservazioni con numerosi telescopi dell'ESO hanno confermato la natura di kilonova dell'oggetto, ospitata nella galassia NGC 4993, a circa 130 milioni di anni luce da noi. Sono le kilonovae le fonti principali nell'universo degli elementi chimici più pesanti, come l'oro e il platino. Crediti: University of Warwick/Mark Garlick

I rumors giravano già qualche tempo fa, quando si è avuta la conferma del quarto evento di onde gravitazionali rivelato da LIGO e primo per l’interferometro di Cascina Virgo, un twit lasciava pensare che ci fosse dell’altro, che un altro evento fosse stato registrato e che ci fosse anche l’osservazione della controparte visuale… e finalmente è arrivata la conferma, che va oltre le aspettative! È stata effettuata la prima osservazione diretta della controparte visibile di una sorgente di onde gravitazionali, ovvero… si è riuscito a vedere da dove ha avuto origine e cos’è rimasto di quell’evento.

La correlazione tra le due osservazioni, gravitazionale ed elettromagnetica, è stata possibile grazie a una collaborazione globale e alla rapida reazione di tutti gli enti e gli osservatori partecipanti.

Ma andiamo con ordine, il 17 agosto 2017 l’interferometro LIGO negli Stati Uniti, in collaborazione con l’Interferometro Virgo in Italia, ha ottenuto la quinta rivelazione di onde gravitazionali, a cui è stata data la sigla GW170817. Solo due secondi più tardi, due Osservatori spaziali, il telescopio spaziale a raggi gamma Fermi, della NASA, e INTEGRAL dell’ESA hanno raccolto un lampo gamma di breve durata proveniente dalla stessa zona di cielo.

Grazie all'avvio delle attività dell'interferometro Virgo, nell'agosto 2017, è stato possibile restringere l'area di provenienza del segnale delle onde gravitazionali rivelate da LIGO. Sullo sfondo un'immagine tridimensionale della Via Lattea, centrata su di noi, sulla sfera celeste sono evidenziate le aree di provenienza delle onde gravitazionali rivelate fin'ora. In giallo l'area ben più limitata, identificata dalla collaborazione dei due interferometri, dell'onda di cui è stata trovata anche la controparte visuale. Crediti: LIGO/Virgo/NASA/Leo Singer/Axel Mellinger

L’area di provenienza di un’onda gravitazionale è sempre molto ampia, da qui la difficoltà a individuarne con esattezza l’origine, e in questo caso, proprio grazie alla collaborazione LIGO-Virgo, si è riusciti a identificarla in modo più preciso, con una regione del cielo meridionale comunque ancora ampia: circa 35 gradi quadrati, quanto svariate centinaia di lune piene e contenente milioni di stelle….

Dal Cile, appena calata la notte, si sono attivati diversi telescopi, per osservare a tappeto quell’area di cielo, alla ricerca di una sorgente. Tra gli altri: il telescopio nell’infrarosso e nel visibile VISTA dell’ESO e il VLT Survey all’Osservatorio Paranal, il telescopio italiano REM (Rapid Eye Mount) a La Silla dell’ESO, il telescopio da 0,4 metri LCO dell’Osservatorio di Las Cumbres e il DECam dell’Osservatorio Interamericano di Cerro Tololo. Ma il primo ad annunciare la presenza di un nuovo punto di luce è stato il telescopio da 1 metro Swope, quasi in contemporanea con le osservazioni di VISTA all’infrarosso.

La fonte sembrava molto vicina a NGC 4993, una galassia lenticolare nella costellazione dell’Idra, e man mano che la notte si è spostata verso ovest altri Osservatori da terra si sono attivati: dalle Hawaii, i telescopi Pan-STARRS e Subaru l’hanno individuata potendone anche osservare la rapida evoluzione.

Nella cartina l'Idra, la più ampia costellazione del cielo. La maggiorparte delle sue stelle sono visibili a occhio nudo, sotto un cielo buio. Il cerchietto rosso indica la posizione della galassia NGC 4993, che ha ospitato la kilonova GW170817. NGC 4993 può essere vista come una macchiolina molto tenue solo attraverso una buona strumentazione amatoriale. Crediti: ESO, IAU and Sky & Telescope

«Ci sono rare occasioni in cui uno scienziato ha la possibilità di assistere all’inizio di una nuova era», osserva Elena Pian, astronomo dell’INAF e autore principale di uno degli studi pubblicati su Nature. «Questo è uno di quelli!».

Nel diagramma la copertura delle differenti lunghezze d'onda dei numerosi strumenti dell'ESO che hanno osservato l'esplosione della kilonova in NGC 4993. Crediti: ESO

La galassia sarebbe presto stata troppo vicino al Sole per essere osservata, l’evento si sarebbe potuto seguire solo entro la fine di agosto, e alla improvvisa chiamata all’osservazione dell’ESO, una delle più ampie che siano mai state fatte, hanno risposto in molti tra gli Osservatori dell’ESO stesso e dei suoi partner: oltre al VLT anche il New Technology Telescope (NTT), il VST, il telescopio da 2,2 metri MPG e ALMA (l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) e più di 70 Osservatori in tutto il mondo, incluso il telescopio spaziale Hubble (NASA/ESO). Tutti hanno osservato l’evento, la sua evoluzione e i suoi effetti su un ampio spettro di lunghezze d’onda (qui un elenco degli strumenti di alcuni osservatori utilizzati).

La galassia NGC 4993 ripresa da diversi strumenti e telescopi ESO, tutti rivelano la debole fonte di luce vicino al nucleo luminoso della galassia (sulla sinistra in alto). Oltre ad essere vista da Terra, l'esplosione, chiamata kilonova, ha prodotto sia onde gravitazionali, rivelate dagli interferometri di LIGO-Virgo, sia lampi gamma raccolti da Fermi e INTEGRAL dallo spazio. Credit: VLT/VIMOS. VLT/MUSE, MPG/ESO 2.2-metre telescope/GROND, VISTA/VIRCAM, VST/OmegaCAM

Sia le osservazioni telescopiche che quelle gravitazionali concordano sulla distanza dell’evento: l’onda è stata generata alla stessa distanza in cui si trova NGC 4993, circa 130 milioni di anni luce dalla Terra. Una conferma che la rende anche la sorgente più vicina di un’onda gravitazionale rivelata, e anche di uno tra i più brevi raggi gamma mai visti.

C’è da dire che un’onda gravitazionale di questo genere difficilmente avremmo potuto rivelarla se fosse stata più distante, era infatti significativamente più debole delle prime quattro. L’ipotesi quindi è che l’origine sia stata non la fusione di coppie di buchi neri, come nelle prime quattro onde rivelate, ma una kilonova, un evento esplosivo luminoso 1000 volte più di una nova,  generata dalla fusione di due stelle a neutroni.

L’onda gravitazionale viene generata dal rilascio di energia del movimento dei due oggetti massici, come sono le stelle a neutroni, ma per poter essere sufficientemente ampia da essere “vista” dalla nostra strumentazione deve essere amplificata da un evento catastrofico, come l’improvvisa accelerazione dei due oggetti sul punto di fondersi e la conseguente esplosione di energia generata.

In aggiunta a questo, l’ipotesi principale per spiegare i lampi gamma di breve durata, vede proprio come sorgente la fusione di questo tipo di stelle. Le kilonovae sono quindi oggetti teorizzati da lungo tempo, più di 30 anni fa, ma non se ne era ancora mai osservata una, e la rilevazione simultanea del lampo gamma e dell’onda gravitazionale ha fatto pensare che forse la fine della caccia alla kilonova era vicina. Ma è grazie alle osservazioni dei telescopi ESO, che hanno rivelato una serie di proprietà dell’evento molto vicine a quelle delle previsioni teoriche, che se ne è potuta confermare l’identità.

In questo mosaico la kilonova (cliccare per ingrandire) diventa sempre più rossa fino a scomparire in una settimana circa dalla sua esplosione, il 17 agosto 2017. Questa immagine è stata ottenuta dal telescopio a infrarossi di VISTA, nell'Osservatorio cileno Paranal dell'ESO. Credit: ESO/N.R. Tanvir, A.J. Levan and the VIN-ROUGE collaboration

A seguito della fusione delle due stelle di neutroni, l’energia liberata ha provocato un’esplosione di elementi chimici pesanti in rapida espansione, a quasi un quinto della velocità della luce. La kilonova si è mostrata all’osservazione in un rapido cambiamento di colore dal profondo blu al profondo rosso nell’arco di una sola settimana, più repentino di qualsiasi altra esplosione stellare osservata.

«Quando lo spettro è apparso sui nostri schermi ho capito che si trattava dell’evento transitorio più insolito che avessi mai osservato», racconta  Stephen Smartt, che ha condotto le osservazioni con il NTT dell’ESO, all’interno del progetto ePESSTO, una survey spettroscopica di oggetti transienti. «Non avevo mai visto niente di simile. I nostri dati, insieme a dati provenienti dagli altri gruppi, hanno dimostrato a tutti che questa non era una supernova o una stella variabile in primo piano, ma era qualcosa di molto notevole».

L’analisi degli spettri ha poi suggerito la presenza tra i resti diffusi nello spazio dall’esplosione di cesio e tellurium, indici della formazione di metalli più pesanti del ferro in reazioni nucleari all’interno di nuclei stellari a così alta densità, una nucleosintesi chiamata processo r anch’essa fin’ora solo teorizzata… per la prima volta abbiamo potuto assistere alla dispersione di questi elementi nello spazio e confermarne quindi la provenienza.

La fusione di due nuclei stellari ad altra densità, produce una violenta esplosione chiamata kilonova. SDa un evento del genere ci si aspetta l'espulsione nello spazio di elementi chimici pesanti, che alcuni dei quali vediamo indicati nell'illustrazione assieme al loro numero atomico. Credit: ESO/L. Calçada/M. Kornmesser

Non deve stupire quindi che la notizia sia stata data in contemporanea da più fonti: tre eventi simultanei che si sono tenuti a Washington, con la conferenza stampa organizzata dalla collaborazione scientifica LIGO-VIRGO presso la National Science Foundation (NSF), a Monaco con la conferenza stampa dell’ESO (European Southern Observatory) nel suo quartier generale di Garching, e a Venezia dove si terrà una conferenza stampa organizzata dall’ESA (European Space Agency).

In un colpo solo sono tanti i risultati raggiunti, tante le previsioni e le teorie che trovano conferma e il tutto grazie a una inter-collaborazione senza precedenti di progetti e strumentazioni capaci di raccogliere e analizzare diversi tipi di segnali.

«I dati analizzati fin’ora corrispondono sorprendentemente alla teoria. È un trionfo per i fisici teorici, una conferma che gli eventi rivelati dalla collaborazione LIGO-Virgo sono assolutamente reali e un risultato sorprendente per l’ESO nell’aver raccolto tali quantitò di dati sulle kilonovae», aggiunge Stefano Covino, autore principale di uno degli studi su Nature Astronomy.

L’ultima parola a Andrew Levano, autore principale di un altro degli studi pubblicati: «La grande forza dell’ESO è stata di avere a disposizione una vasta gamma di telescopi e strumenti in grado di affrontare grandi e complessi progetti astronomici e di farlo in tempi brevi. È l’inizio di una nuova era di una astronomia “multimessaggero”!».


Onde gravitazionali, Astronomia Multimessaggero, Missione VITA, espansione dell’UNIVERSO… TUTTO QUANTO sul nuovo numero di Coelum Astronomia!

Coelum Astronomia 216 di novembre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

La comunità scientifica presenta i nuovi sviluppi dell’astronomia gravitazionale e multimessaggero

0

L’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare(INFN) in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), invitano la stampa e la comunità scientifica per la presentazione di nuove scoperte nell’ambito dell’astronomia gravitazionale e multimessaggero. L’evento sarà trasmesso in streaming dal sito del MIUR.Tre eventi simultanei si terranno a Washington, dove si svolgerà una conferenza stampa organizzata dalla collaborazione scientifica LIGO-VIRGO presso la National Science Foundation (NSF), a Monaco dove si svolgerà una conferenza stampa organizzata dallo European Southern Observatory (ESO) nel suo quartier generale di Garching, e a Venezia dove si terrà una conferenza stampa organizzata dalla European Space Agency (ESA).

Il programma prevede, nei primi 30 minuti, il collegamento in diretta con Washington, Monaco e Venezia. L’evento proseguirà con gli scienziati italiani coinvolti nelle scoperte, i presidenti di ASI, INAF e INFN e alla presenza della Ministra Valeria Fedeli.

Il programma

Diretta streaming da Washington – National Science Foundation (NSF) interverranno:

  • David Shoemaker, Spokesperson, LIGO Scientific Collaboration;
  • David Reitze, Executive Director, LIGO Laboratory;
  • Jo van den Brand, Spokesperson, Virgo Collaboration (portavoce del progetto);
  • Julie McEnery, Fermi Project Scientist, NASA’s Goddard Space FlightCenter;
  • Marica Branchesi, Astrophysicist, Virgo Collaboration, INFN and GSSI;

Diretta streaming da Garching (Monaco di Baviera), quartier generale dello European Southern Observatory (ESO), interverranno:

  • Xavier Barcons, Direttore Generale ESO;
  • Elena Pian, INAF.

In collegamento da Venezia, dalla conferenza stampa organizzata dalla European Space Agency (ESA) interverranno:

  • Pietro Ubertini, Team Integral/ESA;
  • Alvaro Gimenez, ESA.

Interventi in sala:

  • Paolo D’Avanzo, INAF;
  • Immacolata Donnarumma, ASI;
  • Gianluca Gemme, Coordinatore INFN di VIRGO.

Conclusioni

  • Roberto Battiston, presidente ASI;
  • Nichi D’Amico, presidente INAF;
  • Fernando Ferroni, presidente INFN;
  • Sen. Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;

Modera: Andrea Bettini, giornalista RAI.


Alla Ricerca dei Pianeti Extrasolari. Da 52 Pegasi b a PLATO, alla ricerca amatoriale.

Coelum Astronomia 215 di ottobre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Corso di formazione per docenti in astronomia culturale

0

Nei giorni 9,10,11 novembre 2017 si terrà a Bagnoregio (VT) un corso di aggiornamento per docenti nel settore dell’astronomia culturale realizzato in collaborazione dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), dalla Associazione Romana Astrofili (ARA) e dalla Società Italiana di Archeoastronomia (SIA), con fondi erogati dalla Regione Lazio al Comune di Bagnoregio. Il responsabile del corso è il Dott. Ing. Vito Francesco Polcaro, Ricercatore Associato dell’INAF, membro del Centro interdipartimentale ACHe (“Astronomy and Cultural Heritage”) dell’Università di Ferrara e del Comitato Direttivo della SIA e socio ARA. Il corso verrà realizzato tramite lezioni frontali ed esercitazioni sul campo nel rilievo archeoastronomico e verterà sui vari argomenti di astronomia posizionale; storia dell’astronomia occidentale, moderna, dell’astronomia cinese, archeoastronomia, procedure e metodiche scientifiche e interdisciplinari, etnoastronomia. La graduatoria verrà effettuata in ordine di prenotazione via mail dal sito www.ara.roma.it. Il numero massimo dei partecipanti è comunque fissato in 20; nel caso in cui non lo si raggiunga, il corso sarà aperto anche ad operatori del settore sino ad esaurimento dei posti. Per maggiori dettagli sui contenuti e la struttura delle lezioni, sui posti disponibili e gratuità scaricare il PDF con il programma.
L’annuncio del corso è stato pubblicato sul sito dell’Ufficio Scolastico Regionale Lazio.
Per informazioni: Tel. 339-7900809 – ara.roma.it

Haumea, il transnettuniano con l’anello

1
A forma di uovo e con un anello attorno: ecco come si è mostrato Haumea agli astronomi. Crediti: Iaa-Csic/Uhu
A forma di uovo e con un anello attorno: ecco come si è mostrato Haumea agli astronomi. Crediti: Iaa-Csic/Uhu

Haumea, uno dei quattro pianeti cosiddetti ‘nani‘ che si trovano nelle regioni più esterne e remote del Sistema solare, oltre l’orbita di Nettuno, possiede un anello di polveri che lo circonda. A scoprire questa sorprendente proprietà è stato un team guidato da astronomi dell’Instituto de Astrofísica de Andalucía, al quale hanno preso parte anche ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), grazie a una campagna osservativa che ha sfruttato le osservazioni di numerosi telescopi da tutto il mondo. È la prima volta che viene individuate una struttura ad anello attorno a un oggetto transnettuniano, mentre sono ben noti gli anelli attorno ai pianeti giganti del Sistema solare e anche, più recentemente, attorno a due asteroidi della categoria dei Centauri. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Nature.

Poco sappiamo a oggi della storia di formazione ed evoluzione, oltre alle caratteristiche fisiche, degli oggetti transettuniani dei quali insieme ad Haumea fanno parte anche Plutone, Eris e Makemake. Proprio Haumea è a oggi forse il meno conosciuto tra tutti. Dalla sua controversa scoperta, avvenuta in modo indipendente nel 2004 da parte di due team di ricerca, uno spagnolo e l’altro statunitense, sappiamo che questo oggetto possiede una peculiare forma allungata, oltre che due minuscole lune, battezzate Hi’iaka e Namaka.

Molte sono le difficoltà che si incontrano nel cercare di studiare e analizzare gli oggetti transnettuniani, prima fra tutte l’enorme distanza, che impedisce di effettuare misure dirette sulla forma e le dimensioni di Haumea. Anche nei momenti più favorevoli essa si trova a ben 34 unità astronomiche dalla Terra, ovvero 5,1 miliardi di chilometri. Alcuni eventi astronomici fortuiti, però, permettono di ottenere queste informazioni in modo indiretto ma accurato. Si tratta delle cosiddette occultazioni stellari, durante le quali il corpo, nel corso del suo moto orbitale, si ritrova a eclissare una stella situata sullo sfondo per un intervallo di tempo di pochi minuti o anche meno. La durata di tali eclissi, misurata da osservatori situati in diversi luoghi sulla Terra, varia per effetto prospettico e il confronto delle misure permette quindi di ricostruire l’esatto profilo del corpo celeste e le sue dimensioni, come se ne osservassimo per così dire la silhouette.

«L’efficacia straordinaria di queste osservazioni viene dalla precisione con cui si conosce il momento dell’occultazione. Il tempo dell’occultazione viene calcolato con i dati sempre più’ precisi che arrivano dal satellite Gaia e questo permette di mobilitare le risorse osservative per il breve tempo del fenomeno con precisione assoluta», dice Giuseppe Leto, dell’Inaf di Catania, nel team che ha realizzato lo studio.

Ed è proprio grazie a questo metodo che lo scorso 21 gennaio, quando ha avuto luogo un’occultazione stellare di Haumea particolarmente favorevole e ben visibile dall’Europa, il “papà” spagnolo di Haumea, José Luis Ortiz, ha coordinato in modo efficiente una rete di osservatori, sia professionali che amatoriali, tra cui il telescopio Copernico da 1,82 metri dell’Inaf ad Asiago.

L’elevata qualità dei dati ottenuti da Asiago, assieme a quelli di altri undici telescopi, ha permesso in primo luogo di stabilire che Haumea ha la forma di un cosiddetto ‘elissoide a tre assi’, una specie di gigantesco pallone da rugby, e che è molto più grande e allungato rispetto a quanto ritenuto in precedenza. Essendo poi nota la sua massa, grazie alla presenza delle due lune, si è potuta fare una stima accurata anche della densità del pianeta nano e dell’albedo della sua superficie, ovvero del suo potere riflettente. Entrambi I valori si sono rivelati ben inferiori alle precedenti stime e molto più simili ai corrispondenti valori di Plutone. La repentina diminuzione della luminosità all’inizio e alla fine dell’occultazione ha permesso anche di stabilire un limite alla presenza di un’atmosfera che, seppur presente, è estremamente più tenue di quella di Plutone, misurata dalla sonda New Horizons.

«La straordinarietà di questo risultato», aggiunge Leto, «è che con semplici curve fotometriche ottenute contemporaneamente da 12 siti posti in diverse posizioni geografiche, effettuate durante un’occultazione, si sono potuti determinare con precisione l’esistenza di un anello, di cui non si aveva conoscenza prima, e migliorare le informazioni sulle proprietà dinamiche e geometriche di Haumea».

Il risultato più interessante dello studio è stato infatti qualcosa di assolutamente inatteso. Più di un osservatorio, tra i quali Asiago, ha mostrato un’anomalia nei minuti che precedevano e seguivano l’occultazione: come se un altro corpo, non perfettamente opaco, avesse occultato la stella subito prima e subito dopo l’evento principale. Anche in questo caso il confronto tra i diversi dati ha permesso di risalire alla causa: Haumea è circondata da un ‘anello’ denso e sottile che orbita a circa 2300 chilometri dalla sua superficie e spesso solo 70 chilometri.

«È una scoperta sensazionale dal punto di vista scientifico, perché mette in luce caratteristiche di questi oggetti – come la forma, o la presenza di anelli – che costituiscono tasselli di un puzzle nella storia evolutiva del nostro Sistema solare», dice Valerio Nascimbeni, ricercatore dell’Università di Padova e associato Inaf, tra gli autori dello studio, «ma è anche un risultato importante perché dimostra come, in un’epoca di “big science”, reti di piccoli telescopi coordinati in modo efficiente siano ancora in grado di competere e complementare il lavoro svolto da osservatori più grandi».

Per saperne di più:


Alla Ricerca dei Pianeti Extrasolari. Da 52 Pegasi b a PLATO, alla ricerca amatoriale.

Coelum Astronomia 215 di ottobre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Una falce sottile di Luna tra Marte e Venere

0
Il 17 ottobre la Luna si troverà a soli 2,9° da Marte, il giorno dopo sorgerà invece a soli 2,5° da Venere, ma converrà attendere almeno una mezz'ora perché che i due astri si alzino sull'orizzonte: alle 6:25 saranno alti 6° e a una distanza di 2,6°. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

Chi si alzerà presto la mattina del 17 ottobre potrà veder ripagato lo sforzo ammirando una bella congiunzione tra una sottile falce di Luna calante (fase del 7%) e il pianeta Marte (mag. +1,8): potremo rintracciare i due astri a un’altezza di circa 16° sull’orizzonte est, nella costellazione della Vergine.

Se Marte e la falce di Luna saranno distanti circa 3°, guardando più in basso sull’orizzonte, a circa 9° e mezzo dalla Luna, potremo scorgere Venere (mag. –3,9) che si farà via via più alta con il passare dei minuti fino a perdersi nel chiarore del crepuscolo mattutino. Sempre validi restano perciò i consigli della rubrica di astrofotografia di questo mese: ➜  L’incontro tra Venere e Marte

Il giorno seguente, il 18 ottobre, posticipando di mezz’ora l’orario di osservazione alle 6:30 circa, potremo osservare l’evoluzione della situazione appena descritta, con la falce di Luna quasi invisibile (fase del 3%) che, lasciato indietro Marte, andrà a incontrare proprio Venere. I due astri all’ora indicata si troveranno ancora piuttosto bassi, a circa 7° sull’orizzonte orientale.

In entrambe le situazioni, una posa fotografica accuratamente studiata consentirà di catturare gli astri descritti con in più la Luna in luce cinerea. Fotografare la Luce Cinerea della Luna di Giorgia Hofer

E come sempre aspettiamo le vostre migliori immagini su PhotoCoelum!

Le effemeridi giornaliere di Luna, Sole e pianeti le trovi nel Cielo di Ottobre

Leggi anche

Scopri le costellazioni del cielo di settembre con la UAI

➜ Storia, leggende, stelle e oggetti deepsky della costellazione della LUCERTOLA (II parte)

➜ La Luna di settembre e l’osservazione dei crateri Grimaldi, Hevelius e Riccioli


Tutti consigli per l’osservazione del CIELO di OTTOBRE su Coelum Astronomia 215

Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Finalmente trovata la metà della massa barionica del nostro universo che mancava all’appello

1
Discoveries seem to back up many of our ideas about how the universe got its large-scale structure Andrey Kravtsov (The University of Chicago) and Anatoly Klypin (New Mexico State University). Visualisation by Andrey Kravtsov
"Le nuove scoperte sembrano supportare molte delle nostre idee su come dovrebbe essere la struttura del nostro universo in larga scala" Andrey Kravtsov (University of Chicago) e Anatoly Klypin (New Mexico State University). Visualizzazione di Andrey Kravtsov.

Ormai conoscete bene la caccia alla Materia Oscura (oltre a segnalarvi e proporre numerosi articoli gli abbiamo anche dedicato un numero: Materia oscura, l’universo invisibile), una misteriosa sostanza che si pensa permei l’universo, teorizzata per spiegare gli effetti gravitazionali che osserviamo. Ma il problema della massa mancante non si limita alla ricerca di nuovi tipi di materia esotica, i nostri modelli dell’universo ci dicono anche che là fuori dovrebbe esserci, nascosta da qualche parte, il doppio circa di materia ordinaria (detta barionica) rispetto a quella osservata.

Due team indipendenti di ricercatori hanno trovato questa materia nascosta, fatta di particelle barioniche più che di materia oscura, individuandola in filamenti di gas caldo e diffuso che collegherebbero le galassie le une alle altre, proprio come in quei modelli in cui, a larga scala, l’universo viene immaginato come una grande spugna.

«Il problema della materia barionica mancante è risolto», almeno così sostiene Hideki Tanimura dell’Istituto di Astrofisica Spaziale di Orsay (Francia), a capo di uno dei gruppi. L’altro team di ricercatori è guidato da Anna de Graaff dell’Università di Edimburgo (Regno Unito).

L’ipotesi c’era, da molto tempo si pensava che la massa mancante fosse formata da gas e polveri “nascosti” tra una galassia e l’altra, ma nessuno era ancora stato in grado di “vederla” e portarne quindi una prova concreta.

Se si tratta di filamenti di gas, questo è così tenue e non abbastanza caldo che ancora nessun strumento, né sulla Terra né nello spazio, è in grado per il momento di osservarlo. «Fin’ora era pura speculazione» dice Richard Ellis dell’Università di Londra.

Come hanno quindi fatto questi due team a risolvere il mistero? Serviva un modo diverso per dimostrare definitivamente che questi ponti di gas esistono davvero, e quantificarne la materia contenuta. La soluzione è arrivata si dalle nostre attuali conoscenze dell’universo, e dai dati raccolti fin’ora, ma solo grazie a un espediente tanto semplice (si fa per dire) quanto ingegnoso.

Entrambe le squadre hanno approfittato di un fenomeno chiamato l’effetto Sunyaev-Zel’dovich, che si verifica quando la radiazione emessa dal Big Bang attraversa un gas caldo. Mentre la radiazione viaggia verso di noi, alcuni fotoni interagiscono e vengono diffusi dagli elettroni del gas che incontra, lasciando una tenue impronta nello fondo cosmico a microonde – quel residuo di energia che è la nostra istantanea della nascita dell’universo.

Grazie al satellite Planck, nel 2013 abbiamo ottenuto dati per realizzare una mappa di questo effetto in tutto l’universo osservabile, ma poiché questi ponti di gas tra galassie sono estremamente diffusi, poco densi, le loro deboli tracce non erano visibili.

E qui arriva l’espediente. Sempre in modo indipendente, i due team hanno selezionato numerose coppie di galassie, con struttura simile, che ci si aspettava potessero essere collegate da questi fili di materia barionica, estraendole dal catalogo della Sloan Digital Sky Survey dell’Osservatorio a Terra di Apache Point (New Mexico, Stati Uniti).  Hanno quindi sommato tra loro i segnali raccolti da Planck di quelle diverse aree (normalizzando in qualche modo i segnali delle varie coppie in modo da renderli sovrapponibili), riuscendo in questo modo a evidenziare le impronte di quei fili che, individualmente troppo deboli, sommate in massa una sull’altra sono finalmente “apparse” dando prova della loro esistenza.

Il team di Tanimura ha impilato l’una sull’altra 260.000 paia di galassie, trovando nel mezzo una densità di materia tre volte superiore a quella della materia ordinaria intergalattica, mentre il gruppo di de Graaff ne ha utilizzate oltre un milione per una densità risultante addirittura sei volte superiore al normale – valori diversi ma comunque sufficienti a dimostrare che i gas in quelle zone hanno una densità tale da poter formare dei filamenti.

Entrambe le squadre hanno trovato quindi la prova diretta definitiva dell’esistenza di filamenti di gas tra le galassie.

«Ci aspettiamo delle differenze (tra i risultati dei due team), dato che stiamo osservando filamenti a distanze diverse», spiega Tanimura. «Ma se si tiene conto di questo fattore, i nostri risultati sono sicuramente coerenti con i risultati dell’altro gruppo».

«Tutti sapevano che questa materia doveva essere lì, ma è la prima volta che qualcuno – e non uno, ma addirittura due gruppi di ricerca – l’ha definitivamente individuata», afferma Ralph Kraft presso il Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics di Massachusetts. La conferma dell’esistenza di questa materia, proprio perché predetta da decenni, porta anche a un’ulteriore convalida delle nostre ipotesi sull’universo, ed è questo il risultato più rilevante.
«Questo risultato è un enorme passo avanti nella dimostrazione che molte delle nostre idee su come si formano le galassie e come si è formata la struttura delle galassie nella storia del nostro Universo, sono praticamente corrette».

I due studi:

A Search for Warm/Hot Gas Filaments Between Pairs of SDSS Luminous Red Galaxies di Hideki Tanimura, Gary Hinshaw, Ian G. McCarthy, Ludovic Van Waerbeke, Yin-Zhe Ma, Alexander Mead, Alireza Hojjati, Tilman Tröster (arXiv: 1709.05024).

Missing baryons in the cosmic web revealed by the Sunyaev-Zel’dovich effect di Anna de Graaff, Yan-Chuan Cai, Catherine Heymans, John A. Peacock (arXiv: 1709.10378v1).


Alla Ricerca dei Pianeti Extrasolari. Da 52 Pegasi b a PLATO, alla ricerca amatoriale.

Coelum Astronomia 215 di ottobre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Dov’è nata la vita? Ce lo mostra Marte

0
This view of a portion of the Eridania region of Mars shows blocks of deep-basin deposits that have been surrounded and partially buried by younger volcanic deposits. The image was taken by the Context Camera on NASA's Mars Reconnaissance Orbiter and covers an area about 12 miles wide. Credits: NASA/JPL-Caltech/MSSS
Questa porzione del bacino Eridania su Marte, mostra blocchi di depositi simili a quelli trovati in bacini d'acqua stagnante profondi, circondati e in parte bruciati da depositi vulcanici più recenti. La loro forma e i minerali identificati in questi blocchi portano infatti a pensare che il bacino fosse il fondo di un grande lago, se non un mare, in cui si è sviluppata in seguito dell'attività idrotermale che avrebbe creato condizioni simili a quelle in cui è nata la vita sulla Terra. L'immagine è stata ripresa dalla Context Camera a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter e copre un'area di circa 20 chilometri di larghezza. Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS

Oggi Marte non ha né acqua stagnante né attività vulcanica. Tuttavia sulla sua superficie rimangono tracce della vita passata del pianeta. E i dati raccolti dallo spettrometro Crism del Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa hanno fornito le prove della presenza di minerali che sulla Terra si formano, appunto, in zone vulcaniche in cui sia presente acqua stagnante.

Il diagramma (cliccare per ingrandire) illustra un’interpretazione per l’origine di alcuni depositi nel bacino Eridania nella zona meridionale di Marte, derivante da attività idrotermale sul fondo marino più di 3 miliardi di anni fa. Crediti: Nasa

Secondo uno studio uscito l’estate scorsa su Nature Communications, guidato da Joseph Michalski dell’Università di Hong Kong, i depositi minerali del bacino Eridania comprendono un mix che include serpentino, talco e carbonati. Questi si sarebbero formati circa 3,7 miliardi di anni fa, quando l’acqua del bacino è stata riscaldata dal magma fuoriuscito dalla crosta del pianeta. La pianura dove sono stati raccolti i dati si trova in una delle zone di Marte di più antica formazione e si ipotizza fosse un immenso lago, con un volume d’acqua pari a circa tre volte quello del mar Caspio.

Qui sono indicate le profondità stimate per il fondo dell'antico mare che sarebbe stato il bacino Eridania, con profondità che andrebbero dai 100 ai 1000 metri. La mappa copre un'area di 850 chilometri di larghezza. Credits: NASA

Questi risultati, «anche se non provano che ci sia stata vita su Marte», spiega Paul Niles, uno degli autori dello studio, ci forniscono tuttavia un’immagine del «tipo di ambiente in cui la vita potrebbe essere iniziata sulla Terra». Infatti è molto probabile che le prime forme di vita sulla Terra si siano generate in condizioni idrotermali simili, per origine e per età, a quelle presenti all’epoca su Marte. Condizioni delle quali, a causa della relativa giovinezza del nostro pianeta, e della sua intensa attività vulcanica, rimangono però oggi poche evidenze geologiche dirette.

Inoltre, in ambienti che presentino condizioni analoghe, continua Niles, «la vita potrebbe essere trovata anche in altri mondi: la vita che non ha bisogno di un’atmosfera piacevole o di una superficie temperata, ma solo di rocce, calore e acqua». Mondi come Encelado, la luna ghiacciata di Saturno: nell’aprile di quest’anno la Nasa ha infatti annunciato che la sonda Cassini ha rilevato tracce di idrogeno molecolare nelle colonne di vapore che emergono dal satellite. Questo sarebbe un indizio che al di sotto della superficie possa esserci l’ambiente adatto per lo sviluppo della vita.

Per saperne di più:


Alla Ricerca dei Pianeti Extrasolari. Da 52 Pegasi b a PLATO, alla ricerca amatoriale.

Coelum Astronomia 215 di ottobre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Osservatorio Astronomico della Montagna Pistoiese

0

Comune di San Marcello Piteglio
UAI – Unione Astrofili Italiani, GAMP – Gruppo Astrofili
Montagna Pistoiese

Nei giorni 28 e 29 ottobre 2017 presso l’Osservatorio Astronomico della Montagna Pistoiese, struttura del Comune di San Marcello Piteglio, organizzato dal GAMP – Gruppo Astrofili Montagna Pistoiese – con il patrocinio della UAI – Unione Astrofili Italiani – si svolgerà un imperdibile e prestigioso evento: si terrà, infatti, uno specifico corso sugli Asteroidi tenuto da due importanti astronomi italiani.

Il corso è rivolto a coloro che sono appassionati dello studio dei corpi minori del Sistema Solare, i quali avranno un’occasione davvero unica per conoscere le metodologie utilizzate dai professionisti per studi scientifici da svolgere sugli asteroidi, anche attraverso l’utilizzo di software specialistici.

I relatori del corso, infatti, saranno gli astronomi Fabrizio Bernardi, Amministratore di SpaceDys e curatore del sito NeoDys, co-scopritore del famoso asteroide Apophis e della cometa 268P/Bernardi ed Albino Carbognani, coordinatore della ricerca scientifica presso l’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma della Valle d’Aosta (OAVdA),
e responsabile della ricerca sugli asteroidi, in particolare per quanto riguarda l’aspetto fotometrico. L’evento è reso ancor più esclusivo poiché sarà la prima volta che due professionisti metteranno a disposizione di astrofili ed appassionati, le loro competenze in un vero e proprio corso formativo.

Interverranno anche Paolo Bacci, Responsabile della Sezione di Ricerca Asteroidi dell’UAI – Unione Astrofili Italiani – e Luca Buzzi esperto astrofilo dell’Osservatorio Astronomico Schiaparelli di Varese.

Il corso, come già accennato, si svolgerà in due giornate nelle quali verranno illustrate le principali caratteristiche degli asteroidi: dalla loro formazione alla loro classificazione e caratterizzazione morfologica, con approfondimenti sulla dinamica celeste e l’eventuale pericolo di impatto con la Terra; dalle metodologie utilizzate per misurare la posizione sulla sfera celeste per determinarne l’orbita, allo studio fotometrico per individuare il periodo di rotazione, lo spin e la forma in 3D.

Di seguito è riportato il programma di massima:

PROGRAMMA

Sabato 28 Ottobre
14:00 ritrovo in osservatorio
14:30 saluti autorità
15:00 Introduzione agli asteroidi (Paolo Bacci)
15:30 Foto di gruppo
16:00 Astrometria (Fabrizio Bernardi)
17:00 pausa caffe
17:30 Astrometria (Fabrizio Bernardi )
cena
Domenica 29 Ottobre
09:00 Inizio lavori
09:30 Astrometria (Luca Buzzi )
10:00 Fotometria (Albino Carbognani)
11:00 pausa caffè
11:30 Fotometria (Albino Carbognani )
12:30 Saluti
Il corso è aperto ad un massimo di 50 persone.
Per maggiori informazioni scrivere a

b09.backman@gmail.com
gamp104@gmail.com

www.gamp-pt.net

JunoCam, appuntamento a tre

0
Credit : NASA / JPL-Caltech / SwRI / MSSS / Roman Tkachenko © CC BY

Nuove immagini dell’ottavo flyby su Giove per la sonda JUNO (Jupiter Near-polar Orbiter).

Domenica 1 settembre 2017 alle 18:14 EDT (00:15 ora italiana), la camera ad alta risoluzione JunoCam, posizionata a bordo della sonda ha immortalato il gigante gassoso e le sue due lune più grandi, Io ed Europa, quando si trovava a 27.516 chilometri di distanza dalle nubi vorticose di Giove.

Come previsto dal team Juno, e dal suo proficuo progetto di citizen science le immagini grezze del flyby sono state rielaborate dai cittadini-scienziati – appassionati volontari sparsi su tutto il globo. La partecipazione del pubblico nella ricerca scientifica ha già permesso di realizzare spettacolari ritratti ad alta definizione del gigante gassoso. Chiunque può contribuire al progetto stando comodamente seduto davanti al proprio computer di casa.

Qui sopra, la Luna Io ripresa durante l'ottavo perigiovio in una immagine (sulla sinistra) elaborata sempre da Tkachenko, e messa a confronto con una simulazione (sulla destra), per verificare luci e ombre delle varie formazioni. Crediti: NASA / JPL-Caltech / SwRI / MSSS / Roman Tkachenko © CC BY

Nel nuovo scatto d’autore –  rielaborato dal cittadino-scienziato Roman Tkachenko –  è possibile scorgere accanto al gigante gassoso la sua luna Io, osservata dalla sonda a un’altitudine di 481.000 chilometri con una risoluzione di 324 chilometri per pixel. Più a sinistra troviamo Europa visibile ad un’altitudine di 730.000 chilometri con una risoluzione di 495 chilometri per pixel.

A bordo della sonda otto strumenti, tra cui i due esperimenti italiani realizzati con il supporto e il coordinamento dell’ASI.

Si tratta della camera a infrarossi con spettrometro JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper), uno strumento chiave di JUNO, realizzata da Leonardo-Finmeccanica sotto la guida scientifica dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), e dell’esperimento di radioscienza KaT (Ka-band Translator/Transponder), realizzato da Thales Alenia Space, sotto la responsabilità scientifica della Sapienza Università di Roma.

Il primo studierà la dinamica e la chimica delle aurore gioviane nel vicino infrarosso, il secondo invece analizzerà la struttura interna del pianeta, con l’obiettivo di mappare il campo di gravità di Giove.

Lanciata il 5 agosto 2011 da Cape Canaveral e giunta nell’orbita di Giove il 4 luglio dello scorso anno (in Italia era il 5) – Juno ha il compito di studiare l’origine, l’evoluzione e la struttura interna del pianeta, la magnetosfera polare, l’origine del campo magnetico, l’abbondanza di acqua, la caratterizzazione dei venti nella bassa atmosfera e le quantità di ossigeno e azoto.

➜ Per saperne di più, leggi lo speciale Coelum Astronomia sulla missione JUNO


Alla Ricerca dei Pianeti Extrasolari. Da 52 Pegasi b a PLATO, alla ricerca amatoriale.

Coelum Astronomia 215 di ottobre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Tabby, un poliziesco in chiave stellare

0
Una delle ipotesi più accreditate per l’insolito oscuramento della cosiddetta stella di Tabby è la presenza di una nube irregolare di polvere. Crediti: Nasa/Ames Research Center/Daniel Rutter
Un mistero, tante ipotesi. Crediti: elaborazione Media Inaf su grafiche Nasa/Ames Research Center/Daniel Rutter

A circa 1500 anni luce dalla terra, una singolare stella – denominata ufficialmente KIC 8462852 ma più conosciuta come stella di Tabby – ha catturato l’attenzione degli scienziati e l’immaginazione del pubblico con la sua luminosità stranamente fluttuante.

Unico caso fra le oltre 200mila stelle misurate dal satellite Kepler della Nasa in quattro anni, la luminosità di Tabby è stata vista variare fino al 22 per cento in un giorno solo. Allo stesso tempo, uno studio delle lastre fotografiche pregresse ha rilevato una perdita di luminosità di circa il 20 per cento nel corso di un secolo, anche se una ricerca successiva ha poi confutato questo risultato, attribuendolo a effetti strumentali.

Scartate le ipotesi relative a qualche tipo di manufatto alieno, ma non potendo ancora presentare una risposta esaustiva su cosa genera tali repentini cali di luminosità, i ricercatori si concentrano sulle ipotesi più plausibili. Che non sono poche.

I risultati più recenti, basati su osservazioni delle sonde Spitzer e Swift, lasciano pensare che la presenza di una nube irregolare di polvere in orbita attorno alla stella possa spiegare i cali di luminosità, sia quelli di brevissimo periodo, che quelli riscontrati su intervalli più prolungati.

Una delle ipotesi più accreditate per l’insolito oscuramento della cosiddetta stella di Tabby è la presenza di una nube irregolare di polvere. Crediti: Nasa/Ames Research Center/Daniel Rutter

Altri studi hanno suggerito che lo stesso tipi di oscuramento verrebbe esibito da una stella attorno a cui orbitano un pianeta dotato di anelli e un campo di asteroidi, oppure se la stella avesse recentemente sbriciolato uno o più pianeti. Quest’ultima eventualità avrebbe infatti portato la stella a brillare con più intensità, aumentando temporaneamente la sua luminosità a un livello da cui sta ora progressivamente tornando alla “normalità”, spiegando così la tendenza di lungo termine. Gli sbalzi improvvisi di luminosità potrebbero invece essere causate dai resti del pianeta (o pianeti) che passano in orbite ad alta eccentricità di fronte alla stella.

L’ipotesi dello sciame di comete che passa periodicamente di fronte alla stella ha perso invece quota poiché non è stato osservato il bagliore infrarosso che dovrebbe necessariamente emanare dalla massa di polvere e detriti prodotti dalla disintegrazione delle comete.

Una delle spiegazioni più semplici, ma anche più facili da depennare, sarebbe quella di un corpo celeste che eclissa parzialmente la stella. In questo caso, vista l’entità dell’oscuramento, l’oggetto in questione dovrebbe avere una dimensione stellare, esercitando di conseguenza una tale attrazione gravitazionale sulla stella da rendere totalmente evidente la propria presenza nelle osservazioni del moto stellare. Cosa che finora non è avvenuta.

Un’altra ipotesi da mettere in bassa priorità è quella di una stella che si sta semplicemente esaurendo. Quella di Tabby è infatti un tipo di stella che sta fondendo idrogeno in elio nel proprio nucleo e si trova in un periodo della sua vita in cui dovrebbe aumentare la luminosità, piuttosto che diminuirla.

Da bravi detective, le ricercatrici e i ricercatori che lavorano al caso non hanno subito scartato l’ipotesi che si potesse trattare di un glitchun errore strumentale. Possibilità negata però da Doug Caldwell, del Seti Institute e scienziato progettista per la missione Kepler, per due motivi. In primo luogo, i risultati sono gli stessi su tutti i rilevatori del telescopio che hanno osservato la stella; in secondo luogo, gli enormi cali di luminosità erano già visibili in ogni singolo pixel attribuito a questa stella nelle immagini di Kepler, mentre solitamente occorre un’integrazione tra i vari pixel per misurare la luminosità totale di una stella.

Peraltro, a partire da maggio 2017, la stella di Tabby si è esibita di nuovo con quattro repentini cali di luminosità inspiegabili, questa volta di intensità inferiore e con una durata tra cinque giorni e due settimane. Gli scienziati ora stanno elaborando questi nuovi dati, sperando di trovare la chiave per risolvere il mistero che avvolge questa stella.


Alla Ricerca dei Pianeti Extrasolari. Da 52 Pegasi b a PLATO, alla ricerca amatoriale.

Coelum Astronomia 215 di ottobre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

La Luna tra le Pleiadi e il Toro

0
Luna Pleiadi Aldebaran
Luna Pleiadi Aldebaran
Nell'immagine la situazione per le due serate dopo le 22, quando anche Aldebaran sarà sorta e i vari astri di questa configurazione saranno fotografabili con elementi del paesaggio. La loro altezza poi aumenterà man mano e potremo continuare a osservarli attraversare il cielo in formazione fino al mattino successivo. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

L’8 e il 9 ottobre attorno alle 22:30 potremo assistere all’evoluzione di un incontro che vede protagonisti la Luna, molto splendente, quasi piena ma all’inizio della sua fase calante, a formare un triangolo quasi perfettamente rettangolo con l’ammasso aperto delle Pleiadi (M 45, mag. +1,6) e la stella alfa della costellazione del Toro, la rossa Aldebaran (mag. +0,85).

Se l’incontro dell’8 ottobre si risolverà in una congiunzione piuttosto ampia (la Luna disterà circa 10° dagli altri due soggetti), il giorno seguente, il 9 ottobre sempre alla stessa ora, la congiunzione si stringerà molto in un incontro esclusivo tra la Luna e Aldebaran. In quest’occasione i due astri saranno separati di poco più di 2 gradi.

Farà da sfondo alla congiunzione il cielo della costellazione del Toro, con le magnifiche Iadi che ne circondano la stella alfa.

Considerata l’ampiezza delle congiunzioni descritte, lo strumento ideale per osservarle sarà un buon binocolo, se non semplicemente a occhio nudo, mentre per scattare fotografie che comprendano anche il paesaggio sarà necessario anticipare un po’ l’orario, come indicato nell’immagine.

Bisognerà tuttavia considerare la differenza di luminosità dei soggetti per calibrare accuratamente le pose. Per la composizione dell’immagine si potranno comunque seguire i consigi di Giorgia Hofer nella rubrica del mese, che anche se dedicata a Marte e Venere, resta valida per qualsiasi configurazione di astri: ➜ ASTROFOTOGRAFIA: L’incontro tra Venere e Marte

Le effemeridi giornaliere di Luna, Sole e pianeti le trovi nel Cielo di Ottobre

Leggi anche

Scopri le costellazioni del cielo di settembre con la UAI

➜ Storia, leggende, stelle e oggetti deepsky della costellazione della LUCERTOLA (II parte)


Tutti consigli per l’osservazione del CIELO di OTTOBRE su Coelum Astronomia 215

Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

ASTROINIZIATIVE UAI Unione Astrofili Italiani – www.uai.it

0

Tutti i primi lunedì del mese:
UNA COSTELLAZIONE SOPRA DI NOI
In diretta web con il Telescopio Remoto UAI Skylive dalle ore 21:30 alle 22:30, ovviamente tutto completamente gratuito. Un viaggio deep-sky in diretta web con il Telescopio Remoto UAI – tele #2 ASTRA Telescopi Remoti. Osservazioni con approfondimenti dal vivo ogni mese su una costellazione del periodo. Basta un collegamento internet, anche lento. Con la voce del Vicepresidente UAI, Giorgio Bianciardi
telescopioremoto.uai.it

CONVEGNI E INIZIATIVE UAI
7-8 ottobre – 1° Meeting nazionale Sistema Solare. Il Meeting tematico UAI, per la prima volta “unificato”, sulle osservazioni planetarie, solari e lunari. Organizzato a Bologna dalle SdR Pianeti, Sole e Luna, con la collaborazione dell’Associazione Astrofili Bolognesi.
http://pianeti.uai.ithttp://sole.uai.ithttp://luna.uai.it

21 ottobre – Riaccendiamo le stelle, giornata nazionale dell’inquinamento luminoso. La Commissione Inquinamento Luminoso UAI propone alle associazioni di organizzare eventi, star party pubblici e conferenze per sensibilizzare ed informare l’opinione pubblica sul tema dell’inquinamento luminoso.
http://inquinamentoluminoso.uai.it/

28 ottobre – Moonwatch Party: La notte della Luna INAF-UAI. In occasione della International Observe The Moon Night (InOMN). Migliaia di postazioni osservative in decine di paesi di tutto il mondo allestite per osservare la Luna nella stessa serata. L’INAF e l’UAI aderiscono all’iniziativa mondiale InOMN promuovendo il Moonwatch Party.
http://divulgazione.uai.it, http://www.media.inaf.it
http://observethemoonnight.org

28 – 29 ottobre – 14° Meeting nazionale di Radioastronomia Amatoriale ICARA 2017. Il meeting nazionale sulle tematiche della radioastronomia amatoriale e delle strumentazioni relative, organizzato da SdR Radioastronomia UAI e IARA – Italian Amateur Radio Astronomy.
http://radioastronomia.uai.it

Stagni caldi e meteoriti, gli ingredienti della vita

0
Un caldo di acqua tiepida nel Lassen Volcanic National Park in California. Crediti: Ben K. D. Pearce, Università McMaster

Gli ingredienti per innescare la vita non sono molti ma tutti sono fondamentali. Tra i 3,7 e i 4,5 miliardi di anni fa, la vita sulla Terra sarebbe iniziata dopo i numerosi impatti di meteoritiche hanno rilasciato gli elementi essenziali in piccoli stagni di acqua calda. A dirlo sono gli scienziati della McMaster University e del Max Planck Institute. I loro calcoli suggeriscono che il ciclo stagionale dell’acqua in piccoli specchi d’acqua (precipitazione, evaporazione e drenaggio) abbia legato i “mattoni” alla base della vita molecolare, quei componenti fondamentali dei nucleotidi a loro volta trasportati dai meteoriti provenienti dalla spazio quando il pianeta era ancora molto giovane, dando infine origine ai polimeri di Rna,

La teoria che i primi organismi unicellulari (quindi i veri e propri primi abitanti della Terra) abbiano avuto origine in sorgenti calde d’acqua dolce non è nuova, e le prove a favore di questo modello sono sempre di più. Ricordiamo che già il “papà” della teoria evoluzionistica Charles Darwin parlava di ”piccolo stagno caldo” riferendosi al cosiddetto brodo primordiale in cui si sarebbero formati i primi organismi viventi. Ben K. D. Pearce e Ralph Pudritz sono totalmente d’accordo con lo “scienziato degli scienziati” e ci suggeriscono che la vita sia iniziata quando la Terra stava ancora prendendo forma durante l’eone che ha visto il pianeta bombardato dai bolidi spaziali. E sono stati proprio i meteoriti che hanno portato gli elementi costitutivi della vita.

Nello studio pubblicato oggi sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science gli scienziati spiegano come la combinazione di condizioni umide e secche nell’ambiente primordiale terrestre sia stato necessario per legare gli elementi portati dallo spazio creando le molecole polimeriche di Rna.

In questa rappresentazione grafica si vedono i diversi fenomeni che influenzano la formazione di sostanze chimiche nei piccoli stagni di acqua calda durante il ciclo idrico stagionale. Crediti: Università McMaster

Dai polimeri di Rna, molecole imperfette e rudimentali, l’evoluzione ha pensato al resto arrivando al Dna, il modello genetico delle forme superiori di vita che si sarebbe evoluto molto più tardi. Secondo quanto ipotizzato, la Terra primordiale sarebbe stata abitata solo esseri viventi basati sull’Rna, mentre la vita basata sul Dna sarebbe arrivata dopo in quanto molecola ben più complessa.

Le uniche condizioni possibili alla vita si sarebbero verificate entro i confini limitati di migliaia di laghetti di acqua calda, probabilmente termale (come molti altri studi suggeriscono) e non nelle profondità oceaniche come ritenuto da teorie ormai quasi superate.

Per saperne di più:


Alla Ricerca dei Pianeti Extrasolari. Da 52 Pegasi b a PLATO, alla ricerca amatoriale.

Coelum Astronomia 215 di ottobre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Naviga Tutti i Contenuti del Sito Senza Limiti

a soli 7,49 euro ogni due mesi

disdici quando vuoi

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

There was an error while trying to send your request. Please try again.

Autorizzo Coelum Astronomia a contattarmi via e-mail utilizzando le informazioni che ho fornito in questo modulo sia per fini informativi (notizie e aggiornamenti) che per comunicarmi iniziative di marketing.