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Società Astronomica Fiorentina

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11.03: Corso di Osservazione del Cielo: “Fotografare Giove” con Guido Betti.

Per info: cell. 377.1273573 –
presidente@astrosaf.it
www.astrosaf.it

Non di solo Giove…

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Due straordinarie immagini del transito di Io e della sua ombra su Giove, riprese da Damian Peach nel 2009 (www.damianpeach.com/jup_09.htm)

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Clicca qui sopra per leggere l'articolo completo con i consigli per osservare al meglio Giove, e le sfide "fotografa gli anelli di Giove" e "osservare a occhio nudo i satelliti medicei".

Il passaggio all’opposizione del pianeta maggiore del nostro Sistema Solare, di cui potete leggere i consigli all’osservazione nella puntuale guida curata da Daniele Gasparri in Coelum n. 198 (che, lo ricordiamo, è ora liberamente consultabile e scaricabile qui senza oneri), permette anche di seguire uno dei fenomeni più entusiasmanti della nostra corte di pianeti: il moto dei satelliti medicei.

Io, Europa, Ganimede e Callisto, nel loro veloce orbitare attorno a Giove, infatti, ne arricchiscono quasi quotidianamente il disco con le loro sagome e con le ombre che proiettano sul suo già variegato strato gassoso.

I fenomeni cui danno luogo sono suddivisi in quattro tipologie.

Le Eclissi: un satellite passa attraverso il cono d’ombra di Giove.

Le Occultazioni: un satellite è direttamente occultato dal disco di Giove.

I Transiti: un satellite transita davanti al disco di Giove.

I Transiti d’ombra: quando l’ombra di un satellite passa sul disco del pianeta.

Per agevolare l’osservazione delle lune, e dei fenomeni cui danno vita, in marzo troverete utili il grafico qui sotto e le tabelle in cui sono riportate giorno per giorno il loro moto, le dimensioni apparenti delle lune, la luminosità e le loro distanze dal centro del loro pianeta; infine l’elenco dei fenomeni osservabili in marzo e le animazioni degli eventi multipli.

Il grafico mostra l’aspetto reale (nord in alto, est a sinistra) dei satelliti rispetto a Giove nel periodo. Cliccare per ingrandire.

Di grande utilità anche questa applicazione della British Astronomical Association per calcolare le posizioni dei satelliti per qualsiasi orario.

Ed infine, alcuni suggerimenti di Daniele Gasparri e la sfida osservativa proposti in Coelum 198.

Disegnare il gigante gassoso e la corte dei satelliti è una delle attività osservative più interessanti e appaganti. Risolti ad almeno 200 ingrandimenti, le ombre dei satelliti sul disco non saranno più dei puntini ma dei cerchietti. I più coraggiosi possono provare a osservarli con ingrandimenti a partire dalle 250-300 volte.

Se la serata è davvero favorevole dal punto di vista atmosferico e il telescopio è ben collimato e in temperatura con l’ambiente esterno, le piccole lune mostreranno dei minuscoli dischetti estesi per poco più di un secondo d’arco. Il più grande, Ganimede, che è anche il satellite maggiore del Sistema Solare, potrebbe persino mostrare una macchia scura sulla sua superficie: si tratta della Galileo Regio, una regione identificata dalla sonda Galileo negli anni ‛90 e che adesso è alla portata degli osservatori più esperti.

Una bella sfida per testare la vostra capacità di osservazione e la qualità del vostro strumento. In fotografia, la Galileo Regio di Ganimede è alla portata di telescopi di 15 centimetri, forse anche meno.
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Una sfida osservativa

Desideriamo poi riproporre una difficile sfida ai lettori di Coelum. Si tratta di un mistero osservativo di cui si parla spesso, ma che ancora oggi non ha trovato una risposta definitiva: si possono scorgere a occhio nudo i satelliti di Giove?

È fuor di dubbio che la luminosità dei galileiani, con magnitudini medie comprese tra la +4,5 e la +5,5, dovrebbe in via teorica garantire la loro osservabilità anche senza l’ausilio di strumenti ottici. E anche le loro distanze angolari da Giove, a ben guardare, sembrerebbero più che sufficienti per una comoda separazione ad occhio nudo, almeno per quanto riguarda i due più esterni. La stessa teoria, ma soprattutto il buon senso, ci dicono infatti che Ganimede e Callisto dovrebbero essere i più facili (o se preferite, i meno difficili) da scorgere, mentre per Europa le probabilità calano di parecchio; pochissime o nessuna speranza, invece, di vedere il piccolo Io che si mantiene sempre troppo vicino al gigante gassoso (continua a leggere su Coelum 198).
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Tutte le risorse a disposizione:

I mari di Titano. Nuove foto e nuove ipotesi sulle misteriose “isole magiche”

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Credit: NASA/JPL-Caltech/ASI/Cornell

La sonda americana Cassini ha scattato nuove fotografie che documentano l’evoluzione di una misteriosa struttura transiente in Ligeia Mare, uno dei vasti bacini di idrocarburi liquidi che costellano la superficie di Titano, luna di Saturno. Le misteriose strutture sono caratterizzate da una luminosità molto variabile, tanto da scomparire del tutto in alcuni scatti. I dati raccolti da Cassini suggeriscono che queste variazioni possano essere dovute a onde, solidi galleggianti o bolle, escludendo invece la possibilità che si tratti di maree, variazioni del livello del mare o cambiamenti nel fondale.

Il radar di Cassini ha fotografato questa regione di Titano quattro volte: prima nel 2007, poi nel 2013, poi ancora nel 2014 e infine nel 2015. La struttura risulta visibile solo nelle immagini scattate nel 2013 e nel 2014. Cassini darà un’ultima occhiata a questa regione nell’Aprile del 2017, durante il suo ultimissimo incontro ravvicinato con l’affascinante luna di Saturno.

Nel corso degli anni, Cassini ha identificato una manciata di strutture simili, una delle quali è situata nel Mare Kraken. Secondo gli scienziati, queste strutture sono le prime prove della presenza di processi attivi nei mari e laghi di Titano. La loro natura transiente dimostra come i bacini di Titano siano ambienti tutt’altro che stagnanti.

Ligeia Mare è il secondo più vasto bacino di idrocarburi su Titano, coprendo una superficie totale di 130 mila chilometri quadri.

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Società Astronomica Fiorentina

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09.03: Osservazione pubblica e apertura Biblioteca. Nella stessa serata sarà possibile poter usufruire della biblioteca e i nostri esperti, tramite le attrezzature dell’associazione, permetteranno ai presenti di poter osservare i principali oggetti celesti del periodo.

Per info: cell. 377.1273573 –
presidente@astrosaf.it
www.astrosaf.it

Al Planetario di Ravenna

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08.03: “8 Marzo…Le donne
dell’astronomia” di Gianfranco
Tigani Sava (ingresso gratuito per le
donne).

info@arar.it – www.arar.it
www.racine.ra.it/planet

Giove in opposizione: tutti i consigli e una sfida per i più esperti!

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Cliccare sull'immagine per l'articolo completo su Coelum 198, ora solo in formato digitale e completamente gratuito!

Giove, il gigante gassoso, il pianeta più bello da osservare e fotografare, sarà in opposizione l’8 marzo, puntuale dopo 13 mesi dalla scorsa apparizione. Si apre quindi ufficialmente il periodo più bello dell’anno per l’osservazione dei pianeti perché entro l’estate arriveranno Marte, Saturno e l’atteso transito di Mercurio sul Sole del 9 maggio!

Indice dei contenuti

Osservare Giove

Se avete un telescopio da poco tempo e aspettate l’occasione giusta per osservare qualcosa che vi faccia rimanere a bocca aperta, Giove fa al caso vostro.

Ricordo ancora molto bene la prima volta che lo trovai, casualmente, con il mio piccolo rifrattore da 80 mm. Al contrario di tutte le stelle che ingenuamente puntavo sperando di osservare chissà cosa, quella “stella”, così brillante nel cielo, all’oculare non si mostrava più puntiforme e dalla luce tremolante. All’inizio pensai a un errore di messa a fuoco ma poi, già a 70 ingrandimenti, quel piccolo batuffolo di luce divenne una palla visibilmente ovale, con sovraimpresse due nitide bande marroni che correvano parallele da una parte all’altra e puntavano nella stessa direzione di quattro stelline allineate lungo lo stesso piano. Non vidi altro in quella prima esperienza, ma tanto bastò per ripetere l’appuntamento con il gigante nei giorni e nelle settimane successive. E mai scelta fu più azzeccata perché Giove premia sempre i suoi assidui osservatori, mostrando via via nuovi dettagli. continua a leggere

Una sfida per astrofotografi esperti

Chi mi conosce sa che spesso mi piace concludere gli articoli osservativi lanciando qualche sfida che cerchi di sfruttare il grande potenziale della strumentazione amatoriale.

Per Giove ho in mente qualcosa da diversi anni, senza che abbia mai avuto la possibilità di provare sul campo la mia idea. Per questo motivo lancio una sfida agli astrofotografi esperti, ma non necessariamente di riprese planetarie, anzi. Giove ha un debolissimo sistema di anelli che, in condizioni normali, è impossibile da osservare e fotografare perché diverse migliaia di volte più debole del disco. Tuttavia, credo che sia ormai possibile riuscire a riprendere gli anelli di Giove anche con una strumentazione relativamente modesta, come un telescopio da 20-25 centimetri.

Per l’impresa − ripeto, quasi impossibile − si deve quindi usare una strumentazione e una tecnica tipiche delle riprese del profondo cielo: una camera CCD monocromatica, meglio se raffreddata, ma anche una camera planetaria può andare bene, una scala dell’immagine compresa tra 0,5 e 0,8 secondi d’arco su pixel (non si lavora ad alta risoluzione) e uno strumento luminoso (f4-6,3) aiuta senza dubbio. [continua a leggere]

Tutte le effemeridi di Sole, Luna e pianeti nel Cielo di Marzo

Leggi l’articolo completo su Coelum 198 di marzo

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Hubble abbatte ogni record di distanza

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Questa immagine mostra GN-Z11 (nell’inserto): la galassia più distante scoperta fino ad ora. L’oservazione è stata realizzata grazie alla Wide Field Camera 3 a bordo del telescopio spaziale Hubble di NASA ed ESA, e ha permesso di datare l’epoca in cui si trova la galassia, ovvero quando l’Universo aveva appena 400 milioni di anni. Crediti: NASA, ESA, e P. Oesch (Yale University)

Utilizzando il telescoio spaziale Hubble di NASA ed ESA, un team internazionale di astronomi ha misurato la distanza di una nuova galassia, chiamata GN-Z11. Sebbene sia estremamente debole, la galassia è insolitamente brillante, considerata la sua distanza da Terra: quasi 13.5 miliardi di anni luce. La misura della distanza di GN-Z11 offre una forte evidenza a favore di altre osservazioni di galassie lontane e inaspettatamente luminose, dimostrando che ci stiamo avvicinando sempre di più alle prime galassie che si sono formate nell’Universo.

In precedenza, gli astronomi avevano stimato la distanza di GN-Z11 analizzando il suo colore nelle immagini raccolte con Hubble e con il telescopio spaziale Spitzer della NASA. Ora, per la prima volta nel caso di una galassia ad una distanza così estrema, il team è riuscito a sfruttare la Wide Field Camera 3 (WFC3) a bordo di Hubble per misurare con precisione la distanza di GN-Z11 grazie ai dati spettroscopici estremamente accurati.

«Le nostre osservazioni spettroscopiche rivelano che la galassia si trova ancora più lontano di quanto avevamo inizialmente ipotizzato, proprio al limite degli oggetti che possono essere visti da Hubble», spiega Gabriel Brammer dello Space Telescope Science Institute, co-autore dello studio.

Il risultato ottenuto pone GN-Z11 a una distanza che si pensava sarebbe stata raggiunta solo dall’imminente James Webb Space Telescope (JWST), il progetto frutto della collaborazione tra NASA, Agenzia Spaziale Europea e Agenzia Spaziale Canadese. JWST è stato indicato il successore di Hubble e il suo lancio è previsto per il 2018.

«Abbiamo fatto un enorme viaggio indietro nel tempo, ben oltre quello che ci saremmo mai aspettati di poter fare con Hubble», dice Pascal Oesch della Yale University, primo autore dello studio. «Siamo riusciti a guardare così lontano da arrivare a misurare la distanza di una galassia che si trova nell’epoca in cui l’Universo aveva solo il 3 percento della sua età attuale».

Per determinare distanze così grandi gli astronomi calcolano il redshift dell’oggetto, ovvero lo spostamento verso il rosso della sua luce. Questo fenomeno è la conseguenza dell’espansione dell’Universo: ogni oggetto distante sembra allontanarsi da noi, e di conseguenza la sua luce viene stirata verso lunghezze d’onda maggiori, che nello spettro ottico sono quelle rosse.

La galassia che deteneva il record precedente si chiama EGSY8p7 e ha un redshift di 8.68. Per GN-Z11 il valore confermato da questo ultimo lavoro è pari a 11.1, che corrisponde a 400 milioni di anni dopo il Big Bang.

Illustrazione della linea temporale in cui sono indicate le fasi principali di vita dell’Universo: da oggi (a sinistra) fino al Big Bang, 13.8 miliardi di anni fa (a destra). La galssia appena scoperta, GN-Z11, si trova a un redshift di 11.1, che corrisponde a 400 milioni di anni dopo il Big Bang. Nell’immagine viene segnalata anche la galassia che deteneva il record precedente, e che si trova a un redshift di 8.68. Crediti: NASA, ESA e A. Field (STScI)

«La galassia EGSY8p7 si trova immersa nell’epoca in cui la luce delle stelle nelle galassie primordiali ha cominciato a riscaldare e mettere in moto nubi di idrogeno gassoso e freddo», spiega Rychard Bouwens dell’Università di Leiden, co-autore dello studio. «Questo periodo di transizione è noto con il nome di “epoca della reionizzazione”. GN-Z11 è stata osservata 150 milioni di anni prima, quando questa transizione dell’Universo stava avendo inizio».

La combinazione delle osservazioni raccolte da Hubble e Spitzer ha mostrato che la giovanissima galassia è 25 volte più piccola della Via Lattea e ha solo l’1% di massa sotto forma di stelle, in confronto alla nostra galassia. Tuttavia, il numero di stelle nella galassia neonata è in rapida crescita: sta sfornando stelle a un tasso 20 volte superiore a quello attuale della Via Lattea. Questo tasso di formazione stellare altissimo rende la galassia luminosa, seppure remota, e per questo Hubble ha potuto osservarla e analizzarla in dettaglio.

La scoperta di questa galassia, però, pone anche nuovi dilemmi, poiché l’esistenza di un oggetto così luminoso e relativamente grande non era previsto dalla teoria. «È incredibile che una galassia così massiccia sia esistita solo 2-300 milioni di anni dopo che si sono iniziate a formare le prime stelle. Occorre una crescita molto rapida, una produzione di stelle ad un tasso enorme, per poter ottenere una galassia da un miliardo di masse solari in un’epoca così lontana», spiega Garth Illingworth dell’Università della California a Santa Cruz.

Marijn Franx, membro del team che ha effettuato la scoperta e ricercatore presso l’Università di Leiden, sottolinea: «La scoperta di GN-Z11 è stata una grande sorpresa per tutti noi, poiché un nostro lavoro precedente indicava che galassie così luminose non potevano esistere in epoche tanto remote della vita dell’Universo». Il suo collega Ivo Labbe aggiunge: «GN-Z11 ci ha dimostrato che la nostra conoscenza dell’Universo primordiale è ancora molto limitata. Come questa galassia si sia potuta creare rimane un mistero, per ora. Stiamo forse vedendo le prime generazioni di stelle che si formano intorno ai buchi neri centrali delle galassie?».

Questo risultato fornisce un’allettante anteprima di ciò che potremo ottenere con il JWST. «Questa scoperta dimostra che JWST potrà sicuramente scovare molte di queste galassie primordiali, risalenti all’epoca in cui l’Universo stava formando le prime galassie», conclude Illingworth.

Per saperne di più:

Leggi l’articolo pubblicato su The Astrophysical Journal “A Remarkably Luminous Galaxy at z=11.1 Measured with Hubble Space Telescope Grism Spectroscopy” di P. A. Oesch, G. Brammer, P. G. van Dokkum, G. D. Illingworth, R. J. Bouwens, I. Labbe, M. Franx, I. Momcheva, M. L. N. Ashby, G. G. Fazio, V. Gonzalez, B. Holden, D. Magee, R. E. Skelton, R. Smit, L. R. Spitler, M. Trenti e S. P. Willner
Guarda il servizio video su INAF-TV:

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FRASCATI SCIENZA: a cavallo delle onde, ascoltando lo Spazio-Tempo

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La prova che lo spazio-tempo possa essere curvato stimola la fantasia degli addetti ai lavori. Finalmente l’Universo può essere ascoltato attraverso nuovi strumenti aprendo l’orizzonte a spazi di conoscenza inaspettati. Ma quali gli scenari e le implicazioni che derivano dalla registrazione del segnale generato dalla fusione di due buchi neri? Come impiegare le onde gravitazionali? E a quale scopo?

Se ne parlerà venerdì 11 marzo, alle ore 17:00, presso il SAPERmercato di Frascati, durante l’eventoAscoltando lo Spazio-Tempo dedicato alle onde gravitazionali e alle loro possibili applicazioni.

L’incontro, organizzato dall’Associazione Frascati Scienza è parte degli eventi di lancio della Notte Europea dei Ricercatori 2016progetto promosso dalla Commissione Europea, coordinato e realizzato da Frascati Scienza.

Ospite d’eccezione, Paola Puppo, ricercatrice dell’INFN di Roma, membro della collaborazione internazionale LIGO-Virgo che ha annunciato la scoperta delle onde gravitazionali rivelate dagli interferometri statunitensi LIGO. In particolare, la Dott.ssa Puppo fa parte del team che si occupa delle sofisticate sospensioni degli specchi dell’interferometro Virgo di Cascina (Pisa), che ne attenuano le vibrazioni sismiche e termiche. È questo un punto di forza delle antenne gravitazionali che ha permesso di raggiungere sensibilità tali da captare il flebile segnale dell’onda gravitazionale proveniente dalla ‘danza’ finale di due buchi neri che si uniscono fino a formare un unico buco nero di massa più grande.

Ma oltre la scoperta, che dimostra accora una volta la validità della più bella teoria mai pensata dall’uomo, e alla magnificenza della tecnologia che ha permesso di raggiungere la sensibilità necessaria alla scoperta, cosa ci riservano le onde gravitazionali nel futuro?

L’incontro si svolgerà presso il SAPERmercato, ex mercato coperto di Frascati, una vera e propria installazione urbana della scienza e della conoscenza. Una realtà che è nata durante l’ultima edizione della Notte Europea dei Ricercatori e che rappresenta un sistema innovativo per diffondere contenuti scientifici ai cittadini, il ‘Saper Comune’ in un luogo inconsueto per la scienza.

L’evento è GRATUITO.

Clicca qui per iscriverti

info: www.frascatiscienza.it
tel: 06 83390544
email: info@frascatiscienza.it

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Congiunzione Luna Venere nel crepuscolo del mattino

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Verso le 6:15 del giorno 7 ci sarà l’occasione di mettere alla prova la propria acuità visiva cercando Venere nei pressi della Luna. A quell’ora, una sottilissima falce di Luna calante sarà appena sorta sull’orizzonte di est-sudest e avrà un’altezza di +7,5°, mentre Venere si troverà circa 3° più a sud alta solo +4,5°.

La difficoltà consisterà nel riuscire a vedere i due oggetti in un cielo già praticamente diurno, con il Sole sotto l’orizzonte di appena −4°. Sarà probabilmente necessario aiutarsi con un binocolo.

Tutte le effemeridi di Sole, Luna e pianeti sul Cielo di Marzo

Tutti gli eventi del cielo di marzo li trovi su Coelum Astronomia n.198

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Kelly e Kornienko sono tornati: conclusa la missione “One Year”

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di Marco ZambianchiAstronautinews.it

L’astronauta NASA Scott Kelly e il collega russo Mikhail Kornienko sono tornati sulla Terra questa mattina, mercoledì 2 marzo, alle ore 05:26 italiane, concludendo la missione One Year dopo 340 giorni a bordo della ISS. Nella Soyuz TMA-18M si trovava anche un secondo cosmonauta, il russo Sergey Volkov, che era arrivato sulla Stazione lo scorso 4 settembre.

Il trio ha toccato il suolo a sudest della città di Dzhezkazgan, una località al centro del Kazakistan.

“La missione One Year di Scott Kelly sulla ISS ci ha aiutato a far progredire il programma americano di esplorazione dello spazio profondo e di esplorazione umana di Marte”

ha dichiarato l’amministratore della NASA Charles Bolden.

“Scott è diventato il primo americano a passare un intero anno nello spazio, aiutandoci a compiere un enorme balzo verso l’obiettivo di sbarcare su Marte.”

Durante la missione da record, l’equipaggio ha compiuto circa 400 attività di ricerca per conto della NASA, a beneficio dell’intera umanità. Kelly e Kornienko hanno specificamente partecipato ad una serie di studi per raccogliere informazioni relativamente ad una spedizione verso Marte, con particolare riguardo a come il corpo umano si adatta all’assenza di peso, all’isolamento, alle radiazioni ed allo stress di un volo spaziale di lunga durata. Il gemello di Scott, Mark Kelly, ha partecipato in parallelo a studi sulla Terra per aiutare gli scienziati a comparare gli effetti dello spazio sul corpo a livello cellulare, così come sulla mente.

Una particolare ricerca ha esaminato come i fluidi corporei si ridistribuiscono nella parte superiore del corpo in assenza di peso. Questi cambiamenti si possono associare a cambiamenti fisici osservabili e anche ad un possibile incremento della pressione intracranica, due sfide che vanno ben comprese prima che gli esseri umani possano lasciare l’orbita terrestre bassa. Lo studio ha fatto uso del dispositivo russo Chibis per “spingere” nuovamente i fluidi verso le gambe, mentre gli occhi dell’astronauta-cavia venivano esaminati per captare ogni cambiamento. NASA e Rososmos sono già al lavoro per continuare congiuntamente esperimenti sulla redistribuzione dei fludi corporei con i prossimi partecipanti a missioni sulla Stazione Spaziale.

L’equipaggio ha sfruttato la particolare orbita della ISS, che passa sopra il 90% circa delle zone abitate della Terra, per monitorare e fotografare il nostro pianeta. Ha dato il benvenuto ad un nuovo strumento scientifico per gli studi sulla materia oscura e condotto dimostrazioni tecnologiche volte al sempre maggiore sviluppo di innovazioni, inclusi test su sistemi di controllo di veri e propri sciami di satelliti.

Kelly e Kornienko hanno visto l’avvicendarsi di ben sei veicoli cargo durante il loro volo. In particolare Kelly è stato coinvolto nella cattura di due veicoli cargo di contraenti NASA, la Dragon CRS-6, di SpaceX, e la quarta missione Cygnus, di Orbital. Un cargo giapponese HTV e tre Progress russe hanno poi completato la consegna di svariate tonnellate di rifornimenti.

Kelly ha poi condotto tre attività extraveicolari nella prima si è adoperato alla stesura di cavi utili al nuovo portello di attracco del lato USOS, che verrà usato dalle navette dei contraenti NASA. Nella seconda ha effettuato manutenzioni al circuito di distribuzione dell’ammoniaca del sistema di raffreddamento della ISS. La terza EVA lo ha visto impegnato nel ripristino del funzionamento del “carrellino” MTS, che scorre sul traliccio (Truss) della ISS.

Durante la missione One Year sono stati dieci in totale gli astronauti a bordo della Stazione, in rappresentanza di sei nazioni diverse: USA, Russia, Giappone, Danimarca, Kazakistan e Inghilterra.

Al termine di questo volo il “ruolino” di Kelly è arrivato a ben 520 giorni di permanenza nello spazio, il record per gli astronauti americani. Kornienko ha invece passato in volo 516 giorni, con Volkov che ha invece toccato quota 548.

Ad occuparsi della ISS sono ora i ragazzi di Expedition 47, al comando dell’americano Tim Kopra. Il trio Tim Kopra, Tim Peake e Yuri Malenchenko continueranno a lavorare nella Stazione fino all’arrivo del loro cambio, previsto tra un paio di settimane: il prossimo 18 marzo infatti Jeff Williams della NASA, insieme ai russi Alexey Ovchinin e Oleg Skripochka partiranno da Baikonur, Kazakhstan, a bordo di una nuova missione Soyuz.

Le statistiche, a cura di Paolo Baldo

Questo è stato anche l’atterraggio numero 300 nella storia dei voli orbitali con equipaggio. Questa stessa Soyuz (TMA-18M) era stata protagonista del lancio numero 300.

Volkov, con i suoi 548 giorni passati nello spazio, entra nella Top Ten di tutti i tempi inserendosi proprio al decimo posto e scalzando il connazionale Vinogradov, fermo a 547 giorni.

Kornienko invece si issa al terzo posto assoluto considerando la media di giorni passati nello spazio in ogni missione, con 258 giorni (di media appunto) in ognuna delle sue due missioni. In questo è superato solo dai connazionali Polyacov e Manarov (anche loro con due missioni).

Kornienko diventa inoltre l’astronauta russo più anziano di sempre ad essere rientrato dal suo secondo volo spaziale (55,9 anni) superando i 53,4 anni di Tokarev.

Sempre a proposito di età, questo è stato l’equipaggio più anziano (50,3 anni di media) ad essere rientrato a Terra nel mese di marzo, superando i 48,8 anni dell’equipaggio della navetta Discovery (STS-133) rientrato il 9 marzo 2011.

In ambito ISS, con il passaggio del comando da Kelly a Kopra, per la prima volta tre Expedition consecutive sono comandate da astronauti americani (Kelly la 45 e 46 e ora Kopra la 47). Curiosamente Malenchenko, attualmente alla sua quarta missione di lunga durata sulla ISS, ne ha comandata solo una, la prima che ha fatto (Expedition 7). Nelle altre tre occasioni è stato comandato da Peggy Whitson, Sunita Williams e ora Timothy Kopra. Per confronto, Padalka ha comandato tutte e quattro le sue missioni di lunga durata.

Tutti e tre gli astronauti rientrati oggi sono nella Top Ten per giorni di permanenza complessiva sulla ISS. Volkov è al terzo posto con 541 giorni (ed al primo fra coloro che ci sono saliti “solo” tre volte), Kornienko e Kelly rispettivamente all’ottavo e nono posto. Kornienko inoltre è al primo posto fra quelli che sono saliti a bordo solo due volte.

Volkov è il più giovane astronauta ad aver lasciato per la terza volta la ISS con i suoi 42,9 anni superando i 43,6 anni di Stephanie Wilson.

La Soyuz TMA-18M è stato il veicolo che ha passato il maggior tempo agganciato al boccaporto di Poisk (180 giorni), superando i 174 giorni della TMA-18 stabiliti fra aprile e settembre 2010. Curiosamente a bordo di quella Soyuz, sia al lancio che all’atterraggio, ci fu lo stesso Kornienko.

Immagine in evidenza: (C) NASA Tv

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MAVEN spia una luna marziana nell’ultravioletto

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Tra fine novembre e inizio dicembre 2015, la sonda americana MAVEN in orbita attorno a Marte ha effettuato una serie di passaggi ravvicinati accanto a Phobos, calandosi fino a una distanza di soli 500 chilometri dalla luna del Pianeta Rosso. La sonda americana ha puntato quasi tutti i suoi sensori in direzione dell’enigmatica luna, nel tentativo di far luce sulla sua misteriosa origine. La fotocamera IUVS, in particolare, è riuscita a spiare la superficie di Phobos nell’ultravioletto, raccogliendo preziose informazioni sulla sua composizione.

Credits: CU/LASP and NASA

Le immagini mostrano la luce solare riflessa dalla superficie di Phobos nel medio ultravioletto, reso in arancione. Sullo sfondo, il colore blu rivela la luce ultravioletta emessa a 121.6 nanometri di lunghezza d’onda, corrispondente alle radiazioni elettromagnetiche disperse dall’idrogeno che popola gli strati esterni dell’atmosfera marziana.

Confrontando le analisi spettrali della superficie di Phobos con quelle di asteroidi e meteoriti, gli scienziati potranno confermare o meno la sospetta origine asteroidale della luna: non è ancora chiaro, infatti, se Phobos sia un asteroide catturato dalla gravità di Marte oppure se si sia formato già in orbita attorno al Pianeta Rosso. Secondo gli scienziati, i dati raccolti da MAVEN nell’ultravioletto saranno anche in grado di smascherare eventuali molecole organiche sulla superficie, la cui presenza è stata suggerita dai dati raccolti dalla sonda europea Mars Express.

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Gruppo Astrofili Salese “G. Galilei”

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Dal 6 al 13 marzo a Villa Farsetti, S. Maria di Sala (VE)
Alla mostra potrai trovare: un Planetario della capienza di oltre 50 persone; la simulazione di un viaggio spaziale; la ricostruzione in scala, sul parco, del Sistema Solare;
Ricostruzione tridimensionale della costellazione del Grande Carro; un Pendolo di Foucault; una Mostra di strumenti di osservazione osservazione; una Mostra del libro scientifico e pubblicistica specializzata (per una descrizione più dettagliata vedi anche qui).
E ancora, una serie di postazioni interattive e con la guida dei nostri soci su: i messaggi della luce; quanto pesiamo sugli altri Pianeti?;
Immagini e suoni dallo spazio del profondo cielo; Giocando con la Fisica; Macchie e protuberanze solari; Le costellazioni dello zodiaco e la precessione degli equinozi …e tante altre cose curiose e interessanti!
www.astrosalese.it

L’ESA propone una base permanente sulla Luna

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Crediti: ESA/Foster + Partners

di ALBERTO ZAMPIERONAstronautinews.it

Tornare sulla Luna? La prossima tappa dell’esplorazione spaziale, dopo l’esperienza della Stazione Spaziale Internazionale, prevede molto di più. L’Agenzia Spaziale Europea ha un nuovo obiettivo: costruire una base permanente sulla luna.

I russi furono i primi a lanciare una missione sulla luna mentre gli americani i primi a camminare sulla sua superficie. Oggi la luna continua ad essere al centro di ambiziose ricerche come conferma anche il direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea Johann-Dietrich Wörner. Una base internazionale, una stazione aperta ai diversi Stati membri dell’Agenzia e ai paesi di tutto il mondo.

Un sogno animato dalla stessa passione che ha portato il primo uomo sulla Luna. Certo finora nessuno ha mai realizzato un progetto simile. Dalla missione spaziale Apollo sono stati fatti passi da gigante.

L’idea del “Moon Village”, di una stazione sulla luna, rientra nel progetto globale destinato a sostituire la ISS e dovrebbe essere un grande laboratorio per sviluppare nuove tecnologie. “Saranno coinvolti americani, russi, cinesi, indiani, giapponesi, e altri Paesi con contributi minori”, sottolinea il Direttore Generale dell’ESA Johann-Dietrich Wörner.

Al momento i dettagli forniti non sono molti ma l’entusiasmo è alle stelle. All’inizio di febbraio al Centro Astronautico Europeo di Colonia si è tenuto un workshop su come costruire un villaggio lunare permanente. Tra i messaggi chiave: poter pensare di utilizzare ghiaccio, metalli e minerali rilevati sulla Luna. Alcuni degli scienziati, che potrebbero trasformare questa idea in realtà, lavorano presso il Centro Astronautico Europeo.

“La Luna è piena di risorse. Abbiamo trovato ghiaccio ai poli lunari e zone dove c’è quasi sempre luce. Queste aree possono offrirci le risorse necessarie da utilizzare per la costruzione della base lunare e per la sopravvivenza degli astronauti”, fa sapere Bernard Foing, Direttore del Gruppo internazionale di lavoro per l’esplorazione lunare.

Un’impresa che deve anche fare i conti anche con diversi ostacoli: radiazioni solari e cosmiche, micro-meteoriti, temperature estreme. Problemi sui quali sta lavorando uno dei tanti ricercatori dell’ESA. Secondo Aidan Cowley, per utilizzare il suolo lunare bisogna costruire cupole protettive: “Tra le tante idee c’è quella di utilizzare questo materiale lunare per la stampa in 3D per un edificio sulla Luna, forse potrebbe funzionare.”

Alla creazione di una base lunare l’Europa si sta muovendo da tempo, ad esempio con il progetto “Luna 27” frutto di una collaborazione tra l’Esa e l’Agenzia Spaziale Russa (Roscosmos). Certo, potrebbero volerci 20 anni prima che il sogno diventi realtà.

L’ESA non è sola in questo progetto così ambizioso. La Cina sta pianificando la missione per riportare del campione di roccia lunare, la Russia un lander robotico con il supporto dell’ESA, mentre la capsula spaziale Orion della NASA dovrebbe volare attorno alla Luna prima del 2020.

“Il vantaggio del villaggio lunare è che non abbiamo bisogno, all’inizio, di una grande quantità di fondi. Possiamo iniziare con una semplice missione di atterraggio, che molti Paesi stanno già pianificando. Poi servirà un maggiore investimento per telescopi e un radiotelescopio. Molteplici servizi per più utenti ma situati in un unico luogo”, conclude Johann-Dietrich Wörner, Direttore Generale dell’ESA.

Come avrete capito la Luna è qualcosa di scientificamente interessante, ma dal punto di vista tecnologico servono molti fondi. Un’impresa di grande valore per l’esplorazione da parte dell’uomo del sistema solare.

Fonte: ESA

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Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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04.03: “Verso l’equinozio: il firmamento di fine inverno” proiezione con commento a cura di
Gianpietro Ferrario.

Per info: 0341.367584
www.deepspace.it

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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04.03: “Giganti e supergiganti rosse” di Pietro Planezio.

Per il programma completo andare al sito.
Per info: cell. 346.2402066
info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Posticipato l’incontro con l’asteroide 2013 TX68: ci sfiorerà l’8 marzo

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Credit: NASA/JPL-Caltech Image credit: NASA/JPL-Caltech

2013 TX68 era già passato vicino alla Terra un paio di anni fa in completa sicurezza, alla distanza di 2 milioni di chilometri:
Sapevamo già di questo asteroide e che avrebbe volato vicino alla Terra all’inizio di marzo ma questi ulteriori dati ci permettono di capire meglio il suo percorso orbitale“, ha detto nel report Paul Chodas, responsabile del Center for Near-Earth Object Studies (CNEOS) della NASA.
I dati indicano che questo piccolo asteroide passerà probabilmente molto più lontano dalla Terra di quanto si pensasse“.

2013 TX68, che misura circa 30 metri di diametro, era stato scoperto dal Catalina Sky Survey il 6 ottobre 2013 mentre si avvicinava sul lato notturno del nostro pianeta. Dopo tre giorni di monitoraggio, però, l’asteroide passò nel cielo diurno e gli astronomi non riuscirono più a seguirlo tanto che fino a qualche settimana fa. Il range di incertezza sul fly-by era molto elevato, da una distanza di 14 milioni di chilometri fino a 17.000 chilometri dalla Terra.

Un valido aiuto è arrivato da Marco Micheli del NEO Coordination Centre (NEOCC/SpaceDys) dell’ESA a Frascati, che ha individuato l’oggetto nelle immagini archiviate, misurato la sua posizione e fornito le informazioni al Minor Planet Center di Cambridge, Massachusetts.

Secondo le nuove previsioni, l’asteroide volerà a 5 milioni di chilometri dalla Terra con una possibilità minima si passare più vicino, ma comunque oltre i 24.000 chilometri sopra la superficie terrestre. Le nuove informazioni hanno anche permesso di raffinare l’orbita per il futuro, stabilendo che non impatterà con il nostro pianeta almeno per il prossimo secolo. Purtroppo questo incontro non sarà neppure uno spettacolo astronomico: oltre ad essere un oggetto scuro, 2013 TX68 transiterà così lontano da ridurre drasticamente le possibilità di osservazione.

BALLE DI SCIENZA Storie di errori prima e dopo Galileo

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A quasi due anni di distanza dal successo di Pisa, cantonate, errori e bufale scientifiche tornano protagonisti e sbarcano in Sicilia, alle falde dell’Etna, infatti, il museo Città della Scienza – Università di Catania ospiterà la seconda edizione della mostra, curata dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare in collaborazione con l’Università degli Studi di Catania. Un’occasione in più per lasciarsi guidare alla scoperta di abbagli e coincidenze che hanno segnato la storia della scienza.

La mostra vi racconterà come gli errori accompagnano inevitabilmente il desiderio dell’uomo di conoscere: grandi scoperte – fatte qualche volta anche per caso – si intrecciano con clamorose sviste. Gli scienziati infatti portano in laboratorio, ed è difficile fare altrimenti, le proprie convinzioni religiose, filosofiche e culturali. In realtà, però, correggere i propri errori è l’essenza stessa del metodo scientifico, inaugurato da Galileo più di 400 anni fa. Ciò che conta è non perdere meraviglia e curiosità di fronte al mondo. Sbagliarsi fa parte del gioco.

Info e prenotazioni: ballediscienza@ct.infn.it
www.ballediscienza-catania.it

La Luna nello Scorpione, tra Marte e Saturno

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Nella seconda parte della notte si potrà seguire il lento avvicinamento a Saturno da parte dell’Ultimo Quarto di Luna, con il nostro satellite che verso le 3:00 del mattino, quando i due oggetti saranno alti circa +12° sull’orizzonte di est-sudest, arriverà a circa 3,5° dal pianeta. N.B. Per esigenze grafiche la dimensione del dischetto lunare, in questa e nelle altre illustrazioni, è due o tre volte superiore alla giusta scala immagine

Come capita ormai da tempo, anche per assistere alla prima congiunzione celeste di marzo, il giorno 2, sarà necessario alzarsi molto presto, oppure tirare tardi e fare tutto un dritto.

L’ora consigliata per seguire il lento avvicinarsi della Luna a Saturno è infatti quella delle 3:30, quando il pianeta e il nostro satellite arriveranno a distare tra loro circa 3,3° sull’orizzonte di sudest. La loro altezza in quel momento sarà in media di +16°, con Saturno (mag. +0,5) che rivaleggerà in luminosità con la rossa Antares (mag. +1,1) nel cuore dello Scorpione.

La notte prima, sempre alla stessa ora, la Luna si porterà nei pressi di Marte (mag. +0,3), avvicinandolo fino a una distanza di quasi 5°. Tutto dipenderà dalle condizioni atmosferiche, ma se la trasparenza dell’aria sarà buona come talvolta accade in questo periodo dell’anno, anche queste “normali” congiunzioni potranno regalare spunti per delle suggestive riprese fotografiche comprensive del paesaggio.

Tutte le effemeridi di Sole, Luna e pianeti sul Cielo di Marzo

Tutti gli eventi del cielo di marzo li trovi su Coelum Astronomia n.198

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Il Cielo di Marzo

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La cartina è costruita per le ore 21:00 del 15 marzo (orario in TMEC per una località posta a Lat. 42° N e Long. 12° E)

EFFEMERIDI

A notte fonda, le brillanti costellazioni a cui eravamo abituati in inverno declinano a ovest per lasciare il posto a quelle tipicamente primaverili. Ad annunciare la nuova stagione è come sempre il Leone, che con il suo caratteristico profilo già campeggia verso sud, circondato da costellazioni (Leo Minor, Sextant, Coma, ecc.) molto  deboli, se non (specialmente osservando dalla città) addirittura “invisibili”. Niente a che vedere, insomma,  con le luci rutilanti delle costellazioni invernali.

Dobbiamo però renderci conto che il cielo che osserviamo in primavera è proiettato al di fuori del piano della Via Lattea… là dove le stelle sono molto più rare e il cielo è dominato da galassie, percepibili però soltanto al telescopio.

Ricordiamo due importanti eventi nel corso di questo mese: prima di tutto, il giorno 27 si tornerà all’ora estiva (TU+2). In quella data, a partire dalle ore 02:00 locali, bisognerà portare gli orologi avanti di un’ora.

Inoltre, nel fine settimana del 12-13 marzo il disturbo lunare sarà minimo, e si realizzeranno quindi le condizioni migliori per tentare la Maratona Messier, ovvero l’osservazione in un’unica notte di tutti (o  quasi) i 110 oggetti del celebre catalogo.


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Società Astronomica Fiorentina

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02.03: “Onde Gravitazionali: come si possono rivelare; le sorgenti” del Dr. Ruggero Stanga, responsabile fino al 2002, della costruzione degli accelerometri per il damping inerziale dei SuperAttenuatori di VIRGO.

Per info: cell. 377.1273573 –
presidente@astrosaf.it
www.astrosaf.it

Ecco il polo nord di Plutone

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Credit: NASA/JHUAPL/SwRI/Coelum

A distanza di sei mesi dallo storico flyby con Plutone, la sonda New Horizons continua a trasmettere a Terra le straordinarie immagini riprese durante il massimo avvicinamento al pianeta. Proprio ieri la NASA ha divulgato una ripresa (cliccare per aprire l’immagine ad alta risoluzione) che mostra la caotica regione del polo nord in una zona chiamata Lowell Regio. Un paesaggio colorato di giallo e blu, catturato dalla sonda da una distanza di 33900 chilometri circa 45 minuti prima del flyby avvenuto il 14 luglio scorso.

Il paesaggio si può descrivere come un altopiano di ghiacci giallastri che alle quote e alle latitudini più basse sfumano fino a svanire in un mare di ghiaccio grigio e blu, il tutto percorso qua e là da grandi canaloni dirupati. Una possibilità è che i terreno gialli corrispondano ai depositi di metano più antichi, che hanno subito maggiormente gli effetti della radiazione solare rispetto ai terreni blu.

Il canyon più ampio (in giallo nell’immagine annotata qui a lato, dove è anche segnata la posizione del polo) è largo circa 75 chilometri, con una valle (in blu) che lo percorre per tutta la lunghezza. Più ad est, quasi parallelo, se ne scorge un altro (in verde) largo 10 chilometri, e ancora più ad est (in rosa) se ne vede uno molto stretto e contorto. Secondo i planetologi della NASA, le loro pareti piuttosto degradate sono la prova che questi canyon, generati da movimenti tettonici, sono fra i più antichi del piccolo pianeta.

Nelle vicinanze ci sono anche delle cavità di forma irregolare (in rosso) che raggiungono 70 chilometri di larghezza e quattro chilometri di profondità. Secondo i ricercatori questi bacini sarebbero stati formati dallo scioglimento del ghiaccio sotterraneo che avrebbe fatto collassare la superficie.

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Scoperto un potenziale nuovo pianeta nano nella periferia del sistema solare

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Un gruppo di astronomi è riuscito a scovare un nuovo oggetto celeste nella remota e gelida periferia del Sistema solare. Il corpo, catalogato come 2015 KH162, è un probabile oggetto trans-Nettuniano. Inoltre, vista la sua notevole magnitudine assoluta, pari a circa 3.6993, gli scienziati sospettano che si tratti di un pianeta nano. Assumendo che il suo albedo sia simile a quello dei pianeti nani già scoperti, una magnitudine assoluta così notevole sarebbe indicativa di un corpo di grandi dimensioni, con un diametro probabilmente compreso tra 480 e 1080 chilometri. L’annuncio della scoperta è stato dato poche ore fa da Scott Sheppard, David Tholen, Chad Trujillo e Yudish Ramanjooloo dell’osservatorio hawaiano di Mauna Kea.
L’oggetto si trova in un’orbita che lo porta tra 41.4 e 82.8 unità astronomiche dal Sole. La sua inclinazione orbitale rispetto all’eclittica è di 28.8 gradi. Dati i suoi parametri orbitali, l’oggetto completa una rivoluzione intorno al Sole ogni mezzo millennio circa.

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Al Planetario di Ravenna

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Le osservazioni si tengono presso i Giardini Pubblici con ingresso libero, meteo permettendo. Inizio ore 21:00, prenotazione consigliata.

27.02, ore 16:30: …un pomeriggio al Planetario. “Quante stelle lassù: il cielo della prossima Primavera” di Marco Garoni. Conferenza adatta a bambini a partire dai 6 anni.

Prenotazione sempre consigliata.
Per info: tel. 0544.62534 –
info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

La spettacolare coda di gas di Messier 90

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La galassia in primo piano è NGC 4569, una galassia a spirale che si trova all’interno dell’ammasso della Vergine. I filamenti rossi sulla destra dell’immagine corrispondono all’idrogeno gassoso rilasciato dalla galassia. La scia contiene circa il 95% del gas di cui la galassia ha bisogno per alimentare la formazione di nuove stelle. Crediti: CFHT/Coelum
M90 (NGC 4569, al centro dell'immagine) è una galassia a spirale appartenente all’Ammasso della Vergine. I filamenti rossi che fuoriescono alla sua destra sono il gas perso dalla galassia. La scia contiene circa il 95% del gas di cui la galassia ha bisogno per alimentare la formazione di nuove stelle. Crediti: CFHT/Coelum

Un team internazionale di astronomi ha scoperto una spettacolare scia di gas, lunga più di 300 mila anni luce, che scaturisce da una galassia vicina a noi, NGC 4569. La scia è costituita da gas ionizzato, ovvero il materiale da cui si formano nuove stelle, ed è cinque volte più lunga della galassia stessa.

La cupola del Canada France Hawaii Telescope che si trova sulla cima del vulcano hawaiiano Mauna Kea; ospita un telescopio della classe dei 3,6 metri su cui è installata MegaCam, una camera CCD a mosaico di 340 milioni di pixel, costruita in Francia da CEA Saclay.

Lo studio, guidato da Alessandro Boselli del Laboratoire d’Astrophysique di Marsiglia, è appena stato pubblicato nel numero 587 – Marzo 2016 della rivista Astronomy & Astrophysics.

Era noto da tempo che la galassia NGC 4569 conteneva meno gas del previsto, ma non si riusciva a capire dove fosse andato a finire. «Non trovavamo la prova schiacciante di una qualche forma di rimozione del gas galattico», dice Luca Cortese, astrofisico dell’International Centre for Radio Astronomy Research in Australia, che fa parte del team. «Ora, grazie a queste osservazioni, siamo riusciti a vedere per la prima volta una grande quantità di gas che crea un flusso in uscita dalla galassia». La cosa più interessante è che misurando la massa del flusso si trova che equivale alla quantità di gas che manca dal disco della galassia.

L'ammasso della Vergine sempre in un'immagine dalla collaborazione CFHT/Coelum, stavolta però elaborata con fini più estetici per uno dei poster della serie Hawaiian Starlight, che propone, su carta patinata, le immagini più belle di questa lunga collaborazione. Cliccare sull'immagine per informazioni.

NGC 4569 si trova nell’ammasso della Vergine, un gruppo di galassie distante circa 45 milioni di anni luce dalla Via Lattea, all’interno del quale si muove a ben 1.200 chilometri al secondo, ed è stato proprio questo moto a causare la perdita di gas da parte della galassia. «Sappiamo che i grandi ammassi di galassie intrappolano una grande quantità di gas caldo», dice Cortese. «Sicché, quando una galassia si muove nell’ammasso subisce la pressione del gas (come quando si sente il vento sul viso), che è in grado di strappare la materia dalla galassia».

Tra gli autori dello studio figurano anche Jean-Charles Cuillandre, astronomo molto noto tra gli appassionati anche per le immagini del famoso calendario CFHT prodotto dal 2000 in collaborazione con il team di Coelum, e il nostro Giovanni Anselmi.

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Per saperne di più:


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Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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Le conferenze serali iniziano alle ore 21:00.

26.02: “Tutti scienziati a casa propria: scopriamo la citizen science” Laura Proserpio.

Per info: 0341.367584
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55 Cancri e la sua velenosa atmosfera

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Rappresentazione artistica della super-Terra 55 Cancri e davanti alla sua stella madre. Crediti: ESA/Hubble, M. Kornmesser
Rappresentazione artistica della super-Terra 55 Cancri e davanti alla sua stella madre. Crediti: ESA/Hubble, M. Kornmesser

Conosciamo da anni il pianeta roccioso 55 Cancri e (vedi Media INAF), due volte le dimensioni della Terra ma con una massa ben otto volte maggiore: caratteristiche che lo rendono uno degli esopianeti più densi mai studiati finora. Scoperto nel 2004, 55 Cancri e (o Janssen) interessa gli astronomi per la sua particolare struttura, ma anche per la sua atmosfera. Un gruppo di ricercatori europei è riuscito infatti a rilevare per la prima volta i gas dell’atmosfera di questa super-Terra, trovando la presenza di idrogeno ed elio ma non quella di vapore acqueo. Lo studio è stato pubblicato su The Astrophysical Journal.

«Questa è una scoperta molto emozionante, perché è la prima volta che siamo stati in grado di rilevare i gas presenti nell’atmosfera di una super-Terra», spiega Marco Rocchetto, dottorando nel dipartimento di Fisica e Astronomia allo UCL (University College London), che ha lavorato all’analisi e all’interpretazione dei dati con i colleghi Angelos Tsiaras e Ingo Waldmann. «Le osservazioni dell’atmosfera di 55 Cancri e suggeriscono che il pianeta è stato in grado di conservare una quantità considerevole di idrogeno ed elio dalla nebula di gas dalla quale si sono formati».

55 Cancri e è la super-Terra più vicina a noi, per questo anche tra i migliori candidati per le osservazioni dettagliate della superficie e delle condizioni atmosferiche dei pianeti extrasolari rocciosi. 55 Cancri e è inoltre così vicino a 55Cancri A (la sua stella simile al Sole, a circa 40 anni luce dalla Terra) che un anno, lassù, dura appena 18 ore e le temperature sulla superficie raggiungono circa 2.000 gradi Celsius (sul lato più caldo, cioè quello sempre esposto verso la vicina stella perché è in rotazione sincrona, le temperature oscillano tra i 1000° e i 2700° C). «A questa distanza ravvicinata dalla stella», dice Rocchetto a Media INAF, a causa dell’intensa radiazione stellare ci si aspetterebbe che il pianeta perda gran parte della sua atmosfera tramite processi di fuga. Ciononostante, sembra che 55 Cancri e sia riuscito a mantenere la maggior parte della sua atmosfera primordiale, ma non è ancora chiaro come questo sia potuto succedere».

La stella 55 Cancri è molto luminosa, così il team di ricerca è stato in grado di utilizzare le nuove tecniche di analisi per estrarre informazioni sul suo pianeta. Oltre a idrogeno ed elio, gli esperti hanno anche trovato tracce di acido cianidrico, tipico delle atmosfere ricche di carbonio, che però «è estremamente velenoso. 55 Cancri e non è quindi un pianeta sul quale vivrei!», osserva Jonathan Tennyson, di UCL. «Una tale quantità di acido cianidrico indicherebbe un ambiente con un elevato rapporto di carbonio/ossigeno», aggiunge Olivia Venot, della Katholieke Universiteit Leuven in Belgio, che ha sviluppato un modello della chimica atmosferica di 55 Cancri.

Un close-up del pianeta 55 Cancri e. Crediti: ESA/Hubble, M. Kornmesser

La scoperta è stata effettuata, ancora una volta, utilizzando i datti raccolti dal telescopio NASA/ESA Hubble e dalla sua Wide Field Camera 3 (WFC3), che ha osservato velocemente la stella creando una serie di spettri. Grazie alla combinazione di queste osservazioni, analizzate poi da un particolare software, i ricercatori sono stati in grado di recuperare i dati spettrali di 55 Cancri e “imprigionati” nella luce della sua stella. «Questo risultato ci permette per la prima volta di capire di cos’è fatta l’atmosfera di una super-Terra. Ma dovremo attendere i nuovi telescopi spaziali nell’infrarosso, nella prossima decade, per saperne di più», spiega Giovanna Tinetti di UCL.

A Rocchetto abbiamo chiesto perché si tratta di un risultato così importante. «Innanzitutto, questa scoperta rappresenta la prima rilevazione di gas in un’atmosfera di un pianeta roccioso poco più grande della Terra. La “Wide Field Camera 3” (WFC3) installata a bordo del telescopio spaziale Hubble è già stata usata nel passato per studiare le atmosfere di due altre super-Terre, ma senza risultati conclusivi. Le super-Terre sono una classe di pianeti assenti dal nostro Sistema solare, ma rappresentano la tipologia più comune nella nostra galassia. Il loro studio può quindi fornirci importanti informazioni su come i pianeti e i sistemi solari si formano ed evolvono». Rocchetto ha aggiunto: «La seconda ragione è che non ci si aspettava che gas leggeri come idrogeno ed elio potessero dominare l’atmosfera di questo pianeta. La presenza di questi gas indica infatti che l’atmosfera di 55 Cancri e è primordiale, ossia composta dai gas provenienti dalla nube di gas dalla quale il pianeta si è formato. Poiché i meccanismi attraverso i quali 55 Cancri e abbia mantenuto una considerevole frazione di atmosfera primordiale sono a oggi poco compresi, questa scoperta ha il potenziale di stimolare numerosi nuovi studi».

E ora cosa cambia? «55 Cancri e nel passato era stato soprannominato il “pianeta diamante“, poiché modelli basati sulla sua massa e raggio hanno portato alcuni astronomi a congetturare che la sua composizione interna fosse ricca di carbonio», dice il ricercatore italiano. «Tuttavia, successive osservazioni avevano smentito tali affermazioni. Oggi ci troviamo di fronte a un pianeta ancora più esotico di quanto si potesse immaginare. Innanzitutto, queste osservazioni ci indicano che l’atmosfera di 55 Cancri e, a differenza dell’atmosfera terrestre, non si è evoluta significativamente dalla sua formazione. Ciò fa si che il poco ossigeno presente nell’atmosfera si combini con l’idrogeno per formare acqua. Inoltre, la nostra analisi ci indica che l’atmosfera di 55 Cancri e potrebbe avere un alto quantitativo di carbonio. Questo quindi significherebbe l’assenza di acqua, e la presenza di specie come l’acido cianidrico e l’acetilene».

E aggiunge: «È necessario comprendere e studiare questa classe di pianeti in dettaglio, ma al momento c’è solo un limitato numero di super-Terre che possono essere osservate con il telescopio Hubble per studiare le loro atmosfere. Missioni future come NASA/TESS e ESA/PLATO scopriranno migliaia di super Terre, e la loro caratterizzazione ci permetterà di comprendere meglio come si sono formati e come si sono evoluti. Il James Webb Space Telescope, successore dell’Hubble, consentirà di osservare queste atmosfere in maggiore dettaglio, in un regime di lunghezza d’onda maggiore. La nostra analisi ci suggerisce che questo pianeta continuerà a sorprenderci quando telescopi della prossima generazione come JWST, o missioni dedicate come ARIEL, osserveranno nuovamente la sua atmosfera».

Per saperne di più:

Leggi lo studio pubblicato su The Astrophysical Journal: “Detection of an atmosphere around the super-Earth 55 Cancri e”, di A. Tsiaras, M. Rocchetto, I. P. Waldmann, O. Venot, R. Varley, G. Morello, M. Damiano, G. Tinetti, E. J. Barton, S. N. Yurchenko e J. Tennyson

Guarda il servizio di Eleonora Ferroni su Media INAF TV

Leggi l‘inchiesta di Coelum sul futuro e sullo stato della ricerca di vita nei pianeti extrasolari pubblicata su Coelum n. 193, 194, 195 e sui numeri gratuiti online 197 e 198 (di prossima uscita con la conclusione dell’inchiesta)..

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Al Planetario di Ravenna

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Le osservazioni si tengono presso i Giardini Pubblici con ingresso libero, meteo permettendo. Inizio ore 21:00, prenotazione consigliata.

23.02: “Anno bisesto anno funesto? Curiosità sul nostro calendario” di Mauro Graziani.

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Nuovi indizi di un oceano sotterraneo su Caronte

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Gli scienziati hanno raccolto nuovi indizi a favore della presenza di un oceano al di sotto della superficie gelata di Caronte, la luna principale di Plutone. L’oceano, un tempo liquido, si sarebbe ormai solidificato. Essendo l’acqua allo stato solido meno densa rispetto al suo stato liquido, la solidificazione dell’oceano avrebbe comportato un aumento di volume e aperto quindi delle cicatrici sulla superficie.

Le immagini scattate il 14 Luglio dalla sonda New Horizons della NASA, 40 minuti prima del culmine del suo storico incontro con Plutone, mostrano complessi sistemi di faglie tettoniche nella forma di dorsali, scarpate e valli, alcune delle quali toccano i 6.5 chilometri di profondità. Nelle immagini è visibile anche un sistema di fenditure ed abissi equatoriali che misura oltre 1800 chilometri in lunghezza e 7.5 in profondità. Questo quadro generale, a detta degli scienziati, è indicativo di una superficie che si è dovuta allungare a causa dell’espansione degli strati interni.

Mantenere un oceano allo stato liquido richiede la presenza di forti fonti di calore. Finora, gli scienziati hanno individuato due sorgenti termiche: il calore dovuto al decadimento radioattivo degli elementi del nucleo e il calore residuo della formazione. I satelliti gioviani presentano un’ulteriore sorgente di calore, provocata dalle forze mareali esercitate da Giove; tale sorgente è da escludere per quanto riguarda Caronte, in quanto la luna si trova in rotazione sincrona con Plutone.

La fotografia è stata scattata dallo strumento LORRI a una risoluzione spaziale di 394 metri per pixel e da una distanza di 78700 chilometri.

“Astrosamantha – La donna dei record nello spazio” il docu-film

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di Veronica RemondiniAstronautinews.it

Martedì 16 febbraio si è tenuto presso la Casa del Cinema di Roma l’evento di presentazione del film “Astrosamantha – La donna dei record nello spazio”, al quale abbiamo avuto l’onore di partecipare. In seguito alla visione si è tenuta una conferenza stampa alla presenza del regista Gianluca Cerasola e della voce narrante Giancarlo Giannini, di cui potete trovare un report su Twitter con l’hashtag #FuturaIlFilm.

“Futura”, perché sebbene il titolo del documentario si riferisca alla protagonista, si è colta l’occasione per presentare al pubblico uno scorcio della preparazione a cui tutti gli astronauti sono sottoposti prima di intraprendere la loro missione. La ghiotta occasione del lancio della nostra connazionale ha dato al regista l’opportunità di creare il primo film in lingua italiana interamente dedicato alla vita e al lavoro di uno di loro, mostrando in egual misura l’impegno tecnico e i momenti di vita comune.

La magia che percepiamo pensando al lavoro di astronauta è in piccola parte dovuta anche alla riservatezza del suo operato e alle attività che  risultano complesse ai più. Con questo docu-film si sono voluti rendere accessibili a tutti i ritmi che scandiscono la sua vita, in ordine cronologico, spaziando dagli studi per superare determinati esami fino alla vita sociale, dagli esercizi fisici alle attività di tutti i giorni come la cucina o il relax, per arrivare poi al momento del lancio. Anche entrando talvolta nel dettaglio, la fluidità del film non viene intaccata da tecnicismi e non si cade mai nella banalità, nemmeno per chi conosce già la storia di Samantha, perché lei sa sempre snocciolare all’occorrenza qualche chicca, aneddoto o dettaglio che non aveva detto prima, o che non valeva la pena raccontare sui media.

Si ha l’impressione che si siano volute scandire le varie successioni di eventi con una sorta di capitoli, qualche scena che stacca dal mood precedente e prepara agli accadimenti successivi. Forse questa scelta non risulta del tutto chiara allo spettatore abituato ad immergersi nel film, perché talvolta non accompagna adeguatamente le diverse sensazioni, così come le musiche a momenti dissonanti con le scene. Nel complesso, però, ne scaturisce un documentario di rara bellezza, che non manca di esprimere entusiasmo, professionalità, simpatia e anche di commuovere.

Il docu-film sarà presente nelle sale italiane l’1 e il 2 Marzo per una visione da parte del pubblico, e poi sarà messo a disposizione delle scuole e degli istituti di ricerca per alimentare negli studenti il fuoco della passione e della curiosità, e per far passare il messaggio a cui Samantha tiene particolarmente, ossia credere nella propria forza di volontà e nelle proprie capacità per raggiungere gli obiettivi perché “il mondo si sposta dinnanzi a chi sa dove andare”.

Cercatelo nelle sale più vicine a voi e poi tornate sulle pagine del nostro forum per commentarlo insieme a noi!

La conferenza

Dopo la visione del film è stato possibile porre alcune domande al regista Cerasola, a Giannini e a Samantha Cristoforetti che, nonostante fosse malata e senza voce, si è resa comunque disponibile a rispondere via Skype tramite chat. Ecco qui le principali curiosità, tutte le altre si possono trovare su Twitter cercando #FuturaIlFilm:

Domande per Samantha Cristoforetti

D: Che cosa ne pensa di questo film? Le è piaciuto?

R: Il film mi ha commossa, e fa strano vedersi sul grande schermo

D: Sarà possibile vedere la Cristoforetti sulla Luna in futuro?

R: Ci sono progetti per una missione cislunare di ESA negli anni ’20, ed è previsto che ci andranno astronauti europei perciò chissà…

D: Cosa ha portato la donna Cristoforetti alla propria missione, oltre che come astronauta?

R: Non so quali elementi della mia personalità dipendano prettamente dall’essere donna, perciò non so cosa rispondere.

D: Quando era nello spazio le è mancata la pioggia? E più in generale, che cosa le è mancato di più della Terra?

R: No, non mi è mancata ma una volta abbiamo messo il suono della pioggia sulla ISS. E’ stato anche divertente ricreare le feste terrestri, come il Natale o i compleanni, per sentire un maggior contatto con il tempo terrestre.

Domande per Giancarlo Giannini e Gianluca Cerasola

D: Giannini, cosa l’ha convinta a dare la voce a questo film?

R: Lo spazio mi ha sempre affascinato, da piccolo avrei voluto fare il costruttore aeronautico.

D: Che cosa la affascina di Samantha?

R: Trovo straordinarie la fantasia e la curiosità delle donne. Non ho conosciuto la Cristoforetti di persona, ma credo che incarni queste qualità alla perfezione.

D: Cerasola, perché ha scelto di fare un film su un astronauta?

R: Mi sono accorto che in Italia non sono mai stati fatti film su astronauti e ho pensato che il lancio di Samantha sarebbe stata un’ottima occasione.

D: Ha incontrato difficoltà?

R: Sì, ad un certo punto ero persino scoraggiato dalle mille richieste di permessi necessari, ma ci ho provato comunque. Sono stato messo in contatto direttamente con la Cristoforetti la quale ci ha pensato un po’ su e alla fine ha accettato di partecipare. Grazie a NASA e a Roscosmos abbiamo poi avuto accesso a luoghi generalmente inaccessibili.

D: Ha tagliato qualche scena nel film? Se sì, cosa?

R: Beh, in tre anni di riprese potete solo immaginare quanto materiale io abbia in archivio, ma ho voluto rendere il film il più semplice possibile, raccontando soprattutto le emozioni, perciò ho tagliato più che altro le parti tecniche.

D: Perché il lancio di Cristoforetti ha avuto così tanto impatto mediatico, confermato anche dalla creazione di questo documentario?

R: Samantha ha la capacità di raccontare con estrema semplicità anche le parti più difficili, ha una capacità innata di rapportarsi alle telecamere nonostante la sua riservatezza.

Segui la discussione su ForumAstronautico.it

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Gruppo Astrofili William Herschel

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Quest’anno il gruppo astrofili William Herschel propone un corso di astrofotografia: Leonardo Orazi, astrofotografo (www.starkeeper.it/), introdurrà, in cinque conferenze, gli strumenti e le tecniche per ottenere splendide immagini degli oggetti celesti!
Ingresso libero.
Gli incontri si terranno nei giorni 16 e 22 febbraio, 15 e 22 marzo, 19 aprile a partire dalle ore 21:30, presso la sala riunioni della Parrocchia Immacolata Concezione e San Donato ini Via Saccarelli 10, Torino.
Per informazioni: info@gawh.net
www.gawh.net

Al Planetario di Ravenna

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Le osservazioni si tengono presso i Giardini Pubblici con ingresso libero, meteo permettendo. Inizio ore 21:00, prenotazione consigliata.

21.02, ore 10:30: Osservazione del Sole (ingresso libero, cielo permettendo).

Prenotazione sempre consigliata.
Per info: tel. 0544.62534 –
info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

ATTENZIONE! DATECI NOTIZIE!

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Foto della scia del bolide, ripresa da Cascina (fonte Meteoweb)
Foto della scia del bolide, ripresa da Cascina (fonte Meteoweb)

Una forte scia luminosa è stata avvistata in molte regioni italiane nella serata del 17 febbraio, poco prima delle 18.30. In particolare nei cieli delle regioni nord-occidentali, quindi Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia, ed anche in Toscana.
Anche molti siti francesi hanno riportato la notizia, infatti la scia è stata avvistata da moltissime persone anche nell’area orientale della Francia. Il bolide, durato pochissimi secondi, ha illuminato con una luce intensa il cielo e ha lasciato una scia leggermente ondulata, come si può osservare dalle foto.

Nel sito di raccolta segnalazioni per eventi di questo genere dell’International Meteor Organization si possono vedere le numerose testimonianze, più che altro da Francia e Svizzera, raccolte in una mappa, che ci indica oltre alla concentrazione delle segnalazioni e l’entità del fenomeno in base alla magnitudine indicata dagli osservatori, anche la direzione in cui il fenomeno è stato osservato.

Nessun impatto per ora è stato confermato, l’oggetto è esploso in volo e quel poco che può essere arrivato a terra è probabilmente caduto in una zona di alta montagna, rendendone impossibile l’individuazione.

Nonostante la durata e l’intensità del fenomeno, le foto e le riprese del bolide dall’Italia, ma anche le segnalazioni sui vari siti di monitoraggio, sono davvero poche, a causa probabilmente anche del brutto tempo… perciò dateci notizie e fateci sapere se siete riusciti a riprenderlo!

Potete caricare le vostre immagini anche su Photocoelum, cercando di inserire maggiori dettagli possibili!

L’unico video al momento ripreso dall’Italia è quello di Andrea Franchi:


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Scuola di Storia della Fisica – Osservatorio di Asiago

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Dal 22 al 26 febbraio si terrà ad Asiago un corso di formazione rivolto insegnanti di fisica e di matematica delle scuole secondarie, agli studenti universitari e ai dottorandi interessati.
Non si tratta di un convegno specialistico ma intende essere un intreccio tra storia e didattica della fisica, rigoroso ma fruibile dal punto di vista di un insegnante di scuola secondaria superiore ed è infatti rivolto a docenti delle scuole secondarie superiori, dottorandi ed in generale ai cultori della disciplina; oltre ad una serie di conferenze sono previsti gruppi di lavoro pomeridiani in cui i partecipanti possono sviluppare ed approfondire le tematiche oggetto della Scuola.
“Scopo di questo corso è rendere possibile agli insegnanti la riflessione sullo sviluppo storico della fisica mettendo l’accento sugli aspetti culturali della disciplina e sul valore didattico della storia della fisica
nell’insegnamento della fisica.“
Relatori e Coordinatori Cesare Barbieri, Università di Padova; Silvio Bergia, Università di Bologna; Luisa Bonolis, Max Planck Institute – Berlino; Luigi Brasini, GsdF-Cesena; Biagio Buonaura, GsdF – Nola; Massimo Capaccioli, Università di Napoli; Stefano Ciroi, Università di Padova; Giuseppe Galletta, Università di Padova; Edoardo Piparo, GSdF – Messina; Amedeo Alberto Poggi, GsdF-Ferrara; Massimo Turatto, INAF Osservatorio Astronomico di Padova; Valeria Zanini, INAF Osservatorio Astronomico di Padova.

Iscrizioni entro il 15 febbraio 2016
Informazioni sul Gruppo di Storia della Fisica dell\’AIF, sulle sue attività e sulla Scuola di Asiago sono
reperibili all’indirizzo: www.lfns.it/STORIA/

Schiaparelli agganciato in cima a TGO: tutto pronto per il lancio di ExoMars

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Le due sonde della missione euro-russa ExoMars 2016 hanno raggiunto la loro configurazione di lancio, con l’aggancio del modulo di atterraggio Schiaparelli in cima al Trace Gas Orbiter. Le due sonde si separeranno il 16 ottobre, tre giorni prima di raggiungere Marte.

Photo credit: ESA - B. Bethge

I due veicoli sono stati uniti meccanicamente tramite una struttura nota come Main Separation Assembly, o MSA, che è attaccata a TGO tramite 27 viti. Al momento della separazione, tre diversi meccanismi pirotecnici entreranno in funzione, con molle compresse e angolate che spingeranno Schiaparelli lontano dall’orbiter, impartendogli una rotazione sul proprio asse che lo stabilizzerà durante l’ingresso nell’atmosfera. Le molle sono tenute in posizione da un sistema di attuatori non esplosivi, o NEA.

Le sonde erano già state unite tra di loro due volte durante i test avvenuti al centro della Thales Alenia di Cannes. Dalla loro ultima separazione, le due sonde sono state trasferite al centro di lancio di Baikonur e hanno iniziato gli ultimi preparativi per il lancio del 14 marzo. Schiaparelli, in particolare, è stato sottoposto a test di contaminazione biologica, ha assistito all’installazione degli ultimi componenti del suo scudo termico ed è stato rifornito di idrazina ed elio per la pressurizzazione dei serbatoi. Per quanto riguarda TGO, invece, uno dei principali strumenti si è rivelato parzialmente difettoso ed è stato sostituito con un modello di riserva.

L’unione delle due sonde è iniziata il 13 febbraio, quando gli ingegneri hanno collegato e verificato i sistemi elettrici. I test si sono protratti fino al giorno 15. Il prossimo passo ora sarà installare le ultime tre mattonelle dello scudo termico di Schiaparelli e rifornire di carburante anche TGO. Per questa settimana sono previsti anche gli ultimi test al software di comunicazione.


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Scopri di più su ExoMars:

Il programma euro-russo ExoMars si articola in due missioni da due componenti ciascuna. La prima fase vedrà la sonda Trace Gas Orbiter, o TGO, decollare assieme al modulo sperimentale d’atterraggio Schiaparelli nella finestra di lancio del 14-25 marzo 2016. Le due sonde decolleranno in cima allo stesso razzo Proton dal cosmodromo kazako di Baikonur e resteranno l’una attaccata all’altra per tutta la durata della crociera interplanetaria. Tre giorni prima di giungere a destinazione, il 16 Ottobre 2016, le due sonde si separeranno, iniziando così i loro cammini separati.

Schiaparelli farà il suo ingresso nell’atmosfera marziana a 21 mila chilometri orari e 122.5 chilometri di quota, rallentando la propria discesa mediante aerofrenaggio. Poi, a 11 chilometri di altitudine e 1650 chilometri orari di velocità, Schiaparelli rallenterà ulteriormente la propria caduta con un paracadute. Infine, dopo la separazione dello scudo termico e del paracadute, il modulo sperimentale verrà gentilmente appoggiato sul suolo di Meridiani Planum da un sistema di 9 propulsori a idrazina che si attiveranno a 2 metri dal suolo. L’atterraggio è previsto per il 19 Ottobre. Schiaparelli si limiterà a verificare il funzionamento di una serie di tecnologie di discesa ed atterraggio – materiali in grado di resistere fino a 1500 gradi centigradi, il sistema di paracadute, il sistema di altimetria radar e il sistema di propulsione a propellente liquido. Trattandosi “solamente” di una dimostrazione tecnologica, Schiaparelli non è dotato né di pannelli solari né di generatori termoelettrici a radioisotopi. Le sue batterie non gli consentiranno di superare i 2-8 giorni marziani di vita, una volta atterrato. Nonostante ciò, Schiaparelli ha comunque a disposizione una serie di strumenti scientifici. Il pacchetto DREAMS consiste in una serie di sensori in grado di misurare la velocità e la direzione del vento (MetWind), l’umidità (DREAMS-H), la pressione (DREAMS-P), la temperatura atmosferica in prossimità della superficie (MarsTem), l’opacità dell’atmosfera (SIS) e l’elettrificazione atmosferica (MicroARES). Il programma AMELIA analizzerà invece i dati raccolti dai sensori diagnostici per ricostruire la traiettoria della sonda e determinare le condizioni atmosferiche in quota. Lo strumento COMARS+, invece, monitorerà il flusso di calore durante la discesa di Schiaparelli. Infine, la fotocamera DECA riprenderà la discesa attraverso l’atmosfera marziana. Il modulo è dotato anche di un sistema retroriflettore che permetterà alle sonde in orbita di localizzarlo usando i laser.

Nel frattempo, lo stesso giorno dell’atterraggio di Schiaparelli, il Trace Gas Orbiter accenderà il suo motore principale a bipropellente per inserirsi in un’orbita preliminare attorno a Marte. Poi, a Dicembre 2016, TGO modificherà la propria inclinazione orbitale a 74 gradi. Subito dopo, mediante ulteriori manovre a propulsione attiva, TGO abbasserà il suo apocentro, riducendo il periodo orbitale da 4 a 1 giorno marziano. Poi, nell’arco di tutto il 2017, la sonda effettuerà una serie di manovre di aerofrenaggio per calarsi a 400 chilometri di quota. A Dicembre 2017, la sonda potrà finalmente avviare le operazioni scientifiche nominali. La sonda si concentrerà principalmente sullo studio dei gas in traccia, ovvero i gas che costituiscono meno dell’un percento dell’atmosfera marziana. Le misurazioni sulle concentrazioni di questi gas saranno fino a tre magnitudini più precise di quelli oggi a disposizione degli scienziati. TGO vanta quattro diversi strumenti o apparati scientifici: NOMAD userà tre spettrometri – due nell’infrarosso e uno nell’ultravioletto – per determinare la composizione atmosferica e mappare in particolare il metano e molte altre specie; ACS impiegherà tre strumenti nell’infrarosso per far luce sui processi chimici e sulla struttura dell’atmosfera marziana, lavorando a stretto contatto con NOMAD; CaSSIS produrrà fotografie a colori e stereoscopiche con una risoluzione di 5 metri per pixel; FREND impiegherà un rilevatore di neutroni per mappare le concentrazioni di idrogeno fino a un metro di profondità, rivelando eventuali depositi sotterranei di ghiaccio. La sonda ha una vita operativa che si estende fino alla fine del 2022.

Nel 2018, sarà il turno di un’altra coppia di sonde, stavolta entrambe dirette verso la superficie marziana. Maggio 2018 gennaio2019?

Le due sonde atterreranno assieme, usando un sistema di paracadute e propulsori perlopiù russo. Dopo essersi adagiate sul suolo marziano, le due sonde inizieranno le loro missioni separate: il rover scenderà dalla piattaforma russa e inaugurerà la sua esplorazione del Pianeta rosso, alla ricerca di materiali organici risalenti a miliardi di anni fa.

Il rover, ancora senza un nome ufficiale, sarà munito di una fotocamera panoramica (PanCam) per mappare i suoi dintorni, uno spettrometro infrarosso (ISEM) per determinare la composizione mineralogica delle rocce, una fotocamera (CLUPI) per fotografare ad alta risoluzione e a colori le rocce e gli affioramenti rocciosi da vicino, un radar (WISDOM) per ricostruire la stratigrafia al di sotto del rover, uno strumento (Adron) per cercare tracce di acqua e minerali idrati nel sottosuolo, un rilevatore di biomarcatori (MOMA), uno spettrometro (MicrOmega) per studiare i campioni raccolti e uno (RLS) per identificare pigmenti organici al loro interno. La punta di diamante del rover sarà però il trapano, che sarà in grado di penetrare nel suolo marziano e raccogliere campioni fino a due metri di profondità. La trivella è dotata di uno spettrometro infrarosso italiano (Ma-Miss) per caratterizzare i siti da cui prelevare i campioni. La missione prevede la raccolta di almeno 17 campioni.

La piattaforma scientifica russa sarà invece dotata di 13 strumenti: LaRa, che rivelerà i dettagli della struttura interna di Marte e misurerà variazioni nella rotazione, nell’inclinazione e nel momento angolare del pianeta in seguito a ridistribuzioni di massa (ad esempio la sublimazione delle calotte polari); HABIT, che studierà la quantità di vapore acqueo (ed eventuali variazioni) nell’atmosfera; METEO, un pacchetto meteorologico che include sensori di pressione, umidità, polveri, radiazioni e campi magnetici; MAIGRET, un magnetometro; TSPP, un sistema di fotocamere; BIP, che studierà le condizioni marziane; FAST, uno spettrometro infrarosso per studiare l’atmosfera, ADRON-EM, uno spettrometro a neutroni; M-DLS, uno spettrometro laser per studiare l’atmosfera; PAT-M, un termometro per misurare la temperatura del suolo fino a un metro di profondità; Dust Suit, che analizzerà le dimensioni e gli impatti delle polveri atmosferiche; SEM, un sismometro; MGAP, che eseguirà cromatografia liquida-spettrometria di massa.

A Ottobre, gli scienziati europei e russi hanno raccomandato Oxia Planum come sito primario di atterraggio per la missione del 2018, con Aram Dorsum e Mawrth Vallis come siti di riserva.

Associazione Cascinese Astrofili

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20.02: Osservazione pubblica presso: CAMS (Centro Astronomico del Monte Serra). Agriturismo Serra di Sotto, Strada Prov. Monte Serra a Buti (PI). Meteo permettendo.
Tel. 0587/070563
www.agrserradisotto.it

Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
www.astrofilicascinesi.it

Congiunzione Luna Giove

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La lista dei migliori fenomeni celesti del mese si chiude la mattina del 24 con una nuova congiunzione tra la Luna quasi piena e Giove distante circa 2,3°, questa volta però osservabile sull’orizzonte sudovest e con i due oggetti alti più di +40°.

Se l’atmosfera sarà trasparente e senza umidità, dovremmo assistere a uno splendido scenario da plenilunio invernale. La Luna sarà decisamente invasiva con il suo chiarore, ma anche così gli astrofotografi più bravi riusciranno senz’altro a ricavare suggestivi accostamenti tra il cielo e gli elementi del paesaggio.

Per le effemeridi di Luna e Pianeti vedere il Cielo di Febbraio

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Tutti gli eventi del mese di febbraio
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Al Planetario di Ravenna

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Le osservazioni si tengono presso i Giardini Pubblici con ingresso libero, meteo permettendo. Inizio ore 21:00, prenotazione consigliata.

19.02: Osservazione della volta stellata (ingresso libero, cielo permettendo).

Prenotazione sempre consigliata.
Per info: tel. 0544.62534 –
info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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Le conferenze serali iniziano alle ore 21:00.

CICLO “La Scienza non esatta: bugie, follie e fortuna nel cammino della conoscenza”
19.02: “Scienziati squilibrati: riflessioni sulle follie della scienza” di Luca Perri.

Per info: 0341.367584
www.deepspace.it

Infini.to Planetario di Torino – Museo dell’Astronomia e dello Spazio

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19.02: SERATA OSSERVATIVA. Sarà possibile esplorare il cielo stellato attraverso un viaggio virtuale nel Planetario digitale e visitare una cupola dell’Osservatorio, osservando eccezionalmente dal telescopio rifrattore più grande d’Italia. In caso di maltempo l’osservazione diretta del cielo sarà sostituita da una visita storica alla cupola dell’Osservatorio.

Per informazioni e prenotazioni:
http://www.planetarioditorino.it/infinito/un-cielo-di-stelle-al-parcoastronomico
info@planetarioditorino.it
Tel. 011 8118740 (mar-ven 10.00-15.00) – Fax 011 8118652

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Philae, la ricerca non si ferma

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L'ultima immagine rilasciata della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, ripresa il 5 febbraio scorso da Rosetta (NavCam) quando si trovava a 53,4 km dal nucleo. L'immagine ha una risoluzione di 4,6 m/pixel. ESA/Rosetta/NavCam – CC BY-SA IGO 3.0

Rosetta continuerà le operazioni di ricerca del lander Philae con l’obiettivo di riprenderne le attività. Questo è quanto emerge dalla nota rilasciata dal Tiger Team, un gruppo di esperti voluto dal Lander Steering Committee per fare il quadro dell’attuale situazione di Philae.

Dopo aver analizzato i dati ricevuti nel corso degli 8 contatti avuti tra lander e orbiter nel periodo giugno/luglio 2015, il gruppo di specialisti ha formulato tre possibili scenari che spiegherebbero le difficoltà di stabilire un contatto con la sonda che giace sulla superficie della cometa 67P/Churyumov Gerasimenko dal 12 novembre 2014.

Il primo presuppone che, per effetto delle temperature ambientali estremamente basse, il sistema di comunicazione o qualche altro apparato vitale del lander abbia riportato dei danni tali per cui Philae non riuscirebbe a mettersi in contatto con Rosetta; il secondo spiegherebbe l’assenza di segnali con la polvere cometaria che, depositatasi sui pannelli di Philae a causa della diminuzione dell’attività della cometa dopo aver superato il perielio (metà agosto 2015), avrebbe ridotto la capacità dei suoi pannelli solari di generare potenza elettrica.

L’ultimo scenario, invece, prevede che il lander si sia mosso rispetto alla posizione in cui ha svolto la First Science Sequencenella zona nominata Abydos, e che le sue antenne siano invece orientate in un modo diverso da quello presunto, non permettendo la ricezione dei segnali provenienti da Rosetta.

«Il terzo scenario lascia uno spiraglio alla possibilità che si possa ripristinare il contatto con Philae e metterlo in condizioni di svolgere ancora indagini scientifiche sulla superficie della cometa – ha commentato Mario Salatti, project manager di Philae per ASI –  è però necessario che Rosetta individui il lander e ci dica come sono posizionati i pannelli solari rispetto al Sole e come sono posizionate le sue antenne per ottimizzare le finestre di comunicazione con la sonda».

L'ultima immagine rilasciata della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, ripresa il 5 febbraio scorso da Rosetta (NavCam) quando si trovava a 53,4 km dal nucleo. L'immagine ha una risoluzione di 4,6 m/pixel. ESA/Rosetta/NavCam – CC BY-SA IGO 3.0

Lo scorso 22 gennaio Rosetta si è spostata nella parte sud della cometa e al momento sta orbitando a un’altezza pari a circa 50 chilometri. Tale distanza viene monitorata di giorno in giorno ed eventualmente ridotta in una misura che garantisca comunque le massime condizioni di sicurezza per la navigazione della sonda.

«È una lotta contro il tempo — ha concluso Salatti — con l’attività della cometa in costante diminuzione, Rosetta può avvicinarsi sempre di più alla sua superficie: quando sarà in grado di avvicinarsi ad almeno 10 chilometri potrà risolvere adeguatamente la figura di Philae nelle immagini di OSIRIS. Allo stesso modo però, le condizioni energetiche necessarie per l’accensione del lander vanno peggiorando man mano che la distanza dal Sole aumenta. ESA valuterà se fare un “flyby” ravvicinato alla zona Abydos nelle prossime settimane, ma sull’effettiva esecuzione della manovra peserà enormemente l’esigenza di non mettere a repentaglio la sicurezza della sonda Rosetta».

Risorse online

TUTTE LE IMMAGINI DELLA COMETA
Una spettacolare mappa interattiva tridimensionale di tutte le posizioni in cui Rosetta ha ripreso e inviato immagini della cometa. Selezionando la modalità “dispaly observations” sarà possibile cliccare stile “google viewer” la singola posizione lungo le orbite per vedere le immagini della cometa ripresa dalla sonda da quella posizione (con tutti i dettagli). Con il movimento del mouse è poi possibile ruotare e zoomare l’immagine e osservare le orbite della sonda attorno alla cometa su 3 dimensioni.


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