C’è un buco nero al centro del Sole? Una domanda sulla materia oscura nell’Universo

C’è un buco nero al centro del Sole? Domanda insolita, cui si sarebbe portati a rispondere in modo negativo, a meno che non la si riformuli in termini di esistenza della materia oscura. Come sappiamo dalle numerose evidenze osservative a suo favore, la materia oscura costituisce la componente di materia nell’Universo non emittente luce, ma la sua natura è ancora motivo di discussione tra gli astrofisici. C’è chi adotta un punto di vista microscopico, ipotizzando che essa sia formata da particelle sconosciute, come le particelle massive debolmente interagenti (WIMPs, i.e., Weakly Interacting Massive Particles), gli assioni e i neutrini sterili, e chi adotta invece un punto di vista macroscopico, introducendo nuovi oggetti stellari estremamente massicci e compatti nell’alone della Via Lattea (MACHOs, i.e., MassiveCompact Halo Objects) o chiamando in causa i misteriosi buchi primordiali (PBHs).

In particolare, i PBHs si configurano come interessanti candidati per spiegare la composizione della materia oscura. Originatisi nei primi istanti di vita dell’Universo, i PBHs più piccoli sarebbero ormai evaporati per via dell’emissione della radiazione termica di Hawking, che ne comporta la progressiva perdita di massa, mentre quelli più grandi sarebbero ancora oggi visibili, nonostante la loro massa si sia ridotta attraverso il medesimo processo. Ebbene, pare che tali PBHs sopravvissuti, se aventi massa simile a quella degli asteroidi (i.e., nel range 10-16 − 10-10 masse solari, quindi molto minore di quella del Sole), possano essere catturati da stelle di tipo solare al momento della loro formazione. Tali stelle sono state chiamate “stelle di Hawking” e sono dunque alimentate in parte dalle reazioni di fusione nucleare, e in parte dall’attività del PBH che contengono. Chiaramente, l’evoluzione di queste stelle è pesantemente influenzata dalla presenza del PBH centrale, poiché esso ingloba materia della stella (meccanismo di accrescimento) e al contempo emette radiazione di Hawking che viene assorbita dalla stella stessa, fornendole energia (meccanismo radiativo).

Meccanismo di emissione della radiazione di Hawking. Crediti https://physicsfeed.com/

Utilizzando il simulatore MESA (Modules for Experiments in Stellar Astrophysics), sono stati realizzati due modelli evolutivi per una stella di Hawking di tipo solare, basati sulla combinazione di accrescimento e di efficienza radiativa del PBH centrale, ossia della sua capacità di emettere energia sotto forma di radiazione di Hawking. Il primo modello prevede un PBH con alta efficienza radiativa e corrisponde allo scenario in cui la stella che lo ospita riesce a sostenere il passaggio dalla fase evolutiva di sequenza principale in cui si trova a quella di subgigante grazie all’energia ricevuta, mentre il secondo modello assume un PBH con bassa efficienza radiativa, fatto che determina il rapido collasso della stella ospite, non adeguatamente alimentata. Gli esiti dei due modelli sono perciò diametralmente opposti: nel primo caso, la stella di Hawking può vivere a lungo in equilibrio con il PBH centrale, ma nel secondo essa è presto condannata a trasformarsi in un buco nero più massiccio di quello in essa contenuto.

Comunque sia, questo studio dimostra che l’esistenza dei PBHs al giorno d’oggi è possibile, e che essi potrebbero essere dei validi costituenti della materia oscura nell’Universo. Con la riserva di ampliare il campione di stelle di Hawking oggetto di analisi e di trovare risposta alle innumerevoli questioni irrisolte riguardo i processi evolutivi che le caratterizzano, gli scienziati si propongono allora di effettuare ulteriori indagini su questo scottante argomento.

 

Fonte: arxiv.org