Il futuro lunare dello studio delle onde gravitazionali

Una rete di sensori lunari in grado di rivelare le vibrazioni del nostro satellite prodotte dal passaggio delle onde gravitazionali.

No, non stiamo parlando di una suggestione contenuta all’interno di un racconto di fantascienza, ma di una possibilità reale di cui si sta occupando una collaborazione internazionale istituita al fine di valutare la realizzazione di un’antenna di onde gravitazionale lunare, LunarGravitational-Wave Antenna (LGWA), a cui l’INFN contribuisce insieme al Gran Sasso Science Institute (GSSI), all’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).

Un gruppo di ricerca a cui è affidato il compito di valutare e analizzare, da un punto di vista teorico, fattibilità e caratteristiche di un simile progetto nell’ambito dei programmi NASA e ESA che prevedono, nel prossimo futuro, il ritorno dell’uomo sulla Luna e la costruzione di basi permanenti sul nostro satellite.

Per quanto ambiziosa, la proposta può contare sui risultati di esperienze sperimentali condotte sin dalla metà del secolo scorso sulle cosiddette barre di Weber, strumenti dimostratisi fino a oggi inefficaci per l’individuazione delle onde gravitazionali a causa delle loro modeste dimensioni, il cui principio di funzionamento potrebbe tuttavia risultare efficace invece se applicato all’analisi delle vibrazioni di un corpo di dimensioni planetarie come la Luna.

L’idea di misurare con grande precisione le vibrazioni di oggetti solidi con l’intento di individuare il segnale del passaggio di un un’onda gravitazionale, una perturbazione dello spazio-tempo in grado di deformare temporaneamente e in maniera quasi impercettibile anche la materia, si deve a Joseph Weber, fisico statunitense pioniere della ricerca sperimentale nel campo delle onde gravitazionali.

Un’intuizione che a partire dagli anni ‘50 portò alla costruzione di antenne risonanti, note come barre di Weber, costituite da cilindri di alluminio di diverse tonnellate di peso distanziate e sospese all’interno di camere a vuoto per isolarle dai rumori sismici e acustici.

Grazie alla presenza di sensori in grado di convertire l’oscillazione meccanica in segnale elettrico, tali dispositivi avrebbero quindi potuto, almeno in linea teorica, vibrare all’unisono e rivelare un’onda gravitazionale che li avesse attraversati.

An artist’s impression of gravitational waves generated by binary neutron stars.
Credits: R. Hurt/Caltech-JPL

L’Articolo completo è disponibile su COELUM ASTRONOMIA N° 254 FEBBRAIO MARZO 2022.

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