A tutti quelli che “non si deve montare o usare alcun dispositivo senza prima leggere il libretto d’istruzioni”, immaginate non solo di non avere le istruzioni, ma di non sapere nemmeno che cosa state per costruire o utilizzare. Follia? No, esperienza, inventiva e – se vogliamo dargli un nome – indagine scientifica. L’azzardo, scendendo nel merito, è stato sfruttare uno dei fenomeni astronomici più misteriosi – i fast radio burst – per risolverne un altro, di mistero: quello della “materia mancante”. Le due cose, a una prima occhiata, non potrebbero sembrare più dissociate. Questa volta, la materia che manca e della quale si va in cerca non è la materia oscura, bensì materia “normale”, quella barionica – i protoni e i neutroni che formano qualunque cosa ci circondi, dai più spettacolari fenomeni che osserviamo nell’universo al mondo in cui viviamo, per finire alle cellule che compongono il nostro corpo.
«Da stime collegate al Big Bang sappiamo quanta materia si è creata all’inizio nell’universo», dice il primo autore dello studio pubblicato ieri su Nature, Jean-Pierre Macquart della sezione dell’International Centre for Radio Astronomy Research (Icrar) presso la Curtin University. «Ma osservando l’universo attuale, riuscivamo a trovarne solo metà di quanta ce ne doveva essere. Era un po’ imbarazzante».
La difficoltà sta nel fatto che tre quarti del contenuto di materia dell’universo si trova in forma diffusa, ed è dunque difficilmente osservabile. Solo una piccola percentuale della materia barionica risiede in galassie e ammassi di galassie, quindi quantificabile direttamente.
«Lo spazio intergalattico è molto rarefatto», spiega infatti Macquart. «La materia mancante era equivalente ad appena uno o due atomi in una stanza delle dimensioni di un ufficio medio. Era davvero dura riuscire a rilevarla usando tecniche e telescopi tradizionali».
Le “bilance cosmiche” utilizzate dagli scienziati, come anticipavamo, sono i cosiddetti fast radio burst – o Frb: impulsi radio intensi e brevissimi, dell’ordine dei millesimi di secondo o anche meno, provenienti da galassie lontane. L’origine degli Frb è tutt’ora sconosciuta, ma si stima che l’energia emessa da ogni singolo evento sia pari a quella prodotta dal Sole in ottant’anni, il che fa pensare a oggetti cosmici molto compatti, come le stelle di neutroni.
Per utilizzare questo potente e misterioso “dispositivo”, Macquart e collaboratori hanno sfruttato un fenomeno fisico detto dispersione: quello che sta alla base, ad esempio, della scomposizione della luce attraverso un prisma. Le diverse lunghezze d’onda che compongono un segnale luminoso in arrivo viaggiano tutte alla stessa velocità – quella della luce – nello spazio vuoto. Quando esse attraversano un mezzo, invece, come ad esempio le particelle materia diffusa nello spazio intergalattico, vengono rallentate in modo diverso e dipendente dalla loro energia – o frequenza. Quantificare il ritardo accumulato alle diverse lunghezze d’onda consente di determinare la densità di colonna della materia lungo la direzione di provenienza di ciascun Frb, ed è una misura sensibile a ogni singolo barione attraversato.
Grazie alla precisione delle antenne radio dell’Australian Square kilometer Array Pathfinder – Askap, il precursore di Ska – gli scienziati hanno rivelato quattro nuovi Frb, per ciascuno dei quali hanno misurato la dispersione nell’arrivo del segnale alle diverse lunghezze d’onda, riuscendo a isolare il contributo dovuto all’attraversamento del mezzo intergalattico – luogo di soggiorno della materia barionica mancante.
Askap consiste di trentasei antenne in grado di vedere complessivamente trenta gradi quadrati di cielo: una caratteristica fondamentale per la rivelazione di un fenomeno così raro e con provenienza randomica. «Askap possiede un ampio campo di vista pari a circa sessanta volte la dimensione della Luna piena», ricorda a questo proposito uno fra i coautori dello studio, Ryan Shannon, della Swinburne University of Technology, «e per di più cattura immagini ad alta risoluzione. Ciò significa che possiamo catturare il segnale del lampo radio piuttosto agevolmente e localizzare la posizione della galassia ospite con una precisione incredibile».
Il livello di precisione raggiunto grazie ad Askap riduce a meno dell’un per cento il rischio di attribuire il lampo radio alla galassia sbagliata a causa di effetti di sovrapposizione. Per dirla in altri termini, la posizione dell’Frb viene stimata con un errore pari al diametro di un capello visto da duecento metri di distanza.
La misura della dispersione del segnale scomposto dei lampi radio e la posizione di arrivo del fenomeno non bastano, però, a misurare la densità del mezzo intergalattico attraversato. È necessario conoscere con precisione anche quanto è lontana la galassia di provenienza, poiché la dispersione della luce è dipendente dalla distanza, in un modo del tutto analogo alla velocità di recessione delle galassie nella legge di Hubble.
«Abbiamo scoperto l’analogo, per i lampi radio veloci, della legge di Hubble-Lemaitre per le galassie», spiega Macquart , ricordando che «la legge di Hubble-Lemaitre – più una galassia è lontana da noi, più si allontana velocemente – sta alla base di qualunque misurazione effettuata su galassie a distanze cosmologiche».
Diversi telescopi ottici fra i più grandi al mondo – Vlt, Gemini, Magellan, Sdss – sono stati quindi chiamati in causa per determinare la distanza della galassia ospite attraverso misure spettroscopiche. La combinazione delle misure radio e ottiche – e quindi la relazione fra dispersione temporale e distanza dell’oggetto – ha consentito infine di stimare la densità della materia mancante. I quattro Frb individuati in questo studio sono stati integrati con due osservati in precedenza, al fine di raggiungere la statistica necessaria e campionare regioni diverse di cielo, ottenendo così stime precise.
«Siamo stati capaci di misurare le distanze di un numero di Frb sufficiente a permetterci di determinare la densità dell’universo», spiega Macquart. «Avevamo bisogno solo di sei di essi per trovare la materia mancante».
I risultati ottenuti sono perfettamente consistenti con le previsioni della radiazione cosmica di fondo e della nucleosintesi primordiale avvenuta subito dopo il Big Bang. A conclusione dell’articolo, gli autori prevedono che un ampliamento del campione in futuro consentirà non solo di confermare l’esistenza di tutta la materia barionica con un errore di misura minore, ma anche di determinare come essa sia distribuita nel cosmo.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “A census of baryons in the Universe from localized fast radio bursts”, di J.-P. Macquart, J. X. Prochaska, M. McQuinn, K. W. Bannister, S. Bhandari, C. K. Day, A. T. Deller, R. D. Ekers, C. W. James, L. Marnoch, S. Osłowski, C. Phillips, S. D. Ryder, D. R. Scott, R. M. Shannon e N. Tejos
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Indice dei contenuti
Il Dilemma Cosmologico della Materia Oscura
Ipotesi ed evidenze dalle origini della scoperta alle galassie senza materia oscura
Coelum Astronomia di Maggio 2020
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