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Il Cielo di Maggio-Giugno

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EFFEMERIDI

La poca varietà di fenomeni celesti  durante il mese di maggio consente di riassumerli quasi tutti (con i necessari approfondimenti forniti dalle figure a seguire) in questa illustrazione. Sarà infatti Venere, di sera e sull’orizzonte ovest, a dar vita alle congiunzioni più interessanti: sia con le stelle della costellazione dei Gemelli, sia con la Luna e con Giove. Tutto ciò potrà essere seguito ad occhio nudo o al massimo con un binocolo, non appena il cielo si farà abbastanza scuro (presumibilmente verso le 22:00) da permettere l’osservazione delle stelle coinvolte.

Stazione Spaziale, i più spettacolari transiti del periodo

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Stasera la vista è stata letteralmente fantastica! La ISS è apparsa giusto per inserirsi in una vista astronomica favolosa: la falce di Luna Crescente, il brillante Venere, e i deboli Marte e Mercurio (al centro in basso, tra il cipresso e gli alberi a destra dello stesso) e la Torre Pendente di Pisa! Non penso che serva aggiungere altro in quanto la foto parla da sola. Ho utilizzato una Canon EOS 700D con obiettivo 18-55 IS STM. La foto è del 20/04/15 alle ore 21:00 circa. Credit: Giuseppe Petricca

20/04/15 ore 21:00 circa. Stasera la vista è stata letteralmente fantastica! La ISS è apparsa giusto per inserirsi in una vista astronomica favolosa: la falce di Luna Crescente, il brillante Venere, e i deboli Marte e Mercurio (al centro in basso, tra il cipresso e gli alberi a destra dello stesso) e la Torre Pendente di Pisa! Non penso che serva aggiungere altro in quanto la foto parla da sola. Ho utilizzato una Canon EOS 700D con obiettivo 18-55 IS STM. Foto Credit: Giuseppe Petricca


Nell’attesa del periodo di massima illuminazione della ISS di giugno, nel mese di maggio la Stazione Spaziale tornerà ad attraversare i nostri cieli al mattino, prima dell’alba.

Per questo motivo segnaliamo solo i transiti più evidenti e luminosi, visibili dalla maggior parte della nazione – per seguire il primo dei quali dovremo attendere la metà del mese.

Il 15 maggio – dalle 04:36 alle 04:43, osservando da SSO a ENE – la ISS sarà visibile dal Centro Sud Italia, con una miglior osservabilità per le regioni ioniche. Magnitudine di picco –2,6, che renderà il transito facile da rintracciare anche dalle città.


Nel Cielo – Galassie sperdute o mai trovate storie narrate intorno alla testa del Drago

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Ben alta sulle nostre teste in questo periodo dell’anno, la costellazione del Draco si snoda attorno al Polo nord celeste, insinuandosi tra le due Orse e protendendo la testa verso l’Ercole, l’eroe greco da cui, secondo la mitologia greca, l’animale verrà ucciso. Lunghissima (la sesta più grande costellazione per estensione), circumpolare (e dunque sempre al di sopra dell’orizzonte), per l’osservatore visuale questa zona di cielo offre numerose attrattive, come ad esempio quella di ospitare il Polo nord dell’Eclittica, situato proprio nei pressi della testa della mitica creatura. Ed è proprio in quei dintorni che andremo alla ricerca di tre galassie misconosciute.

Per approfondire leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, i cenni storici, le immagini e le mappe dettagliate, nell’articolo tratto dalla Rubrica Nel Cielo di Salvatore Albano presente a pagina 50 di Coelum n. 192

ASTROINIZIATIVE UAI

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In diretta web con il Telescopio Remoto UAI Skylive dalle ore 21:30 alle 22:30, con la nuova Skylive Web-TV all’indirizzo: http://www.skylive.it/WebTV.aspx
o collegandoti al Client Web: http://app.skylive.name/Client/
Ovviamente tutto completamente gratuito.

Questi gli appuntamenti mensili.

UAI con SKYLIVE Una Costellazione sopra di Noi – Il primo venerdì di ogni mese, a cura di Giorgio Bianciardi (vicepresidente UAI).

SKYLIVE con UAI Occhi al Cielo. Rassegnastampa e cielo del mese – Quarto giovedì del mese a cura di Stefano Capretti. www.skylive.it

IMPORTANTE: La tua iscrizione al canale Youtube è molto preziosa per noi al fine di migliorare la qualità della trasmissione. Basta cliccare sul pulsante sotto il video “iscriviti”, oppure andare al link diretto al nostro canale Youtube: www.youtube.com/subscription_center?add_user=skylivechannel

7-10 maggio

XLVIII Congresso dell’Unione Astrofili Italiani a Maddaloni (CE)
Il più importante appuntamento degli appassionati di astronomia in Italia: tre giorni di conferenze e di condivisione di esperienze formative alla presenza di importanti personaggi del mondo della cultura astronomica nazionale e internazionale. Quest’anno il Congresso sarà particolarmente ricco di iniziative e appuntamenti per scoprire, ri-scoprire o approfondire la passione per l’osservazione del cielo e per la scienza. Sarà anche un’eccellente occasione per conoscere un territorio dalle eccezionali risorse storico-culturali e turistiche. Organizzazione a cura della Delegazione UAI: Unione Maddalonese Amici del Cielo.

www.uai.it/astrofilia/congressouai/congresso-uai-2015.html

CORSO BASE di ASTRONOMIA

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07.05: “Strumenti per l’osservazione del cielo”.

info: www.astropolaris.it

Addio, MESSENGER

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Ultima immagine ripresa da MESSENGER (cratere Jakin), con una risoluzione di 2,1 metri per pixel, scattata il 30 aprile [NASA].
L'ultima immagine ripresa da MESSENGER (cratere Jakin), con una risoluzione di 2,1 metri per pixel, scattata il 30 aprile - NASA

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E finisce così l’avventura del primo veicolo spaziale ad essere entrato in orbita del più piccolo pianeta del Sistema Solare per analizzarlo con un livello di dettaglio senza precedenti.
La sonda, 513 kg e tre metri di diametro, si è schiantata ad una velocità di 14 000 km/h (3,91 m/s) sulle coordinate 54,4º nord e 210,1º est, a nord-est del grande bacino da impatto Shakespeare, lasciando un cratere di circa 16 metri di diametro. A dire il vero, MESSENGER avrebbe dovuto schiantarsi su Mercurio molto prima, ma hanno deciso di estendere la sua missione di un paio di mesi.

MESSENGER (MErcury Surface, Space Environment, GEochemistry, and Ranging), un acronimo con un chiaro riferimento al messaggero degli dei del pantheon romano, è stato lanciato da Cape Canaveral il 3 agosto 2004 da un razzo Delta II 7925 diretto verso Mercurio, l’unico pianeta terrestre che non era ancora stato raggiunto da una sonda orbitale. Infatti, ad eccezione dei tre flyby di Mariner 10 nel 1974 e nel 1975, nessun altro veicolo spaziale aveva esplorato Mercurio.

Mercurio visto da MESSENGER - NASA

Fino a MESSENGER, in pieno XXI secolo, le mappe di Mercurio mostravano solo il 45% della superficie del pianeta. Il resto era territorio inesplorato. Contrariamente a quanto si potrebbe supporre, il viaggio verso Mercurio è estremamente costoso in termini di energia e, se non si desidera che la sonda trasporti enormi quantità di carburante, sono necessarie diverse manovre di gravity assist con altri pianeti. In effetti, il Mariner 10 è diventato il primo veicolo spaziale che ha effettuato queste manovre per raggiungere il suo obiettivo. Per non essere da meno del suo antenato, MESSENGER ha fatto un flyby della Terra il 2 agosto 2005 e due di Venere, rispettivamente il 24 ottobre 2006 e il 5 Giugno 2007. In seguito ha fatto tre flyby di Mercurio nel 2008 ed infine si è inserito nell’orbita del pianeta più vicino al Sole il 17 marzo 2011.

MESSENGER, rotta verso Mercurio - NASA
Il flyby della Terra ripreso da MESSENGER nel corso del 2005 - NASA

La missione primaria si è conclusa il 17 marzo 2012, dopo l’invio di oltre centomila immagini.
Al 6 marzo 2013 la sonda è riuscita a mappare il 100% della superficie di Mercurio, tranne all’interno di alcuni crateri polari che sono permanentemente in ombra e il 17 dello stesso mese ha chiuso il primo anno della sua missione estesa.
La seconda missione estesa è iniziata il 17 giugno con l’obiettivo di studiare Mercurio da meno di 20 km di quota rendendo così possibile l’utilizzo del magnetometro e dello spettrometro a neutroni per studiare la composizione della superficie in maggior dettaglio.

MESSENGER: missione principale e orbita di lavoro - NASA

L’addio a MESSENGER è stato dato dopo la ripresa di oltre 280 000 fotografie con la fotocamera MDIS (Mercury Dual Imaging System) e il completamento di una mappa tridimensionale con il laser altimetro MLA (Mercury Laser Altimeter). Il 24 Aprile 2015 la sonda ha effettuato la sesta e ultima manovra per aumentare la sua orbita. In queste manovre è stato utilizzato elio come propellente invece di idrazina, ma ad aprile è esaurito.
La piccola sonda ha completato un totale di 4104 orbite, l’ultima delle quali aveva un’altezza compresa tra 300 e 600 metri, ma alla fine MESSENGER ha dovuto cedere alle inesorabili perturbazioni gravitazionali del Sole.

Immagine del 23 aprile con una risoluzione di 1,1 metri per pixel - NASA

MESSENGER in questi quattro anni ha fatto molte scoperte che hanno rivoluzionato la nostra conoscenza di Mercurio. Una delle più suggestive riguarda quelle che sono chiamate depressioni (hollows). Nessuno sa di cosa sono fatte e come si sono formate, ma ciò che è chiaro è che questo è un fenomeno relativamente recente, in termini geologici, e mostra che Mercurio non è un pianeta morto. Si presume che le depressioni possano essere correlate a un qualche tipo di vulcanismo associato ai solfati o ai minerali ricchi di metalli (ferro, sodio o potassio), ma per ora abbiamo solo ipotesi non confermate.


Un’altra importante scoperta è stata la conferma dell’esistenza di ghiaccio in alcuni crateri polo nord di Mercurio, un ghiaccio mescolato con regolite e talvolta con uno strato di sostanze organiche. MESSENGER ha anche confermato che il nucleo di Mercurio è liquido e genera un forte campo magnetico. La sonda ha trovato anche prove di uno strato misterioso di solida roccia tra il manto semi-fuso e il nucleo liquido, oltre a scoprire le strutture tettoniche che dovrebbero aver avuto origine dal ritiro del pianeta una volta raffreddato dopo la sua formazione.
In breve, l’eredità di MESSENGER è molto più interessante di quanto ci aspettassimo. Lungi dall’essere una roccia arida, Mercurio è un mondo vivente, un obiettivo più che affascinante per la missione Europeo-Giapponese BepiColombo che dovrebbe partire nel 2017.

Grazie di tutto, MESSENGER, sei stato un buon messaggero.

La Terra e la Luna visti da MESSENGER da distanza 98 milioni di km - NASA
Sintesi della missione - NASA

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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08.05: “La scoperta dell’azione a distanza” di Pietro Planezio.
Per il programma completo andare al sito.
Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Conosciamo i nuovi 5 crateri di Mercurio

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Nell’immagine potete vedere il pianeta Mercurio e i cinque crateri appena rinominati.

Nell’immagine potete vedere il pianeta Mercurio e i cinque crateri appena rinominati.

Mentre la sonda della NASA MESSENGER si prepara allo schianto sul pianeta Mercurio (che avverrà il 30 aprile), sono stati annunciati i nomi di altri 5 crateri sul primo pianeta del nostro Sistema solare. Messenger, lanciata nel 2004, cadrà sulla superficie di Mercurio (raggiunto nel 2001) a 3,91 chilometri al secondo e verrà ricordata come la prima sonda entrata in orbita intorno al pianeta più vicino al Sole.

La 3600 candidature per i nomi dei crateri sono state valutate da esperti del Working Group for Planetary System Nomenclature dell’International Astronomical Union (IAU). In semifinale ne sono arrivate 17 e le 5 vincitrici sono: Carolan, Enheduanna, Karsh, Kulthum e Rivera (CLICCA QUI per guardare i crateri nel dettaglio). Come prevedono le regole in questo caso, i nomi dei crateri su Mercurio devono ricordare un artista, un compositore o uno scrittore famoso da più di 50 anni o comunque morto da più di 3 anni.

Turlough O’Carolan (Carolan) è stato un compositore irlandese durante la fine del 16° secolo; Enheduanna, principessa degli Accadi vissuta nella città sumera di Ur nell’antica Mesopotamia, è considerata da molti studiosi la prima poetessa conosciuta;  Yousuf Karsh, armeno-canadese, e stato uno dei più grandi fotografi del 20° secolo; Umm Kulthum cantante egiziana, nonché autrice di canzoni e attrice di successo tra anni Venti e Settanta; infine Diego Rivera, un importante pittore messicano, marito di Frida Khalo.

La missione di MESSENGER volge al termine, ma la sonda della NASA ha superato tutte le aspettative: in circa quattro anni ha raccolto oltre 250.000 immagini numerose altre informazioni utili per comprendere l’origine e l’evoluzione del pianeta.

Per saperne di più:

Al Planetario di Ravenna

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28.04:Speciale La settimana di Urania (ingresso gratuito
per le donne): “Vita da polveri interstellari e Comete?” di C. Balella.
Prenotazione sempre consigliata.
Per info: tel. 0544.62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Associazione Cascinese Astrofili

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28.04 ore 21:30: “Campi Stellari” osservazione
pubblca di Luna, pianeti e profondo cielo presso
la sede del gruppo.
Attività al CAMS (Centro Astronomico del
Monte Serra), presso Agriturismo Serra di Sotto,
Strada Prov. Monte Serra a Buti (PI). Per prenotare
la cena presso l’agriturismo: Simone 338.9976330
oppure Giulio 392.0297877.
Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: cell: 329-6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
www.astrofilicascinesi.it

25 anni insieme ad Hubble

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Rappresentazione artistica del telescopio spaziale NASA/ESA Hubble in orbita attorno alla Terra a circa 600 km di altezza. Crediti: ESA
Rappresentazione artistica del telescopio spaziale NASA/ESA Hubble in orbita attorno alla Terra a circa 600 km di altezza. Crediti: ESA

In 25 anni il telescopio spaziale Hubble non ha smesso un giorno di stupirci, di regalarci meravigliose immagini dell’Universo e di emozionarci con sensazionali scoperte.  Ammassi globulari, regioni di formazione stellare, galassie vicine e lontane, nebulose planetarie, formazione stellare cosmica, fino alle galassie primitive quasi alle origini dell’Universo. Sono questi alcuni dei protagonisti delle centinaia di migliaia di immagini pubblicate in questi anni dal team di HST (così lo chiamano gli addetti ai lavori quando vanno di fretta). E oggi il telescopio festeggia il suo 25° compleanno.

Proprio il 24 aprile 1990 lo Shuttle Discovery (con la missione STS-31) partì dal Complesso di lancio 39, presso il John F. Kennedy Space Center (Florida), portando Hubble nello spazio e spingendosi fino a quasi 600 chilometri sulla superficie terrestre. Si tratta di una quota relativamente alta per uno Shuttle (la Stazione spaziale internazionale si trova a 400 chilometri di altezza), ma anche relativamente bassa tanto da poter consentire frequenti missioni di servizio per riparare guasti e per installare nuovi strumenti (ne sono state effettuate ben 5).

E’ proprio questo particolare punto di vista che lo ha reso speciale negli anni. A differenza dei telescopi costruiti a terra, i telescopi orbitanti (e Hubble non è da solo lassù!) riescono a sfuggire alle distorsioni della luce causate dall’atmosfera terrestre dall’inquinamento luminoso ed elettromagnetico. E anche per questo le immagini che vengono inviate a terra sono nitide ed estremamente suggestive.

UN PO’ DI STORIA – L’idea di costruire un telescopio orbitante risale alla fine degli anni ’40, quando l’astronomo Lyman Spitzer (a cui poi venne dedicato un telescopio cacciatore di pianeti) scrisse una relazione sui vantaggi di un osservatorio extra-terrestre. Nel 1977, Il congresso americano approvò il finanziamento per il Large Space Telescope, quello che, molti anni più tardi, divenne l’Hubble Space Telescope, chiamato così negli anni ’80 in onore di quello che per molti è il più grande astronomo del XX secolo Edwin Powell Hubble, il quale dimostrò l’esistenza di altre galassie oltre la nostra e enunciò la teoria sull’Universo in continua espansione (Legge di Hubble – 1929). In realtà HST, il cui costo al lancio è stato stimato attorno ai 1,5 miliardi di dollari, sarebbe dovuto partire per l’orbita bassa della Terra già nel 1986, ma la missione venne rimandata dopo il tragico disastro dello Shuttle Challenger, esploso 73 secondi dopo il lancio. Nessuno degli astronauti sopravvisse all’esplosione.

Lo specchio di Hubble (2,4 metri di diametro).

LO SPECCHIO È DIFETTOSO – I voli nello spazio con equipaggio non ripresero prima di due anni. La missione Hubble ricevette l’ok definitivo nel 1990, ma già a pochi giorni dal lancio il team di HST apprese la prima notizia negativa. Un macigno sulle teste dei ricercatori che per più di dieci anni avevano lavorato al progetto: lo specchio primario di 2,4 metri di diametro, che può spingere il suo sguardo lontanissimo fino ai primissimi anni dell’Universo, era difettoso. La società costruttrice calibrò male lo specchio, che riportò un’imperfezione di 1/50 dello spessore di un foglio di carta. Poco, sì, ma abbastanza da deviare la luce e da distorcere le immagini che venivano inviate a terra. Il che non era esattamente quello che gli esperti si aspettavano: le immagini avrebbero dovuto essere nitide più che mai.

Nel 1993, dopo 11 mesi di addestramento, un gruppo di astronauti partì a bordo dello Shuttle Endavour per la prima missione di servizio (STS-61) verso Hubble, portando in orbita il Corrective Optics Space Telescope Axial Replacement (COSTAR). La riparazione dello specchio primario in orbita (COSTAR introdusse un errore uguale ed opposto in modo da annullare il difetto) costò alla NASA circa 600 milioni di dollari. In ogni caso, grazie alla nuova ottica (come delle lenti a contatto messe sullo specchio primario) e alla Wide Field/Planetary Camera, WF/PC II, già nel 1994 HST mostrò diverse immagini nitide e dettagliate, come quella in cui si vede la cometa Shoemaker–Levy 9 schiantarsi contro Giove.

I Pilastri della Creazione riosservati da Hubble per celebrare il suo 25esimo compleanno (vedi anche Coelum n. 189)

I PILASTRI CHE HANNO RESO CELEBRE HST – Dopo soli 5 anni in orbita, nel 1995, Hubble portò a casa una delle immagini che forse lo ha fatto conoscere più di tutte tra il grande pubblico. Parliamo dei famosi “Pilastri della creazione”, ovvero la Nebulosa dell’Aquila (M16), a 7000 anni luce da noi nella costellazione del Serpente e appartenente alla Via Lattea. Lo scorso primo aprile abbiamo festeggiato proprio i 20 anni di questa foto (il riquadro a sinistra nell’immagine accanto) quando il team di Hubble ha regalato al mondo una nuova versione dello scatto. Come la prima volta, si vedono nitide nel cielo tre torri imponenti – lunghe anni luce – di gas e ciuffi multicolore di polvere cosmica, ma la nuova foto (quella a destra) è ovviamente più nitida e profonda, grazie alla maggiore sensibilità dello strumento attuale WFC3 rispetto alla WFPC2 montata appunto 20 anni fa.

ARRIVANO I RINFORZI – Dopo quella del 1993, come detto, ci sono state altre 4 missioni di servizio con cui gli astronauti hanno riparato e aggiunto di volta in volta nuovi strumenti ad Hubble, portando il suo peso iniziale di 11 mila a oltre 12 mila chilogrammi (800 kg sono dovuti al solo specchio). Nel 1997, con la missione STS-82, l’equipaggio dello Shuttle Discovery portò in orbita gli strumenti STIS (Space Telescope Imaging Spectrograph) e NICMOS (Near Infrared Camera and Multi-Object Spectrograph). La terza missione del 1999 (STS-103) servì per la riparazione dei sei giroscopi del telescopio, aggiungendo anche un computer di bordo. Nel 2002, l’equipaggio della missione STS-109 installò l’ACS (Advanced Camera for Surveys), il NICMOS Cooling System (NCS) e nuovi pannelli solari.timeline missioni di servizio

GALILEO SALUTA HUBBLE – L’ultima missione di servizio è la STS-125 e venne compiuta a bordo dello Shuttle Atlantis. Originariamente prevista per il 2005, il lancio venne rimandato a causa del disastro dello Space Shuttle Columbia, esploso sui cieli del Texas, al rientro di una missione, causando la morte dei sette astronauti a bordo. Nel 2006 la NASA diede il via libera per una nuova missione, che partì l’11 maggio 2009. Gli astronauti dell’Atlantis portarono in orbita nuovi strumenti, quelli che ancora oggi sono pienamente funzionanti: la celebre WFC3 (Wide Field Camera 3) e il COS (Cosmic Origins Spectrograph), che hanno reso Hubble 100 volte più potente rispetto a quando venne lanciato. Gli astronauti installarono anche il Soft Capture Mechanism e i NBLs (New Outer Blanket Layers). L’equipaggio del 2009, una volta nello spazio, celebrò anche il quarto centenario delle scoperte celesti di Galileo Galileo, puntando verso le stelle una replica del telescopio che permise a Galileo di scoprire le lune medicee, messa a disposizione dal Museo di Storia della Scienza di Firenze, dove è conservato lo strumento originale.

Il coinvolgimento della comunità scientifica italiana ed europea è stato importante fin dall’inizio, soprattuto con la partecipazione alla costruzione della Faint Object Camera dell’ESA. Molti sono i ricercatori coinvolti che ricoprono ruoli chiave presso lo Space Telescope Science Institute di Baltimora (USA) che gestisce le attività scientifiche di HST.

OLTRE UN MILIONE DI OSSERVAZIONI – Nell’estate del 2011 il team di Hubble ha festeggiato la milionesima osservazione (un’analisi spettroscopica dell’esopianeta HAT-P-7b) riuscendo a “riempire” ben 60 terabyte di archivio in totale. Ad oggi si contano oltre 1,2 milioni di analisi. Nel 2011 è stato anche pubblicato il paper numero 10 mila. Hubble è, infatti, uno degli strumenti più produttivi mai costruiti: ad oggi sono stati pubblicati quasi 13 mila studi scientifici sulle riviste di tutto il mondo.

UNO SGUARDO ALLE ORIGINI DELL’UNIVERSO – Tra i diversi studi pubblicati negli ultimi anni ce n’è uno che ha reso Hubble ancora più famoso e importante: nel 2012 HST ha fotografato sette galassie primordiali appartenenti a una lontanissima popolazione che si formò ben 13 miliardi di anni fa. Si tratta di galassie fotografate quando avevano “solo” il 4% dell’età attuale. Qualche mese dopo, Hubble ha infranto il suo stesso record osservando un oggetto risalente a soli 470 milioni di anni dopo il Big Bang (quando l’Universo aveva il 3% della sua età attuale).

Il James Webb Space Telescope: il lancio è previsto per il 2018

IL FUTURO SI CHIAMA JWST – Gli esperti affermano che Hubble, ancora in perfetta “salute”, continuerà a funzionare almeno fino al 2020, sovrapponendosi – almeno per qualche anno – al suo atteso successore, il James Webb Space Telescope (di NASA, ESA e CSA). Il JWST è in fase di costruzione avanzata e il lancio in orbita è previsto per il 2018: avrà uno specchio primario di 6.5 metri di diametro e opererà nell’infrarosso con gli strumenti NIRCam, NIRSpec, MIRI e FGS/NIRISS. I principali obiettivi scientifici di JWST, che potrebbe essere 100 volte più potente di Hubble, riguardano lo studio della Prima luce e dell’epoca di reionizzazione dell’universo, la formazione delle galassie, la nascita delle stelle e dei sistemi protoplanetari, dei sistemi planetari e l’origine della vita.

Dopo il 2020, le componenti di Hubble cominceranno presto a smettere di lavorare, in maniera graduale, fino al completo spegnimento dell’intera macchina. Cosa succederà? Hubble continuerà ad volare attorno alla Terra fino a quando non potrà più rimanere in orbita: precipiterà inesorabilmente a spirale verso la Terra.Inizialmente la NASA ipotizzava di poter riportare Hubble sulla Terra con uno Shuttle, in modo da poterlo esporre al pubblico, ma oggi ovviamente non è più possibile (l’era degli Shuttle si chiuse nel 2011 con l’ultimo volo dell’Atlantis dopo 30 anni di missioni). La fase di deorbita sarà operata da una futura missione robotica (almeno così dicono dalla NASA, ma il tutto è ancora in fase embrionale). Insomma, ci vorrà ancora qualche anno, ma un giorno dovremo dire addio ad Hubble.

insieme di immagini

CLICCA QUI PER LE 10 IMMAGINI PIÙ SUGGESTIVE SCATTATE DA HUBBLE SECONDO IL NATIONAL GEOGRAPHIC

CURIOSITÀ

  • Hubble non viaggia verso stelle, pianeti o galassie, ma resta ancorato alla sua orbita
  • HST non riesce a osservare il Sole, perché troppo luminoso, né Mercurio, perché troppo vicino alla nostra stella madre
  • Ad oggi Hubble ha percorso oltre 4,8 miliardi di chilometri lungo l’orbita bassa terrestre a circa 550 chilometri di altitudine
  • Hubble non ha dei propulsori e per cambiare gli angoli di puntamento utilizza i principi della terza legge di Newton facendo ruotare i giroscopi (che nel corso degli anni hanno subito diverse operazioni di manutenzione) in direzione opposta. Per ruotare di 90 gradi Hubble impiega 15 minuti
  • Hubble ha una precisione di puntamento di 0,007 secondi d’arco, che è come essere in grado di puntare un raggio laser su una monetina a 320 chilometri di distanza.
  • Libero dalle interferenze della nostra atmosfera, HST riesce a fotografare oggetti con una dimensione angolare di 0,05 secondi d’arco
  • L’archivio Hubble contiene più di 100 terabyte di dati e l’elaborazione delle nuove osservazioni genera circa 10 terabyte di nuovi dati ogni anno. Ogni giorno, invece, il telescopio invia a terra 120 gigabyte di dati (circa 26 DVD)
  • Hubble misura 13,3 metri, la lunghezza di una grande autobus. Nonostante le mastodontiche dimensioni bastano 2800 W per farlo funzionare. Un bollitore per il the ne richiede 2200 W

TANTI STRUMENTI, TANTE LUNGHEZZE D’ONDA – Hubble è un telescopio ottico e con il suo specchio cattura la luce a diverse lunghezze d’onda usando camere e strumenti all’avanguardia. Attualmente a bordo ci sono:

  • la Wide Field Camera 3 (WFC3), che percepisce tre tipi di luce: ultravioletto vicino, visibile e vicino infrarosso
  • il Cosmic Origins Spectrograph (COS), che percepisce solo la luce ultravioletta
  • l’Advanced Camera for Surveys (ACS) in luce visibile
  • lo Space Telescope Imaging Spectrograph (STIS), uno spettrografo che lavora nell’ultravioletto, visibile e vicino infrarosso
  • la Near Infrared Camera and Multi-Object Spectrometer (NICMOS), che è il sensore di calore di Hubble (sensibile alla luce infrarossa quindi necessario per scrutare oggetti nascosti dalla polvere interstellare
  • Fine Guidance Sensors (FGS), sensori che aiutano Hubble a puntare nella giusta direzione

Per saperne di più:

Congiunzione tra Mercurio e le Pleiadi

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La sera del 30 aprile – ultimo evento del mese – Mercurio si sostituirà a Venere nel fare visita alle Pleiadi, avvicinando l’ammasso fino a una distanza di 1,7°. L’orario consigliato è quello delle 21:00, quando i due oggetti saranno alti una decina di gradi e il Sole sarà sotto l’orizzonte di altrettanto, così che si potranno già scorgere le stelle dell’ammasso.

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di aprile

Esopianeti: arriva l’A-Team della NASA

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Pianeti extrasolari, nel rendering di un artista.
Pianeti extrasolari, nel rendering di un artista.

Siamo soli nell’Universo? Per ottenere una risposta strutturata a quella che è una delle domande più antiche che l’umanità si sia posta, la NASA ha pronta la sua A-Team. Ma non pensate al manipolo dei Distaccamenti Operativi Alfa protagonista di una delle serie televisive più amate della storia. Non c’è traccia del sigaro di Hannibal Smith, dei catenacci dorati di P.E. Baracus, delle truffe di Sberla e delle follie di Murdock all’agenzia spaziale statunitense.

Quello che la NASA ha selezionato è un gruppo di ricerca interdisciplinare guidato dall’Università dell’Arizona, una vera e propria task force per la ricerca di vita su mondi lontani. Con NExSS, un istituto virtuale che raccoglie ricercatori di tutto il mondo e acronimo di Nexus for Exoplanet System Science, i ragazzi della UA aiuteranno la scienza a comprendere come pianeti simili a quello che abitiamo possano formarsi nell’orbita di stelle vicine.

«La partecipazione al nuovo programma NExSS ci permetterà di capire come un pianeta possa ricavare la propria acqua, il carbonio, l’azoto durante il naturale processo di formazione. Tutti quegli ingredienti che ci siamo abituati a considerare come fondamentali per creare una qualche opportunità di vita, altrove», spiega Daniel Apai, che guida il team statunitense di EOSEarths in Other Solar Systems.

NASA conferma il suo impegno in tema di ricerca della vita extraterrestre. Dal lancio del telescopio spaziale Kepler sei anni fa, oltre 1800 pianeti extrasolari sono stati rilevati. Migliaia di altri candidati sono in attesa di conferma. La chiave di questo sforzo è capire come la biologia interagisca con l’atmosfera, la geologia, gli oceani e il corpo interno di un pianeta, e come l’insieme delle interazioni fra questi elementi possa essere influenzato dalla stella ospite.

NExSS raccoglie membri da una decina di università differenti, tre centri NASA e due istituti di ricerca. Il team di EOS, che comprende 25 ricercatori, seguirà 14 progetti di ricerca per combinare i risultati in un modello completo di formazione dei sistemi planetari, in grado di prevedere le connessioni tra proprietà dei sistemi e probabilità che ospitino pianeti simili alla Terra. Il team si avvarrà anche dei dati raccolti dal Large Binocular Telescope.

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Prossimamente su Coelum: Con queste nuove tecnologie, riusciremo entro vent’anni a trovare tracce di vita nelle atmosfere dei pianeti extra solari? Coelum sta lavorando a un’inchiesta per sapere cosa ne pensano gli esperti!

Non perdere i prossimi numeri di Coelum! SCOPRI L’OFFERTA!

Al Planetario di Ravenna

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26.04:Speciale La settimana di Urania (ingresso gratuito
per le donne): ore 10:30: Osservazione del Sole.
Prenotazione sempre consigliata.
Per info: tel. 0544.62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

La prima “luce visibile” di un esopianeta

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Questa visione artistica mostra l’esopianeta 51 Pegasi b, un “Giove caldo”, a volte chiamato anche Bellerofonte, in orbita intorno a una stella a circa 50 anni luce dalla Terra nella costellazione settentrionale di Pegaso. È il primo esopianeta scoperto intorno a una stella normale, nel 1995. Vent’anni dopo, questo oggetto è anche il primo esopianeta di cui si osserva direttamente lo spettro in luce visibile. Crediti: ESO/M. Kornmesser/Nick Risinger (skysurvey.org)
Una visione artistica di 51 Pegasi b, il “Giove caldo” in orbita attorno alla sua stella a circa 50 anni luce dalla Terra, nella costellazione settentrionale di Pegaso. È stato il primo esopianeta scoperto intorno a una stella simile al Sole, nel 1995, e ora, vent’anni dopo, è anche il primo di cui si osserva direttamente lo spettro in luce visibile. Crediti: ESO/M. Kornmesser/Nick Risinger (skysurvey.org)

Grazie al “cacciatore di pianeti” HARPS, installato sul telescopio da 3,6 metri dell’Osservatorio di La Silla in Cile, è stato rilevato per la prima volta in modo diretto lo spettro di luce visibile riflessa da un esopianeta. Osservazioni che hanno anche svelato nuove proprietà di questo oggetto famoso, il primo esopianeta mai scoperto intorno a una stella simile al Sole: 51 Pegasi b. Il risultato promette un brillante futuro a questa tecnica, in particolare con l’avvento degli strumenti di nuova generazione.

L’esopianeta si trova a circa 50 anni luce dalla Terra nella costellazione di Pegaso. Sia 51 Pegasi b che la sua stella madre 51 Pegasi sono tra gli oggetti che attendono un nome dal concorso pubblico dell’IAU NameExoWorlds (“Dai un nome ai pianeti extrasolari”).

Il pianeta è stato scoperto nel 1995 e viene considerato come il tipico “Giove caldo” – una classe di pianeti extrasolari ormai ritenuta comune, simile in dimensione e massa a Giove, ma con un’orbita molto più vicina alla stella madre. Dal momento della storica scoperta sono stati confermati più di 1900 esopianeti in 1200 sistemi planetari, ma – nel ventesimo anniversario della scoperta – 51 Pegasi b torna in pista per segnare una pietra miliare per  lo studio degli esopianeti: la prima rilevazione diretta dello spettro in luce visibile. L’equipe che ha fatto questa misura è guidato da Jorge Martins dell’Istituto de Astrofísica e Ciências do Espaço (IA) e dell’Universidade do Porto, Portogallo, al momento studente di Dottorato presso l’ESO in Cile.

Attualmente il metodo usato più diffusamente per esaminare l’aftmosfera di un esopianeta è di osservare lo spettro della luce proveniente dalla stella madre attraverso l’atmosfera del pianeta durante il transito – tecnica nota come spettroscopia in trasmissione. Un approccio alternativo è quello di osservare il sistema quando la stella passa di fronte al pianeta, cosa che fornisce soprattutto informazioni sulla temperatura dell’esopianeta.

In questa immagine una foto a grande campo della stella 51 Pegasi, attorno a cui orbita 51 Pegasi b, nella costellazione settentrionale di Pegaso. L’immagine è stata ottenuta a partire da materiale fotografico provienente dalla DSS2 (Digitized Sky Survey 2). Crediti: ESO/Digitized Sky Survey 2

La nuova tecnica invece non richiede un transito planetario e perciò può potenzialmente aumentare il numero di rilevazioni possibili; permette infatti di rilevare direttamente lo spettro del pianeta in luce visibile, il che significa anche la possibilità dedurre diverse caratteristiche del pianeta inaccessibili con le tecniche indirette. Lo spettro della stella madre viene usato come modello per la ricerca di una impronta di luce simile riflessa dal pianeta durante la sua orbita. Un compito estremamente difficile dato che la luce riflessa proveniente dai pianeti  è estremamente debole rispetto a quella abbagliante della stelle madre in cui sono immersi.

Senza dimenticare poi altri effetti molto piccoli e varie sorgenti di rumore che interferiscono con la debole luce del pianeta. La difficoltà può essere paragonata allo studio del debole bagliore riflesso da un minuscolo insetto che vola intorno a un lampada lontana. Di fronte a tali difficoltà, il successo della tecnica applicata ai dati di HARPS, raccolti su 51 Pegasi b, risulta di enome valore.

Jorge Martins ha spiegato: «Questo tipo di tecnica di rivelazione è di grande importanza scientifica poiché ci permette di misurare la reale massa del pianeta e l’inclinazione della sua orbita, essenziali per una comprensione completa del sistema. Permette inoltre di stimare la riflettività del pianeta, o albedo, che può essere usata per dedurre la composizione della superficie e dell’atmosfera del pianeta».

Si è trovato quindi che 51 Pegasi b ha una massa circa la metà di quella di Giove e un’orbita con un’inclinazione di circa nove gradi rispetto alla direzione della Terra. Ciò significa che l’orbita del pianeta appare quasi di taglio vista da Terra, anche se non abbastanza per dare luogo a un transito. Il pianeta avrebbe anche  un diametro maggiore di quello di Giove e risulta essere altamente riflettente. Tutte proprietà tipiche di un Giove caldo, pianeta molto vicino alla stella madre e quindi esposto a una luce stellare intensa.

HARPS è stato fondamentale per il lavoro dell’equipe, ma di altrettanta importanza è il fatto che il risultato sia stato ottenuto con il telescopio dell’ESO da 3,6 metri. Le attrezzature esistenti saranno sorpassate infatti da strumenti più avanzati su telescopi più grandi, come il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO e in futuro l’E-ELT (European Extremely Large Telescope) aumentado quindi enormemente le potenzialità della tecnica stessa. ESPRESSO, lo spettrografo del VLT, e gli strumenti sempre più potenti di telescopi più grandi come l’E-ELT permetteranno un aumento significativo della precisione dei dati e dell’area di raccolta, favorendo la detezione di esopianeti più piccoli e allo stesso tempo aumentando il livello di dettaglio per i pianeti simili a 51 Pegasi b.

«Stiamo aspettando con ansia la prima luce di ESPRESSO così da poter fare studi più dettagliati di questo e altri sistemi planetari», ha concluso Nuno Santos, dell’IA e dell’Universidade do Porto, co-autore del nuovo articolo.

Per saperne di più:

  • Leggi QUI il comunicato stampa in italiano
  • Clicca QUI per leggere l’articolo pubblicato su Astronomy & Astrophysics: “Evidence for a spectroscopic direct detection of reflected light from 51 Peg b”, di J. H. C. Martins et al.

CORSO BASE di ASTRONOMIA

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23.04: “Uno sguardo al cielo – parte II”.

info: www.astropolaris.it

Associazione Astrofili Bassano del Grappa

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24.04, ore 20:30: Venerdì al telescopio: Il cielo del mese con Paolo Speggiorin e Walter Bresolin.
Per info sull’Associazione: cell. 333.4653279
astrofilibassano@gmail.com
www.astrofilibassano.it
Per info sulla Specola: tel. 0423.934111
ufficio@centrodonchiavacci.it
www.specolachiavacci.it

Circolo Culturale Astrofili Trieste

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24.04: “Realtà e possibili implicazioni del fenomeno UFO” di Paolo Nordio.
Ingresso libero con consumazione obbligatoria. Info: aperitivoconlestelle@libero.it (Laura Pulvirenti, coordinatrice evento).
Per pernottare sono disponibili tariffe scontate
Per info: cell. 329.2787572 – ccat@libero.it
www.astrofilitrieste.it

Associazione Astrofili Centesi

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24.04: “Quando la vita rischiò di sparire: le grandi estinzioni.”. Al telescopio: Luna, Giove e Venere, spettrometria delle stelle del Grande Carro.
Per info: cell. 346 8699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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24.04: Osservazione con i telescopi del gruppo dal rifugio Sel ai Piani Resinellli.
Il week end della luce (nell’anno internazionale della luce).
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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24.04: Osservazione della Luna in Corso Italia.
Per il programma completo andare al sito.
Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Al Planetario di Ravenna

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24.04:Speciale La settimana di Urania (ingresso gratuito
per le donne): Osservazione della volta stellata.
Prenotazione sempre consigliata.
Per info: tel. 0544.62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Associazione Cascinese Astrofili

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25.04: “Le Stelle del 25 aprile…” osservazione
del Sole nel pomeriggio e, dalle 21:30, osservazione
al telescopio e orientamento fra le costellazioni
primaverili.
Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: cell: 329-6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
www.astrofilicascinesi.it

Difficile congiunzione tra Mercurio e Marte

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La sera del 22, verso le 20:30, il triangolo equilatero visibile il 19 sull’orizzonte di ovest-nordovest si sarà intanto trasformato in una congiunzione a due tra Mercurio e Marte, con i due pianeti reciprocamente distanti 1,3°. Il problema starà come al solito nella loro altezza, che a quell’ora sarà di circa +7°. Anche qui vale l’accorgimento suggerito per la congiunzione del 19: se la limpidezza del cielo lo consente, anticipare di un quarto d’ora o più l’osservazione.

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di aprile

Congiunzione tra Aldebaran e una falce di Luna Crescente

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La sera del 21, sempre a ovest, si avrà l’occasione di assistere a una delle più belle congiunzioni di tutta la serie Luna- Aldebaran di questo periodo. Come già annunciato nei numeri precedenti, la Luna in questi mesi è infatti tornata ad avvicinare o addirittura occultare periodicamente Aldebaran, dando il via a un ciclo di occultazioni (lungo tre anni) l’ultimo dei quali si è verificato dal 1996 al 1999.

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di aprile

Associazione Cascinese Astrofili

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21.04ore 17:00: Osservazione del Sole (meteo
permettendo) presso L’Università della Libera Età
di Cascina, in via G. Galilei, 90.
Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: cell: 329-6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
www.astrofilicascinesi.it

Svelato il Polo Nord di Cerere

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Filmato delle prime immagini scattate dalla camera di Dawn al polo nord di Cerere il 10 Aprile 2015. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/ASI/INAF

E’ valsa la pena di aspettare. Dopo quasi un mese di silenzio, la sonda Dawn della NASA ha ricominciato ad inviare immagini da Cerere, il primo pianeta nano mai visitato da una sonda spaziale. Quelle che stanno arrivando dalla fascia degli asteroidi, sono immagini che tolgono il respiro e che anticipano quello che accadrà nei prossimi mesi.

Durante la fase di avvicinamento denominata OpNav6, il 10 Aprile scorso, da una distanza di 33.000Km, la camera ad alta risoluzione ha catturato i primi scatti del polo nord di Cerere illuminato , rimontati nel filmato pubblicato qui accanto (clicca sull’immagine per vedere il filmato). Dire polo nord non è poco, considerando che la determinazione dell’esatta posizione dei poli è stata effettuata dal team di Dawn solo molto recentemente, proprio grazie ai primi dati raccolti dalla sonda. Non c’è da stupirsi, se consideriamo che fino a pochi mesi fa, Cerere era una macchia di luce vaga e indistinguibile, osservata in passato solo dal Telescopio Hubble.

Oggi sappiamo che Cerere orbita con un periodo di pochi minuti superiore a 9 ore terrestri intorno a un asse che punta, nella direzione nord, in una zona del cielo situata nel Drago. Il polo sud punta verso la poco nota costellazione del Pesce Volante. Sappiamo anche che l’asse di Cerere è molto meno inclinato a confronto con quello terrestre, inclinato di 23° rispetto alla direzione ortogonale all’eclittica (il piano dell’orbita della Terra intorno al Sole). Quest’ultimo dato è molto importante perchè un’inclinazione limitata minimizza gli effetti stagionali: durante l’anno cereriano (che dura 4,6 anni terrestri), il Sole si sposta di soli 4 gradi a nord e a sud sulla superficie del pianeta e le stagioni sono molto meno evidenti che sulla Terra, dove l’inclinazione comporta i cambiamenti che ben conosciamo. Altra conseguenza importante, è una illuminazione ottimale, che permetterà a Dawn di scattare bellissime immagini di Cerere, visto che il Sole illumina il pianeta nano da una posizione sempre vicino all’equatore. Ad eccezione delle eventuali ombre causate dalla topografia locale, si calcola che oltre il 99% della superficie del pianeta nano è esposta alla luce del Sole ogni giorno.

Queste condizioni ottimali verranno sfruttate al meglio nelle fasi scientifiche della missione, che inizieranno con l’orbita RC3 (dove RC sta per Rotation Characterization) il 23 Aprile, quando Dawn si troverà ad una distanza da Cerere di 13.500 Km. La fase scientifica della missione durerà in tutto 14 mesi e, come per Vesta,  prevederà varie orbite quasi circolari e polari a diverse altitudini e orientazioni che permetteranno agli strumenti di studiare sempre più da vicino il pianeta nano. Dopo l’orbita RC3, che si concluderà il 9 Maggio, Dawn inizierà una fase di avvicinamento che la porterà a 4.400Km dal suolo, nell’orbita Survey. Durante questa fase, la sonda acquisirà mappe globali a risoluzione più elevata con la camera e con VIR, lo spettrometro italiano fornito da ASI e realizzato da Selex Galileo con la guida scientifica del’INAF. La missione continuerà poi a 1.480 km da Cerere in una fase chiamata HAMO (High Altitutde Mapping Orbit) che avrà inizio ad Agosto 2015, raccogliendo mappe e dati a risoluzione crescente e immagini “stereo” per ricostruire la superficie in 3D. Per avere un ordine di grandezza, la risoluzione della camera passerà dall’orbita Survey a quella HAMO da circa 70 a 200 volte la risoluzione con cui Hubble ha ritratto Cerere (vedi immagine qui sotto per la risoluzione della camera nelle varie fasi).

Infine, inizierà l’orbita più ravvicinata, la LAMO (Low Altitutde Mapping Orbit) a una distanza di appena 375 chilometri. Quest’ultima fase è specificamente progettata per acquisire dati con lo strumento GRaND e studiare la gravità del pianeta nano.

Ricostruzione delle prossime fasi dell’orbita di Dawn intorno a Cerere. Sono indicate l’altitudine delle orbite e la risoluzione della Camera rispetto alla risoluzione di Hubble (cliccare per ingrandire).

Serenissima SKA. Ecco perché possiamo farcela

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Stavolta, il “sistema Paese” sta funzionando. Lo dice, con sincerità e un po’ di ammirazione, uno scienziato disincantato che ha passato buona parte della sua carriera in Italia (e in Europa) a stretto contatto con la politica. La proposta di INAF per ospitare a Padova il quartiere generale di SKA (cioè di quella che sarà la più grande impresa astronomica di tutti i tempi) si apre con una lettera di Matteo Renzi. Il Primo Ministro garantisce il supporto compatto del suo governo all’iniziativa, alla quale infatti partecipano ben cinque Ministeri, con in prima fila il MIUR di Stefania Giannini, che ha la vigilanza di INAF. Siamo in finale con l’Inghilterra, l’altra nazione che ha mandato una proposta per ospitare SKA. Sono, come sempre, avversari da ammirare e da rispettare, perché fortissimi nel merito scientifico, nella potenza organizzativa e finanziaria e nel carisma internazionale. Loro propongono una sede nuova, costruita nella ridente campagna del Cheshire, un posto dove, secondo Lewis Carroll, i gatti scompaiono quando sorridono, ma francamente una location un po’ fuori mano, anche se con grande tradizione in radioastronomia. Noi invece, grazie al Ministero per i Beni Culturali, offriamo un solido castello a Padova, costruito forse da Ezzelino da Romano nel 1200 e rotti, passato attraverso secoli di battaglie, ma, soprattutto, molto vicino a Venezia. La nostra proposta, infatti, si chiama “Serenissima SKA”. Altro stile, lasciatemelo dire.

Al di là delle cortesie diplomatiche, orchestrate con maestria dal nostro Ministero degli Esteri, la battaglia infuria spietata. Per noi, si tratta di riuscire ad attivare il sistema di “astronomia industriale”, grazie al quale, con il supporto di MEF e di MISE, possiamo fare innovazione tecnologica per le nostre migliori industrie (nel Veneto certo, ma non solo). Grazie a SKA, gli astronomi di INAF chiederanno all’industria di pensare, e poi fare, l’impensabile. Sappiamo già, per esperienza, che l’industria italiana lo saprà costruire, e benissimo. Come sempre, dopo un po’ di tira e molla, arriveranno con soluzioni innovative, tutte da brevettare e con un brevissimo time-to-market, in questo caso nel campo, molto pregiato, della elettronica, delle telecomunicazioni e dell’informatica.

Ma prima bisogna vincere la finale. C’è stato un match di andata, dopo il quale un comitato indipendente di valutazione ha giudicato accettabili entrambe le proposte, ma ha dato una decisa preferenza a quella italiana. Gli Inglesi non se lo aspettavano, e hanno ottenuto, dalle 11 nazioni partecipanti, il diritto ad una partita di ritorno, cioè a un secondo giro di proposte. Ci siamo stati, naturalmente, e, forti della lettera di Renzi, abbiamo vinto anche il secondo match, giudicato sempre a nostro favore dagli stessi arbitri. Il voto finale è per la fine di aprile. Chissà cosa si inventeranno i nostri sportivissimi avversari.

Articolo pubblicato il 16/04/2015 alle 19:28 da Giovanni Bignami in Astronomia, Editoriali, In evidenza, INAF, News, Presidente INAF, Rassegna stampa, Tecnologia e Innovazione.

Al Planetario di Ravenna

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21.04 :Speciale “Conquista dello spazio”: “La missione Cassini a Saturno” di M. Berretti.
Prenotazione sempre consigliata.
Per info: tel. 0544.62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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18/19.04: Esperimenti sulla luce per tutte le età, proiezioni e giochi per bambini.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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18.04: “La ricerca di vita nell’Universo” di Davide Cenadelli, presso il Museo di Storia Naturale.
Per il programma completo andare al sito.
Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Al Planetario di Ravenna

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17.04:Speciale La settimana di Urania (ingresso gratuito
per le donne): “La maratona Messier” di P. Morini. (conferenza adatta a bambini a partire da 8 anni).
Prenotazione sempre consigliata.
Per info: tel. 0544.62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Al Planetario di Ravenna

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18.04 :Speciale “Conquista dello spazio”:ore 15:00: “Da grande voglio fare l’astronauta”
(attività adatta a bambini a partire da 8 anni).
Prenotazione sempre consigliata.
Per info: tel. 0544.62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Associazione Cascinese Astrofili

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18.04 ore 15:00: Osservazione del Sole.
Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: cell: 329-6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
www.astrofilicascinesi.it

Associazione Cascinese Astrofili

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18.04 ore 17:30: “La morte violenta delle stelle –
a caccia di Supernovae” di Marco Monaci presso
la Biblioteca Comunale.
Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: cell: 329-6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
www.astrofilicascinesi.it

Associazione Cascinese Astrofili

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18.04ore 21:30: Osservazione del cielo con i
telescopi dell’associazione, in Corso Matteotti.
Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: cell: 329-6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
www.astrofilicascinesi.it

ASTROINIZIATIVE UAI Unione Astrofili Italiani

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17-18.04: “110… e lode” Grande Maratona Messier Il più classico appuntamento per gli amanti del deep sky: una maratona a caccia dei 110 oggetti del catalogo Messier. La sfida osservativa, a cui partecipano astrofili di tutto il mondo, invita tutte le associazioni italiane a dedicare le notti di questo week-end alla Grande Maratona.

info: http://divulgazione.uai.it

Circolo Culturale Astrofili Trieste

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17.04: “Il Sistema solare oggi” di Giovanni Chelleri.
Ingresso libero con consumazione obbligatoria. Info: aperitivoconlestelle@libero.it (Laura Pulvirenti, coordinatrice evento).
Per pernottare sono disponibili tariffe scontate
Per info: cell. 329.2787572 – ccat@libero.it
www.astrofilitrieste.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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17.04: “Nuove frontiere dell’astrofisica delle alte energie: i telescopi Cherenkov” di Stefano Covino.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Cerere a colori

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Una mappa della superficie di Cerere catturara dalla sonda Dawn e realizzata a “falsi colori” per enfatizzare le differenze di colore della superficie. Nei due cerchi, le due macchie luminose Spot 1 (a sinistra) e Spot 5 (a destra). Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

Una mappa della superficie di Cerere catturara dalla sonda Dawn e realizzata a “falsi colori” per enfatizzare le differenze di colore della superficie. Nei due cerchi, le due macchie luminose Spot 1 (a sinistra) e Spot 5 (a destra). Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

I PRIMI DATI DI DAWN E VIR

Come gli esploratori dei secoli scorsi che, fieri, disegnavano le prime mappe dei continenti appena scoperti, il team della sonda Dawn ha presentato in questi giorni una prima immagine a colori del pianeta nano Cerere. La mappa, insieme ai primi risultati dello strumento italiano VIR, è stata diffusa alla Conferenza Scientifica EGU, la European Geosciences Union General Assembly, che si svolge in questi giorni a Vienna. Durante la conferenza stampa, il team della missione ha sottolineato come le evidenti differenze della superficie suggeriscano che Cerere fosse una volta un corpo estremamente attivo.

A differenza di Vesta, il primo target della missione NASA studiato dal 2011 al 2012, che dai dati  risulta essere un corpo “secco”,  gli scienziati pensano che Cerere possa avere circa il 25% della propria massa in forma di ghiaccio. Dal confronto tra i due corpi – i due più grandi oggetti della fascia degli asteroidi – la comunità scientifica si aspetta di poter raggiungere una migliore comprensione della formazione del sistema solare.

Chris Russel, PI di Dawn, dalla Università della California, afferma durante l’EGU: «Cerere non è stato un corpo di roccia inerte per tutta la sua storia evolutiva. Questo pianeta nano era un tempo estremamente attivo, con processi che hanno portato alla formazione di diversi materiali. Abbiamo appena iniziato a catturare le prove tangibili di questa diversità nei primi dati e nelle prime immagini a colori». La mappa a cui fa riferimento Russel potrebbe essere denominata “a colori esagerati”. L’immagine infatti non presenta dei colori realistici, come quelli che potrebbero essere visti da un occhio umano, ma è stata realizzata combinando i filtri della camera ad alta risoluzione per enfatizzare anche le minime differenze di colore, altrimenti quasi invisibili nella superficie grigio scuro del pianeta nano.

Oltre alle differenze di colore, la mappa mostra molto chiaramente una superficie ricoperta di crateri, anche se in quantità e di dimensioni molto inferiori a quanto ci si aspettasse dalla teoria. Sull’immagine, spiccano infine le ormai famose macchie luminose presenti nell’emisfero nord. L’interesse del team è stato catturato in particolare da due macchie, evidenziate nell’immagine, che rappresentano le zone più luminose di tutta la superficie del pianeta nano. Essendo tra quelle già osservate in passato da Hubble Space Telescope, le due zone portano il nome storico di Spot 1 e Spot 5: Spot 1 è la zona più vicina all’equatore (nel cerchio rosso sulla sinistra nella mappa), mentre la zona denominata Spot 5 è la più luminosa in assoluto e composta da due macchie distinte, situate all’interno di un cratere di 92 km di diametro (il cerchio più a destra nell’immagine).

Tre immagini a diverse lunghezze d’onda, realizzate dai dati di VIR per lo Spot 1 (in alto) e lo Spot 5 (in basso) di Cerere. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/ASI/INAF

Anche VIR, lo spettrometro italiano a bordo della sonda, fornito da ASI e realizzato da Selex Galileo sotto la guida scientifica del’INAF, ha iniziato nelle scorse settimane a raccogliere i primi dati. Federico Tosi, INAF-IAPS, parlando all’EGU ha affermato che «dai primi dati raccolti da VIR risulta chiaro che le due macchie bianche osservate finora mostrano due comportamenti diversi. Mentre lo Spot 1 sembra essere una zona più fredda del terreno circostante, la seconda macchia identificata come Spot 5 sembra avere circa la stessa temperatura della superficie che la circonda. Al momento la risoluzione del nostro strumento non è sufficiente per capire a cosa questa differenza di comportamento sia dovuta e il perchè queste due zone siano così luminose, se dipende da una diversa composizione chimica, da una diversa composizione fisica dei grani che compongono la superficie o da altri fenomeni che sicuramente dovremo interpretare».

Le misteriose macchie bianche continueranno a catturare l’attenzione degli scienziati nelle prossime settimane, almeno fino a quando il volo di Dawn non porterà la sonda abbastanza vicino per poter risolvere il mistero. Maggiori dettagli verranno rivelati già nella prossima orbita, dopo il 23 aprile 2015, quando la sonda inzierà a raccogliere dati da una distanza di 13,500 km dalla superficie di Cerere.

L’intervento di Federico Tosi all’EGU.


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