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Eccole! Primo piano della Grande Macchia Rossa da parte di Juno

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“Great Red Spot from P7 Flyover”. Credit: NASA/SwRI/MSSS/Jason Major © public domain
La Grande Macchia Rossa di Giove, in un ritaglio di una elaborazione di Kevin M. Gill. Credit : NASA/JPL-Caltech/MSSS/SwRI/Kevin M. Gill © CC BY

Eccole… Finalmente le attesissime immagini della Grande Macchia Rossa di Giove. Le più ravvicinate di sempre, ci arrivano dall’ultimo flyby della sonda della Nasa Juno del 10 luglio scorso. Subito dopo il minimo avvicinamento, la JunoCam, e tutta la strumentazione a bordo della sonda, è stata puntata verso questo gigantesco anticiclone, che imperversa da secoli nell’atmosfera gioviana.

Il risveglio della Grande Macchia Rossa, una delle immagini raw inviate da Juno e rilasciate dalla NASA. Crediti: NASA / SwRI / MSSS

Al momento solo immagini raw, e in attesa anche dei dati scientifici, nel frattempo godiamoci le prime elaborazioni da parte della JunoCam community. Infatti, come per ognuno dei sette incontri ravvicinati, effettuati fin’ora dalla sonda al gigante gassoso, gli “scienziati cittadini” e gli astronomi dilettanti erano già pronti a elaborare le immagini raw rilasciate dall’agenzia.

Questo livello di coinvolgimento pubblico in una missione della NASA è qualcosa di totalmente nuovo. Prima di ogni perigiovio, la NASA chiede alla comunità di scegliere un obiettivo, su quale formazione o aspetto del pianeta vorrebbero fosse puntata la camera. Questi “punti di interesse” (POI), come vengono chiamati, vengono quindi  fotografati e messi a disposizione di chiunque voglia cimentarsi con l’elaborazione.

Come ha dichiarato Scott Bolton – principal investigator (PI) della missione Juno – in un comunicato stampa della NASA: «Per generazioni, persone di tutto il mondo e di ogni categoria sociale, sono rimaste meravigliate dalla Grande Macchia Rossa. Ora finalmente andremo a vedere personalmente a cosa somiglia».  Solo negli ultimi due giorni sono già arrivate diverse immagini elaborate.

“Great Red Spot from P7 Flyover”. Credit: NASA/SwRI/MSSS/Jason Major © public domain

Questa sulla destra, ad esempio, è stata elaborata da Jason Major – un grafico e astronomo amatore che ha creato il sito web astronomico Lights in the Dark.

È una versione tagliata dell’immagine originale, per mettere al centro la Grande Macchia Rossa. L’elaborazione ha poi cercato di esaltare i confini dell’occhio del ciclone e delle nubi che lo circondano.

Wide-frame shot of the Great Red Spot, processed to show contrast between the storm and Jupiter’s clouds. Credit: NASA/SwRI/MSSS/Jason Major © public domain

Qui sulla sinistra, un’altra immagine di Major, questa volta sull’immagine a grandezza orginale, la GMR si trova infatti in un contesto più ampio, ma l’elaborazione è stata simile alla precedente, con colori saturati e contrasti importanti per far emergere tutta la drammaticità dell’anticiclone gioviano.

Immagini meno intense, ma altrettanto belle sono quelle di Amadeo Bellotti e Oliver Jenkins.

Altre immagini, come quella qui sotto, ci mostrano invece il  “Juno Eye”, in un primo piano dell’emisfero settentrionale di Giove,  elaborato dall’ormai noto Kevin M. Gill.

Un’immagine un po’ diversa dalle altre, (che sono ovviamente concentrate più sulla Macchia Rossa) per catturare un primo piano dei vortici nell’atmosfera polare nord di Giove. Proprio come la GMR, si tratta di vortici che sono creati dai venti estremamente impetuosi del gigante gassoso.

“Juno Eye”. Credit : NASA/JPL-Caltech/MSSS/SwRI/©Kevin M. Gill
La Grande Macchia Rossa vista da sud. Credit : NASA/JPL-Caltech/MSSS/SwRI/Kevin M. Gill © CC BY

Non siginifica però che Gill non si sia dedicato anche alla protagonista di questo flyby, la Macchia Rossa. Suo è infatti questo straordinario ritratto della macchia vista da sud, così come l’immagine in apertura di questo articolo, che mostra un particolare dell’immagine originale che potete vedere qui.

Oltre alla straordinaria serie di immagini, Juno ha anche inviato un enorme volume di dati, raccolti dalla sua suite di strumenti scientifici. In particolare, in questo flyby, tutti attivi e concentrati sullo stesso obiettivo.

Fin’ora i dati raccolti ci hanno mostrato quanto turbolenta e violenta sia l’atmosfera di Giove,  rivelato una complessa struttura interna, ci hanno mostrato le intense aurore polari e nuovi dettagli sulla gravità e sul campo magnetico. Su Coelum Astronomia 213, ora online, abbiamo dedicato a tutte queste prime scoperte uno speciale, ricco ovviamente delle bellissime immagini in arrivo da Juno e elaborate dalla JunoCam community. Come sempre, potete leggerlo in digitale gratuitamente!

Leggi anche Un Giove tutto nuovo. Le più belle immagini e le prime scoperte di questa straodinaria missione.


Eclissi di Sole, tra Suggestioni, Scienza e Storia

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Congiunzione Venere e Aldebaran

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Nell'immagine come appare la congiunzione alle 4:00 del mattino del 14 luglio. Una ripresa più stretta potrebbe evidenziare le Iadi e le stelle delle corna della ricca costellazione del Toro. Una ripresa un po' più ampia potrebbe includere anche le più distanti Pleiadi. In ogni caso, all'ora indicata, sarà possibile riprendere il tutto con elementi del paesaggio a fare da cornice. Si potrà poi continuare l'osservazione di Venere e provare a cimentarsi, con la strumentazione appropriata, alla fotografia planetaria, con il pianeta in fase del 68%. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

Il 14 luglio mattina, dopo le 3, Venere (mag. –4,1; fase 68%) sorgerà a soli 3° da Aldebaran (alfa Tauri; mag. +0,9).

Per averli a una buona altezza e riprenderli nella cornice del paesaggio, converrà attendere le quattro del mattino, ma potranno poi essere seguiti e osservati fino al crepuscolo.

Il sorgere del Sole avrà ormai oscurato la bella Aldebaran, ma si potrà comunque tentare l’osservazione diurna di Venere.

Nel suo moto di avvicinamento all’occhio del Toro, Venere passerà vicino all’ammasso delle Iadi e si potrà tentare la ripresa fotografica dell’intero gruppo.

A tal proposito, tutti i giorni immediatamente precedenti e successivi alla data indicata potranno essere validi anche per riprendere, con più scatti, il moto del pianeta attraverso la costellazione del Toro.

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BepiColombo: la partenza è vicina

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La configurazione di lancio della missione BepiColombo. Crediti: Esa–C. Carreau

Le due sonde di BepiColombo si avvicinano a passi spediti verso la data del lancio, ottobre 2018.

La missione nippo-europea, che studierà il pianeta Mercurio, ha superato con successo gli ultimi test nella configurazione di lancio e la prossima volta che i due orbiter (il Mercury Magnetospheric Orbiter della Jaxa e il Mercury Planetary Orbiter dell’Esa) verranno nuovamente assemblati sarà per il giorno della partenza dalla base europea di Kourou (Guyana Francese), l’anno prossimo. Le due sonde verranno trasportate fino al pianeta più caldo del Sistema solare dal Mercury Transport Module, usando una combinazione di propulsione elettrica e spinta gravitazionale. Il viaggio non sarà breve: passeranno oltre 7 anni prima dell’arrivo nella regione più interna del nostro sistema planetario, a “pochi passi” dal Sole.

La configurazione di lancio della missione BepiColombo. Crediti: Esa–C. Carreau

«Questi ultimi test hanno sottoposto l’intero satellite (composto da 3 moduli più uno scudo solare) alle vibrazioni che subirà durante il lancio. È l’ultima volta che il satellite sarà nella sua configurazione finale prima del lancio in ottobre 2018», ha spiegato Gabriele Cremonese, astronomo all’Istituto nazionale di astrofisica di Padova. «Attorno alla metà di agosto ci saranno i test degli strumenti per verificare che non ci siano stati problemi in seguito alle vibrazioni. Nei mesi successivi verranno effettuati altri test e gli ultimi saranno all’inizio di aprile 2018 poco prima di spedire tutto in Guyana francese: sono necessari quasi 6 mesi per preparare il satellite al lancio». I moduli usciranno dall’atmosfera terrestre a bordo di un vettore Ariane 5.

La missione BepiColombo (il cui nome è un tributo al matematico, fisico, astronomo e ingegnere Giuseppe Colombo – detto Bepi), è frutto di una collaborazione tra l’Agenzia spaziale europea e l’Agenzia spaziale giapponese. Ma c’è anche tanta Italia in questa missione: l’Agenzia spaziale italiana ha realizzato, con il contributo della comunità scientifica, compresi i ricercatori Inaf, 4 esperimenti su 11.

Lo strumento Simbio-Sys durante i test a Orsay

Cremonese ha aggiunto: «Al momento tutto sta funzionando bene. In parallelo il gruppo di Simbio-Sys (Spectrometers and Imagers for Mpo BepiColombo Integrated Observatory System), come tutti i team scientifici, si sta preparando al lancio realizzando le sequenze che verranno utilizzate per il primo commissioning, che avverrà poche settimane dopo. Il lavoro è molto intenso in quanto si tratta di una suite di tre strumenti che dobbiamo testare e far funzionare all’unisono».

Le condizioni attorno al Sole saranno proibitive e i test preliminari sono di fondamentale importanza. Una volta attorno a Mercurio, le due sonde si separeranno dal modulo di trasporto e si sposteranno verso le rispettive orbite per effettuare misure complementari della superficie, del nucleo, dell’esosfera e della magnetosfera del primo pianeta del Sistema solare, ancora avvolto nel mistero.

Guarda il servizio video di MediaInaf Tv:


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New Horizons. Occhi puntati su 2014 MU69

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Il moto dell’oggetto trans-nettuniano 2014 MU69 sullo sfondo delle stelle fisse ottenuto con immagini riprese dal telescopio spaziale Hubble. | NASA/ESA/SWRI/JHU/APL, AND THE NEW HORIZONS KBO SEARCH TEAM
Il moto dell’oggetto trans-nettuniano 2014 MU69 sullo sfondo delle stelle fisse ottenuto con immagini riprese dal telescopio spaziale Hubble. | NASA/ESA/SWRI/JHU/APL, AND THE NEW HORIZONS KBO SEARCH TEAM

2014 MU69, non sarà raggiunto da New Horizons prima del 2019, ma sta già destando l’attenzione degli scienziati. In particolare, i membri del team della sonda sono in attesa dei dati relativi all’occultazione stellare dello scorso 3 giugno, registrata in Argentina: ovvero il rapido passaggio di 2014 MU69 davanti a una stella.

Quattro astronomi del team di osservazione Sudafricano della New Horizons, osservano il cielo in attesa dell'inizio dell'occultazione del 3 giugno, grazie alla quale si è scoperto che MU69 potrebbe non essere così scuro e grande quanto si credeva. Credits: NASA/JHUAPL/SwRI/Henry Throop

Molti astronomi torneranno nel paese sudamericano il prossimo 17 luglio, in occasione della terza e ultima occultazione stellare di quest’estate.

Per l’evento del 3 giugno scorso, più di 50 membri del team di New Horizons hanno installato telescopi in Sudafrica e in Argentina, seguendo il percorso dell’oggetto e cercando di ottenere una rapida occhiata della durata non superiore ai due secondo di 2014 MU69. Fondamentale per la comunità scientifica, il supporto del telescopio spaziale Hubble e della sonda Gaia, che hanno fornito una serie di informazioni sull’oggetto.

Grazie alla combinazione dei telescopi, gli studiosi hanno catturato più di centomila immagini della stella occultata che saranno utili per studiare l’ambiente che circonda l’oggetto che orbita nella Fascia di Kuiper. Una prima scoperta riguarda le dimensioni dell’oggetto che potrebbero essere inferiori a quelle inizialmente stimate (20-40 chilometri).

«I primi risultati ci dicono qualcosa di interessante – commenta Alan Stern, responsabile della missione – abbiamo osservato l’oggetto dai siti pianificati, senza riuscire a rilevarlo. Ciò potrebbe voler dire che esso è altamente riflettente e più piccolo del previsto, o si tratta di un gruppo di corpi più piccoli risalenti agli albori del Sistema Solare».

SOFIA, l'Osservatorio "volante" della NASA, si è trovato al posto giusto nel momento giusto, grazie ai dati ricavati dal Telescopio Spaziale Hubble e da GAIA, satellite dell'ESA, che hanno permesso di prevedere con grande dettaglio la geometria e i tempi dell'occultazione del 10 luglio. I dati verranno analizzati nelle prossime settimane.

Queste supposizioni dovranno essere confermate dalle osservazioni del 10 e del 17 luglio.

Il 10 luglio, l’Osservatorio SOFIA della NASA ha utilizzato il suo potente telescopio per sondare la porzione di spazio che circonda l’oggetto e per identificare gli eventuali detriti che potrebbero essere d’ostacolo alla sonda nei prossimi 18 mesi.

Durante l’ultima occultazione estiva, invece, sarà Hubble a puntare i suoi occhi sui detriti con l’aiuto dei telescopi da terra che cercheranno di determinare le dimensioni di MU69 in modo più preciso possibile.

Risorse in rete

Segui la New Horizons nel suo viaggio verso MU69

Plutone Instant Book 13 anni di notizie e approfondimenti seguiti per voi da Coelum Astronomia! La Redazione di Coelum ha voluto selezionare e raccogliere in questa pubblicazione i documenti, gli articoli e i contributi relativi a un’avventura davvero speciale. Dal 2002 quando la missione era solo un progetto al 15 luglio 2015, quando la NASA ha rilasciato le prime immagini acquisite dalla New Horizons durante il veloce FlyBy.



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Barbecue cosmico: una nuova tecnica per 60 nuovi candidati a gioviano caldo

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L’orbita di un “tipico” gioviano caldo in un’animazione. Questi giganti gassosi percorrono una traiettoria un’orbita pericolosamente vicina alla loro stella ospite ma potrebbero convivere con pianeti di dimensioni paragonabili alla Terra o a Nettuno. Crediti: Millholland / Yale University
Nell'animazione, le varie fasi di un “tipico” gioviano caldo in orbita attorno alla sua stella. La taglia e la separazione tra pianeta e stella sono in scala. La quantità di luce riflessa che arriva dal pianeta dipende ovviamente dalla posizione in cui si trova nell'orbita, ma anche dall'inclinazione del piano dell'orbita rispetto al nostro punto di vista. Essendo grande e vicino alla sua stella, questa seppur piccola variazione di luce può essere rintracciata nella luce che raccogliamo nella stella e potrà darci importanti informazioni non solo sulla presenza del pianeta, ma anche delle caratteristiche della sua atmosfera. Credit: Millholland/Yale University. Crediti: Millholland / Yale University

Hot jupiters, ovvero gioviani caldi, sono una classe di esopianeti di dimensioni simili o maggiori del nostro Giove, ma situati così vicini alla loro stella che impiegano meno di una settimana a compierne un’orbita, e la loro temperatura superficiale raggiunge necessariamente temperature altissime.

All’Università di Yale, Sarah Millholland (Ph.D.) e Greg Laughlin (professore di astronomia) sono riusciti a identificare 60 nuovi candidati di questa classe grazie a una nuova applicazione delle tecniche generalmente utilizzate nell’analisi di big data, grandissime quantità di dati. Hanno utilizzato un sofisticato algoritmo che può essere addestrato a riconoscere delle configurazioni nei dati, e poter quindi fare previsioni, per individuare minuscole variazioni di ampiezza nella luce osservata delle stelle, ma dovute alla luce riflessa di un grande pianeta in orbita attorno ad esse.

Nel grafico i 60 candidati pianeti con la propria stella e i grafici della luce raccolta, che mostrano, oltre ai cali di luce dovuti ai transiti, le minuscole variazioni dovute alla luce riflessa dal pianeta, in base alla fase. La colorazione della stella ne indica la temperatura e le dimensioni di stelle e pianeti sono in scala. Credit: Yale University

«Il lavoro di Sarah ci ha dato quello che rappresenta un “ritratto di classe”, un segno distintivo, di pianeti extrasolari in situazioni estreme», ha dichiarato Laughlin. «È incredibile come le ultime tecniche di apprendimento automatico, combinate con il calcolo ad alte prestazioni, ci permettano di estrarre classici set di dati che portano a straordinarie scoperte».

Millholland ha recentemente presentato la ricerca in una Kepler Science Conference presso l’Ames Research Center NASA in California. Lo studio, di cui lei e Laughlin sono autori, è in via di pubblicazione nell’Astronomical Journal.

Millholland e Laughlin hanno quindi sistematicamente cercato i segnali di luce riflessa nelle osservazioni di oltre 140.000 stelle, grazie ai dati di quattro anni di missione del telescopio spaziale Kepler.

Kepler sappiamo che ha permesso l’individuazione di migliaia di esopianeti grazie al calo di luce osservato in seguito al transito del pianeta davanti alla stella ospite. I segnali della luce riflessa, invece, sono estremamente deboli e possono essere confusi con quelli dovuti alla variabilità stellare, o strumentale. Un approccio “alla Big Data” ha però permesso ai due ricercatori di estrarre anche questi deboli segnali. La ricerca ha generato migliaia di serie sintetiche di dati e hanno “insegnato” all’algoritmo come distinguere le caratteristiche dei segnali di luce riflessa da quelli di altri tipi di variabilità.

La tecnica di Yale è pioniera di un nuovo metodo di ricerca in grado di identificare più pianeti dalle grandi quantità di dati disponibili di Kepler. «Mi è stato detto, dai membri del team scientifico di Kepler, che la ricerca di luce riflessa faceva parte delle prime versioni di compiti della missione Kepler», spiega Millholland. «Lo avevano chiamato modulo RLS (Reflected Light Search, ricerca di luce riflessa). Sotto questo punto di vista, quindi, non stiamo facendo altro che seguire uno degli scopi originali della missione».

Secondo i ricercatori, i segnali di luce riflessa possono contenere anche ricche informazioni sulle atmosfere dei pianeti: segnali dell’esistenza di nuvole, sulla composizione atmosferica, sui modelli delle correnti dei venti e sulle differenze di temperatura tra notte e giorno.

I 60 candidati pianeti richiederanno ora nuove osservazioni per essere confermati tali, attraverso misure di effetto Doppler. Si tratta di una tecnica ormai consolidata, che consente la rilevazione delle oscillazioni, nel movimento di una stella, dovute all’influenza gravitazionale di un pianeta orbitante. Dal momento che i gioviani caldi sono così massicci e vicini alle loro stelle, queste oscillazioni sono ampie e facilmente riconoscibili. Un nuovo strumento progettato proprio a Yale – denominato EXPRES e che sta venendo installato nel Discovery Channel Telescope in Arizona – potrebbe riuscire a dare queste conferme entro la fine dell’anno.

Risorse online

L’articolo originale Supervised Learning Detection of Sixty Non-Transiting Hot Jupiter Candidates.

Il diagramma 3D interattivo, da cui è tratta l’animazione in apertura, di un gioviano caldo in orbita attorno alla sua stella. Giocando con il diagramma si può notare come cambia la luce riflessa dal pianeta in base al punto dell’orbita in cui si trova, ma anche in base all’inclinazione del piano della sua orbita rispetto al nostro punto di vista.


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Star Party delle Dolomiti a Falzes (Bolzano)

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star party Dolomiti

star party Dolomiti

Lo Star Party delle Dolomiti, che si terrà a Falzes (Bolzano), nella Sala Comunale in Piazza del Municipio 1, nei giorni del 27-28-29-30-31 luglio, dalle 16 alle 24 (precedute da conferenze introduttive bilingue, italiano/tedesco), sarà un raduno astronomico che coinvolgerà appassionati provenienti da diverse località.

Sono previste conferenze divulgative pubbliche e osservazioni sia diurne, del Sole, sia notturne, a caccia di oggetti astronomici, quali pianeti, comete, stelle e oggetti del profondo cielo, con telescopi e binocoli di tutti i tipi e dimensioni.

Lo Star Party è organizzato in collaborazione con il Comune di Falzes e con l’Ufficio Turistico.

Conferenze, osservazioni al telescopio diurne e serale, proiezioni nel planetario, mostre e realtà virtuale (il 30 luglio) sono a cura del Mars Planet Project.

Per maggiori informazioni e il programma completo dell’evento, visitare il sito:
eanweb.com > star party delle dolomiti 2017

oppure contattare:
Rodolfo Calanca, rodolfo.calanca@gmail.com, cell.: 348-3687842,
Enrico Bonfante, enrico.bonfante@gmail.com, cell.: 347-9521771

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Il congresso cancella ARM, la NASA torna all’attacco con DART

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La sonda DART in procinto di schiantarsi su Didymos B in un'altra ricostruzione artistica. Credits: NASA/JHUAPL - Processing: M. di Lorenzo
La sonda DART in procinto di schiantarsi su Didymos B in una ricostruzione artistica. Credits: NASA/JHUAPL - Processing: M. di Lorenzo

Il mese scorso molti si rattristarono per la decisione della NASA che, a causa del mancato supporto finanziario da parte del Congresso americano, fu costretta a chiudere definitivamente il progetto Asteroid Redirect Mission (ARM) dopo anni di studi e di revisioni.

La sonda ARM nell'atto di arpionare il masso da riportare a Terra, in una ricostruzione artistica. - Credit: NASA

La missione ARM venne proposta nel 2013 e prevedeva, inizialmente, la cattura di un piccolo asteroide NEO (qualche metro di diametro); una volta deviato dalla sua traiettoria, sarebbe stato trasferito in orbita lunare e un equipaggio umano, partito da Terra con un razzo Orion, lo avrebbe studiato con calma. Successivamente, per ridurre i rischi, si ripiegò sull’idea di una missione “sample return” con l’atterraggio su un asteroide più grande e il prelievo dalla sua superficie di un masso di dimensioni contenute, da riportare a Terra. Uno dei potenziali obiettivi, tra l’altro, era proprio Bennu, il NEO verso il quale è diretta la missione Osiris-Rex.

La missione DART, al contrario, è più semplice e si propone di colpire un piccolo asteroide per studiarne gli effetti dinamici. La tecnica di impatto cinetico si basa sul lieve cambiamento di velocità di un asteroide pericoloso, tramite un impatto effettuato in largo anticipo per modificare l’orbita dell’asteroide quanto basta ad evitare la catastrofe. Anche in questo caso è previsto un motore a propulsione elettrica.

L’obiettivo di DART è un asteroide che avrà un approccio distante con la Terra nell’ottobre del 2022 e poi ancora nel 2024. L’asteroide è chiamato Didymos (gemelli in greco) perché è un sistema binario: Didymos A, circa 780 metri di diametro, e il piccolo Didymos B, di circa 160 metri, che è l’obiettivo di DART. Il sistema Didymos è stato studiato a partire dal 2003; l’oggetto primario è un asteroide di tipo S roccioso, mentre la composizione del suo piccolo compagno è sconosciuta.

«Un asteroide binario è il perfetto laboratorio naturale per questo test», ha detto Tom Statler, scienziato del programma per DART presso la NASA, «Il fatto che Didymos B sia in orbita intorno a Didymos A rende più facile vedere i risultati dell’impatto e ci assicura che l’esperimento non cambi l’orbita della coppia intorno al sole». Qui di seguito un video con una simulazione dell’impatto:

Dopo il lancio, DART si dirigerà autonomamente sul bersaglio e lo colpirà a una velocità circa nove volte maggiore di un proiettile (6 chilometri al secondo). Gli osservatori terrestri dovrebbero essere in grado di vedere l’impatto e la conseguente variazione nell’orbita di Didymos B, consentendo agli scienziati di determinare meglio le potenzialità dell’impatto cinetico come strategia di mitigazione del rischio di impatto da asteroidi.

Asteroidi pericolosi e rischio da impatto su Coelum Astronomia 212. Clicca sull'immagine per cominciare a leggere!
«DART è un passo fondamentale per dimostrare che possiamo proteggere il nostro pianeta da un impatto futuro», ha dichiarato Andy Cheng del Laboratorio Applied Physics di Johns Hopkins. «Poiché non conosciamo molto circa la struttura interna o la composizione degli asteroidi, dobbiamo eseguire questo esperimento su uno vero».

Riferimenti:

http://www.skyandtelescope.com/astronomy-news/nasa-closes-out-asteroid-redirect-mission

https://www.nasa.gov/feature/nasa-s-first-asteroid-deflection-mission-enters-next-design-phase


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Un’abbagliante spirale con un cuore attivo

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Il VLT (Very Large Telescope) dell'ESO ha catturato questa magnifica vista della galassia a spirale barrata Messier 77. L'immagine rende tutta la bellezza della galassia, mettendo in mostra i bracci ingioiellati attraversati da tracce di polvere - ma non riesce a mostrare la natura turbolenta di Messier 77. Crediti: ESO
Il VLT (Very Large Telescope) dell'ESO ha catturato questa magnifica vista della galassia a spirale barrata Messier 77. L'immagine rende tutta la bellezza della galassia, mettendo in mostra i bracci ingioiellati attraversati da tracce di polvere - ma non riesce a mostrare la natura turbolenta di Messier 77. Crediti: ESO

Questa pittoresca galassia sembra tranquilla, ma nasconde un vero segreto. Messier 77 (nota anche come NGC 1068) è una delle galassie attive più vicine a noi, uno degli oggetti più energetici e spettacolari dell’Universo. I nuclei delle galassie attive sono spesso tanto luminosi da sovrastare la luce dell’intera galassia che li ospita. Le galassie attive sono tra gli oggetti più luminosi dell’Universo ed emettono luce praticamente a tutte le lunghezze d’onda, dai raggi gamma e raggi X fino alle microonde e alle onde radio. Messier 77 in particolare è classificata come galassia di Seyfert di Tipo II, ed è caratterizzata dall’essere particolarmente brillante a lunghezze d’onda infrarosse.

La notevole luminosità è dovuta all’intensa radiazione prodotta dal motore centrale – il disco di accrescimento intorno al buco nero supermassiccio. La materia che cade verso il buco nero viene compressa e riscaldata fino a temperature incredibili, producendo così una radiazione molto energetica. Si pensa che il disco di accrescimento sia nascosto da una struttura a forma di ciambella formata da gas e polvere, il cosiddetto “toro”. Le osservazioni di Messier 77 nel 2003 con l’interferometro del VLT furono le prime a risolvere questa struttura (eso0319).

Questa immagine di Messier 77 è stata ottenuta usando dati presi in quattro bande di lunghezza d’onda, rappresentate dai colori blu, rosso, violetto e rosa (corrispondente alla banda della riga di emissione dell’idrogeno H-alfa). Ogni lunghezza d’onda evidenzia una diversa qualità: l’H-alfa rosata sottolinea la presenza di stelle giovani e calde che si stanno formando nei bracci a spirale, mentre il rosso descrive la strutture filamentose del gas che circonda Messier 77.  Filamenti rossi simili a questi si trovano anche in NGC 1275. Sono freddi, nonostante siano circondati da un gas molto caldo a circa 50 milioni di gradi, e sospesi in un campo magnetico che mantiene la loro struttura, mostrando come l’energia proveniente dal buco nero centrale venga trasferita nel gas circostante.

Una stella della Via Lattea, in primo piano, è visibile nei pressi del centro della galassia, identificabile dai raggi dovuti alla diffrazione. Inoltre si distinguono molte altre galassie distanti: visibili oltre ai confini dei bracci a spirale, appaiono minuscole e delicate, rispetto alla colossale galassia attiva.

I dintorni di M 77 (il batuffolino al centro dell'immagine) in questa magnifica immagine a largo campo ripresa dalla DSS (Digitized Sky Survey). Crediti: NASA/ESA, Digitized Sky Survey 2

A circa 47 milioni di anni luce da noi, nella costellazione della Balena, Messier 77 è una delle più lontane galassie contenute nel catalogo di Messier. Messier era convinto che l’oggetto brillante ed esteso che vedeva nel suo telescopio fosse un ammasso stellare, ma con il migliorare della tecnologia si riconobbe la vera natura della galassia. Di dimensione pari  a circa 100 000 anni luce, Messier 77 è anche una delle galassie più grandi del catalogo di Messier – così massiccia che la sua forza di gravità agisce sulle galassie vicine e le deforma (eso1707, questa immagine astronomica le mostra vicine, in un campo di vista di dimensione pari a quella della Luna, APOD).

L’immagine è stata ottenuta con lo strumento FORS2 (FOcal Reducer and low dispersion Spectrograph 2) montato sul telescopio UT1 (Antu) del VLT, all’Osservatorio dell’ESO al Paranal in Cile. Proviene dal programma Gemme Cosmiche dell’ESO, un’iniziativa di divulgazione che produce immagini di oggetti interessanti o anche semplicemente belli usando i telescopi dell’ESO a scopi di divugazione e istruzione.

Questa sequenza video porta lo spettatore nel cuore di una visione dettagliata della galassia attiva Messier 77, ottenuta con il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO dal Cile settentrionale.
Crediti: ESO/Digitized Sky Survey 2

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La musica del Sole

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In questa immagine la natura filamentosa del plasma solare, che connette regioni di differente polarità magnetica formando degli archi. Ripresa dal Telescopio Solare Hinode il 12 gennaio del 2007.

Nel corso dei secoli il Sole ha ispirato religioni, miti e leggende, e anche oggi il fascino esercitato dalla nostra stella madre non è diminuito.

E tutto questo anche grazie alla scienza: come nel caso degli studi condotti da un gruppo dell’Università di Birmingham, che da diversi anni analizza la “musica” che si propaga negli archi magnetici solari.

È così che gli scienziati hanno iniziato a paragonare la nostra stella a un complesso e affascinante strumento musicale, il cui suono si diffonde come quello prodotto dalle corde di una chitarra.

Il Sole agisce infatti come una cavità naturale in grado di catturare il suono generato dalle turbolenze che si verificano negli strati più esterni della zona convettiva.

Il Birmingham Solar-Oscillations Network (BiSON) a Las Campanas, Cile. Lo strumento, in montatura equatoriale, si trova all'interno di una piccola cupola. Credit: S.J. Hale/University of Birmingham/BiSON

Dal 1985, il team di Birmingham studia questo fenomeno grazie allo strumento BiSON (Birmingham Solar Oscillations Network, immagine a destra), analizzando l’andamento delle onde sonore della nostra stella.

Ora una nuova ricerca, presentata oggi al National Astronomy Meeting da Yvonne Elsworth della Scuola di fisica e astronomia di Birmingham, suggerisce che lo strato di Sole responsabile di questa “attività musicale” si sia assottigliato negli ultimi anni.

«Il Sole è molto simile a uno strumento musicale – spiega Elsworth – ma le sue note tipiche sono a una frequenza molto bassa, circa 100 mila volte più bassa del “do centrale”. Noi studiamo queste onde sonore utilizzando una tecnica chiamata eliosismologia, che ci permette di capire cosa sta succedendo all’interno del Sole».

I risultati, pubblicati su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, mostrano che la nostra stella sta attualmente attraversando un periodo di attività minima. Questo ha permesso ai ricercatori di utilizzare BiSON nel pieno delle sue potenzialità, per indagare le ragioni di tale anomalia.

In base ai dati raccolti, si è visto che l’interno del Sole è cambiato negli ultimi anni, e che questi cambiamenti persistono nel ciclo solare in corso attualmente.

«L’ultimo ciclo solare – spiega Elsworth – ha avuto un prolungato periodo di attività poco intensa. Sarà interessante capire se anche il picco minimo del ciclo in corso risulterà altrettanto esteso, o se tornerà invece alle condizioni passate».

Saranno quindi necessarie ulteriori osservazioni, ma già questi risultati mostrano che all’attuale periodo di quiete corrisponde un assottigliamento della distribuzione del campo magnetico solare. La musica del Sole sta dunque nascendo un po’ attenuata, come se provenisse da una chitarra con qualche corda in meno.


Eclissi di Sole, tra Suggestioni, Scienza e Storia

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Due notti con Luna e Saturno tra Ofiuco e lo Scorpione

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Nonostante la coppia formata da Luna e Saturno sia visibile fin dalla prima serata del 6 giugno, per fotografarla nella cornice del paesaggio converrà attendere l’ora indicata in cartina, quando la Luna quasi piena (fase 96%) e Saturno (m = +0,1) saranno attorno ai 10°. Questo sarà anche il momento di massimo avvicinamento, il pianeta disterà infatti soli 3° dal centro della Luna.
Nonostante la coppia formata da Luna e Saturno sia visibile fin dalla prima serata del 6 giugno, per fotografarla nella cornice del paesaggio converrà attendere l’ora indicata in cartina, quando la Luna quasi piena (fase 96%) e Saturno (m = +0,1) saranno attorno ai 10°. Questo sarà anche il momento di massimo avvicinamento, il pianeta disterà infatti soli 3° dal centro della Luna.

La notte tra il 5 e il 6 luglio, la Luna (fase 90%) e la stella Antares (alfa Scorpii; mag. +1,06) saranno le protagoniste di una congiunzione piuttosto larga: la separazione tra i due astri infatti sarà di quasi 9°. Nonostante questo, varrà comunque la pena di osservarla ad occhio nudo, e si potrà approfittare dell’occasione per effettuare riprese a grande campo inquadrando le costellazioni dello Scorpione e di Ofiuco, anche se la luminosità della Luna renderà più arduo il compito.

A circa 15° a est della coppia, un’ampia ripresa potrà essere impreziosita dalla presenza del pianeta Saturno (mag. +0,1).

La sera del 6 luglio invece, la Luna, allontanatasi da Antares, si avvicinerà a Saturno, appena il cielo si farà sufficientemente scuro: i due astri viaggeranno a circa 3° e mezzo di distanza tra loro per tutta la notte.

Potranno essere osservati già da dopo il tramonto del giorno 6, alti sull’orizzonte est-sudest e culmineranno al meridiano poco prima delle 23.

Per poterli riprendere, in inquadrature più strette e nella cornice del paesaggio, bisognerà fare le ore piccole… attendendo le ore 3:20 circa, quando la coppia sarà più bassa sull’orizzonte.

In queste due sere, non dimenticate però i consigli di Francesco Badalotti per l’osservazione, attraverso l’uso di uno strumento, delle formazioni lunari! Sono le sere adatte per imparare a riconoscere e conoscere l’Aristarchus Plateau.  ➜ La Luna di luglio e agosto. Alla scoperta di  Aristarchus Plateau

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Fotografare la Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia di novembre 2016.


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Juno pronta per il suo prossimo target: la Grande Macchia Rossa di Giove

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La Grande Macchia Rossa in un mosaico a colori reali costruito con le immagini della sonda Cassini, riprese il 29 dicembre del 2000, durante il più vicino approccio al pianeta gigante nel suo viaggio verso Saturno. Si trovava a una distanza di circa 10 milioni di chilometri. Credits: NASA/JPL/Space Science Institute

Proprio nel momento in cui stiamo pubblicando l’articolo, la missione Juno della  NASA festeggerà il suo primo anno in orbita attorno a Giove: il 4 luglio alle 16:30 sarà un anno esatto, e avrà percorso 114,5 milioni di chilometri attorno al pianeta.

Per festeggiare il suo primo anniversario, Juno volerà direttamente sopra quello che è probabilmente il marchio del gigante gassoso, l’iconica Grande Macchia Rossa, una enorme tempesta larga 16000 km. Sarà la prima volta che potremo vederla così da vicino, pur essendo forse la formazione più monitorata (è dal 1830 che la conocsciamo e la teniamo d’occhio, e probabilmente esiste da più di 350 anni) e più studiata dei pianeti dell’intero Sistema solare.

«La misteriosa Grande Macchia Rossa di Giove è probabilmente la formazione meglio conosciuta del pianeta» sottolinea Scott Bolton, principal investigator della missione. «Questa monumentale tempesta imperversa sul più grande pianeta del Sistema solare da secoli. Ora Juno, con i suoi strumenti scientifici in grado di penetrare il primo strato di nubi, ci permetterà di immergerci in essa per vedere quanto profonde sono le radici di questa tempesta, e ci aiuterà a capire come funziona e cosa la rende così speciale».

La raccolta di dati dalla Grande Macchia Rossa fa parte del sesto flyby scientifico di Juno sopra la turbolenta atmosfera del pianeta. Il perigiovio, il punto in cui l’orbita più si avvicina al centro del pianeta, sarà lunedì 10 luglio alle 15:55 ora italiana, in quel momento Juno si troverà circa 3.500 km sopra lo strato più esterno di nubi. 11 minuti e 33 secondi dopo, Juno avrà attraversato altri 39.771 km e si troverà esattamente sopra alle nuvole cremisi della Grande Macchia Rossa, a una distanza di circa 9000 km. Tutti gli otto strumenti, oltre all’imancabile sistema di imagin della JunoCam, saranno accesi durante il flyby.

“Il successo della raccolta di così tanti dati scientifici testimonia la dedizione, la creatività e l’abilità tecnica del team della missione Juno,” afferma Rick Nybakken, project manager per Juno dal Jet Propulsion Laboratory della NASA (Pasadena, California). «Ogni nuova orbita ci porta più vicini al cuore della cintura di radiazioni di Giove,  ma a questo punto la sonda ha superato la tempesta di elettroni che circonda Giove meglio di quanto avremmo mai potuto immaginare».

Juno è partita il 5 agosto del 2011, e durante la sua missione ha sorvolato a bassa quota la cima delle nuvole del pianeta, fino a quasi 3400 km di distanza. Durante i suoi flyby, cerca di penetrare l’opaca cortina di nubi con i suoi strumenti, e di studiare le aurore del pianeta per scoprire quanto più possibile sull’origine e la struttura della sua atmosfera e della sua magnetosfera.

Nei primi risultati ottenuti dall’analisi dei dati raccolti, Giove si è mostrato come un mondo turbolento, dall’intrigante e complessa struttura interna, dalle aurore polari altamente energetiche e con enormi cicloni polari. Per saperne di più, su Coelum Astronomia 213 (ora online in formato digitale e gratuito) “Un Giove tutto nuovo”, un’articolo di approfondimento che ripercorre, anche attraverso le magnifiche immagini elaborate dalla community della JunoCam, queste prime scoperte.

Risorse in rete

Le pagine dedicate alla missione nel sito NASA

Il sito della missione

Le pagine Facebook e Twitter per seguire Juno:
https://www.facebook.com/NASAJuno
https://www.twitter.com/NASAJuno


Eclissi di Sole, tra Suggestioni, Scienza e Storia

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La Luna di Luglio 2017 e una guida all’osservazione dell’Aristarchus Plateau

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Le fasi della Luna in luglio, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY
Le fasi della Luna in luglio, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

Considerato che la dinamica dei moti di Terra e Luna fa sì che il nostro caro satellite si renda disponibile in comodo orario serale limitatamente ai primi 9/10 giorni del mese, anche se la stagione estiva potrà spingere chi dispone di tempo e voglia a protrarre le proprie osservazioni nelle ore notturne, la prima e anche principale proposta per il bimestre luglio-agosto viene suddivisa nelle serate del 5 e 6 luglio quando – col nostro satellite in fase rispettivamente di 11,7 e 12,7 giorni ad altezze iniziali di 27° e 23° e Colongitudine fra 52° e 64° – dopo le ore 22 orienteremo il telescopio in direzione del settore nordoccidentale della Luna, avendo come obiettivo la grande struttura di origine vulcanica denominata Aristarchus Plateau che, proprio in quelle due serate, verrà a trovarsi in prossimità del terminatore. Segnaliamo che, per chi dovesse perdere l’occasione, che Aristarchus Plateau concederà volentieri un bis nella serata del 4 agosto dopo le ore 21:00 (e in generale tutte le volte che le stesse condizioni di illuminazione della Luna si ripresenteranno, come per tutti i nostri suggerimenti.

➜ Leggi Guida all’osservazione di Aristarchus Plateau

Come seconda proposta abbiamo scelto la sera del 10 luglio quando il punto di massima librazione coincidente col bordo lunare ovest ci consentirà di osservare le maggiori strutture situate nel settore est del mare Orientale.
Situato in gran parte nell’altro emisfero, è costituito da un enorme bacino da impatto di 900 km di diametro, circondato da due anelli montuosi concentrici (i monti Rook, anello  nterno, e i monti Cordillera, anello esterno) individuabili in favorevoli condizioni di librazione in prossimità del bordo lunare. È però doveroso precisare che le condizioni operative saranno alquanto proibitive, infatti la sera del 10 luglio la Luna sorgerà alle ore 21:53 ma dovremo attendere fin verso le ore 23 circa quando il nostro satellite si troverà a un’altezza iniziale di almeno +9° mentre a mezzanotte avrà superato +16° sopra l’orizzonte.

Per la terza proposta dovremo attendere fino all’ultima sera di luglio quando dopo le ore 21:30 (fase di 8,4 giorni; Colongitudine 9,8°) si troverà a +27,5° nel cielo sudoccidentale nella costellazione della Bilancia, decrescendo la propria altezza fino al suo tramonto, previsto per le primissime ore della notte successiva. Nel caso specifico andremo a osservare la Rupes Recta, nota anche come Straight Wall o Muro Dritto, una eccezionale struttura costituita da una faglia quasi rettilinea lunga 114 km con un dislivello di circa 300 metri, situata nell’angolo sudest del mare Nubium.

Approfondisci con la Luna di Luglio e Agosto
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Le effemeridi giornaliere di Luna, Sole e pianeti le trovi nel Cielo di Luglio e Agosto

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Fotografare la Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia di novembre 2016.

Fotografare la Luce Cinerea della Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia di gennaio 2017.


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AstronomiAmo

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LocandinaCoelum AstronomiAmo

LocandinaCoelum AstronomiAmo

6 luglio: Spettroscopia e formazione planetaria – Lorenzo Spina
8 luglio: Sotto il cielo di Arpino
28 luglio: AstronomiAmo On The Beach

Il Cielo di Luglio e Agosto 2017

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Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42°N - Long. 12°E La cartina mostra l’aspetto del cielo alle ore (TMEC): 15 luglio > 01:00 1 agosto > 00:00 15 agosto > 23:00 30 agosto > 22:00
Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42°N - Long. 12°E La cartina mostra l’aspetto del cielo alle ore (TMEC): 15 luglio > 01:00 1 agosto > 00:00 15 agosto > 23:00 30 agosto > 22:00

EFFEMERIDI
(mar. – ott. 2017)

Luna

Sole e Pianeti

Nelle sere di metà luglio il Leone e la Vergine si presenteranno ormai prossime all’orizzonte, come pure l’Ofiuco e lo Scorpione, che si contenderanno la presenza di Saturno e la Bilancia. Quasi allo zenit si staglieranno invece le sagome inconfondibili dell’Ercole, della Lira e del Cigno, mentre nei pressi dell’orizzonte il meridiano sarà dominato dal Sagittario e più in alto dall’Aquila. Verso est, intanto, saranno al sorgere Pegaso e Andromeda. Il mese dopo, a metà agosto, Andromeda e il quadrato di Pegaso saranno già molto alti verso sudest, mentre a ovest, sempre più basso, si preparerà a salutarci il Boote con la brillante Arturo. A fine agosto, già prima della  mezzanotte si potrà assistere al sorgere delle Pleiadi.

Scopri le costellazioni del cielo di luglio e agosto con la UAI

IL SOLE

Dopo aver raggiunto il 21 giugno scorso il suo punto più alto nel cielo, la nostra principale fonte di luce tornerà a ridurre sempre più la sua declinazione. Negli ultimi giorni di agosto, ad esempio, nel passare al meridiano raggiungerà (alla latitudine di 42° N) un’altezza dall’orizzonte di poco superiore ai +50°, contro i +70° di metà luglio. Ciò si tradurrà in un sostanzioso aumento delle ore utili all’osservazione degli oggetti del cielo profondo, così che se a inizio luglio la notte astronomica avrà una durata di sole 4,5 ore, a fine agosto si arriverà alle 7,5 ore.

Il Sole questo mese sarà protagonista di quella che sarà probabilmente l’Eclissi Totale più osservata di sempre. Il 21 agosto infatti la fascia di totalità di un’eclisse di Sole attraverserà gli Stati Uniti per tutta la loro larghezza. Non solo effettivamente un territorio vasto e facilmente raggiungibile, anche per turisti da tutto il mondo, ma con un eco mediatica probabilmente senza pari. Coelum Astronomia questo mese ha quindi dedicato alle Eclissi di Sole un lungo speciale fatto di diari di viaggio, suggestioni, immagini, approfondimenti storici e scientifici!

Leggi lo speciale: Eclissi di Sole tra suggestioni, Storia e Scienza.

Altri eventi di nota questo mese un’Eclissi di Luna Parziale, il 7 agosto. All’evento è anche dedicata la rubrica astrofotografica di Giorgia Hofer.

➜ ASTROFOTOGRAFIA: Riprendiamo l’eclissi parziale di Luna

Rubrica che questo mese raddoppia, con una seconda parte dedicata all’evento storico dell’estate: le Perseidi

Perseidi 2017. Quando, dove osservarle e come fotografarle

E ancora, su Coelum Astronomia di giugno 2017…

Cielo di Luglio e Agosto:  pianeti, congiunzioni e i principali eventi del cielo da non perdere!

La Luna di luglio e agosto. Alla scoperta di  Aristarchus Plateau

Il Club dei 100 asteroidi: osserviamo il grande (3) Juno

Tutti i principali passaggi della ISS visibili dall’Italia

Storia, leggende, stelle e oggetti deepsky della costellazione della Lira (terza parte)

Supernovae, due scoperte particolari

Comete di Luglio e Agosto: un’estate tranquilla…

e il Calendario degli eventi giorno per giorno


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L’erba dei vicini potrebbe essere più rossa

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Un'impressione artistica di come potrebbe apparire un esopianeta abitabile ricoperto di vegetazione... rossa! Un nuovo studio esplora infatti quali tracce spettrali (signature) dovremmo cercare, o potremmo trovare, e che potrebbero indicare la presenza di vita nei pianeti extra solari, ma anche le tracce lasciate nell'atmosfera dalla presenza di forme di civiltà avanzata...

La ricerca di pianeti extrasolari sta vivendo un periodo di vera e propria esplosione. Sono ormai oltre 3.600 i pianeti scoperti in sistemi al di fuori del nostro, e l’attenzione della comunità scientifica è puntata sull’identificazione di quei pianeti in grado di ospitare la vita. Un articolo – scritto da Manasvi Lingam e Abraham Loeb dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (Cambridge, USA), in via di pubblicazione su Montly Notices of the Royal Astronomical Society – esamina alcune delle caratteristiche spettrali che potrebbero indicare la presenza di vegetazione extraterrestre o forme di civiltà avanzate. Nello studio, i ricercatori si sono concentrati su pianeti di tipo terrestre in moto sincrono attorno a una stella di piccola taglia, un caso che si ritiene essere piuttosto frequente.

Nel grafico la riflettanza delle celle solari aliene basate su silicio (in nero) e quella della vegetazione (in rosso). Vedi il testo a lato e di seguito per la spiegazione. Crediti: Lingam & Loeb 2017

Il primo aspetto affrontato nell’articolo è quello delle segnature spettrali artificiali, ovvero le variazioni atmosferiche dovute alla presenza di una civiltà tecnologicamente avanzata sulla superficie del pianeta. L’ipotesi è che, per sfruttare al massimo l’energia proveniente dalla stella madre, gli abitanti del pianeta abbiano costruito grandi distese di celle solari. Questo accorgimento è di particolare importanza per pianeti in rotazione sincrona attorno alla propria stella, come nel caso di Proxima b, dove su una parte del pianeta è sempre giorno e sull’altra è sempre notte. Le celle solari a base di silicio causano l’emissione di fotoni alle lunghezze d’onda degli ultravioletti lontani (con un picco attorno ai 200 nanometri, linea nera nell’immagine), e questo segnale potrebbe essere rintracciato nelle misure spettrali.

In seconda battuta, i ricercatori hanno considerato quale tipo di emissione potrebbe essere associata alla presenza di vegetazione su un pianeta. Sappiamo che sulla Terra le piante effettuano la fotosintesi sfruttando l’energia del Sole. La clorofilla, il pigmento coinvolto nella fotosintesi, appare verde perché assorbe molto bene la luce visibile negli intervalli di frequenze del blu e del rosso, mentre è poco efficiente nella regione dello spettro che corrisponde al verde. Osservando i picchi di riflessione delle foglie terrestri, si nota un’importante salita verso i 700 nanometri (linea rossa nell’immagine), ovvero dove la luce rossa si avvicina all’infrarosso. Questo picco può essere quindi utilizzato per individuare la distribuzione di vegetazione simile a quella terrestre.

Nel caso di un pianeta in moto sincrono attorno alla propria stella, gli scienziati hanno immaginato un panorama in cui le celle solari e la vegetazione occupano prevalentemente l’emisfero rivolto verso la stella. Dunque, dal nostro punto di osservazione, le caratteristiche spettrali varierebbero nel corso dell’orbita. Secondo i calcoli degli autori, il tipo di segnale cercato rientra nelle capacità di osservazione dei telescopi di prossima generazione, come WFIRSTLUVOIR, che lavoreranno rispettivamente nella banda infrarossa e ultravioletta.

Ovviamente si tratta di speculazioni, e questo non significa che siamo vicini alla scoperta di vita extraterrestre, né che la scopriremo proprio in questo modo. Tuttavia queste simulazioni possono aiutarci a indirizzare al meglio le nostre ricerche, e a non trovarci impreparati qualora un segnale interessante dovesse raggiungere i nostri strumenti.

Leggi anche

Lo studio in via di pubblicazione disponibile su arXiv: Natural and Artificial Spectral Edges in Exoplanets di Manasvi Lingam, Abraham Loeb


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Quei buchi neri che mancano all’appello

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Non li vediamo, ma sappiamo che ci sono. Non abbiamo strumenti per “pesarli”, ma riusciamo a stimare la loro massa grazie agli effetti che esercitano sulla materia che li circonda. Di buchi neri ormai ne conosciamo a iosa. Ce ne sono di quelli che gli astronomi chiamano di “taglia stellare”, perché nel loro cuore stipano, compressa all’inverosimile, una massa equivalente a quella di qualche Sole, al massimo alcune decine. E ce ne sono di decisamente più massicci, anzi supermassicci: per farne uno così, di stelle come la nostra ce ne vorrebbero milioni o addirittura miliardi. Buchi neri di questa taglia XXL sono soliti bazzicare i nuclei centrali delle galassie, Via Lattea compresa.

Tra i primi e i secondi, in termine di massa, c’è un salto enorme: quelli stellari sono almeno centomila volte meno “corposi” di quelli supermassicci. Possibile che in questo sterminato intervallo non ci siano buchi neri di massa intermedia? La domanda è tanto più importante in relazione al come i buchi neri oversize abbiano raggiunto le loro ragguardevoli misure: si pensa che la loro massa sia cresciuta nel tempo, fagocitando progressivamente materia catturata dalle regioni circostanti grazie alla loro eccezionale forza di attrazione gravitazionale. Se così stanno le cose, nell’universo allora dovrebbero esserci moltissimi buchi neri in queste fasi di crescita, e potremmo trovarne potenzialmente di tutte le taglie, tra alcune centinaia e centinaia di migliaia di masse solari. Uno scenario che, tornando al punto di partenza, non sembra però accordarsi con quelli che sono i dati raccolti da indagini specifiche portate avanti negli ultimi decenni.

Un nuovo studio al riguardo, pubblicato su Nature Astronomy, prova a dare una possibile interpretazione per risolvere questa controversia. Tal Alexander dell’Istituto Weizmann in Israele e Ben Bar-Or dell’Istituto per gli Studi Avanzati a Princeton, Stati Uniti, mostrano nella loro indagine che i buchi neri di piccola massa che poi divengono supermassicci, tendono ad “ingrassare” molto velocemente, inglobando tutto quello che li circonda – gas, stelle e perfino altri buchi neri –  fino a “placare” il loro vorace appetito una volta raggiunto il tetto del milione di masse solari, limite che li fa accedere di diritto nella categoria dei supermassicci.  Alexander e Ben-Or hanno inoltre mostrato che questo risultato ha una valenza generale: è infatti applicabile a tutti i buchi neri che accresceranno la loro massa, indipendentemente da quella iniziale o dall’era cosmologica in cui avviene il pasto cosmico. «I calcoli che abbiamo condotto sulla base della teoria di come le stelle si muovono attorno ai buchi neri e qualche ulteriore assunzione iniziale mostrano che i buchi neri più leggeri non possono evitare il destino di “ingrassare”» dice Alexander. E questi buchi neri avrebbero continuato ad assorbire gas, stelle e altri buchi neri leggeri, diventando quei mostri cosmici che vediamo oggi. Quindi, nella nostra epoca, tutti i buchi neri primordiali dovrebbero essere supermassicci».

Mario Spera, ricercatore dell’Inaf a Padova, che si occupa dello studio e della ricerca di buchi neri di massa intermedia e che abbiamo contattato per un commento su questo studio, sottolinea che «non abbiamo ancora evidenze osservative dell’esistenza di buchi neri di massa intermedia e sappiamo ancora meno riguardo alla loro formazione ed evoluzione. Un altro possibile scenario che prevede la loro formazione è pensare che una stella di massa molto grande (qualche centinaio di soli) sia talmente pesante da vivere solo qualche milione di anni per poi collassare, senza alcuna esplosione, in un buco nero di massa intermedia. Di sicuro, l’unico modo che abbiamo di comprendere la formazione ed evoluzione dei buchi neri è di studiarli in tutti i loro “sapori”. Abbiamo già evidenza di buchi neri di massa fino a decine di miliardi di masse solari. Inoltre, le recenti rilevazioni di onde gravitazionali ci hanno fornito, per la prima volta, la prova dell’esistrenza di buchi neri di “taglia stellare”, con massa fino a circa 60 volte quella del Sole. Fare luce sul mistero dei buchi neri di massa intermedia ci permetterà finalmente di riunire i buchi neri di varie taglie in un’unica grande famiglia».

Per saperne di più:

l’articolo pubblicato sulla rivista Nature Astronomy A universal minimal mass scale for present-day central black holes di Tal Alexander e Ben Bar-Or


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Astroinizative UAI

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CAMPAGNE NAZIONALI UAI

1 luglio Occhi su Saturno A poche settimane dalla fine della missione Cassini, una serata con tanti eventi in tutta Italia dedicati al pianeta Saturno, il signore degli anelli. L’evento è promosso dall’Associazione Stellaria in collaborazione con l’UAI.
www.occhisusaturno.it
http://divulgazione.uai.it

Un cielo affollato per Luna e Giove a passeggio nella Vergine

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Il 30 giugno, chiude il mese il quartetto che l’ha iniziato… configurazione diversa ma stessi attori. La Luna quasi al Primo Quarto infatti passerà a 6,7° ovest di Giove (mag. –2,1) e a 3,1° a sudovest di Porrima (gamma Virginis; mag. +2,8). Spica sempre presente a poco più di 10° a est del terzetto.

Ma la congiunzione evolve, e la sera del 1 luglio la Luna, nel suo moto retrogrado, si avvicina a quasi 7° da Spica, superando Giove, che si troverà sempre a poco più di 6°, e lasciando indietro  la più flebile Porrima, formando con i due astri più brillanti un triangolo isoscele.

Il quartetto apparirà entrambe le sere dopo il tramonto, alto  sull’orizzonte sudovest. La luminosità della Luna (fase circa 50%) non invaderà troppo la scena permettendo delle belle riprese di paesaggio, per le quali converrà attendere l’ora indicata in cartina. Dopo meno di un paio d’ore, attorno all’1:00, la Luna tramonterà dietro l’orizzonte ovest.

Con un piccolo strumento potrete tentare anche l’osservazione della C/2015 V2 Johnson, la “cometa del momento”. Passata  da poco al perielio, si troverà nei pressi di kappa Virginis (SAO 158427), poco meno di 12° a nordest del quartetto, e dovrebbe brillare di una magnitudine attorno alla settima.

Leggi le comete del mese: La Johnson passa al perielio!

➜ ASTROFOTOGRAFIA: Fotografiamo le comete a grande campo

E se non avete un piccolo strumento, non disperate! Ricordiamo che il 30 giugno è il giorno dell’Asteroid Day, mentre il 1 luglio è la notte dedicata a Occhi su Saturno, schiere di amatori saranno infatti impegnati con il loro strumenti nell’osservazione di Saturno, chiedere una digressione per osservare tutti gli astri che, la seppure breve, notte astronomica di questi giorni ci offre non sarà un problema! 😉

Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovate nel Cielo di Luglio e Agosto

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Occhi su Saturno per tutta l’estate! Per celebrare l’ultimo periodo di attività della missione Cassini, Occhi Su Saturno estenderà le proprie iniziative dal 21 giugno al 15 settembre. I gruppi astrofili che ancora non hanno aderito sono invitati a segnalare il loro evento, mentre chi vuole partecipare alle iniziative può trovare l’evento più vicino e… cominciare a organizzarsi!

30 giugno Asteroid Day 2017. Gli streaming! Il 30 giugno 2017 segui con noi IN STREAMING su coelum.com l’evento organizzato dal GAMP in occasione della manifestazione internazionale ASTEROID DAY per parlare di asteroidi potenzialmente pericolosi. Sempre in streaming saranno disponibili, oltre a numerosi eventi in tutto il mondo, anche l’evento del Virtual Telescope (Asteroid Day Italia) e l’evento congiunto ESA, NASA e JAXA su asteroidday.org

Storia, leggende, stelle e oggetti deepsky della costellazione della Lira: Vega superstar! (seconda parte)



Eclissi di Sole, tra suggestioni Storia e Scienza! Tutti consigli per l’osservazione del cielo di luglio e agosto su Coelum Astronomia 213

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Corso di Astronomia al GAL Hassin

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logo-footer

logo-footerIl Corso di Astronomia rientra nell’ambito delle attività estive 2017 del GAL Hassin intitolate: “Un’Estate… spaziale!”.

Si svolgerà in cinque giorni, da lunedì 31 luglio a venerdì 4 agosto, al Centro GAL Hassin di Isnello, via della Fontana Mitri.
Sabrina Masiero, Salvatore Massaro e Claudio Zellermayer, tecnologi e astronomi del GAL Hassin, si alterneranno alle lezioni del corso con l’astrofisico Corrado Lamberti, uno dei più apprezzati divulgatori in ambito nazionale, che svilupperà le sue lezioni sulla Legge di Gravitazione Universale (LGU). L’avvio del Corso sarà preceduto da una conferenza pubblica:
30:07, ore 18:00: “La scoperta delle onde gravitazionali” di Corrado Lamberti.
Sono previste attività facoltative e obbligatorie e, al termine del corso, verrà rilasciato l’attestato di partecipazione. Un’occasione da non perdere!

Programma del corso e modulo di iscrizione: http://galhassin.it/corso-di-astronomia-al-gal-hassin/
Contatti: tel. 0921 662890 – 329 8452944
(telefonare da martedì a venerdì ore 10,00 – 12,00). Email: info@galhassin.it

www.galhassin.it

AstronomiAmo

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LocandinaCoelum

29 giugno: Asteroid Day

Tutti i dettagli su www.astronomiamo.it

30 giugno Asteroid Day 2017. Gli streaming!

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La scia del meteorite di Chelyabinsk che ha attraversao i cieli della Russia nel 2013.

Il 30 giugno si svolgerà anche quest’anno la giornata internazionale dedicata alla sensibilizzazione sul rischio di impatto asteroidale ASTEROID DAY, in cui astronomi e scienziati di tutto il mondo si ritroveranno per parlare  appunto di asteroidi potenzialmente pericolosi. Ne parliamo questo mese su Coelum Astronomia n. 212, e trovate la conferenza stampa di annuncio a questo link.

Tanti gli eventi programmati in tutto il mondo, che potrete trovare nelle pagine internazionali dell’organizzazione Asteroid Day.org

Tra i principali segnaliamo:

Il Virtual Telescope, coordinatore di Asteroid Day per l’Italia, offrirà una sessione osservativa in streaming con commento dal vivo a cura dell’astrofisico Gianluca Masi, responsabile scientifico del Virtual Telescope. Alla diretta parteciperanno numerosi ospiti, che verranno resi noti a breve. L’evento si svolge in collaborazione con il canale “Scienza & Tecnica” di Ansa.

L’ESA si unirà ad altri astronomi, astrofici e esperti di asteroidi di NASA e JAXA, in un evento di 24 ore con inizio alle 03:00 del 30 giugno, lo streaming verrà trasmesso dal sito dell’ Asteroid Day dove trovate anche le schede dei ricercatori che potrete ascoltare.


Coelum Astronomia parteciperà all’evento trasmettendo in streaming su www.coelum.com una serie di interventi organizzati dal GAMPGruppo Astrofili Montagna Pistoiese – presso l’Osservatorio Astronomico della Montagna Pistoiese.

Come ogni anno il GAMP ha  aderito all’ ASTEROID DAY e l’Osservatorio, sito nel Comune di San Marcello (PT), ospiterà una serata di incontri per sensibilizzare e informare il pubblico sugli asteroidi e sul loro rischio di impatto, alla quale interverranno professionisti e astrofili del settore.

Presso l’Osservatorio Astronomico della Montagna Pistoiese, interverrano numerosi relatori tra cui tre studenti dell’Unviersità di Pisa che illustrerrano come poter sfruttare le risorse degli asteroidi. Vi è un vero pericolo di impatto ? Nel corso della serata lo scopriremo insieme.

L’ingresso è libero e gratuito.

30 giugno 2017 dalle ore 21:00

Martina Maestriperi
introduzione sugli asteroidi

Mauro Bachini (Associazione Astronomica Isaac Newton di Santa Maria a Monte PI)
Occultazioni e curve di luce di asteroidi per determinare le caratteristiche fisiche.

Domenico Antonacci (ACA – Associazione Cascinese Astrofili)
Progetto AMICA coordinamento delle associazioni per informare sul pericolo asteroidi
e eventuale ricerca di meteoriti cadute al suolo

Raffaello Bottai, Giovanni Postorino, Mauro Abela  (Università di Pisa)
Come sfruttare le risorse degli asteroidi

Paolo Bacci (GAMP)
Il pericolo di impatto

Partecipate numerosi!

…e se non potete essere presenti di persona, seguite l’evento in streaming su www.coelum.com!

.

Per informazioni:

Biblioteca Comunale di San Marcello Pistoiese tel. 0573/621289

GAMP www.gamp-pt.net email: gamp104@gmail.com

Evento facebook

Maggiori informazioni sull’Asteroid Day

Asteroid Day Italia
Eventi Asteroid Day
Esperti Asteroid Day
Intervista a Gianluca Masi, astrofisico, ideatore del Virtual Telescope Project e coordinatore per l’Italia dell’International Asteroid Day

Troverete la lista aggiornata degli eventi italiani su www.virtualtelescope.eu/adi2016 oltre che sulle pagine internazionali dell’evento www.asteroidday.org.


Asteroidi pericolosi e Rischio da Impatto

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(6) Hebe, non è la madre di tutte le meteoriti

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Qui sopra le immagini riprese (in basso) usando lo strumento SPHERE del Very Large Telescope di ESO, in alto la simulazione al computer di quello che ci si aspettava di osservare. Crediti: ESO/M. Marsset

L'orbita di Hebe nella fascia degli asteroidi, tra l'orbita di Marte e quella di Giove.

La regione tra MarteGiove pullula di mondi rocciosi chiamati asteroidi. Si stima che la fascia principale degli asteroidi contenga milioni di piccoli corpi rocciosi, e tra 1,1 e 1,9 milioni di corpi più grandi fino a un diametro di un chilometro. Piccoli frammenti di questi corpi spesso cadono sulla Terra come meteoriti. Curiosamente il 34% di tutti i meteoriti trovati sulla Terra è di un tipo particolare: condrite di tipo H. Dette olivine-bronziti, prendono il nome dal termine High (alto) per il loro alto contenuto complessivo di ferro e alto contenuto di ferro metallico e per condruli più piccoli di quelli presenti in altri tipi di condrite.

Si pensa che essi provengano da un parente comune – e un sospetto potenziale è l’asteroide (6) Hebe mostrato qui sopra.

Club dei 100 Asteroidi

(6) Hebe è anche uno dei principali target della nostra maratona osservativa, e/o fotografica a scelta, dei primi cento asteroidi scoperti. L’iscrizione è sempre aperta e aspetta solo nuovi aspiranti al Club dei 100 asteroidi!
> tutti i dettagli dell’iniziativa
> le schede degli aspiranti soci
> elenco delle loro osservazioni
ISCRIZIONI SEMPRE APERTE!club100asteroidi@coelum.com

Ha un diametro approssimativo di 186 chilometri e, come dice il nome stesso, è stato il sesto asteroide ad essere scoperto, pure essendo il quinto in ordine di luminosità, dopo Vesta, Cerere, Iris e Pallade. Fu scoperto nel 1847 da Karl Ludwig Hencke, astronomo tedesco, e il nome della dea greca della gioventù glielo assegnò Carl Friedrich Gauss, famoso matematico che fu anche astronomo.

Queste immagini sono state riprese durante uno studio di questo mini-mondo usando lo strumento SPHERE sul Very Large Telescope di ESO. Lo scopo era quello di testare l’ipotesi che (6) Hebe fosse all’origine delle condriti H.

Gli astronomi hanno modellato la rotazione e la forma tridimensionale di (6) Hebe a partire dalle osservazioni e hanno usato questo modello 3D per determinare il volume della più grande depressione sull’asteroide – probabilmente un cratere dovuto a una collisione che avrebbe potuto creare numerosi meteoriti più piccoli. Tuttavia il volume di questa depressione è cinque volte minore del volume totale della famiglia degli asteroidi con una composizione di condrite H, il che suggerisce che (6) Hebe, dopo tutto, non sia la sorgente principale di condriti H.

Leggi anche

La Pubblicazione di ricerca

L’asteroide (6) Hebe è davvero la “madre di tutte le meteoriti”? di Claudio Elidoro su Coelum Astronomia 102, gennaio 2007


Asteroidi pericolosi e Rischio da Impatto

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Circolo Culturale Astrofili Trieste

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Tutti gli appuntamenti verranno tenuti presso la sala “Centro Natura”, ostello scouts “Alpe Adria”, Loc. Campo Sacro, 381 Prosecco- Trieste. Inizio ore 18:30.

26.06: “Fotografare l’Universo: differenza nella produzione di immagini deep-space e Hi-Res” di Yuri Puzzoli.

Per informazioni e contatti:
info@astrofilitrieste.it
www.astrofilitrieste.it

I satelliti Lisa pronti per le onde gravitazionali

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Rappresentazione artistica di Lisa Pathfinder in viaggio verso il suo punto di osservazione. Crediti: ESA/C. Carreau
Rappresentazione artistica di Lisa Pathfinder in viaggio verso il suo punto di osservazione. Crediti: ESA/C. Carreau

Come la missione Plato (PLAnetary Transit and Oscillations of stars), anche il trio di satelliti della missione Lisa (Laser Interferometer Space Antenna) è stato inserito nel programma scientifico dell’Agenzia spaziale europea (Esa). Si tratta di un passaggio cruciale, perché si può adesso passare alla fase successiva in vista della costruzione vera e propria e del lancio previsto nel 2034. Questo osservatorio spaziale verrà utilizzato dai ricercatori di tutto il mondo per rilevare le onde gravitazionali, tema – questo – al centro della classe di missione L3.

Le sonde lavoreranno insieme a una distanza di 2,5 milioni di chilometri l’una dall’altra, seguendo un’orbita attorno al Sole alla distanza di circa 50 milioni di chilometri dalla Terra, alla ricerca di increspature nel tessuto spazio-tempo provocate da oggetti celesti con una gravità molto forte, come coppie di buchi neri in via di coalescenza. Per rinfrescarvi la memoria, il 4 gennaio di quest’anno i ricercatori della collaborazione Ligo/Virgo hanno identificato, per la terza volta, una sorgente di onde gravitazionali generate dalla fusione di un sistema binario di buchi neri. Albert Einstein aveva predetto tutto questo più di 100 anni fa nella sua Teoria della Relatività Generale. Studiando le onde gravitazionali (soprattutto dallo spazio – come farà Lisa) gli scienziati potranno risolvere molti misteri a cui gli astronomi ancora non hanno dato risposta.

Rappresentazione artistica della missione Laser Interferometer Space Antenna (Lisa), un osservatorio spaziale per le onde gravitazionali composto da una flotta di tre satelliti che verranno lanciati nel 2034. Si tratta della terza grande missione (L3) del piano di osservazzione cosmica dell’Esa. Crediti: AEI/Milde Marketing/Exozet

Ognuna delle tre sonde della missione Lisa conterrà due masse di prova, come quella che è attualmente operativa su Lisa Pathfinder. Per rivelare eventuali segnali riconducibili alle onde gravitazionali, le masse di prova dovranno essere protette da qualsiasi possibile sorgente di disturbo durante il volo e dovranno essere isolate da tutte le forze esterne e interne tranne la gravità, un requisito fondamentale per misurare eventuali distorsioni causate dal passaggio di un’onda. Sarà proprio questa distorsione a modificare (anche se solo di pochi milionesemi di micron) il tessuto spazio-temporale e andrà rilevata con estrema precisione. A fine mese, la sonda pathfinder terminerà il suo lavoro.

A Madrid, il Science Program Committee dell’Esa ha anche approvato la partecipazione a Proba-3, una missione tecnologica per la validazione di tecnologie di satelliti in formazione di volo. In orbita terrestre, due satelliti separati da 150 metri e allineati verso il Sole creeranno, per qualche ora ad ogni orbita, delle eclissi artificiali. Queste permetteranno per la prima volta osservazioni dallo spazio della corona solare ottenibili da terra solamente per pochi minuti, durante le rare eclissi naturali. L’Istituto nazionale di astrofisica sarà responsabile dell’innovativo sistema di metrologia per la formazione di volo del coronografo ed effettuerà la calibrazione di quest’ultimo. Il lancio è previsto nel 2019.

Guarda il video su Media Inaf TV:

Leggi lo speciale Onde Gravitazionali su Coelum Astronomia sul numero 198.


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Via libera a PLATO, il cacciatore di esopianeti

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La missione PLATO (PLAnetary Transit and Oscillations of stars) è stata adottata ufficialmente oggi nel programma scientifico dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), e passa quindi dalla fase progettuale a quella definitiva della sua realizzazione. Nei prossimi mesi le industrie verranno sollecitate a inviare offerte per la costruzione del veicolo spaziale. La decisione è stata presa a Madrid durante l’incontro dell’ESA Science Program Committee, garantendo la prosecuzione del piano europeo Cosmic Vision 2015-2025.

PLATO è un satellite tecnologicamente molto sofisticato, composto da una batteria di 26 piccoli telescopi che insieme coprono un enorme campo di vista, in grado di osservare per la prima volta contemporaneamente immense zone di cielo. La missione sarà lanciata nel 2026 con un razzo Soyuz-Fregat dalla Guyana Francese e andrà a inserirsi in orbita attorno al punto Lagrangiano L2, uno dei punti di equilibrio del sistema Sole-Terra, a un milione e mezzo di chilometri da noi. Da lì comincerà la sua missione di ricerca di pianeti che orbitano attorno alle stelle più vicine, scandagliano oltre metà del cielo.

Lo scopo della missione è fare un censimento dei pianeti di massa simile alla Terra, misurandone la dimensione, la massa e l’età con precisione mai raggiunta prima. PLATO permetterà di vedere per la prima volta i sistemi solari simili al nostro, di capire quanto questi siano frequenti e di comprendere quanto frequentemente si realizzano nel cosmo le condizioni per lo sviluppo della vita.

Grazie al supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana, PLATO porterà a bordo diversi strumenti frutto dell’ingegno italiano. In particolare i 26 telescopi, caratterizzati da un campo di vista simile a quello dell’occhio umano, sono estremamente innovativi, nascono nei laboratori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) di Padova, Catania e Milano, e saranno costruiti nei laboratori della Leonardo di Firenze con la collaborazione dell’Università di Berna, della TAS Italia e di Medialario. Anche il computer che controlla gli strumenti a bordo sarà fornito dall’Italia, progettato sotto responsabilità di ricercatori INAF delle sedi di La Palma, Firenze e Roma, sarà costruito dalla Kayser Italia. Inoltre, l’ASI SSDC costruirà una parte decisiva del segmento di terra della missione, mentre il catalogo di stelle che saranno scrutinate da PLATO sarà fornito dall’Università di Padova.

«La missione PLATO è stata fortemente sostenuta dall’ASI, non solo per la valenza scientifica della ricerca di esopianeti, ma anche per valorizzare la capacità di realizzare in Italia i telescopi e l’elettronica associata, per i quali la comunità scientifica e l’industria italiana possiedono una leadership indiscussa in Europa» dice Barbara Negri, responsabile dell’Unità esplorazione e osservazione dell’universo dell’ASI. «PLATO, che seguirà di qualche anno la missione CHEOPS, sposterà la frontiera della ricerca di possibili pianeti abitabili dal nostro sistema solare ai sistemi planetari di altre stelle vicine».

«La notizia ci coglie mentre siamo riuniti a Stoccolma proprio per fare il punto sullo stato del progetto» commenta Isabella Pagano, ricercatrice dell’INAF e responsabile scientifico per l’Italia della missione PLATO. «Non poteva esserci momento migliore per segnare una data che cambierà la storia sulla ricerca degli esopianeti nei prossimi decenni. La strada per trovare pianeti abitabili attorno a stelle vicine a noi è stata definitivamente tracciata».

Una volta lanciato, PLATO sorveglierà un milione di stelle per più di 4 anni e sarà in grado di individuare fra queste quelle con tutte le carte in regola per dimensione, composizione e temperatura per permettere lo sviluppo della vita. Il catalogo di sistemi planetari che sarà prodotto alla fine della missione costituirà la mappa di riferimento per orientare i grandi telescopi spaziali e a terra nei prossimi decenni alla ricerca di vita fuori dal sistema solare.

Link

Press release ESA

Sito PLATO ESA

Sito del Consorzio PLATO


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Kepler a quota 4034

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Credits: NASA/JPL-Caltech
Credits: NASA/JPL-Caltech

Nuovo colpo per Kepler, il cacciatore di esopianeti. In una conferenza stampa diffusa in diretta streaming dal Centro di ricerca Ames della Nasa in California, i ricercatori intervenuti hanno annunciato che la missione spaziale ha individuato 219 nuovi candidati pianeti extrasolari, di cui 10 avrebbero dimensioni simili a quelle della Terra e si troverebbero in zona abitabile, ovvero ad una distanza dalla loro stella madre che permetterebbe all’acqua presente su di essi di mantenersi allo stato liquido.

Con il rilascio di questo catalogo, ottenuto dalla revisione dei dati dai primi quattro anni di missione e che rappresenta la versione finale ottenuta dalle misurazioni ottenute nella porzione di cielo in direzione della costellazione del Cigno, il totale dei candidati esopianeti sfonda il muro dei 4000, assestandosi a 4.034. Di questi, finora 2.335 sono stati confermati tali. Tra i 50 candidati situati in zona abitabile, più di 30 sono stati a loro volta confermati.

La missione del telescopio spaziale Kepler, è stata la prima in grado di identificare pianeti di taglia terrestre utilizzando il metodo dei transiti, una tecnica di misura fotometrica della minuscola variazione di luminosità che si ha quando un pianeta passa di fronte alla sua stella. Nei suoi primi quattro anni di attività ha osservato set di campi stellari nella costellazione del Cigno (a sinistra nell'immagine). Dal 2014 Kepler sta raccogliendo dati per la sua seconda missione, osservando campi stellari sul piano dell'eclittica della nostra galassia (a destra nell'immagine). Credits: NASA/Wendy Stenzel

L’analisi di questa enorme mole di dati suggerisce la presenza di due classi di pianeti di piccola taglia, comparabile alla Terra. Risultati che indicano come circa la metà dei pianeti che conosciamo nella galassia non ha  una superficie solida o è avvolta da un’atmosfera spessa e opprimente, ambienti ostili per ospitare la vita.

«Sebbene il numero di nuovi pianeti sia “modesto” rispetto a quanto ci ha abituati Kepler in passato, questo aggiornamento del catalogo è particolarmente rilevante perché sono stati rianalizzati tutti i dati presi durante la fase principale della missione, quando Kepler ha monitorato le stelle simili al Sole in una regione del Cigno per cercare pianeti simili alla Terra non solo per dimensione ma anche per tipo di orbita» commenta Isabella Pagano, ricercatrice dell’Inaf di Catania e responsabile scientifico per l’Italia delle future missioni spaziali Cheops (Characterizing ExOPLanet Satellite) e Plato (Planetary Transits and stellar Oscillations)  dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea. «Kepler è  stato fino ad ora l’unico strumento in grado di fornirci informazioni sulla frequenza dei pianeti analoghi alla Terra, e bisognerà aspettare il lancio del satellite europeo Plato nel 2026 per avere una valutazione statisticamente più accurata, e, soprattutto, per  individuare quelli su cui puntare i grandi telescopi terrestri adesso in preparazione, come Elt, al fine di cercare segnali nelle loro atmosfere eventualmente legati alla presenza di vita».


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Occhi su Saturno a Villa Guglielmi (Fiumicino RM)

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Un evento nazionale dedicato al pianeta più bello del cielo: Saturno

➜ Leggi anche Occhi su Saturno per tutta l’estate!

Il Gruppo Astrofili Palidoro vi invita sabato 1 luglio 2017 alle ore 21.00 presso Villa Guglielmi in Fiumicino per partecipare ad una serata magica.

Una conferenza nella sala conferenze di Villa Guglielmi introdurrà la serata in cui vengono spiegati i misteri e il fascino del “Signore Degli Anelli”. A seguire si potrà osservare Saturno, Luna e Giove direttamente dal parco Villa Guglielmi.

Un evento gratuito patrocinato dal Comune di Fiumicino Assessorato alla Cultura Comune di Fiumicino e media sponsor COELUM Astronomia

INFO
info@astrofilipalidoro.it

Tel. 3475010985

Evento Facebook

www.astrofilipalidoro.it


Coelum Astronomia non è solo l’ultimo numero!
Scegli l’argomento che preferisci e inizia a leggere! E’ gratis…


“A day with Damian Peach”

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A day with Damian Peach
Workshop di ripresa planetaria in alta risoluzione.
Sabato 24 giugno 2017 – dalle ore 10 alle ore 17
Aemilia Hotel – via Zaccherini Alvisi, 16 – 40138 Bologna (BO)

Per la prima volta in Italia, Damian Peach incontrerà fans, astrofili e appassionati di astrofotografia per condividere le tecniche di acquisizione e post-produzione che lo hanno portato a creare immagini astronomiche straordinarie apprezzate a livello mondiale. Il workshop, organizzato da Pierluigi Giacobazzi, verrà ospitato nella “Sala Marconi” del prestigioso Aemilia Hotel di Bologna. Punto strategico della bellissima città emiliana, a due passi dalla stazione ferroviaria, dotato di ampio parcheggio interno e facilmente raggiungibile dall’aeroporto internazionale “Guglielmo Marconi”. L’appuntamento prevede una prima sessione mattutina in cui Damian illustrerà le modalità con cui acquisisce le immagini spaziali, a cui seguirà una sessione pomeridiana incentrata sulle tecniche di editing in alta risoluzione. Per agevolare l’ospite internazionale e tutti i partecipanti, è stato predisposto un servizio di traduzione simultanea dall’inglese all’italiano.

Costo e modalità di iscrizione
Il costo complessivo del workshop è di 195,00 euro. E’ previsto uno sconto del 10% per chi si iscrive entro il 24 maggio 2017 e ai partecipanti di workshop o corsi precedenti, svolti da Pierluigi Giacobazzi. Le modalità di pagamento sono il bonifico bancario e PayPal.
Link di iscrizione: http://www.pierluigigiacobazzi.com/a_day_with_damian_peach/
Per informazioni: www.pierluigigiacobazzi.com – info@pierluigigiacobazzi.com

Astroinizative UAI

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CIRCUITO STAR PARTY UAI 23-25 giugno – 5° Star Party degli Iblei Quinta edizione dello Star Party siciliano, organizzato dal Centro Osservazione e Divulgazione Astronomica Siracusa presso Ferla (SR)
http://www.codas.it

23-25 giugno – 2° Star Party delle Foreste Casentinesi Lo Star Party (alla seconda edizione dopo il successo del primo della “nuova serie”) del centronord Italia, organizzato dalle associazioni di astrofili della Romagna presso Campigna (AR) nel cuore del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi
http://starpartyforestecasentinesi.webnode.it/

AstronomiAmo

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LocandinaCoelum

22 giugno: Diretta dal CfA con il dott. Rorai
24 giugno: Serata osservativa a Fumone (FR)
29 giugno: Asteroid Day

Tutti i dettagli su www.astronomiamo.it

Una sottile falce di Luna calante e… un quarto di Venere crescente

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In alto, la Luna nelle due posizioni, rispetto a Venere, che occuperà nelle due mattina del 20 e 21 giugno. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY
Nella cartina , il cielo verso l'orizzonte sud-sudest, con la Luna nelle due posizioni, rispetto a Venere, che occuperà nelle due mattine del 20 e 21 giugno. Non congiunzioni particolarmente strette, ma due soggetti perfetti per riprese a largo campo. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

Per gli appassionati mattinieri, il 20 giugno la mattina molto presto, già prima delle 04:00, sarà possibile osservare sull’orizzonte est una bella congiunzione, piuttosto larga, tra una sottile falce di Luna (fase 22%) e il pianeta Venere molto brillante (mag. –4,2) e in fase del 58%, posti a circa 10 gradi di altezza.

I due astri, che si mostreranno allineati e paralleli la mattina del 20 giugno, guadagneranno altezza con il passare dei minuti, ma il cielo sarà sempre più chiaro, con il Sole che sorgerà poco dopo le 5:30.

La mattina del 21 giugno, sempre alla stessa ora, la Luna (fase del 13%) sarà nuovamente in congiunzione con Venere che questa volta sovrasterà il nostro satellite naturale, ponendosi subito al di sopra di esso, in verticale. In questa occasione saranno solo 4 i gradi che separeranno i due astri.

Grazie alla sua alta luminosità, nelle ore successive si potrà però tentare anche la ripresa diurna del pianeta.

Circa 7° più in alto rispetto alla Luna si troverà anche il pianeta Urano, che completa il quadro, anche se sarà ovviamente impossibile da scorgere ad occhio nudo, data la sua luminosità molto bassa (mag. +5,85).

Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovate nel Cielo di Giugno

Leggi anche

➜ Fotografare la Luce Cinerea della Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia n.  di gennaio 2017

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e ben 54 pagine di consigli per l’osservazione del cielo di giugno su Coelum Astronomia 211

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Occhi su Saturno per tutta l’estate!

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Giunta nel 2017 alla sua sesta edizione, “Occhi Su Saturno” è una grande iniziativa diffusa in tutta Italia grazie alla collaborazione di associazioni astrofili, singoli appassionati, osservatorio astronomici e planetari. Nata nel 2012 da un’idea dell’associazione di promozione sociale Stellaria di Perinaldo per celebrare i 300 anni dalla scomparsa di Gian Domenico Cassini, il grande astronomo del ’600 nato proprio nel piccolo borgo ligure.

Cassini fu un grande osservatore di Saturno di cui scoprì ben 4 satelliti e una “divisione” tra gli anelli che ancora oggi porta il suo nome, quale miglior modo per celebrarlo se non permettere a tutti di osservare dal vivo questo magnifico pianeta?

➜ Leggi l’articolo dedicato all’iniziativa su Coelum 201

Inoltre quest’anno, per celebrare l’ultimo periodo di attività della missione Cassini, Occhi Su Saturno estenderà le proprie iniziative dal 21 giugno (350° anniversario della posa della prima pietra per la costruzione dell’Osservatorio di Parigi, luogo da dove G.D.Cassini fece le sue più importanti osservazioni e scoperte su Saturno) al 15 settembre (giorno in cui terminerà la missione Cassini con il “tuffo” della sonda nell’atmosfera del pianeta con gli anelli).

Gruppi astrofili, associazioni, planetari e Osservatori siete dunque invitati ad inserire anche altri eventi – purché in tema con l’iniziativa – che svolgerete durante questo periodo! Chi invece vuole partecipare semplicemente come pubblico, può cercare l’evento più vicino e cominciare ad organizzarsi per la serata!

➜ cerca l’evento più vicino


LINK UTILI

L’iniziativa ha ricevuto il patrocinio della Società Astronomica Italiana, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, dell’Agenzia Spaziale Italiana, dell’Unione Astrofili Italiani e dell’European Astrosky Network. L’organizzazione è curata dall’Associazione Stellaria di Perinaldo, paese natale di G.D.Cassini, in collaborazione con l’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali (IAPS) di Roma con il prezioso supporto di decine di osservatori astronomici, planetari e gruppi di appassionati di tutta Italia

…e ancora su Saturno:


Saturno in Opposizione 2017
Guida all’osservazione e alla ripresa. Un istante che per Saturno, a livello osservativo, non fa la differenza rispetto a qualche settimana prima o dopo. Per questo motivo la stagione osservativa di ‎Saturno‬ è aperta e proseguirà per tutta l’estate! Non perdete i nostri consigli!


CASSINI le prime straordinarie
immagini del Grand Finale

Su Coelum 212 di giugno 2017, una carrellata delle straordinarie immagini , video e scoperte che ne sono conseguite della prima parte del “Grand Finale” di questa già storica missione.


L’esagono di Saturno
Come se i suoi eleganti anelli non bastassero, Saturno è custode di un altro dei misteri del Sistema Solare. Una formazione tempestosa domina l’atmosfera del pianeta al suo polo nord, dalle dimensioni colossali ma che stupisce più per la sua forma, ovvero quella di un perfetto esagono.


Report: La missione Cassini su Saturno
Su Coelum 201 di  giugno 2016, un speciale dedicato a tutte le scoperte della missione della NASA Cassini in orbita attorno a Saturno, prima della preparazione al “Grand Finale”.


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Circolo Culturale Astrofili Trieste

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Tutti gli appuntamenti verranno tenuti presso la sala “Centro Natura”, ostello scouts “Alpe Adria”, Loc. Campo Sacro, 381 Prosecco- Trieste. Inizio ore 18:30.
19.06: “La nascita dell’Universo: con o senza inflazione?” di Edoardo Bogatec.

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Astri cattura i suoi primi lampi gamma dal cielo

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Uno degli eventi prodotti da sorgenti celesti e registrati in luce Cherenkov dalla camera di rivelazione del telescopio Astri
Uno degli eventi prodotti da sorgenti celesti e registrati in luce Cherenkov dalla camera di rivelazione del telescopio Astri

Nella notte tra il 25 e il 26 maggio scorsi la camera di rivelazione del telescopio Astri, prototipo sviluppato per il futuro osservatorio per raggi gamma CTA (Cherenkov telescope array), ha catturato i suoi primi lampi di luce Cherenkov. La luce Cherenkov, nell’ ultravioletto e nel visibile, è generata da sciami di particelle cariche dovuti a raggi cosmici e raggi gamma quando interagiscono con l’atmosfera.  L’esperimento è stato effettuato nel sito astronomico di Serra la Nave, sull’Etna (gestito dall’Inaf di Catania) dove è installato il telescopio.

Il telescopio prototipale del progetto Astri, con diametro di 4 metri (che lo rende attualmente il più grande telescopio a specchi nella banda del visibile sul suolo italiano), si trova nella stazione osservativa dell’INAF Osservatorio Astrofisico di Catania, a Serra La Nave, sull’Etna, dov’è stato installato nel 2014

Questa prima luce della camera arriva pochi mesi dopo la validazione ottica del prototipo Astri ottenuta nel novembre 2016, quando è stata pienamente dimostrata la validità di questo telescopio astronomico di nuova concezione, basato sulla configurazione a doppio specchio di Schwarzschild- Couder.

Nonostante la camera non fosse stata configurata in modo definitivo, il team di Astri è riuscito a catturare i primi segnali in luce Cherenkov e a produrre immagini degli sciami prodotti nell’atmosfera da raggi cosmici e raggi gamma. Le informazioni raccolte permetteranno agli scienziati di ricostruire la direzione dei fotoni da raggi gamma di altissima energia emessi dalle sorgenti celesti.

La fotocamera è basta su nuovi sensori al silicio di tipo SiPM e dispositivi elettronici di front-end di ultima generazione, tra cui l’ASIC CITIROC sviluppato dalla ditta francese Weeroc in collaborazione con INAF. La fotocamera è stata specificamente studiata e progettata per adattarsi al telescopio a doppio specchio Astri coprendo un ampio campo di vista, pari a circa 100 gradi quadrati, ovvero circa 400 volte la superficie apparente della Luna piena.

«Il risultato ottenuto da queste immagini è in linea con le aspettative di performance che avevamo stabilito in laboratorio, e conferma la funzionalità della fotocamera del telescopio Astri», dice  Osvaldo Catalano, dell’Inaf di Palermo, a capo del programma di sviluppo della fotocamera di Astri.

«Questa è una tappa fondamentale raggiunta dal team Astri e un grande passo in avanti nella fase di pre-produzione di Astri e CTA» aggiunge Giovanni Pareschi, astronomo dell’Inaf di Milano e principal investigator del progetto Astri.

«È una grande soddisfazione questo nuovo risultato del telescopio ASTRI, che pone una robusta base al processo di costruzione di Cta, a cui partecipa fattivamente anche Infn non solo nel progetto Astri ma contribuendo anche alla realizzazione di altri telescopi» commenta il responsabile nazionale di Cta per l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), Nicola Giglietto, professore al Politecnico di Bari.

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“Tre per uno” dal VST in una delle più grandi immagini rilasciate dall’ESO

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Due dei più famosi abitanti del cielo condividono la scena con un vicino meno noto, in questa enorme immagine da 3 gigapixel ottenuta dal VST (VLT Survey Telescope) dell'ESO. Sulla destra si trova una nube di gas che riluce debolmente, nota come Sharpless 2-54, al centro la notissima Nebulosa Aquila (Messier 16) e infine la Nebulosa Omega (Messier 17) a sinistra. Il trio cosmico costituisce solo una parte del più vasto complesso di gas e polvere al cui interno nuove stelle vengono alla luce e illuminano il circondario. Crediti: ESO
Sulla destra si trova una nube di gas che riluce debolmente, nota come Sharpless 2-54, al centro la notissima Nebulosa Aquila (Messier 16) e infine la Nebulosa Omega (Messier 17) a sinistra. Il trio cosmico costituisce solo una parte del più vasto complesso di gas e polvere al cui interno nuove stelle vengono alla luce e illuminano il circondario. Crediti: ESO
Nella cartina (cliccare per ingrandire), la costellazione della coda del Serpente, una delle due parti in cui è divisa la costellazione del Serpente. La famosa Nebulosa Aquila, Messier 16, si trova in un angolo mentre la sua compagna altrettanto famosa, la Nebulosa Omega, Messier 17, appena al di là del confine, nel Sagittario. I cerchi gialli mostrano gli ammassi stellari e i quadrati verdi le nebulose. La regione di cielo coperta dall’enorme immagine del VST è indicata con un rettangolo rosso. Crediti: ESO, IAU and Sky & Telescope

Sharpless 2-54 e le Nebulose Aquila e Omega si trovano a circa 7000 anni luce da noi – le prime due nella costellazione del Serpente, l’ultima nel Sagittario. Questa zona della Via Lattea ospita un’enorme nube di materiale che serve a formare nuove stelle. Le tre nebulose indicano le regioni di questa vasta nube in cui la materia si è condensata e collassata per formare nuove stelle; la luce molto energetica prodotta da questi neonati stellari fa risplendere il gas dell’ambiente circostante. La luce che il gas sprigiona ha una tinta rosata, caratteristica delle zone ricche di idrogeno.

Due degli oggetti di questa immagine sono stati scoperti in modo simile. Gli astronomi hanno prima individuato un ammasso stellare brillante, sia in Sharpless 2-54 che nella Nebulosa Aquila, e quindi, successivamente, hanno identificato la vasta e relativamente debole nube di gas che avvolge l’ammasso. Nel caso di Sharpless 2-54, l’astronomo britannico William Herschel notò il luminoso ammasso stellare per la prima volta nel 1784. L’ammasso, catalogato come NGC 6604 (eso1218) appare sulla sinistra della nebulosa in questa immagine. La nebulosa associata, molto fioca, è rimasta sconosciuta fino agli anni ’50, quando l’astronomo americano Stewart Sharpless la scovò sulle fotografie dell’Atlante del cielo finanziato dal National Geographic e dall’Osservatorio di Palomar (noto anche come Palomar Observatory Sky Survey).

La nebulosa Aquila non ha dovuto attendere così a lungo perchè la sua magnificenza fosse apprezzata. L’astronomo svizzero Philippe Loys de Chéseaux scoprì il suo ammasso stellare centrale, NGC 6611, nel 1745 o nel 1746 (eso0142), mentre un paio di decenni dopo l’astronomo francese Charles Messier osservò questa zona di cielo e documentò anche la nebulosità presente, iscrivendo l’oggetto come Messier 16 sul suo autorevole catalogo (eso0926).

L’immagine, a minor risoluzione, ma con indicate le maggiori formazio visibili. Per vederla in tutta la sua magnificenza cliccare sull’immagine in apertura. Crediti: ESO

Per quanto riguarda la Nebulosa Omega, de Chéseaux riuscì ad osservare la sua evidente luce diffusa e la segnò puntualmente come nebulosa nel 1745. A causa del fatto che il catalogo dell’astronomo svizzero non ebbe una vasta diffusione, la riscoperta da parte di Messier della Nebulosa Omega nel 1764 portò al nome, ora usato, di Messier 17, il diciassettesimo oggetto del popolare compendio del francese (eso0925).

Questa raccolta mostra alcuni ritratti scelti all’interno dell’enorme immagine da tre gigapixel presa dal VST (VLT Survey Telescope) dell’ESO, tra cui la debole nebe di gas nota come Sharpless 2-54, la famosa Nebulosa Aquila e la Nebulosa Omega. Crediti: ESO

Le osservazioni da cui è stata prodotta questa immagine sono state ottenute con il VST (VLT Survey Telescope) dell’ESO, all’Osservatorio dell’ESO al Paranal in Cile. L’enorme immagine a colori è stata realizzata con un mosaico di decine di immagini, ciascuna da 256 megapixel, ottenute dalla camera OmegaCAM di grande formato. Il risultato finale, dopo lunga lavorazione, conta 3,3 gigapixel, una delle immagini più grandi mai distribuite dall’ESO.

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NEOWISE, la macchina scopri-asteroidi

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This movie shows the progression of NASA's Near-Earth Object Wide-field Survey Explorer (NEOWISE) investigation for the mission's first three years following its restart in December 2013. Credit: NASA/JPL-Caltech/UCLA/JHU Read more at: https://phys.org/news/2017-06-nasa-asteroid-hunting-spacecraft-discovery-machine.html#jCp
Nell'animazione i progressi dei primi tre anni del Near-Earth Object Wide-field Survey Explorer (NEOWISE). In grigio gli asteridi nella fascia principale, in verde i NEO e in giallo le comete. Credit: NASA/JPL-Caltech/UCLA/JHU Read more at: https://phys.org/news/2017-06-nasa-asteroid-hunting-spacecraft-discovery-machine.html#jCp

Astrowatch segnala un nuovo asteroide di passaggio, grande come uno stadio, che passerà il 24 giugno alla distanza di sicurezza di circa 8 DL (Distanze Lunari), ovvero poco più di 3 milioni di chilometri dalla Terra.

2010 NY65 è stato individuato il 14 luglio del 2010 dalla missione NEOWISE della NASA per mezzo del telescopio spaziale WISE (Wide-field Infrared Survey Explorer). L’asteroide ha una magnitudine assoluta di +21,5, un periodo orbitale di circa un anno e una dimensione stimata di circa 230 metri di diametro.

L’interesse principale degli astronomi, in questo caso, nasce dal fatto che il NEO incrocia la nostra orbita, passandoci nelle vicinanze, all’incirca una volta l’anno. Lo scorso anno infatti, sempre il 24 giugno, è passato a una distanza di 10,7 DL, mentre il prossimo passerà a 7,3 DL. Per questo motivo è classificato “potenzialmente pericoloso” (PHA – Potentially Hazardous Asteroids), che come abbiamo già visto, è una categoria che comprende asteroidi con un diametro superiore ai 100 metri e un’orbita che li porta ad avvicinare la Terra sotto alle 19,5 DL.

Ma a vigilare su queste rocce spaziali c’è, come abbiamo visto, il programma NEOWISE che, nel suo terzo anno di ricerche, ha scoperto quasi 100 nuovi oggetti, tra cui 28 NEO.

Lanciato nel 2009, il telescopio spaziale WISE (Wide-field Infrared Survey Explorer) aveva il compito di effettuare una rassegna del cielo nell’infrarosso. Dopo aver completato la sua missione primaria e aver terminato il liquido refrigerante, nel 2011 venne messo a riposo per poi venir “riesumato” nel dicembre 2013. È così iniziata una nuova missione estesa ribattezzata NEOWISE (Near-Earth Object Wide-field Infrared Survey Explorer), rivolta alla ricerca di rocce spaziali nei pressi della Terra.

Tutti gli oggetti scoperti o studiati da NEOWISE nel sistema solare interno, a intervalli di circa 1 anno. In grigio gli asteridi nella fascia principale, in verde i NEO e in giallo le comete. Credit: NASA - Processing: M. Di Lorenzo - Aliveuniverse.today

In questi giorni sono stati pubblicati i risultati relativi al terzo anno di indagini e il telescopio ha scoperto 97 nuovi oggetti, tra cui 28 NEO, 64 asteroidi nella fascia principale e 5 comete.

Complessivamente, NEOWISE ha studiato un totale di 693 NEO, di cui 114 sono nuove scoperte. La composizione in apertura è tratta da una animazione del JPL e mostra l’incremento e la distribuzione di tutti questi oggetti nel corso della missione.

«NEOWISE non sta solo scoprendo asteroidi e comete fin’ora sconosciuti, sta anche fornendo eccellenti dati su molti altri oggetti già catalogati» ha dichiarato Amy Mainzer, principal investigator della missione. «Sta anche dimostrando di essere uno strumento impagabile per perfezionare le tecniche di scoperta e la caratterizzazione di oggetti NEO tramite un osservatorio spaziale».

Per approfondire il tema degli asteroidi potenzialmente pericolosi, i rischi che davvero corriamo, i progetti di sorveglianza in corso e le strategie in caso di impatto, Coelum Astronomia ha dedicato uno speciale nel suo ultimo numero online, che può essere letto gratuitamente anche qui sotto. Due articoli di approfondimento, un’intervista e l’annuncio dell’Asteroid Day del 30 giugno, al quale tutti i gruppi astrofili, ma anche singoli, sono invitati a partecipare con un evento.

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AstronomiAmo

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LocandinaCoelum
13 giugno: Diretta dalla IOWA University con il dott. Marengo
15 giugno: Corso di astrofotografia online
22 giugno: Diretta dal CfA con il dott. Rorai
24 giugno: Serata osservativa a Fumone (FR)
29 giugno: Asteroid Day

Tutti i dettagli su www.astronomiamo.it

Accademia delle Stelle

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Corso di Archeoastronomia: tutti i lunedì per conoscere la storia, il significato e il ruolo dell’astronomia nell’evoluzione della nostra cultura.

Corso base di Astronomia: tutti i giovedì per scoprire com’era fatto l’Universo e conoscere gli oggetti che lo popolano.

I corsi sono tenuti da un astrofisico ed hanno il patrocinio della UAI. È possibile iscriversi a tutte le lezioni o prenotarsi a singoli incontri.
Per informazioni: eventi@accademiadellestelle.org
Riduzioni per i lettori di Coelum Astronomia.

Venerdì 2 – domenica 4 giugno: Torna “Il Cielo di Roma” 2° edizione 2017. Partecipiamo al Cielo di Roma con stand, postazioni osservative permanenti diurne e serali, due conferenze ed un laboratorio didattico.

Domenica 18 giugno: conferenza Le frontiere dell’astrofisica stellare di Marco Castellani (INAF).

INFO: https://www.accademiadellestelle.org/primavera-astronomica/

Space Girls, Space Women

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Space GirlsDoppia mostra fotografica tra Milano e Roma su chi sogna il proprio futuro nello spazio e chi oggi contribuisce alla realizzazione dei programmi spaziali. A cura dell’Agenzia spaziale italiana e del Museo
nazionale scienza e tecnologia Leonardo da Vinci. In esposizione gli scatti realizzati in tutto il mondo, da Nairobi a Mosca, da Bangalore a Monaco, dal deserto di Atacama ai sobborghi di Smirne. Un team di sole fotografe ha ritratto 3 diverse generazioni di scienziate, ricercatrici, studentesse e appassionate in diversi contesti socio-economici. L’esibizione milanese sarà accompagnata da un pari allestimento a Roma nella sede Asi, una grande opera architettonica dalle forme spettacolari aperta alla contaminazione con le arti figurative, cinematografiche ed espositive che comprenderanno anche la prossima apertura di un museo permanente sullo spazio.

Leggi la presentazione Media INAF

La mostra milanese è inserita nel programma del Milano Photofestival 2017 e nel programma dell’iniziativa STEM in the City con il patrocinio del Comune di Milano. La visita è compresa nel biglietto d’ingresso al Museo.
www.museoscienza.orgwww.spacewomen.org

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