Ha un nome tutto nuovo la prossima missione dell’ESA, un nome che parla proprio del suo obiettivo: vegliare sulla Terra e avvisarci dell’arrivo di tempeste solari potenzialmente dannose

È appena stata rinominata “Vigil” la missione dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), precedentemente nota come Lagrange, incaricata di monitorare il Sole e allertarci delle variazioni inattese della sua attività.

Lo scopo? Quello di proteggere infrastrutture terrestri, satelliti ed esploratori spaziali. Se la cercate, la troverete nella sezione “Safety and security” del sito dell’ESA.

Un nome evocativo

La notizia di alcuni giorni fa, dicevamo, è che la missione ha un nuovo nome, scelto attraverso un concorso internazionale.

Vigil” ha derivazione latina e significa – nomen omenfare la guardia, presidiare. Vediamo perché.

Dopo il lancio previsto per il 2025, Vigil stazionerà in uno dei cinque punti lagrangiani del sistema Terra-Sole, in cui l’equilibrio è garantito da un bilanciamento dell’attrazione gravitazionale dei due corpi. In particolare, la missione opererà in L5, a circa 150 milioni di chilometri di distanza dal nostro pianeta.

 

«Vigil si troverà in una posizione particolare, uno dei punti di equilibrio tra la Terra e il Sole in cui è possibile posizionare un satellite in orbita: i cosiddetti punti “Lagrangiani” (dal nome del matematico e astronomo Lagrange che per primo li identificò)», ci spiega Alessandro Bemporad, astronomo dell’INAF di Torino esperto di fisica del Sole. «Attualmente nessun satellite orbita in questa posizione che si trova lungo l’eclittica, ma spostata indietro di circa 60 gradi rispetto alla congiungente Terra-Sole».

Il Sole emette intense radiazioni in tutto il Sistema solare e, non di rado, è protagonista di esplosioni di grandi quantità di materiale energetico che viene eiettato nello spazio in ogni direzione, causando i fenomeni che gli astronomi chiamano Space weather (o meteorologia spaziale).

Parliamo di brillamenti solari, che si originano da regioni attive e visibili (come le macchie solari) e rilasciano grandissime quantità di energia lungo tutto lo spettro elettromagnetico, dalle basse frequenze delle onde radio, alla luce visibile, fino alle energie più alte dei raggi X e gamma. Oppure anche espulsioni di massa coronale, che possono scagliare miliardi di tonnellate di materia nello spazio a velocità che raggiungono i 3000 km/s.

 

Una vigile sentinella

Quando queste componenti delle tempeste solari sono dirette verso la Terra, possono interagire con la magnetosfera terrestre, dando origine – ad esempio – alle aurore polari. Non solo, possono creare disturbi o interruzioni dell’attività dei satelliti, inficiando strutture come reti elettriche, i servizi di navigazione aerea e marittima, i trasporti, il meteo e le telecomunicazioni. Non da ultimo, quantità ingenti di radiazioni possono essere dannose per gli astronauti in orbita sulla Stazione Spaziale Internazionale, oggi, e sulla Luna un domani.

«Da questa posizione particolare sarà possibile monitorare la formazione di nuove macchie solari e vedere le regioni in cui sorgono eruzioni solari 4-5 giorni prima che queste, con la rotazione del Sole, si rivolgano verso la Terra» spiega Bemporad. «Inoltre, quando si verificherà un’eruzione, da questa posizione sarà possibile seguirne la propagazione interplanetaria verso la Terra. Grazie ai dati forniti da questa sonda miglioreremo quindi le nostre capacità di previsione delle eruzioni solari prima che si verifichino e anche le stime del tempo di propagazione delle stesse, prevedendone l’arrivo sulla magnetosfera terrestre e quindi la possibile induzione di tempeste geomagnetiche».

Attualmente, gli strumenti che monitorano H24 il Sole sono in grado di predire possibili eruzioni solari solo poche ore a ridosso del fenomeno.

«Con le attuali conoscenze non è possibile dire “se e quando” un’eruzione solare avverrà: possiamo solo stimare la probabilità che questo avvenga entro le prossime 24 ore» conclude il ricercatore. «L’affidabilità di questa previsione migliorerà notevolmente se potremo seguire determinate regioni solari per più di una settimana, perché avremo più informazioni sulla loro evoluzione. A livello pratico queste previsioni aiuteranno moltissimo a prevenire effetti di interesse per la meteorologia spaziale. È giusto di pochi giorni fa la notizia della perdita di una quarantina di satelliti Starlink a causa dell’attività solare, evento che poteva essere evitato avendo a disposizione previsioni migliori. Altri effetti importanti sono, ad esempio, il danneggiamento anche permanente di satelliti per telecomunicazioni e GPS, il disturbo delle trasmissioni radio, della durata anche di giorni, e l’arrivo di particelle, sorgenti di radiazioni pericolose non solo per gli astronauti, ma anche per il personale di bordo degli aerei intercontinentali».

Crediti immagine: ESA/A. Baker

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