Quando si parla di astrofisica, si sa, bisogna un attimino “ritarare” le scale dei tempi e delle lunghezze. Prendiamo ad esempio il significato dell’espressione “non riuscire a vedere più in là del proprio naso”, comunemente impiegata per indicare la difficoltà nell’ampliare le proprie vedute, la mancanza di lungimiranza. Ebbene, tale esercizio di lungimiranza assume – in termini astronomici – proporzioni decisamente lontane dall’esperienza comune.
L’esercizio, condotto dagli astronomi della Monash University in Australia, è consistito nel sviluppare un algoritmo per misurare le proprietà del segnale non risolto di onde gravitazionali proveniente da milioni di fusioni di buchi neri lontani. Il metodo, attualmente in fase di verifica da parte della comunità di Ligo, consentirebbe di guardare più di 8 miliardi di anni luce più lontano di quanto si osservi attualmente. L’articolo è stato pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
Ogni anno, da qualche parte nell’universo, circa 2 milioni di sistemi binari di stelle di neutroni e circa 150mila sistemi binari di buchi neri si fondono. «Una coppia di buchi neri si fonde ogni 200 secondi e una coppia di stelle di neutroni ogni 15 secondi» commenta Rory Smith, ricercatore dell’Arc Centre of Excellence in Gravitational Wave Discovery presso la Monash University e primo autore dello studio.
Le fusioni di buchi neri rilasciano enormi quantità di energia sotto forma di onde gravitazionali che sono regolarmente rilevate dalle reti interferometriche di Advanced Ligo-Virgo. Le onde gravitazionali generate da singole fusioni di sistemi binari trasportano informazioni sullo spazio-tempo e sulla materia nucleare negli ambienti più estremi dell’Universo. «Inoltre, le inferenze basate sulla popolazione di buchi neri possono essere soggette a un “effetto di selezione” – detto bias – dovuto al fatto che attualmente si osservano solo una manciata di sistemi: quelli più energetici e vicini.» continua Smith. «Avere un bias di selezione significa che da questi sistemi si può ottenere solo una visione parziale istantanea, piuttosto che il quadro completo».
Gli eventi gravitazionali troppo deboli per essere chiaramente individuati e risolti, costituiscono quello che viene definito “segnale di fondo” – il background – generato da un continuum di fusioni di sistemi binari, che vanno da quelli quasi rilevabili a quelli non rilevabili. Poiché non esiste una definizione né una soglia universalmente accettata che determini una rilevazione, il confine tra segnale risolto e di fondo è un po’ confuso. Comunque si scelga di delineare questo confine, il background contiene importanti informazioni sulle distribuzioni di massa e di rotazione – spin – dei sistemi binari, con implicazioni che vanno dalla conoscenza dell’evoluzione stellare nelle fasi finali di vita delle stelle massicce alla conoscenza della storia dell’universo primordiale.
«Mettendo insieme le informazioni di molti eventi di fusione, possiamo cominciare a capire gli ambienti in cui le stelle vivono e si evolvono, e ciò che causa il loro eventuale destino come buchi neri». Spiega Eric Thrane, coautore dello studio presso il dipartimento OzGrav-Monash di Arc. «Più lontano vediamo le onde gravitazionali di queste fusioni, più giovane era l’universo quando si sono formate. Possiamo tracciare l’evoluzione delle stelle e delle galassie nel corso delle epoche cosmiche, fino a quando l’universo aveva una frazione della sua età attuale».
I ricercatori hanno messo in piedi un algoritmo basato sulla statistica bayesiana per ricavare le distribuzioni matematiche che descrivono proprietà complessive della popolazione di binarie di buchi neri, come la loro distribuzione di massa o di spin. La statistica bayesiana è una teoria nel campo della statistica in cui la probabilità esprime il grado di confidenza nella conoscenza di un evento. Il grado di confidenza può essere basato su conoscenze pregresse dell’evento, come ad esempio i risultati di esperimenti effettuati. Il risultato dell’analisi bayesiana è la determinazione della probabilità a posteriori di un evento casuale o incerto, ovvero la probabilità condizionata che viene assegnata dopo aver preso in considerazione le evidenze o il rumore di fondo.
Nel caso delle fusioni di buchi neri, i ricercatori hanno analizzato 200 segnali simulati di buchi neri binari provenienti dall’universo vicino e lontano fino a circa sette miliardi di anni fa e registrati in cinque giorni e mezzo di dati Advanced-Ligo (aLigo); il punto di partenza è una popolazione di modelli di sistemi binari creata utilizzando le conoscenze astrofisiche più avanzate. La ricetta per costruire tale popolazione contiene formule che descrivono la distribuzione di massa dei buchi neri, la distribuzione del loro spin – in termini di grandezza e orientazione – e la distribuzione in distanza fino al picco della formazione stellare dell’universo, avvenuta a redshift poco inferiore all’unità. I dati ottenuti sono stati divisi in segmenti di sedici secondi ciascuno, un intervallo che massimizza la probabilità di contenere un solo evento. Il modello infine descrive e analizza le distribuzioni di massa e spin di singoli eventi di fusione fra buchi neri in ogni segmento di dati simulati.
Secondo l’analisi condotta, il segnale di background risulta rilevabile alla sensibilità di aLigo in una settimana fino a distanze maggiori di 8 miliardi di anni luce, assumendo masse e rotazioni tratte dalle distribuzioni descritte. I risultati dello studio mostrano che le onde gravitazionali costituenti il segnale di background, assieme ai segnali risolti provenienti dai sistemi più vicini, possono essere utilizzate per vincolare le proprietà della popolazione dei buchi neri binari.
Il passo successivo cruciale consiste nel mettere alla prova l’algoritmo utilizzando dati reali: l’analisi sviluppata da Smith e Thrane è attualmente sottoposta a verifica utilizzando i dati reali di un programma osservativo di Ligo-Virgo che dovrebbe essere pienamente operativo entro pochi anni.
Per saperne di più:
- Leggi su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society l’articolo “Inferring the population properties of binary black holes from unresolved gravitational waves” di Rory J E Smith, Colm Talbot, Francisco Hernandez Vivanco & Eric Thrane
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