Correva l’anno 1776: un professore di astronomia, Johan Daniel Titus, si accorse di una strana relazione che sembrava accomunare le distanze tra i pianeti allora conosciuti e la annotò.

Qualche anno più tardi Johan Elert Bode – che divenne di lì a poco direttore dell’Osservatorio di Berlino – trovò quella nota all’interno di un libro che stava traducendo e la formalizzò nei propri scritti.

Quella relazione (oggi nota come la legge di Titus Bode) descriveva empiricamente le distanze tra i pianeti attraverso una semplice formula matematica. Assumendo che la distanza che separa Saturno dal Sole sia pari a 100 unità (per semplificare il concetto, in questo articolo ogni unità di distanza la chiameremo “klick”): Mercurio dista 4 klick dal Sole, Venere 7 klick (4+3), la Terra 10 klick (4+6), Marte 16 klick (4+12), Giove 52 klick (4+48).

Salta immediatamente all’occhio che c’è una lacuna in questa progressione: manca un pianeta nel punto situato a 28 klick!

Incoraggiati dalla scoperta di Urano da parte del grande William Herschell, (il pianeta orbitava a una distanza molto vicina a quella predetta dalla legge di Titus Bode), astronomi professionisti e amatoriali si lanciarono in una caccia al pianeta mancante.

Il primo di gennaio del 1801 Giuseppe Piazzi, direttore dell’Osservatorio di Palermo, si accorse di una “stella” nella costellazione del Toro che stava lentamente cambiando posizione. Inizialmente, Piazzi pensò di aver trovato una nuova cometa.

Poco dopo comunicata la scoperta, l’astronomo Italiano confessò i propri dubbi sulla sua effettiva natura, scrivendo una lettera all’amico Barnaba Briani. Piazzi ipotizzò che potesse invece trattarsi di

Giuseppe Piazzi (credits www.aif.it)
“qualcosa di molto più importante di una cometa”

Su volere dell’astronomo, l’oggetto fu battezzato Cerere Ferdinandea, in onore dalla dea romana Cerere e del re Ferdinando IV di Sicilia e, per quasi 50 anni, fu considerato il pianeta mancante.

Questa convinzione vacillò alla scoperta da parte di Wilhelm Olbers di un secondo presunto pianetaPallas.

Nessun altro pianeta allora conosciuto aveva un compagno che orbitasse alla medesima distanza dal Sole. Inoltre, né Cerere né Pallas sembravano presentare un disco che potesse essere in qualche modo risolto al telescopio, come invece accadeva per tutti gli altri pianeti. Entrambi dovevano inoltre essere molto piccoli, dato che la loro luminosità pareva variare nell’arco di poche ore.

Si affacciò l’idea, oggi confutata, che questi potessero essere i resti di un più grande oggetto di dimensioni planetarie, andato distrutto a seguito di una collisione con un altro corpo celeste o di un qualche altro evento catastrofico. Pur non corretta, questa ipotesi diede una poderosa spinta all’osservazione, che si concentrò nell’area in cui le orbite di Pallas e Cerere si intersecano.

In quella regione Karl L. Harding scoprì un terzo oggetto, battezzato Juno, in onore della consorte di Giove. Nel marzo 1807 seguì la scoperta di Vesta da parte di Olbers. Dovettero trascorrere 40 anni prima che si trovassero nuovi oggetti, trascorsi i quali le scoperte si susseguirono a ritmo serrato: 84 anni dopo gli asteroidi conosciuti erano circa 400.

Fu William Hershell nel 1802 a coniare il termine “asteroide, che in greco significa “simile a una stella“.

Oggi sappiamo che l’assoluta maggioranza degli oltre 1 milione di asteroidi conosciuti, inclusi (1)Cerere (2)Pallas e (3)Juno, orbitano in un ambiente complesso e dinamico, la Fascia Principale: la regione collocata tra Marte e Giove a una distanza tra le 2 e le 5 Unità Astronomiche dal Sole.

Un’altra importante riserva di asteroidi si trova nei punti Lagrangiani L4 e L5, di fronte e dietro a Giove. Si tratta degli asteroidi Troiani. Ad oggi ne sono conosciuti all’incirca 7000 (ma si ipotizza ne esistano un numero paragonabile a quello della Fascia), suddivisi in due sottogruppi: i Troiani e i Greci. Gli Hilda, un gruppo di oltre 5000 asteroidi, orbitano in risonanza 3:2 con Giove, tra il gigante gassoso e la Fascia Principale.

Cosa osservare a Marzo 2022

L’orbita di (16)Psyche e la sua posizione al 3/3/2022. (https://www.spacereference.org/solar-system#ob=16-psyche-a852-fa)

(16)Psyche

(16)Psyche è un asteroide di Fascia Principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.830 giorni (5,01 anni) ad una distanza compresa tra le 2,53 e le 3,32 unità astronomiche (rispettivamente 378.482.611 Km al perielio e 496.664.928 Km all’afelio).

Deve il suo nome alla mitologica figura di Psyche. Scoperto da Annibale Gasparis il 17 Marzo 1852, questo grande asteroide che misura 226 km di diametro sarà in opposizione il 3 Marzo del 2022, momento in cui raggiungerà la magnitudine di 10.4.

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Il suo moto sarà di 0,55 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto risulti puntiforme nelle  nostre immagini, potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 4/5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo e con 40 minuti di posa vedremo (16)Psyche trasformarsi in una bella striscia luminosa di 22 secondi d’arco.

L’osservazione di questo corpo celeste sarà particolarmente “intrigante” in quanto la luce che raccoglieremo con il nostro strumento proviene da quello che si pensa essere il nucleo metallico, esposto, di un antico planetesimo (teoria messa in dubbio dalle ultimissime scoperte: non perderti l’articolo). (16)Psyche sarà la meta dell’omonima missione della NASA, la cui partenza è programmata per quest’anno.

L’orbita di (39)Laetitia e la sua posizione al 15/3/2022. (https://www.spacereference.org/solar-system#ob=39-laetitia-a856-ca)

(39)Laetitia

(39)Laetitia è un asteroide di Fascia Principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.680 giorni (4,60 anni) ad una distanza compresa tra le 2,46 e le 3,08 unità astronomiche (rispettivamente, 368.010.760 Km al perielio e 460.761.440 Km all’afelio).

Deve il suo nome alla divinità romana Laetitia, personificazione della gioia. Scoperto da Jean Chacornac l’8 Febbraio 1856, (39)Laetitia misura 179 km di diametro, sarà in opposizione il 15 Marzo del 2022 e raggiungerà la magnitudine di 10.3. Il suo moto sarà di 0,58 secondi d’arco al minuto, quindi, utilizzando tempi di esposizione fino a 4/5 minuti, manterremo l’oggetto di aspetto puntiforme. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (39) Laetitia trasformarsi in una bella striscia luminosa di 23,2 secondi d’arco.

Buone osservazioni!